Epatite B: differenze tra le versioni

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* {{en}}{{cite book|author=Hans-Jörg Senn|title=Clinical Cancer Prevention|url=http://books.google.com/books?id=SkAKKm2XhJwC&pg=PA75|accessdate=|date=14 January 2011|publisher=Springer|isbn=9783642108563|pages=75–}}
* {{en}}{{cite book|author=Ralph D. Feigin|title=Textbook of pediatric infectious diseases|url=http://books.google.com/books?id=tvtJabldoKgC&pg=PA1871|accessdate= |year=2004|publisher=Elsevier Health Sciences|isbn=9780721693293|pages=1871–}}
* {{en}}{{cite book|author1=C. Fauquet|author2=International Committee on Taxonomy of Viruses|title=Virus taxonomy: classification and nomenclature of viruses : eighth report of the International Committee on the Taxonomy of Viruses|url=http://books.google.com/books?id=wabARjhMBF8C&pg=PA381|accessdate=|year=2005|publisher=Academic Press|isbn=9780122499517|pages=381–}}


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L'epatite virale B o SH è una malattia infettiva, causata dal virus HBV, appartenente alla famiglia HepadnaViridae, che colpisce il fegato degli hominoidea, compreso l'uomo, e provoca un'infiammazione chiamata epatite.

Originariamente nota come "epatite da siero"[1], la malattia è causa di epidemie in alcune parti dell'Asia e in Africa ed è a carattere endemico in Cina.[2] Circa un quarto della popolazione mondiale, più di 2 miliardi di persone, sono state contagiate con il virus dell'epatite B[3] ed esistono circa 350 milioni di portatori cronici del virus.[4] La trasmissione di epatite B avviene tramite esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali, mentre il DNA virale è stato rilevato anche nella saliva, nelle lacrime e nell'urina di portatori cronici con alto titolo nel siero.[3][5] Tuttavia, il virus dell'epatite B non può essere trasmesso attraverso il contatto casuale, come attraverso il contatto delle mani, la condivisione di posate o bicchieri, l'allattamento, baci, abbracci, tosse o starnuti[6].

La malattia provoca una infiammazione acuta del fegato, vomito, ittero e, raramente, porta alla morte. L'epatite B cronica può causare infine cirrosi epatica e cancro al fegato, una malattia mortale con una scarsa risposta alla chemioterapia attuale[7]. L'infezione si può prevenire con la vaccinazione[8].

Il virus dell'epatite B è un hepadnaviridae che presenta ha un genoma circolare composta da DNA strutturato parzialmente a doppio filamento. Il virus si replica attraverso una forma intermedia di trascrittasi inversa che lo fa assomigliare ai retrovirus. [9]. Anche se la replicazione avviene nel fegato, il virus si diffonde nel sangue dove, nelle persone infette, si possono trovare le proteine specifiche del virus e i suoi corrispondenti anticorpi. Esami del sangue per queste proteine e anticorpi sono utilizzati per diagnosticare l'infezione[10].


Sintomatologia

I quadri clinici di infezione da HBV sono abbastanza variegati:

L'infezione acuta da virus dell'epatite B è associata a epatite virale acuta, una malattia che esordisce con un malessere generalizzato, perdita di appetito, nausea, vomito, dolori muscolari, febbre lieve, urine scure, e procede quindi allo sviluppo di ittero (dovuta ad un aumento della bilirubina nel sangue). È stato notato che il prurito può essere un possibile sintomo di tutti i tipi di virus dell'epatite. La malattia si protrae per un paio di settimane e poi migliora gradualmente nella maggior parte delle persone colpite. Alcuni pazienti possono avere una malattia più grave del fegato (insufficienza epatica fulminante) e possono morire a causa di esso. L'infezione può essere anche del tutto asintomatica e può non essere riconosciuta[11].

L'infezione cronica da virus dell'epatite B può essere asintomatica o può essere associata ad una infiammazione cronica del fegato (epatite cronica) che può condurre alla cirrosi dopo un periodo di diversi anni. Questo tipo di infezione aumenta drammaticamente l'incidenza di carcinoma epatocellulare (tumore del fegato). I portatori cronici sono incoraggiati ad evitare consumare alcol, in quanto aumenta il rischio di cirrosi e cancro del fegato. Il virus dell'epatite B è stata collegata allo sviluppo di glomerulonefrite membranosa[12]. Il portatore asintomatico è in grado di trasmettere la malattia anche per molti anni.

Meccanismi

Patogenesi

Il virus dell'epatite B interferisce principalmente con le funzioni del fegato replicandosi nelle sue cellule, note come epatociti. Il recettore non è ancora noto[13][14]. I virioni di HBV si legano alla cellula ospite tramite la presenza dell'antigene di superficie e successivamente interiorizzati per endocitosi. Recettori specifici HBV sono presenti principalmente sugli epatociti. tuttavia il DNA virale e le proteine ​​sono state rilevate anche in siti extraepatici, suggerendo che i recettori cellulari per l'HBV possono esistere anche su cellule extraepatiche.[15]

Durante l'infezione da HBV la risposta immunitaria causa sia la danno epatocellulare e che la clearance virale. Anche se la risposta immunitaria innata non gioca un ruolo significativo in questi processi, la risposta immunitaria, con i linfociti citotossici in particolare, contribuiscono alla maggior parte dei danni al fegato associati con l'infezione da HBV.[16]

Trasmissione

La trasmissione di epatite da virus B risultati da esposizione a sangue infetto o fluidi corporei contenenti sangue. Possibili forme di trasmissione comprendono:

  • "Via parenterale" (dal greco "parà ènteron", ovvero "al di fuori dell'intestino"), ossia con il contatto su mucose o ferite di sangue infetto, con lesioni accidentali da aghi o altri taglienti infetti, strumentario medico chirurgico non opportunamente sterilizzato ed infine, evenienza assai rara oggi dal momento che si fanno controlli sierologici, con la pratica delle emotrasfusioni;
  • "Via Parenterale Inapparente", ossia tramite l'uso di oggetti che possono creare microtraumi cutanei, vedi l'esempio dei rasoi e delle forbici da unghie infetti;
  • "Transplacentare" e "Perinatale", al neonato da parte di madre infetta.
  • "Via Sessuale"

L'HBV può essere trasmesso tra familiari all'interno delle famiglie, prevalentemente per il contatto di pelle non intatta o delle mucose con secrezioni o saliva contenente HBV. [17][18] Tuttavia, almeno il 30% delle segnalazioni di epatite B tra gli adulti non può essere associato ad un identificabile fattore di rischio[19].

Virologia

Struttura

Il virus dell'epatite B (HBV) è un membro della famiglia dell'epadnavirus[20]. La particella virale (virione) è costituita da un involucro lipidico esterno e un nucleo icosaedrico nucleocapside composto da proteine. Il nucleocapside racchiude il DNA virale e una DNA polimerasi che compie l'attività della trascrittasi inversa[21]. L'involucro esterno contiene proteine ​​embedded che vengono coinvolte nel legame virale e nell'entrata nelle cellule sensibili. Il virus è uno dei più piccoli virus animali avvolti, con un diametro del virione di 42 nm, ma esistono forme pleomorfiche filamentose e sferiche prive di un nucleo. Queste particelle non sono infettive e sono composte da lipidi e da proteine ​​che formano parte della superficie del virione che viene chiamato antigene di superficie (HBsAg) e che vengono prodotte in eccesso durante il ciclo di vita del virus[22].

Genoma

Il genoma di HBV è costituito da DNA circolare, ma risulta insolito in quanto il DNA non è completamente a doppio filamento. Ad un capo del filo è legata la DNA polimerasi virale. Il genoma è costituito da 3020-3320 nucleotidi (per il filamento a lunghezza completa) e 1700-2800 nucleotidi (per la il filamento più corto)[23]. Ci sono quattro geni conosciuti codificati dal suo genoma, chiamati: C, X, P e S. La proteina core è codificata dal gene C (HBcAg). HBeAg è prodotto dalla maturazione proteolitica della proteina pre-core. La DNA polimerasi è codificata dal gene P. Il gene S è il gene che codifica per l'antigene di superficie (HBsAg). La funzione della proteina codificata dal gene X non è pienamente compresa, ma è associata con lo sviluppo del cancro al fegato. Stimola, infatti, i geni che promuovono la crescita cellulare e inattiva le molecole che la regolano[24].

Replicazione

Replicazione del virus dell'epatite B.

Il ciclo di vita del virus dell'epatite B è complesso. L'epatite B è uno dei pochi virus conosciuti non-retrovirali che utilizzano la trascrizione inversa come una parte del proprio processo di replica. L'entrata del virus nella cellula avviene legandosi ad un recettore sconosciuto sulla superficie della cellula ed l'ingresso avviene per endocitosi. Poiché il virus si moltiplica attraverso l'RNA grazie a un enzima ospite, il DNA genomico virale deve essere trasferito al nucleo della cellula ospite da proteine ​​chiamato accompagnatori. Il DNA a doppia elica parzialmente virale viene poi realizzato interamente a doppio filamento e trasformato in DNA covalente chiuso circolare (cccDNA) che serve come modello per la trascrizione di quattro mRNA virali. Il più grande mRNA, (che è più lungo del genoma virale), è usato per fare le nuove copie del genoma. Questi quattro trascritti virali vengono sottoposti a ulteriori elaborazioni e vanno a formare nuovi virioni che vengono rilasciate dalla cellula[25][26].

Sierotipi e genotipi

Il virus è suddiviso in quattro principali sierotipi (adr, ADW, Ayr, ayw) sulla base di epitopi antigenici che si presentano sulla superficie e in otto genotipi in base alla variazione complessiva della sequenza nucleotidica del genoma. I genotipi hanno una distribuzione geografica distinta e sono utilizzati nel tracciare l'evoluzione e la trasmissione del virus. Differenze tra genotipi influenzano la gravità della malattia, il decorso clinico, la probabilità di complicazioni e la risposta alla vaccinazione e al trattamento[27][28].

I genotipi differiscono di almeno l'8% della loro sequenza e sono stati segnalati a partire dal 1988 quando ne furono descritti inizialmente sei (A-F)[29] . Altri due tipi sono stati descritti da allora (G-H)[30]. La maggior parte dei genotipi sono ora suddivisi in sub-genotipi con proprietà distinte[31]

Immagine di virus dell'epatite B ottenuta tramite un microscopio elettronico a trasmissione.

Genotipo A è più comunemente riscontrato nelle Americhe, in Africa, India ed Europa occidentale. Il genotipo B è più frequente in Asia e negli Stati Uniti. Il genotipo B1 domina in Giappone, il B2 in Cina e Vietnam, mentre il B3 è limitato all'Indonesia. Il B4 è prevalentemente presente in Vietnam. Il B5 è più comune nelle Filippine, mentre il genotipo C in Asia e negli Stati Uniti. Il sub-genotipo C1 è comune in Giappone, Corea e Cina. Il C2 è comune in Cina, Sud-Est asiatico e in Bangladesh, il C3 in Oceania, il C4 tra gli aborigeni australiani[32]. Il genotipo D è più comunemente riscontrato nel Sud Europa, in India e negli Stati Uniti ed è stato suddiviso in otto sottotipi (D1-D8). In Turchia genotipo D è anche il tipo più comune.

Il genotipo E è più frequente in Occidente e Africa meridionale. Il tipo F è si trova in Centro e Sud America ed è stato diviso in due sottogruppi (F1 e F2). Il genotipo G ha un inserimento di 36 nucleotidi nel gene core e si trova in Francia e negli Stati Uniti[33] . Il tipo H è caratteristico dell'America centrale e meridionale e della California. L'Africa presenta cinque genotipi (A-E). Di questi i genotipi predominanti sono in Kenya il tipo A, B e D in Egitto, D in Tunisia, A e D in Sud Africa ed E in Nigeria[32]. Il genotipo H si è probabilmente scorporato dal genotipo F all'interno del Nuovo Mondo[34].

Epidemiologia

Diffusione dell'epatite B nel mondo (2005):

     Alta : prevalenza superiore a 8%

     Moderata: tra il 2 e il 7%

     Bassa: inferiore al 2%

Nel 2004, si stima che ci siano 350-400 milioni di portatori cronici dell'epatite B in tutto il mondo e che un terzo della popolazione mondiale sia portatrice di anticorpi specifici del virus (e che quindi ha contratto il virus nel corso della propria vita). La prevalenza di malati varia da oltre il 10% in Asia allo 0,5% negli Stati Uniti e in Europa settentrionale. Si stima che ogni anno 4,5 milioni di soggetti contraggano il virus e che solo una parte di essi vada incontro ad epatite cronica, cirrosi ed epatocarcinoma cellulare; l'epatite B provoca oltre 600 mila decessi annui per le conseguenze croniche della malattia[35].

Le vie di infezione includono la trasmissione verticale (ad esempio attraverso il parto), la trasmissione orizzontale nei primi anni di vita (morsi, lesioni e le abitudini sanitarie) e da adulti (contatto sessuale, uso di droghe per via endovenosa)[36]. In zone a bassa prevalenza, come i territori continentali degli Stati Uniti e l'Europa occidentale, l'iniezione di droghe e i rapporti sessuali non protetti sono i le vie principali di infezione, anche se altri fattori possono risultare importanti[37]. In aree di prevalenza mederata, che comprendono l'Europa orientale, Russia e Giappone, in cui 2-7% della popolazione è cronicamente infetta, la malattia è diffusa soprattutto tra i bambini. Nelle zone di alta prevalenza come la Cina e Sud Est Asiatico, la trasmissione durante il parto è la modalità più frequente[38]. La prevalenza dell'infezione cronica da HBV nelle aree di alta endemicità è almeno l'8%. A partire dal 2010, la Cina ha 120 milioni di persone infette, seguita da India e Indonesia con 40 milioni e 12 milioni rispettivamente.

La maggioranza dei soggetti infetti nei paesi dell'Europa Occidentale, hanno un'infezione di lunga durata, attualmente sostenuta dal ceppo mutante sull'"e" o e-minus, questo poiché l'introduzione capillare della vaccinazione ha notevolmente ridotto i nuovi casi di infezione. Nei paesi dell'Europa dell'Est ed in Asia ed Africa, dove invece la frequenza di nuove infezioni è ancora alta, la maggioranza dei soggetti è infetta dal ceppo selvaggio o wild-type.

Storia naturale della malattia

La storia naturale dell'infezione è completamente diversa a seconda che l'infezione venga contratta nella prima infanzia, nel qual caso si assiste ad una percentuale di cronicizzazione in oltre il 90% dei casi, o in età adulta[39]. In questo ultimo caso la guarigione avviene in oltre il 90% dei casi. La guarigione si manifesta dal punto di vista laboratoristico con la scomparsa della proteina HBsAg e con la comparsa di un livello di anticorpi contro questa proteina, detti HBsAb, protettivo, cioè maggiore di 10 U. La persistenza dell'HBsAg, e quindi dell'infezione, oltre 6 mesi definisce lo stato di epatite B cronica[40].

La presenza dell'anticorpo HBeAb e di una bassa carica virale nel sangue trasforma il soggetto da un paziente con epatite B attiva ad un "portatore inattivo", capace comunque di infettare altri soggetti, ma comunque a rischio di possibile futura riattivazione virale, e in una situazione minimamente evolutiva se non per nulla evolutiva. A questo punto, dopo la comparsa dell'HBeAb e lo spegnimento del processo epatitico si possono verificare due circostanze:

  • Nel primo caso il soggetto può sviluppare anche l'anticorpo contro la proteina HBsAg (HBsAb) e quindi guarire. Questo avviene soprattutto entro i primi 6 mesi dall'infezione (ma non solo) ed è il meccanismo attraverso cui la maggior parte dei soggetti affetti guariscono.
  • Nel secondo caso il soggetto può restare anni nello stato di portatore cronico inattivo. Tuttavia la pressione selettiva esercitata dal sistema immunitario attraverso l'HBeAb può indurre il virus a mutare. Il nuovo ceppo virale mutante impara a replicare senza esprimere l'HBeAg ma attraverso altre vie non ancora note. Questo ceppo, detto mutante sull'"e" o e-minus, è responsabile del ritorno del soggetto dallo stato di portatore inattivo allo stato di soggetto epatitico cronico con epatite attiva, caratterizzata dal nuovo incremento della viremia, cioè dell'HBV-DNA nel sangue, nonostante la permanenza dell'anticorpo antiHBe[41].

Diagnosi

Antigeni del virus dell'epatite B e anticorpi rilevabili nel sangue in un individuo affetto cronicamente.

Solitamente l'epatite B, come altre malattie che provocano danno alle cellule epatiche, può essere sospettata nella fase acuta a seguito della presenza di ittero, bilirubinuria (color marsala delle urine) e feci acoliche o ipocromiche (per deficit di stercobilina). Tuttavia questi segni evidenti di danno epatico possono mancare per tutta la lunga fase cronica di malattia, che può durare anche 20-30 anni; questo fa sì che né il medico né il paziente sospettino l'infezione e quindi ritardino le cure necessarie. Spesso si riscontra invece l'innalzamento delle transaminasi, riscontrabile dopo prelievo ematico con aumenti di ALT e AST che può essere superiore a 2000-3000 UI/l nelle fasi acute iniziali ma in seguito, nella fase cronica, può essere solo lievemente superiore ai valori normali (fino a 30-35 UI/l). Altro valore alterato è quello della bilirubina sia nella sua forma diretta che indiretta.

La corretta diagnosi di epatite B può però essere fatta solamente studiando il dosaggio dei markers virali specifici. Le prove per la rilevazione di infezione da virus dell'epatite B prevedono test di siero o di sangue che rilevano entrambi gli antigeni virali (proteine ​​prodotte dal virus) o anticorpi prodotti dal soggetto ospitante. L'interpretazione di questi test è complesso[10].

L'antigene di superficie dell'epatite B (HBsAg) è il più frequentemente usato per individuare la presenza di questa infezione essendo il primo antigene virale rilevabile ad apparire. Tuttavia, all'inizio di un'infezione, questo antigene può non essere presente e può essere rilevabile soltanto più tardi. Il virione infettivo contiene un interno "particella core" che racchiude genoma virale. La particella core icosaedrica è fatto di 180 o 240 copie della proteina del core, questo è conosciuto come antigene dell'epatite B core o HBcAg. Durante il periodo finestra in cui l'ospite è infettato gli anticorpi IgM dell'antigene core (anti-HBc IgM) possono essere l'unica prova sierologica della malattia.

Poco dopo la comparsa di HBsAg, un altro antigene chiamato antigene dell'epatite B (HBeAg) può essere rilevato. Tradizionalmente, la presenza di HBeAg nel siero è associato a tassi molto più alti della replicazione virale ed infettività maggiore, tuttavia, esistono varianti del virus dell'epatite B che non producono antigene 'e' e ​​quindi questa regola non appare sempre vere. Durante il corso naturale di una infezione, l'HBeAg può essere eliminato, questa conversione è di solito associato con un declino drammatico della replicazione virale.

Se il portatore è in grado di eliminare l'infezione, alla fine l' HBsAg diventa inosservabile e saranno invece presenti gli anticorpi IgG per l'antigene di superficie dell'epatite B e l'antigene core (anti-HBs e anti HBc IgG)[20]. Il tempo tra la rimozione di HBsAg e la comparsa di anti-HBs è chiamato periodo finestra. Una persona negativa per HBsAg ma positiva per anti-HBs o ha superato un'infezione o è stato vaccinato in precedenza.

Epatociti con citoplasma a vetro smerigliato visualizzati in una biopsia di un paziente affetto da epatite B cronica.

Le persone che rimangono HBsAg positivi per almeno sei mesi sono considerati portatori di epatite B[42]. Portatori del virus potrebbe avere l'epatite B cronica, che si rifletterebbe da elevati livelli serici di alanina aminotransferasi (ALT) ed infiammazione al fegato, come rilevabile dalla biopsia. I vettori che hanno sieroconversione HBeAg di status negativi, in particolare quelli che hanno acquisito l'infezione da adulti, hanno ben poco moltiplicazione virale e, quindi, possono essere a rischio di complicanze a lungo termine o di trasmettere l'infezione ad altri[43].

Test PCR sono stati sviluppati per rilevare e misurare la quantità di DNA del virus HBV, chiamata carica virale, in campioni clinici. Questi test sono usati per valutare lo stato infettivo di una persona e per monitorarne il trattamento[44]. Gli individui con elevata carica virale, tipicamente presentano "epatociti con citoplasma a vetro smerigliato".

Riassumendo, i marker virologici infettivi sono:

  • HBsAg: antigene Australia o di superficie, positivo al contatto col virus anche nel periodo antecedente alla manifestazione dei segni e sintomi della malattia;
  • HBsAb: anticorpi contro l'antigene di superficie prodotti dai linfociti B, positivo dopo la guarigione della malattia o nei soggetti vaccinati;
  • HBcAb: anticorpi contro l'antigene del core virale (HBcAg), può esistere di due diverse classi di immunoglobuline: la classe IgM è dosabile in fase acuta mentre la classe IgG lo è per tutta la vita;
  • HBeAg: antigene non corpuscolato del core virale; indica attività della malattia e della replicazione virale, è presente in fase acuta e in alcuni tipi di portatore cronico attivo;
  • HBeAb: anticorpo contro l'antigene non corpuscolato del core virale, compare nell'epatite acuta quando comincia a risolversi; è presente anche nel portatore cronico sia attivo che inattivo.

La tabella riassume la diagnosi in base alla presenza dei marker virologici nel siero:

Diagnosi virologica
Ag HBs IgM anti-HBc IgG anti-HBc ADN VHB Ag HBe IgG anti-HBe IgG anti-HBs
Epatite acuta + + + +/- +/- - -
Termine dell'epatite acuta - + + - - + -
Epatite cronica attiva + - + + + - -
Portatore sano + - + - - + -
Vaccinazione - - - - - - +

Terapia

L'infezione acuta da epatite B generalmente non richiede un trattamento poiché la maggior parte degli adulti è in grado di eliminare l'infezione spontaneamente.[45] . Il precoce trattamento antivirale può essere utile solo per meno dell'1% dei pazienti, il cui contagio avviene con un decorso molto aggressivo (epatite fulminante) oppure per soggetti immunocompromessi. In caso di presunta infezione, entro 48 ore si può eseguire una profilassi passiva con iniezioni di immunoglobuline anti-HBV ovvero anticorpi diretti contro il virus ed iniziare la vaccinazione completa. D'altra parte, il trattamento dell'infezione cronica può rendersi necessario per ridurre il rischio di cirrosi e cancro al fegato. Gli individui con infezione cronica che presentano elevati valori di alanina transaminasi, un marker di danno epatico, sono candidati alla terapia[46].

Anche se nessuno dei farmaci attualmente disponibili può eliminare l'infezione, alcuni possono bloccare la replicazione del virus, riducendo così al minimo i danni al fegato. Attualmente, ci sono sette farmaci autorizzati per il trattamento dell'infezione da virus dell'epatite B negli Stati Uniti. Questi includono i farmaci antivirali: lamivudina (Epivir), dipivoxil (Hepsera), tenofovir (Viread), la telbivudina (TYZEKA), entecavir (Baraclude) e i modulatori del sistema immunitario interferone α-2a e peginterferone α-2a (Pegasys). L'uso di interferone, che richiede iniezioni giornaliere o almeno di tre volte alla settimana, è stato soppiantato dall'azione prolungata dell'interferone pegilato che viene iniettato una sola volta alla settimana[47]. Tuttavia, alcuni individui risultano essere molto più propensi a rispondere al contrario di altri alla terapia e questo potrebbe essere dovuto al diverso genotipo del virus o alla storia del paziente. Il trattamento riduce significativamente la replicazione virale nel fegato e riduce così la quantità di particelle virali misurate nel sangue[48].

I bambini nati da madri note per essere malate di epatite B possono essere trattati con anticorpi del virus dell'epatite B (HBIg). Quando somministrati entro dodici ore dalla nascita, il rischio di contrarre l'epatite B viene ridotta del 90%[49]. Tale trattamento consente a una madre di allattare il suo bambino in modo sicuro.

Nel luglio 2005, alcuni ricercatori hanno identificato una associazione tra una proteina che lega il DNA e la capacità di replicazione dell' HBV nel fegato. Il controllo del livello di produzione di questa proteina potrebbe essere utilizzata per il trattamento dell'infezione[50].

Il trattamento dura da 6 mesi a un anno, a seconda del farmaco e del genotipo del virus[51].

Prognosi

L'infezione da virus dell'epatite B può essere acuta o cronica. I pazienti con infezione acuta possono eliminare il virus spontaneamente nel giro di settimane o mesi.

I bambini hanno meno probabilità degli adulti di eliminare l'infezione. Più del 95% delle persone che si infettano da adulti sono in grado di guarire completamente e sviluppare l'immunità al virus. Questo dato, tuttavia, scende al 30% per i bambini più piccoli e solo il 5% dei neonati che acquisiscono l'infezione dalla madre al momento della nascita sono in grado di eliminare l'infezione[52]. Questi presenteranno un rischio del 40% di morte cirrosi o carcinoma epatocellulare[53].

L'epatite D (HDV) può avvenire solo in concomitante con l'infezione da epatite B, poiché l'HDV utilizza l'antigene di superficie dell'HBV per formare un capside[54]. La co-infezione con virus dell'epatite D aumenta il rischio di cirrosi epatica e tumore del fegato[55]. La poliarterite nodosa risulta essere più comune nelle persone con infezione da epatite B.

Riassumendo, l'infezione da virus dell'epatite B evolve in quattro situazioni correlate con la risposta immunitaria del soggetto infetto:

  • Decorso acuto (ma spesso asintomatico) con completo recupero e acquisizione della immunità dall'infezione (89% dei casi);
  • Epatite fulminante con mortalità del 90%: può richiedere il trapianto di fegato (1% dei casi);
  • Infezione cronica: persistenza del virus nell'organismo con danno epatico (5-10% dei casi); in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l'insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi);
  • Stato di portatore inattivo (5% dei casi): il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. Risulta essere poco contagioso.

Prevenzione

HBsAg

Per la prevenzione dell'infezione da virus dell'epatite B sono stati sviluppati diversi vaccini a partire dagli anni 80. Queste si basano sull'uso di una delle proteine ​​dell'involucro del virus (antigene di superficie dell'epatite B o HBsAg). Il vaccino è stato originariamente ottenuto dal plasma di pazienti che avevano contratto da lungo tempo l'infezione da virus dell'epatite B. Tuttavia, dal 1996, viene realizzato grazie a una tecnologia di sintesi del DNA ricombinante che non contiene derivati ​​del sangue. Non si può essere infettati con il virus dell'epatite B da questo vaccino[56].

Il rischio di trasmissione verticale al neonato può essere drasticamente ridotto dal 20% - 90% al 5% -10% con la somministrazione del vaccino dell'epatite B (HBV 1) e le immunoglobuline (HBIG) entro 12 ore dalla nascita, seguite da una seconda dose di vaccino anti-epatite B (HBV 2) a 1-2 mesi e una terza dose non prima di 6 mesi (24 settimane).

In seguito alla vaccinazione, l'antigene di superficie dell'epatite B può essere rilevato nel siero per più giorni. Questo è noto come antigenemia del vaccino[57]. Il vaccino somministrato che fornisce protezione per 85-90% degli individui[58]. La protezione è stata osservato per 12 anni in soggetti che presentano un'adeguata risposta iniziale al ciclo primario di vaccinazioni, l'immunità è prevista per durare almeno 25 anni[59]. L'efficacia della vaccinazione deve essere comprovata da un apposito esame del sangue.

A differenza dell'epatite A, l'epatite B non è generalmente diffusa attraverso acqua e cibo. Invece essa si trasmette attraverso i fluidi del corpo. La prevenzione è quindi focalizzata ad evitare questo tipo di trasmissione: rapporti sessuali non protetti, trasfusioni di sangue, il riutilizzo di aghi e siringhe contaminate e la trasmissione verticale durante il parto, sono alcune delle situazioni più a rischio. I neonati possono essere vaccinati alla nascita[60].

Uno studio ha dimostrato che iniezioni multiple di piccole dosi di immunoglobuline anti epatite B (HBIg, 200-400 UI al mese),[61][62] o di lamivudina orale (100 mg al giorno) in madri portatrici di HBV con un alto grado di contagiosità (> 106 copie / ml) nella gravidanza avanzata (gli ultimi tre mesi di gravidanza),[63][64] è una metodologia efficace e sicura prevenire la trasmissione intrauterina di HBV.

Storia

La prima testimonianza di una epidemia provocata dal virus dell'epatite B è stata fatta da Lurman nel 1885[65]. Un'epidemia di vaiolo si è verificata a Brema nel 1883 e 1.289 dipendenti di un cantiere erano stati vaccinati con il siero di altre persone. Dopo diverse settimane, e fino a otto mesi più tardi, 191 dei lavoratori vaccinati si ammalò di itterizia e gli fu diagnosticata epatite siero. Gli altri dipendenti che erano stati inoculati con differenti lotti di linfa rimasero sani. Uno scritto di Lurman, ora considerato come un classico esempio di uno studio epidemiologico, ha dimostrato che il siero contaminato è stato l'origine del focolaio. In seguito, numerosi focolai simili sono stati riportati a seguito dell'introduzione, nel 1909, di aghi ipodermici che venivano riutilizati per il trattamento della sifilide. Il virus non è stato comunque scoperto fino al 1965, quando Baruch Blumberg, che allora lavorava presso il National Institutes of Health, ha scoperto l'antigene Australia (più tardi conosciuto per essere antigene di superficie dell'epatite B, o HBsAg) nel sangue di australiani aborigeni.[66] Un virus era comunque stato sospettato a partire dallo studio pubblicato da MacCallum nel 1947[67]. Nel 1970, grazie al microscopio elettronico venne visulaizzato il virus e nei primi anni 80 il genoma del virus è stato sequenziato[68] e i primi vaccini furono testati[69].

Situazione italiana

Con il Decreto Legislativo 165, del 27 maggio 1991, in Italia la vaccinazione contro l'epatite B diviene obbligatoria (si impiega lo Schema Piazza) per tutti i neonati e per i dodicenni[70]; questo ha permesso nel 2003 di ottenere un controllo della malattia grazie all'immunizzazione di tutti gli under 24. La vaccinazione rimane ancora obbligatoria per i neonati.

In Italia esiste, inoltre, una legge dello Stato, la n. 210/92[71], che offre un indennizzo in termini pecuniari a tutti coloro che hanno contratto il virus (e di cui si abbia conclamazione accertata) da trasfusioni di sangue e/o emoderivati infetti e/o vaccini[72][73].

Note

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Bibliografia

Collegamenti esterni

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