Esecuzione di Gesù secondo i Testimoni di Geova: differenze tra le versioni

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[[Dionisio di Alicarnasso]], che visse fino a circa la nascita di Gesù, scrive: "'Un Romano abbastanza conosciuto aveva consegnato un suo schiavo agli altri schiavi perché lo conducessero a morte e, affinché la punizione fosse clamorosa, ordinò che lo trascinassero, frustandolo, attraverso il foro e per qualsiasi altro luogo della città che fosse molto frequentato, precedendo la processione che i romani facevano in onore del dio in quell’occasione. Gli uomini che conducevano lo schiavo al supplizio, dopo avergli steso le braccia e averle legate ad una trave (xylon): (τὰς χεῖρας ἀποτείναντες ἀμφοτέρας καὶ ξύλῳ προσδῆσαντες) che, lungo il petto e le spalle, arrivava fino ai polsi, lo seguivano percuotendo con la frusta il suo corpo nudo”<ref>Dionisio di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, VII, 69, 1-2</ref>. Come indicato da Samuelsson, in questa descrizione si parla solo di uno schiavo legato a un pezzo di legno, ma non c'è niente nel testo che suggerisca una crocefissione, così come non c'è niente nel testo che indichi che lo xylon fosse il braccio trasversale di una croce, come alcuni hanno ipotizzato; il testo indica semplicemente che lo schiavo fu torturato e giustiziato in qualche modo. Samuelsson menziona anche un episodio simile narrato dallo stesso Dionisio e conclude che anche in questo episodio, come nel primo, le vittime sono state torturate in modo simile senza essere crocefisse, aggiungendo che ''"è difficile definire gli eventi del Foro'' [descritti nelle Antichità Romane di Dionisio] ''un esempio di "crocefissione"''. ''L'unica conclusione che si può trarre è che semplicemente vennero torturati in qualche modo"'', e conclude dicendo che nessuno dei testi di Dionisio di Alicarnasso è di grande aiuto nello studio della crocefissione, a parte l'essere un altro esempio della diversità delle forme di punizione<ref>{{Cita libro|autore=Gunnar Samuelsson|titolo=Crucifixion in Antiquity|pp=93-94}}</ref>.
[[Dionisio di Alicarnasso]], che visse fino a circa la nascita di Gesù, scrive: "'Un Romano abbastanza conosciuto aveva consegnato un suo schiavo agli altri schiavi perché lo conducessero a morte e, affinché la punizione fosse clamorosa, ordinò che lo trascinassero, frustandolo, attraverso il foro e per qualsiasi altro luogo della città che fosse molto frequentato, precedendo la processione che i romani facevano in onore del dio in quell’occasione. Gli uomini che conducevano lo schiavo al supplizio, dopo avergli steso le braccia e averle legate ad una trave (xylon): (τὰς χεῖρας ἀποτείναντες ἀμφοτέρας καὶ ξύλῳ προσδῆσαντες) che, lungo il petto e le spalle, arrivava fino ai polsi, lo seguivano percuotendo con la frusta il suo corpo nudo”<ref>Dionisio di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica, VII, 69, 1-2</ref>. Come indicato da Samuelsson, in questa descrizione si parla solo di uno schiavo legato a un pezzo di legno, ma non c'è niente nel testo che suggerisca una crocefissione, così come non c'è niente nel testo che indichi che lo xylon fosse il braccio trasversale di una croce, come alcuni hanno ipotizzato; il testo indica semplicemente che lo schiavo fu torturato e giustiziato in qualche modo. Samuelsson menziona anche un episodio simile narrato dallo stesso Dionisio e conclude che anche in questo episodio, come nel primo, le vittime sono state torturate in modo simile senza essere crocefisse, aggiungendo che ''"è difficile definire gli eventi del Foro'' [descritti nelle Antichità Romane di Dionisio] ''un esempio di "crocefissione"''. ''L'unica conclusione che si può trarre è che semplicemente vennero torturati in qualche modo"'', e conclude dicendo che nessuno dei testi di Dionisio di Alicarnasso è di grande aiuto nello studio della crocefissione, a parte l'essere un altro esempio della diversità delle forme di punizione<ref>{{Cita libro|autore=Gunnar Samuelsson|titolo=Crucifixion in Antiquity|pp=93-94}}</ref>.


[[Livio]] viene citato dai TDG per attribuire ai suoi scritti il significato di palo al termine crux , ciò è platealmente falso poiché nei suoi scritti non è descritta la forma della croce.{{senza fonte}}
[[Livio]] viene citato dai TDG per attribuirgli il significato di palo al termine crux , ma nei suoi scritti non è descritta la forma della croce. Abbiamo :
*... e fatta bastonare e crocifiggere la guida (crucem sublato)per incutere terrore negli altri... (22.13.9)
*Venticinque schiavi furono crocifissi (crucem acti) con l’accusa di aver congiurato nel campo Marzio (22.33.2).
*Comandò che dopo essere stati selvaggiamente fustigati fossero attaccati alla croce (cruci adfigi); poi passò con la flotta presso l’isola di Pitiusa(28.37.3).
*Si agì più severamente nei riguardi dei disertori (che non dei fuggiaschi); quelli che erano di diritto latino furono decapitati, i romani me{{ssi in croce (crucemsabalti) (30.43.13).
*Di questi molti furono uccisi, molti catturati; alcuni li fece fustigare, altri mettere in croce (crucibus adfixit) (quelli che avevano capeggiato la congiura), altri li restituii ai padroni (33.36.3)
*In questo, per quanto mi riguarda, sosterrò la mia causa anche se dovessi, non davanti al Senato Romano, ma davanti al Senato cartaginese, dove si dice che sarebbero stati crocifissi (crucem tolli) i comandanti che avevano condotto una campagna vittoriosa, ma una politica carente» (38.48.13).{{senza fonte}}


Nel [[II secolo]], i cristiani attribuivano allo strumento della morte di Gesù sempre forma di croce, mai di palo<ref>[[Ireneo di Lione]] (130-202), ''Contro le Eresie'', 2,24,5: «La forma della croce ha cinque punte ed estremità, due nella lunghezza, due nella larghezza, e una nel mezzo, là dove si posa colui che vi è confitto.» [[Tertulliano]] (ca. 155 – ca, 230), ''Ad gentes'' 1, 12, 3-5: parla della «croce intiera, s'intende con la sua traversa, e il suo sedile sporgente».</ref>.
Nel [[II secolo]], i cristiani attribuivano allo strumento della morte di Gesù sempre forma di croce, mai di palo<ref>[[Ireneo di Lione]] (130-202), ''Contro le Eresie'', 2,24,5: «La forma della croce ha cinque punte ed estremità, due nella lunghezza, due nella larghezza, e una nel mezzo, là dove si posa colui che vi è confitto.» [[Tertulliano]] (ca. 155 – ca, 230), ''Ad gentes'' 1, 12, 3-5: parla della «croce intiera, s'intende con la sua traversa, e il suo sedile sporgente».</ref>.

Versione delle 19:09, 8 set 2017

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L'esecuzione di Gesù secondo i Testimoni di Geova differisce in certi aspetti centrali sia iconografici che devozionali dall'interpretazione dello stesso avvenimento da parte delle altre chiese cristiane.

I testi del Nuovo Testamento, scritti in greco koinè, riportano che Gesù di Nazareth fu messo a morte su di una struttura definita dalla parola greca σταυρός (stauròs)[1][2][3][4] e Luca con gli apostoli Pietro e Paolo usarono anche la parola ξύλον (xylon) per riferirsi allo strumento di tortura sul quale fu inchiodato Gesù[5][6][7]. I Testimoni di Geova sostengono che con tali termini gli evangelisti designassero un singolo palo verticale, rendendo, nella loro Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, stauròs come "palo di tortura"[8]. Quest'interpretazione si contrappone alla convinzione tradizionale presente nel resto della cristianità che Gesù sarebbe morto su una croce composta, ossia fatta «nella forma più tradizionale (ma non più antica), da due legni, uno orizzontale l'altro verticale, posti trasversalmente»[9]. Ritenendo la croce composta tradizionale legata all'adorazione di quel simbolo da parte di diversi popoli pagani, i Testimoni di Geova considerano l'adorazione[10][11]per la Santa Croce e la sua devozione una pratica di idolatria[12][13]

Cosa affermano i Testimoni di Geova sulla esecuzione di Gesù

«Quando ripudiarono gli insegnamenti religiosi che avevano origini pagane, i testimoni di Geova abbandonarono anche molte consuetudini parimenti contaminate [...] Per anni gli Studenti Biblici portarono come distintivo la croce e la corona, e dal 1891 al 1931 questo simbolo comparve sulla copertina della "Torre di Guardia"[14]. Ma nel 1928 venne messo in risalto che un cristiano doveva distinguersi non per il simbolo che portava, ma per l'attività che svolgeva in qualità di testimone. Nel 1936 fu spiegato che l'evidenza indicava che Cristo era morto su un palo, non su una croce a due bracci.»

La morte di Gesù Cristo riveste per i Testimoni di Geova l'aspetto principale[15] della sua venuta sulla terra come uomo perfetto, sacrificio che ritengono essere in diretta relazione con il suo Regno e la salvezza del genere umano riscattato dal peccato del primo uomo Adamo[16].

Cristo mori su ciò che nei Vangeli viene chiamata σταυρός (stauròs) nelle Scritture; si trova il termine, per esempio, nel Vangelo secondo Giovanni Giovanni 19:17[17], che nel testo greco di Westcott e Hort è reso: «καὶ βαστάζων ἑαυτῷ τὸν σταυρὸν [stauròs] ἐξῆλθεν εἰς τὸν λεγόμενον Κρανίου Τόπον, ὃ λέγεται Ἑβραϊστὶ Γολγοθα»[18][19]; la Traduzione del Nuovo Mondo dei testimoni di Geova traduce in italiano: «Ed egli, portando da sé il palo di tortura, uscì verso il cosiddetto Luogo del Teschio, che in ebraico si chiama Gòlgotha»[20]. Tutte le evidenze, secondo la loro interpretazione, dimostrano che il termine "stauros" fosse un palo di legno, senza traversa[21]. Ritengono inoltre che la venerazione e l'indebita attenzione mostrata a quel mezzo di esecuzione è da ritenersi idolatria, per cui contro i comandamenti di Dio[22].

Venerazione della croce secondo i testimoni di Geova

Crux simplex, un semplice palo in legno, chiamato einfacher Balken de Hermann Fulda[23].

I Testimoni di Geova sostengono che la venerazione della croce non sia scritturale[24] e che la devozione ad essa rivolta altra non è che idolatria[22], tanto più che il culto e l'uso della croce non fu solo una prerogativa della cristianità apostata, ma trova origini documentate in culti di antichi popoli pagani[25]. I principi contenuti nella Bibbia sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo, escludono, a loro avviso, qualsiasi devozione ad un oggetto, persona o rappresentazione alcuna.

I Testimoni fanno notare che non fu una pratica che si diffuse solo dopo il primo secolo, con le prime comunità cristiane. Molti popoli pagani prima di Cristo veneravano in diverse parti del mondo oggetti cruciformi. Questo include i popoli dell'America Centrale e Meridionale: «In un editoriale del giornale argentino "La Nación", José Alberto Furque indica che nella seconda metà del XVIII secolo iniziò “un infuocato e appassionante dibattito — antropologico e archeologico — intorno alle origini e al significato dei segni cruciformi” che venivano trovati in gran parte dell'America Centrale e Meridionale. Sembra che certuni fossero così decisi a difendere la croce come simbolo esclusivamente "cristiano" che avanzarono la teoria secondo cui in qualche modo le Americhe fossero state evangelizzate prima dello storico viaggio di Colombo! Questa tesi azzardata dovette essere scartata per la sua infondatezza. Col tempo ulteriori scoperte posero fine al dibattito. Furque osserva: "In uno studio pubblicato nel 1893 dalla Smithsonian Institution veniva accertato che il simbolo della croce era già venerato . . . molto prima dell'arrivo dei primi europei nell'America Settentrionale, il che conferma la teoria [. . .] secondo cui tale simbolo compariva presso tutti i popoli nel culto delle forze generatrici della vita”»[26].

I pali sacri

Rifacendosi al Vecchio Testamento, i Testimoni di Geova fanno notare che chi praticasse l'idolatria fosse nemico di Dio, come enunciato nei Dieci Comandamenti: «Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai» (Es Esodo 20:4,5[27]). Anche nel quinto libro del Pentateuco, il Deuteronomio, seguono la ripetizione della Legge di Dio: «Non pianterai alcun palo sacro di qualunque specie di legno, accanto all'altare del Signore tuo Dio, che tu hai costruito; non erigerai alcuna stele che il Signore tuo Dio ha in odio»(Dt Deuteronomio 16:21[28]). I testimoni, fanno notare inoltre che gli scritti neotestamentali ribadirono l'opposizione del cristianesimo verso l'idolatria e gli idoli. L'Apostolo Paolo, fra gli altri, ribadi tale opposizione nella sua Prima lettera ai Corinzi con le parole: «Miei cari, fuggite l'idolatria» (1 Cor 1 Corinzi 10:14[29])[24].

Sull'interpretazione dei "pali sacri", un'opera di consultazione dei testimoni[30], afferma «A quanto pare i pali sacri erano eretti verticalmente ed erano di legno, per lo meno in parte, dato che gli israeliti ricevettero il comando di abbatterli e bruciarli. Potevano essere semplici pali non scolpiti, forse in qualche caso anche alberi.»[31]

La croce, simbolo solare

Croce ansata (o egiziana) - simbolo di vita e fertilità

La forma della croce ecclesiastica a due bracci sarebbe di origine Caldea, derivando dal simbolo del mistico Tau del dio Tammuz, secondo lo studioso W. E. Vine[32]. Le croci, secondo The Companion Bible, sono da mettersi in relazione con l'adorazione del Dio-Sole. L'appendice 162 afferma che le croci erano usate come simboli del dio-sole babilonese, apparendo per la prima volta su una moneta di Giulio Cesare e poi su monete di Augusto nel 20 a.C.[33] Più tardi, sulle monete coniate sotto Costantino, nel IV secolo, il simbolo più frequente è una Rho incrociata con una Chi con i quattro bracci verticali e orizzontali uguali. L'appendice interpreta questo simbolo come "disco solare", sostenendo che Costantino fosse un adoratore del Dio-Sole prima della conversione[34]. L'analogia fra le divinità babilonesi e quelle egiziane, portano i Testimoni e collegare l'adorazione della croce, vista come simbolo solare, anche al paganesimo perpetuato nell'Antico Egitto[35] con l'ankh, la croce ansata simbolo della vita raffigurata sovente in mano alle divinità[36].

Cristianesimo delle origini

La crux simplex[37], secondo il filologo cattolico Giusto Lipsio (1547 - 1606), che chiama anche stipes simplex[38]
Crocifissione di Gesù, secondo Giusto Lipsio, 1547 - 1606, (De cruce, p. 47)

Il cristianesimo del I secolo, secondo i Testimoni di Geova, non ebbe nessun simbolo visibile che lo identificasse come tale[39]. Dagli scritti neotestamentali non si evince in nessun passo biblico indicante che i cristiani usassero un simbolo particolare né che si trattasse di un pesce[40], né tanto meno di qualsiasi tipo di crux con o senza traversa[41]. Mentre il Canone della Bibbia riguardante il Nuovo Testamento non menziona l'uso di una qualsiasi crux da parte dei cristiani del I secolo, e tanto meno la venerazione attribuita oggi dalle Chiese, uno scritto apocrifo e i commenti di chi a questo scritto fa riferimento,[senza fonte] parla di una croce a forma di T come mezzo di esecuzione di Gesù. È il caso di Giustino,[senza fonte] che probabilmente fece riferimento,[senza fonte] all'apocrifa Lettera di Barnaba.

Però qualsiasi autorità religiosa dopo la morte dell'ultimo apostolo biblico, è da ritenersi non attendibile[42] per i Testimoni di Geova, in quanto molte chiese cristiane, dopo il primo secolo, si lasciarono influenzare dal paganesimo, portando ad un cristianesimo "apostata"; un'apostasia, a loro avviso, predetta dalle Sacre Scritture[43]. Legata alla simbologia pagana, gli adepti della nuova religione erano ricevuti permettendo loro di ritenere i segni e simboli della loro precedente religione[44], fra cui le croci a forma di Tau o a due braccia perpendicolari. I Testimoni criticano la descrizione di Giustino, sottolineando che «Giustino non fu ispirato da Dio, come lo furono gli scrittori biblici». Se Giustino fosse stato ispirato da una precedente "Lettera di Barnaba", questa lettera viene definita come fonte di «inesattezze, interpretazioni assurde e insignificanti della Scrittura»[39][45] Di contro, in diverse loro pubblicazioni i Testimoni hanno sostenuto, a favore della loro interpretazione, che la venerazione della croce nei secoli seguenti alla sua adozione e consacrazione come culto religioso cristiano fu duramente condannata come idolatria non solo da alcuni riformatori, ma anche da alcuni alti prelati[46][47]. In una citazione della rivista Svegliatevi!, viene fatto osservare: «Entro il 300 E.V. una versione corrotta del cristianesimo si era diffusa in tutto l'impero romano. Questa corruzione, un allontanamento dalla vera adorazione, era stata predetta. (2 Tessalonicesi 2:3-10). Si verificò una vera e propria apostasia. Durant spiega: "Il cristianesimo non distrusse il paganesimo: lo adottò"».[48][49]

Quanto asseriscono sul mezzo di esecuzione della morte di Cristo è, a loro avviso, supportato oltre che dall'Antico e dal Nuovo Testamento, anche da diversi studi accademici, testimonianze di storici, filologi e teologi, nonché da alcune Traduzioni della Bibbia, ai quali i Testimoni fanno riferimento a sostegno della loro tesi.

Nell'articolo "Early Christian Art", l'attuale Encyclopædia Britannica afferma che la prima arte individuabile come cristiana consiste di alcuni pochi dipinti del II secolo nelle pareti e nei soffitti delle catacombe di Roma, dipinti che registrano alcuni aspetti dello sviluppo degli argomenti dell'iconografia cristiana, che all'inizio tendono ad essere simbolica, per esempio a Cristo si alludeva con un pesce, all'eucaristia con pane e vino. Durante il III-IV secolo, nelle pitture delle catacombe e in altre espressioni artistiche, si adattarono a nuovi significati alcuni prototipi pagani già esistenti, per esempio si adoperò un prototipo classico per rappresentare Cristo come il buon pastore, mentre a volte lo stesso Gesù veniva dipinto con le sembianze di ben noti personaggi mitologici o divinità quali Apollo e Orfeo. Della vita di Cristo, i primi episodi dipinti erano i suoi miracoli; generalmente si evitava la sua passione, e particolarmente la crocifissione, fino all'affermazione solida della Chiesa. La fioritura di questa arte cristiana fu possibile solo dopo il 313, quando Costantino legalizzò il cristianesimo.[50]

L'edizione 1991 della New Encyclopedia Britannica afferma invece che “nei primi tre secoli della chiesa cristiana, comunque, non ci fu nessun’arte cristiana, e in genere la chiesa vi si oppose con tutte le sue forze. Per esempio, Clemente Alessandrino criticò l’arte religiosa (pagana) in quanto incoraggiava il popolo ad adorare ciò che è creato anziché il Creatore”.[51] Proseguendo, la Britannica dice: “Verso la metà del III secolo nella chiesa cristiana cominciò ad essere impiegata e accettata una nascente arte figurativa, ma non senza un’accanita resistenza in alcune comunità. Solo quando agli inizi del IV secolo, sotto Costantino, la chiesa cristiana divenne la chiesa dell’impero, furono usate immagini nelle chiese, e allora esse cominciarono a prendere piede nella pratica religiosa cristiana”.

Similmente, l'opera History of the Christian Church del 1897 fa notare che “I primi cristiani avrebbero provato orrore al solo pensiero di collocare immagini nelle chiese, e avrebbero considerato il prostrarsi o il pregare davanti ad esse come vera e propria idolatria”.[52]

Le fonti a cui fanno riferimento i Testimoni di Geova

Oratorio di San Maurizio - Villadossola (Verbania - Italia) con chiesa diroccata (già dal 1790) dell' XI secolo - Nell'oratorio è visibile anche un'opera moderna dello scultore Avio Aleotti (piombo su supporto ligneo) rappresentante l'esecuzione di Gesù su una croce tradizionale e quella dei due ladroni su un palo verticale.

Scritti sacri cristiani in greco

I Testimoni di Geova fanno notare che quando si parla dell'esecuzione di Gesù nel Nuovo Testamento, viene usato il sostantivo greco stauròs 27 volte[53] e i verbi stauròo 46 volte[54], synstauròo (il prefisso syn significa "con") 5 volte, e anastauròo (anà significa "di nuovo") una volta, per designare il metodo dell'esecuzione. Stauròs sia nel greco comune (koinè) che nel greco classico, ad avviso dei Testimoni e degli studiosi da loro citati, «non dà affatto l'idea di una "croce" fatta di due pezzi di legno. Significa solo un palo diritto [...]»[55].

Nell'appendice della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, Bibbia edita dai Testimoni di Geova, viene menzionato il "palo di tortura" (Mt 27:40) in relazione all'esecuzione di Gesù sul Calvario e viene sottolineato come la parola greca stauròs [σταυρός] non venga associata nel testo alla croce usata come simbolo dai pagani. L'interpretazione è affiancata anche da una ragione linguistica secondo la quale gli autori del Nuovo Testamento usarono in greco koinè la stessa accezione del greco classico per la parola stauròs, indicando quindi un palo, come quelli usati per le fondamenta o per fare una palizzata[8].

Un'altra parola usata per descrivere l'oggetto sul quale fu ucciso Gesù è xỳlon (ξύλον), usata dagli apostoli Pietro e Paolo (Atti 5:30; 10:39; 13:29; Galati 3:13; 1Piet 2:24)[55]. Siccome xylon significa "legno", il suo uso dimostrerebbe che l'oggetto in questione fosse un palo verticale senza braccio trasversale. Xylon si ritrova anche nei Septuaginta (Esd 6:11, 2 Esdra 2:11), dove viene menzionata come la trave a cui il violatore della legge veniva appeso. Secondo quest'interpretazione, la croce è solo un significato posteriore attribuito alla parola latina crux, che negli scritti di Tito Livio (Nato 59 A.C. Morte 17 D.C.), nel I secolo, significa un palo semplice, mentre l'espressione crux simplex veniva invece usata per descrivere un palo semplice per i criminali[8].

Scritti sacri ebraici

Secondo i Testimoni di Geova, costituirebbero prove dell'effettivo significato di stauros come palo verticale anche alcune citazioni bibliche del Vecchio Testamento: nel Deuteronomio 21:22-23 si fa menzione di mettere ad un עץ (`ets) un condannato a morte, non è chiaro se come cadavere o per farlo morire.[56] Questa parola "ha il senso generico di legno, e può essere tradotto con albero, palo o croce. L'esame filologico degli altri passi biblici non aiuta a risolvere la questione".[57] È generalmente tradotta con "albero"[58] Il testo della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, versione edita dai Testimoni di Geova, riporta invece la parola "palo": «Il suo corpo morto non dovrebbe restare sul palo per tutta la notte»[59]

Questa edizione italiana della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture è tradotta dall'originale inglese, che in Deuteronomio 21:22,23 adopera stake per tradurre la parola ebraica עץ.[60] Delle altre Bibbie in inglese, la grande maggioranza sceglie la parola tree; alcuni usano pole o post.[61] Usano pole la New International Bible, New International Version - UK, New International Reader's Version, God's World Translation e Names of God Bible [62] La New World Translation of the Holy Scriptures dei Testimoni di Geova (di cui la più recente edizione, non ancora tradotta in italiano, è del 2013) è l'unica o quasi l'unica Bibbia inglese a tradurre עץ in questo contesto con stake; ma una nota in calce sia all'edizione large nera del 1961 (rivista nel 1971) e quella large marrone del 1984 (altre ediz. 1961, 1981) ha una nota che recita: «literally "tree"»[63]. La scelta editoriale di "stake" è ampiamente spiegata dai testimoni di Geova in un articolo del loro sito che riguarda la revisione della NWT del 2013[64], e comunque la sostanziale sinonimia di "pole" e "stake" nel mondo anglofano, nel tempo, è dimostrata non solo da quanto scrive ed illustra il ministro episcopale statunitense Henry Dana Ward nel libro History of the cross: the pagan origin, and idolatrous adoption and worship, of the image del 1871[65], ma anche di come alcune Bibbie moderne usano ampiamente il termine "stake" nel racconto del Vangelo di Marco capitolo 15: 1-47 in riferimento al mezzo usato per l'esecuzione di Gesù. Alcune di queste traduzioni sono: la Complete Jewish Bible[66], per 10 volte nei versetti 13, 14, 15, 20, 21, 24, 25, 27, 30 e 32; la Jubilee Bible 2000[67], nel versetto 32 e nelle note a piè di pagina per i versetti 13, 21 e 30 specificando che con "stake" sta traducendo stauros e stauroo; e la Tree of Life Version[68], per tre volte nei versetti 25, 30 e 32, e una quarta nelle note a piè di pagina segnalato dalla nota "c" in riferimento a Marco 15:22.

Nel passo biblico nella Lettera ai Galati riportata dall'apostolo Paolo la stessa Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture riprende lo stesso termine: «Perché è scritto: "Maledetto ogni uomo appeso al palo"».[69] Altre versioni traducono la parola ξύλον del testo greco originale usando il termine "legno": (Galati 3:13[70]).

Nel Deuteronomio[71], il termine ebraico tradotto "legno" o (per i Testimoni di Geova) "palo" è `ets (עץ), che significa albero, legno, legname, ceppo, tavola, gambo, bastone, forca[72] e viene tradotto nel testo greco della Versione dei Settanta (LXX) in ξύλον (xylon – legno) e non σταυρός (stauros)[73]. La pena di morte descritta nella Bibbia presso gli Ebrei avveniva per lapidazione. La parola aramaica ’a‘ (אע), corrispondente al termine ebraico `ets (עץ), compare in Esdra, dove riguardo ai violatori del decreto del re persiano vien detto: «Sia tolta una trave dalla sua casa e ..." Poi la versione dei Testimoni di Geova, per tradurre il verbo יתמחא, continua: "... egli vi sia messo al palo»,[74] mentre altri mettono "vi sia impiccato", "vi sia inchiodato" o "vi sia appeso".[75]

Nel tradurre i termini עץ e אע nei passi biblici del Deuteronomio e di Esdra, i traduttori della LXX usarono la parola greca ξύλον (xylon), lo stesso termine usato nella Lettera ai Galati e nella Prima lettera di Pietro, dove la versione dei Testimoni di Geova mette "palo",[76] ma altri mettono "legno". Il Dizionario Greco Antico-Italiano indica come senso primario del vocabolo greco ξύλον "legno, legname" e come altri sensi "pezzo di legno, trave, tavole, assi; bastone, randello, mazza, clava; ceppo, per tenere stretti i piedi agli schiavi, e anche ai frenetici; banco del banchiere; forca, croce; albero".[77] A Greek-English Lexicon dà simili informazioni in inglese, menzionando anche l'uso di ξύλον in riferimento al Cavallo di Troia.[78] Ethelbert William Bullinger afferma che ξύλον generalmente denota "un tronco morto o una trave".[79] Altri studiosi traducono ξύλον come timber.[80], "albero" [81], "un pezzo di legno, un palo o un albero" [82], "albero o legno" [83], "legno, croce, albero" [84]. Tutti questi studiosi fanno notare che la parola xylon è usata in riferimento a Deuteronomio 21:23, dove viene usato appunto il termine `ets (עץ), il cui significato basico è "albero",[85] "albero, legno",[86] "albero, alberi, legno",[87] mentre la corrispondente parola aramaica אע in Esdra 6:11 è generalmente tradotta "trave".[88][89][90][91] La parola ξύλον è usata ripetutamente nella versione greca dell'Antico Testamento per indicare un albero vivo[92], e anche nel Nuovo Testamento[93].

Traduzioni della Bibbia

I Testimoni dicono di essere pronti a dimostrare che un attento studio delle diverse traduzioni della Bibbia redatte da diverse confessioni religiose (protestante e cattolica comprese) rivela che, sia il significato originale di stauròs, che quello di xylon attribuito dalle Scritture, sia "legno" anziché "croce"[39][94].

Traduzioni di stauros

Il teologo e biblista Ethelbert William Bullinger, nella traduzione biblica inglese da lui curata, The Companion Bible[95], quando deve tradurre il termine greco stauros oltre a spiegare in alcune pagine del Nuovo Testamento il suo reale significato, rimanda regolarmente all'Appendice 162 e viene quindi spiegato com il termine stauròs non sia una croce con traversa, ma un singolo palo[79]. Inoltre, nella sua opera A Critical Lexicon and Concordance to the English and Greek New Testament, Bullinger, riferendosi al Nuovo Testamento, dice che "ambedue le parole [stauros e xylon] si discostano dal concetto attuale di croce, col quale abbiamo familiarità attraverso l’arte figurativa. Lo stauros era semplicemente un palo diritto sul quale i Romani inchiodavano i condannati. Il verbo stauroo, che significa semplicemente trascinare pali, non ha mai reso l’idea di due pezzi di legno messi di traverso uno sull’altro. Perfino il latino crux significa un semplice palo“.[96]

Il Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento di Coenen, Beyreuther e Bietenhard dice che "a) stauròs è un palo piantato diritto (palo a punta); può servire a molteplici usi, come erigere steccati (Hom. Od 14, 11), gettare fondamenta (Thuc. VII 25, 5); può avere anche il significato speciale di palizzata (fin da Omero). Di conseguenza, stauróô significa piantare pali, erigere palizzate (fin da Tucidide). b) La prassi del diritto penale ha fornito, sia al sostantivo che al verbo, un senso speciale. Tuttavia questo è, in parte, ben diverso. Nello specifico non si possono associare a queste parole i dettagli concreti che la tradizione cristiana vincola alla crocefissione di Gesù".[97][98] Aggiungendo poi che i vocaboli, di per sé, non sono sufficienti a stabilire l'effettiva modalità dell'esecuzione, dato che bisogna tenere conto anche del contesto dell'esecuzione e del punto di vista di chi la descrive. In questa relazione dice che è molto probabile l'esistenza di una differenza fondamentale, sia nella maniera di realizzare il castigo che nel suo significato fra l'oriente e l'occidente. Nella Palestina al tempo di Gesù erano le autorità romane dell'occupazione che realizzavano l'esecuzione. "Con ogni probabilità lo strumento impiegato, lo stauros, aveva una traversa e così era formato di due legni incrociati. Per il resto, le fonti profane non permettono di tirarne la conclusione che la croce avesse una forma determinata, sia quella di crux commissa sia quella di crux immissa. Dato che non sempre ci si collocava un τίτλος [titlos] (barbarismo latino), non si può concludere che la forma fosse necessariamente quella della crux immissa. C'erano due modi di sollevare lo stauros. O il condannato veniva fissato alla croce posta al suolo nello stesso luogo dell'esecuzione e veniva poi sollevato insieme allo strumento di esecuzione, oppure, caso normale, il palo verticale era piantato nel suolo prima dell'esecuzione e il criminale, attaccato alla traversa, veniva sollevato insieme con questa e fissato al palo verticale. Dato che questo era il modo più semplice di realizzare l'operazione (l'aggiunta del legno trasversale è forse legata alla sanzione del patibulum inflitta agli schiavi) può darsi che la crux commissa sia stata la norma generale. Inoltre, l'altezza della croce non doveva superare di molto la statura di un uomo"."[97][99] Infine, dopo avere commentato altri particolari della prassi dei romani (condanna secondo le norme del diritto, il condannato portava il patibulum al luogo dell'esecuzione, generalmente fuori della città, lì veniva spogliato e flagellato, ecc.), si conclude dicendo: "Nel complesso dobbiamo tenere presente che gli scrittori profani non hanno degnato questo tipo di esecuzione, tanto ignominioso e crudele, di una qualche descrizione dettagliata. Alcune questioni restano quindi necessariamente aperte. Il quadro che si è potuto ricavare grazie al materiale offerto dalla letteratura profana non deve essere integrato o modificato con troppa precipitazione con quello offerto dalla narrazione dei vangeli."[97][100]

La Catholic Encyclopedia dice: "È certo, comunque, che in origine la croce consisteva di un semplice palo verticale, appuntito all’estremità superiore. Mecenate la chiama acuta crux; potrebbe essere chiamata anche crux simplex. A questo palo verticale si aggiungeva più tardi una traversa."[101]. Roy Harrisville afferma che "la croce (stauròs) originalmente denotava un palo o una palizzata per aree recintate"[102].

Il libro The non-Christian cross invece afferma: “In nessuno dei numerosi scritti che formano il Nuovo Testamento esiste una sola frase che, nel greco originale, costituisca anche una prova indiretta che lo stauros usato nel caso di Gesù fosse altro che un ordinario stauros; tanto meno che consistesse non di un solo pezzo di legno, ma di due inchiodati insieme a forma di croce [. . . .] Non poco fuorviante da parte dei nostri insegnanti è il tradurre il termine stauros ‘croce’ per rendere nella nostra lingua i documenti greci della Chiesa, e il sostenere tale azione inserendo ‘croce’ nei nostri dizionari quale significato di stauros senza spiegare bene che tale non era affatto il significato principale del termine all’epoca degli Apostoli, non diventò il significato principale che molto tempo dopo, e diventò tale, se mai, solo perché, nonostante l’assenza di ulteriori prove, per una ragione o per l’altra si presumeva che il particolare stauros su cui fu messo a morte Gesù avesse quella particolare forma”. E aggiunge: "Dovrebbe essere aggiunto che la croce del periodo più tardo, con uno dei bracci più lungo dell'altro, se non anche la supposizione che lo stauròs al quale Gesù fu appeso avesse un braccio trasversale, potrebbe essere stato semplicemente il risultato di un desiderio di associare alla storia di Gesù questo simboli gaelici di vittoria che erano diventati simboli dello Stato Romano, e quindi del suo Stato della Chiesa".[103]

Ciononostante, la maggioranza delle Traduzioni della Bibbia traduce sia stauròs che xylon con il termine "croce", anche se con significative differenze. Ciò è presente nelle versioni Diodati e Nuova Diodati (vedi schema); Versione Riveduta di Giovanni Luzzi e Nuova Riveduta (vedi schema); New International Version[104]; La Bibbia e Dio disse..., Nuovissima versione dai testi originali[105][106]; Bibbia Edizioni Paoline, (1960); Parola del Signore - La Bibbia in lingua corrente; La Bibbia Concordata, curata da un gruppo di biblisti ebrei, cattolici, ortodossi e protestanti della Società Biblica Italiana; della Bibbia cattolica del 1960 a cura di monsignor Fulvio Nardoni e diverse altre versioni in lingua inglese, fra cui la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture dei Testimoni di Geova (vedi schema).

Bibbia Matteo 10:38
Testo greco καὶ ὃς οὐ λαμβάνει τὸν σταυρὸν αὐτοῦ καὶ ἀκολουθεῖ ὀπίσω μου, οὐκ ἔστιν μου ἄξιος.
Traduzione del Nuovo Mondo E chi non accetta il suo palo di tortura e non mi segue non è degno di me.
CEI chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Diodati E chi non prende la sua croce, e non viene dietro a me, non è degno di me.
Luzzi/Riveduta e chi non prende la sua croce e non vien dietro a me, non è degno di me.

Esecuzioni eseguite su un albero

Esempio di una esecuzione eseguita su un albero. Mito di Marsia legato nudo ad una corteccia d'albero dal dio Apollo, scultura di marmo, copia romana del I-II secolo dopo l'età ellenistica - Musei capitolini di Roma, (opera del I secolo)[107]; anche al Louvre di Parigi, (opera del I-II secolo)[108]
Strangolamento ad un albero
Fucilazione ad un albero

Gesù morì per il tipo di esecuzione usata su un supporto che secondo i Testimoni di Gesù era un palo. Fu inchiodato alle mani e ai piedi e sospeso da terra, e fu questo a procurare la sua morte. Anche altri tipi di esecuzione si sono verificate su un albero.

Si conoscono circa sessanta statue raffiguranti il sileno Marsia appeso ad un albero in attesa di essere scorticato per ordine di Apollo. Si tratta di copie romane di uno o più originali eseguiti secondo gli esperti in «età pergamena». Alcuni dei migliori esemplari sono conservati nei Musei capitolini di Roma (del I secolo d.C.) e al Louvre di Parigi (del I-II secolo d.C.) e anche a Istambul e Monaco.[109][110]

La statua di Marsia appeso ad un albero[109][111][110] doveva far parte di un gruppo che comprendeva anche uno Scita (detto l'Arrotino) inginocchiato ai piedi di Marsia, in atto di affilare il coltello con cui avrebbe poi scuoiato vivo il sileno, e Apollo seduto che presiedeva la scena.[109][110][112] La statua "raffigura il satiro nel momento del supplizio quando, appeso all'albero, subisce la feroce punizione inflittagli da Apollo, vincitore della gara musicale nella quale il superbo Marsia ha osato sfidare il dio".[113] Lo strumento di morte era la lama in mano allo Scita.

«L’opera viene generalmente considerata come un capolavoro di “arte espressionistica” ed è stata lo spunto per molte crocefissioni».[110]

Anche altre maniere di esecuzione su un albero o ad un palo (oltre evidentemente alla maniera della morte di Gesù) si sono realizzate nella storia come, per esempio, lo strangolamento (la garrota) e la fucilazione.

Traduzioni di xylon

I cinque versetti nel Nuovo Testamento in cui viene usata la parola xylon in alternativa a stauròs per designare l'esecuzione di Gesù (Atti 5:30, Atti 10:39, Atti 13:29; Galati 3:13 e 1 Pietro 2:24) contengono un termine al quale il vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci attribuisce, fra altri, i significati "legno", "pezzo di legno", "tronco" e anche "albero"[39][114]. Ma i Testimoni asseriscono che: «Il fatto che Luca [per Atti], Pietro [per la lettera di 1 Pietro] e Paolo [per la lettera ai Galati] abbiano usato anche xỳlon come sinonimo di stauròs è un'ulteriore prova che Gesù fu messo al palo su un legno diritto senza un braccio trasversale, poiché tale è il significato di xỳlon in questo particolare contesto. (At 5:30; 10:39; 13:29; Gal 3:13; 1Pt 2:24) Xỳlon ricorre anche nella Settanta greca in Esdra 6:11, dove si parla di un'unica trave o pezzo di legno su cui doveva essere messo al palo il violatore della legge».[115]

Per un raffronto sulla traduzione dei cinque versetti summenzionati, i Testimoni osservano che, mentre la loro traduzione biblica traduce xylon con lo stesso vocabolo, ovvero con "palo" come si evince da quanto segue:

  • Atti 5:30 «l'Iddio dei nostri antenati ha destato Gesù che voi avete ucciso, appendendolo a un palo [xylon]»
  • Atti 10:39 «E noi siamo testimoni [...]sia nel paese [...]che a Gerusalemme [...] lo soppressero appendendolo ad un palo [xylon]»
  • Atti 13:29 «Or quando ebbero compiuto tutte le cose scritte di lui, lo calarono dal palo [xylon] e lo posero in una tomba [...]»
  • Galati 3:13 «Cristo ci liberò [...] perché è scritto "Maledetto ogni uomo appeso al palo" [xylon]»
  • 1 Pietro 2:24 «Egli stesso portò i nostri peccati nel proprio corpo, sul palo [xylon][...]»

solo poche Bibbie traducono xylon come "legno" o "albero" in tutti e cinque i versetti, altre traducono solo alcuni versetti con "legno" o "albero" e scelgono per altri versetti "croce", nonostante il termine usato sia sempre xylon.

Alcune fra le più importanti e diffuse traduzioni della Bibbia hanno scelto di tradurre l'identico termine greco xylon ricorrente nei cinque versetti del Nuovo Testamento in modo misto (a volte "legno", a volte "albero" e "croce"):

Una recente Bibbia, pubblicata da una NCR, la Restoration Study Bible (RSB), ha portato un radicale cambiamento ai termini che riguardano l'esecuzione di Gesù «traducendo le parole greche originali stauros e xulon rispettivamente con l'inglese "stake" (palo) e "tree" (albero)»[116][117]. La nota del versetto 32 del capitolo 27 del Vangelo di Matteo (a pagina 1380 della RSB) spiega il motivo della scelta:
«"Palo" - La KJV (Bibbia del Re Giacomo) insieme alla maggioranza delle traduzioni rende questa parola con l'equivalente "croce". Questo termine deriva dal greco stauros che significa "un palo verticale". L'altra parola greca resa "croce" nel NT (Nuovo Testamento) è xulon, che denota "un tronco vero e proprio di legno o legname da costruzione". Secondo il Bullinger, nel suo Companion Bible, stauros e zulon "non significano mai due pezzi di legno messi l'uno di traverso all'altro tra di loro in qualunque angolazione, ma sempre un pezzo unico" (Appendice 162). Inoltre l'Enciclopedia Britannica dice che la croce tradizionale è anche collegata con l'adorazione pagana, che fu più tardi adottata dalla Chiesa: "Nelle chiese egiziane la croce era un simbolo pagano della vita adottato dai cristiani e interpretato nella maniera dei pagani". (11esima edizione, vol. 14, p. 273). È per queste ragioni che la RSB ha scelto la parola "palo" al posto della parola "croce"»[116][118].

Bibbia Galati 3:13
Testo greco Χριστὸς ἡμᾶς ἐξηγόρασεν ἐκ τῆς κατάρας τοῦ νόμου γενόμενος ὑπὲρ ἡμῶν κατάρα, ὅτι γέγραπται· Ἐπικατάρατος πᾶς ὁ κρεμάμενος ἐπὶ ξύλου,
Traduzione del Nuovo Mondo Cristo ci liberò mediante acquisto dalla maledizione della Legge, divenendo una maledizione invece di noi, perché è scritto: "Maledetto ogni uomo appeso al palo".
CEI Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno,
Diodati Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo per noi fatto maledizione (perciocché egli è scritto: Maledetto è chiunque è appiccato al legno);
Luzzi/Riveduta Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: Maledetto chiunque è appeso al legno),

Studi sull'uso della croce come simbolo cristiano

«Il termine 'croce' pregiudica la nostra comprensione, poiché fa pensare all'immagine di due linee che si incrociano. Né il termine greco stauros né quello del latino crux hanno necessariamente quel significato; entrambi si riferiscono ad un palo al quale poteva venire appesa una persona in vari modi: impalatura, affissione, inchiodatura e legatura»

Il significato di croce (in latino crux) è cambiato nel tempo, e al tempo della esecuzione di Gesù, non era il solo modo in cui oggi viene concepito dalle chiese, ovvero esclusivamente un palo con una traversa. «Il termine [latino] "crux" non si riferisce automaticamente ad una croce, mentre il termine "patibulum" viene generalmente utilizzato per la crocifissione. Senza contare che entrambi i termini sono utilizzati con significati diversi»[120] ad affermarlo, fra gli altri, è l'accademico e teologo Gunnar Samuelsson[121] dell'università svedese di Göteborg, esperto di greco del Nuovo Testamento[122][123].

Nella sua pubblicazione Crucifixion in Antiquity, il teologo svedese cita una serie di personaggi e i loro scritti,[124] in cui i termini usati denotano solo «sospensioni non specificate», ma mai inequivocabilmente una crocifissione avvenuta su due pezzi di legno o su un unico palo.[125] La conclusione del teologo svedese è che la mancanza di descrizioni chiare nelle Scritture indica che una terminologia distinta sulla crocifissione nasce dopo l'esecuzione di Gesù Cristo.[126]

Una delle opere analizzate da Gunnar Samuelsson[127] e a cui fanno riferimento i Testimoni di Geova[128][129][130], è lo studio del 1878 di Hermann Fulda nel libro Das Kreuz und die Kreuzigung (La croce e la crocifissione), che analizza e contesta le ricerche di Giusto Lipsio e del suo De Cruce, oltre ad analizzare diversi altri studi sulla croce fatti fino al suo tempo[120]. Fulda dubita che una croce venisse costruita in ogni occasione, soprattutto nel caso delle crocifissioni di gruppo, asserendo che un semplice palo probabilmente venisse usato quando i mezzi non permettevano altrimenti[131]. Alcune asserzioni di Hermann Fulda sulla croce sono riprese dai Testimoni di Geova per sottolineare l'uso di un palo conficcato nel suolo a mo' di croce[120]: «Gli alberi non erano disponibili dappertutto nei luoghi scelti per l'esecuzione capitale pubblica. Perciò si conficcava nel terreno un semplice palo. Su questo i fuorilegge venivano legati o inchiodati con le mani levate verso l'alto, e spesso venivano loro inchiodati anche i piedi»[132].

Un'altra opera di consultazione sui termini usati nel Nuovo Testamento è An Expository Dictionary of New Testament Words del grecista biblico inglese William Edwy Vine[8] rimandando direttamente al termine greco stauros, specificando che questo indicasse principalmente un'asta o palo diritto, sul quale i malfattori venivano inchiodati per l'esecuzione. È Vine che sostiene che la forma della croce ecclesiastica a due bracci sia di origine Caldea, un simbolo poi passato all'Egitto e adottato dalle chiese cristiane apostate nel III secolo per ricevere i pagani, indipendentemente dalla rigenerazione per mezzo della fede, permettendo loro di portare i loro segni e simboli[32].

Oltre a Vine, altri studiosi concordano della esistenza di oggetti cruciformi usati come simboli sacri prima di Cristo, da parte di popoli pagani ed in associazione con i loro dei. I Testimoni prendono come riferimento l'opera The Cross in Ritual, Architecture, and Art[33][133] per sostenere la presenza di oggetti cruciformi nel simbolismo legato al «greco Bacco, il tiro Tammuz, il caldeo Bel e il norvegese Odino»[134], senza contare i numerosi studi sull'ankh egiziano come quelli del colonnello J. Garnier[135], H. Cutner[136] o l'Encyclopædia Britannica[137].

Riguardo ai cristiani del I secolo, l'opera History of the Christian Church, viene citata[33] perché perentoria: «Non v'era l'uso del crocifisso né alcuna rappresentazione materiale della croce»[138], così come viene preso ad esempio[33] l'enciclopedia cattolica New Catholic Encyclopedia, dato che asserisce che la morte di Cristo sul Golgota e lo strumento della Passione, perché influenzati dalla proibizione delle immagini scolpite contenuta nel Vecchio Testamento[139].

Sul significato di stauros e xylon, viene chiamato in causa[128] Paul Wilhelm Schmidt (1845-1921), professore presso la Facoltà Teologica dell'Università di Basilea[140]. Nell'edizione del 1904 di Die Geschichte Jesu (La storia di Gesù)[141], Schmidt asserisce che «σταυρός [stauròs] significa ogni palo o tronco d'albero in posizione eretta»[142]. Inoltre afferma che la più semplice forma di crocifissione romana si facesse appendendo il suppliziato ad un palo, come avveniva per le esecuzioni di massa. Gesù avrebbe, secondo Schmidt, dovuto anche portare il suo palo fino al luogo dell'esecuzione[128][143].

Sempre a proposito di stauròs, anche la voce "croce" del New Bible Dictionary del 1985, di J.D. Douglas, viene citata poiché riprende il significato di "palo" per la parola stauros[144]: «Il termine gr. per 'croce' (stauros, verbo stauroo [...]) significa principalmente trave o palo diritto, e secondariamente un palo usato come strumento di punizione ed esecuzione»[145].

La testimonianza del I secolo: gli scritti, le rappresentazioni, l'archeologia

I Testimoni di Geova asseriscono che l'evidenza biblica dimostra che i cristiani del I secolo non abbiano mai avuto nel loro culto nessuna rappresentazione della croce [146][147]. Nel Nuovo Testamento non c'è nessun accenno alla adorazione o venerazione di alcun simbolo cruciforme «per tale motivo come i cristiani del I secolo, si sforzano di attenersi alla Bibbia anziché alla tradizione»[148], «successivamente l'apostasia iniziò a corrompere la primitiva congregazione cristiana, in particolare dopo la morte degli apostoli (2 Tess. 2:3-7)»[149] e quindi secondo i testimoni, il cristianesimo fu inquinato da filosofie del mondo e tradizioni pagane compreso l'antico uso e l'adorazione della croce nel culto, presente già da secoli in molte civiltà prima della venuta di Cristo[150][151].

Anche la Lettera di Barnaba, ritenuta universalmente apocrifa, scritta da uno scrittore ignoto e che alcuni asseriscono essere una prova dell'uso della croce fatto anche nel I secolo, è invece datata dalla stragrande maggioranza degli studiosi nel II secolo, ovvero a circa 30 anni dopo la scrittura del Vangelo secondo Giovanni e quindi il 130. La stessa Enciclopedia cattolica (edizione del 1907, messa in rete nel 1997) colloca nel II secolo la data della sua compilazione, ovvero tra il 130 e il 131[152] cosa che fa anche l' Enciclopedia Britannica collocando la data di scrittura alla probabile data del 130[153] e la stessa Enciclopedia Treccani che sulle diverse possibilità dell'interpretazione «della profezia sulla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme» ritiene che le «maggiori probabilità» propendono per «Adriano (117 - 138[154]. Altrettanto, anche lo studioso del Nuovo Testamento il critico testuale delle origini del cristianesimo, Bart Ehrman situa ancora nel 130 la data in cui questo documento apocrifo fu redatto[155].

Le ricerche archeologiche riferite al I secolo e che possono far luce sul supporto usato per mettere a morte Gesù[156] usato per la morte di Gesù, sono inesistenti, a evidenziarlo è uno dei più importanti studiosi cattolici, Raymond Edward Brown, membro della Pontificia commissione biblica, che rigetta l'interpretazione della Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture dei Testimoni di Geova di tale supporto come un palo senza traversa)[157] e che esaminava i reperti in vista di indicazioni del "tipo di croce che i cristiani pensavano essere stata usata per Gesù".[156] Nella sua opera La morte del Messia. Un commentario ai Racconti della Passione nei quattro vangeli infatti, lo studioso esamina "prove" archeologiche dal III secolo in poi, prendendo in esame anche le rappresentazioni nelle catacombe (III e IV secolo) anche un graffito, il Graffito di Alessameno (III secolo), asserendo che le raffigurazioni di Gesù crocifisso sono solo una mezza dozzina e vanno dal II al V secolo e concludendo che «Tali rappresentazioni [...] non hanno cosa alcuna da insegnarci circa il modo in cui Gesù fu crocifisso»[158]. Il suo punto di vista su questo tipo di "prove", anche archeologiche, si legge a pagina 1065 della sua opera:

«Si potrebbe pensare che la reticenza degli autori sui dettagli della crocifissione possa venir compensata dall'arte cristiana a partire dai primi secoli, quando la crocefissione era ancora praticata, mostrando come gli artisti di quel periodo immaginavano che Gesù fosse stato crocifisso. Il simbolismo di una croce (senza un corpo) appare nell'arte catacombale, per es., nell'ipogeo di Lucinia del sec. III, e diventa comune dal sec. IV. Tuttavia, il disegno della croce è spesso solo una grossolana approssimazione che non ci dice alcunché sul tipo di croce che i cristiani pensavano essere stata usata per Gesù. La situazione viene complicata dalla tendenza degli archeologi del passato ad identificare come cristiana qualsiasi cosa che anche lontanamente assomigli ad una croce [nota 27: L'oggetto cruciforme di Ercolano prima del 79, il famoso schema di Santor a Pompei(W. BARNES, NTS 33, 1987, 469-476), i segni 'più' sugli ossari giudaici del sec.I e la croce palmirena del 134 d.C. sono tutti possibili esempi di tale esagerazione]. A proposito delle raffigurazioni del Gesù crocifisso, c'è solo una mezza dozzina di rappresentazioni del sec. II al V (Leclerq, «Croix», con riproduzioni). Una delle più antiche, una minuscola incisione su una gemma di diaspro del sec. II, potrebbe essere un'opera gnostica ; essa mostra una figura di un uomo crocifisso, nudo, contorto e senza spettatori; si intendeva forse in tal modo burlarsi del credo classico cristiano della morte di Gesù. Un'altra gemma, una cornalina del sec. II della Romania , mostra un Cristo sovrumano sulla croce, alto quasi il doppio dei dodici apostoli che lo circondavano. La raffigurazione del secolo III trovata nella Domus Gelotiana del palazzo imperiale sul colle palatino in Roma, una scuola per ragazzi, è un graffito di un asino crocifisso; essa si prende gioco del Dio adorato dai cristiani ed apparentemente riutilizza ciò che potrebbe essere stata una forma usuale di derisione diretta ad un pretendente reale (Polibio, Storie,8,21; #3; vedi NDIEC 3, 1979, #34, pag.137). Tali rappresentazioni, purtroppo, non hanno cosa alcuna da insegnarci circa il modo in cui Gesù fu crocifisso.»

Le testimonianze del I secolo esterne ai Vangeli confermano che la messa a morte del condannato tramite l'impalamento e con le braccia distese su un'asse orizzontale (il patibulum) erano fra i metodi di esecuzione del tempo. Questi metodi sono citati nel Consolatio ad Marciam (20, 3) dal filosofo e drammaturgo romano Lucio Anneo Seneca vissuto e morto nel I secolo (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65). Seneca menziona la messa a morte in diverse modalità tramite strumenti di diverso tipo e di diverse forme. Infatti scrive:

«Vedo delle croci là, non solo di un tipo ma costruite in diversi modi: alcune hanno le loro vittime con il capo rivolto in basso verso il suolo; in altre le loro viscere vengono impalate, in altre le braccia vengono distese sull'asse orizzontale»[159][160].

Critiche alla tesi dei Testimoni di Geova

Senso e forma dello stauros

Nel libro Crucifixion in Antiquity.[161] Gunnar Samuelson insiste sulla distinzione fra l'oggetto del suo studio, cioè l'esame filologico dei termini usati nel Nuovo Testamento nel descrivere l'esecuzione di Gesù, e la questione storica di come Gesù effettivamente morì e le questioni teologiche riguardanti il senso della sua morte[162]. Conclude che i termini usati nei vangeli nel raccontare la morte di Gesù non avevano necessariamente il significato che hanno oggi i termini "croce" e "crocifissione" e l'incertezza del loro senso lascia aperta la possibilità che nel caso della morte di Gesù tali termini possano avere avuto già il senso in cui si intendono oggi[163]

Un articolo del Telegraph del 23 giugno 2010, riferendosi alla tesi che Samuelsson difese il 21 maggio 2010, afferma che il termine stauros poteva anche significare un palo diritto e che "la letteratura antica greca, romana ed ebraica da Omero fino al I secolo d.C. menzionano un arsenale di strumenti di supplizio, ma nessuno menziona "croci" o "crocifissioni"".[164] Il 13 luglio dello stesso anno, il professore neotestamentario[165] Giovanni Bazzana dichiara che "la conclusione di Samuelsson è che i termini indicati sopra vengono usati, fino al primo secolo, in modo del tutto generico, per cui la traduzione "crocifissione" risulta essere una forzatura dovuta al modo in cui i cristiani si sono più tardi immaginati il supplizio di Gesu. Al contrario, Samuelsson preferirebbe una versione più neutra, magari qualcosa come "appendere". [...] Il risultato pare essere interlocutorio: per chi scriveva nel primo secolo, stauros e affini potevano indicare la croce, ma anche altre possibilita' come l'impalamento, l'impiccagione eccetera. La tradizione cristiana ha poi fatto il resto e sedimentato l'immaginario che abbiamo oggi".[166] Nello stesso mese di luglio 2010, Larry Hurtado, altro studioso neotestamentario, osserva: "A giudicare dalle recensioni della tesi di Samuelsson, essa appare molto meno significativa di come la presenta la stampa. Pare che essenzialmente si tratta di uno studio filologico di alcuni vocaboli, nel quale egli afferma che diversi strumenti potevano essere chiamati "croce" (in greco, stauros). È una cosa già risaputa, così che non è chiaro che cosa egli abbia scoperto. Inoltre, non è chiaro se prenda in considerazione gli altri dati, quali i riferimenti cristiani del II secolo alla croce di Gesù come avente forma di T (per es. la Lettera di Barnaba)."[167]

Nel 2011 Samuelsson pubblica il suo libro e nei suoi commenti posteriori[168] ripete che, a motivo della terminologia ambigua usata, la letteratura greca da lui esaminata (cioè da Omero fino alla fine del I secolo a.C., più gli autori Flavio Giuseppe e Filone di Alessandria, come egli dice alla pagina 35 del suo libro) non permette di evincere la forma dello σταυρός da esecuzione, e che anche i termini latini crux e patibulum non indicano univocamente rispettivamente la croce e il braccio traversale. Nei vangeli non si indicano la forma dello σταυρός portato al Calvario da Gesù o da un altro (tutto lo strumento di esecuzione o solo una traversa?), il senso del verbo σταυροῦν (crocifiggere o più generico), la maniera di attaccare Gesù allo strumento di esecuzione; "il testo delle narrative della passione non è così esatto e carico di informazioni come noi cristiani a volte vogliamo che siano" (Q 13). "Le relazioni evangeliche, che mancano di dettagli, non contraddicono però l'interpretazione tradizionale. Così l'interpretazione tradizionale della morte di Gesù è corretta, ma bisogna riconoscere che essa si basa sui racconti dei testimoni oculari più che sul testo delle narrative della passione" (Q 10). "Per me non è problema credere che Gesù morì nella maniera che si vede raffigurata in quasi tutte le chiese – in una croce normale. È plausibile che quelli che erano stati testimoni oculari della morte di Gesù abbiano poi dopo la sua risurrezione raccontato come morì. La maniera della sua morte, l'aspetto visibile, assunse importanza. Tali racconti venivano ripetuti dai cristiani con grande venerazione e divennero elemento cruciale delle tradizioni cristiane. Abbastanza curiosamente, però, queste tradizioni non sono entrate a far parte dei testi dei Vangeli, quando questi più tardi sono stati messi per iscritto. Quindi quando dico che credo che Gesù è morto in questo specifico modo baso questa conoscenza sulla tradizione della Chiesa, non principalmente sui testi della passione. E non penso di essere il solo a fare così. Quindi persino un protestante ortodosso fa quello per il quale magari criticherebbe la Chiesa Cattolica, dato che si appoggia alla tradizione della sua chiesa. Il mio unico suggerimento per la Chiesa è di leggere i testi biblici così come sono, non come pensiamo che siano. I testi biblici sono sufficienti. Non abbiamo bisogno di aggiungere niente" (Q 12).

Il termine σταυρός (stauros), aveva diversi sensi e il suo significato è cambiato nel tempo. Anche al tempo dell'esecuzione di Gesù non significava unicamente una croce né unicamente un palo. John Granger Cook, i cui studi si concentrano sull'effettiva prassi storica romana della pena capitale[169], dice che nonostante la polisemia del termine, il senso più probabile nel contesto della morte di Gesù sia quello di "croce"[170].

William Lane Craig ha commentato il libro di Samuelsson, dichiarandosi d'accordo sulla questione della vasta gamma di significati di parole quali σταυρός e osservando che spesso il contesto le precisa. Ha dato l'esempio del verbo inglese to shoot, che può riguardare sia una pistola, sia un arco, sia una fionda, ma che nel contesto dell'operato di un poliziotto moderno verrà senz'altro interpretato in relazione ad una pistola.[171]. Così, la parola σταυρός cambiò significato, da "palo" (nel greco classico) a "croce" (nel greco moderno)

Oltre a Samuelsson e Cook, anche altri studiosi del XXI secolo, quali Massimo Olmi,[172] Merrill C. Tenney[173] e Robin M. Jensen,[174] considerano che Gesù morì su una croce a due legni, pur riconoscendo che il termine stauròs può indicare anche un singolo palo diritto. Eva Catarella ritiene che la croce greca, più antica, consistesse di un solo legno, mentre quella romana (del tempo cioè di Gesù) fosse a due legni.[175] Altri, come Giovanni Bazzana, affermano che per uno scrittore del I secolo σταυρός poteva essere sia una croce che un qualche altro strumento, e che l'attuale immaginario risente della tradizione cristiana posteriore.[166]

Mancano certezze sulla forma dello stauròs, che fosse conformato a palo oppure a croce e la seconda ipotesi viene considerata più attendibile. Secondo Carpenter e Comfort[176], l'iscrizione posta sulla Croce di cui parla il Vangelo secondo Matteo: «Al di sopra della sua testa (di Gesù) posero la scritta dell'accusa contro di lui: Questo è Gesù, il re dei giudei»[177], indicherebbe che lo stauròs fosse fatto a forma di croce, perché se fosse stato un palo l'iscrizione sarebbe stata sopra le mani. La parola epano, che significa "al di sopra di", viene usata qui come in Matteo 2:9 («Si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino»), Luca 11:44 («La gente vi passa sopra senza saperlo») e Giovanni 3:31 («Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti»). Secondo i Testimoni di Geova, Matteo avrebbe voluto indicare semplicemente che la scritta era posta sopra Gesù, considerando la testa un riferimento più importante delle mani. Secondo Piccirilli[178] la forma dello stauròs fu diversa nelle diverse epoche. Davies[179] e Isbouts[180] e lo stesso Picirilli[178] ritengono che, nel caso dell'esecuzione di Gesù, lo stauròs indicasse effettivamente un palo con braccio trasversale.

Nel descrivere il supplizio della crocifissione, fonti antiche del periodo immediatamente dopo la composizione dei vangeli rappresentano il condannato con le braccia aperte: Luciano di Samosata (ca. 120 – tra il 180 e il 192) così descrive la posizione di Prometeo crocifisso sul Caucaso: «Su questo precipizio potrà esser crocifisso: stenderà una mano a questa rupe, ed un'altra a questa dirimpetto»[181] (ἐκπετασθεὶς τὼ χεῖρε ἀπὸ τούτου τοῦ κρημνοῦ πρὸς τὸν ἐναντίον) e Artemidoro di Daldi (ca. 96 – ca. 180) dice che è malaugurio sognare di ballare in alto su qualcosa visto che l'altezza e l'estendere le braccia sono presagi di crocifissione come criminale[182]. Lo stesso Artemidoro dichiara che lo "stauròs" è composto di più travi tenute insieme con chiodi: ἐκ ξύλων καὶ ἤλων γἐγονεν ὁ σταυρός[183][184]. William Lane Craig fa notare anche il riferimento nella profezia di Gesù concernente la futura morte di Pietro per crocifissione[185] all'estensione delle mani, che ricorda quello che Luciano e Artemidoro dicevano dei crocifissi[171].

Esistono descrizioni dello σταυρός da esecuzione scritte nella stessa lingua koinè del Nuovo Testamento da persone che potevano vedere con i propri occhi come erano fatti tali σταυροί da esecuzione. Cronologicamente le prime sono di pochi decenni posteriori al Vangelo secondo Giovanni. Quella di data più vicina è l'apocrifa Lettera di Barnaba, "di data forse cosi tardiva come 130",[186] e su cui esiste un consenso che essa non potrebbe essere di più tardi del 150 e che al più presto potrebbe essere del 70 o del 71.[187] Su queste descrizioni, vedi Descrizioni in lingua koinè dello σταυρός da esecuzione.

Plauto scrittore latino vissuto tra il III e il II secolo A.C., in una sua opera scrive:Credo ego istoc extemplo tibi esse eundum actutum extra portam, dispessis manibus, patibulum quom habebis. “Ecco questa è la posizione giusta, proprio così,a braccia aperte, finirai in croce fuori la porta della città” (Lett: le mani distese e inchiodato al patibulum) (Miles Gloriosus, 359-360). Dalla traduzione letterale si evince che il condannato con le braccia distese è inchiodato a un patibulum/xilon In un'altra sua opera scrive:Fateor, manus vobis do. Et post dabis sub furcis. Abi intro in crucem'Lo confesso, vi tendo le mani. -Le metterai alla gogna (furcis) imbastita. -Vai tu in croce. (Persa, 885). Qui furcis indica un braccio trasversale ( come il precedente patibulum ) in un contesto contenente anche il termine croce. Infine in un'altra opera scrive:Patibulum ferat per urbem, deinde adfigatur cruci. “Che porti attraverso la città la forca (patibulum), e poi sia appiccicato ad una croce” (Carbonaria, fr. 2) in questa opera abbiamo un patibulum ove sopra il condannato viene inchiodato per poi essere appeso alla croce che dovrebbe essere la parte verticale. Questa è senz'altro la descrizione di una croce a due bracci. Ci sono altre due citazioni dalle sue opere che aggiungono dettagli: O carnuficium cribum, quod credo fore, ita te forabunt patibulatum per vias stimulis carnufices, si huc riveniate senex. Ah crivello da boia! Perché mi sa che così finirai, quando dovrai girare per le vie con tanto di forca al collo e ti ridurranno a colabrodo a furia di spuntonate, un giorno che tornerà il padrone” (Lett: “ti riempiranno di buchi facendoti percorrere le strade con le braccia sul patibulum [patibulatum].”) (Mostellaria, 55-57). Ego dabo ei talentum, primus qui in crucem excucurrerit; sed ea lege, ut offigantur bis pedes, bis brachia. Sono qui pronto a dare un talento tondo al primo che correrà a farsi mettere in croce, ma a patto che gli inchiodino due volte i piedi e due volte le mani (Mostellaria, 349-360). In una si descrive la tortura per le strade del condannato, nell'altra il dettaglio che vengono inchiodate mani e piedi alla croce, queste ultime due sono descrizioni neutre riguardo la querelle palo vs croce. Gunnar Samuelsson dichiara che la parola crux usata da Plauto è "difficile da collegare alla crocefissione" intesa in senso tradizionale, in quanto il termine è troppo vago, così come "le caratteristiche essenziali che mostrano che il "patibulum" veniva trasportato fino alla crux per esservi attaccato sono mancanti, insieme alle altre indicazioni che rivelerebbero che i testi di Plauto dovrebbero essere direttamente collegati al castigo inflitto a Gesù secondo le principali tradizioni della chiesa". Di diverso parere sono gli studiosi Hengell e Khun che trovano negli scritti di Plauto parecchie informazioni riguardo la crocifissione. Hengel definisce Plauto come primo scrittore che riporta testimonianze di crocifissioni romane e dice che lui "descrive" la crocifissione in modo più vivido e più dettagliato di qualsiasi altro scrittore latino. [188]

Dionisio di Alicarnasso, che visse fino a circa la nascita di Gesù, scrive: "'Un Romano abbastanza conosciuto aveva consegnato un suo schiavo agli altri schiavi perché lo conducessero a morte e, affinché la punizione fosse clamorosa, ordinò che lo trascinassero, frustandolo, attraverso il foro e per qualsiasi altro luogo della città che fosse molto frequentato, precedendo la processione che i romani facevano in onore del dio in quell’occasione. Gli uomini che conducevano lo schiavo al supplizio, dopo avergli steso le braccia e averle legate ad una trave (xylon): (τὰς χεῖρας ἀποτείναντες ἀμφοτέρας καὶ ξύλῳ προσδῆσαντες) che, lungo il petto e le spalle, arrivava fino ai polsi, lo seguivano percuotendo con la frusta il suo corpo nudo”[189]. Come indicato da Samuelsson, in questa descrizione si parla solo di uno schiavo legato a un pezzo di legno, ma non c'è niente nel testo che suggerisca una crocefissione, così come non c'è niente nel testo che indichi che lo xylon fosse il braccio trasversale di una croce, come alcuni hanno ipotizzato; il testo indica semplicemente che lo schiavo fu torturato e giustiziato in qualche modo. Samuelsson menziona anche un episodio simile narrato dallo stesso Dionisio e conclude che anche in questo episodio, come nel primo, le vittime sono state torturate in modo simile senza essere crocefisse, aggiungendo che "è difficile definire gli eventi del Foro [descritti nelle Antichità Romane di Dionisio] un esempio di "crocefissione". L'unica conclusione che si può trarre è che semplicemente vennero torturati in qualche modo", e conclude dicendo che nessuno dei testi di Dionisio di Alicarnasso è di grande aiuto nello studio della crocefissione, a parte l'essere un altro esempio della diversità delle forme di punizione[190].

Livio viene citato dai TDG per attribuirgli il significato di palo al termine crux , ma nei suoi scritti non è descritta la forma della croce. Abbiamo :

  • ... e fatta bastonare e crocifiggere la guida (crucem sublato)per incutere terrore negli altri... (22.13.9)
  • Venticinque schiavi furono crocifissi (crucem acti) con l’accusa di aver congiurato nel campo Marzio (22.33.2).
  • Comandò che dopo essere stati selvaggiamente fustigati fossero attaccati alla croce (cruci adfigi); poi passò con la flotta presso l’isola di Pitiusa(28.37.3).
  • Si agì più severamente nei riguardi dei disertori (che non dei fuggiaschi); quelli che erano di diritto latino furono decapitati, i romani me{{ssi in croce (crucemsabalti) (30.43.13).
  • Di questi molti furono uccisi, molti catturati; alcuni li fece fustigare, altri mettere in croce (crucibus adfixit) (quelli che avevano capeggiato la congiura), altri li restituii ai padroni (33.36.3)
  • In questo, per quanto mi riguarda, sosterrò la mia causa anche se dovessi, non davanti al Senato Romano, ma davanti al Senato cartaginese, dove si dice che sarebbero stati crocifissi (crucem tolli) i comandanti che avevano condotto una campagna vittoriosa, ma una politica carente» (38.48.13).[senza fonte]

Nel II secolo, i cristiani attribuivano allo strumento della morte di Gesù sempre forma di croce, mai di palo[191]. Ireneo di Lione, padre della Chiesa vissuto nella seconda metà del II secolo scrive: «È per opera del Verbo di Dio che tutte le cose quaggiù sono state disposte e strutturate; per questo la crocifissione del Figlio di Dio si è compiuta anche lungo tutte e quattro queste dimensioni, quando egli ha tracciato sull'universo il segno della sua croce»[192].

Argumentum ex silentio

Una delle argomentazioni dei Testimoni di Geova sulla forma dello strumento dell'esecuzione di Gesù è quello che viene comunemente chiamato argumentum ex silentio. Essi infatti affermano che "nel greco classico [cioè fino a quattro secoli prima della redazione dei vangeli] il sostantivo stauròs [...] indica principalmente [ma non unicamente] un'asta o palo diritto e non c'è nessuna prova che gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane lo usassero per indicare un palo con un braccio trasversale".[193] Questa stessa argomentazione viene usata anche dai sostenitori della croce, i quali affermano che non ci sono prove che gli scrittori del Nuovo Testamento si riferissero a un palo senza braccio trasversale.[senza fonte]

Dato che la maggioranza degli studiosi concorda nel dire che non c'è certezza assoluta di quale dei due significati è quello giusto, l'argumentum ex silentio non può essere considerato decisivo per nessuna delle due tesi.

David W. Chapman chiama "sofisma etimologico" il supporre che la parola σταυρός non possa significare nient'altro che un singolo palo eretto, errore che, come egli dice, si incontra spesso nelle opere dei Testimoni di Geova.[194]

Da parte loro i Testimoni di Geova fanno notare che in alcuni passi del Nuovo Testamento che descrivono lo strumento di morte di Gesù si riferiscono esplicitamente a Deuteronomio 21:23 (cosa affermata da diversi studiosi[80][81][82][83][84]) e negata da nessuno), che utilizza il termine ebraico 'ets, generalmente tradotto "albero" (inteso come tronco d'albero)[senza fonte] o "trave"[senza fonte] e questo, a loro dire, dimostrerebbe che lo strumento descritto nei Vangeli non era altro che un singolo palo.

Mentre i Testimoni di Geova, sulla base del senso in cui si usava il termine σταυρός nel greco classico, adoperano l'argomentazione negativa ex silentio per suggerire che il senso era identico quando il termine era applicato nel greco koinè specificamente allo σταυρός da esecuzione, instrumento impiegato dai romani per giustiziare criminali. Da parte loro, quelli che non accettano la tesi dei Testimoni di Geova presentano la testimonianza positiva di scrittori di lingua koinè dell'epoca dell'uso di tale strumento di morte sulla forma che esso realmente aveva (Descrizioni in lingua koinè dello σταυρός da esecuzione).

Descrizioni in lingua koinè dello σταυρός da esecuzione

Dal 330 a.C. circa fino al 330 d.C. circa, periodo nel quale è stato composto il Nuovo Testamento, quella forma della lingua greca chiamata koinè era in uso.

Diversi testi scritti in koinè parlano dello σταυρός da esecuzione.

Data l'ambiguità del termine σταυρός, quei testi che ne parlano senza descriverlo non indicano se si trattava di una croce e di una crocifissione nel senso in cui oggi si intende questi termini. Gunnar Samuelsson giudica possibile questa interpretazione nel caso non solo dei vangeli canonici (seconda metà del I secolo d.C.)[195] ma anche di Diodoro Siculo (90 a.C. circa – 27 a.C. circa).[196] In ambedue questi casi A Greek-English Lexicon registra solo l'interpretazione di σταυρός come croce.[197]

Però alcuni testi koinè, scritti quando nell'Impero romano l'esecuzione di criminali avveniva per crocifissione, descrivono la forma dello σταυρός usato per giustiziarli. Tutti questi testi indicano che lo σταυρός da esecuzione aveva, oltre alla parte verticale, anche un elemento orizzontale.

  • L'autore pagano Luciano di Samosata paragona lo σταυρός con la lettera tau (T). Nel suo Giudizio delle vocali immagina che il Sigma (Σ) chieda che il Tau (Τ), per avere fornito ai tiranni il modello dello strumento di legno su cui crocifiggere gli uomini,[198] sia punito con la sua stessa figura.[199]
  • Ireneo di Lione osserva: "La stessa forma della croce ha cinque estremità, due in lunghezza, due in larghezza e una in mezzo, su cui poggia la persona che vi è fissata con i chiodi".[200][201]

In fonti cristiane delle origini, simili descrizioni dello σταυρός da esecuzione appaiono in relazione specifica con lo strumento della morte di Cristo

  • L'accostamento con la lettera tau compare nell'apocrifa Lettera di Barnaba, che interpreta come prefigurazione della crocifissione di Gesù il numero 318 (in numerali greci ΤΙΗ), corrispondente al numero di uomini circoncisi da Abramo (Genesi 14:14): interpreta le lettere-numerali ΙΗ (18) come le lettere iniziali di ΙΗΣΟΥΣ, Iesus, e la lettera-numerale Τ (300) come prefigurazione della Croce: "Poiché la croce è raffigurata nel tau che doveva comportare la grazia, aggiunge anche trecento. Indica Gesù nelle due prime lettere e la croce nell'altra"[202] (ὅτι δὲ ὁ σταυρὸς ἐν τῷ ταῦ ἤμελλεν ἔχειν τὴν χάριν, λέγει καὶ τοὺς τριακοσίους. δηλοῖ οὖν τὸν μὲν Ἰησοῦν ἐν τοῖς δυσὶν γράμμασιν, καὶ ἐν τῷ ἑνὶ τὸν σταυρόν)[203]
  • Clemente Alessandrino dà la stessa interpretazione della cifra 318 (ΤΙΗ), riferendosi alla croce di Gesù con l'espressione "il segno del Signore" (τὸ κυριακὸν σημεῖον).[204]
Illustrazione di Giusto Lipsio della frase di Giustino: "La figura dell'uomo ... la forma della croce"
  • Per Giustino martire pure lo σταυρός di Gesù aveva forma di croce: "Il fatto poi che fosse ordinato che quell'agnello [della pasqua giudaica] dovesse essere completamente arrostito era simile alla passione di croce che Cristo doveva patire. Infatti l'agnello che viene arrostito si cuoce in una posizione simile alla forma della croce, poiché uno spiedo diritto viene confitto dalle parti inferiori alla testa ed uno è messo di traverso sul dorso e vi si attaccano le zampe dell'agnello".[205][206]
  • Nella stessa opera Giustino dice dello σταυρός da esecuzione: "Il corno unico è infatti il legno ritto la cui parte superiore si sporge in alto come un corno quando viene innestato il legno traversale, le cui estremità vengono ad essere come corna a lato dell'unico corno. Anche la parte piantata nel mezzo, su cui poggiano coloro che vengono crocifissi, sporge come un corno".[207]
  • In un'altra sua opera Giustino osserva che la figura della croce di Gesù si vede in tanti oggetti: "Il mare non si fende, se questo trofeo, col nome di vela, non rimane integro sulla nave. E la terra non è arata senza di esso. Gli zappatori non compiono il loro lavoro - e così i meccanici -, se non hanno arnesi di questa forma. La figura dell'uomo non differisce in nulla da quella degli esseri irrazionali, se non nella posizione eretta, nell'avere mani estensibili e nel fatto di portare sul volto, prominente sotto la fronte, quello che si chiama naso, per mezzo del quale l'essere vivente respira: e questo non mostra altro che la forma della croce".[208]

John Granger Cook osserva: "Dato che è dimostrabile che σταυρός poteva avere il senso di croce a partire dal periodo del Nuovo Testamento, nessun motivo travolgente esiste per dubitare che tale senso crociforme si trovava in alcuni testi già prima del Nuovo Testamento".[209]

Testimonianze archeologiche

Nel 2008 la BBC produsse un documentario basato su uno scheletro, trovato nel 1968, di un uomo crocifisso, che secondo le ricostruzioni sarebbe stato posizionato con gli avambracci stesi in alto e inchiodati al di sopra dei polsi ad un palo orizzontale attaccato a un altro verticale e con le gambe piegate di fianco. Secondo il professore di religione dell'università di Duke, Mark Goodacre, "i romani crocifiggevano le persone in diversi modi, e questo era uno dei più diffusi ed efficaci".[210][211][212]

Graffito di Alessameno.

A sostegno della croce a due pezzi si menziona anche il graffito di Alessameno trovato sul Palatino a Roma nel 1857 negli scavi del Paedagogium,[213] un graffito blasfemo dove un uomo con la testa d'asino è posto su una croce e sotto delle scritte in greco, datato però, non al XXI secolo, come la rappresentazione delle BBC, ma al III secolo d.C., quindi circa 200 anni dopo la morte di Gesù,[214][215][216] quando ancora si usava la crocifissione nelle esecuzioni capitali romane, e un secolo prima di quello del regno di Costantino I.

Esempio di staurogramma nelle catacombe

Si menziona anche lo staurogramma (⳨): in due papiri: il Papiro 66 e il Papiro 75 datati 200 d.C., il termine stauròs si presenta in una forma dove le lettere greche Τ (tau) e Ρ (rho) sono unite proprio per formare una croce.[217][218][219][220] Si trova anche, di nuovo in relazione alla crocifissione di Gesù, nel Papiro 45 datato 250 d.C. Nel 2006 Larry Hurtado ha osservato che è probabile che i cristiani vedevano nello staurogramma una rappresentazione visiva della crocifissione di Gesù: della croce per mezzo della tau e della testa del crocifisso per mezzo della parte rotonda della rho.[217] Nel 2008 David L. Balch ha appoggiato la conclusione di Hurtado, aggiungendo altri papiri con lo stesso segno dello staurogramma (Papiro 46, Papiro 80 e Papiro 91) e dichiarando: "Lo staurogramma costituisce un'enfasi artistica da parte dei cristiani sulla croce nel contesto della primitiva tradizione testuale", e che in esso "si uniscono l'arte e il testo per dare enfasi al Christus crucifixus".[218] Nel 2015 Dieter T. Roth ha osservato che anche altri studiosi, in particolare Thomas Kraus e Lincoln H. Blumell, si sono poi accorti del significato dello staurogramma, individuandolo anche in ulteriori papiri e in altre parti degli stessi papiri, dove i loro predecessori non hanno fatto commenti sulla sua presenza.[219] Nello stesso anno 2015 Bruce W. Longenecker ha attirato l'attenzione non solo sullo staurogramma ma anche su altri artefatti che, a suo giudizio, illustrano come, molto prima di Costantino, i cristiani adoperavano la croce come simbolo visivo della loro fede.[221] Già prima del 2015, in un articolo pubblicato sull'Osservatore Romano del 20 novembre 2009, Carlo Carletti notava che, mentre "è soltanto nel corso della età costantiniana [IV secolo] che inizia a svilupparsi una vera e propria pratica diffusa e largamente condivisa di segni cruciformi grafico-figurali immediatamente riconducibili alla sfera cristologica", e questo a causa della "istintiva ripulsa delle prime comunità [cristiane] ad accogliere tra i suoi segni identitari, quello che ancora nei primi tre secoli rappresentava il più infamante e ignominioso dei supplizi, riservato agli schiavi e agli stranieri", la documentazione epigrafica ha trovato qualche esempio più antico e ineccepibilmente documentato. Carletti cita l'esempio di una crux commissa (a T) messa fra le due prime lettere (le lettere iniziali del nome di Gesù Cristo) della parola greca ΙΧΘΥΣ, acronimo delle cinque parole ησοῦς Χριστὸς Θεoῦ Υἱὸς Σωτήρ (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore), in una iscrizione dell'anno 200 circa. Precede l'epoca costantiniana anche il celebre graffito di Alessameno datato la prima metà del terzo secolo (200-250 D.C.). E nelle catacombe di Roma si trovano iscrizioni del III secolo, nelle quali una croce accompagna o perfino è inserita nel nome del defunto. Il tempo di Costantino [inizio del IV secolo] era segnato dalla "pubblica diffusione dei signa Christi", soprattutto la chi-rho (☧) ma anche lo staurogramma (⳨). Dopo l'epoca costantiniana poi, nelle iscrizioni, diverse forme della croce "rientrano in uso intorno al V secolo e progressivamente marginalizzano le forme cristologiche monogrammatiche precedentemente predominanti".[222]

Traduzioni

La parola ξύλον si applica a qualsiasi oggetto di legno, anche se composto di più parti e più complesso di una croce, soprattutto se la traversa, il patibulum, era removibile e veniva attaccata solo per la durata di una crocifissione, possibilità contemplata, per esempio, da Hermann Fulda.[223] Si usò la parola perfino riguardo al Cavallo di Troia,[224] dentro il quale si nascosero i più valenti guerrieri greci e che era perciò tutt'altro che un solo palo. Però, dove il Nuovo Testamento applica tale parola a quello su cui Gesù morì[225], i Testimoni di Geova la traducono, né con la versione letterale "legno" (corrispondente al termine latino lignum della Vulgata) né con il termine "croce" (corrispondente all'interpretazione dell'autore della Lettera di Barnaba, Giustino e Ireneo di Lione, che consideravano l'oggetto una croce con traversa), ma sempre in conformità con la propria dottrina con "palo". Il fatto che, anche nel contesto di una esecuzione, la parola greca ξύλον, al singolare, poteva essere applicata a qualcosa di più complicato di un semplice palo, si vede dal testo della versione greca (Septuaginta) di Giosuè 8:29, che dice che il re di Ai fu appeso ἐπὶ ξύλου διδύμου (epi xylou didymou), vale a dire, "in un legno doppio"[226].

La casa editrice Le Monnier protestò contro il modo di agire dei Testimoni di Geova nel citare il dizionario Liddell-Scott con omissioni che ne altererebbero la sostanza: si tratta della soppressione del termine "la Croce", riportato nel dizionario fra le accezioni possibili della parola greca ξύλον, e omesso nella citazione dei Testimoni di Geova. I Testimoni di Geova hanno risposto rivendicando la correttezza della citazione sia dal punto di vista editoriale che legale e sottolineando come l'accezione "la Croce" sia secondaria e perciò di natura interpretativa rispetto ai termini primari (che invece sono stati tutti accuratamente inclusi), affermando che il fatto che la casa editrice abbia avuto da ridire solo ed esclusivamente su questa accezione e non sulle diverse altre omesse dalla citazione dimostrerebbe che la loro rimostranza non ha radici tecniche o etiche ma puramente ideologiche.[227][228] Tale incomprensione è stata comunque risolta inserendo il termine"la Croce" e correggendo la citazione nelle versioni posteriori al 1985.

Anche la citazione, da parte dei Testimoni di Geova, delle voci "σταυρός" e "crux" da The Imperial Bible-Dictionary del 1866 omette la parte nella quale si sostiene che quando questi termini sono stati per la prima volta usati in relazione a Gesù, il significato usuale non sarebbe più stato quello primitivo[229].

David W. Chapman osserva che W.E. Vine, in quello che scrive sulla parola greca σταυρός[230], è rimasto vittima del "sofisma etimologico" di supporre che tale parola possa significare nient'altro che un palo unico eretto e che lo stesso errore si incontra spesso negli scritti dei Testimoni di Geova.[231]

Venerazione della croce

Il cardinale Gianfranco Ravasi scrive: "Perché i Testimoni di Geova ce l'hanno tanto con la croce? La loro avversione ha sostanzialmente una duplice radice. La prima è di ordine «teologico»: essi ritengono che la croce sia un simbolo pagano e soprattutto che essa non debba essere adorata. Ora, che sia un simbolo usato anche da altre culture è indubbio, perché indica non di rado i quattro punti cardinali dello spazio. Ma questo non toglie nulla al fatto reale che Gesù sia stato condannato a morte su una croce concreta usata per le esecuzioni capitali romane. L'«adorazione» della croce, poi, come ovvio, non dev'essere tanto l'esaltazione feticistica di un legno, quanto la celebrazione di colui che su di esso è stato sacrificato: «Noi predichiamo Cristo crocifisso» scrive san Paolo «scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci … potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1, 23–24)."[232]

Nella venerazione che i cristiani sentono e esibiscono per la croce considerata simbolo di Cristo, essi non vedono quella idolatria di cui li accusano i Testimoni di Geova. È da secoli che tale interpretazione è negata. Un esempio del XIII secolo si vede nella Summa Theologiae, nella quale si spiega che l'immagine della croce merita il culto come immagine di Cristo: ad essa in quanto è una cosa a sé stante non si deve alcun culto, poiché questo spetta solo a una natura razionale, e quindi ad essa va tributato un culto solo in quanto è un'immagine; così è identico il culto verso Cristo e verso la sua immagine.[233][234]

E nel XV secolo Girolamo Savonarola scrisse: "Adoriamo la croce di Cristo e le immagini de' suoi Santi, non riferendo propriamente l'onore ad esse immagini, ma a Cristo e alli Santi in esse rappresentati. Come se li servi dello imperatore onorassero la immagine sua, questo non vorria dire altro, se non che onorassero l'imperatore in quella. E però noi adoriamo la immagine, di quella medesima adorazione che adoriamo la cosa immaginata. Onde noi adoriamo la Croce e il Crocifisso, di adorazione di latria, cioè in quel modo in che adoriamo Dio. E la immagine della Vergine Maria, adoriamo come lei di minore adorazione."[235]

Anche i cristisni orientali affermano: "I cristiani ortodossi offrono alla Croce, come pure alle sante icone, rispetto e venerazione onorifica, sempre in relazione alla persona di Cristo". E aggiungono: "Dio è l'Essere unico, l'esistenza assoluta; non c'è nulla con Lui paragonabile e l'onore a Lui dovuto, cioè il culto e l'adorazione, è reso a nessun altro ... ma la grazia divina è trasmessa in tutte le maniere che Dio vuole, anche per mezzo di oggetti materiali e perfino dell'ombra di uomini santi, come accadde con l'ombra degli apostoli (Atti 5,12–16. 19,11–12)".[236]

E san Giovanni Damasceno (morto nel 749) scrisse: "Adoriamo l'immagine stessa della preziosa e vivificante croce, di qualunque materia sia composta! Non intendiamo onorare, infatti, l'oggetto materiale (non sia mai!), bensì il significato ch'esso rappresenta, il simbolo, per cosi dire, di Cristo. [...] Tutti gli oggetti consacrati a Dio, perciò, noi li veneriamo in modo tale, da riferire alla persona divina il culto che osserviamo per essi."[237]

Note

  1. ^ Gv Giovanni 19:17; 19:25
  2. ^ Mt Matteo 27:32
  3. ^ Mc Marco 15:32; 15:46
  4. ^ Lc Luca 23:26; 23:53
  5. ^ At Atti 5:30; 10:39; 13:29
  6. ^ Gal Galati 3:13
  7. ^ 1 Pt 1 Pietro 2:24
  8. ^ a b c d Appendice, "palo di tortura", in Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, large, New York, Watch Tower, 1987, p. 1579.
  9. ^ cróce, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  10. ^ Il sacerdote nella celebrazione del Triduo Pasquale, su vatican.va. URL consultato il 18 agosto 2017.
  11. ^ Oggi si celebra l'esaltazione della Santa Croce, le cose da sapere, su famigliacristiana.it. URL consultato il 18 agosto 2017.
  12. ^ Perché i Testimoni di Geova non usano la croce?, su jw.org. URL consultato il 18 agosto 2017.
  13. ^ Il punto di vista biblico. È giusto usare le icone nel culto?, su wol.jw.org. URL consultato il 18 agosto 2017.
  14. ^ Fu nel 1931 che La Torre di Guarda, allora quindicinale, riportò per l'ultima volta il simbolo di una croce e una corona ancora nell'edizione del 1° ottobre del 1931. L'edizione seguente, quella del 15 ottobre 1931 non riportava più i due simboli
  15. ^ Paragrafo: Il suo [di Gesù Cristo] ruolo vitale nel proposito di Dio: «Per l'importantissimo ruolo che ha nel proposito di Dio, Gesù poté giustamente e senza esagerazione dire: 'Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me'. — Gv 14:6» - Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1, pag. 1068, 1988, Watch Tower, New York
  16. ^ Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. 1, New York, Watch Tower, 1988, p. 1069.
    «Per immeritata benignità del Padre, Cristo Gesù depose la sua perfetta vita umana in sacrificio. Questo rese possibile che i suoi eletti seguaci fossero uniti con lui nel suo Regno celeste e inoltre che ci fossero sudditi terreni del suo Regno.»
  17. ^ Giovanni 19:17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  18. ^ Westcott e Hort, p.359
  19. ^ Nestle-AlandGiovanni 19:17
  20. ^ Trad. del nuovo MondoGiovanni 19
  21. ^ Una pubblicazione dei testimoni di Geova: Accertatevi di ogni cosa (alla parola: croce) asserisce: Croce (Ga, PIB, VR, Di) traduce la parola greca stau·ros′, che denota, "primariamente, un palo diritto. Su di essi erano inchiodati i malfattori per l'esecuzione". (Expository Dictionary of New Testament Words, Londra, Inghilterra, 1962; W. E. Vine, Vol. I, p. 256) Il verbo greco stau·ro′o ("crocifiggere" – Gv 19:15 Gv 19:15) significava "cingere di pali" come una palizzata, o "legare o affiggere a un palo", "mettere al palo". La parola greca xy′lon, che significa "albero o palo" o "un pezzo di legno", è pure usata in riferimento allo strumento usato per mettere a morte Gesù. (Atti 5:30; 10:39; 13:29) La parola ebraica ʽets, che significa "palo" o "albero, legno, trave, bastone", è usata in Deuteronomio 21:22, 23, che Paolo cita in Galati 3:13 riferendosi al mezzo della morte di Gesù.
  22. ^ a b «L'uso della croce come oggetto di devozione è idolatria * Eso. 20:4, 5 “Non ti devi fare immagine scolpita né forma simile ad alcuna cosa che è su nei cieli o che è giù sulla terra o che è nelle acque sotto la terra. Non devi inchinarti a loro né essere indotto a servirle”.* 1 Giov. 5:21 "Figliuoletti, guardatevi dagli idoli"» - Accertatevi di ogni cosa, p. 128, 1974, Watch Tower, New York
  23. ^ (DE) Hermann Fulda, Das Kreuz und die Kreuzigung (La croce e la crocifissione), 1878, Tab. I p. 109.
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  25. ^ «Un altro libro (Strange Survivals) dice in merito a Costantino e alla sua croce: "Non c'è dubbio che il suo comportamento rispondeva ad una strategia: il simbolo che innalzò soddisfaceva da una parte i cristiani del suo esercito e dall'altra i Galli [pagani] [...] Per questi ultimi esso era la garanzia del favore della loro divinità solare", il dio-sole che adoravano. No, il 'segno celeste' di Costantino non aveva nulla a che fare con Dio o con Cristo, bensì è intriso di paganesimo» - La Torre di Guardia, 1º maggio 1989, p. 25, Watch Tower, New York
  26. ^ La Torre di Guardia, 1º maggio 1989, p. 25
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  30. ^ Perspicacia nello Studio delle Scritture - Volume II - Palo Sacro p. 474
  31. ^ «Il termine ebraico ʿasheràh (pl. ʿasherīm) si pensa indichi (1) un palo sacro rappresentante Asheràh, dea cananea della fertilità (Gdc 6:25, 26), e (2) la dea Asheràh stessa (2Re 13:6, nt.). Tuttavia non sempre è possibile determinare se un particolare versetto sia da riferirsi all'oggetto idolatrico o alla dea. Alcune traduzioni moderne della Bibbia rendono il termine originale "palo sacro", ma lo traslitterano quando sembra che voglia indicare la dea. (AT, BJ) Altre non fanno una distinzione, ma si limitano a traslitterare la parola ebraica (RS) o la traducono invariabilmente "palo sacro". (NM) Nelle traduzioni bibliche più vecchie il termine ebraico è di solito reso "bosco". (Di) Ma in versetti come Giudici 3:7 e 2 Re 23:6 questa traduzione è impropria, dal momento che si parla di servire i "boschi" e di portar via il "bosco" dal tempio di Gerusalemme. — Di» - Perspicacia nello Studio delle Scritture - Volume II - Palo Sacro p. 474
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  35. ^ Egitto, Egiziani (Dei e Dee), in Perspicacia nello Studio delle Scritture, I, p. 787.
    «Fra queste la più popolare era la triade o trinità formata da Osiride, Iside (sua moglie) e Horus (suo figlio). C'erano poi le divinità "cosmiche" con a capo Ra, il dio-sole, che comprendevano dèi della luna, del cielo, dell'aria, della terra, del Nilo, ecc. A Tebe (la biblica No) il dio Amon era la divinità principale e in seguito gli fu accordato il titolo di "re degli dèi" col nome di Amon-Ra. (Ger 46:25) Durante le festività (Ger 46:17) gli dèi erano portati in processione per le vie della città. Quando ad esempio i sacerdoti portavano in processione l'immagine idolatrica di Ra, la gente faceva di tutto per essere presente, pensando così di acquistare merito. Convinti di assolvere col solo atto di presenza ogni dovere religioso, gli egiziani pensavano che Ra avesse a sua volta l'obbligo di concedere loro prosperità. Si rivolgevano a lui solo per ottenere prosperità e benedizioni materiali, non chiedendo mai nulla di spirituale. Ci sono molte analogie fra i principali dèi d'Egitto e quelli di Babilonia, e tutto sembra indicare che l'Egitto abbia imitato e perpetuato divinità di origine babilonese.»
  36. ^ The Worship of the Dead, di John Garnier, Londra, 1904, p. 226
  37. ^ Lipsio, sulla diversificazione di crux, distingue la crux simplex dalla crux commissa, nella quale Lipsio conclude che Gesù doveva soffrire e morire - alle pag. 3-4 della seconda edizione di Gunnar Samuelsson, Crucifixion in Antiquity
  38. ^ Lipsio, De cruci libri tres, Anversa 1629, p.19
  39. ^ a b c d Svegliatevi! 8 maggio 1977 pp. 27-28
  40. ^ «Si sono ritrovati oggetti fatti risalire al secondo secolo E.V. recanti questa figura insieme alla parola greca per pesce, ICHTHYS. Molti comprendono che questo sia un segno convenzionale dell'espressione greca Iesous CHristòs THou Yiòs Sotér, che significa "Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore". Il pesce è veramente un simbolo cristiano? Secondo l'Interpreter's Dictionary of the Bible: "nell'antico simbolismo pagano il pesce appare di frequente, spesso indipendentemente da scene acquatiche. "In tali casi", parrebbe avere un significato simbolico, rappresentando possibilmente divinità, potere, fecondità, ecc.". La stessa pubblicazione osserva inoltre che certi Giudei adottarono il simbolo del pesce da usanze religiose pagane, e aggiunge: "È probabile che le considerazioni menzionate [a questo riguardo] spieghino in parte la comparsa del pesce nelle rappresentazioni artistiche delle catacombe cristiane più antiche. Quanto presto la parola greca per "pesce" (ichthys) fosse interpretata come un segno convenzionale di Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore [...] non sappiamo; ma una volta fatta questa identificazione, il pesce divenne un regolare simbolo cristiano"». Però la Bibbia non addita nessun simbolo visibile del cristianesimo - Svegliatevi! 8 maggio 1977 pp. 27-28
  41. ^ Vedi P. W. Schmidt nella sua opera Die Geschichte Jesu (La storia di Gesù), p. 386
  42. ^ «Successivamente l'apostasia iniziò a corrompere la primitiva congregazione cristiana, in particolare dopo la morte degli apostoli (2 Tess. 2:3-7)» - La Torre di Guardia, 15 marzo 2013, pp. 27-28, Watch Tower, New York
  43. ^ «Entro il 300 E.V. una versione corrotta del cristianesimo si era diffusa in tutto l'impero romano. Questa corruzione, un allontanamento dalla vera adorazione, era stata predetta. (2 Tessalonicesi 2:3-10) Si verificò una vera e propria apostasia. Durant spiega: "Il cristianesimo non distrusse il paganesimo: lo adottò" - Storia della Civiltà, Parte III, Cesare e Cristo, di Will Durant, trad. di A. Mattioli, p. 753, Mondadori, Milano, 1957» - Svegliatevi!, 22 ottobre 1994, p.20
  44. ^ W. E. Vine, Expository Dictionary of New Testament Words, I, Londra, 1962, p. 256.
  45. ^ Uno degli studiosi che evidenzia le assurde interpretazioni contenute nella lettera di Barnaba è Bart Ehrman secondo cui: "La Lettera spiega molte leggi della Torah, e come principale scopo, da queste si deve trarre una lezione spirituale. Ad esempio, il divieto di mangiare carne di maiale, secondo Barnaba, ha lo scopo di proibire alla gente di vivere come porci, che presumibilmente grugniscono quando hanno fame, ma rimangono in silenzio quando sono sazi, allo stesso modo si comportano le persone che pregano Dio quando sono nel bisogno ma lo ignorano quando sono soddisfatti. Allo stesso modo, il divieto di mangiare coniglio significa che le persone non devono comportarsi in maniera promiscua, e il divieto di mangiare la donnola è interpretato da Barnaba come un divieto al sesso orale, sulla base della sua convinzione che le donnole si accoppiano attraverso la bocca" - video. Intervento di Bart Ehrman all' Universita del Michigan nel 2016
  46. ^ La Torre di Guardia, 15 gennaio 2012, pp 4-8
  47. ^ La Torre di Guardia, 1º febbraio 1982, pp. 12-15
  48. ^ Storia della Civiltà, Parte III, Cesare e Cristo, di Will Durant, trad. di A. Mattioli, p. 753, Mondadori, Milano, 1957
  49. ^ Citazione riportata in Svegliatevi! del 22 ottobre 1994, p.20
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  53. ^ Matteo 10:38, 16:24, 27:32, 27:40, 27:42; Marco 8:34, 15:21, 15:30, 15,32; Luca 9:23, 14:27, 23:26; Giovanni 19:17, 19:19, 19:25, 19:31; 1 Corinti 1:17, 1:18; Galati 5:11, 6:12, 6:14; Efesini 2:16; Filippesi 2:8, 3:18; Colossesi 1:20, 2:14; Ebrei 12:2.
  54. ^ Matteo 20:19, 23:24, 26:2, 27:22, 27:23, 27:26, 27:31, 27:35, 27:38, 28:5; Marco 15:13, 15:14, 15:15, 15:20, 15:24, 15:25, 15:27, 16:6; Luca 23:21 (2 volte), 23:23, 23:33, 24:7, 24:20; Giovanni 19:6 (3 volte), 19:10, 19:15(2 volte), 19:16, 19:18, 19:20, 19:23, 19:41; Atti 2:36, 4:10; 2 Corinti 1:13, 1:23, 2:2, 2:8, 13:4; Galati 3:1, 5:24, 6:14; Rivelazione 11:8.
  55. ^ a b Perspicacia nello Studio delle Scritture, volume 2, "Palo di tortura", p. 472, Watch Tower, New York 1988
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  62. ^
    • New International Bible (NIV), questa, una delle più importanti e diffuse traduzioni della Bibbia, prese in esame con molte altre da Jason David BeDuhn nel suo libro Truth in Translation: Accuracy and Bias in English Translations of the New Testament che esaminava alcune fra le più importanti e diffuse traduzioni del Nuovo Testamento del mondo anglofono.
    22. If someone guilty of a capital offense is put to death and their body is exposed on a pole, 23. you must not leave the body hanging on the pole overnight. Be sure to bury it that same day, because anyone who is hung on a pole is under God’s curse. You must not desecrate the land the Lord your God is giving you as an inheritance. [1]
    • New International Version - UK (NIVUK):
    22. If someone guilty of a capital offence is put to death and their body is exposed on a pole, 23. you must not leave the body hanging on the pole overnight. Be sure to bury it that same day, because anyone who is hung on a pole is under God’s curse. You must not desecrate the land the Lord your God is giving you as an inheritance. [2]
    • New International Reader's Version (NIRV)
    22. Suppose someone is put to death for a crime worthy of death. And a pole is stuck through their body and set up where people can see it. 23. Then you must not leave the body on the pole all night. Make sure you bury it that same day. Everyone who is hung on a pole is under God’s curse. You must not make the land “unclean.” The Lord your God is giving it to you as your own. [3]
    • God's World Translation (GW):
    22. When a convicted person is put to death, 23. never leave his dead body hung on a pole overnight. Be sure to bury him that same day, because anyone whose body is hung on a pole is cursed by God. The land that the Lord your God is giving you must never become unclean. [4]
    • Names of God Bible (NOG):
    22. When a convicted person is put to death, 23. never leave his dead body hung on a pole overnight. Be sure to bury him that same day, because anyone whose body is hung on a pole is cursed by Elohim. The land that Yahweh your Elohim is giving you must never become unclean. [5]
  63. ^ Nota a Deuteronomy 21:22,23: pag. 216 della NWT (edizione 1961 rivista nel 1971), e pag. 261 (edizione 1984)
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    ««[stauròs] indica un palo diritto, su cui erano inchiodati i criminali per essere giustiziati [...] Non significa mai due pezzi di legno posti in croce l'uno ad alcun angolo rispetto all'altro, ma sempre un pezzo solo [...] L'evidenza è pertanto completa, che il Signore fu messo a morte su un palo diritto, e non su due pezzi di legno posti ad alcun angolo»»
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Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

Concordi ai Testimoni di Geova
  • Gesù morì su una croce?, articolo dal sito ufficiale dei Testimoni di Geova (JW.org)
  • Croce o palo?, articolo da un sito non ufficiale gestito dai Testimoni di Geova (TdGonLine.net)
  • Questione croce o palo, articolo da un sito non ufficiale gestito dai Testimoni di Geova (CristianiTestimonidiGeova.net)
Critici verso i Testimoni di Geova
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