Battaglia del mar Mediterraneo (1914-1918): differenze tra le versioni

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La reazione alleata non si fece attendere e i due incrociatori vennero [[Inseguimento della Goeben e della Breslau|inseguiti]] fino a quando non arrivarono alle coste turche, dove non poterono essere colpite, e dove in seguito vennero nominalmente trasferite alla Marina Ottomana, dove furono successivamente impiegate a fianco degli Imperi centrali contro la flotta russa del [[Mar Nero]], costituendo una minaccia costante per le operazioni alleate nel Mediterraneo e russe nel Mar Nero, in quanto in diversi episodi si confrontarono con squadre navali avversarie cui inflissero spesso gravi danni.<br>
La reazione alleata non si fece attendere e i due incrociatori vennero [[Inseguimento della Goeben e della Breslau|inseguiti]] fino a quando non arrivarono alle coste turche, dove non poterono essere colpite, e dove in seguito vennero nominalmente trasferite alla Marina Ottomana, dove furono successivamente impiegate a fianco degli Imperi centrali contro la flotta russa del [[Mar Nero]], costituendo una minaccia costante per le operazioni alleate nel Mediterraneo e russe nel Mar Nero, in quanto in diversi episodi si confrontarono con squadre navali avversarie cui inflissero spesso gravi danni.<br>


Con l'entrata in guerra a fianco dell'Intesa del Regno d'Italia nel [[1915]], la strategia principale delle forze alleate fu quella di bloccare al solo Mare Adriatico la capacità di movimento della flotta austriaca, bloccando lo sbocco al Mar Mediterraneo nel [[canale d'Otranto]] l'unico passaggio per le navi austrio-ungariche che sfociasse nel Mediterraneo.<br>
Con l'entrata in guerra a fianco dell'Intesa del Regno d'Italia nel [[1915]], la strategia principale delle forze alleate fu quella di bloccare al solo Mare Adriatico la capacità di movimento della flotta austriaca, bloccando lo sbocco al Mar Mediterraneo nel [[canale d'Otranto]] l'unico passaggio per le navi austro-ungariche che sfociasse nel Mediterraneo.<br>
Le coste pugliesi furono fortificate con l'installazione di numerose batterie anti-nave costiere, e il mare antistante fu dotato di sbarramenti minati per impedire al nemico il passaggio.<br>
Le coste pugliesi furono fortificate con l'installazione di numerose batterie anti-nave costiere, e il mare antistante fu dotato di sbarramenti minati per impedire al nemico il passaggio.<br>
Nonostante ciò alcuni sommergibili austriaci e tedeschi forzarono il blocco, e durante la guerra riuscirono ad infliggere alcune perdite di naviglio agli alleati, tra cui due incrociatori corazzati cinque [[cacciatorpediniere]], e due [[sottomarini]], oltre che numerose imbarcazioni più o meno danneggiate e un cargo affondato. Le basi principali austro-tedesche nel Mare Adriatico erano situate a [[Pola]] (in [[Istria]]) e a [[Cattaro]] (nel sud della [[Dalmazia]]).
Nonostante ciò alcuni sommergibili austriaci e tedeschi forzarono il blocco, e durante la guerra riuscirono ad infliggere alcune perdite di naviglio agli alleati, tra cui due incrociatori corazzati cinque [[cacciatorpediniere]], e due [[sottomarini]], oltre che numerose imbarcazioni più o meno danneggiate e un cargo affondato. Le basi principali austro-tedesche nel Mare Adriatico erano situate a [[Pola]] (in [[Istria]]) e a [[Cattaro]] (nel sud della [[Dalmazia]]).
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[[File:Dardanelles defences 1915.png|thumb|Le difese turche nello Stretto dei Dardanelli]]
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Subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia la flotta austrungarica eseguì delle coraggiose missioni "terroristiche" contro obbiettivi civili di importanza strategica (porti, acquedoti, stazioni ferroviarie, fari) della costa italiana. In particolare furono colpite zone tra Ancona e Rimini. Le coste adriatiche erano poco protette, poiché l'Italia e l'Austia-Ungheria erano alleate e non si era sentita l'esigenza di rafforzare le piazze marittime e la difesa costiera (che era invece progettata in funzione anti francese), dopo questi raid la regia marina istituì un servizio di treni armati con pezzi di grosso calibro, ed altri a tiro rapido, in funzione antinave, ognuno di essi proteggeva un tratto di costa, assieme a campi minati, torpediniere, aeromobili e naviglio leggero, rendendo pericolose queste azioni per la K.u.K marine.
Subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia la flotta austroungarica eseguì delle coraggiose missioni "terroristiche" contro obbiettivi civili di importanza strategica (porti, acquedotti, stazioni ferroviarie, fari) della costa italiana. In particolare furono colpite zone tra Ancona e Rimini. Le coste adriatiche erano poco protette, poiché l'Italia e l'Austria-Ungheria erano alleate e non si era sentita l'esigenza di rafforzare le piazze marittime e la difesa costiera (che era invece progettata in funzione anti francese), dopo questi raid la regia marina istituì un servizio di treni armati con pezzi di grosso calibro, ed altri a tiro rapido, in funzione antinave, ognuno di essi proteggeva un tratto di costa, assieme a campi minati, torpediniere, aeromobili e naviglio leggero, rendendo pericolose queste azioni per la K.u.K marine.


=== Gli anni successivi ===
=== Gli anni successivi ===

Versione delle 12:41, 8 mar 2015

Battaglia del mar Mediterraneo (1914-1918)
parte delle operazioni navali nella prima guerra mondiale
Il mar Mediterraneo
Dataagosto 1914 - ottobre 1918
LuogoMar Mediterraneo, Mar Adriatico
EsitoVittoria dell'Intesa
Schieramenti
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Il mar Mediterraneo durante la grande guerra fu il teatro di molti e sanguinosi scontri tra le forze navali degli Imperi Centrali, e quelle degli Stati dell'Intesa; nonostante l' impegno profuso da entrambe le parti per un dominio sul mare che bagna le coste interne dell'Europa, nessuno dei contendenti riuscì mai ad affermarsi in modo deciso, durante una guerra che anche in mare fu cruenta e tragica.

La K.u.K Kriegsmarine austro-ungarica

Allo scoppio del conflitto l'Austria-Ungheria possedeva una flotta di medie dimensioni[1], e soprattutto disponeva di uno sbocco sul mare decisamente irrisorio (all'incirca da Trieste a Cattaro nell'odierno Montenegro) a confronto con la vastità del suo impero, inoltre l'Austria-Ungheria non possedeva colonie e quindi non disponeva di basi navali al di fuori di quel tratto di costa, che come se non bastasse era distante poche miglia dalle ben protette coste del nemico italiano, e dalla sua flotta.
La Marina austro-ungarica comprendeva quattro potenti navi da battaglia della classe Tegetthoff e altre più vecchie predreadnought della classe Radetsky, un buon numero di incrociatori leggeri della classe Helgoland e i moderni cacciatorpediniere della Classe Tatra, oltre ad un certo numero di sommergibili, ma a causa dello sbarramento alleato nel canale d'Otranto i tedeschi non riuscirono a far arrivare se non pochi sommergibili di rinforzo nelle basi all'alleato austriaco, uno dei quali affondò l'incrociatore italiano Amalfi nel 1915.

La Regia Marina

Il Regno d'Italia[2] allo scoppio delle ostilità con l'Austria-Ungheria, possedeva nella sua flotta sei corazzate di tipo Dreadnought, il prototipo Dante Alighieri, la Giulio Cesare, la Conte di Cavour, la Leonardo da Vinci (classe Cavour), la Andrea Doria e la Caio Duilio (classe Doria).

Durante tutto il conflitto la Regia Marina, concentrò tutti i suoi sforzi nella lotta contro il nemico austriaco nel Mar Adriatico[3], che sfociarono in una serie di operazioni navali nel tentativo di entrambe le parti di surclassare l'avversario con ogni mezzo, dai bombardamenti costieri, alla guerra sottomarina, e alla nuova arma italiana rappresentata dai MAS, che ebbero notevole successo (anche mediatico) durante la guerra.

La Giulio Cesare a Otranto (1915)

Durante la prima parte del conflitto entrambe le marine mantennero un atteggiamento passivo[4], senza grosse sortite offensive, anche se la Regia Marina nel 1915 perse la Benedetto Brin (27 settembre) e l'anno successivo perse la Leonardo da Vinci (2 agosto 1916), a causa di due esplosioni avvenute all'interno di entrambe le corazzate (anche se alcuni storici parlano di sabotaggio austriaco).
Nell'ultima parte della guerra però, la Regia Marina sviluppò una nuova arma che permise vittoriose sortite contro ben più grandi imbarcazioni, il Motoscafo armato silurante MAS, che al comando di Luigi Rizzo, nel dicembre 1917 causò l'affondamento della corazzata guardiacoste austriaca Wien e della corazzata S. Izsvan (Santo Stefano) al largo dell'isola di Premuda[5].

La marina italiana verso la fine del conflitto sviluppò anche un'altra più piccola e insidiosa arma, il Siluro a Lenta Corsa (SLC) un minisommergibile che consentiva a due operatori muniti di respiratori, di effettuare azioni subacquee contro imbarcazioni nemiche, e che consentirono il 1º novembre 1918 agli ufficiali Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci di entrare di soppiatto nel porto di Pola e affondare la nave ammiraglia della flotta austro-ungarica la SMS Viribus Unitis.

La Royal Navy

La marina britannica fu da subito impegnata nel Mediterraneo con la caccia alla SMS Goeben non appena scoppiò la guerra, con varie unità dislocate nelle storiche basi di Gibilterra, Malta e Alessandria d'Egitto, a protezione della rotta del Mediterraneo, vitale per il collegamento tra la madrepatria e le sue colonie dell'Oriente. Le unità inglesi più pesanti arrivarono nel Mediterraneo in occasione dello sbarco nei Dardanelli, ma dopo l'entrata in guerra dell'Italia varie unità leggere e una divisione di incrociatori pesanti presero base a Brindisi, oltre a vari pescherecci armati che assicuravano il mantenimento delle reti antisommergibile poste lungo il canale di Otranto.

La Marine Nationale

La marina francese venne coinvolta all'inizio solo marginalmente, ma anche essa venne pesantemente impegnata nell'attacco ai Dardanelli e con unità leggere a sostegno del blocco del Canale di Otranto.

La Kaiserliche Marine

I tedeschi portarono nel Mediterraneo solo sommergibili, visto che lo sbarramento di Gibilterra impediva l'ingresso di unità di superficie avversarie; le uniche navi di superficie nel Mediterraneo erano presenti all'inizio delle ostilità, la SMS Goeben e la SMS Breslau, ma vennero presto passate formalmente alla marina turca (aumentandone sensibilmente il potenziale d'azione) anche se rimasero con equipaggio e comando tedesco.

La US Navy

La US Navy entrò poco e tardi nel Mediterraneo, esclusivamente con unità leggere di scorta a convogli e per la lotta antisommergibile.

La Osmanli Donanmasi

La marina turca-ottomana, che prima dell'entrata in guerra aveva diverse unità leggere, posamine e qualche sommergibile, ma poche unità da battaglia tranne le due obsolete corazzate della classe Brandenburg Turgut Reis e Barbaros Haireddin; ricevette un significativo potenziamento dall'arrivo della Goeben e della Breslau, che la resero una minaccia soprattutto nel Mar Nero, impedendo alla flotta russa di congiungersi con le flotte alleate nel Mediterraneo.

La campagna nel Mediterraneo

Nel Mar Mediterraneo, la guerra impegnò fin dall'inizio le grandi potenze in guerra, la Francia scortava le flotte alleate in tutto il Mar Mediterraneo a difesa di incursioni nemiche, diverse navi britanniche furono inviate a Malta per rafforzare la flotta britannica del Mediterraneo; dal canto suo la Germania diede "ufficialmente" inizio alle ostilità in mare, quando l'incrociatore da battaglia SMS Goeben e l'incrociatore leggero SMS Breslau, bombardarono la città francese di Biserta (nell'odierna Tunisia).

Il Kaiser Guglielmo II aveva ordinato che, in caso di guerra, la Goeben e la Breslau avrebbero dovuto sia condurre dei raid nel Mediterraneo occidentale per impedire il transito di truppe francesi dal nord Africa all'Europa,[6]sia cercare di forzare Gibilterra e tornare in acque tedesche attraverso l'Atlantico, a discrezione del loro comandante.[7] Il 3 agosto 1914, la due navi dirigevano verso l'Algeria quando il contrammiraglio Wilhelm Souchon ricevette la notizia della dichiarazione di guerra alla Francia. La Goeben bombardò il porto di Philippeville (oggi Skikda, Algeria) per circa 10 minuti, la mattina del 3 agosto, mentre la Breslau colpiva Bône (oggi Annaba) seguendo gli ordini del Kaiser.[8] Gli ammiragli Alfred von Tirpitz e Hugo von Pohl gli trasmisero, successivamente, degli ordini segreti di dirigersi verso Costantinopoli, in contrasto con la volontà del Kaiser ed a sua insaputa.[7]

Dato che la Goeben non poteva raggiungere Costantinopoli senza fare rifornimento di carbone, Souchon diresse verso Messina. Le due navi incontrarono i due incrociatori da battaglia britannici HMS Indefatigable e la HMS Indomitable, ma la Germania non aveva ancora dichiarato guerra alla Gran Bretagna e quindi non ci fu ingaggio. I britannici cercarono di inseguire la squadra tedesca ma Souchon poté superarli in velocità ed arrivare a Messina il 5 agosto.

Il rifornimento a Messina fu complicato dalla dichiarazione di neutralità dell'Italia resa nota il 2 agosto. Per il Diritto Internazionale, alle navi belligeranti era consentito di restare solo 24 ore in un porto neutrale.[8][9] Le autorità italiane del porto di Messina si mostrarono compiacenti e consentirono alla Goeben ed alla Breslau di rimanere in porto per circa 36 ore mentre venivano rifornite di carbone da una carboniera tedesca.[10] Nonostante il tempo guadagnato le riserve di carbone della Goeben non erano sufficienti per raggiungere Costantinopoli, così Souchon organizzò un incontro con un'altra carboniera nel Mar Egeo.[8] La flotta francese rimase nel Mediterraneo occidentale, seguendo le direttive del comandante della flotta del Mediterraneo, l'ammiraglio Augustin Boué de Lapeyrère, che era convinto che Souchon avrebbe cercato di fuggire in Atlantico o raggiungere il porto austriaco di Pola.[11]

La squadra tedesca partì da Messina il 6 agosto e si diresse verso il Mediterraneo orientale. I due incrociatori da battaglia britannici erano a 100 miglia di distanza, mentre un terzo il HMS Inflexible, si stava rifornendo di carbone nel porto di Bizerta, in Tunisia. L'unica forza navale britannica che si trovava sulla rotta di Souchon era la prima squadra di incrociatori (1st Cruiser Squadron),[12] che consisteva in quattro incrociatori corazzati HMS Defence, HMS Black Prince, HMS Duke of Edinburgh e HMS Warrior sotto il comando del contrammiraglio Ernest Troubridge.[13] La squadra tedesca si diresse inizialmente verso l'Adriatico per ingannare gli inseguitori, riuscendo a confondere Troubidge che navigò verso l'imbocco dell'Adriatico. Dopo aver capito l'errore, Troubridge invertì la rotta e ordinò all'incrociatore leggero HMS Dublin e a due cacciatorpediniere di lanciare un attacco con i siluri contro le navi tedesche. Le vedette della Breslau avvistarono gli attaccanti e nel buio, riuscirono a sfuggire all'attacco senza essere scoperte. Troubridge rinunciò all'inseguimento il 7 agosto, convinto che ogni attacco contro la Goeben —armata con cannoni da 280 mm— portato con i suoi antiquati incrociatori corazzati sarebbe stato suicida.[14] La rotta di Souchon verso Costantinopoli diventava, ora evidente.[15]

La Goeben si rifornì di carbone a largo dell'isola d Donoussa vicino a Naxos.[15] Nel pomeriggio del 10 agosto le due navi entrarono nello stretto dei Dardanelli. Vennero ricevute da una scorta d'onore, che le guidò all'interno del Mar di Marmara.[16] Per ovviare ai limiti dello status di nazione neutrale dell'Impero Ottomano, la Germania trasferì le due navi alla Marina Ottomana il 16 agosto. Il 23 settembre, Souchon accettò il comando della Marina Ottomana. La Goeben fu ribattezzata Sultano Yavuz Selim e la Breslau, Midilli; i loro equipaggi tedeschi indossarono uniformi ottomane ed il fez.[17]

La reazione alleata non si fece attendere e i due incrociatori vennero inseguiti fino a quando non arrivarono alle coste turche, dove non poterono essere colpite, e dove in seguito vennero nominalmente trasferite alla Marina Ottomana, dove furono successivamente impiegate a fianco degli Imperi centrali contro la flotta russa del Mar Nero, costituendo una minaccia costante per le operazioni alleate nel Mediterraneo e russe nel Mar Nero, in quanto in diversi episodi si confrontarono con squadre navali avversarie cui inflissero spesso gravi danni.

Con l'entrata in guerra a fianco dell'Intesa del Regno d'Italia nel 1915, la strategia principale delle forze alleate fu quella di bloccare al solo Mare Adriatico la capacità di movimento della flotta austriaca, bloccando lo sbocco al Mar Mediterraneo nel canale d'Otranto l'unico passaggio per le navi austro-ungariche che sfociasse nel Mediterraneo.
Le coste pugliesi furono fortificate con l'installazione di numerose batterie anti-nave costiere, e il mare antistante fu dotato di sbarramenti minati per impedire al nemico il passaggio.
Nonostante ciò alcuni sommergibili austriaci e tedeschi forzarono il blocco, e durante la guerra riuscirono ad infliggere alcune perdite di naviglio agli alleati, tra cui due incrociatori corazzati cinque cacciatorpediniere, e due sottomarini, oltre che numerose imbarcazioni più o meno danneggiate e un cargo affondato. Le basi principali austro-tedesche nel Mare Adriatico erano situate a Pola (in Istria) e a Cattaro (nel sud della Dalmazia).

Congiuntamente una strategia simile fu adottata per imbottigliare il naviglio degli Imperi Centrali di stanza in Turchia entro i confini di Costantinopoli e del Mar Egeo, consentendo agli alleati una navigazione relativamente sicura nel Mediterraneo, questa libertà di movimento fu estremamente importante per gli Alleati, in quanto mise in condizione le forze alleate di mantenere aperte le loro rotte di approvvigionamento (con l'Egitto per esempio), di evacuare l'esercito serbo dalla cattura dopo l'invasione austriaca, e persino di organizzare una imponente operazione anfibia di sbarco a Gallipoli nel 1915 e a Salonicco nel 1916.

1915

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazioni navali nei Dardanelli (1914-1915).

Nel 1915, l'avvenimento principale nel Mar Mediterraneo, fu il tentativo della flotta alleata di forzare lo stretto dei Dardanelli con una massiccia operazione di sbarco, che neutralizzasse le forze turche, e consentisse alle flotte alleate di accedere al Mar Nero e in questo modo aprire un altro fronte, dare manforte alla Russia, e circondare l'Impero ottomano per dargli il colpo finale.

L'HMS Irresistible mentre affonda

La battaglia di Gallipoli durò per la maggior parte dell'anno, ma non ebbe successo, l'iniziale assalto navale fu impedito dalle fortificazioni di artiglieria piazzate lungo le coste, e dalle mine di sbarramento sistemate lungo tutta la percorrenza dello stretto, che causarono l'affondamento di alcune unità anglo-francesi.
Il successivo assalto di fanteria fu sanguinosamente respinto dai turchi, e nessuno degli obbiettivi iniziali degli alleati fu raggiunto, anzi la campagna si rivelò un successo per i turchi, che respinsero vittoriosamente tutti gli assalti e si unirono compatti sotto la guida di Mustafà Kemal il futuro Atatürk.

Le difese turche nello Stretto dei Dardanelli

Subito dopo l'entrata in guerra dell'Italia la flotta austroungarica eseguì delle coraggiose missioni "terroristiche" contro obbiettivi civili di importanza strategica (porti, acquedotti, stazioni ferroviarie, fari) della costa italiana. In particolare furono colpite zone tra Ancona e Rimini. Le coste adriatiche erano poco protette, poiché l'Italia e l'Austria-Ungheria erano alleate e non si era sentita l'esigenza di rafforzare le piazze marittime e la difesa costiera (che era invece progettata in funzione anti francese), dopo questi raid la regia marina istituì un servizio di treni armati con pezzi di grosso calibro, ed altri a tiro rapido, in funzione antinave, ognuno di essi proteggeva un tratto di costa, assieme a campi minati, torpediniere, aeromobili e naviglio leggero, rendendo pericolose queste azioni per la K.u.K marine.

Gli anni successivi

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del canale d'Otranto (1917).

Dopo Gallipoli, l'unica battaglia navale significativa si verificò il 15 maggio 1917, quando tre incrociatori austriaci al comando del Capitano Miklós Horthy messo a segno una serie di incursioni su navigli di trasporto italiano e britannico vicino Valona, in Albania, che stava evacuando l'esercito serbo.

Il 2 agosto 1916, sulla Leonardo da Vinci che si trovava nel porto di Taranto ci fu una grande esplosione; morirono 249 uomini del suo equipaggio e la nave si capovolse in acque basse. Dopo la guerra fu iniziata l'operazione di recupero dell'unità ma, a causa delle ristrettezze di bilancio e dell'evoluzione degli armamenti navali la nave fu demolita.
Questo evento ebbe molta risonanza sulla stampa italiana, fu accusato un sabotaggio austriaco, mai confermato ma neppure sconfessato, la causa dell'esplosione non fu mai verificata, ma è certo che ebbe una notevole influenza propagandistica in entrambi gli schieramenti.

Gli affondamenti della Santo Stefano e della Viribus Unitis

Lo stesso argomento in dettaglio: Impresa di Premuda e Impresa di Pola.

Altre azione degne di nota accaddero nel giugno del 1918 quando il capitano Luigi Rizzo con il suo MAS affondò la corazzata Santo Stefano, e nel novembre del 1918 quando venne affondata la SMS Viribus Unitis.

L'affondamento della Santo Stefano
Durante una missione di perlustrazione e dragaggio in alto Adriatico, i MAS 15 e 21, comandati dal Capitano di corvetta Luigi Rizzo e dal Guardiamarina Giuseppe Aonzo, si imbatterono nei pressi dell'isola di Premuda in una forza navale austriaca costituita dalle corazzate SMS Szent István (Santo Stefano) e SMS Tegetthoff scortate da alcuni cacciatorpediniere.
Entrambi i MAS si scagliarono contro le preponderanti forze nemiche, e colpirono entrambe le corazzate; il MAS di Luigi Rizzo colpì a morte la Santo Stefano che colò a picco; anche il MAS di Giuseppe Aonzo colpì il bersaglio, ma i due siluri non esplosero.

L'affondamento della Viribus Unitis
La SMS Viribus Unitis, fu affondata il 1º novembre 1918 appena tre giorni prima la fine della guerra per l'Italia, con un'azione ardita di due ufficiali italiani, Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci, che grazie ald una nuova arma nella flotta italiana, il Siluro a lenta corsa (SLC), riuscirono a piazzare sulla chiglia della Viribus Unitis 200 kg di esplosivo, che alle 6.44 del mattino del 1º novembre causò la morte di 300 marinai, e l'affondamento della corazzata nel porto di Pola.
Solo dopo aver compiuto l'azione i due ufficiali appresero che la flotta austriaca era stata ceduta allo Stato degli Sloveni, dei Croati e dei Serbi allo scopo di non essere interessata dalle condizioni armistiziali, e non batteva più bandiera austro-ungarica. Comunque dopo la guerra, il trattato di pace assegnò ugualmente le navi austro-ungariche in conto riparazione dei danni di guerra, invalidando la cessione fittizia.

Seconda campagna

Anche il Giappone, inviò un totale di 14 cacciatorpediniere nel Mediterraneo a partire da aprile 1917, fornendo un efficace aiuto di pattugliamento e di attività anti-sommergibile[18]. Anche la Grecia in un secondo tempo partecipò alle operazioni navali, in supporto alle operazioni in Palestina e in Macedonia.
E anche se la Germania con il crollo dell'Impero russo, ottenne il completo controllo del Mar Nero, non riuscì mai ad uscire dal Mar Egeo, cozzando durante un tentativo di forzare questo blocco, con degli sbarramenti minati, che causarono il danneggiamento delle navi Breslau e Goeben, inseguite 4 anni prima dalle navi alleate che in quel frangente non riuscirono a catturarle, ma che ebbero questa sorta di rivincita nel 1918.
Comunque le imbarcazioni non affondarono, in quanto il capitano della Breslau riuscì a mettere in secca la nave prima che si capovolgesse, e la Goeben non subì danni elevati, in quanto rientrò in servizio dopo la guerra.

Dopo la guerra le operazioni navali non si conclusero definitivamente, ma non ebbero scopi bellici, una flotta alleata dopo la guerra occupò fino al 1923 Costantinopoli, dopo l'armistizio di Mudros, fino a quando la nuova Repubblica Turca con Mustafa Kemal riprese il controllo della città.
Navi alleate continuarono ad intervenire in Russia dopo la fine della guerra, portando forze di spedizione e le forniture per gli eserciti controrivoluzionari nel sud della Russia.

Note

  1. ^ Approfondimento sulla Marina austro-ungarica
  2. ^ Approfondimento dal sito della difesa sulla flotta italiana
  3. ^ (EN) La Regia marina nella IGM
  4. ^ Le Operazioni costiere
  5. ^ (EN) Articolo del NY Times sull'affondamento della Wien
  6. ^ Halpern, p. 51.
  7. ^ a b Herwig, p. 153.
  8. ^ a b c Halpern, p. 52.
  9. ^ Seconda Convenzione dell'Aia, capitolo 13.
  10. ^ Bennett, p. 31.
  11. ^ Halpern, pp. 55–56.
  12. ^ Bennett, p. 33.
  13. ^ Bennett, p. 27.
  14. ^ Bennet, pp. 33–34.
  15. ^ a b Halpern, p. 56.
  16. ^ Bennett, pp. 35–36.
  17. ^ Halpern, pp. 57–58.
  18. ^ Cyril Falls La Grande Guerra' pag 295

Bibliografia

  • Luigi Rizzo - L'affondamento della Santo Stefano e le sue conseguenze militari e politiche, Trieste, 1927
  • Contramm. Lepotier - La fine della flotta austriaca, Neptunia n° 83, III trim. 1966 (traduzione Aldo Cherini)

Documentari

  • Fumo nero all'orizzonte Maria Magdalena Koller, Chiara Sambuchi e Mario Visalberghi, andato in onda su Rete 4 il 16/12/2009
  • Martin H. Brice, S.M.S. Goeben/T.N.S. Yavuz: The Oldest Dreadnought in Existence—Her History and Technical Details, in Warship International, VI, n. 4, Toldedo, OH, Naval Records Club, 1969, pp. 272–79.
  • Ian Buxton, Big Gun Monitors: Design, Construction and Operations 1914–1945, 2nd, revised and expanded, Annapolis, MD, Naval Institute Press, 2008, ISBN 978-1-59114-045-0.
  • Paul G. Halpern, A Naval History of World War I, Annapolis, Naval Institute Press, 1995, ISBN 1-55750-352-4.

Voci correlate

Collegamenti esterni