Civiltà nuragica: differenze tra le versioni

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*[http://www.neroargento.com/architett.htm Photo gallery di Architettura Nuragica di Sardegna]
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*[http://www.google.de/search?sourceid=navclient&hl=it&ie=UTF-8&rls=GZHZ,GZHZ:2007-22,GZHZ:it&q=Giganti+di+monti+prama Giganti di monti Prama]
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Nata e sviluppatasi in Sardegna e diffusasi anche in Corsica, la civiltà nuragica abbraccia un periodo di tempo che va dalla prima età del Bronzo (dal 1.700 a.C.) al II secolo d.C., ormai in piena epoca romana. Deve il suo nome alle caratteristiche torri nuragiche che costituiscono le sue vestigia più eloquenti e fu il frutto dell'evoluzione di una preesistente cultura megalitica, costruttrice di dolmen e menhir.

Le torri nuragiche sono unanimemente considerate come i monumenti megalitici più grandi e meglio conservati d'Europa. Sulla loro effettiva funzione si discute da almeno cinque secoli e tanti restano ancora gli interrogativi da chiarire: c'è chi li ha visti come tombe monumentali e chi come case di giganti, chi fortezze, forni per la fusione di metalli, prigioni e chi templi di culto del sole.

Popolo di guerrieri e di navigatori, i sardi commerciavano con gli altri popoli mediterranei e la loro civiltà ha prodotto non solo i caratteristici complessi nuragici, ma anche gli enigmatici templi dell'acqua sacra, le tombe dei giganti e delle particolari statuine in bronzo. Per molto tempo la loro cultura ha convissuto con altre civiltà estranee all'isola, come quella fenicia, quella punica e quella romana, senza mai però essere assorbita da queste.

Bronzetto sardo (Capo tribù) Cagliari Museo Archeologico Nazionale

Le civilizzazioni prenuragiche

Corna taurine scolpite in una nicchia funeraria di una Domus de janas a Montessu
Lo stesso argomento in dettaglio: Sardegna prenuragica.

In epoche remote l'Isola fu abitata stabilmente da genti arrivate nel Neolitico da varie parti del continente europeo e forse dal continente africano. I primi insediamenti sono stati rinvenuti sia in Gallura che nella Sardegna centrale, ma in tutta l'Isola progressivamente si svilupparono diverse culture.

Di questi popoli prenuragici si possono ancora ammirare più di 2.400 tombe ipogeiche, conosciute con il nome sardo di Domus de Janas. Queste singolari vestigia si trovano disseminate in tutta l'Isola e sono state scavate con grande maestria nel granito e nella pietra lavica. Alcune sono decorate con sculture e pitture simboliche e si presume siano appartenute a capi politici e forse anche religiosi. Sono state datate dagli archeologi intorno al IV millennio a.C..

Ma il monumento più enigmatico di quel periodo è sicuramente la piramide a gradoni, ossia lo ziqqurath di Monte d'Accoddi, presso Sassari, le cui similitudini con gli ziqqurath mesopotamici sono eclatanti ma alquanto inspiegabili.

L'Età del Bronzo

Bronzetto sardo.
Bronzetto sardo.

L'introduzione del bronzo nel II millennio a.C. portò sull'Isola notevoli miglioramenti in ogni campo. Con la nuova lega di rame e stagno si otteneva infatti un metallo più duro e resistente, adatto a fabbricare attrezzi agricoli, ma soprattutto si prestava alla forgia di armi assai migliori, da utilizzare sia per la caccia che per la guerra.

Ben presto in Sardegna, terra ricca di miniere, si costruirono fornaci per la fusione delle leghe che da esperti artigiani venivano lavorate in maniera molto abile, dando vita ad un fiorente commercio verso tutta l'area mediterranea ed in particolare verso quelle regioni povere di metalli.

Nuove invasioni

Lo stesso argomento in dettaglio: Popoli del mare.

L' Età del Bronzo fu anche il periodo in cui nel Mar Mediterraneo ci fu un vasto movimento guerresco, e molto probabilmente, verso il 2100 a.C., la Sardegna e la Corsica furono invase da una popolazione di navigatori-guerrieri proveniente da Oriente: i Popoli del mare, e tra essi gli Shardana, misteriosi navigatori guerrieri, già ben conosciuti dagli antichi Egizi che li rappresentarono nei grandi bassorilievi del tempio di Medinet Habu (XII secolo a.C.).

Le preesistenti popolazioni megalitiche cercarono di resistere agli invasori, ma invano. Furono sconfitte e i loro insediamenti distrutti. Ma questo incontro di genti così diverse tra loro diede vita ad un amalgama di popoli e di culture che segnerà indelebilmente, per sempre, le due isole gemelle del Mediterraneo occidentale. Successivamente con loro si svilupperà l’architettura del Nuraghe, in Corsica chiamata Torreana.

Le fonti greche e romane

Anticamente, i geografi e gli storici greci tentarono di risolvere l'enigma dei misteriosi popoli costruttori di nuraghi. Per loro la Sardegna era la più grande isola del Mediterraneo (in realtà è la seconda) e la descrivevano come una terra felice e libera, dove fioriva una civiltà ricca e raffinata e dall'agricoltura fiorentissima.

Nei loro resoconti, parlarono di edifici favolosi, che battezzarono daidaleia, dal nome del loro leggendario architetto Dedalo. Secondo una loro leggenda fu lui a concepire il famoso labirinto del re Minosse a Creta, prima di sbarcare in Sicilia e trasferirsi successivamente in Sardegna, accompagnato da un gruppo di coloni.

Furono talmente impressionati dai racconti dei marinai che ritennero necessario far conoscere ai posteri la perfezione costruttiva delle torri nuragiche - le quali, secondo loro - erano espressione del talento della loro civiltà. Quasi a conferma di ciò - recentemente - gli archeologi hanno trovato nuove prove che testimoniano - comunque - stretti rapporti commerciali tra Micenei e Nuragici.

Fonti romane ci tramandarono invece che le due isole furono abitate da tante etnie che si erano progressivamente uniformate culturalmente, rimanendo però divise politicamente in tante tribù, sovente confederate ma anche sovente in guerra tra loro per la contesa dei territori più ricchi. Le stesse fonti fanno sapere quali erano le più consistenti concentrazioni etniche, e tra queste vengono indicate chiaramente quelle degli Iolei, dei Bàlari, dei Corsi e le Civitates Barbariae, ossia le etnie che stanziavano nelle attuali Barbagie.

Le tribù nuragiche

Cippo delimitante il territorio degli Uddadhaddar. Cagliari - Museo Archeologico Nazionale.
File:Le varie tribù nuragiche.JPG
Disposizione delle varie tribù nuragiche secondo fonti romane

L'illustre studioso della civiltà nuragica Giovanni Lilliu, alle entità etniche più rilevanti (che negli ultimi tempi della loro storia si ritirarono nei territori montani - fondendosi ulteriormrnte tra loro - e creando il tessuto di sardità costituito oggigiorno dalle popolazioni barbaricine), fa corrispondere entità culturali abbastanza evidenti:

  • - i Bàlari costituirono l'etnico che produsse la cultura di Bonnànaro e che sembra trovare corrispondenza anche nelle isole Baleari;
  • - negli Iolèi viene individuato un ciclo culturale prodotto da etnie provenienti dal Mediterraneo orientale, ossia gli Achèi-Eraclidi, arrivati in Sardegna sulla scia dei Minoici-Cicladi prenuragici;
  • - nei Corsi, stabiliti in Gallura sin dai tempi più remoti, viene indicata l'etnia che produsse l'aspetto culturale detto gallurese ossia la cultura di Arzachena che si estese poi anche alla vicina Corsica a cui darà il nome.

Queste ed altre etnie progressivamente si accentrarono in villaggi a cui poi corrispose un territorio molto ben definito, fino a formare nel corso del II Millennio a.C. - e specie nella prima metà del I Millennio a.C - piccoli staterelli - che raggiunsero, federandosi tra loro, un notevole equilibrio ed un notevole assetto civile.

Ecco le principali tribù nuragiche - così come ci vengono tramandate dagli scritti romani - che popolavano la Sardegna e la Corsica:


Lo stesso argomento in dettaglio: (usare il Template:Vedi categoria).

Organizzazione tribale

Le tribù erano sostanzialmente formate da varie famiglie (Clan) che obbedivano ad un capo e vivevano in villaggi composti da capanne circolari con il tetto in paglia, del tutto simili alle attuali pinnettas dei pastori barbaricini.

La struttura sociale, fortemente accentrata e gerarchica, era fondata da uno stretto rapporto di sudditanza all’interno della comunità. Gli obblighi dei sudditi verso la loro guida erano rinsaldati dalla religione che faceva del sovrano un capo politico ed allo stesso tempo anche un capo religioso. In tale struttura teocratica - secondo gli studiosi - aveva un’importanza di rilievo la figura degli eroi fondatori quali Iolaos, Norax e Sardus, mitici condottieri ma allo stesso tempo considerati divinità.

Il nuraghe

Nuraghe Losa- bastione di nord-est.
Nuraghe Losa
Lo stesso argomento in dettaglio: Nuraghe.

A questo tipo di società così modellata, si adeguarono successivamente gli stili abitativi, e i villaggi si trasformarono progressivamente verso aggregazioni edilizie di elevata architettura con al centro la torre del nuraghe.

Intorno al 1500 a.C. , dai rilievi archeologici, si possono notare aggregazioni sempre più consistenti di villaggi costruiti in prossimità di queste poderose fortificazioni a forma tronco conica.

Furono solitamente edificate sulla sommità di un’altura, sempre con tecnica megalitica (grossi blocchi di pietra sovrapposti) e con ampie camere aventi i soffitti a volta e a forma di una tholos (falsa cupola). Sicuramente per un maggior bisogno di protezione, si nota il costante aggiungersi progressivo di più torri a quella più antica - addossandole o collegandole tra loro con cortine murarie. Da semplici, i nuraghi divennero in questo modo complessi, trilobati ed anche quadrilobati, in modo da essere protetti e difesi da sistemi articolati di torri più piccole.

Quelli giunti fino a noi - a parte le torri isolate, sono costruzioni imponenti e complesse, con annessi villaggi, fortificati nei modi più disparati, a formare veri e propri castelli, denominate dagli studiosi anche come regge nuragiche.

Nonostante l'incessante trascorrere del tempo, questi villaggi nuragici non sono scomparsi completamente, ma si ritiene che abbiano dato vita ad alcuni paesi della Sardegna odierna, sicuramente tutti quelli che hanno come prefisso la parola Nur come Nurachi, Nuraminis, Nurri, Nurallao, Nuragugume.

Molti siti nuragici sono stati riportati alla luce da imponenti scavi archeologici, ne sono un esempio quelli di Su Nuraxi (Barumini), Palmavera, (Alghero), Santu Antine (Torralba), Santa Cristina (Paulilatino), Genna Maria (Villanovaforru), Nuraghe Losa (Abbasanta), ma molto resta ancora da scavare vista la notevole ricchezza di vestigia nuragiche.

Suddivisione del territorio

La disposizione delle torri, poste a difesa e dominio di un territorio, corrispondevano spesso a frontiere politiche o etniche e delimitavano zone agricole e pastorali non molto diverse, per grandezza e per forma, da quelle che saranno, nel Medioevo, le curatorie giudicali.

Si suppone che solamente una società gerarchicamente molto organizzata, con un numero molto elevato di persone religiosamente assoggettate, poteva esprimere architetture così imponenti come le reggia nuragica de su Nuraxi o altre tipologie architettoniche.

Struttura economica

Se l’assetto urbanistico era fondato sul villaggio, quello economico si basava sull' agricoltura e sulla pastorizia originando una economia di tipo agro-pastorale e le figurine dei bronzetti ritrovati evidenziano abbastanza chiaramente una specializzazione nelle arti e nei mestieri.

Successivamente, i frequenti scambi commerciali e l’importanza dell’intenso commercio del rame verso il Mediterraneo orientale, contribuirono significativamente a provocare nei nuragici un' intenso sviluppo economico e culturale, basato sulla metallurgia e sui commerci. Tale sviluppo è considerato da molti studiosi - per quei tempi - il più importante mai prodotto in tutto l’Occidente allora conosciuto.

I contatti con i popoli orientali divennero sempre più stretti, in particolare quelli con Cipro e con le coste libanesi, ma si è oramai certi dei contatti anche con l’ Europa atlantica e con l’Europa centrale, mentre gli scambi con i centri Etruschi, tra il IX ed il VI secolo, sono molto assidui e ben documentati dai ritrovamenti in tombe etrusche delle singolari e tipiche statuette votive e di vasi nuragici.

Navicella nuragica - Cagliari - Museo Archeologico Nazionale
Navicella nuragica - Cagliari - Museo Archeologico Nazionale

La navigazione rivestì un ruolo molto importante, sono state trovate negli scavi archeologici ben 70 navicelle di bronzo. Grazie alle relazioni commerciali con altri popoli, i sardi nuragici arricchirono il loro patrimonio culturale ed anche la qualità dei loro prodotti.

La metallurgia nuragica

La metallurgia realizzava tutto il ciclo di lavorazione sul posto e la maestria dimostrata dai nuragici nella lavorazione del bronzo, fa capire fino a che punto erano divenuti abili nella lavorazione dei metalli e nella costruzione di armi. Nei musei sardi, oltre alle magnifiche collezioni di bronzetti votivi, si possono ammirare anche dei veri e propri arsenali di armi di ogni specie. Stupisce non solo il notevole livello tecnico raggiunto dagli artigiani, ma anche l’indice elevato di produzione e l'elevato grado di consumo, sono stati rinvenuti - infatti - grandissime quantità di oggetti in bronzo rotti e destinati nuovamente alla fusione.

Le attuali ricerche sui bronzi tentano ancora di stabilire con esattezza la loro datazione: se sono stati prodotti prima del VIII secolo a.C. e se i risultati daranno esito positivo, saranno senza ombra di dubbio di molto antecedenti alle più antiche sculture bronzee greche fino ad ora conosciute.

Le ultime scoperte archeologiche fanno conoscere nuovi ed interessanti aspetti della civiltà nuragica nella quale i ricchi giacimenti di minerali, soprattutto quelli di rame e piombo, hanno avuto un ruolo primario. Non è infatti considerata una semplice coincidenza se l’età aurea, nel mezzo del II Millennio a.C., viene posta in un’ epoca in cui l’attività estrattiva e metallurgica conobbe una straordinaria espansione.

La metallurgia produsse poi lingotti di rame, chiamati - per la loro particolare forma - a pelle di bue: alcuni di questi lingotti sono stati ritrovati in Spagna e in Francia, ma anche lungo le lontane coste turche ed in Grecia.

Non è stato invece ancora risolto il "mistero" legato alla fusione del bronzo: tale lega è infatti il risultato della fusione tra il rame (ampiamente disponibile in Sardegna) e lo stagno, del quale invece non è mai stata segnalata la presenza sull'Isola. I nuragici, dunque, si approvvigionavano all'esterno intrattenendo scambi commerciali con paesi lontani.

I bronzetti

Bronzetto nuragico - La madre dell'ucciso - Cagliari - Museo Archeologico Nazionale
Bronzetto nuragico - La madre dell'ucciso - Cagliari - Museo Archeologico Nazionale
Lo stesso argomento in dettaglio: Bronzetto sardo.

Oltre ad oggetti di uso militare, l' artigianato fabbricava attrezzi agricoli d’uso comune, oggetti per la casa, monili, vasi di bronzo laminato, cofanetti e soprattutto i caratteristici bronzetti votivi.

Utilizzati come ex-voto, rappresentavano scene di vita quotidiana e - in base alla loro produzione - si possono notare diversi stili, tra i quali quello aulico, chiamato di Uta ed uno popolaresco, definito anche come Mediterraneo.

Tra i bronzetti più noti, si possono menzionare le madri con figlio in grembo, due di Serri e una di Urzulei, quest’ultima è nota come madre dell’ucciso.

Le ceramiche

Nella ceramica, l'abilità ed il gusto degli artigiani sardi si manifestano essenzialmente nel decorare le superfici di vasi ad uso certamente rituale, destinati ad essere utilizzati nel corso di complesse cerimonie, forse in alcuni casi anche ad essere frantumati al termine del rito, come le brocche rinvenute nel fondo dei pozzi sacri.

La ceramica sviluppa anche una grafia geometrica nelle lampade, nei vasi piriformi (esclusivi della Sardegna) e negli askoi. Forme importate e locali sono state trovate a Barumini, a Santu Antine, a Cuccuru Nuraxi, Santa Anastasia, Villanovaforru, Furtei e Suelli. Ritrovate anche nel continente italiano, tutto fa pensare ad una Sardegna molto ben inserita nei commerci del Mediterraneo.

Struttura sociale

Bronzetto sardo - Cagliari Museo Archeologico Nazionale
Bronzetto sardo - Cagliari Museo Archeologico Nazionale

È abbastanza plausibile ritenere che la società nuragica fosse strutturata come una società di capi, in cui l'egemonia di alcune famiglie all'interno della comunità era ben consolidata ed il potere, all'inizio attribuito ad un capo elettivo soltanto in momenti eccezionali, era ormai divenuto stabile ed ereditario. La struttura sociale, fortemente accentrata e gerarchica, era fondata su uno stretto rapporto di sudditanza; gli obblighi dei sudditi verso la loro guida erano rinsaldati dalla religione che faceva del sovrano un capo politico ma anche un capo religioso. In questa struttura teocratica, ebbe un’importanza di rilievo la figura degli eroi fondatori quali Iolaos e Sardus, mitici condottieri ma allo stesso tempo considerati delle divinità.

Le raffigurazioni dei bronzetti ci indicano chiaramente la presenza di capitribù, riconoscibili perché molto spesso reggono un bastone, interpretato come simbolo di comando, ed inoltre tutte le varie categorie sociali. Uun gran numero di figurine di soldati descrivono una società di natura oligarchica, strutturata gerarchicamente e molto ben organizzata militarmente, ad espressione di una classe militare ben ordinata in corpi e gradi, con varie uniformi che fanno pensare a milizie di tribù differenti o a cantoni diversi.

Un' attenta analisi ci fa inoltre conoscere anche altre entità di casta, come quella che fa riferimento al potere pastorale, al re-pastore, oppure a quello costituito dai sacerdoti, il cui sommo pontefice sembra essere lo stesso sovrano. I bronzetti descrivono anche il popolo con figurine di contadini, di donne, di artigiani, di sportivi e di musicisti.

Religione nuragica

Scultura nuragica in bronzo- Cagliari - Museo Archeologico Nazionale
Scultura nuragica in bronzo- Cagliari - Museo Archeologico Nazionale

Tutte le diverse tribù, per ingraziarsi le divinità e poter progredire, adoravano dei e dee che favorivano la fertilità e proteggevano i raccolti: la dea Madre mediterranea, il dio Babai, le grandi effigi in pietra, raffiguranti organi genitali maschili, chiamati bètili, rappresentazioni di animali come il toro e naturali come l'acqua sorgiva, la pioggia o i fiumi. In determinate ricorrenze annuali, sia in periodi di pace che in periodi di guerre, si radunavano in luoghi comuni di culto, solitamente forniti di pozzo sacro. Molti ricercatori pensano che in occasione di queste feste e celebrazioni, presso i santuari si sia andata in qualche modo formandosi l’idea di nazione, o di una più stretta confederazione. Alcuni pensano anche che si andava realizzando una sorta di pansardità. In tali occasioni si tenevano assemblee intercantonali e si stringevano alleanze in caso d’emergenza.

Il Pantheon di Santa Vittoria a Serri

Importantissimo a tal proposito, il santuario di Santa Vittoria di Serri, vero e proprio Pantheon delle divinità nuragiche. Si suppone che nell'edificio principale del villaggio si riunissero in assemblee federali i clan più potenti dei sardi nuragici abitanti la Sardegna centrale, per consacrare alleanze o per decidere guerre.

Le strutture comuni erano organizzate in modo da far convivere la festa religiosa e quella civile, il mercato con l’assemblea politica. Era presente il tempio a pozzo della fonte sacra, fornita di atrio e con fossa per i sacrifici, con uno spazio per esporre gli ex voto, scala con soffitto gradonato e la tipica camera - dove si raccoglieva l'acqua - provvista di falsa cupola con foro centrale. Non mancavano le protomi taurine sul prospetto e, intorno, betili e cippi. Vi era pure un sacello rettangolare con sagrestia per le offerte agli dei.

I giochi e gli affari si svolgevano in una vasta corte ellittica con porticati e vani rotondi per il soggiorno dei partecipanti e con i posti riservati ai rivenditori di merci, ai pastori e ai contadini. Nelle vicinanze vi era un ambiente circolare con alcune capanne. Il primo serviva per le assemblee, nelle seconde abitavano gli addetti alla custodia, alla manutenzione dei luoghi e gli amministratori dei beni del tempio.

Nello stesso modo era organizzato il tempio di Santa Cristina a Paulilatino. Sono noti almeno una ventina di questi templi (molte volte recuperati al culto cristiano come ad esempio la cumbessias di San Salvatore in Sinis presso Cabras).

Architettura religiosa

Particolare del pozzo sacro Santa Cristina - Luoghi di culto, i pozzi sacri stupiscono per la loro perfezione costruttiva.
Silanus - Nuraghe e chiesetta di Santa Sabina - Molte volte i templi nuragici sono stati successivamente recuperati al culto cristiano.
Lo stesso argomento in dettaglio: Pozzo sacro.

L' architettura religiosa è soprattutto rappresentata dai pozzi sacri e dalle fonti sacre. Questi monumenti, tra i più elaborati che si trovano in Sardegna, sono edifici legati al culto animistico dell'acqua ed edificati con tecnica megalitica. Il cuore del tempio-sorgente, è la sala con la volta a tholos, come nei nuraghi, il più delle volte sotterranea e nella quale veniva raccolta l'acqua sorgiva. Una scala collegava la sala all' atrium del tempio, generalmente situato al livello del terreno circostante e attorniato da piccoli altari in pietra sui quali si depositavano le offerte e sui quali si celebravano i riti propri al culto dell' acqua sacra.

La perfezione e la precisione con la quale sono stati tagliati i blocchi di pietra calcarea o lavica, è tale che per molto tempo sono stati datati tra l'VIII ed il VI secolo a.C. e furono comparati all'architettura religiosa etrusca. Le più recenti scoperte hanno indotto però gli archeologi a stimare la costruzione di questi templi intorno al periodo in cui esistevano strettissime relazioni tra i Nuragici e i Micenei della Grecia e di Cipro, e cioè di molti secoli anteriori alle prime estimazioni.

I pozzi sacri subirono nel tempo delle trasformazione. Edificati sulle sorgenti d'acqua, erano un luogo di pellegrinaggio ed intorno ad essi si sviluppava generalmente un villaggio-santuario. Le capanne note come sala del Consiglio sono associate a grandi depositi di oggetti di bronzo e lingotti di piombo recanti tacche e marchi, forse indicanti il valore temporale. Si pensa che fossero la riserva della comunità o il tesoro del tempio. Le funzioni religiose di certi templi si perpetuò fino all'arrivo del cristianesimo: a Perfugas, un tempio nuragico fu scoperto nei giardini di una chiesa. I santuari di Santa Cristina e di Santa Vittoria, sono ancora oggi luoghi di pellegrinaggio. In altri posti, durante particolari ricorrenze, i fedeli percorrono lunghi tragitti, anche a piedi, per partecipare a funzioni religiose in chiese situate al di fuori dei centri abitati e dopo il rito religioso, sui siti si svolgono banchetti con prelibati arrosti e vini, seguiti da balli e canti.

Le statue di Monti Prama

Ai luoghi di culto si associava, in genere, l'offerta dei bronzetti votivi che raffiguravano uomini e donne, animali, modellini di imbarcazioni, modellini di nuraghi, esseri fantastici, riproduzioni in miniatura di oggetti e arredi, mentre la statuaria in pietra è testimoniata da 32 statue di pietra arenaria, ritrovate in tanti frammenti in località Monti Prama a Cabras, in provincia di Oristano.

La scoperta di queste statue giganti che rappresentano guerrieri armati con archi e frecce e lottatori dotati di scudo e guantone armato, risalenti all' VIII secolo a.C (o al X-IX secondo alcuni), alte oltre due metri e scolpite con il lineamenti geometrici dei bronzetti, ha sconvolto non poco le attuali certezze degli archeologi sulla civiltà nuragica.

Architettura funeraria

Arzachena, Tomba dei Giganti Coddu Vecchju.
Lo stesso argomento in dettaglio: Tomba dei giganti.

Altrettanto affascinanti e misteriose sono le tombe dei giganti che parrebbero derivare dai dolmen allungati.

Esse segnano, nelle loro poco sondate diversità strutturali e tecniche, il complesso evolversi della civiltà nuragica, fino agli albori dell'Età del ferro.Queste costruzioni funerarie megalitiche, la cui pianta rappresenta la testa di un toro, sono diffuse uniformemente in tutta l'Isola, anche se si nota una fortissima concentrazione nella sua parte centrale.

Si tratta di tombe costituite da una camera sepolcrale allungata, realizzata con lastroni di pietra ritti verticalmente con copertura a lastroni (nel tipo più arcaico, o dolmenico), oppure con filari di pietre disposte e copertura ogivale. Sulla fronte, il corpo tombale si apre in due ampi bracci lunati, a limitare un'area semicircolare cerimoniale: la cosiddetta esedra.

In prossimità delle tombe sorgevano spesso degli obelischi simboleggianti senza dubbio gli dei o gli antenati che vegliavano sui morti. Questa sorta di menhir sono chiamati baity-loi (in italiano betili) ed è una parola che sembra derivare da beth-el che in ebraico significa casa degli dei.

Dolmens e menhir

Altri insediamenti, come i menhir e i dolmen, semplici o allungati, pongono la più antica realtà isolana in relazione con la vasta preistoria mediterranea ed in particolare in rapporto con l'Europa del Nord e della costa atlantica, con l'Africa marocchina e delle Canarie, specialmente a seguito dei recentissimi rinvenimenti di menhir istoriati, ritenuti pietre sacre e legate ai culti della fertilità.

Altri edifici di culto, meno diffusi dei pozzi e delle fonti e tuttavia presenti in varie parti dell'Isola, sono i cosiddetti tempietti in antis o tempietti a megaron.

Galleria immagini

Bibliografia

  • Lilliu, G. La civiltà dei Sardi dal neolitico all'età dei nuraghi. Torino - Edizioni ERI - 1967.
  • AA.VV. La civiltà in Sardegna nei secoli - Torino - Edizioni ERI.
  • Casula F.C. - La storia di Sardegna - Sassari 1994.
  • Lilliu G. Sculture della Sardegna nuragica Verona 1962.
  • Aa.Vv., Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica - Milano, 1981.
  • F. Lo Schiavo, L. Usai, Testimonianze cultuali di età nuragica: la grotta Pirosu in località Su Benatzu di Santadi, Aa.Vv., Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio, a cura di V. Santoni, Oristano, 1995
  • Lilliu, G. La Civiltà Nuragica. Sassari - Delfino editore - 1982.[1]
  • Melis, P. Civiltà Nuragica. Sassari - Delfino editore - 2003. [2]

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