Pieve di San Pancrazio Martire (Parma)

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Pieve di San Pancrazio Martire
Facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneEmilia-Romagna
LocalitàSan Pancrazio Parmense (Parma)
Indirizzovia Don Tito Pioli 7
Coordinate44°48′45.44″N 10°16′12.72″E / 44.812621°N 10.270201°E44.812621; 10.270201
Religionecattolica di rito romano
Titolaresan Pancrazio
Diocesi Parma
Stile architettonicoromanico e neoclassico
Inizio costruzioneXI secolo
Completamento1955

La pieve di San Pancrazio Martire è un luogo di culto cattolico dalle forme romaniche e neoclassiche situato in via Don Tito Pioli 7 a San Pancrazio Parmense, frazione alle porte di Parma lungo la via Emilia, in provincia e diocesi di Parma; appartiene al gruppo delle pievi parmensi e fa parte della zona pastorale di Parma Baganzola-San Pancrazio.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'originario luogo di culto fu costruito sui resti di una preesistente basilica romana[1] in epoca altomedievale, forse già nel VI secolo, ed entro il IX secolo fu scelto per accogliere una reliquia, proveniente da Roma, di san Pancrazio, al quale l'edificio fu intitolato.[2]

La più antica testimonianza dell'esistenza del tempio, collocato lungo il tracciato della via Francigena, risale però al 1002, in un atto relativo a un'adunanza del Capitolo della Cattedrale di Parma, cui la chiesa apparteneva, organizzata dal vescovo di Parma Sigefredo II;[3][2][4] la pieve, considerata di significativa importanza all'interno della diocesi, fu nominata anche tre anni dopo nell'Ordo Archipresbiterorum Plebium voluto da Sigifredo II.[2][4]

La chiesa fu probabilmente ricostruita tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, su un impianto a tre navate terminanti in altrettante absidi.[5][4] Nel 1117 un violento terremoto danneggiò l'edificio, che fu successivamente abbassato sull'intero perimetro, eliminando anche la decorazione in mattoni che si sviluppava lungo il cornicione.[3][2]

La pieve, già citata il 26 maggio 1111 in un diploma dell'imperatore del Sacro Romano Impero Enrico V di Franconia tra le chiese dipendenti dal Capitolo, fu successivamente nominata il 7 novembre 1141 in una bolla del papa Innocenzo II.[6][2]

Nel 1230, dalla Plebis de Sancto Pamcracio dipendevano sette cappelle del circondario, come testimoniato dal Capitulum seu Rotulus Decimarum della diocesi di Parma; in seguito il territorio amministrato dalla pieve crebbe ulteriormente, con l'aggiunta di altre cappelle poste sotto la sua giurisdizione: due entro il 1299, una nel 1354 e nove nella seconda metà del XIV secolo.[2]

Tuttavia, nei secoli successivi la struttura cadde in stato di degrado, come testimoniato dal resoconto della visita apostolica del vescovo Giovanni Battista Castelli del 1578.[2] Fu quindi successivamente avviata una serie di lavori, che trasformarono profondamente il tempio: furono realizzate le volte a vela in sostituzione delle capriate lignee, furono ricostruiti i fianchi, furono intonacati gli interni e furono trasformate le absidi laterali nelle sagrestie.[5][3][2][4]

Nel XVII secolo l'abside della navata centrale fu sopraelevata e le due finestre laterali furono tamponate;[3] inoltre, alla fine del secolo furono demolite la facciata e metà della prima campata, accorciando l'aula, e fu costruito il nuovo prospetto neoclassico.[1][2][4]

Negli ultimi anni del XVIII secolo fu abbattuta l'antica abside sinistra, adibita a sagrestia due secoli prima, e al suo posto fu eretto il nuovo campanile.[5][2]

Tra il 1935 e il 1955 fu avviata un'importante opera di restauro degli interni, volta a riportare parzialmente in luce l'aspetto romanico della chiesa; nel corso dei lavori, furono rimossi in parte gli intonaci, internamente dagli archi e dai pilastri ed esternamente dall'abside centrale.[5][2][4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Facciata e lato nord
Abside e lato sud

La pieve si sviluppa su una pianta a tre navate, con ingresso a ovest e presbiterio absidato a est;[3] il campanile si innalza in corrispondenza dell'abside della navata sinistra.[5]

La simmetrica facciata a salienti, interamente intonacata, è caratterizzata dalla presenza di due lesene doriche alle estremità; al centro è collocato l'ampio portale d'ingresso principale, delimitato da una cornice e sormontato da un frontone triangolare; ai lati si aprono i due portali d'accesso secondari, incorniciati; in sommità si trova nel mezzo un finestrone ad arco ribassato, delimitato da una larga cornice; a coronamento si staglia al centro un ampio frontone triangolare con cornice modanata in aggetto sormontato nel mezzo da una croce, mentre ai lati si trovano due piccoli attici.[5][3]

I fianchi sono illuminati da finestre rettangolari in sommità. Al termine del lato sinistro si erge su quattro ordini il campanile settecentesco in laterizio, decorato con specchiature; la cella campanaria si affaccia sulle quattro fronti attraverso ampie aperture ad arco a tutto sesto; in sommità, sopra al cornicione perimetrale in aggetto si eleva una lanterna a pianta ottagonale, illuminata su ogni lato da monofore ad arco a tutto sesto; a coronamento si eleva una piccola cupola poligonale in rame.[5]

Sul retro l'abside in mattoni della navata centrale, risalente al XII secolo, è scandita da una serie di lesene; a coronamento in origine si trovava una fascia ad archetti intrecciati, eliminata in occasione della sua sopraelevazione seicentesca.[1]

Navata centrale
Colonna con capitello corinzio d'epoca romana
Controfacciata

All'interno la navata centrale, coperta da una volta a vela intonacata, è suddivisa dalle laterali attraverso una serie arcate a tutto sesto del XII secolo, rette da colonne in laterizio con capitelli a cubo scantonato, innalzate con mattoni dell'epoca, alternate a colonne in pietra con capitelli corinzi, realizzate recuperando materiali di epoca romana;[1] uno dei semicapitelli è scolpito con la raffigurazione di una sfinge, eseguita intorno al 1120 probabilmente dagli scalpellini che operarono nel duomo di Parma.[4]

Presbiterio

Il presbiterio, lievemente sopraelevato, accoglie l'altare maggiore in pietra del 1970, collocato su un basamento scolpito con la raffigurazione dell'Agnello vittorioso;[3] al centro dell'abside intonacata si staglia una monofora strombata ad arco a tutto sesto, decorata con affreschi raffiguranti Abele, San Pancrazio, la Madonna col Bambino e il Monogramma di Cristo, databili al XIV o al XV secolo; l'ambiente accoglie inoltre due quadri a olio donati nel 1839 dalla duchessa di Parma Maria Luigia, rappresentanti l'Ecce Homo di Giovanni Riccò e la Sacra Famiglia con san Giovanni Battista di Gaetano Signorini.[1][2][4]

La cappella al termine della navata destra, dedicata ai santi Cristoforo e Carlo, accoglie l'altare maggiore pre-conciliare col tabernacolo, sormontato dalla pala settecentesca raffigurante San Cristoforo e san Carlo.[1]

L'opposta cappella di sinistra, intitolata alla Madonna del Rosario, ospita l'antico altare maggiore settecentesco in legno intagliato e dorato.[1]

La chiesa accoglie altre opere di pregio, tra cui i dipinti raffiguranti la Sacra Famiglia e la Madonna con san Pancrazio, entrambi del XVII secolo, e il Riposo durante la fuga in Egitto, del XIX secolo; il fonte battesimale scolpito in arenaria di Cassio, collocato nella navata sinistra, risale al 1940.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Arte nella Chiesa di San Pancrazio Parma, su parrocchiasanpancrazio.it. URL consultato il 29 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2018).
  2. ^ a b c d e f g h i j k l Dall'Aglio, pp. 901-904.
  3. ^ a b c d e f g Chiesa di San Pancrazio "San Pancrazio, Parma", su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato il 29 marzo 2018.
  4. ^ a b c d e f g h Fallini, Calidoni, Rapetti, Ughetti, p. 40.
  5. ^ a b c d e f g San Pancrazio, Pieve di San Pancrazio, su cattedrale.parma.it. URL consultato il 29 marzo 2018.
  6. ^ Affò, p. 350.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ireneo Affò, Storia della città di Parma, Tomo secondo, Parma, Stamperia Carmignani, 1793.
  • Italo Dall'Aglio, La Diocesi di Parma, II Volume, Parma, Scuola Tipografica Benedettina, 1966.
  • Marco Fallini, Mario Calidoni, Caterina Rapetti, Luigi Ughetti, Terra di pievi, Parma, MUP Editore, 2006, ISBN 88-7847-021-X.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]