Marore

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Marore
frazione
Marore – Veduta
Marore – Veduta
Chiesa di San Prospero
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Emilia-Romagna
Provincia Parma
Comune Parma
Territorio
Coordinate44°46′24.5″N 10°21′23.8″E / 44.773472°N 10.356611°E44.773472; 10.356611 (Marore)
Altitudine62 m s.l.m.
Abitanti73[2]
Altre informazioni
Cod. postale43123
Prefisso0521
Fuso orarioUTC+1
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Marore
Marore

Marore è una frazione del comune di Parma, appartenente al quartiere Lubiana.

La località è situata 3,96 km a sud-est del centro della città.[1]

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

La località, nota nel 1094 come Marori, derivato da Mariori, deve il suo nome al prediale Fundus Mariorum o Mariliorum, al pari delle non lontane frazioni di Mariano e Marano.[3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le più antiche tracce della presenza umana nella zona di Marore risalgono all'età del bronzo.[4]

Il territorio risultava sicuramente abitato già in epoca romana; al I secolo risalgono i più antichi reperti rivenuti all'interno dei muri di fondazione di una fattoria di circa 300 m², individuata nel 1994 nei pressi della località; non lontano si trovano i resti di altre ville e di un deposito di anfore risalenti all'età imperiale.[5]

In seguito sorsero i primi insediamenti strutturati dotati di necropoli, rinvenuti durante una campagna di scavi condotta nel 1997 su un'area di circa 2800 m², che evidenziò tre diverse fasi storiche principali. Alla prima risalgono le tracce di quattro distinti edifici in parte infossati, di piccole dimensioni, distribuiti disordinatamente nel sito, oltre alla più antica area cimiteriale, composta da alcune tombe disposte su tre righe parallele.[6]

Tra il VII e l'VIII secolo sorse un insediamento stanziale, dotato anch'esso di necropoli e chiuso da palizzata; sviluppato sull'assetto delle curtes fortificate longobarde, il villaggio consentiva il controllo della strada di collegamento tra Parma e Lucca.[7]

Con l'arrivo dei Franchi l'insediamento perse la propria valenza strettamente difensiva e si svilupparono i primi edifici abitativi e produttivi, tra cui un'officina e una fabbriceria.[8]

Nel 962 l'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I di Sassonia assegnò in giurisdizione al vescovo di Parma il territorio circostante la città per 3 miglia, comprendendo anche la zona di Marore, che da allora rimase soggetta a Parma.[3]

Il borgo di Mariori fu menzionato per la prima volta nel 1008, in un atto notarile di permuta di una proprietà.[3] Fu nuovamente citato con tale appellativo in due testamenti del 1092 e del 1094, ma nello stesso anno fu nominato come Marori in un altro lascito; nel 1099 fu infine menzionato come Maruri in una cessione in precaria di alcuni terreni.[9]

Tra il IX e il X secolo il villaggio visse un netto incremento demografico; sorse forse allora, a est dell'abitato, la prima cappella di San Prospero di Marorio, menzionata per la prima volta nel 1230 tra le dipendenze della pieve di San Pietro di Porporano.[10][11]

Il villaggio difensivo-abitativo alto-medievale fu probabilmente abbandonato tra il XIV e il XV secolo; sopravvisse solo qualche edificio con funzioni agricole, all'interno della vasta campagna.[12]

A partire dal XVI secolo la zona, grazie alla sua vicinanza con la città, fu scelta da varie famiglie nobili per la costruzione di eleganti residenze estive; la prima villa fu edificata lungo strada Santa Margherita dai conti Liberati intorno alla metà del secolo, cui si aggiunsero poco alla volta la villa Bergonzi, la villa Dall'Asta, la villa del Borgasso, la villa Vosi, le tre ville Gigli-Cervi, la villa Petitot, la villa del Serraglio, la villa Rondani e la villa Pizzetti.[9]

Nel 1806, per effetto del decreto Nardon, Marore fu elevata a mairie.[12][9] Il comune di Marore sopravvisse fino al 1870, quando fu fuso con quello di San Donato d'Enza per formare il nuovo comune di San Lazzaro Parmense, a sua volta cessato nel 1943 e assorbito da quello di Parma.[13][9]

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di San Prospero[modifica | modifica wikitesto]

Interno della chiesa di San Prospero
Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Prospero (Parma, Marore).

Menzionata per la prima volta nel 1230 quale cappella dipendente dalla pieve di Porporano, la chiesa romanica fu ricostruita verso la fine del XIII secolo e modificata profondamente nel 1927; danneggiata da un terremoto nel 1937, fu completamente ristrutturata tra il 1938 e il 1941; nuovamente rovinata dal sisma del 1983, fu interamente restaurata nel 1990. L'interno, suddiviso in tre navate, conserva alcune opere di pregio, tra cui l'altare maggiore settecentesco in legno intagliato.[14][11]

Cimitero[modifica | modifica wikitesto]

Costruito in prossimità della chiesa di San Prospero in seguito all'emanazione nel 1804 dell'editto di Saint Cloud, il primo cimitero di Marore fu abbandonato e riedificato nel 1864 un po' più a est; notevolmente ampliato tra il 1874 e il 1876 su progetto dell'ingegner Abelardo Moruzzi per accogliere le salme dell'intero territorio comunale di San Lazzaro Parmense, oltre a quelle delle località di Pedrignano, Chiozzola e Casaltone poste in comuni limitrofi, fu subito dotato di una cappella, intitolata nel 1925 alla santissima Vergine Addolorata, e nuovamente ingrandito nel 1962 e nel 1965. Il camposanto accoglie varie cappelle di pregio, innalzate da famiglie nobiliari; vi è inoltre conservata la tomba di Lina Maghenzani, madre di Giovannino Guareschi, arricchita da una statua in bronzo raffigurante l'Ultimo della classe, realizzata da Luigi Froni nel 1953.[15][16]

Villa Petitot[modifica | modifica wikitesto]

Villa Petitot
Lo stesso argomento in dettaglio: Villa Petitot.

Acquistata nella seconda metà del XVIII secolo dall'architetto di corte Ennemond Alexandre Petitot, che la scelse come propria residenza e la trasmise al nipote, la villa, frazionata in varie unità, appartiene oggi alla famiglia Anceschi; arricchita da un giardino alla francese sul retro, disegnato dall'architetto, conserva al suo interno, in un ambiente rettangolare della soffitta, un raro teatrino privato neoclassico, arredato con i mobili originari; il palcoscenico sopraelevato è coperto sulle pareti e sul soffitto da pannelli lignei interamente dipinti; il fondale, visibile attraverso le ante rimovibili dello scenario suddiviso da colonne doriche in finto marmo rosso, è decorato con un affresco raffigurante un paesaggio di città; di particolare pregio risulta il finto velario di copertura, retto da putti.[17]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b La Frazione di Marore, su italia.indettaglio.it. URL consultato il 23 ottobre 2016.
  2. ^ [1]
  3. ^ a b c Catarsi, Anghinetti, Bedini, p. 1.
  4. ^ Archeologia medievale, p. 560.
  5. ^ Catarsi, Anghinetti, Bedini, pp. 3-4.
  6. ^ Catarsi, Anghinetti, Bedini, pp. 8-11.
  7. ^ Catarsi, Anghinetti, Bedini, pp. 58-68.
  8. ^ Catarsi, Anghinetti, Bedini, pp. 68-75.
  9. ^ a b c d Dall'Aglio, pp. 614-616.
  10. ^ Catarsi, Anghinetti, Bedini, pp. 68-76.
  11. ^ a b Dall'Aglio, pp. 620-622.
  12. ^ a b Catarsi, Anghinetti, Bedini, p. 76.
  13. ^ Storia dei comuni, su elesh.it. URL consultato il 23 ottobre 2016.
  14. ^ Chiesa di San Prospero "Marore, Parma", su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. URL consultato l'11 aprile 2017.
  15. ^ Dall'Aglio, pp. 618-620.
  16. ^ L'ultimo della classe, su artsandculture.google.com. URL consultato il 24 ottobre 2023.
  17. ^ Le dimore storiche.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Archeologia medievale, V, Firenze, All'Insegna del Giglio, 1978, ISBN 978-88-7814-437-8.
  • Manuela Catarsi, Cristina Anghinetti, Elena Bedini, L'insediamento di Marore (Comune di Parma) tra Longobardi e Franchi (PDF), in Atti IV Convegno Nazionale FederArcheo, Cosenza, 2013.
  • Italo Dall'Aglio, La Diocesi di Parma, II Volume, Parma, Scuola Tipografica Benedettina, 1966.
  • Augusta Desideria Pozzi Serafini, Il Teatrino nella Villa Petitot a Marore (PDF), in Le dimore storiche, Anno VII, n. 2, Roma, Associazione Dimore Storiche Italiane, maggio-settembre 1991, p. 13. URL consultato il 5 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2018).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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