Utente:Lupo rosso/Sandbox/consultazione

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D'annunzio[modifica | modifica wikitesto]

Legione di Fiume[modifica | modifica wikitesto]

«Quis contra nos, sta scritto sul monumento. Pochi anni dopo, alcuni dei legionari fiumani dovevano affrontarsi, anche armi in pugno, da opposte barricate, nello scontro tra fascisti e antifascisti; vent'anni dopo alcuni sarebbero divenuti eroi della Resistenza, come Ercole Miani che i nazisti torturarono senza riuscire a cavargli una parola di bocca e Foschiatti, morto in un Lager.»

da comune Ronchi dei legionari

citazione[modifica | modifica wikitesto]

«trasformare il cardo bolscevico in rosa d'Italia»

Periodo storico[modifica | modifica wikitesto]

L'impresa di D'annunzio e' stata fagocitata ed utilizzata a fini propagandistici dal fascismo,nel seguito questo utilizzo ha impedito,per motivazioni sopratutto politiche,di rimettere nel giusto contesto storico la vicenda ed analizzarla,vedendo cosi' che nello specifico dell'impresa stessa la vicenda di Fiume ha poco a che spartire col fascismo stesso.

La dimostrazione di quanto sopra sta nel fatto che l'attacco finale alla repubblica di Fiume fu fatto dall'esrcito italiano appoggiato da un gruppo non molto numeroso di squadristi fascisti.

E' altresi' vero che le tecniche di comunicazione di massa adottate dal "Comandante"

«in quel momento lo era e non per i "ribelli" italiani di Fiume,ma anche a livello internazionale,Lenin stesso asseri' che l'unica persona che era ingrado di portare avanti la rivoluzione in Italia era D'annunzio»

(vedi rivista dei bersaglieri "Fiamme Cremisi).Da cio' si deduce come fu complesso il fenomeno di Fiume ed altro non e' che lo spechio della complessita' del primo dopoguerra,in cui lo stesso movimento fascista col sansepolcrismo

«c) Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione»

«b) II sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense Vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi.»

poteva definirsi chiaramente un movimento si sinistra non marxista legato per certi aspeti al sindacalismo rivoluzionario,non per niente Alceste De Ambris ebbe un ruolo fondamentale,per non dire promotore nella stesura della Carta del Carnaro,la costituzione di Fiume che seppur non completamente sviluppata ha un perogramma sociale molto piu' avanzato di quello della Repubblica Italiana del secondo dopoguerra.

«Art. 2 - La Repubblica del Carnaro è una democrazia diretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono.»

«Art. 5 - La Costituzione garantisce inoltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere.»

dalla Carta del Carnaro

«Lenin così si rivolge agli emissari europei comunisti a Mosca "C'è un solo uomo in Italia, capace di fare la rivoluzione. D'Annunzio". La Russia sarà l'unico stato che riconoscerà l'esistenza di Fiume. In effetti alcuni organi collegiali (militari) del governo fiumano assomigliano più ai soviet che alla monarchia costituzionale italiana. Gli ufficiali di qualsiasi ordine e grado hanno pari peso nelle decisioni. L'inazione, il congedo di cui godevano anche i soldati fiumani e le defezioni per contrasti col programma di Governo e con il Vate indeboliscono lo spirito. Per finanziarsi vengono usati gli "Uscocchi" etnia che risale ai pirati costieri adriatici, che assaltano navi e chiedono riscatti. Ceccherini stesso se ne va il 20 novembre 1920 con il seguente messaggio "..la sistematica inversione dei valori disciplinari è troppo grave...veniamo qui chiamati da V.S. come generale e come tali ce ne andiamo..." Alla vigilia di Natale del 1920, il nuovo governo Giolitti ordina al Gen. Caviglia la presa di forza della città con un violento cannoneggiamento dal mare sulle installazioni militari e di governo. Lo stesso D'Annunzio rimane lievemente ferito e dopo sei giorni di scontri capitola. Dovranno passare ancora quattro anni poi anche Fiume e Zara saranno Italiane. Il Vate, dopo il rifiuto di Mussolini a sostenerlo in quel fatale 1919 e il capovolgimento di fronte del 1920, ne ignorò l'autorità fino alla morte»

dal sito da Fiamme Cremisi

«La Federazione Nazionale dei Legionari Fiumani emanò un Ordine del Giorno in data 21 Settembre 1922 di precisa e intraprendente opposizione alla montante marea fascista. Secondo Tom Antongini,segratario di D'annunzio fu in quell'occasione che Mussolini definì D'Annunzio "Malatestino": mai ingiuria fu sì vituperosa e raggelante nella sua malvagità, poichè D'Annunzio fu autenticamente un rivoluzionario, mentre il buon Malatesta giungeva a proposito soltanto per le insurrezioni da operetta

D'Annunzio, intanto, in varie dichiarazioni affermava invece:

«"Ho voluto rientrare nel silenzio. Ho voluto essere un capo senza partigiani, un condottiero senza seguaci, un maestro senza discepoli. Ho tentato di distruggere in me tutto il gelo e tutto l'ardore della mia vita strategica. Nessuno saprà quale muta battaglia abbia chiuso in sè questo luogo di pace - il Vittoriale - e quanto sia crudele in questo luogo di pace non avere pace mai. C'è oggi in Italia una giovinezza esplosiva e una decrepitezza ingombrante. Ci sono istituti politici più morti di una cassapanca fessa e tarlata, ma anche demagoghi che credono di aderire alla realtà e non aderiscono se non alla loro camicia sordida".»

La camicia sordida a cui alludeva il Poeta era chiaramente quella nera, del fascio servo della borghesia. In quei giorni accadde anche qualcosa di strano e di affascinante: un incidente, o meglio "il Volo dell'Arcangelo", come D'Annunzio volle chiamarlo, si verificò alle ore 23.00 del 13 Agosto 1922. Il giorno seguente ne venne divulgata una versione secondo la quale il Poeta sarebbe caduto accidentalmente mentrestava appoggiato allo stipite della finestra. Da quanto potè apprendere Ugo Ojetti, il Poeta era in pigiama e pantofole, seduto sul basso parapetto della finestra; secondo le informazioni che aveva raccolto dall'ex legionario Anselmo Viti, dattilografo del Poeta, un'ora dopo la caduta D'Annunzio aveva "la metà del volto nera, rantolava, e sangue e materia cerebrale gli colava giù dal naso". Un funzionario di Pubblica Sicurezza, tal Giuseppe Dosi, avanzò però l'ipotesi che si trattasse di un fatto colposo, più che di un avvenimento casuale. Fu forse opera dei fascisti e/o degli imbecilli, i suoi avversari più tenaci? Il mistero rimase velato e l'Anarca lo serbò e condusse con sè nella tomba, quando nell'infausto anno 1938 egli spirò

Nel 1924 D'Annunzio così si espresse dopo il delitto Matteotti: "Sono molto triste di questa fetida ruina". In verità D'Annunzio sperava assiduamente nella caduta di Mussolini e del suo governo e teneva d'occhio la vasta se pur debole trama delle incerte opposizioni al regime nascente.

L'8-9 Settembre 1924 si tenne il Congresso Nazionale dei Legionari a Milano, con la presenza come interlocutore coinvolto e fervente del letterato e drammaturgo Sem Benelli, fondatore della Lega Italica, anch'egli impegnato nella difesa del Buono e del Sacro, minacciati dai marosi mussoliniani; la Lega Italica era sorta proprio il Primo Settembre di quell'anno con la pubblicazione del proprio programma e come D'Annunzio essa si dichiarava nemica del fascismo che da poco si era lordato anche del sangue di Giacomo Matteotti. Ma tutto fu purtroppo vano: con il discorso del 3 Gennaio 1925 alla Camera dei Deputati, Benito Mussolini instaurava definitivamente e senza più remore ed indugi, dettatigli peraltro fino ad allora soltanto dal timore, la propria dittatura personale. Tutte le voci a lui discordi vennero soppresse. La presa del potere da parte della cricca mussoliniana in Italia smorzò il lume della sovversione che gli anarchici e i dannunziani più di chiunque altro avevano consentito di ardere, infuso e animato, nella notte del mondo e della vita, e uccise tutti i sogni con un bagno di sangue ben lungi dall'essere santamente purificatore. La voce ribelle e neopagana dei sindacalisti e degli anarchici che avevano creduto nell'individualismo eroico di D'Annunzio anzichè nello sguardo ebete e castrato di Malatesta fu sedata per molto tempo.

bibliografia

Claudia Salaris Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume Il Mulino, Bologna

fotografie[modifica | modifica wikitesto]

Difesa di Parma[modifica | modifica wikitesto]

Sintesi[modifica | modifica wikitesto]

È la difesa che fece vittoriosamente, l'ultima di rilevanza strategica, il fronte unito Arditi del Popolo, in cui si erano amalgamate quasi tutte le formazioni di difesa proletaria.L'azione di difesa,con un formidabile contrattacco in zona Naviglio,fu diretta contro un attacco combinato e preparato degli squadristi fascisti comandati prima da Roberto Farinacci e poi da Italo Balbo. La difesa mise in difficoltà anche l'avvento del fascismo: il fronte unito aveva come comandante del direttorio la figura carismatica di Guido Picelli e l'epica sortita dal Naviglio fu guidata dall'altrettanto figura simbolo dell'antifascismo che fu Antonio Cieri.Assieme al fronte unito Arditi del Popolo,combatteva la Legione Proletaria Filippo Corridoni;cosa che fece arrabiare non solo Benito Mussolini,ma anche Roberto Farinacci,in quanto nella sede dei Corridoniani era in bella mostra una foto di Gabriele D'annunzio,del periodo, con dedica (Pino Cacucci,"oltretorrente").

Cenni alla situazione italiana del periodo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1920, i disagi sociali e le protratte mire imperialistiche del capitalismo italiano portarono alla cosiddetta "Rivolta dei Bersaglieri" di Ancona, una vera e propria sommossa popolare, partita dalla Caserma Villarey dove i bersaglieri non volevano partire alla volta dell'Albania,: c'e'ancora vivo il ricordo della Settimana Rossa l'insurrezione popolare verificatasi in Ancona tra il 7 e il 14 giugno 1914 e partita proprio per una manifestazione antimilitarista:la rivolta, in seguito , è estesa in Romagna, Toscana e altre parti d'Italia.Fra i capi anarchici che entrano in contatto con i bersaglieri di Ancona spingendoli alla ribellione c'e' l'anarchico Antonio Cieri,che non potendo essere incarcerato per mancanza di prove viene trasferito a Parma divenendo figura di primo piano poi a Parma.Cieri poi con Guido Picelli, e la popolazione di Parma, le donne in particolare( importantissime sia come combattenti sia per supporto alla truppa) sara' l'artefice della sconfitta dei temutissimi squadristi di Italo Balbo. In quel periodo vi è pure la rivolta degli Arditi di Trieste, in concomitanza dell'impresa di Fiume che non vogliono partire per altre guerre di rapina imperialista,il governo teme una federazione fra Ancona e la quasi "filobolscevica" Fiume(gia' repubblica e stato libero riconosciuto in primis dalla Russia sovietica).Tel plveriera potrebbe incendiare di sovversione il gia' insurrezionale trritorio nazionale.

Nel 1921 la volontà di lotta rivoluzionaria del proletariato si scontra col riformismo ed il massimalismo, spesso solo parolaio del Partito Socialista.A causa anche di ciò le lotte si radicalizzarono sempre più: l'esempio della Russia, ed anche le spinte bolsceviche susseguenti all'impresa fiumana, galvanizzavano il proletariato, nel Luglio 1921 ci sono i Fatti di Sarzana,i fatti di Genova,i Fatti di Empoli 1921: il fascismo ha gettata la maschera di movimento di sinistra legata al sindacalismo rivoluzionario interventista,sansepolcrismo, rappresentato ,artatamente anche, sul Popolo d'Italia di Benito Mussolini.Articolo in cui viene messa in evidenza e "caricata" solo la seconda del discorso di piazza S.Sepolcro, quella nettamente orientabile a sinistra: "l'affidamento delle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente ) della gestione di industrie e servizi pubblici" con punti di anticlericalismo, come appare dalla lettura dei punti riguardanti il problema finanziario; repubblicanesimo, volendo infatti formare una Repubblica con la creazione di una Assemblea Nazionale e rivendicazioni nettamente eguglitarie e di classe discendenti dal sindacalismo rivoluzionario interventista. [1] (non pochi che aderirono al primo movimento fascista erano in buona fede, infatti passeranno all'antifascismo).

Nel 1922, il settarismo di Amadeo Bordiga da una parte e l'indecisone dei riformisti dall'altra, hanno impedito l'organizzazione generale e l'appoggio corale alle formazioni di difesa Antifascistache erano convogliate nel Fronte Unito Arditi del Popolo .Lo storico Tom Bhean, tra gli altri, indica in tali formazioni l'unica possibilità di fermare il fascismo),e di qui fa anche ipotesi dubitative sulla possibilita' di avento del nazismo,senza il precedente del fascismo. Anche Antonio Gramsci (articolo di Gramsci,stralcio) aveva capito la situazione ma fu messo a tacere, in quanto minoranza nel Partito Comunista d'Italia. Giuseppe Di Vittorio nel 1922 struttura le squadre antifasciste: socialisti, comunisti, anarchici, assieme agli Arditi del Popolo, legionari ed ex ufficiali fiumani, ed organizza la difesa della sede della Camera del Lavoro di Bari sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna. A Piacenza, Livorno, Ravenna,Roma, Civitavecchia, (dove viene ancora conservata con orgoglio la Bandiera battaglione di Civitavecchia degli Arditi del Popolo), Bari, Ancona, Vercelli, Novara, Biella, Torino, Piombino, ecc. praticamente in tutta o quasi la penisola con le punte nelle zone con forte concentrazione operaia e/o portuali (Benito Mussolini si chiede "se è l'aria di mare a favorire il sovvertivismo"), è tutto un formarsi di squadre di autodifesa antifascista che sbarrano militarmente il passo agli squadristi, basandosi pure sulle capacità militari ed organizzative di molto reduci di guerra, anche graduati,molti anche interventisti delusi come Emilo Lussu.In particolare una parte degli Arditi assaltatori d'Italia passa con l'antifascismo e spinge alla controffensiva armata, tenuto conto anche delle indicazioni di Mario Carli col suo articolo Arditi non gendarmi [2], che fece epoca. Nel proseguio a Roma i “marciatori”[3] sono bloccati all'ingresso dei quartieri popolari (storica la difesa di San Lorenzo coi preti alle campane per richiamare la popolazione), a Parma la Legione Proletaria Filippo Corridoni va in clandestinità assieme a frange di Arditi del popolo, dopo aver duramente sconfitto gli squadristi guidati da Roberto Farinacci prima e da Italo Balbo (che lo aveva sostituito nel comando per ordine di Benito Mussolini) poi.La lotta è impari anche a Genova, i fascisti passano ma la classe operaia di Genova è battuta ma non schiacciata: duri scontri tra fascisti e guardie regie da una parte, operai, Arditi del Popolo, sindacalisti, anarchici e comunisti dall'altra, si protraggono per quasi tutto il 1922.

tessuto sociale parmense del periodo[modifica | modifica wikitesto]

  • Il comune di Parma nel periodo era costituito quasi interamente da territorio quasi urbano con una popolazione di 57000 abitanti nel censimento del 1921,(censimento avvenuto attorno al 1911) ne contava circa 10000 di meno nel 1901 ovvero 48500.
  • Dopo la lunga stasi dell'800,la popolazione,aveva subito un notevole incremento avvetendo in generale il periodo di ripresa di stampo giolittina somata alla capacita',nello specifico, del sindaco GiovaniMariotti [4].Alla crescita demografica si era associato uno sviluppo urbano al di fuori dei bastioni del 1500,demoliti per far posto alle nuove costruzioni.
  • Il quartiere operaio di S.Leonardo si era sviluppato nella zona nord,residenzialmente meno appetibile, con lo sviluppo contemporaneo di numerose fabriche,fra le quali la vetreria Bormioli che contava gia' 300 operai nel 1913.A sud, verso la Cittadella, si sviluppava invece un quartiere di ville e villette per benestanti.La viabilita' subbi'un progresso nel 1910 con l'inaugarione nel maggio delle linee tranviarie elettriche.Ricapitolando:nel 1900 entrarono in funzione nuovo acquedotto e nuovo macello, nel periodo intercorrente fra il 1901 e il 1903 i ponti Verdi e Italia seguito dallo stabilimento dei Bagni Pubblici sul Lungoparma nel 1906,(nel 1907 apriva Croce Bianca albergoin piazza della Steccata, di cui prese possesso il comando fascista nell'agosto del 1922), nel 1909 le nuove Poste, e nel 1913 il supercinema Orfeo,tanto per citare alsuni sintomi del robusto sviluppo di inizio secolo.
  • A fronte di questi cambiamenti le crisi economiche nazionali del 1907 e del 1913 non ebbero forti ripercussioni nel Parmense, ancora poco industrializzato rispetto al triangolo Milano-Torino-Genova(il triangolorosso invece era individuato invece da Genova Vercelli Torino). Nel parmense la produzione della ricchezza restava, e restera' ancora a lungo di natura prevalentemete agricola ( nel 1921 occupava circa 116.000 individui contro 37.500 nel ramo industriale) con circa la meta' dell'attivita' nel capoluogo con operatori addetti alla trasformazione dei prodotti agricoli e alle piccole industrie metalmeccaniche specializzate nella produzione dimacchinari agricolo e/o per il trattamento di prodotti della terra.
  • Mentre avvenivano queste trasformazioni rimaneva per converso diviso in due l'aspetto social-logistico:Oltretorrente,chiamato anche Parma vecchia,a ovest,in cui alla fine del '800, in palazzi spesso inadeguati,si era raccolto un coagulo di abitanti di diverse provenienze geografiche e sociali,che si era integrato nel tesuto sociale gia' esistente:contadini inurbati,montanari in cerca di lavoro nel campo edilizio tenuto conto dell'incrementato sviluppo cittadino.Ad est quella che era la parte piu' antica della citta', ma che veniva chiamata Parma nuova proprio per il suo aspetto piu' moderno e decoroso,era popolata in prevalenza dai diversi ceti borghesi e vierano ,ed ancora ingran parte permangono, le sedi dei poteri istituzionali.Il dato sociale comunque indicava una coesione sociale di Parma vecchia era molto superiore a quella di Parma nuova,esempio del tessuto sociale di provenienza diversa ma amalgamato:un Ardito del Popolo Enrico Griffih [5][6]:la XXXXVII brigata Garibaldi operante sull'Appennino parmense nella Resistenza avra' il suo nome.

Il borgo del Naviglio aveva amalgama sociale simile all'Oltretorente,al margine nord orientale(tralasciando,ovviamente,la zona dei bordelli posizionata da lunga data fra borgo Tasso e borgo S.Silvestro).Antonio Cieri dirigera' l'epica sortita del Naviglio a danno degli squadristi,magistralmemte raccontata nel libro Oltretorrente di Pino Cacucci.La suddivisione in due parti,o quasi,di Parma avra' anche grossa importanza militare nello svolgersi della difesa della citta' dagli squadristi nel'Agosto 1922.È ancora da notare per la vicenda un dato dell'artigianato,in quanto nell'Oltretorrente ci sono laboratori per scarpe e busti femminili con molti addetti/e,andati in crisi con l'avvento della guerra,ed a parte quindi la crescita di malcontento c'e da supporre una parte di manodopera femminile con relativa emancipazione da cui l'importanza dele donne nella difesa di Parma sia nei combattimenti sia per supporto nelle retrovie,organizzazione lodata a denti stretti dalla steso Italo Balbo,non solo donne ma anche suore che curavano gli Arditi ed i combattenti feriti e che il vescovo della cita' dovette difendere dalle proteste dei ras squadristi.Anche il parmense risenti' gli effetti del'entrata in guerra del '15,coi problemi precedenti e susseguent il conflitto:inflazione che erodeva i salari,difficolta' di rifornimenti di alimentari e combustibili,debilitazione fisica diffusa e aumento delle malattie (anche a Parma nel 1919 infurio' la "spagnola").La mancanza di uomini spediti al fronte e la sostituzione con ragazzi e donne e di nuovo porta nuovamente alla formazione di una base operaia femminile emancipata dal lavoro e collegata quindi al problema militare della difesa di Parma.Ovviamnete,anche se ci fu il blocco di lavori pubblici in quanto l'ospedale ad es. fu finito nel 1925 ed il formidabile monumento a Giuseppe verdi nel 1920, non ci furono gravi problemi di disoccupazione visto lo "spopolamento" di manodopera maschile per l'invio alla guerra.La situazione è chiaro sia presaga dello scontro coi fascisti,visto anche la notevole presenza di dirigenti interventisti di sinistra ormai delusi e con capi riconosciuti sia a livello nazionale che locale,ad esempioAlceste De Ambris.Gli interventisti di sinistra hanno associazioni e formazioni molto attive in loco come la Legione Proletaia Filippo Corridoni:Mussolini avra' l'amara sorpresa di trovarseli contro i Corridoniani,ma non fu del tutto una sorpresa visto che aveva intuito l'aria che tirava,nella sede della Legione Proletaia Filippo Corridoni c'e' un ritratto del periodo di D'annunzio,con dedica,che fa infuriare sia Mussolin che Farinacci(Pino Caccucci,oltretorrente) .Nel parmense la guerra,tramite le commesse, porta ad un incremento industriale nel settore sia agricolo e della manipolazione dei prodotti della terra.In buona sostanza,pero',nonostante i tempi convulsi,la borghesia parmense non muta di atteggiamento dall'ante conflitto e non vede di buon occhio,per risolvere i conflitti sociali,gli squadristi e i loro sistemi criminali:continua a far riferimento alla "politica" ed ai dettami ideologici della potente Associazione Agraria Parmense, quella che aveva avuto battuto lo sciopero del 1908.Ecco peche' a Parma ci fu un'organizazione della difesa quasi corale,e la borghesia non si puo' dire che in linea di max oppose forti ostacoli all'azione degli Arditi del Popolo e della massa proletaria in generale.(ci son documenti ed estratti di giornale di stampo liberale che lo dimostrano).D'altro canto vi era un ritorno di reduci fortemente delusi,in quanto Parma era stata citta' con forte stampo interventista,e moltissimi con stampo di sinistra anche,da come si puo' desumere anche da quanto gia' detto;oltre che la delusione c'erano tutte le difficolta' del dopoguerra che attraversavano Italia ed Europa anche se in peso diverso:in questa situazione era ovvia la ribellione all'intervento degli squadristi:i reduci addestrati e delusi,sopratutto come appena detto avevano ragioni e mezzi per organizzare la difesa.

sintesi avvenimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • La vicenda prende inizio dallo sciopero generale nazionale indetto dall'Alleanza del Lavoro organo sindacale di fronte unito,indetto il 1 Agosto 1922.Causa dello sciopero era il perpetuarsi e l'aumentare degli attacchi degli squadristi fascisti alle organizzazioni operaie,con numerosi morti,fra l'altro,senza intervento alcuno da parte degli organismi di repressione dello stato,se non per proteggere i fascisti,eccezion fatta per i Fatti di Sarzana,in cui i carabinieri sparano sugli squadristi assieme agli Arditi del Popolo.I carabinieri sono al comando dal capitano Jurgens,che aveva partecipato alla repressione delle Guardie Rosse di Torino,e che evidentemente era coerentemente,per suo ruolo,contro ogni forma di sovversione in qualita' di servitore dello stato.Il capitano Jurgens non fara' alcuna carriera sotto il fascismo,ovviamente ed alcuni giorni dopo i carabinieri dovranno arrestare gli stessi Arditi del Popolo con cui avevano comabattuto fianco fianco.
  • Gli squadristi si scatenarono a livello nazionale contro il proletariato in rivolta,appoggiati dagli organi di repressione dello stato,il 3 Agosto 1922 lo sciopero viene interotto .
  • Contrariamnte a molte altre citta'in cui nonostante la resistenza le formazioni antifasciste debono cedere,a Parma, viene organizzata una resistenza armata di ottima caratura militare a quanto asserisce a denti stretti lo stesso Italo Balbo che sostituira',mandato da Benito Mussolini,Robeto Farinacci per inettitudine di quest'ultimo.Il futuro "duce" è intimorito dalla rivolta anche ,in quanto,assieme agli Arditi del Popolo combatte quasi inaspettatamente la Legione Proletaria Filippo Corridoni,dimostrando quindi un coagulo di forze che arriva agli interventisti di sinistra affascinati,in primo momento dal programma dei fasci di combattimento (Parma fu zona di gran interventismo di sinistra come gia' spiegato).
  • I lavoratori son partecipi in maniera compatta dello sciopero e i sindacalisti rivoluzionari son ritornati alla loro origine di classe,con tutta l'influenza che han sempre avuto a Parma.Parmae' restata quasi impenetrabile al fascismo come risulta dai diari di Italo aBalbo (milano 1932). *Inoltre ormai da poco piu' di un anno operano le squadre di autodifesa proletaria di Guido Picelli,socialista internazionalista,tali oragnismi di autodifesa paramilitare evevano un perfetto serbatoio di reclutamento nel tessuto sociale proletario parmense incline al socialismo radicale ed all'anarchismo.
  • Si vedra' nel proseguio che il reclutamento per i fatti di Parma sara' anche in altri strati con la caduta in comabatimento di Ulisse Corazza,consigliere del partito popolare,che assieme ad un gruppo dei suoi "metto il mio moschetto a sua disposizione comandante Picelli"(Pino Caccucci,Oltretorrente)Anche sui giornali del periodo,a Parma, di matrice liberale e borghese ci son violenti attacchi agli squadristi,individuati senza peli sulla lingua come criminali.

Nei primi giorni di agosto vennero mobilitati dal Partito Fascista per l'attacco a Parma circa 10.000 uomini, giunti dai paesi del Parmense e dalle province limitrofe; a comandarle venne inviato Italo Balbo,dopo il breve comando di Farinacci, già protagonista di simili spedizioni militari contro Ravenna e Forlì,il numero dei fascisti si incrementera' notevolmente con sopravvenuti rinforzi,prorio a causa della Resistenza che le squadre di autodifesa proletaria che aumentano la loro capacita' di rintuzzare gli attacchi:alla fine si conteranno 40 morti fra gli squadristi,solo 5 fra gli Arditi del Popolo,fra i quali il valoroso Corazza.Gli squadristi dovranno allontanarsi,su consiglio anche del capo della polizia locale,Lodomez,uomo astuto che vista la situazione pericolosa per il fascismo(Eros Francescangeli,Arditi del Popolo),non solo a livello locale, preferisce mantenersi neutrale dicendo a Balbo:"che è meglio abbandoni la spedizione in quanto lui ed i suoi sottoposti non sono grado di garantire l'incolumita' dei suoi uomini(di Balbo)".I 5 caduti fra i difensori sono Ulisse Corazza consigliere comunale del P.P.I, Carluccio Mora,Giuseppe Mussini,Mario Tomba il giovanissmo Gino Gazzola,la cui morte Pino Cacucci,dice nel suo libro "Oltretorrente",scateno' la furia di Antonio Cieri,che baionetta fra i denti e bombe a mano,seguito da popolani e donne, guido' l'epica sortita dal Naviglio spezzando l'ormai avvenuto accerchiamento da parte degli squadristi.Antonio Cieri aveva gia' compiuto un atto del genere che gli porto' la decorazione nella prima guerra mondiale,non per fanatismo nazionalistico,(era un anarchico mandato al fronte ed andato di malavoglia),ma per salvare i commilitoni ormai intrappolati sotto fuoco austriaco.Antonio Cieri non perdera' l'abitudine di condurre gli assalti davanti a tutti:morira' ad Huesca in Spagna,in difesa della Repubblica,attaccando una postazione dei nemici di sempre al comando della sua squadra di "bomberos",la postazione verra ' conquistata ma Cieri morira' nell'attacco.

La popolazione dell'Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi si prepara all'aggressione innalzando barricate,il conflitto ah insegnato qualcosa e si scavano trincee.Si vuole difendere ad oltranza sia le sedi delle organizzazioni proletarie di classe che quelle piu' centriste ed anche le case,sapendo gia' le devastazioni che i fascisti hanno compiuto in altri paesi.A livelo nazionale lo sciopero si esaurisce,di converso a Parma l'idea di resistere si radica sempre di piu'.Nei quartieri popolari i poteri istituzionali passano al direttorio degli Arditi del Popolo comandati da Guido Picelli,anche lui morira' in combattimento in Spagna,come Cieri contro i fascisti,Barcellona,dove è sepolto, lo onorera'con funerali di stato.

Tutta la popolazione partecipa attivamente agli scontri,anche le donne dando un apporto fondamentale oltre che come combattenti sul campo per l'organizzazione delle retrovie,organizzazione "lodata" da Balbo:vengono superate divisioni politiche anche profonde e radicate e Arditi del Popolo, sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici (Antonio Cieri,appunto comandò la resistenza del rione Naviglio), comunisti, popolari, repubblicani e socialisti delle varie tendenze ,anarchici, combattono, fianco a fianco contro gli squadristi.

Gli squadristi tentano di superare le barricate ,devastano, nelle zone centrali della città,meno difendibili e difese,il circolo dei ferrovieri, uffici di numerosi professionisti democratici, le sedi del giornale "Il Piccolo", dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare.A questo punto iniziano le trattative,viste la situazione, per la fine dei combattimenti tra il comando di Balbo, fra le autorità militari e la Prefettura e Lodomez fa il discorso a Balbo di cui poco sopra:non puo' garantire l'incolumita' dei fascisti.La notte tra il 5 e il 6 agosto le squadre fasciste smobilitano e lasciano velocemente la cita':Parma proletaria ha resistito ed ha salvato,in gran parte,l'intera citta' dalle devastazioni.Due Arditi del Popolo salutano Balbo in automobile,che abbandona Parma,scaricandogli addosso i loro revolvers.Molti anni dopo Balbo torna a Parma,a fascismo ben stabilizzato, e lo attende un grosso cartello con la scritta in parmense,Hai atraversato l'oceano ma no il Torrente. Il 6 Agosto 1922 ,Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri e proclama lo stato di assedio. Nella mattinata i soldati, festosamente accolti dalla popolazione,con cui fraternizzano, entrano nei rioni dell'Oltretorrente e del Naviglio e, in poco tempo, la situazione torna alla normalità

epilogo e note

Le ragioni sociali e politiche resistenza vittoriosa di Parma sono molte e si legano a radicate ed a recenti esperienze,del perido, del movimento locale dei lavoratori .Esperienze che vanno dal tradizionale ribellismo urbano dei quartieri più poveri ed anche fatiscenti della città (particolarmente i borghi dell'Oltretorrente) a tutta la situazione storico-politico-sociale brevemente analizzata nel paragrafo del Tessuto Sociale Parmense.E' da rimarcare comunque che la cultura parmense dell'interventismo di sinistra e che l'esperienza combattentistica nella Prima guerra mondiale di molti lavoratori avevano rafforzato una forte volontà di cambiamento sociale e politico:l'unico vantaggio che vi era stato dalla guerra verso la massa era un bagaglio di conoscenze militari applicate sul campo .Occorre ancora rimarcare con forza l'importanza della figura carismatica di combattente antifascista rapresentata da Guido Picelli e la sua proposta politica per un fronte unitario antifascista,(nel seguito Guido Picelli aderi' al Partito Comunista d'Italia,ma in quel periodo era ancora un socialista internazionalista);Picelli è ricordato ancora oggi in modo epico a Parma,anche per le sue caratteristiche umane e di cultore dell'opera lirica.Militarmente parlando è ben difendibile una zona con strade strette,tortuose ed anguste che porta ad un'immadiata difesa con la barricata,ci sono dei precedenti storici con il lancio di tegole dai tetti e di pietre per le strade come forma di autodifesa dagli attacchi della polizia ed esercito gia' dalla fine del 1800,il metodo ormai è consolidato come forma di autodifesa contro le forze di polizia e l'esercito.

personaggi correlati[modifica | modifica wikitesto]

L'elenco sottostante non è per ordine alfabetico bensi' per gruppo politico-sociale,i personaggi gia' riportati su Wikipedia hanno il minimo di informazioni introduttive in quanto gia' alla pagina corrispondente essendo fra l'altro alcuni dei piu' importanti

fascisti e squadristi[modifica | modifica wikitesto]

fascisti e squadristi
  • Aimi Alcide

(Polesine Parmense, Parma, 1896 - Como 1960). dopo esser stato in seminario ed aver militato nella guardia regia e partecipato alla prima guerra mondiale costituisce il Fascio a Busseto nel 1921e si puo' identificare come capo degli squadristi della Bassa Parmense.È in collegamento con Roberto Farinacci,il ras di Cremona,non per niente il primo a dirigere gli attacchi a Parma sara' lo stesso Farinacci sostituito poi per inefficienza militare;il culmine dei suoi atttacchi fascisti si trova con la distruzione della Cooperativa di Fontanelle nell'agosto del 1922. Nel proseguio il suo fascissmo,dell'Aimi, di stampo intransigente lo porta al'emarginazione nel movimento fascista aprmense stesso,quando è,nel seguito,da limitare uso di manganello ed olio di ricino,mescolato spesso a bitume .Diviene comunque membro del primo Consiglio direttivo della Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti,commissario straordinario dei sindacati fascisti di Firenze e segretario generale di Massa e Carrara ;nel 1929 il PNF lo trasferisce a Mantova dove continua ad occuparsi di sindacalismo.

  • Italo Balbo
  • Giovanni Botti , segretario del PNF parmense nel periodo considerato.
  • Roberto Farinacci
  • Davide Fossasquadrista,fu anche fondatore del sindacato fascista a Parma
  • Ranieri Remo(Fontanellato, Parma, 1894 - Fidenza, Parma, 1967), squadrista e capo dei fascisti a Fidenza . Entro'al Partito Nazionale Fascista dopo essrsi candidato Candidato al Consiglio comunale nelle liste del Partito Popolare a Borgo San Donnino ( Fidenza),divenendo in seguito uno dei piu' noti esponenti fascisti del parmense fino ad inizio anni 30. Nel 1922 fu assessore e nell'agosto 1922 partecipò all'attacco squadristico contro Parma,seguace di Roberto Farinacci,fu protagonista di duri scontri all'interno dello stesso PNF fra le diverse faziioni arrivando all'espulsione del 1925,una volta reintegrato nel PNF assune l'incarico di segretario federale parmense (1927-29), ispettore nazionale (1927-31), membro della direzione nazionale del partito (1931-32),e continuo' ad essere deputato della provincia di Parma fino al 1934,lascio' l'attivita' politica per dedicarsi al ramo industriale nel campo conseviero e caseario. quando lasciò l'attività politica per dedicarsi all'industria nel ramo caseario e conserviero.Fu volontario nel secondo conflitto mondiale e non aderi' alla RSI,pero',subi' un processo ,comunque,per “atti rilevanti”a seguito del suo passato di fascista.
  • Terzaghi Michele,(Parma, 1896 - 1922),avvocato socialista fino al 1916,diresse la Difesa di Firenzein qualita' di membro del comitato di resistenza interna abbandonando il partito socialista a seguito della sua scelta interventista,aderendo poi al fascismo nel dopoguerra con la successiva elezione a deputato del blocconazionale del 1921.

fronte unito Arditi del Popolo,Legione Proletatria Filippo Corridoni[modifica | modifica wikitesto]

i due capi:

Fronte unito Arditi del Popolo e Legione Proletaria Filippo Corridoni

personaggi istituzionali[modifica | modifica wikitesto]

personaggi istituzionali
  • Agostino Berenini senatore (Parma, 1858 - Roma, 1939), senatore.

Da giovane fu monarchico e fece parte della cerchia moderata di Alfonso Cavagnari [7], dal 1881 aderisce alla scuola di giurismo positivista avvicinandosi conseguentemente alla democrazia radicale, ebbe carriera accadrmica ostacolata ma riusci' comunque a diventre rettore di Parma dal 1919 al 1925 Nel 1892 fu eletto senatore socialista nel collegio di Borgo San Donnino(Fidenza),rimanendo comunque legato all'ideologia democratico-sociale, fu l'artefice della solida struttura di socialismo riformista divenuta tipica del suo colegio elettorale: fu deputato 8 volte di seguito. Nel 1912 uscì dal Partito Socialista seguendo Bissolati verso un'evoluzione democratico-interventista, nel 1921 pur non essendo eletto fu nominato da Giolitti senatore. I fascisti gli furono ostili e dovette ritirarsi a vita privata dimostrando qualche simpatia, dopo, per l'intervento dell'Italia in Libia.

  • Umberto Beseghi(Parma, 1883 - Bologna, 1958), presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti di Parma, cancelliere giudiziario presso la Pretura di Parma, prima ad Orbetello, dopo, poi presso il Tribunale di Ravenna e infine presso la Procura Generale di Bologna. Durante la prima guerra mondiale, da subito, si occupò di giornalismo e fu corrispondente di giornali politici e direttore del quotidiano locale "Il Presente". Allo scioglimento dell'Associazione Nazionale Combattenti il Beseghi fu allontanato da Parma con destinazione Orbetello, di lì in poi si occupò escusivamente alla letteratura.
  • Guido Maria Conforti, difese le scelte del clero, suore comprese, parmense nel curare i difensori parmensi feriti, rigettando le accuse di Balbo sul fatto che i preti sparassero ai fascisti assieme al fronte unito, di questa relazione clero difensori ne parla con riferimento ad Antonio Cieri,difensore del Naviglio,Pino Cacucci nel libro Oltretorrente
  • Felice Corini segretario PPI parmense,collabora coi fascisti fino al 1924,poi rompe e partecipa lla protesta Aventiniana
  • Federico Fusco(Napoli, 1872 - ?), prefetto di Parma ,nel 1893 entrò nell'amministrazione della Pubblica sicurezzae contemporaneamente comincio a frequentare l'Università di Napoli, quando dopo chenel 1893 entròentrato nell'amministrazione della Pubblica sicurezza che lo destinò alla questura di Milano, fino al 1896, quando venne trasferito alla questura di Salerno.Passo' nell'amministrazione civile dello stesso Ministero dell'Interno nel 1897e nel 1898,appena laureato,assunse servizio presso la prefettura di Casertacon incarichi inerenti amministrazioni comunali e provinciali,fu trasfertito ancora alcune volte ed a Fabriano si assunse il compito non semplice di mediazione politica fra la conflittualita' di strati proletari e padronato agendo su settori politici moderati,nel 1908, con attegggiamento improntto al paternalismo ,riuscendo a risolvere la sirtuazione.Durante le 5 giornate d'agosto di scontro fra il fronte unito-Arditi del Popolo ed i fascisti ,del 1922,tento' di mediare al punto che Italo Balbo lo indico' come un strenuo nemico del fascismo.Vista la situazione nazionale con stato d'assedio a Milano,Genova, Ancona, Livorno,Parma ,entrato in vigore il 5 agosto,con delibera govenativa , la gestione dell'ordine pubblico in città passò dal prefetto Fusco a l generale Lodomez. Successivamente il Consiglio dei ministri ,nel settembre 1922,decise di sollevarlo dall'incarico a Parma e di metterlo a disposizione,affidandogli poi prefetture di città di minor importanza dal 1923 al 1928: il fascismo al potere voleva la sua vendetta nel luglio 1928, all'età di 56 anni, fu collocato definitivamente a riposo “per motivi di servizio”.
  • Enrico Lodomezgenerale e comandante della Scuola di applicazione di fanteria di Parma,visto il momento praticamente dirigeva anche tutti gli organismi di repressione dello stato in Parma.
  • Tullio Maestri,(Albareto, Parma, 1875 - Borgotaro, Parma, 1940),presidente Amministrazione provinciale di Parma periodo 1920 al 1922;cioe' anche nel lasso di tempo della vicenda della resistenza di Parma
  • Giuseppe Micheli(Parma, 1874Roma, 1948),di buona famiglia,la madre era la sorella del sindaco di Parma Giovanni Mariotti,esopnente fin da giovane del cattolicesimo parmense,assieme a Filippo Meda e Giuseppe Toniolo,nel congresso di Fiesole fu uno fra i promotori della FUCI,nel 1899 fondò l'associazione “La Giovane Montagna”,per valorizzare aspetto religioso e culturale tramite manisfestazioni ed iniziative,nel'anno seguente nacque il settimanale dallo stesso nome,con Luigi Sturzo fondo'l'Associazione dei Comuni italiani.Nel proseguio prende in moglie la figlia del deputato Gian Lorenzo Basetti,e' poi ministro dell'agricoltura nel secondo governo Nitti.La carica che gli viene affidata nel governo Bonomi è di ministro ai Lavori pubblici e di presidente delle Ferrovie dello Stato,esendo un aventiniono il fascismo lo dichiara decaduto da tutte le cariche parlamentari nel 1926.Nel periodo fascista riprese a fare il notaio e si dedico' astudi storici,non tagliando i forti legami con icattolici democratici e con le autorità ecclesiastiche di parmensi e di Roma.La sua attivita' politica è ripresa dopo il settembre del 1943 efugge a Chieti,un mese dopo nel suo studio notarile di Parma si costituisce il CLN.Nel dopoguerra immediato è vicepresidente della Camera dei deputati,poi venne eletto all'assemblea costituente e dopo diventa ministro della marina nel governo di Alcide De Gasperi.

*Amedeo Passerini(Parma, 1870 - 1932), sindaco .Si laureo' in giovane eta',affermandosi subito nella vita pubblica con incarichi di alto livello nell'amministrazione:consigliere del Monte di Pieta',ispettore alla Cassa di Risparmio e membro della giunta provinciale amministrativa;ricopri' anche la carica di prosindaco ed assessore alle Opere Pie nel 1985,nominato presidente della Congregazione Municipale di Carità, assessore al Dazio e alle Finanze, presidente degli Ospizi Civili e dell'Ordine degli avvocati.In tribunale,in quanto penalista di gran valore,associava ad una esposizione fluente e vigorosa una gran logica di indirizzo giuridico.Nel suo mandato di Sindaco di Parma dal 1920 al 1923,ebbe il gravoso compito di esser accanto alla citta' nelle 5 giornate dell'agosto del 1922. Gli fu consegnata nel 1924,per la sua capacita' digestione della cosa pubblica ad honorem PNF.Dopo la Liberazione,a Roma,viene nominato vicepresidente della camera dei deputati,in seguito eletto all'Assemblea Costituente,nel secondo Governo De Gasperiricopre l'incarico di ministro della Marina.Nel secondo dopoguerra,nellimmediato sara' vicepresidente della Camera dei deputati ,nel seguito eletto all'assemblea cosistuente e dopo ministro della marina al governo di Alcide De Gasperi.

  • Roberto Simondetti, comandante del presidio militare di Parma
  • Alberto Simonini,dirigente socialista e segretario della Camera Confederale del Lavoro di Parma

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, testi immagini e documenti della mostra (30 aprile - 30 maggio 1983), edizione a cura del Comune e della Provincia di Parma e dell'Istituto storico della Resistenza per la Provincia di Parma
  • AA.VV., Pro Memoria. La città, le barricate, il monumento, scritti in occasione della posa el monumento alle barricate del 1922, edizione a cura del Comune di Parma, Parma, 1997
  • Pino Cacucci, Oltretorrente, Feltrinelli, Milano, 2003
  • Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, l'anarchismo in Italia dal Biennio Rosso alla guerra di Spagna (191-1939), edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
  • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Rom, 2000
  • Gianni Furlotti, Parma libertaria, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
  • Marco Rossi, Arditi, non gentarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997
  • Luigi Balsamini, Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Ed. , Salerno.
  • The Resistible Rise of Benito Mussolini di Tom Behan

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Approfondimento[modifica | modifica wikitesto]

Impresa di Fiume[modifica | modifica wikitesto]

[[Categoria:Fascismo]][[Categoria:Resistenza italiana]]

Bollo commemorativo

«Trasformare il cardo bolscevico in rosa italiana»

(LA)

«Quis contra nos?»

(IT)

«Chi sarà contro di noi?»

L'impresa di Fiume è stato un fatto storico di cui Gabriele D'Annunzio fu protagonista a Fiume, in Croazia (Rijeka in lingua croata). Indossata la divisa di tenente-colonnello dei Lancieri di Novara, il poeta-scrittore e militare guidò un gruppo di circa 2.600 ribelli dell'esercito - i Granatieri - da Ronchi (intitolata poi dal fascismo Ronchi dei Legionari, nome rimasto), presso Monfalcone, a Fiume.

La città fu occupata il 12 settembre 1919. Nel tardo pomeriggio D'Annunzio proclamò l'annessione al Regno d'Italia della città istriana (Reggenza Italiana del Carnaro).

Il governo guidato da Francesco Saverio Nitti tentò di trattare la resa dei legionari e l'abbandono della città che, secondo il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, era stata dichiarata città-stato indipendente.

Giovanni Giolitti, subentrato a Nitti, nel mese di dicembre ordinò lo sgombero della città. L'attacco che fu portato dall'esercito italiano e da un manipolo di squadristi fascisti alla Reggenza Italiana del Carnaro (l'episodio è conosciuto come Natale di sangue) provocò alcune decine di morti fra difensori ed attaccanti.

Filippo Tommaso Marinetti, durante il periodo della sua presenza a Fiume nel settembre 1919, definì gli autori dell'impresa disertori in avanti.

Analisi storica[modifica | modifica wikitesto]

I francesi e gli inglesi preferirono evitare che l'azione finisse in un bagno di sangue, anche se alcuni morti in realtà vi furono. Nei giorni successivi all'occupazione, D'Annunzio ricevette il plauso di Benito Mussolini (che però non era stato informato in anticipo dell'impresa, stante i non idilliaci rapporti che intercorrevano fra i due[2]).

Il governo italiano rimproverò invece il vate, affidando a Pietro Badoglio il compito di risolvere la situazione. Ma Badoglio, grande amico di D'Annunzio, sì limitò ad impedire che i viveri per i volontari italiani entrassero in città, inconveniente che risolse Mussolini lanciando un grande raccolta fondi sul giornale di cui era direttore, Il Popolo d'Italia; in pochi giorni raccolse due milioni di lire, che inviò a d'Annunzio.

L'avventura fiumana ebbe termine nel dicembre del 1920, con il Natale di sangue. La politica dannunziana a Fiume, anche per via di tentennamenti e scelte non univoche da parte del poeta, passatao su posizioni più radicali: se L'obiettivo di partenza era il ricongiungimento di Fiume all'Italia, adesso l'obiettivo dichiarato con la progressista Carta del Carnaro era quello di fondare uno stato libero fondato su valori assolutamente diversi e contrastanti rispetto a quelli su cui era fondato il regno d'Italia, ed appoggiato dalla Russia dei Soviet. D'Annunzio aveva incominciato un percorso che, dal puro nazionalismo di stampo neo-risorgimentale, era approdato ad un'ideologia ben precisa, fermo restando le sue indecisioni, molto vicina al sindacalismo rivoluzionario di Alceste De Ambris. Questo risultò per molti inaccettabile per cui la Reggenza Italiana del Carnaro fu presa militarmente dall'esercito italiano coadiuvato da squadristi fascisti. Vi furono alcune decine di morti da entrambe le parti negli scontri: Antonio Gramsci difese dalle colonne di L'Ordine Nuovo tanto D'annunzio quanto la Legione di Fiume mentre i dirigenti del Partito Nazionale Fascista dal canto loro elaborarono una mozione di condanna per l'attacco a Fiume, firmata all'unanimità eccetto un'unica astensione: quella di Benito Mussolini.

Fiume verrà annessa a tutti gli effetti allo stato italiano solo nel 1924, con il contestuale inizio di un processo di fascistizzazione della città attraverso dure repressioni delle minoranze croate e slave e dei partiti politici di opposizione al regime sia italiani che slavi (e con la contestuale distruzione dell'applicazione pratica di coesistenza multietnica che porterà alle susseguenti ritorsioni del secondo dopoguerra[3]).

Pochi anni dopo dopo i fatti di Fiume, alcuni dei legionari si sarebbero affrontati, armi in pugno, su opposte barricate, nello scontro tra fascisti e antifascisti. Vent'anni dopo alcuni di essi sarebbero divenuti capi della Resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale, come Ercole Miani che i nazifascisti comandati da un commissario di polizia italiano, Gaetano Collotti, torturarono senza riuscire ad estorcene dichiarazioni sui compagni e sull'organizzazione antifascista di cui faceva parte, e come Gabriele Foschiatti, morto in un lager, oppure sull'opposta barricata (Ettore Muti, poi noto squadrista e segretario del PNF [4]).

Gli antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Secondo un censimento del 1910, la popolazione di Fiume era così suddivisa: ventiquattromila italiani; quindicimila croati e minoranze slave, sopratutto ungheresi (esclusa Sussak, il quartiere operaio a magggioranza croata politicamente orientato a sinistra e che da solo contava 15.000 abitanti).

Si può quindi dire che fosse una cittadina portuale di tutto rispetto a maggioranza relativa italiana ma con maggioranza assoluta non italiana e con forte presenza Croata. Se si conta anche Sussak, la maggioranza era presumibilmente croata, situazione questa che evidentemente contribuì non poco ai tragici fatti del secondo dopoguerra dopo il fenomeno della fascistizzazione di Fiume fra le due guerre[5]

Questa può essere considerata - a questo punto - la sintesi della situazione italiana dopo la prima guerra mondiale:

  • L'Italia - paese fra i vincitori del conflitto - pagò la vittoria con 650.000 caduti.
  • Il debito pubblico, per il finanziamento della guerra, provocò una forte inflazione dovuta all'eccesso di moneta circolante, con relativa svalutazione della lira (il costo della vita nel periodo compreso fra il 1914 e il 1919 risultò triplicato).
  • Proprio per il conflitto si erano concentrati e rafforzati i gruppi industriali più forti, con la conseguenza dell'evoluzione del capitalismo italiano fino ad allora ancora arretrato rispetto alle nazioni europee maggiormente avanzate.

Di converso, si andavano sviluppando le organizzazioni del proletariato come la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Cgil), sindacato di tendenza socialista, che quasi decuplicò i suoi iscritti passando dai 250.000 iscritti del 1918 ai 2.200.000 del 1920.

  • Scioperi, agitazioni ed occupazioni delle terre nel meridione d'Italia furono accolti in maniera relativamente tollerante dai governi del tempo, condotti sia da Vittorio Emanuele Orlando che da Francesco Saverio Nitti
  • Il proletariato ottenne significative vittorie quali la giornata lavorativa di otto ore ed una qualche ridistribuzione di terre incolte nel sud del paese.

Dalle vicende della guerra erano colpiti anche i reduci, e quindi di riflesso il nazionalismo, e l'onta della vittoria mutilata permetteva soprattutto negli strati sociali dei reduci - costituiti in buona parte dalla piccola borghesia - un revanscismo delle aspettative di carattere nazionalista. Le associazioni dei reduci erano ancora saldamente nelle mani di non aderenti al fascismo che stava tentando di affermarsi, oppure di persone in ogni caso avverse al nuovo movimento. Le notizie di cui si disponeva sulla appena nata Unione Sovietica erano, per contro, di sprone per il proletariato.

Negli strati della piccola borghesia e dei reduci militari tali notizie erano viste in modo controverso: da una parte era forte la paura dei sovversivi; dall'altra era avvertibile un sentimento di ammirazione per qualcosa di nuovo portato a compimento (non a caso la neonata repubblica socialista sarà l'unica a riconoscere lo Stato libero di Fiume).

Riflessi politici[modifica | modifica wikitesto]

A parere di alcuni storici, l'impresa portata avanti da D'Annunzio è stata fagocitata ed utilizzata a fini propagandistici dal fascismo. Questo utilizzo potrebbe avere impedito, per motivazioni soprattutto politiche, di porre nel giusto contesto storico la vicenda e di consentirne una sua compiuta analisi. Il processo di fascistizzazione dei fatti di Fiume, tuttavia, viene fatto da taluni coincidere con la promulgazione delle leggi razziali avvenuta a partire dal 1938, leggi attraverso le quali venivano assegnati di diritto beni immobili sequestrati ai giudei anche agli ex-legionari fiumani, o sedicenti tali, nel frattempo diventati aderenti al fascismo.

Sintomatico sarebbe il fatto che l'attacco finale alla repubblica di Fiume fu fatto dall'esercito italiano appoggiato da un gruppo, peraltro non molto numeroso, di squadristi fascisti. È ugualmente indiscutibile che le tecniche di comunicazione di massa adottate dal Comandante (cosi' veniva chiamato D'Annunzio durante l'impresa di Fiume) ed il metodo per impostare il personale carisma furono copiate dal duce del fascismo (ed un esempio in questo senso può essere ravvisato nella particolare predilezione per le adunate oceaniche).

Sta di fatto che la popolarità di D'Annunzio al tempo era alta, e non solo per la sua attività di letterato (Lenin stesso asserirà che l'unica persona in grado di portare avanti la rivoluzione in Italia era D'annunzio[6]).

In definitiva, la complessità del caso Fiume altro non era che lo specchio della contestuale complessità del primo dopoguerra, un'epoca in cui lo stesso movimento fascista veniva accostato al sansepolcrismo, che poteva definirsi un movimento di sinistra non marxista legato per certi aspetti al sindacalismo rivoluzionario.

Roberto Vivarelli, storico socialista e docente di storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, indica nell'impresa di Fiume una svolta decisiva del processo di decadimento e di crisi dello Stato liberale: ovvero - è la sintesi - l'impresa contribuì a rendere pubblica ed esasperatamente chiara la realtà di uno stato debole oberato da interessi di parte e corrotto. Mussolini, in attesa di un momento propizio, sfrutta l'occasione per la propria personale ascesa: appoggiando la sortita di D'Annunzio sull'onda della vittoria mutilata . I rapporti con D'Annunzio non sono di fiducia ma di reciproco utilizzo: il fascio fiumano, dal canto suo, prosegue nella strada delle rappresaglie perpetrate in Istria e Dalmazia alla fine della prima guerra mondiale[7]

È altrettanto conseguente che per i rinnovati potentati dell'industria e dell'agraria non erano assolutamente condivisibili le istanze a sfondo socialista di D'Annunzio. Erano però sfruttabili da un movimento in grado di riportare a miti consigli il battagliero proletariato del periodo (e che sapesse quindi utilizzare in questo senso la non trascurabile situazione provocata dall'impresa fiumana).

Mussolini comprendeva l'intuito di D'annunzio in campo sociale ma disprezzava le capacità politiche di questi. Il futuro Duce al tempo stesso intuì che l'eroica impresa non poteva costituire un pericolo eversivo. D'Annunzio aveva una visione patriottica e indubbiamente personalistica pur tuttavia ben distante dal nazionalismo in senso stretto e comunque di stampo fascista: l'impresa era in ogni caso la grande occasione per restituire all'Italia quella unità che il patto di Londra le aveva sottratto.

D'Annunzio cercò appoggio politico in diverse fazioni (rifiutando però di incontrare Antonio Gramsci): il suo limite fu però soprattutto quello di mostrare scarsità di vedute in campo militare, considerata l'efficienza che avrebbero potuto avere gli Arditi, corpo speciale di assaltatori, nell'eventuale difesa di Fiume. Lo svolgersi degli eventi storici lascia intendere come ci sarebbe stato bisogno di difensori di una buona caratura militare, che invece evidentemente mancarono.

Proficua fu per contro la collaborazione tra D'Annunzio e Alceste De Ambris[8]. Dai carteggi Mussolini-De Ambris-D'annunzio, studiati da Renzo De Felice, si deduce quanto fossero diversi (e per certi versi diametralmente opposti) i fini di Mussolini rispetto a quelli di D'Annunzio: gli squadristi sarebbero stati inaccettabili per il vate e per gran parte dei militari intellettuali ma anche uomini d'azione che accompagnarono D'Annunzio e i Centauri di Fiume (alcuni dei legionari si ritroveranno vent'anni dopo su sponde opposte al tempo della Resistenza italiana). Va detto che De Ambris, che conosceva Mussolini dal 1913 (ovvero grosso modo dal periodo immediatamente precedente la fondazione dei Fasci d'azione internazionalista), romperà ogni rapporto con lui all'indomani del Natale di sangue (De Ambris diventerà poi presidente dell'Associazione Legionari Fiumani e parteciperà con gli Arditi del Popolo e la Legione Proletaria Filippo Corridoni alla difesa di Parma del 1922).

La coerenza di De Ambris fu tale che - a differenza di numerosi suoi compagni sindacalisti, compreso il fratello, anch'egli fra i difensori di Parma, che dovette vendersi per fame - mai accettò proposte di cariche politiche offertegli dal regime fascista in quanto non volle mai che il progetto rivoluzionario, fagocitato dal fascismo, diventasse strumento reazionario di propaganda.

Lo storico Renzo De Felice cita, nel carteggio De Ambris–D'Annunzio, un articolo de La conquista ripreso da Claudia Salarisi nel suo saggio Alla festa della rivoluzione: De Ambris - nella sostanza - conferma il proprio intento di essere a fianco di D'Annunzio, ma sotto la bandiera della libertà, e non della reazione, e a proposito di bandiera, nel senso reale del termine, ricordiamo che la bandiera dei legionari di Fiume era una bandiera rossa con due piccole bande verticali bianca e verde, ovvero un tricolore su cui dominava il colore rosso.

De Ambris voleva trasformare l'impresa di Fiume in un laboratorio rivoluzionario per far affermare anche in Italia uno stato impostato sui principi del sindacalismo rivoluzionario.

Tale impostazione - non appena il caso fiumano divenne di pubblico interesse - fu appoggiata dai nazionalisti discendenti dall'ala repubblicano-socialista-irredentista nonché dallo stesso Mussolini, il quale vedeva in esso un appoggio tattico di sfruttamento del momento, con l'intento non dichiarato forse di far cadere il governo Nitti. In sostanza, Mussolini, conscio dei mutamenti possibili, si avvicinò a Giolitti sabotando il progetto De Ambris.

D'annunzio fu ingannato dalla politica del doppio binario di Mussolini: gli chiese di reperire fondi per la Libera Repubblica Fiumana tramite Il Popolo d'Italia. Poi, indispettito dall'approvazione da parte di Mussolini del trattato di Rapallo, e resosi forse conto di quanto il duce avesse strumentalizzato l'idea fiumana, ammonì i legionari a non aderire al fascismo fino al famoso volo dell'Arcangelo, episodio interpretabile in varie maniere ma in cui D'annunzio rischiò comunque la vita. Certo D'annunzio, alla morte di Giacomo Matteotti dimostrò tutto il suo livore contro il fascismo e contro il duce.

Ricapitolando, sia gli uomini - Mussolini e D'annunzio - sia le loro idee erano ben diverse. La presa del potere del regime fascista a Fiume fu considerata con indifferenza e diffidenza e ben presto l'Assemblea costituente fiumana si adeguò in termini di opportunismo politico al regime mentre il fascio fiumano passava da un'impostazione in chiave dannunziana a quella più propriamente squadristica.

Francobollo del 1922 con il visto dell'Assemblea costituente fiumana

Scrisse Antonio Gramsci, dopo il Natale di sangue, il 6 gennaio 1921 su L'Ordine Nuovo, a difesa di D'Annunzio e dei legionari:

«L'onorevole Giolitti in documenti che sono emanazione diretta del potere di Stato ha più di una volta, con estrema violenza, caratterizzato l'avventura fiumana. I legionari sono stati presentati come un'orda di briganti, gente senza arte né parte, assetata solo di soddisfare le passioni elementari della bestialità umana: la prepotenza, i quattrini, il possesso di molte donne. D'Annunzio, il capo dei legionari, è stato presentato come un pazzo, come un istrione, come un nemico della patria, come un seminatore di guerra civile, come un nemico di ogni legge umana e civile. Ai fini di governo, sono stati scatenati i sentimenti più intimi e profondi della coscienza collettiva: la santità della famiglia violata, il sangue fraterno sparso freddamente, la integrità e la libertà delle persone lasciate in balìa di una soldataglia folle di vino e di lussuria, la fanciullezza contaminata dalla più sfrenata libidine. Su questi motivi il governo è riuscito ad ottenere un accordo quasi perfetto: l'opinione pubblica fu modellata con una plasticità senza precedenti.»

La fascistizzazione di Fiume[modifica | modifica wikitesto]

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Alcuni notabili appartenenti agli apparati dirigenti di Fiume spinsero il fascio a prendere provvedimenti affinché si potessero svolgere pacificamente le normali attività sociali: nella pratica, l'intendimento era quello di reprimere il dannunzianesimo considerato non consono all'abito del regime che si stava consolidando. Il 29 agosto 1924 nascerà così il secondo fascio fiumano di combattimento, subito strutturato in uno schema rigido simile a quello del fascio di Trieste: il fascismo dannunziano dei legionari fascisti si trasformava in squadrismo di cittadini volontari a cui, nelle finalità del regime, partecipavano tipici squadristi dediti soprattutto alla repressione in chiave anticomunista e razzista,inizia il periodo della cosiddetta fascistizzazione di Fiume.

Le conseguenze portavano, a differenza del fascio dannunziano, repressioni, uccisioni e vessazioni a danno delle minoranze croate e slave. Tale nazionalismo esasperato portò anche difficoltà dal punto di vista economico per le minoranze e la popolazione in generale: infatti iniziò a calare il commercio a Trieste e a Fiume, i porti afflitti da minor carico di lavoro registravano un crescente aumento della disoccupazione.

Elio Apih, uno fra i massimi storici triestini (1922-2005) ha descritto in Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia 1918-1943, due episodi indicativi per i livelli esasperati di nazionalfascismo a cui si pervenne:

  1. Il 12 aprile 1931 giovani fascisti di Trieste incontrano un gruppetto di ragazzi slavi, li identificano come sovversivi e li aggrediscono: uno muore, mentre successivamente tutto il gruppo si rivela essere invece di ottimi fascisti[9].
  2. Il questore di Fiume, con documento del giugno 1931, chiede l'internamento in una casa di correzione per un quattordicenne che, a detta di un insegnante, aveva dimostrato in un componimento tendenze anti-italiane

Con la stabilizzazione del fascismo aumentarono le persecuzioni che da caso sporadico assunsero l'aspetto della sistematicità . Intellettuali, sacerdoti e capi politici sloveni e croati saranno confinati durante la seconda guerra mondiale e fino alla Liberazione nelle isole Lipari. Nelle scuole venne imposta quale unica lingua quella italiana; case editrici slave e croate vennero chiuse, così come quelle italiane che non volevano uniformarsi al regime fascista. Si costituì il tribunale militare straordinario per i cosiddetti terroristi slavi (fra i giudicati si ricordano Vladimir Gortan, a cui verrà intitolata una brigata partigiana e che diventerà uno dei simboli della resistenza croata in Istria, e l'italiano Antonio Sema).

Furono italianizzati anche i nomi di coloro che, pur portando un nome slavo, avevano identità italiana, distruggendo in tal modo una cultura multietnica di convivenza pacifica quale era allora quella della zona fiumana. Furono soppressi i moti nazionalisti e socialisti slavi e croati e l'odio accumulato e la possibilità di vendetta si concretizzarono nel tragico periodo delle foibe.

Prima della Liberazione da parte delle brigate partigiane di Josip Broz Tito con la formazione della Repubblica Sociale Italiana, le truppe italo-tedesco presero possesso del litorale adriatico commettendo efferatezze e massacri (per gli storici l'onore dell'esercito italiano fu in parte salvato dai non pochi reduci dalla Russia della Brigata Alpina Julia che passarono a combattere con l'esercito di Liberazione titino.

La situazione geopolitica avrebbe influito non poco sulle tragedie del dopoguerra che ebbero come vittime molti italiani, prima che Tito (con azioni violente all'interno del partito comunista jugoslavo stesso) staccasse la sua politica dalle dipendenze di Mosca instaurando in tal modo un lungo periodo di pace per la federazione dell'ex-Jugoslavia.

Intrecci con futurismo ed anarchia[modifica | modifica wikitesto]

Una lettura utile ad una più completa comprensione degli influssi avuti dall'impresa di Fiume nei campi artistico e politico è data dal libro Alla Festa della Rivoluzione di Claudia Salaris, una fra i maggiori studiosi del futurismo.

Premesso che in quel periodo esisteva anche un futurismo di sinistra o filo-anarchico (rappresentato nella sua espressione più alta da Renzo Novatore[10]), tale tipo di impostazione futuristica era ben radicata sia nella Liguria - particolarmente nella provincia della Spezia - sia nelle Marche.

Aderivano al movimento anche donne rilevanti dal punto di vista artistico come Gianna Manzini (1896-1974), figlia di un militante anarchico.

Nella vicenda Fiumana è possibile individuare l'intreccio con la forma artistica del futurismo, fermo restando il fatto che il movimento fu poi fagocitato dal fascismo cessando - a parere di molti - la sua funzione artistico-propulsiva.

Personalità legate all'impresa di Fiume[modifica | modifica wikitesto]

I personaggi di cui si parla in questo paragrafo sono in buona parte riferiti a quella frangia di intellettuali, la maggioranza dei quali con idee rivoluzionarie di sinistra, che accompagnarono e furono di supporto a D'Annunzio nell'impresa di Fiume.

Guido Keller

Una prima rielaborazione storica degli eventi avvenne per opera del citato storico Renzo De Felice che trattò l'argomento nel libro D'Annunzio politico 1918-1938 (Laterza, 1978).

Tale lavoro può essere considerato un preludio per una rilettura della vicenda non inquinata né dalla fascistizzazione né da molta parte della storiografia seguente che ormai l'aveva etichettata di fatto come impresa pre-fascista. Fonti non inedite ma poco conosciute ai più sono state usate da De Felice: in particolare le testimonianze dei legionari letterati, i diari, le memorie scritte, le biografie di protagonisti.

Un'opera utile per comprendere il senso degli eventi di quel periodo è il saggio dell'esperta di Futurismo Claudia Salaris Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume (Il Mulino, Bologna, 2002). Fondamentali per l'analisi dell'atmosfera del momento fiumano sono poi gli articoli dei giornali del periodo a Fiume (sopratutto quelli di Mario Carli).

I personaggi qui riportati - non trattati in ordine alfabetico ma per affinità di legame politico o culturale - possono essere considerati un veloce repertorio di personalità legate all'impresa fiumana:

sinistra, in senso eterogeneo del termine

sinistra ed intelettuali creativi

fascisti

industriali,armatori,uomini di potere istituzionale

non orientati da sicura documentazione

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Comuneronchi.it
  2. ^ Fonte: Rigocamerano.org.
  3. ^ Fonte: Romacivica.net.
  4. ^ Ucciso in circostanze misteriose dai carabinieri il 24 agosto 1943, a lui fu successivamente intitolata una brigata di camicie nere della Repubblica Sociale Italiana, la Brigata Automa Muti
  5. ^ Fonte: Cronologia.it
  6. ^ Fonte: dalla rivista dei bersaglieri Fiamme Cremisi
  7. ^ Ruggero Grieco, l'1º maggio 1921 in un articolo sulla rivista L'Ordine Nuovo intitolato Fascismo individua nel fiumanesimo le premesse del nuovo movimento. Questa impostazione di pensiero viene peraltro messa in discussione da una differente corrente critica
  8. ^ Vedi: Carta del Carnaro
  9. ^ articolo su La Porta orientale
  10. ^ Novatore fu amico di Giovanni Governato e morì in uno sconto a fuoco coi carabinieri a Murta, delegazione di Genova
  11. ^ Scrisse Turati alla Kuliscioff a proposito dell'impresa di Fiume:

    «Il povero Nitti è furibondo per le indegne cose di Fiume [...]. Non solo proclamano la repubblica di Fiume, ma preparano lo sbarco in Ancona, due raid aviatori armati sopra l'Italia e altre delizie del genere. Fiume è diventato un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno high-life. [Nitti] mi parlò di una marchesa Incisa, che vi sta vestita da ardita con tanto di pugnale. Purtroppo non può dire alla Camera tutte queste cose, per l'onore d'Italia.»

  12. ^ Tenente dei legionari, Giordano fu amico di Gramsci e tentò di combinare un incontro a Gardone fra lo stesso Gramsci e D'Annunzio, ma quest'ultimo lo evitò con la scusa di pressanti impegni improvvisi.
  13. ^ Capitano, presidente dell'Associazione Lavoratori del Mare, Giulietti fu in contatto con D'Annunzio durante la vicenda fiumana. Famoso rimane l'abbordaggio del mercantile Persia che portava armi ai controrivoluzionari bianchi in Russia. Nel periodo fiumano cercò contatti per marciare su Roma e prendere il potere con fini opposti a quelli di Mussolini. Dal suo carteggio si evidenziano proteste per l'esitazione di D'Annunzio (che pure rifiutò di ospitare gli Arditi di Trieste in rivolta, dimostrando anche in quella circostanza scarsa visione militare, specie nella considerazione a posteriori del Natale di sangue).
  14. ^ Anarchico responsabile della ristrutturazione delle strutture anarchiche per l'alta Italia nel secondo dopoguerra, Vella rischiò di essere fucilato dai nazisti. Fu salvato dall'arrivo delle truppe alleate. Lasciò scritto:

    «Io sono per il comunismo senza dittatura [...] tutta la mia cultura è anarchica [...] è mia intenzione fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse”»

  15. ^ Ex commissario del popolo del governo di Béla Kun
  16. ^ Novatore, anarchico, fu artista di vaglia, anarchico. Morì nello scontro a fuoco coi carabinieri a Murta, presso di Genova. Non partecipò peraltro in maniera diretta all'impresa fiumana.
  17. ^ Artista cromatico, futurista di tendenze anarchiche, appartenne all'avanguardia del tempo con Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Depero, Dottori, Dudreville. Fu amico di Renzo Novatore; imputato di favoreggiamento nei confronti di questi, ucciso dai carabinieri a Murta presso Genova, fu assolto al processo tenuto alla Spezia.
  18. ^ Di Vittorio organizzò la difesa della sede della Camera del Lavoro: i legionari fiumani gli chiesero una sola condizione, ovvero che il suo movimento non assumesse caratteristiche espressamente antinazionali, condizione che il futuro capo sindacalista accettò di accondiscendere. Al tempo dell'Alleanza del Lavoro (costituitasi con tutte le forze politiche e sindacali di sinistra per fronteggiare la violenza fascista) Di Vittorio aveva organizzato a Bari un forte movimento di Arditi del Popolo.
  19. ^ Statunitense, di origine tedesca, fu un regista teatrale. Poliglotta, sapeva parlare e scrivere correntemente in inglese, italiano, francese, tedesco. Si disse convinto che la vittoria della società comunista a livello mondiale era possibile e vicina e tentò di influenzare D'Annunzio nelle sue scelte, aiutato in ciò da Leone Kochnitzky. Il vate tuttavia prese le distanze dai due fino al loro allontanamento da Fiume, mostrando ancora una volta quella che secondo molti storici fu una fatale indecisione del poeta rispetto una completa e strutturata scelta rivoluzionaria di classe.
  20. ^ Figlio di un banchiere ebreo, tentò di ottenere, senza risultati, finanziamenti per l'impresa di Fiume tramite l'intercessione del padre Giuseppe, banchiere ebreo polacco e consigliere delegato della Banca Commerciale italiana dal 1917 al 1933.
  21. ^ Critico e scrittore pugliese, frequentatore a Parigi dei gruppi dell'avanguardia letteraria ed artistica, amico di Apollinaire che gli affibiò lo scherzoso nomignolo di le Barisien. Era considerato uno dei pionieri dell'immagine fotografica nel cinema e del problema dell'estetica cinematografica in generale. Morì nel 1923. Quattro anni dopo, nel 1927, venne pubblicato postumo il suo libro L'officina delle immagini (L'usine aux images), in cui era raccolto il suo lavoro nel settore.
  22. ^ Poeta magiaro, perseguitato in patria dalla dittatura di Miklós Horthy
  23. ^ Scrittore giapponese, fondò la Rivista Sakura (Napoli 1920). Dal 1921 al 1926 tenne la cattedra di lingua giapponese all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Sakura tradusse opere di poeti e scrittori giapponesi. Il libro diario che tratta dell'impresa fiumana riporta foto riguardanti la vicenda, fra cui una propria in divisa da Ardito.
  24. ^ Fu in seguito insignito di medaglia d'oro alla Resistenza
  25. ^ Approfondimento
  26. ^ Bottai, a proposito della vicenda fiumana, prese le distanze da Tommaso Marinetti e da Mario Carli, pur essendo anch'egli un seguace del futurismo. Fu estromesso dalla direzione della sezione di Roma dell'associazione Nazionale Arditi d'Italia quando Argo Secondari, ex pluridecorato Ardito assaltatore fondò gli Arditi del Popolo.
  27. ^ Industriale, a lui fu intitolato il principale polo siderurgico del nord Italia, quello di base a Cornigliano (quartiere di Genova).
  28. ^ Senatore del Regno, rilevò nel 1917 l'azienda Alle Città d'Italia (abiti confezionati) di Ferdinando Bocconi a Milano fondando la Rinascente, nome ideato da D'annunzio per la nuova catena di nuovi negozi.
  29. ^ Economista ed autore de Il bolscevismo italiano, Bari, Laterza, 1922.
  30. ^ Capitano, fu comandante degli uscocchi dannunziani.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume, Il Mulino, Bologna
  • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Roma, 2000
  • Marco Rossi, Arditi, non gendarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997
  • Luigi Balsamini, Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Ed., Salerno
  • Mario Carli, Con D'Annunzio a Fiume
  • George L. Mosse, L'uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Laterza, 1999
  • Mario Carli, Trilliri
  • Ludovico Toeplitz, Si rinnova la vita
  • Tommaso Marinetti, Al di là del comunismo
  • Giovanni Comisso, Il porto dell'amore
  • Leone Kochnitzky, La quinta stagione o I centauri di Fiume
  • Renzo De Felice, D'Annunzio politico (1918-1928), Roma-Bari, Laterza, 1978
  • Giovanni Comisso, Le mie stagioni
  • L. Toeplitz, Ciack a chi tocca
  • Guido Keller, Nel pensiero e nelle gesta

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

diario di Italo Balbo in riferimento all'attacco s Parma[modifica | modifica wikitesto]

Italo Balbo, Diario 1922, Milano, 1932

3 agosto (ore 14) - Ferrara.

La Direzione del Partito mi avverte che la situazione è grave a Parma e mi invita a recarmi in quella provincia per assumere il comando della città. Ricevo anche un disperato appello di Terzaghi. Pare che i comunisti siano padroni di interi quartieri, con barricate e conflitti aperti con la forza pubblica. Anche ad Ancona lo sciopero non sarebbe cessato, anzi si inasprirebbe. Ma la situazione più grave è a Parma. Parto con Caretti e Albini. Ingresso in città alle prime luci dell’alba. Movimento di pattuglie Spari. La popolazione civile ha vegliato insonne: quasi tutte le finestre sono illuminate. Sono all’Hotel Croce Bianca. Convoco fra tre ore il Direttorio del Fascio di Parma e le rappresentanze di tutte le forze fasciste presenti in città.

3/4 agosto – Parma

Viaggio movimentato. A Reggio Emilia, città in movimento, forza pubblica, assembramenti di fascisti. Giungo al ponte sul Taro. Impossibile passare. Reparti di guardie regie bloccano il ponte. Non vale insistere. Debbo ritornare a Reggio Emilia. Al Fascio mi avvertono che il questore è una persona con cui si può ragionare. Vado. Gli dico che, quale membro della Direzione del Partito, debbo recarmi a Parma per una ispezione, con l’ordine di condurre i fascisti a uno spirito di pace. Mi rilascia questo biglietto per il reparto di guardie regie sul ponte del Taro:

“Il dott. cav. uff. Umberto Molossi prega il capitano Occelli ed il dottor Massa nonché gli agenti della forza pubblica a cui il latore dott. Balbo possa eventualmente presentarsi, di lasciarlo transitare. Il dott. Balbo, membro della Direzione del partito Fascista, si reca a parma, in automobile, con tre compagni di scorta per un’inchiesta sui fatti svoltisi. Molossi Questore di Reggio”.

Ma forse questo biglietto da visita del questore non basta: può essere ritenuto apocrifo. Altra lunga conversazione con il capitano che comanda le guardie regie di Reggio. Discorsi intonati al più roseo pacifismo: senza di me i fascisti non smobiliterebbero, i conflitti sarebbero inevitabili, il parlamento non avrebbe esatta notizia degli avvenimenti. Anche questa volta persuado il mio interlocutore. Biglietto del Capitano:

Da Reggio E., ore 2,30 del 4 agosto 1922

“Caro Occelli, accompagno anche io il biglietto del Questore, per il lasciapassare del dottor. Balbo, della Direzione del partito fascista, il quale nel timore che non si presentasse fiducia al biglietto rilasciatogli mi ha pregato di farti vedere la mia scrittura. “Tanti auguri. Tuo Cap. FERRUCCIO MARI “ Ingresso in città alle prime luci dell’alba. Movimento di pattuglie. Spari. La popolazione civile ha vegliato insonne: quasi tutte le finestre sono illuminate. Sono all’Hotel Croce Bianca. Convoco fra tre ore il Direttorio del Fascio di Parma e le rappresentanze di tutte le forze fasciste presenti in città. Mi concedo questo breve momento di riposo per essere pronto tra poco. Penso che nei giorni che seguono non resterà tempo per dormire. Continuano gli spari. ta-pum, come in guerra.

4 agosto – Parma.

L’albergo trasformato in quartier generale. I dirigenti di Parma mi danno l’antefatto. I fascisti locali pochi : la città è rimasta quasi impermeabile al Fascismo: invece nella provincia la conquista fascista è quasi completa. Lo sciopero non poté essere impedito in città, per la debolezza delle nostre forze. Fu, più o meno, generale. Da tre giorni gli esercizi pubblici, i servizi comunali e persino quelli statali sono fermi. I negozi chiusi. Anche la stazione ferroviaria in mano ai sovversivi. Per la mobilitazione ordinata dal Partito sono affluite squadre dalle province vicine: reparti di Mantova, di Cremona, di Piacenza. Ma insufficienti a dominare la situazione. Parma divisa secondo i vecchi confini dalle fazioni in lotta: l’oltretorrente completamente in mano dei rossi. La popolazione asserragliata nelle case trasformate in fortezze, con abbondanza d’armi e di tiratori scelti sui tetti: le strade bloccate da barricate col materiale delle scuole e delle chiese. Non solo nessuno può entrare nell’oltretorrente, che sta al comando dell’on. Picelli, ma dall’oltretorrente si spara sopra le strade e le piazze della città. Particolarmente preso di mira corso Garibaldi, passaggio obbligato. Alcuni punti della città diventati pericolosi. Questa resistenza sovversiva ha il suo fulcro nei comunisti, ma vi partecipano tutti i partiti antifascisti. Forze avversarie. – Hanno solidarizzato con i rivoltosi: la Camera del lavoro sindacalista, con Alceste De Ambris alla testa. Tutti gli antichi dissidi sono stati superati per l’occasione.dimenticato il periodo interventista, il nome e l’opera di Corridoni. I sindacalisti di De Ambris hanno aizzato la popolazione per mezzo del loro settimanale, il più violento di tono contro di noi. La Camera del lavoro socialista con un settimanale di propaganda che preparava da lungo tempo l’azione presente e ha raccolto allo scopo sottoscrizioni pubbliche. Molti popolari. Partecipano alla resistenza sovversiva persino alcuni preti in sottana che hanno offerto viveri e banchi di chiesa per gli sbarramenti. I giovani popolari sono capeggiati da un noto avvocato della città. Frazioni di partiti borghesi, legati alla democrazia nittiniana, che fanno capo al giornale locale Il Piccolo, velenosissimo contro Mussolini e contro di noi. Alcuni di questi sono pseudorepubblicani. Al Piccolo fa capo anche la pattuglia riformista. Dislocazione degli avversari. – Tutta la zona dell’oltretorrente (in città vecchia), nonché i quartieri del Naviglio, di Borgotorto, di via Venti Settembre, via Felice Cavallotti (quartiere della Trinità in Parma nuova). Nei borghi dell’oltretorrente, Bernabei, Cocconi, Imbriani, dei Graspani, Corridoni, Carra, nonché nella zona della Trinità, le trincee, scavate ed erette con tutta la tecnica della guerra. Sono protette da reticolati e cavalli di frisia. Partecipano alle azioni le donne e i ragazzi. Ora per ora le trincee vengono approfondite e perfezionate. Servizio di sentinella. Operai che si danno il turno. Disciplina militare. Picelli ha il suo quartier generale al centro dell’oltretorrente. Arditi del popolo militarizzati. Stato maggiore. Disciplina di guerra. Armi e vettovagliamento. – I sovversivi possiedono rivoltelle, moschetti e alcune mitragliatrici si calcola siano dotati di un grande numero di munizioni perché non risparmiano i colpi. Si spara di giorno e di notte. Molti operai sono in divisa di ex-soldati col relativo elmetto. I ragazzi sono in gran parte adibiti a spari a tradimento che colpiscono i fascisti persino nella piazza maggiore della città. Mentre i difensori sono di guardia alle trincee, le donne, mobilitate anch’esse, preparano il rancio. Sono coadiuvate da gruppi di cucinieri. Le popolane portano alle cucine antifasciste pane, vino, frutta, lardo, patate. Il rancio viene distribuito due volte al giorno. L’ora del rancio è fissata con uno squillo di tromba. Altri squilli regolano l‘ora della ritirata e l’ora della sveglia, nonché gli allarmi. Fini che si propone la rivolta. - .E’ incominciata con la dichiarazione dello sciopero generale. All’ultimatum fascista delle 48 ore, i sovversivi hanno risposto intensificando la resistenza. .Affermano che non vogliono cedere alla imposizione fascista. Di fatto, è una prova generale di resistenza armata alla mobilitazione delle Camicie nere, che dovrebbe preludere alla costituzione del famoso esercito proletario. Qui, infatti, in Parma, sono convenuti i capi più in vista del sovversivismo terrorista, messi al bando dalle città fasciste o ricercati dalle autorità di pubblica sicurezza per delitti commessi. Se Picelli dovesse vincere, i sovversivi di tutta Italia rialzerebbero la testa. Sarebbe dimostrato che armando e organizzando le squadre rosse si neutralizza ogni iniziativa fascista. L’esempio potrebbe essere ripetuto in molte città italiane. Forse avrebbe inizio tra non molto una lotta sanguinosa e senza quartiere. Contegno delle autorità. - Il prefetto di Parma, comm. Fusco, è un uomo nullo. Vero funzionario di Facta. Non ha saputo impedire la lunga preparazione del movimento sovversivo, la concentrazione di armi, di viveri, di uomini nell’oltretorrente. Le trincee, i reticolati, i cavalli di frisia, gli asserragliamenti nei borghi, sono fatti alla presenza dei carabinieri e delle guardie regie, che avevano ricevuto dal prefetto l’ordine tassativo di non opporsi per evitare conflitti. Il prefetto ha contribuito alla saldezza delle apprestazioni di guerra avversarie con ordini strambi, i quali per esempio : divieto ad estranei di entrare in città, divieto di far circolare automobili e camions e biciclette; divieto di assembramenti nelle vie e nelle piazze non occupate dai sovversivi. Così ha impedito ogni difesa fascista. Ha isolato i pochi squadristi di Parma Ha lasciato i sovversivi padroni assoluti della città. Hanno reagito, dimostrandogli l’assurdità del suo atteggiamento, il fiduciario della Direzione del Partito, Giovanni Botti, e l’on. Terzaghi. Il prefetto ha dichiarato che il solo mezzo per mantenere l’ordine era di non creare conflitti con i sovversivi : ha aggiunto che si rimetteva all’educazione dei cittadini. Come atto di energia, ha promesso di scrivere una lettera al sindaco di Parma, pregandolo di fare ricostruire il selciato smosso dai sovversivi : come se si trattasse di un lavoro di pavimentazione stradale. .Contrasta con l’abulia del prefetto la ferma volontà del generale Lodomez che comanda la truppa. Ma deve dipendere dal prefetto. La situazione è rimasta stazionaria per tre giorni fino a questo momento.

4 agosto (ore 14) – Parma.

Ho mobilitato da stamani tutte le squadre delle provincie vicine e precisamente quelle di Piacenza, Cremona, Mantova, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara. Sono convinto che la partita che si sta per giocare supera come importanza tutte le precedenti. Per la prima volta il Fascismo si trova di fronte ad un nemico agguerrito e organizzato, armato ed equipaggiato e deciso a resistere a oltranza. Procedo quindi con ordine militare. Prima di tutto ho costituito il Comando e lo stato maggiore, ho ben diviso i reparti, vagliati i comandanti e stabiliti i collegamenti. Debbo essere informato ora per ora delle novità. L’organizzazione degli accantonamenti, dei viveri e delle armi rigorosamente controllata. I reparti, distribuiti secondo un piano determinato nei punti dove l’azione o la difesa si svolgono. Disciplina rigorosissima che giunge sino a incarcerare i fascisti, se gli ordini non sono eseguiti scrupolosamente. Ora che il Comando è costituito la città viene metodicamente e ordinatamente occupata dalle squadre armate di fucile. Molti fascisti sono alloggiati sotto la tettoia della ferrovia, su mucchi di paglia che sono stati requisiti. Anche il buffet della stazione è ridotta ad accampamento. Gli altri locali sono occupati dai nostri Comandi. Tutto il piazzale della stazione è gremito di fascisti. Le biciclette sono riunite in depositi predisposti presso il muro di una fabbrica nella prossimità della stazione. Presidiati la ferrovia, le poste, i telegrafi, le banche, i locali pubblici. I treni non si possono più fermare : possono transitare soltanto. Tutte le zone battute dalla fucileria dell’oltretorrente sono guardate dalle camicie nere. Le strade provinciali sono sotto il nostro controllo. I fascisti fermano e chiedono le carte di riconoscimento a chiunque voglia avvicinarsi alla città. Gli elementi sospetti vengono perquisiti dai servizi fascisti di ronda. Ho dato l’ordine che sia esposto alle finestre il tricolore. Non vogliamo aiuti di carabinieri e di guardie regie. Soltanto sui ponti del torrente Parma vigilano, al comando dei loro ufficiali, gruppi di cavalleggeri Novara. Impediscono che veniamo a contatto con l’oltretorrente. Si può dire che la battaglia continua senza tregua. Stamane in Via D’Azeglio, traversa della via Emilia, i sovversivi hanno tentato di costruire una barricata con sassi e masserizie fra l’ospedale dei bambini e l’ospedale maggiore. Una nostra pattuglia è intervenuta e i comunisti sono fuggiti. Dovranno essere rimessi in circolazione i trams. Stamane una squadra di camicie nere ha preso possesso della stazione dei trams in Viale Mentana.E’ stata levata la bandiera rossa e inalberato il tricolore. Dal parapetto del viale un forte gruppo di sovversivi ha caricato sui fascisti una raffica di fucileria. I fascisti hanno risposto con le rivoltelle. La battaglia è durata per quasi un’ora, con feriti da ambo le parti. Ma le camicie nere sono rimaste padrone della situazione. Squadre in transito per via Garibaldi sono state prese d’infilata dal fuoco avversario. Fucilate dalle finestre e dalle porte di via XX Settembre. Feriti e, pare, qualche morto. Le squadre lanciate di corsa per la strada hanno assalito sotto il grandinare dei colpi il Circolo dei ferrovieri in piazza Bottego, devastandolo.impedito un tentativo di sorpresa in viale Aldini. Ancora fucilate e qualche scoppio di bomba. ’ sta invasa e devastata la tipografia del piccolo. Il giornaletto nittiano non potrà uscire per un pezzo: i suoi impianti sono distrutti. Presa d’assalto una barricata in corso Valorio è rimasta in possesso dei fascisti la bandiera rossa alle 9,45 di stamane Sono giunto alla prefettura scortato da una squadra di fascisti armati di moschetto al comando del dott. Moschini di Mantova: in tutto 100 militi. Meschini li ha schierati per due di fronte innanzi al palazzo e durante il colloquio ha tenuto gli uomini col moschetto imbracciato, pronti all’assalto della prefettura, se fossero state sorprese. Le guardie regie e i carabinieri si sono ritirati sotto l’atrio della prefettura senza opporre alcuna resistenza, quantunque avessero a disposizione due mitragliatrici. Il prefetto so è fatto trovare circondato da una grande commissione di autorità politiche e militari. Il suo capo di gabinetto, il questore, il generale Lodomez, il procuratore del re e i rappresentanti delle amministrazioni comunale e provinciale di Parma. Ho fatto al prefetto, in termini duri, una rapida esposizione dello stato delle cose. Ha dovuto ammettere il trinceramento dei sovversivi e la quiescenza del Governo. Ho messo allora le mie condizioni : per le ore 12 di oggi la vita della città avrebbe dovuto riprendere il suo normale aspetto; se entro quel termine non fossero state demolite le barricate, tolti i reticolati, sequestrati i moschetti, le mitragliatrici, le bombe, i tubi di gelatina, le armi offensive dei sovversivi, i fascisti, in ottemperanza agli ordini della Direzione del Partito, risarebbero sostituiti alle autorità dello Stato. Il prefetto ha ritenuto breve questo termine, ha chiesto due ore di proroga. Col telefono stesso che era sul tavolo del prefetto, ho comunicato con Mussolini a Roma, mettendolo al corrente della situazione. E’ seguita una discussione serrata , durante la quale noi non abbiamo ceduto altro che per acconsentire due ore di proroga. E’ rimasto inteso che per le ore 14 le truppe sarebbero state impiegate per isolare il quartiere della Trinità e per entrare contemporaneamente in tutte le strade tenute dai sovversivi. All’occorrenza l’autorità militare avrebbe fatto uso dei cannoni e dei gas lacrimogeni. Con questa intesa sono uscito e ho lanciato l’ordine di sospensione delle ostilità fino alle 14.Per la stessa ora ho intimato a tutti i commercianti di riaprire i loro negozi, minacciando di farli devastare se fossero rimasti chiusi. Per nostro conto la sospensiva è stata osservata. Invece si è continuato a sparare dall’oltretorrente. Bersagliati particolarmente i fascisti e i carabinieri costretti a passare per via Garibaldi, che è presa d’infilata dalle vedette rosse sui tetti. La popolazione ha ripreso animo. Del resto ho notato come la curiosità vinca la paura anche nelle donne. Il temperamento del vecchio popolo di Parma è animoso. Spesso, quando in qualche punto accade una sparatoria, invece di fuggire, i cittadini accorrono incuriositi. Molti si prestano a far da guida alle nostre pattuglie, marciando imperterriti sotto i colpi di fucile degli avversari. Grande animazione e in complesso molta cordialità.

4 agosto (ore 23) – Parma

Il prefetto ha creduto di giuocarci. Alle 14 le truppe del generale Lodomez entravano nei quartieri occupati dai sovversivi con mitragliatrici e con due cannoni. L’apparato di forze era grande. Si riteneva accanita la resistenza degli avversari. Invece non è stato sparato un colpo di fucile. Gli operai stessi hanno aiutato i soldati a sgombrare le barricate e a disfare le trincee. Da tutte le viuzze dell’oltretorrente le masse sovversive accorrevano incontro ai soldati gridando “viva l’esercito proletario”. Applausi senza fine agli ufficiali. Molti soldati abbracciati dalle donne che offrivano vino. Segni di vittoria in tutti i quartieri che fino a pochi momenti prima erano in stato di guerra. Le truppe, i carabinieri e le guardie regie non hanno sequestrato che tre o quattro moschetti. Delle mitragliatrici, delle bombe, dei tubi di gelatina, delle rivoltelle e dei moschetti di cui i sovversivi hanno fatto larghissimo uso in questi giorni, nessuna traccia. Sono rimasti in possesso di coloro che li impiegavano, con tutte le necessarie munizioni. In una piazzetta dell’oltretorrente è stata scodellata ai soldati una polenta di 15 chili. Non sono mancati le musiche e i balli popolari. Il mistero di questa manifestazione di giubilo e di solidarietà con l’Esercito è stato subito svelato. Il prefetto Fusco è sceso a patti con gli arditi rossi di Picelli. Ha promesso loro che non appena i reparti dell’Esercito fossero entrati nell’oltretorrente, tutti i fascisti convenuti a Parma sarebbero partiti. Per inviare questo straordinario messaggio si è servito del presidente della Deputazione provinciale, comm. Maestri, noto nittiano e notissimo antifascista. A sua volta il Maestri ha delegato Faraoni, organizzatore dei contadini rossi ed esasperato bolscevico. Gli emissari del prefetto sono stati ricevuti da Picelli in forma ufficiale. Si è presentata a Picelli la soluzione prefettizia come una clamorosa vittoria delle organizzazioni rosse, le quali non solo avevano l’aria di aver costretto i fascisti alla fuga, ma avevano indotto il Governo a venire a patti. Insomma era tutto un equivoco. Inoltre le dimostrazioni fatte dall’Esercito suonavano oltraggio all’esercito stesso, che si tendeva a far apparire come bolscevizzante. Lo stesso generale Lodomez è venuto da me per darmi notizia di quanto era avvenuto e ha dovuto convenire che la vittoria condizionata della autorità metteva in cattiva luce l’autorità politica, che confessava la propria debolezza e lasciava nell’imbarazzo l’autorità militare. Alle 18 mi sono quindi nuovamente recato dal prefetto con tutto il mio stato maggiore e l’ho trattato come si meritava. Con noi i sistemi giolittiani non attaccano. Abituati a tagliare i nodi gordiani con la spada, sapremo far uso della forza. L’ho lasciato dicendogli che non gli riconoscevo alcuna autorità e che i fascisti non si sarebbero mossi da Parma fino al giorno in cui tutti i poteri non fossero ceduti all’autorità militare. Subito dopo ho fatto conoscere lo stato esatto delle cose ai fascisti : “Le autorità si sono fatte giocare dai bolscevichi scioperaioli0. “Si è tentato di dare alla cessazione delle ostilità un carattere di alleanza tra i soldati e i dimostranti, negatori della Patria. “Se coloro che sono preposti alla tutela del più santo patrimonio ideale che ancora possediamo, non lo sanno difendere, noi insorgiamo a difesa della dignità dell’Esercito vilipeso. “All’armi, o fascisti. “Riprendiamo la battaglia nel nome dell’Italia immortale. IL COMANDO FASCISTA DELLA CITTA’ > Si può dire che da oggi incomincia la nostra maggiore battaglia. Ho impartito disposizioni, per mezzo delle staffette, a tutti i Fasci della regione affinché la mobilitazione generale dei fascisti continui. Devono essere presenti a Parma dagli otto ai diecimila fascisti in permanenza. La disciplina di guerra impera. Provvedimenti severi sono stabiliti per coloro che compissero azioni isolate e non autorizzate. Ho avuto conferma dell’indegna condotta prefettizia da un bollettino di guerra di Picelli in cui si annuncia che le autorità hanno garantito la protezione del sobborgo, l’impunità ai rivoltosi e non insisteranno per la consegna delle armi.Sono qui giunti anche Buttafochi, Farinacei, Bigliardi, Ranieri. Buttafochi tiene il collegamento con Michelino. E’ in continua comunicazione telefonica con lui. Non sempre però il mio rapporto indiretto col Segretario del Partito è soddisfacente. Oggi Michelino mi fa sapere attraverso Buttafochi che io debbo ad ogni costo evitare un conflitto tra le squadre fasciste e i reparti dell’Esercito. Non ho mai pensato a provocare i soldati, che del resto sono qui comandati da un patriota e da un gentiluomo, il generale Lodomez. Ma mentre infierisce la battaglia è difficile proporsi dei limiti assoluti. Una cosa è sicura : noi non possiamo perderla. Si sono svolte stasera, sotto il mio personale comando, azioni violente. Baccolini funge da aiutante maggiore. Attivissimi Arrivabene, Meschini, Bigliardi, Zanni, Ranieri. Ci siamo spinti a fondo nei quartieri inespugnati. Si va all’assalto delle trincee sovversive coi sistemi di guerra. Molti feriti. Tre morti. Non sappiamo le perdite esatte. I sovversivi non lasciano uscire i loro colpiti. Li ritirano all’interno dei quartieri di cui sono ancora in possesso : curano i feriti nelle case. Qualcuno continua a spingersi nel centro. Questa sera si è sparato anche in piazza Garibaldi. Un giovane in camicia nera è giunto fino presso l’albergo Croce bianca , gremito di fascisti, dove ha sede il Comando e ha lanciato una bomba a mano. Per fortuna non è scoppiata. Inseguito a revolverate da tutti i presenti, si è difeso indietreggiando di corsa e sparando.quantunque ferito è riuscito a scavalcare la barricata e a ritornare coi suoi. Lunghe colonne di autocarri carichi di fascisti continuano ad affluire : traversano la città cantando le canzoni degli arditi. Arrivano anche treni speciali. Alle 21 gran rapporto di tutti i comandanti delle forze giunte a Parma : circa 10 mila camicie nere. Notificazione degli accantonamenti : finché è possibile si utilizzino le scuole : nucleo principale quelle di San Marcellino. Ma non basteranno. I fascisti dovranno accantonarsi sotto i portici, sulla paglia. Da Reggio Emilia hanno portato due mitragliatrici. Sono presenti a Parma anche squadre di Venezia. Questa notte la nostra azione si è sviluppata anche in provincia : a Sala Baganza, dove è stato ucciso un fascista, la salma è stata seviziata. La nostra rappresaglia è stata terribile. I fascisti hanno bruciato e distrutto tutte le sedi delle organizzazioni rosse e le case dei caporioni socialisti. Nella lotta accanita abbiamo avuto tre feriti compreso Arrivabene ed è rimasto ucciso un operaio. Al ritorno però un altro fascista è stato ucciso presso il ponte del Taro, dove nuclei di sovversivi armati volevano impedire il passaggio. Gruppi scelti bloccano le strade di accesso a Parma affinché non giungano armi e viveri ai sediziosi dell’oltretorrente. Da ieri, sulle torri ed i campanili della città, i migliori tiratori dei nostri controbattono i cecchini avversari. Quanto spreco di munizioni.!. Oggi alla Scuola di Applicazione hanno calcolato che siano stati sparati 10.000 colpi!.

5 agosto (alba) – Parma.

Notte insonne. Coi miei ufficiali studio accurato della riva sinistra del torrente dove oggi deve essere tentata l’incursione fascista per smantellare definitivamente la fortezza sovversiva. Impressione profonda della battaglia che si svolge nella notte con tentativi di sorpresa dei comunisti e dei nostri. Di là dal fiume le opere difensive sono state rafforzate. Nell’oscurità profonda, canti di guerra e canti sovversivi. Nei cori molte voci di donna. Mentre ispezionavo le sentinelle di fianco al ponte Caprazzucca sul viale Pasetti, ho udito nella notte un’orrenda canzone giungere di là dal fiume:

“Hanno ammazzato Berta, Figlio di pescicani. Evviva il comunista Che gli spezzò le mani.”

Brivido di orrore. Povero martire nostro!. Ho preso dalle mani della sentinella il moschetto ed ho tirato sei colpi nel vuoto verso il canto lontano. Buio e silenzio.

5 agosto (ore12) – Parma.

Alle 9 di stamane ho tentato personalmente di colpire gli avversari penetrando nel centro della loro resistenza. Ho preso 100 uomini tra i più fidati. Per un’ora e mezza, abbiamo tentato di valicare i ponti sul torrente, vigilati dai cordoni di truppa. Difficoltà inaudite. Bisognava tornare di continuo daccapo. Eccoci finalmente nella città vecchia. L’azione di sorpresa stava per riuscire in pieno, quando, innanzi alla Camera vecchia del lavoro, ci siamo trovati di fronte a un cordone di soldati che ci hanno sbarrato la strada. Mi sono avanzato verso il Maggiore e gli ho imposto di lasciarmi il passo. Risposta risolutamente negativa. Ho detto che avremmo usato la forza. Il Maggiore mi ha replicato che aveva ordini tassativi : sparare senza esitazione. Ha aggiunto che il suo onore di soldato non gli permetteva di disubbidire. Mi ha mostrato l’ordine scritto. Se avessi insistito, avrebbe ordinato il fuoco e si sarebbe poi fatto saltare le cervella. Momento di emozione. Ho compreso le ragioni degli ordini di Michele Bianchi comunicatemi ieri da Buttafochi. Ho ordinato l’“alt” ai miei uomini. Intanto dietro ai cordoni dei soldati, dai tetti e dalle finestre, si urla: “Lasciateli passare! Li ammazzeremo noi!.” Scena selvaggia. E’ sopravvenuto il generale Lodomez, i miei squadristi schierati di fronte si mettono sull’attenti. Lodomez mi conferma che l’ordine è perentorio. Anch’egli non può trasgredirlo. Ormai l’allarme è dato in tutto l’oltretorrente. Noi dovevamo agire di sorpresa. Ora la sorpresa è annullata. Oltre al conflitto con i soldati dovremmo affrontare con 100 uomini qualche migliaio di avversari. Andremmo incontro ad una strage sicura. Debbo con rincrescimento ordinare agli squadristi di prendere la strada del ritorno. Dalle case in fondo alla strada i provocatori ci inseguono con grida minacciose ed insulti. Alle 11,30 riunione in Prefettura dove Fusco ha convocato un’adunanza plenaria di tutte le autorità cittadine. Con la mia scorta di 100 squadristi armati, non senza un senso di disagio, mi reco dal prefetto. Oltre al generale Lodomez, al sindaco, al presidente della Corte d’Appello, al procuratore del Re, trovo i rappresentanti del Partito Popolare e del Partito Democratico. Bei personaggi. Presenti anche i dirigenti dell’Associazione Combattenti e Mutilati. Soliti inviti del prefetto a desistere dall’azione militare delle squadre. Mia risposta : “Non abbandonerò l’impresa finché il prefetto non avrà ceduto i poteri all’autorità militare”. Il sindaco di Parma si è associato alle mie parole. Ho aggiunto che saremmo certamente arrivati all’estreme conseguenze, se non avessimo avuto la garanzia del rastrellamento di Parma vecchia, dell’arresto dei capi e del sequestro delle armi.

5 agosto (ore 18) – Parma.

Sono stato avvisato che il Vescovo di Parma, Monsignor Conforti, desidera farmi visita. Nell’atrio dell’albergo ho schierato gli ufficiali di servizio e di collegamento. Quando il Vescovo si è presentato, sono scattati sull’attenti e il picchetto ha presentato le ami. Il Vescovo è passato attraverso una duplice schiera di militi che gli rendevano gli onori. L’ho ricevuto con tutto il mio stato maggiore. Al mio fianco gli onorevoli Buttafochi, Corgini, Lancellotti e Oviglio, giunto stamane. Il Vescovo ha dichiarato, con nobili parole, di mettere a disposizione tutta la sua autorità per un tentativo di pacificazione. Ho risposto esprimendo la nostra riconoscenza. Ci inchiniamo riverenti davanti all’alta autorità del Pastore. I fascisti no desiderano che restaurare l’ordine e la libertà : e prima di tutto la libertà religiosa. Mobilissimo è l’atto di pietoso interessamento del Vescovo : ma è impossibile approfittare dell’offerta di pace. Non possiamo sgombrare Parma sinché non sono ristabilite le condizioni normali. Colloquio improntato a grande deferenza reciproca. Accompagno il Vescovo mentre esce salutato dal “presentat’arm” del picchetto agli ordini di Bigliardi di Reggio Emilia.

5 agosto (ore 22) – Parma.

Purtroppo abbiamo avuto la prova della solidarietà tra sovversivi e popolari. Oggi è stato ucciso, mentre sparava contro le nostre squadre, certo Corazza, noto popolare di Parma. I fascisti hanno visto un grosso prete rubicondo agitarsi dietro le barricate dei sovversivi a portare panche e sedie della chiesa. Momento di aberrazione. Contrasto con le parole cristiane di Monsignor Conforti.

5 agosto (ore 23) – Parma.

Non sempre, purtroppo, gli ordini severissimi impartiti per la disciplina delle squadre vengono rispettati. Sono stati devastati gli studi di alcuni avvocati : Alberelli, Provinciali, ghiaini, Grassi, Baracchini, Ghisolfi. E’ stata impedita l’invasione degli studi Dell’avv. Candian e del senatore Berenini. Infiltrazioni di interessi privati e losche vendette di personaggi che fanno capo al processo Lusignani. Ogni rivoluzione ha la sua feccia. Ho emanato quest’ordine del giorno: PARTITO NAZIONALE FASCISTA COMANDO DELLA PIAZZA DI PARMA

Il comando militare fascista deplora vivamente che un gruppo di sconsigliati, certo male informato sull’attività politica di determinate persone e sorpreso nella sua buona fede da loschi individui, abbia commesso devastazioni non ordinate e tanto meno approvate, ed assicura la cittadinanza che sono già stati espulsi dal Partito i fascisti colpevoli e che saranno del pari puniti gli incitatori, diretti o indiretti, che però non hanno nulla a che fare col Fascismo.

“Parma, lì 5 agosto 1922.

IL COMANDO “.

I capi mi fiancheggiano con energia, nell’opera di epurazione. Il camerata Granelli mi scrive :

” Parma 5 agosto 1922.

AL COMANDO D’AZIONE IN PARMA

“Informo codesto Comando di aver sorpreso il fascista Rossi Alfredo abitante in borgo Giacomo Tommasini n. 28 fra i partecipanti alla devastazione dell’appartamento dell’avv. Ghiaini e di averlo schiaffeggiato.

GUIDO GRANELLI “.

Bravo Granelli! La disciplina è tanto più necessaria oggi che la battaglia infuria sempre più selvaggiamente. Bilancio della giornata : 5 morti e un centinaio di feriti.

6 agosto (ore 2 di notte) – Parma.

Alle ore 24 notizia della nostra vittoria. Lo stesso generale Lodomez , comandante del Presidio, è venuto ad avvertirmi al Comando che il Governo aveva accolto la domanda fascista ed aveva affidato tutti i poteri della città di Parma all’autorità militare destituendo il prefetto e ordinando lo stato d’assedio. Di fronte alla strepitosa ritirata governativa ho immediatamente ordinato la smobilitazione. Ordine di servizio da diramare d’urgenza :

PARTITO NAZIONALE FASCISTA COMANDO DELLA PIAZZA DI PARMA

A tutti i reparti dipendenti presenti in Parma.

“Dalle ore 24 i poteri nella città di Parma sono stati assunti dall’Autorità Militare. “E’ questa una vittoria, perché il governo aderisce finalmente alla nostra richiesta esautorando l’indegna autorità politica complice e responsabile dell’attuale situazione. “Il passaggio dei poteri all’Autorità Militare significa però la nostra partenza e l’immediato ristabilimento delle normali condizioni di vita, scopo che ci eravamo prefisso fin dal primo giorno della nostra azione. “ Per evitare nel modo più assoluto il minimo conflitto con l’Esercito, che è e deve rimanere sempre il nostro più prezioso alleato, ordino, nel modo più preciso : “ 1 che all’alba di oggi spariscano completamente tutte le armi. I capi reparto ritireranno nelle caserme fucili, moschetti e munizioni dei loro uomini e le rivoltelle troppo appariscenti che non possono essere nascoste nelle tasche; “2. che si prepari la partenza di tutti i reparti per le ore 12 di oggi. “alle ore 10 nella sede del Comando sarà tenuto il gran rapporto nel quale saranno impartite istruzioni per far proseguire le armi ai paesi di provenienza dei singoli reparti e per stabilire le modalità della partenza. “ Tutti gli uomini dovranno pertanto rimanere negli accantonamenti : i comandanti di reparto risponderanno personalmente dell’osservanza scrupolosa di queste disposizioni.

L’Ispettore Generale Comandante la Zona

F.to ITALO BALBO

Saluto e appello alla popolazione di Parma : “ Fascisti! “ I poteri, nella provincia di Parma, sono passati nelle mani dell’Autorità Militare; è eliminata così quell’ambigua autorità politica, che per inerzia, insufficienza e inconcepibile debolezza, ha permesso ad un gruppo di rivoltosi un movimento anarcoide rivolto contro la Nazione e contro i cittadini. “ Da questo energico provvedimento vogliamo trarre buoni auspici pel ritorno alla vita civile, pel ristabilimento della vita italiana. “ L’Esercito non può patteggiare per i criminali che comandano le trincee d’oltretorrente, senza travolgere in simili trattative un onore rimasto immacolato, nonostante le avverse fortune dell’Italia, nonostante le delittuose attività dei governi. “ Camicie nere! “ Fedeli al nostro principio di devozione per l’Esercito glorioso, obbediamo agli ordini di coloro che ci condussero a travolgenti vittorie, e smobilitiamo, sciogliendo alle 10 d’oggi il Comando militare fascista della città. “ Cittadini di Parma ! “ I Fascisti, accorsi al vostro primo appello, ritornano oggi alle loro case, con il convincimento d aver compiuto un sacro dovere e pronti sempre a mettere il loro petto a vostra difesa se, pel futuro, gli avvenimenti lo richiederanno. “ Oggi unite il vostro palpito al nostro, per lanciare un grido che s’elevi sopra le rovine e sopra le tombe, a promettere un più tranquillo avvenire di pace feconda : “ Viva la Patria! Viva l’Italia !

IL COMANDO”.

Quest’ultimo manifesto deve essere stampato questa notte e affisso per tutte le contrade della città alle prime luci dell’alba. Intendo però che i fascisti lascino la città nel modo più degno e con una certa solennità.

6 agosto (ore 12) – Parma.

Alle 10, nella piazza di Parma, grande rivista delle legioni che stanno per partire. Fascisti superbamente inquadrati nei loro reparti, provincia per provincia, agli ordini dei valorosissimi capi. Parole di saluto e di plauso. Hanno fatto splendidamente il loro dovere e più del dovere. L’azione di Parma è la maggiore che il Fascismo abbia tentato. La vittoria conseguita ci compensa del duro combattimento di questi giorni. Invito a mantenere intatto lo spirito battagliero di cui hanno dato prova tutti, capi e gregari. Formidabile saluto alla voce a Mussolini.

6 agosto (ore15) – Parma.

Passaggio dei poteri al generale Lodomez. Proclamazione dello stato d’assedio. Tra qualche minuto lascio Parma. I sovversivi mi hanno dato il saluto delle armi sparando colpi di rivoltella contro la mia automobile davanti all’albergo. Ci siamo lanciati all’inseguimento, ma gli sparatori sono riusciti facilmente a dileguarsi. L’autorità militare ha trasportato due cannoni nell’oltretorrente. Al primo colpo sparato a salve, i sovversivi hanno alzato bandiera bianca e i soldati hanno preso possesso di tutto il quartiere sequestrando armi e munizioni. Posso partire tranquillo. Ma la mia fatica non è finita. Gay mi manda a dire che la situazione di Ancona è capovolta. I fascisti hanno vinto una bella battaglia. Debbo senza indugio recarmi nella città adriatica, dove la normalità non è ancora ristabilita.