Romualdo di Camaldoli

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«Siedi nella tua cella come nel Paradiso scordati del mondo e gettalo dietro le spalle.»

San Romualdo
Guercino, San Romualdo, Ravenna, Museo d'Arte della città, collezione antica
 

Abate

 
NascitaRavenna, tra il 951 e il 953
MorteFabriano, 19 giugno 1027
Venerato daChiesa cattolica
Canonizzazione1532 da papa Gregorio XIII
Santuario principaleChiesa dei Santi Biagio e Romualdo a Fabriano
Ricorrenza19 giugno, 19 giugno (1594) e 7 febbraio (1595–1958)
AttributiBastone pastorale, scala, bibbia, libro della regola, bastone, teschio, demonio tentatore e modellino dell'eremo di Camaldoli
Patrono diCamaldolesi, Basilica Cattedrale di Sansepolcro (contitolare) e Diocesi di Sansepolcro

Romualdo (Ravenna, tra il 951 e il 953Fabriano, 19 giugno 1027) è stato un monaco cristiano e abate italiano, fondatore dell'eremo di Camaldoli e promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

Romualdo cercò la solitudine per praticare la sua devozione verso Dio. Intorno al 1000, esplorando zone disabitate della dorsale appenninica tra Umbria e Marche, il monaco ravennate dette vita ad un movimento che si propose di riformare l'istituto monastico. Oltre che fondatore dell'eremo di Camaldoli nel Casentino (Arezzo), Romualdo fu promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell'Ordine benedettino. La sua biografia, Vita di San Romualdo, fu scritta 15 anni dopo la sua morte da san Pier Damiani.

Vita e opere[modifica | modifica wikitesto]

Discendente di una famiglia nobile, era figlio del duca Sergio degli Onesti di Ravenna e di Traversara Traversari. Nel 972 si recò nella Basilica di Sant'Apollinare in Classe per chiedere perdono di un omicidio commesso dal padre, che aveva ucciso un cugino. Ebbe dinanzi all'altare la visione del santo e decise di farsi monaco. Entrò nel monastero attiguo alla basilica ma non vi si trovò bene. Si trasferì pertanto presso un eremita, Marino, in territorio veneziano, sottoponendosi alla sua guida spirituale. Qui conobbe l'abate Guarino, uno dei più importanti monaci riformatori del X secolo; questi convinse il giovane eremita, non ancora trentenne, a seguirlo nell'abbazia di San Michele di Cuxa (in catalano Sant Miquel de Cuixà), in Catalogna, dove Romualdo visse dieci anni e perfezionò la sua formazione.

Ritornato in Italia nel 988, si dedicò a vita eremitica nell'eremo di Pereo, sulla cosiddetta Isola delle Rose, presso Ravenna. Rinunciò poi alla dignità di abate e, trasferitosi nel territorio del monte Fumaiolo, fondò, ove sorge attualmente il paese di Verghereto, un monastero intitolato a San Michele Arcangelo. A causa dei suoi continui richiami disciplinari, e morali, ai monaci, venne cacciato con "belluino furore" a "vergate" insieme ai suoi discepoli[1]. Intorno all'anno 1001 il giovane imperatore Ottone III convinse l'eremita a divenire abate di Sant'Apollinare in Classe; ma la sua vocazione era quella della solitudine e del rinnovamento della vita eremitica e quindi, dopo appena un anno, rinunciò all'incarico, e si recò nell'Abbazia di Montecassino, nel Principato di Capua.

L'abbazia di Santa Maria di Sitria, fondata da San Romualdo alle falde del Monte Cucco, nella frazione di Isola Fossara

Per un periodo visse in una grotta (attualmente chiamata Grotta di Romualdo) sul canale di Leme presso Rovigno in Istria. Intorno al 1014 Romualdo fondò un eremo a Sitria, alle falde del monte della Strega, tra monte Catria e monte Cucco, presso la frazione di Isola Fossara, comune di Scheggia e, dopo poco, vi aggiunse un piccolo monastero (cenobio) con una chiesa: l'abbazia di Santa Maria di Sitria. Rimase in terra umbra quasi sette anni, gli ultimi prima di recarsi a Camaldoli. A Sitria pregò e digiunò, nel silenzio, in compagnia di devoti che "ammaestrava" tacente lingua et predicante vita (san Pier Damiani).

Romualdo visse circa 75 anni: morì il 19 giugno tra il 1023 e il 1027 nell'Abbazia di San Salvatore in Valdicastro in località Valdicastro, vicino a Fabriano, in solitudine.

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Fu beatificato appena cinque anni dopo la morte e fu dichiarato santo nel 1595, da papa Clemente VIII. Il suo corpo è, dal 1481, nella chiesa dei Santi Biagio e Romualdo a Fabriano, mentre il braccio, in un prezioso reliquiario d'argento, è nella cattedrale di Jesi nell'altare di San Biagio. È contitolare della basilica concattedrale di Sansepolcro, già abbazia camaldolese (fino al 1520). A San Romualdo è dedicata anche una parrocchia alla periferia di Roma, nella frazione di Monte Migliore, sulla via Laurentina.

Il Martirologio Romano ne celebra la memoria il 19 giugno ricordandolo con queste parole:

«San Romualdo, anacoreta e padre dei monaci Camaldolesi, che, originario di Ravenna, desideroso di abbracciare la vita e la disciplina eremitica, girò l'Italia per molti anni, costruendo piccoli monasteri e promuovendo ovunque assiduamente tra i monaci la vita evangelica, finché nel monastero di Val di Castro nelle Marche mise felicemente fine alle sue fatiche.»

Ricorrenza[modifica | modifica wikitesto]

Commemorato il 19 giugno, ricorrenza della morte di San Romualdo, in alcune località si festeggia anche il 7 febbraio secondo la data tradizionale della messa tridentina del rito romano.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Da tale episodio si fa discendere l'etimologia del toponimo Verghereto.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Della vita di Romualdo esiste una versione di san Pier Damiani, di cui è nota l'edizione forlivese del 1641: S. Petrus Damianus, De vita S. Romualdi, Forolivii 1641.
Fonti primarie
Fonti secondarie
  • AA.VV., San Romualdo. Storia, agiografia e spiritualità. Atti del 23º Convegno del Centro studi avellaniti (Fonte Avellana, 23-26 agosto 2000), Gabrielli Editori, 2002
  • Giovanni Annibaldi, La traslazione di San Romualdo e il suo culto nell'Esio, Jesi 1881.

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