Discussione:Regno delle Due Sicilie/Archivio

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Industria

Ho modificato un paio di cose sull'industria dopo averle verificate sul mio libro (Passato Presente della Mondoadori 2008 volume 2). Nell'articolo si dipinge l'industria del regno come un'industria tutto sommato fiorente e all'altezza degli standard europei, tralasciando non solo il fatto che l'industria del regno fosse in gran parte straniera ma che la stessa industria fosse assolutamente marginale all'interno dell'economia preindustriale e latifondista del regno delle due sicilie. In questo senso è bene notare ciò che è invece accaduto nel regno sabaudo. Anche la la parte sulle ferrovie è assolutamente di parte. Infatti, pur essendo veri i primati del regno nella costruzione di ferrovie in Italia, nel 1859 i kilometri di ferrovia costruiti non erano neanche 100 mentre quelli del Regno di Sardegna, dopo una crescita impetuosa negli ultimi dieci anni, erano arrivati ad essere più di 800Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 93.35.150.45 (discussioni · contributi).

Rettangolo nella mappa

Salve. Sulla cartina che mostra la posizione del regno nella penisola (http://it.wikipedia.org/wiki/File:Location_of_the_Kingdom_of_the_Two_Sicilies-it.svg) nella modifica fatta il 16 marzo dall'utente Flanker è comparso uno strano rettangolino nero fra Veneto e Friuli. Qualcuno potrebbe metterla a posto? Lo farei io ma non so come si editano le immagini di Wikipedia... Grazie. 81.120.65.55 (msg) 16:02, 19 mar 2009 (CET)

(Frà Diavolo)

Ho spostato qui la seguente frase aggiunta da Frà Diavolo, da verificare (nPOV?) + proofreading. --M/

ed annesso al Regno d'Italia all'esito di un plebiscito in cui non fu garantita la segretezza del voto ed al quale partecipò, coartata dai camorristi incaricati del mantenimento dell' ordine pubblico dal governo provvisorio, solo una minima parte degli elettori.

Se per obiettivo s'intende "conforme alla storia scritta dai vincitori", la mia aggiunta non è obiettiva. Purtroppo ciò che ho scritto è la pura verità: basta guardare le stampe pubblicate su un qualsiasi libro di storia per constatare che i voti venivano inseriti pubblicamente in due urne separate, una per i "si" l'altra per i "no". Quanto alle pressioni esercitate dalla camorra, è notorio che Liborio Romano, ex ministro borbonico, passato al governo provvisorio, strinse accordi con i capi della Bella Società Riformata per il mantenimento dell' ordine pubblico e per "incoraggiare" gli elettori. Credo che compito di un' enciclopedia come questa sia scrivere il vero e non copiare acriticamente ciò che è scritto sui libri scolastici.--Frà Diavolo 13:35, Nov 24, 2004 (UTC)

Regno di Napoli e Regno delle Due Sicilie

Ho notato che in questo articolo vi sono diverse parti dedicate al Regno di Napoli prima del 1816. A mio parere queste notizie dovrebbero trovar posto in un altro articolo, così come quelle sulla Repubblica Partenopea. Dovrebbero essere lasciate solo quelle notizie 'legate' alla storia del regno successivo, che è una entità 'formalmente' diversa, più un certo numero di link e rimandi.
Inoltre questo articolo dovrebbe (IMHO) essere classificato come stub, in quanto mancano del tutto le notizie relative ai moti del '20 - '21 e del '48.
Infine, i link sui regnanti dovrebbero trovar posto in un articolo sulla dinastia Borbone in Italia, lasciando solo quelli che hanno regnato nel Regno dal 1816 al 1860.
P.S. - Rileggendo questo mio contributo mi sono accorto di essere stato un po' 'perentorio'. Me ne scuso, era dovuto alla fretta...
Bye. Retaggio 15:02, Nov 24, 2004 (UTC)

Sul blocco dell'articolo

Salve, volevo sollevare alcuni 'dubbi' riguardo il blocco di questo articolo. Anche guardando la cronologia, non mi sembra che ci siano vandalismi difficilmente 'gestibili', anche avendo notato che (ad esempio) l'ultimo vandalismo era relativo a fatti del 'Regno di Napoli', che dovrebbero trovar posto in altri articoli e non in questo (vedi anche mio commento di sopra). In pratica secondo me questo articolo dovrebbe essere 'pesantemente' riscritto, con parti da eliminare e nuove parti da inserire. Tutto quello che è accaduto prima del 1816 dovrebbe essere solo 'accennato' e inserito negli articoli adeguati del Regno di Napoli e della Repubblica Partenopea. Purtroppo io non sono uno storico (meridionale sì, ma purtroppo ingegnere) dunque chiedo l'aiuto di meridionali (o storici) con 'le palle' per sbloccare e dare una adeguata veste a questo articolo, secondo me (ovviamente) importantissimo. Bye. Retaggio 08:44, Nov 29, 2004 (UTC)
P.S. Giuseppe Buonaparte non era Re delle Due Sicilie: tale 'nome' prima del 1816 non esisteva! Bye. Retaggio 08:52, Nov 29, 2004 (UTC)

Quando i revert sono troppi, ritengo utile un intervento di tipo diverso, fermando per un po' in attesa di contributi più ragionati e in linea con le politiche di it.wiki. Ovviamente qualsiasi amministratore può essere contattato per le modifiche/inserimenti che si reputano necessari o per chiedere di sbloccare la pagina. --M/ 09:01, Nov 29, 2004 (UTC)

Salve ho riscritto una bozza dell'articolo qui [1]. Dateci uno sguardo se secondo voi potrebbe sostituire l'attuale versione dell'articolo (secondo me non completamente adeguato). P.S. Ovviamente anche questo è uno stub da ampliare. Bye. Retaggio 10:16, Nov 29, 2004 (UTC)

Ancora sul blocco dell' articolo

Durante la crisi politica del 1848, Fedinando II fu il primo monarca italiano a concedere la costituzione, questa fu abrogata a seguito dei tumulti scatenati dai deputati repubblicani (agguerrita minoranza) che paralizzarono i lavori dell' assemblea legislativa.

Riguardo ai primati del Regno, oltre all'accenno alla prima ferrovia italiana, andrebbe detto che a Portici erano attive le officine di Pietrarsa, all' avanguardia in campo ferroviario, lasciate all' oblio in epoca post-unitaria. Nel 1832 fu inaugurato, sul fiume Garigliano, il primo ponte sospeso in metallo in Italia, il più lungo fino ad allora esistente se si tiene conto solo della parte sospesa. Tale opera fu progettata dall' architetto Luigi Giura, che tra l' altro inventò la particolare lega metallica che ne rese possibile la realizzazione.

Questo è solo un esempio di ciò che andrebbe scritto su un Regno che è da sempre additato come terra di degrado e di arretratezza al solo scopo di annientare la coscienza di un Popolo e di far apparire salvifica l' "epopea" risorgimentale. Sicuramente il blocco dell' articolo ostacola la stesura di questa importantissima pagina della storia italiana.


Il blocco dell'articolo è soltanto temporaneo e dipende da alcuni interventi (alcuni sono tuoi, mi pare) non in linea con le politiche di Wikipedia. Leggere la documentazione (es. NPOV, Aiuto:Cosa mettere su Wikipedia, Portale:Comunità) può aiutare a capire meglio come gestire un articolo evitando guerre di modifiche.
Per quanto riguarda le proposte di aggiunta al testo, le prenderò in considerazione, ascoltando il giudizio di quanti ne sanno più di me sulla storia (praticamente tutti), solo quando il testo proposto sarà adeguatamente corretto e wikificato, tenga conto delle convenzioni relative alla punteggiatura ed all'uso degli spazi.
--M/ 16:57, Nov 29, 2004 (UTC)

Qualche nota in calce a Regno delle Due Sicilie

Buongiorno a tutti e buon anno in primis. Sono appena entrato in wikipedia e sin qui ho cercato di capire come portare un contributo. Intanto, qualche curiosità sui doppi toponimi, decisamente una prerogativa della Due Sicilie. Come i + anziani ricordano, esistevano gli Abruzzi cioè Abruzzo Citeriore ed Abruzzo Ulteriore, le Calabrie i.e. Calabria Citeriore ed Ulteriore, le Puglie e cioè Capitanata, Terra di Bari, Terra d'Otranto. Infine, la Campania, puramente e semplicemente non era un toponimo in uso: i territori ad essa corrispondenti erano Napoli, Terra di Lavoro,ben più vasta dell'attuale comprendendo il Basso Lazio e le Isole Ponziane (non Pontine, per carità), i Principati ovvero Principato Citra e Principato Ultra (ci risiamo con i toponimi doppi...). Non mi meraviglia che su questa pagina gravi un blocco: in effetti si tratta di un argomento sul quale soltanto oggi si sta avviando una riflessione seria e , questo è il punto, troppe sono le incongruenze che emergono rispetto alla vulgata ufficiale . Concordo in pieno con Fra Diavolo, ma vorrei provare a ricercare con il vostro aiuto un modo neutro per quest'argomento. Per esempio, come potremmo indicare obiettivamente e neutralmente questi episodi del Risorgimento coevi?

Vale anche qui la risposta riportata negli interventi soprastanti: i contributi proposti per l'inserimento nella voce, se corretti e caratterizzati da un punto di vista neutrale, saranno inseriti nell'articolo. PS: gli interventi nelle pagine di discussione dovrebbero essere firmati. Ciao, M/ 10:26, Gen 5, 2005 (UTC)

A me sembra che per "neutrale" intendete "consono a quella che è l'opinione dei settentrionali".

Regno delle Due Sicilie

Proseguo e completo il mio intervento, rimasto monco per errato invio in fase di redazione del medesimo. * Primo episodio: Nel 1849, in adesione alle clausole armistiziali che prevedevano l'occupazione austriaca di Genova (ricordiamo per inciso che da pochi decenni i Genovesi avevano perso la propria indipendenza...) le navi sarde bombardarono Genova ribellatasi all'ipotesi di ritrovarsi truppe austriache in casa; per il rispetto delle clausole d'armistizio re Vittorio Emanuele II fu detto re galantuomo. Secondo episodio: Nel 1849, nel quadro della riconquista della Sicilia (territorio giuridicamente parte dello Stato duosiciliano), le navi napolitane bombardarono Messina (rectius, controbatterono al tiro degli insorti, barricati alle porte della città che era in mano ai napoletani...) e, per tale ragione re Ferdinando II fu detto re bomba. Sorge un dubbio, i cannoni sardi erano caricati a giandujotti ? Mi scuso per la mancanza della firma dovuta a crassa e non risolta ignoranza della produzione della tilde dalla tastiera, gradito aiuto.

Per la firma, oltre a farsi riconoscere dal sistema (Entra o crea un nuovo accesso), si possono utilizzare uno dei seguenti tre metodi: il penultimo pulsante della barra in alto, quattro volte l'ultimo dei caratteri speciali posizionati sotto il pulsante "Salva la pagina", quattro volte la sequenza "Alt-126". Il testo proposto è bene che sia wikificato. Ciao, M/ 12:22, Gen 5, 2005 (UTC)

--82.51.95.113 15:21, Gen 9, 2005 (UTC)

Sei sicuro che la definizione di re galantuomo fu assegnata come tu descrivi? Perchè sembra quasi gli fu assegnata dagli austriaci: è così?
Non conosco i dettagli degli effetti del bombardamento di Messina, ma so che a Genova fu bombardato anche un ospedale (facendovi molte vittime) e, a quanto ne sapevo io, fu presa a cannonate dall'artiglieria dei bersaglieri, sistemata sulle colline che circondano la città. Ora leggo da te del bombardamento navale (che a me non era noto: chiarimenti?). La città, una volta occupata, subì una punizione collettiva e fu abbandonata al saccheggio dei benemeriti soldati con le piume in testa (vedi mia aggiunta in proposito in Vittorio Emanuele II di Savoia). Grazie per gli eventuali chiarimenti. --Piero Montesacro 11:23, 18 gen 2006 (CET)

REGNO DELLE DUE SICILIE

Regno delle Due Sicilie è la denominazione ufficiale dello Stato che comprendeva il Meridione continentale d'Italia e la Sicilia, assunta nel 1815 con il Trattato di Casalanza che sanciva l'uscita di scena di Gioacchino Murat e la definitiva chiusura del Decennio Franese a Napoli.

Il Re, Ferdinando I di Borbone Napoli, già Ferdinando IV di Napoli e Ferdinando III di Sicilia, intese infatti riaffermare l'indivisibilità dello Stato formato da Regno di Napoli e Regno di Sicilia di fronte alle Potenze che col Congresso di Vienna avevano messo mano al riassetto europeo post Napoleone.

La preoccupazione era concreta, dal momento che le Due Sicilie perdevano definitivamente la sovranità su Malta e sullo Stato dei Presidi, proprio in questo riassetto.

L'origine della locuzione Due sicilie è però molto più antica, risalendo ai Vespri Siciliani del 1282 che segnarono la fine della sovranità angioina in Sicilia e il subentro degli aragonesi.

Le due Dinastie, D'Angiò e Aragona si fronteggiarono per 160 anni, entrambe qualificantesi regnanti di Sicilia (intesa come insulare e continentale unite)

Le concrete necessità (in specie amministrative e diplomatiche) sfociarono nell'artificio giuridico di definire al di qua e al di là del Faro (sullo Stretto di Messina) i territori contesi.

La secolare diatriba si risolse quando Alfonso V d'Aragona, adottato dalla Regina Giovanna II, ultima sovrana angioina, assunse il titolo di Rex Utriusque Siciliae, entrando in Napoli il 12 giugno 1442, confermata nel ruolo di capitale dei Regni, attribuito dagli Angioini.

Da rimarcare che, proprio lo spostamento della capitale da Palermo a Napoli era stata la causa della rivolta siciliana.

Ma, estinta la dinastia aragonese nel 1496, dopo un periodo di torbidi e congiura baronali, nel 1503 Napoli e Sicilia diventarono parte dei domini della Corona spagnola, distinte nei Viceregni di Napoli e di Sicilia.

La Guerra di successione spagnola portò nel 1707 Napoli sotto l'Austria. Sorte analoga per la Sicilia, dopo una parentesi fugace (7 anni) di dominio del Duca di Savoia Vittorio Amedeo II (assurto così a dignità regia) che ottenne di permutarla con il Regno di Sardegna.

Invece la Guerra di successione polacca consentì a Carlo di Borbone (figlio di Filippo V di Borbone Spagna e Elisabetta Farnese) la conquista delle Corone di Napoli e Sicilia nel 1734.

Carlo, anche a Napoli noto come Carlo III (ordinale che gli spetta come Re di Spagna dal 1759 mentre a Napoli sarebbe Carlo VII), oltre a dare nuovo lustro al territorio, specie alla Capitale, rimise in auge l'antica denominazione Due Sicilie, peraltro mai scomparsa.

Infatti, già ben prima del 1815, in piena epoca vicereale, i Sovrani spagnoli mantenevano nella monetazione napoletana e siciliana la scritta Rex Utr.Sic. che ritroveremo regolarmente nella monetazione borbonica sino al 1860 e a partire dal 1734, pur restando le distinzioni fra onze in Sicilia e ducati a Napoli, per limitarci alle principali monete.

L'ambasciatore inglese, Sir William Hamilton, nei suoi rapporti (1765 e segg.)usa la locuzione Kingdom of the two Sicilies e, riferendosi al Re, his Sicilian Majesty.

Ancora, nel 1769 il grande cartografo padovano Antonio Rizzi Zannoni fu incaricato della preparazione dell'atlante geografico del Regno di Napoli, articolato su 31 fogli per la parte continentale e 13 per la Sicilia, mentre la carta di unione, risalente al 1801, recita testualmente: "distribuzione dei fogli dell'Atlante geografico delle Due Sicilie".

L'utilizzo non sporadico e/o occasionale dei termini Napoli e Sicilia per indicare l'intero Stato inducono a qualche cautela circa rigide catalogazioni della storia del Reame, e altrettanto si dica per l'episodio della Repubblica Partenopea e la parentesi del Decennio.

Per analogia, si pensi all'Italia, passata nel volgere di 85 anni da monarchia a repubblica: di certo sia la Repubblica di Salò che il Regno del Sud restano nell'ambito della Storia d'Italia. Semmai in chiave di lettura maliziosa, i Borbone erano consapevoli dell'estrema sensibilità i Siciliani circa la distinzione fra i Regni nonché del fatto che ben poco avevano gradito il trasferimento da Palermo a Napoli della Capitale e, quindi una certa vaghezza in tema poteva risultare opportuna.

Non a caso la Sicilia, in particolare nelle crisi del '48 e del '60 fu il tallone d'Achille del Regno che, comunque, nei 127 anni di vita conobbe un notevole sviluppo, collocandosi all'avanguardia in numerosi settori fra gli Stati preunitari.

Anche tralasciando la straricordata prima nave a vapore (1818) nel Mediterraneo e la prima ferrovia (1839) italiana, l'elenco è di tutto rispetto:

  1. 1754 Istituzione della prima Cattedra di economia
  2. 1832 Primo ponte sospeso in ferro nell'Europa continentale
  3. 1840 Prima fabbrica metalmeccanica a Pietrarsa (il progetto fu ripreso tal quale dai Russi a Kronstadt. Nel 1855 i Reali napoletani fornirono ai "cugini" sabaudi i piani di Pietrarsa,gratuitamente.Fu così realizzato l'Ansaldo,in dimensioni più ridotte)
  4. 1841 Primo osservatorio vulcanico sul Vesuvio, nel mondo.Quando - anni 30 del secolo XX - gli USA vorranno creare un'analoga struttura per lo studio dei vulcani delle Hawaii si rifaranno a quel modello.
  5. 1852 Primo telegrafo elettrico in Italia
  6. 1852 primo bacino di carenaggio in muratura in italia.

Non meno interessante fu l'esperienza, prettamente illuministica, di San Leucio con una legislazione sociale assolutamente in anticipo sui tempi. Nel campo culturale si può ricordare che il Teatro di San Carlo(1737) rappresenta, per tipologia e dimensioni, il prototipo del teatro operistico in Italia e non solo.

Premesso che a metà 800 le Due Sicilie - nel confronto con le Potenze europee - NON erano industrializzate, quando nel 1861 i nuovi governanti effettuarono il primo censimento dello Stato Italiano, le Provincie meridionali, con il 42% della popolazione complessiva avevano il 44% del totale degli addetti alle industrie.


segue bibliografia.

A.Cutolo GIOVANNA II Ed. De Agostini 1968

G.Pagano&V.Giura (a cura) L'ITALIA DEL II SETTECENTO NELLE RELAZIONI SEGRETE DI W.HAMILTON... Ed.Scientifiche Italiane 1997

H.Acton I BORBONI DI NAPOLI Ed.Giunti/Martello 1960

H.Acton GLI ULTIMI BORBONI DI NAPOLI Ed.Martello 1973

A.Servidio L'IMBROGLIO NAZIONALE A.Guida Editore 2002

F.Patturelli CASERTA E SAN LEUCIO Napoli dalla Stamperia Reale 1826

A.Mangone L'INDUSTRIA DEL REGNO DI NAPOLI 1859-1860 F.Fiorentino Ed. 1976

L.De Matteo NOI DELLA MERIDIONALE ITALIA Ed.Scientifiche Italiane 2002

Formicola/Romano L'INDUSTRIA NAVALE DI FERDINANDO II DI BORBONE Fiorentino Ed_ s.d.

Commenti

Commento al contributo di Speciale:Contributions&target=82.51.95.113.

Oltre ad apportare le correzioni necessarie, ti suggerisco di togliere i commenti e rendere il testo maggiormente enciclopedico. Controlla i paragrafi che iniziano con "#", trovi le indicazioni in Aiuto:Come si modifica una pagina. Ciao, M/ 15:29, Gen 9, 2005 (UTC)

Nome articolo da cambiare

Da spostare a Regno delle due Sicilie (due minuscolo). Per il momento, essendo l'articolo bloccato, ho creato un redirect. Marcok 10:36, Gen 12, 2005 (UTC)

Non sono d'accordo con il due minuscolo... In effetti il Due fa parte del nome 'vero e proprio', non è che le 'Sicilie' siano effettivamente due... (si parla anche di regno Duosiciliano) Comunque, se nonostante ciò, vi sono delle convenzioni di wiki che dicono diversamente, discutiamone. Bye. Retaggio 11:07, Gen 12, 2005 (UTC)

PS - Quanto alla 'durata storica' del nome Due Sicilie, non penso dovremmo estenderla a prima del 1816, ecluso il periodo di Alfoso d'Aragona. Sebbene il nome fosse comunemente in uso, tale nome comincia formalmente ad indicare uno stato nel 1816 (tanto che il re cambiò il suo ordinale). Prima di quella data dovremmo più correttamente parlare di Regno di Napoli, Regno di Sicilia, Vicereame di Napoli e Vicereame di Sicilia. Ovviamente IMO. Bye. Retaggio 11:07, Gen 12, 2005 (UTC)


--Emmeauerre 17:32, Gen 12, 2005 (UTC) D'accordo con Retaggio, correttamente si deve parlare di Due Sicilie. Non concordo, invece, sulla "durata storica" dal momento che è forse un po' riduttivo parlare di "comunemente in uso" per un locuzione correntemente usata nelle relazioni internazionali e regolarmente incisa sulle monete dei due Regni. D'altro canto, il lettore poco addentro a questi aspetti potrebbe incontrare qualche difficoltà nel ricostruire la storia di quelle terre. Per questo sarebbe opportuno legare opportunamente le diverse locuzioni, con rimandi per coloro che volessero approfondire. Che ne dite?

D'accordo con Emmeauerre sui rimandi e link da inserire per 'chiarire' alcuni aspetti non 'immediati' della storia meridionale. Stiamo attenti comunque a non mischiare notizie di stati diversi che avevano comunque storie, epoche e finalità diverse. È vero che un 'lettore poco attento' potrebbe cercare notizie su Masaniello in questo articolo, ma dovrebbe trovarci soltanto un link che lo rimandi alla pagina specifica oppure al Vicereame di Napoli. Così ad esempio per Giovanna la pazza (Regno di Napoli), piuttosto che per Federico II (Regno di Sicilia), oppure per la Sanfelice (Repubblica Partenopea). Quanto alla effetiva 'nascita' delle Due Sicilie, cerchiamo delle fonti autorevoli e discutiamone: formalmente il regno nasce nel 1816 e dura 45 anni, ma se vogliamo indicare diversamente (o fare dei link) ci possiamo ragionare sopra. Bye. Retaggio 08:23, Gen 13, 2005 (UTC)

PS - Credo sia ora di chiedere a qualche admin di eliminare finalmente il blocco su questo articolo: dal tono di questa discussione mi sembra ormai che ci sia un 'buon' gruppo di persone disposte a ragionare su questo tema, in grado di tener testa anche ai (purtroppo frequenti) interventi vandalici o non NPOV già visti. È giunta l'ora di trasformare questa discussione in produttiva oltre che accademica. Saluti a tutti. Bye. Retaggio 08:23, Gen 13, 2005 (UTC)

Sono positivamente colpito dalla vivacità di questa discussione e credo, in linea con gli altri utenti, che sia ora di eliminare il blocco dell' articolo; dopotutto quelli che sono stati definiti interventi vandalici hanno sortito l' effetto di far nascere questo costruttivo dibattito.

Per quanto riguarda il periodo storico da trattare sotto la voce "Regno delle Due Sicilie", propongo di ricomprendervi tutto il regno borbonico (quindi anche il periodo 1734-1816), ciò soprattutto perché è riscontrabile una quasi totale continuità tra il periodo precedente e quello successivo all' esperienza bonapartista (muta il nome non lo Stato).

P.S. Altra proposta: parliamo di Repubblica Napoletana, la Repubblica Partenopea non esiste in alcun atto ufficiale dell' epoca.--Frà Diavolo 12:36, Gen 13, 2005 (UTC)

Tolto il blocco alla pagina (però la tengo d'occhio!) - Gac 13:56, Gen 15, 2005 (UTC)


--Emmeauerre 10:16, Gen 16, 2005 (UTC)

DUE SICILIE Ulteriori considerazioni sulla denominazione

Carlo d'Angiò, capostipite della Dinastia Angioina (nonchè fratello di Luigi IX Re di Francia, nonché "giustiziere dell'ultimo Svevo, Corradino,per una rapida focalizzazione), trasferì la capitale da Palermo a Napoli con grandissimo malcontento dei Siciliani (1265). Infatti, circa 20 anni dopo, l'ostilità siciliana esplose nei Vespri (1282) che segnarono la fine degli Angioini nell'isola. Ma, tornando al 1265, il neo-Papa Clemente IV definisce Carlo d'Angiò - nella Bolla di investitura - "Re d'amendue le Sicilie", ben prima, quindi della nascita di due Regni. Volendo porre un punto fermo alla questione, questa è la sequenza cronologica:

  1. 1140 Regno di Sicilia, con capitale Palermo, si estende anche al Meridione continentale grazie a Ruggero il Normanno.
  1. 1265 Carlo d'Angiò si insedia e trasferisce la capitale a Napoli: il Regno mantiene la denominazione originaria, ma nell'uso comune - sempre per l'intero territorio - viene detto Regno di Napoli.
  1. 1282 Gli Angioini, pur ridotti al solo territorio continentale, si definiscono Re di Sicilia come i loro avversari aragonesi.
  1. 1302 Con la pace di Caltabellotta viene ufficializzata la spartizione, Napoli agli Angioini, Sicilia agli Aragonesi. La Sicilia aragonese assunse la denominazione di Regno di Trinacria mentre il meridione continentale si chiamò Regno di Sicilia.
  1. 1442 Alfonso V d'Aragona estende la sovranità su Napoli, assumendo il titolo di Rex Utriusque Siciliae.
  1. 1503/1734 I Sovrani di Spagna che governano - con distinti Vicerè - Napoli e Sicilia, assumono il predicato di Re delle Due Sicilie citra et ultra.
  1. 1734/1861 I Sovrani del casato Borbone Napoli si qualificano sin dal capostipite Re delle Due Sicilie Nel 1816, sia per ragioni di ordine interno (sbarazzarsi, senza troppi clamori, della Costituzione Siciliana ed estendere all'isola le innovazioni legislative e amministrative introdotte nel c.d. Decennio Francese) sia di ordine esterno per riaffermare l'indivisibilità dello Stato meridionale, i due Regni lasciano il posto ad un'unica struttura statale, le Due Sicilie.

Tanto, solo per sottolineare l'esigenza di un criterio che contemperi la opportunità di offrire un quadro d'insieme della storia unitaria del più antico Stato italiano senza perdere di vista le specificità dei due Regni,che, comunque, anche nei periodi di maggior separatezza si condizionarono a vicenda, non foss'altro perché entrambi aspiravano a rappresentare l'intero. In ogni caso,si dovrebbero escludere trattazioni a sé stanti per Repubblica Napoletana e Decennio Francese, preferendo ampie finestre nell'ambito unico dello Stato meridionale la cui storia - d'accordo - ha presentato numerose facce.


Alcune note in calce a Regno delle Due Sicilie

Apporterei qualche piccolo ritocco: "il re Ferdinando IV di Borbone Napoli" è la dicitura corretta e, forse foneticamente più gradevole.

"periodo di sovranità borbonica". Il termine dominazione ha una connotazione negativa ben precisa, direi.

"Il nome....trarrebbe origine addirittura...." essendo infatti documentata la denominazione "amendue le Sicilie" nella Bolla pontificia di investitura di Carlo d'Angiò (1265) è preferibile il condizionale, eventualmente integrato da un brevissimo cenno alla Bolla.

I termini "al di qua" ed "al di là" del Faro non erano quelli usati da entrambi i contendenti, semmai solo dagli angioini che potevano per Napoli riferirsi ad una Sicilia al di qua del Faro.

Attenzione, Alfonso d'Aragona assunse il titolo di Rex utriusque Siciliae ma non usò la locuzione Regno delle Due Sicilie. Il termine non andò affatto in disuso dal momento che tutti i Sovrani spagnoli,nel periodo di dominazione (qui sì, è appropriato) si dissero Re delle Due Sicilie. A questo proposito, da un punto di vista giuridico, i Regni di Napoli e di Sicilia furono amministrati da Vicerè in nome e per conto dei Reali spagnoli. La terminologia Viceregno o Vicereame è moderna e, giuridicamente, non significa niente.

Altrimenti, per analogia, un Comune temporaneamente retto dal Vicesindaco diventa Vicecomune ?

In effetti, fermo restando l'accenno sintetico alle varie denominazioni,varrebbe la pena fare un articolo specificamente sul tema, dato che non manca materiale.

Le diverse monetazioni avevano però corso legale in entrambi i "Reali Dominii".

Non sarebbe il caso, circa i primati del Regno di spendere qualche parola in più?

Mi sto accorgendo di una cosa, forse non sono adatto a Wikipedia perché non me la sento tanto di andare a "pastrugnare" nel lavoro di altri, però ci vorrebbero delle modifiche...se siete d'accordo farei qualche piccolo intervento, ditemi voi. Bye. --Emmeauerre 00:06, Gen 21, 2005 (UTC)


Prego pastrugnate gente, pastrugnate. Bye. Retaggio 08:15, Gen 21, 2005 (UTC)

P.S. - Creato un 'disambigua' per Carlo di Borbone. Vedete se è OK. Bye. Retaggio 08:44, Gen 21, 2005 (UTC)


Ok per i vostri ultimi interventi, veramente appropriati per la forma. Il mio ultimo è un microintervento, corretto un Barnardo in Bernardo, chiaro errore di battitura. Mò vi saluto, devo andare a ballare (il tango argentino...), altrimenti la mogliera si incavola.--Emmeauerre 20:02, Gen 21, 2005 (UTC)

Origine del nome

Ciao a tutti.
L'argomento "Regno delle Due Sicilie" è tanto interessante
quanto complesso. Comprendo bene l'impegno necessario per rendere
il testo facilmente leggibile, sintetico ed esaustivo.
Per quanto riguarda l'origine del nome, forse andrebbe
fatto cenno agli avvenimenti che nacquero con i c.d. vespri siciliani
e si conclusero a Caltabellotta.
In vero, furono gli accordi sottoscritti a Caltabellotta che, di fatto,
divisero in due parti il Regno che fu di Federico II,
non la rivolta dei palermitani.
Leggo, ancora, di "una fugace apparizione dei Savoia".
Forse sarebbe il caso di fare un cenno più preciso
di questo avvenimento, riferendo delle circostanze
che portarono i Savoia a reggere la corona di Sicilia (dal 1713-pace di Utrecht)
e di quelle che indussero, successivamente, Vittorio Amedeo II
a scambiare il Regno di Sicilia con quello di Sardegna (nel 1720-pace de l'Aja).
Che ne pensate ?
Cordiali saluti.


In verità, gli accordi sottoscritti a Caltabellotta
fecero tutt'altro che ufficializzare la separazione
dei due Regni. Fu stabilito soltanto una assegnazione
temporanea del Regno di Sicilia a Federico III d'Aragona.
Nel senso che alla morte di quest'ultimo l'isola
sarebbe tornata, a tutti gli effetti, sotto il governo
degli angioini di Napoli.
In altri termini, gli angioini non avevano affatto rinunciato
al loro dominio sulla Sicilia.
Ecco perché sarebbe opportuno parlare di una
separazione "di fatto" e non "ufficiale".
Per quanto riguarda i Savoia, concordo. Ma allora
occorrerebbe eliminare dal testo tutto il periodo:
"In seguito .......... dei Savoia)".
O no ?
Saluti cordiali.

Pace di Caltabellotta

Salve a tutti. Ripensando alla Pace di Caltabellotta, credo non sia sbagliato (anzi) dire che ufficializzò la separazione dei due Regni. Se ufficializzare vuol dire: rendere noto qualcosa deciso precedentemente, la Pace di Caltabellotta ufficializzò la separazione dei Regni, anche se, nelle intenzioni dei protagonisti doveva trattarsi di separazione solo temporanea. Resto, in ogni caso, del parere che bisogna approfondire altrove tale argomento e quello della fugace apparizione dei Savoia. Perdonate questo mio parziale cambio d'opinione. Buon lavoro.--Frà Diavolo 12:11, Gen 31, 2005 (UTC)

D'accordo con Frà Diavolo riguardo la pace di Caltabellotta. (Sebbene abbia fatto io stesso un intervento di senso opposto, ho cambiato idea al riguardo).
Per quanto riguarda il periodo dei Savoia in Sicilia, credo che in questo articolo non dovremmo andar oltre dei brevi cenni. Qualche notizia di maggior dettaglio penso potrebbe essere inserita in un articolo relativo al periodo di Viceregno, in quanto (seppure non completamente corretto) il periodo è temporalmente inserito tra il Viceregno spagnolo e quello (breve) austriaco. In questo articolo (Regno delle Due Sicilie) credo (per 'facilità' di lettura) che non dovremmo inserire notizie anteriori al 1734, escluso 'cenni', link e 'rimandi'.
Comunque pensiamoci ancora. Bye. Retaggio 13:52, Gen 31, 2005 (UTC)

Qualche doverosa precisazione

Credo che le questioni sollevate da Silla e Frà Diavolo siano fondate. Dovremmo comunque concordare sul metodo. Ho parlato di "fugace apparizione dei Savoia" perchè, la brevissima permanenza e l'assenza di attività incisive (le cose non sono antitetiche...), escluderebbero - in quel contesto - la necessità di dilungarsi. Tanto più, immagino (onestamente, non sono andato a vedere) che, sub Savoia, l'evento che assicurò al casato la dignità regia è stato (è..sarà) adeguatamente trattato. Nel caso, ma sono disponibile a rivedere la mia posizione, sarebbe solo una digressione. Più articolato il discorso sull'origine del nome che, sempre in questa pagina, ho affrontato al punto 1.2 il 16 gennaio, attirando l'attenzione su un documento non secondario, la Bolla pontificia di investitura di Carlo d'Angiò, in cui si parla di "amendue le Sicilie". Il fatto che l'espressione venga usata da chi si attribuiva il potere di legittimare i sovrani (non a caso tali "per grazia di Dio") in un momento (1265) anteriore anche ai Vespri, mi sembra meritevole di un ulteriore approfondimento, al di fuori dell'articolo, per non appesantirlo.Bye.--Emmeauerre 13:31, Gen 31, 2005 (UTC)

Salve, visto che praticamente siamo tutti d'accordo, ho provato a risistemare l' origine del nome. Naturalmente se non va bene possiamo sempre tornare alla versione precedente. Mi scuso ancora per il tempo fattovi perdere in una faccenda di pura forma. Saluti--Frà Diavolo 14:52, Gen 31, 2005 (UTC)

Ultima modifica di Fra' Diavolo

Sono piuttosto perplesso, non per la sostanza quanto per la forma. Concetti quali "autarchia" e "nazionalizzazioni" non mi sembrano pertinenti. Si deve considerare che nelle Due Sicilie lo Stato era propenso ad intervenire in quelle iniziative che ravvisava come strategiche,però lasciando all'iniziativa privata, anche negli stessi settori, campo libero in seconda battuta.

Emblematico il caso delle ferrovie: concessione ai privati per la costruzione della rete (comunque secondo i programmi governativi) e l'esercizio della stessa, ma intervento diretto dello Stato a monte.

Infatti, lo stabilimento di Pietrarsa sorse al precipuo fine di produrre in loco (su licenza inglese)locomotive, carrozze,nonchè macchine a vapore per il settore navale ma anche per creare una nuova categoria di lavoratori specializzati per affrancarsi dalla dipendenza dall'estero (Inghilterra in specie).

Curiosamente, tutto ebbe origine dalla crisi degli zolfi, allorchè Ferdinando apprese con disappunto che l'atout che riteneva di avere in una disputa che la presenza dell'Home Fleet spingeva allo showdown militare, e cioè il disporre delle uniche navi militari a vapore nel Mediterraneo, si rivelò una scartina. Infatti, il personale di macchina, britannico, fece sapere che mai e poi mai avrebbe portato le navi borboniche a impegnare quelle della loro madrepatria.

Le Due Sicilie non pensarono mai a una nazionalizzazione degli zolfi (unica risorsa che, per facilità di estrazione, aveva assunto rilevanza internazionale, per quei paesi che avevano già avviato un'industria di rilievo, cioè Inghilterra e Francia) ma solo a venderli a migliori condizioni.

I trattati di commercio in essere sia con i Paesi europei, Impero ottomano e russo, Stati Uniti, Brasile e via dicendo non credo si concilino con tendenze autarchiche, non pensi?--Emmeauerre 13:47, Feb 1, 2005 (UTC)


il 1848 a Napoli

Allora, 82.55.69.110 sono sempre io, non mi va l'anonimato. Però mi sta venendo un dubbio, sto forse contravvenendo a qualche regola? Infatti, è la terza volta che metto giù questa precisazione in questa pagina. Una prima volta è andata a beatissime donne perché doveva esserci un po' di traffico, il collegamento era lentissimo e infine impossibile. Però, poco fa, era andato, almeno così mi è parso...non è stato per caso cancellato ? In sostanza. oltre a qualificarmi, volevo giustificare l'intervento. Penso infatti che il 1848 vada opportunamente trattato e contestualizzato sia a livello italiano che europeo. Ho tentato, ma non mi soddisfa troppo, di evidenziare, anche nella sequenza temporale, avvenimenti e prese di posizione da parte dei principali "attori". Noto infatti che se proviamo a mettere in fila gli eventi più significativi di quei mesi, la classica lettura ufficiale "giuramento/tradimento/repressione" appare alquanto riduttiva. A solo titolo d'esempio, dopo il 15 maggio come noto fu sciolto il Parlamento ma, ristabilito l'ordine anche nelle provincie, il 15 giugno furono nuovamente convocati i comizi elettorali e il 1° luglio 1848 si tenne la prima seduta del Parlamento. Inoltre, i deputati erano, in massima parte quelli eletti nel precedente aprile. Mi piacerebbe sentire in tema gli amici Retaggio (bentornato!), Fra' Diavolo (siamo fermi a "nazionalizzazione" e "autarchia", che vogliamo fare?) e Lucio Silla.--Emmeauerre 17:08, Feb 3, 2005 (UTC)

D'accordo con Emmeauerre sul '48, da ampliare riguardo la nuova convocazione e 'rinvio' del parlamento. Vorrei anche porre una questione minore (a Fra Diavolo): stavo per cambiare le parole "inutili e falsi pettegolezzi" riguardo Settembrini, poi mi sono (temporaneamente) fermato. Seppur non 'sbagliato', vorrei trovare una forma più 'enciclopedica' e meno da 'gossip'... Cosa ne pensate? Bye. Retaggio 11:08, Feb 4, 2005 (UTC)

Salve a tutti, ho provato a sistemare le frasi contestatemi, naturalmente non avrei avuto nulla da obiettare se le avessi trovate modificate (anzi)...purtroppo in questi giorni non ho tanto tempo da dedicare a wiki, mi sto limitando a dare un'occhiata alle ultime modifiche. Ciao e buon lavoro.--Frà Diavolo 12:02, Feb 4, 2005 (UTC)

Al di qua o...al di là..? ah, saperlo, saperlo..

Caro Lucio, no, stavolta non è opinabile, o di qua, o di là...non sono d'accordo sulla tua correzione. Ma non vado a correggere perché ne voglio prima ragionare.

Per prima cosa, dobbiamo stabilire il "punto di vista" di chi ha usato questa terminologia. Ebbene,furono gli Angioini ad introdurla, ovviamente DOPO aver perso la Sicilia Sicilia che, per l'appunto, diventò "real dominio al di là del Faro".

E, del resto, se ci pensi facendo riferimento a quel momento storico, gli Aragonesi subentrati agli Angioini non si vedevano ancora sicuri nel nuovo dominio (ne fanno fede i termini della pace di Caltabellotta che, in pratica equivalevano a dire "be', per ora restate pure, ma sia chiaro, siamo noi Angioini a concederlo, poi tutto deve tornare come prima..."). Difficile, quindi, che impiegassero una dizione sicuramente provocatoria, in quella fase.

La terminologia si è poi così radicata nell'uso da permanere anche durante il periodo borbonico e qui disponiamo di ogni sorta di documento a soccorrerci. Il caso vuole che qualche tempo fa, su una bancarella di Ancona abbia trovato, in ottime condizioni un volumetto intestato "Collezione delle leggi e de' Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie - Anno 1852" - Semestre II da luglio a tutto dicembre. Napoli Dalla Stamperia Reale 1852. In pratica, la raccolta semestrale di quella che oggi è la Gazzetta Ufficiale.

In una congerie di provvedimenti, dai più minuti a quelli di peso (fra l'altro i criteri fissati per il regolamento edilizio di Messina, assolutamente moderni..) troviamo il "Decreto che fissa la contribuzione fondiaria né reali dominii al di qua del Faro per l'anno 1853" che vengono nel corpo del provvedimento analiticamente indicati: Napoli, Terra di Lavoro, Principato citeriore, Basilicata, Principato ulteriore, Capitanata, Terra di Bari, Terra d'Otranto, Calabria citeriore,Seconda Calabria ulteriore, Prima Calabria ulteriore, Molise, Abruzzo citeriore, Secondo Abruzzo ulteriore, Primo Abruzzo ulteriore.

Penso che l'argomento sia esaurientemente sviscerato, ti pare? O avevi qualche diversa risultanza? Ciao.--Emmeauerre 13:33, Feb 4, 2005 (UTC)

Per Retaggio, grazie, la forma è nettamente migliorata. Ho solo fatto un piccolissimo ritocco,"sostanzialmente sul mercato interno" invece che "anche sul mercato interno" che presupporrebbe una presenza di manufatti italiani sui mercati esteri (a parte le produzioni agricole).Bye.--Emmeauerre 13:50, Feb 4, 2005 (UTC)


Ciao.
Una precisazione preliminare.
Ho effettuato la modifica senza prima aver aperto
il dibattito, in quanto, in un recente passato,
(vedi pagina di discussione di Valentiniano II),
avendo aperto il dibattito prima di una modifica,
sono stato cortesemente invitato ad evitare tale procedura.
Sarebbe il caso di trovare una linea univoca.
Ciò detto, chiarisco subito che la dicitura da me
introdotta in variazione della precedente discende dalla
consultazione di tre Atlanti storici più un testo e non ho ancora
completato la consultazione di altri testi in mio possesso.

  • Atlanti:
  1. Touring Club Italiano, ediz. 1997, pag. 49
  2. De Agostini per Panorama, ediz. 2003, pag.162
  3. Ist. Geogr. De Agostini, ediz. 2004, pag. 241
  • Testo
  1. Montanelli, Storia d'Italia, Ediz. RCS 1997, Vol. 2°, pag.22

Tutte le cartine presenti negli atlanti citati,
nonché quella presente nel testo, concordano nel
denominare l'Italia meridionale peninsulare come
"Regno di Sicilia al di là del faro".
Posso scannerizzare le immagini e inviartele via
e-mail se mi fornisci l'indirizzo.
Sarebbe più difficile, per ovvie ragioni di
violazioni di copyright, utilizzare it.wiki.
In vero, ho anche ragionato un po'.
Se parliamo di Regno di Sicilia al di qua o
al di là del faro, mi sembra più logico che il punto
di vista sia (ora come allora) la Sicilia e non Napoli.
Se è vero ciò, il "di là" dovrebbe essere
l'Italia meridionale peninsulare.
Fin qui la mia ricerca e la mia opinione.
Non conosco il volumetto da te citato.
Ovviamente chiedo lumi.
Saluti cordiali.

Purtroppo....

Mi devi consentire, ma, purtroppo, in specie le edizioni più recenti non di questa o quella specifica casa editrice, presentano svarioni clamorosi perché è scomparsa la figura del correttore di bozze. Ora, a titolo di esempio, sono socio vitalizio nr.09711 (Club del secolo) e nr.2285759j (ordinario) del Touring Club e con questo son due anni che rilevo e segnalo inesattezze. Ti propongo un giochetto: serie "l'Italia prima dell'Italia" "Napoli,una capitale e il suo Regno" a pag. 9, cartina del Regno. Guarda, se non l'hai, consultalo in una libreria, è scoraggiante... Quanto a Indro Montanelli e la sua Storia d'Italia, brillantissimo volgarizzatore, ma spesso superficiale e legato a formule precotte.

Il volumetto è semplicemente la raccolta ufficiale degli atti ufficiali del Regno nel II semestre 1852. Domani, scannerizzo e ti invio pagina e frontespizio.--Emmeauerre 20:11, Feb 4, 2005 (UTC)

Comunque, il mio e-mail è mdangelo42@aliceposta.it. Bye

Scusa, forse sono stato un po' brusco e magari ti sarò sembrato fissato e presuntuoso. In effetti, è un po' di tempo che mi dedico alla caccia all'errore e, t'assicuro, talvolta c'è da restare sconcertati per la superficialità e la mancanza di qualsivoglia verifica. Non sono un esperto di inglese, però "giochi di ruolo" come traduzione di play role mi ha sempre sconcertato. Era forse troppo banale "parte" (intesa come ruolo in un copione teatrale...)? Da anni abbiamo avuto, e non c'è verso di correggerlo, "inciucio" come sinonimo di pastrocchio/accordo pasticciato (più o meno immondo), laddove ogni buon napoletano sa (o dovrebbe sapere) che significa "pettegolezzo". Case editrici specializzate in testi geografici viaggiano imperterrite con le Isole Pontine, laddove la corretta dicitura è Isole Ponziane, perché con l'Agro Pontino non hanno nulla a che fare, salvo lo scippo operato in epoca fascista ai danni della provincia di Caserta (soppressa). Mò, facciamo così, mandami pure tutti gli estremi di quei testi. Per quanto mi riguarda, scriverò alla Case editrici, segnalando l'erronea indicazione. Due parole, però sul tuo ragionamento. Come noto, Regno di Sicilia è rimasto come denominazione anche dopo la conquista del meridione continentale. Il problema inizia col trasferimento della capitale: tenuto conto che dal 1265 al 1861 capitale è stata Napoli e i Sovrani, ovviamente, vedono le cose dal proprio punto di osservazione (specie in monarchie assolute), sei proprio certo che i Sovrani da Napoli si vedessero come se fossero stati a Palermo ? Non ti lasciar ingannare dalla "Sicilia", anche perchè, in effetti, la dicitura corretta è "Reali dominii al di qua... e al di là". Per ora, lasciamo tutto congelato, voglio sentire anche il Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, perché dobbiamo stare alla documentazione ufficiale, quando ci troviamo di fronte a problematiche del genere...(chissà cosa penseranno di noi gli altri wikipediani estranei alla diatriba..).Bye--Emmeauerre 20:11, Feb 4, 2005 (UTC)


Ciao.
Ti ho spedito le immagini della cartografia.
Penso che Montanelli si sia limitato soltanto a
scrivere i testi e non abbia mai disegnato cartine.
Nella cartografia che ti ho inviato
ho notato che mentre la dicitura "Al di là del Faro"
è sempre riportata, l'altra non è riportata
da nessuna parte, ma soltanto Sicilia-Trinacria.
Che vorrà dire?
Per quanto riguarda il volumetto sulle
contribuzioni fondiarie (che non conosco),
si potrebbe anche pensare che essendo stato
stampato nel 1852, in pieno
Regno delle Due Sicilie, cioè Regno unito
e capitale Napoli e non più Palermo,
la dicitura "al di qua del Faro", adoperata
nel volumetto, stesse ad indicare soltanto
il punto di vista geografico dalla capitale.
Diversamente non si spiegherebbe la necessità
di elencare anche le Regioni ubicate
"al di qua del Faro".
O no?
Chiedo lumi.
Saluti cordiali.

Buondì Lucio Silla (na' curiosità, ma gli altri dove si stanno nascondendo?). Stanotte, rientrato dal ballo (la moglie sul punto non transige...) ho scartabellato qualche testo ma l'argomento - che pure tante volte mi son trovato sotto al naso - sembra si sia volatilizzato, al massimo qualche indicazione ambigua. Scusa riprendo più tardi, magari passiamo sulle nostre pagine di discussione per non appesantire questa, ok?--Emmeauerre 12:44, Feb 5, 2005 (UTC)

Salve a tutti... rispondo alla Vs. curiosità: non mi sto nascondendo, sono solo un po' temporaneamente impegnato per lavoro.
Quanto alla questione del 'Faro' vi sto 'leggendo'. Anche io ho trovato riferimenti di atlanti storici (De Agostini, in particolare) che parlano di 'Trinacria' e 'Al di là' per Napoli, come se il punto di vista fosse la Sicilia (e non Napoli). È possibile anche che con i secoli il 'punto di vista' sia cambiato (diventando Napoli). Mi sto facendo l'idea che 'Regno di Sicilia al di qua del faro' e 'Reali Domini al di qua del faro' non indichino la stessa cosa; d'altra parte tra le due locuzioni ci passano quattro secoli...
Ci risentiamo comunque tra qualche giorno. Bye. Retaggio 18:16, Feb 7, 2005 (UTC)


Ho effettuato le ultime modifiche con un po' di disagio, non vorrei sembrare prevaricatore, la ricerca su l'aldiqua e l'aldilà è apertissima, però in questa voce, Due Sicilie, cioè Regno borbonico, i documenti che ho inviato per posta a Lucio Silla (sono ancora alle prime fasi per certe finezze tipo allegati) non dovrebbero dare adito a dubbi. Mi accorgo piuttosto che non ho risposto a un suo quesito, cioè il perché di un'elencazione minuziosa in un atto legislativo: proprio perché gli interessati, vuoi quali aventi diritto, vuoi perché soggetti ad obblighi devono essere certi e sicuri. Naturalmente, Amministrazioni oscurantiste, come la borbonica, si limitavano a banalissime elencazioni, prive di qualsiasi fascino. Volete mettere,quanto più belli gli atti secondo il collaudato "stile" che, talvolta, siamo obbligati a leggere ? Tanto per intenderci, un atto come il decreto sulla contribuzione fondiaria, nel "buroitalianese" sarebbe più o meno: "...soggetti all'imposizione di cui all'art. 1, le aree individuate al comma 3, art. 8 DPR 10/85 modificato ai sensi del DL 87/90 conv.L. 115 12.7.90 e integrato dal disposto....ovvero come andare avanti all'infinito senza farsi assolutamente capire". Naturalmente, mi fermo qui.--Emmeauerre 17:04, Feb 8, 2005 (UTC)

Decisamente, ieri una giornata no...chi ha letto sopra si starà chiedendo di quali modifiche stia farneticando, possibile che non le abbia salvate? O mi sono state cancellate, ma in tal caso le ritroverei in cronologia, giusto ? Le vado a inserire. bye, --Emmeauerre 11:35, Feb 9, 2005 (UTC)


Suddivisioni del regno

Trovo l'articolo molto interessante, anche perché conosco poco la storia del Regno delle due Sicilie. Mi incuriosisce la suddivisione del regno in Terra di Lavoro, Calabria ulteriore ecc. Se posso suggerire una linea di ricerca, mi piacerebbe che venissero indicati anche i confini geografici di queste suddivisioni e magari saperne di più sulla loro funzione amministrativa. --Paolo da Reggio 11:45, Mag 2, 2005 (CEST)

Sono d'accordissimo... e ti dirò di più: se scorri questa pagina troverai due nomi di utenti "espertissimi" della questione (hanno fatto faro di Messina, per intenderci) e che non aspettano altro che qualcuno vada a "pizzicarli" sulle loro pagine utente, a "rompergli le scatole" fino a quando non ne possono più e decidono di mettersi a fare questo lavoraccio...;-)
Ah, ovviamente io non ti ho detto niente! ;-) Bye. Retaggio 23:09, Mag 2, 2005 (CEST)


Correzione

Nel testo dell'articolo dove si dice che Amatrice e Cittaducale erano parte del Primo Abruzzo Ulteriore dovreste corregere che erano parte del "Secondo Abruzzo Ulteriore" e non del Primo.

Ciao Fernando i cui avi risiedevano nel Secondo Abruzzo Ulteriore

Rivedere è sempre meglio

Son ricapitato in zona perchè cercavo una notizia e, rivedendo a distanza di tempo lo schema di suddivisione amministrativa mi è apparso incongruo partire da una ripartizione regionale all'epoca inesistente. Molto più logico elencare le Provincie allora esistenti, raggruppandole in modo da riferirle alle attuali Regioni --Emmeauerre 00:40, 8 apr 2007 (CEST)

Regno delle Due Sicilie

L'incipit: Regno delle Due Sicilie è il nome che il re Ferdinando IV di Borbone dette al suo regno, comprendente la Sicilia, la parte meridionale della penisola italica e alcune isole minori, dopo la fine dell'era Napoleonica e la restaurazione del 1816.

è incorretto, la denominazione Regno delle Due Sicilie è già in uso con Murat (e forse financo con Giuseppe Napoleone).


(sposto qui di seguito intervento anonimo fuori cronologia aggiunto alle 16:05, 26 lug 2007 da 79.0.181.113 --Piero Montesacro 16:08, 26 lug 2007 (CEST)) MOLTO PRESTO GLI STORICI MERIDIONALI, INIZIERANNO PURE AD AFFERMARE CHE IL FU REGNO DELLE DUE SICILIE: ERA LO STATO PIù AVANZATO D'EUROPA. pietro


Questo articolo andrebbe rivisto in senso più imparziale: è chiaramente sottoposto al vandalismo del gruppo di sognatori del sud che dev diventare indipendente per entrare in una nuova fantastica era di progresso, i quali devono cercare motivazioni storiche per giustificare i loro fantastici sogni.

<< Sei patetico. Sei il solito settentrionale che ha terrore per la verità. Se questa emergesse completamente, molte delle vostre convinzioni cadrebbero come un castello di carte, ecco perchè la temete e cercate di coprirla in tutti i modo. Vergognatevi. Wikipedia non è per nulla imparziale, ma filo-settentrionale al massimo.>>


«[ ... ] Ogni giorno che passa diventa sempre più vivo in me il dubbio, se non sia il caso di solennizzare il cinquantennio [dell'Unità] lanciando nel Mezzogiorno la formula della separazione politica. A che scopo continuare con questa unità in cui siamo destinati a funzionare da colonia d'America per le industrie del Nord, e a fornire collegi elettorali ai Chiaraviglio del Nord; e in cui non possiamo attenderci nessun aiuto serio né dai partiti conservatori, né dalla democrazia del Nord, nel nostro penoso lavoro di resurrezione, anzi tutti lavorano a deprimerci più e a render più difficile il nostro lavoro? Perché non facciamo due stati distinti? Una buona barriera doganale al Tronto e al Carigliano. Voi si consumate le vostre cotonate sul luogo. Noi vendiamo i nostri prodotti agricoli agli inglesi, e comperiamo i loro prodotti industriali a metà prezzo. In cinquant'anni, abbandonati a noi, diventiamo un altro popolo. E se non siamo capaci di governarci da noi, ci daremo in colonia agli inglesi, i quali è sperabile ci amministrino almeno come amministrano l'Egitto, e certo ci tratteranno meglio che non ci abbiano trattato nei cinquant'anni passati i partiti conservatori, che non si dispongano a trattarci nei prossimi cinquant'anni i cosiddetti democratici». Cfr. Lettera di G. Salvemini ad A. Schiavi, Pisa 16 marzo 1911, in C. Salvemini, Carteggi, I. 1895-1911, cit., pp. 478-81.

Riportato in Federalismo, socialismo e questione meridionale in Gaetano Salvemini, Lucchese Salvatore - Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita, 2004, pag. 117 --Alfovel >> Contattami qui! 16:24, 24 nov 2007 (CET)

Il regno delle Due Sicilie è un regno restaurato, per cui inserire più ampiamente le info relative al periodo napoleonico rispetto alla voce Regno di Napoli potrebbe presentare problemi di pov. Anche dal punto di vista storiografico la politica dei borboni cambia radicalmente con la nascita del Regno delle due Sicilie per cui è doveroso fare le dovute distinzioni: ho aggiunto quanche info alla voce Regno di Napoli, le stesse che credo andrebbero ridotte in Regno delle Due Sicilie... --Wento 12:14, 2 dic 2007 (CET)

Sicilia ulteriore/Sicilia citeriore

In risposta ad alcune note espresse nelle precedenti discussioni segnalo che in età borbonica prima di Murat i due regni erano divisi in regno di Sicilia citeriore (Regno di Napoli) e regno di Sicilia ulteriore (Regno di Sicilia), con un solo re ma due differenti corone. --Wento 15:01, 3 dic 2007 (CET)

Altre info

Qualche altra info sui titoli regali del periodo napoleonico è disponibile in francese qua --Wento 21:08, 5 dic 2007 (CET)

Sicilia citra e Sicilia ultra (dalla stessa wikipedia)

cfr: Faro di Messina#Documenti e bibliografia --Wentofreddo 11:03, 8 dic 2007 (CET)

Bibliografia e riflessione

Ciao a tutti...Una curiosità? Nella bibliografia trovo tutti testi datati e, in netta maggioranza, di fede "neo-borbonica". Poi, però, si cita Francesco Saverio Nitti, fuori dal contesto della questione meridionale, cui quegli scritti invero si riferivano, per utilizzarli in modo palesemente distorto. Mentre, ad esempio, manca del tutto qualsiasi riferimento agli studi, abbondantissimi, della storiografia liberale, da Benedetto Croce a Federico Chabod, da Rosario Romeo per arrivare sino a Pescosolido e a Galasso. Ma, a ben vedere, è stata esclusa anche quella "marxista". Sarà un caso? Almadannata 19:48, 7 dic 2007 (CET)

in un certo senso sono prerfettamente d'accordo con te... anche a me sembrava piena di problemi di NPOV questa voce che ho cercato di sistemare. Ora però sono "impegnato" (si fa per dire) nel vaglio della voce Regno di Napoli e non posso fare di più. La bibliografia è evidentemente scarna e pov, ma wikipedia è piena di voci del genere in cui l'uso delle fonti è arbitrario e spesso di parte, soprattutto quando si tenta di legittimare delle identità territoriali deboli; al di là della nota sulla storiografia marxista, che ritengo corretta, ma secondaria se si considera il fatto che in Italia Marx a partire dallo stesso Labriola, dagli hegeliani, e dai contemporanei come il profio Borchia è interpretato malissimo, tanto da rendere le opere storiche relative abbastanza vecchiotte, è giusto come dice Almadannata rivedere l'intera voce, alla luce di tutte le interpretazioni, vecchie e nuove, pedanti o efficaci che siano :-) --Wentofreddo 11:16, 8 dic 2007 (CET)
"Scienze delle Finanze" contiene l'analisi e i dati di alcuni primati. Quindi di distorto non vi è nulla. Lo so il titolo inganna, ma va anche letto il libro prima di sparare sentenze.--81.75.222.65 02:07, 10 dic 2007 (CET)
Caro Wentofreddo nella storia ricordati di non dare nulla per scontato, la ricerca della verità ha inizio solo quando proviamo ad analizzare e a mettere in discussione ogni credenza che riteniamo cara, "entità territoriali deboli"? Occorre riportare un pò di verità celata dalla mitizzazione necessaria e ora non più di avvenimenti storici. Ti consiglio come inizio di vederti la puntata di Ulisse sul "Regno delle Due Sicilie". ;) --81.75.222.65 02:26, 10 dic 2007 (CET)

Sarebbe troppo facile rispondere, con dati alla mano, ma non ne vale la pena, dato l'anonimato, no? Relativamente al libro, che ritengo non sia l'unico ad averlo letto, ho detto che esso deve essere collocato nel contesto della questione meridionale, cui proprio Nitti ha portato un autorevole contributo...Ma qui non si tratta di leggere un libro, si tratta di sistematizzarlo e interpretarlo all'interno di un quadro più complesso...Leggere un libro è facile, ma bisogna anche capirlo, no? L'altra risposta spetterebbe a Wentofretto; tuttavia, produrre come fonte un programma televisivo, per quanto ben fatto, rappresenterebbe asserzione - come suol dirsi - priva di pregio. Almadannata 11:54, 10 dic 2007 (CET)

senza polemica rispondo ad entrambi: perchè dovrei ritenere affidabile un programma di un tale che fa 4 puntate sulla storia di Roma, dalla fine dell'impero romano al '600, decantandone la gloria monumentale, il mecenatismo e la rinascita gloriosa, senza trattare minimamente l'usura o le lotte ghibelline nelle Marche e in Umbria e, solo perchè certi storici polacchi hanno cominciato a farlo, considera i giacobini alla stregua dei nazisti? Ancora una volta prendo posizioni filofrancesi, ma preciso: Dio mi liberi dall'essere un giacobino! :-) :-P --Wentofreddo14:35, 10 dic 2007 (CET)
Caro Almadannata, se è stato inserito quel libro nella bibliografia ci sarà una ragione, no? A che serve la bibliografia? Vorrà dire che parte di ciò che è scritto è stato attinto da quel libro. Mah!--Alfovel >> Contattami qui! 19:04, 16 mag 2008 (CEST)

Collegamenti esterni

Ho ritenuto opportuno riportare il collegamento esterno, a suo tempo aggiunto da Guy Stair Sainty, nota autorità di fama internazionale nel campo dell'araldica e della genealogia, perchè attualmente esistono due persone che rivendicano il titolo di Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie. Vi prego di non toglierlo. --Vittorio bordo (msg) 23:52, 9 apr 2008 (CEST)

Lingua napoletana

Guardate che la lingua napoletana era ufficiale, tant'è vero che era prevista come lingua per la difesa nei processi penali. Inoltre, erano ufficiali anche il francese e lo spagnolo ed era correntemente usato il catalano. --84.223.209.151 (msg) 23:09, 19 ago 2008 (CEST)

Sicilia

Manca la divisione amministrativa in province dei dominii al di là del faro, riportandosi soltanto la divisione in valli. --Crisarco (msg) 14:16, 8 ott 2009 (CEST)

Appunti di un anonimo

Il primo luglio 1820, alla notizia che in Spagna era stata ripristinata la Costituzione concessa nel 1812 da Giuseppe Bonaparte, insorse a Nola un gruppo di militari capeggiato dai sottotenenti Michel La Constituzione spagnola di 1812 non fu concessa da Giuseppe Bonaparte. Fu proclamata a Cadiz dalla resistenza spagnola. Infatti, non reconosceva il governo del re imposto. Aveva un carattere liberale e fu abolita dopo la sconfita di Napoleone dal re Fernando VI, tra il 1814 ed il 1820. Fu abolita, respristinata, modificata, eccetera, più volte).

(Mi dispiace per l'italiano. La fonte può essere la stessa Constituzione) José Luis.

La decadenza del meridione e il brigantaggio

Non mi pare che abbia molto a che fare con il titolo dell'articolo "Regno delle due sicilie". Mi pare si parli piu' di Italia unita che del resto. Vengono, ad esempio, citati l'intervento dell'esercito italiano e l'imposizione di tasse successive alla dissoluzione del regno. In pratica, taglierei l'intera sezione

Modifica sulla mappa del Regno delle Due Sicilie

La cartina è stata FURBESCAMENTE modificata dal dell'utente utente:Reghion, dalla cronologia sono visibili le modifiche in data 11 aprile, il furbo ha eliminato CATANZARO ed ha inserito REGGIO. Questo tipo di comportamento è odioso è mette in cattiva luce tutti gli utenti calabresi che cercano di migliorare i contenuti delle pagine. Chiedo un intervento da parte degli amministratori. Grazie. --87.17.7.173 (msg) 20:56, 8 mag 2010 (CEST)

E' stato fatto su commons, non qui su it:wiki. (vedi http://commons.wikimedia.org/wiki/Special:Contributions/Rhegion ) Bye. --Retaggio (msg) 17:06, 10 mag 2010 (CEST)

Scusa ma nn sono daccordo con il ripristino della mappa, visto che è stata modificata senza alcun motivo. Semmai andrebbe rispristinata l'originale! Se mi spiagate come si fa lo faccio io!! --79.34.101.69 (msg) 15:44, 11 mag 2010 (CEST)

L'ho ripristinata io, ho controllato questo utente "furbacchione", nella sua cronologia su commons si mezzo di pazienza ha modificare tutte le mappe, eliminando Catanzaro ed aggiungendo Reggio. Poteva benissimo aggiungere la sua città senza eliminare le altro. Comunque ora le prendo di punta è le rimodifico tutte! --Apokolo (msg) 16:40, 11 mag 2010 (CEST)

A proposito, ma come si fa a caricare un immagine su commons? --Apokolo (msg) 16:42, 11 mag 2010 (CEST)

@ IP, ripeto: l'immagine è di commons, non di wikipedia. Qualunque modifica deve essere effettuata lì. Saluti. --Retaggio (msg) 22:19, 11 mag 2010 (CEST)

Acqua corrente portata nelle case

Mi è stata tolta, senza discussione, la frase che riportava questo primato per Napoli, presa e correttamente referenziata ad un documentario di Alberto Angela per la RAI, dicendo che già lo facevano i romani. Ci sono fonti per questo?

Sesto Giulio Frontino, paragrafo 84 [2]--Hal8999 (msg) 13:47, 4 set 2010 (CEST)
Là si parla di acquedotto, non di acqua corrente portata nelle case. Le fontane ai tempi di Roma erano fuori dalle case. Ai tempi di Roma non c'era il sistema fognario presente a Napoli per cui non potevano portare l'acqua nelle case.Giovanni D. (msg) 14:29, 4 set 2010 (CEST)
gia', infatti la cloaca massima l'hanno costruita i venusiani. Frontino parla chiaramente di 338 quinnarie (cioe' circa 160 litri al secondo) destinati ad abitazioni private del solo acquedotto Aqua Virgo --Hal8999 (msg) 14:49, 4 set 2010 (CEST)

"Mentalità imprenditoriale"

Scusate ma dove sta mai scritto che i cittadini delle Due Sicilie avevano scarsa mentalità imprenditoriale? Può mai essere serio un articolo in cui si dice che gli imprenditori autoctoni del sud erano pochi (questo è tutto da dimostrare poi) perchè avevano scarsa mentalità imprenditoriale? Questo significa tralasciare ogni correttezza storica, e mi sembra davvero disdicevole che le modifiche apportate ad un simile obbrobbrio vengano continuamente cancellate. Saluti.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Bacefik (discussioni · contributi).

la fonte e' indicata nel testo.--Hal8999 (msg) 19:53, 19 ott 2010 (CEST)
La fonte è Angelo Massafra (meridionale), professore ordinario di storia moderna presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Bari. Anche io inizialmente sono rimasto sconcertato da quell'affermazione (e fidati, adesso è migliorata rispetto a com'era inizialmente!), ma quanto espresso dal Massafra è, ovviamente, solo un giudizio personale, non un dato misurabile, quindi lascia il tempo che trova (nun te pigla' collera :)). In realtà, nelle Due Sicilie, il principale imprenditore era lo stato e ciò potrebbe spiegare una minore propensione all'attività imprenditoriale da parte dei privati. Con un po' di tempo e pazienza potresti trovare qualche altra fonte valida ed affiancarla a quanto riportato già nella voce --The White Lion (msg) 16:09, 21 ott 2010 (CEST)

Non è solo la sua opinione è anche quella di Castronovo. E' probabilmente attinente dato che le principali industrie meridionali erano statali.--Harrod (msg) 22:59, 4 nov 2010 (CET)

Anche se il tono sembra essere un pò antiborbonico in alcune parti, il lavoro di Massafra è basato su fonti esterne. Per controbattere quanto scritto ci vuole un'altra fonte. --Generale Lee (posta) 01:29, 5 nov 2010 (CET)

Non è antiborbonico, è semplicemente storico. Gli storici dicono questo Cipolla, Castronuovo, lo stesso Nitti citato nelle stesse fonti di questa pagina quando descrive l'industria meridionale preunitaria la definisce quasi inesistente a eccezione delle fabbriche governative--Harrod (msg) 00:29, 6 nov 2010 (CET)

modifiche IP 93.35.150.45

ho ripetutamente chiesto all'utente (ora vedo che ha già postato qui pur non firmandosi), di inserire fonti per le modifiche in questione anziché provvedere direttamente al rollback perché almeno in qualche misura (per la mia modesta conoscenza dell'argomento) appaiono avere fondamento e se non altro potrebbero essere dibattute. Ne lascio traccia qui e mi segno di controllare domani se le fonti siano finalmente apparse.--Shivanarayana (msg) 00:59, 20 ott 2010 (CEST)

Ho provveduto a rimuovere gli interventi dell'IP in questione e riportare la voce all'ultima versione dell'utente:Generale Lee. I contributi dell'utente anonimo erano infatti tesi ad inserire le proprie affermazioni prima delle fonti già citate da altri (un caso) e sottolineare la presenza del latifondo nel Mezzogiorno in maniera più che ridondante - quasi ossessiva, sigh! (almeno 3 casi). --The White Lion (msg) 16:18, 21 ott 2010 (CEST)

l'inserimento scorretto tra testo preesistente e fonte l'avevo ovviamente rollbackato all'istante--Shivanarayana (msg) 00:05, 22 ott 2010 (CEST)

Vista la edit war, ho richiesto la protezione della pagina --TWL (msg) 00:40, 22 ott 2010 (CEST)

secondo WP:PP non mi pare abbia senso, l'IP è stato bloccato e credo proprio verrà ribloccato se riappare a fare le stesse cose --Shivanarayana (msg) 00:42, 22 ott 2010 (CEST)

Non ci avevo fatto caso. Viste le minacce mi sono premurato di farlo :) Male che vada, mi dicono di che non ci sono i presupposti ;) --TWL (msg) 00:52, 22 ott 2010 (CEST)

Dati di fatto contro i pregiudizi economici

Cari miei, i professori che dicono che la causa dell'arretratezza del sud è dovuta alla scarsa mentalità imprenditoriale dei suoi abitanti lasciano il tempo che trovano, non sono riportati dati a tal proposito e si tratta soprattutto di prese di posizione pregiudiziovoli animate da scarso amore per l'esattezza e dal pressappochismo di chi è già pregno di pregiudizi. Ora riporterò qui dei dati, che spero mettano a tacere queste insinuazioni. In primis riporto qui il dossier di Daniele-Malanima (basato sui dati dei PIL regionali dal 1871 ad oggi), del CNR e dell'Università di Catanzaro, che ci fa capire come al momento dell'unità non esistesse sostanzialmente alcuna disparità economica tra nord e sud:

"Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)"[3]

E riporto testualmente: "Gli elementi diretti per sostenere l’esistenza di un “divario storico" non sono molti; almeno quelli che concernono l’economia." "Questi pochi dati diretti sono in accordo con i risultati che possediamo per il trentennio che va dal 1861 al 1891. Sappiamo, infatti, che il prodotto agricolo pro capite era, nel 1891, superiore nel Sud del 10 per cento rispetto a quello del Nord. È ragionevole pensare che anche nel 1861 fosse superiore, almeno altrettanto (se non di più). Quanto all’industria, le recenti stime regionali elaborate da Fenoaltea (2001; 2003), hanno ridimensionato la distanza fra Nord e Mezzogiorno. La stima per il 1871 mostra una superiorità del Nord di circa il 15 per cento in termini pro capite. Per i servizi non disponiamo di stime fino al 1891, quando il loro valore in termini pro capite era superiore nel Nord (che include Roma) rispetto al Sud di un 10 per cento. Supponendo che nel 1861 il vantaggio del Nord nei servizi fosse solo del 5 per cento, che in agricoltura fosse lo stesso che nel 1891 e che nell’industria fosse più modesto che nel 1871, e ponderando i dati con la popolazione, troviamo infine che non esisteva, all’Unità d’Italia, una reale differenza Nord-Sud in termini di prodotto pro capite. Il divario economico fra le due grandi aree del paese in termini di prodotto sembra invece essere un fenomeno successivo. Pare di poter dire che esso cominciò a manifestarsi dalla fine degli anni ’70 e negli anni ’80." "La nostra ricostruzione induce, dunque, a ritenere che, alla data dell’Unità, non vi fossero differenze tra le due aree del paese" "Per i vent’anni successivi all’Unità l’entità del divario tra Nord e Sud rimane trascurabile: assai probabilmente non superò i 5 punti percentuali. Nel 1891, la differenza tra il Pil pro capite meridionale e quella del resto del paese è di 7 punti percentuali. Il declino del Mezzogiorno è un processo continuo fino alla metà del Novecento, mai interrotto da episodi di convergenza."

E rincaro la dose con un dossier della Banca d'Italia sulla crescita industriale nelle varie regioni italiane dall'unità ad oggi: "aspetti provinciali della crescita industriale nell’Italia postunitaria" [4]

Se guardate velocemente i dati dell'indice di industrializzazione noterete che la provincia di Napoli (la più popolosa d'Italia, che da sola aveva più abitanti di interi stati del nord), ancora nel 1871 -dopo 10 anni di stato d'assedio disastrosi per l'economia meridionale- possedeva un indice di industrializzazione pari a quello delle città del Triangolo industriale (Milano, Genova, Torino), e superiore a tutto il resto d'Italia. E quindi riporto testualmente: "A growing corpus of national and regional estimates has much improved our understanding of Italy's development in the decades that followed Unification. To that corpus this paper contributes the first-ever estimates of industrial production in Italy's 69 provinces, here obtained for the census years 1871, 1881, 1901, and 1911. This further disaggregation reinforces the principal revisionist hypotheses suggested by the regional estimates. The provincial figures thus confirm that a decade after Unification the old political capitals remained centers of (artisanal) manufacturing, that the industrially sub-average areas were then the Adriatic and Ionic peripheries of broader entities, that the industrial backwardness of the South evident on the eve of the First World War had not been inherited from Italy's pre-Unification history."

Spero che si tanga conto di questi dati economici e scientifici e che si cancelli finalmente da questa voce il concetto che afferma che la scarsa industrializzazione del sud è dovuta "alla scarsa mentalità imprenditoriale", in primis perchè è una falsità conclamata e poi perchè questi plebeismi intellettuali non fanno onore ad un'enciclopedia che vuole ritenersi seria. Spero che teniate conto di questo mio intervento dato che per suffragare l'ipotesi di un sud economicamnete più arretrato del resto d'Italia ho portato qui a prova indiscutibile dei solidi dati di fatto, e non le parole di qualche storicuncolo, dati che se non affermano il contrario dicono almeno che un divario economico tra nord e sud al momento dell'unificazione non esisteva. Cordiali saluti. 15:49, 19 dic 2010 (CET)Bacefik

Patrimonio: descrizione errata

Salve sono nuovo nelle discussioni wiki, ma la sezione Patrimonio della voce Regno delle Due Sicilie basata su una citazione di un libro di Nitti è errata nei dati e nelle sue conclusioni logiche. Per quanto riguarda il dato, FS Nitti non ha condotto studi statistici ma ha riportato in una nota a pagina 292 dell'edizione del 1903 di "Principi di scineza delle finanze" alcuni dati delle "monete degli antichi Stati italiani al momento dell'annessione". I dati nella tabella riportata corrispondono a quanto pubblicato in Nitti, ma questi sono parziali. Nitti prese quei numeri dallo zecchiere dell'epoca (una figura paragonabile al Cassiere Generale) per la conversione delle monete che durà fino a dopo la fine della prima guerra mondiale. Dati rivisti, corretti e di fatto definitivi sono pubblicati in "Gli istituti di emissione in Italia. I tentativi di unificazione 1843-1892" a cura di Renato De Mattia, Editori Laterza, 1990 (in particolare tab 3 a pagina 13). I dati sono più precisi, ripartiti in monete metalliche e cartacee, e differiscono, in alcuni casi anche sostanzialmente da quelli indicati da Nitti.

Comunque il punto è sul significato che viene dato a questi dati. La sezione dice che "il Regno Duosiciliano, secondo gli studi statistici di Francesco Saverio Nitti, possedeva un patrimonio di 443,3 milioni di lire oro (il più alto tra tutti gli stati preunitari e corrispondente al 65,7% di tutta la moneta circolante della penisola) etc..". Le monete di cui Nitti parla sono le monete in circolazione e in mano ai cittadini e che era necessario convertire, ad esempio da ducati in lire. Nulla ha a che fare la quantità di moneta circolante con il patrimonio di un Regno. L'esempio classico che tutti hanno sperimentato direttamente è quello della conversione lire e euro: si va in banca, si presentano le lire e si ricece il controvalore in euro. Il fatto che ci fossero più monete nel Regno delle Due Sicilie era ben noto e indicativo dello stato di arretratezza della regione. Questo fenomeno era noto all'epoca e veniva imputato al fatto che le monete marcivano negli scrigni dei proprietari assenteisti e che il Banco di Napoli teneva inattivi i depositi, invece di prestarli produttivamente. Oggi si direbbe che il sistema finanziario era meno efficiente e sviluppato.

Pertanto suggerisco di cancellare la sezione, o riscriverla completamente tenuto conto di queste osservazioni, che altrimenti pare dare il senso di un Regno ricco quando il dato oltre che errato non sostiene logicamente questa conclusione.


Utente:Francesco8868 (msg) 11 gennaio 2011

Ciao, la tua osservazione circa la quantità di (carta)moneta è corretta, ma lo è in uno stato dove la circolazione monetaria è a corso forzoso, ovvero, dove non ci sono riserve auree a copertura della cartamoneta emessa. Invece, negli stati dove è garantita la convertibilità (non in altre valute, ma in metallo prezioso) della cartamoneta, il quantitativo di moneta in circolazione indica esattamente il quanitativo di oro custodito nelle casse dello stato: ricordi Fort Knox? --The White Lion (msg) 23:27, 13 gen 2011 (CET)
A quanto correttamente osservato dal "Leone Bianco" aggiungo che non vi è motivo alcuno di "cancellare" una sezione. Semmai la si completa con le dovute - e verificate mediante l'uso di fonti certe e affidabili - diverse posizioni. Esistono, mi risulta, diverse teorie in merito alla ricchezza pro-capite del Regno delle Due Sicilie e, mi risulta, che non esista un bianco o nero. In fondo, se vogliamo, dovessimo studiare la Repubblica Italiana tra qualche anno presumo diremmo le medesime cose in merito alla situazione patrimoniale: avremmo chi sostiene che "superò la crisi globale" e chi sostiene che "eravamo con le pezze al..." ci siamo capiti. Il nostro dovere - e spero anche piacere - sta nel fornire quante più informazioni possibili, senza avere arte né parte. Quindi, leggittima posizione la Tua, ma di cancellare sezioni a prescindere è dannoso, oltre che rischioso.--Io' (msg) 16:24, 18 feb 2011 (CET)
Ciao, vi segnalo che nella discussione sulla questione meridonale abbiamo approfondito l'argomento (oro del banco di napoli reprise). Come si vede p.e. qui nitti spiega che quando è entrata in vigore la lira, nel regno delle due sicilie sono state ritirate il doppio delle monete che negli altri paesi. Questo viene messo in relazione all'abitudine di conservare i risparmi in forma di monete, e non c'entra niente con la patrimonializzazione dello stato (anzi, purtroppo è un'indicazione dell'arretratezza del metodo di risparmio, come da libro 'nascita di una colonia'). Oltretutto, non si tratta affatto di lire d'oro, primo perché la lira non era la moneta delle due sicilie, secondo perché equivarrebbe a una quantità d'oro spropositata, più di quanta ne possedeva 100 anni dopo l'intera banca d'italia. Nitti intende genericamente monete, quindi presupponibilmente la maggior parte d'argento (ma anche rame etc). Vi chiedo l'autorizzazione per correggere la voce. Midlander (msg) 16:50, 22 feb 2011 (CET)

Ho provveduto a riportare i dati raccolti dall'economista Morya Longo sulle finanze del Regno, pubblicati in occasione del 150° anniversario dell'unificazione su Il Sole 24 Ore. Inoltre ho riportato il testo del barone Savarese in cui è accuratamente spiegato lo stato delle finanze borboniche al momento dell'annessione, con un interessante paragone con le finanze piemontesi. Al di là del capitale circolante, che non viene nemmeno menzionato, vengono riportati molti altri indici di salute del patrimonio borbonico che ho provveduto a inserire nel paragrafo "nascita della questione meridionale". 15:01, 26 mar 2011 (CET)Bacefik

Caro Midlander, il sistema di risparmio del proletariato meridionale era si primitivo, ma come sottolinea lo stesso Savarese questo metodo "retrivo" di risparmio contribuiva a garantire la solidità finanziaria dello stato, senza intaccare lo sviluppo dell'economia. E' infatti da ricordare che negli anni precedenti all'unificazione ci fu, come dimostrato dai dati del Savarese, un sensibile aumento delle entrate statali Duo-siciliane (raddoppiarono, vedi nella voce) a fronte di una fiscalità che prevedeva da decenni solo 5 imposte. Al contrario il Regno di Sardegna, che finanziariamente era l'esatto contrario delle Due Sicilie, era sul punto di fallire, come ricorda lo stesso Zitara in "nascita di una colonia". Quindi se in Italia c'era uno stato che finanziariamente si poteva dire stabile e fecondo questo era indubbiamente il Regno delle Due Sicilie, si può dire che fosse retrivo, reazionario, ma fatto sta che questo stato retrivo aveva le migliori finanze in Italia. Ricordiamo che Rothschild scelse all'epoca come base in Italia proprio Napoli, non Milano o Torino. 09:14, 30 mar 2011 (CEST)Bacefik

toh, ci si reincontra. resta che 443,3 milioni non sono lire d'oro del patrimonio dello stato (è più di quanto banca d'italia abbia in magazzino oggi) ma il numero delle monete (di tutti i metalli) ritirate nel regno quando entrò in circolazione il nuovo conio. Direi che è ora di modificare la voce jMidlander (msg) 23:37, 4 apr 2011 (CEST)

nota per white lion: nonnò, si tratta proprio di MONETE e non di LIRE D'ORO (tra l'altro nel regno circolavano i ducati, perché avrebbero dovuto essere lire?) come da link già postato qui
In realtà, oltre al Ducato, circolavano diversi tipi di conio (sempre in oro o argento), comunque, avendo letto sempre di "milioni di lire in oro" ero convinto che Nitti avesse, in qualche modo, attualizzato il controvalore dei ducati nelle lire italiane della sua epoca. Ho provveduto a correggere anche la tabella. --theWhite Lion 19:35, 5 apr 2011 (CEST)

Sto provvedendo a leggere l'opera di Nitti "Nord e Sud", che potete trovare qui: http://www.bibliotecadigitalefondazionegramsci.org/index.php?option=com_flippingbook&view=book&id=3:opuscolo-171 E' davvero molto interessante, consiglio la lettura anche a Midlander che si occupa della voce "questione meridionale", sto cercando di trovare una volta per tutte questi numeri per evitare definitivamente fraintendimenti in futuro sulla questione delle monete e del patrimonio. 09:34, 9 apr 2011 (CEST)Bacefik

Successioni e Bandiere

Piccolo quesito impertinente, di tipo meramente tecnico. Nel template {{Stato storico}} vi è la successione cronologica, come ultima sezione (titolata "Evoluzione storica"). Ora, di solito notavo vi sono illustrati gli scudi di rappresentanza delle diverse entità statali precedenti e successive. Tuttavia ho notato che in questo articolo viene illustrata invece la bandiera. Suggerimenti? Preciso che nel template non si fa alcun riferimento a quale immagine preferire.--Io' (msg) 16:24, 18 feb 2011 (CET)

Consistenza del testo.

quote Il 23 marzo 1821 Napoli venne occupata, la costituzione venne sospesa e cominciarono le repressioni: si contarono alla fine 30 condanne a morte (tra cui Pepe, Morelli, Silvati e Carascosa) e 13 ergastoli. unquote

quote Alla morte di Francesco I, il 7 novembre 1830, il Regno passò al figlio Ferdinando II. Allora ventenne, il nuovo sovrano dimostrò subito idee progressiste ed un atteggiamento affabile verso il popolo[4]. Il suo governo, infatti, almeno fino al 1848, fu caratterizzato dalle riforme, volte a migliorare l'economia e l'amministrazione dello Stato. In particolare, in campo finanziario fu attuata una notevole diminuzione della fiscalità, resa possibile, tra l'altro, da una oculata spesa pubblica e dalla diminuzione delle spese di corte[4]. Ferdinando provvide a richiamare in patria e a reinserire negli incarichi numerosi esuli (tra i quali il generale Guglielmo Pepe, unquote

Detta cosi' sembra che Pepe sia prima morto poi resuscitato. Questa e' la piu' evidente, ma ce ne sono altre.

Valerio Farinelli. Un lettore 22 Marzo 2011 22:30 US East Daylight Time.

Provvederò a correggere. Se hai individuato altre anomalie segnalale così verranno corrette. 15:09, 26 mar 2011 (CET)Bacefik

Industria e imprenditoria

Salve, vorrei riunire in un unico paragrafo le sezioni riguardanti industria e imprenditoria, in quanto vengono espressi praticamente gli stessi concetti. 15:05, 26 mar 2011 (CET)Bacefik

Mappa Due Sicilie

Chiedo di poter inserire la mappa delle Due Sicilie con la suddivisione del regno nelle varie province, che mi sembra molto più chiara e completa di quella attualmente presenete.

Ciao mitico, la mappa che avevi inserito era riferita ai confini delle "province" al 1454, quindi poco attinente alla voce :) Se porti un po' di pazienza, l'utente:Io' si sta occupando di realizzare una mappa aggiornata alla fine degli anni '50 del XIX secolo. Appena pronta te la segnalo ;) --theWhite Lion 10:46, 30 mar 2011 (CEST)

Ciao, purtroppo quella era l'unica mappa con le antiche province presente sul sito. In ogni caso è un'ottima notizia quella che mi dai, una mappa con le province del Reame borbonico rispetto alle odierne regioni italiane è necessaria, grazie per la disponibilità! 10:35, 31 mar 2011 (CEST)Bacefik

Ora posto la richiesta ad Io' e vediamo se riesce ad accontentarci ;) --theWhite Lion 11:33, 31 mar 2011 (CEST)
Mi è giunta all'orecchio la richiesta di sollecito. Come già dicevo all'ottimo albocrinuto TWL temo di non potermi muovere prima della prossima settimana, al momento può rimanere la mappa inserita da Bacefik, perlomeno il tempo di realizzare la mappa richiesta.--Io' (msg) 14:47, 1 apr 2011 (CEST)

Ecco pronta l'immagine. In che sezione la carico?--Io' (msg) 16:31, 15 apr 2011 (CEST)

Gran bel lavoro, complimenti all'autore! C'è grande penuria purtroppo di mappe così ben dettagliate di quel periodo, finalmente ora potremo ovviare per quanto riguarda il Regno delle Due Sicilie. Io, caricala dove ritieni più opportuno, per quanto mi riguarda la vedrei bene al posto di quella presente nel paragrafo "Ferdinando IV e la Repubblica Napoletana", cioè questa. 13:48, 16 apr 2011 (CEST)Bacefik

Ok, Grazie per la replica! :) Allora provvedo a caricarla. Grazie mille anche per i complimenti, ben gentile, anche se ho non ho fatto nulla di che.--Io' (msg) 20:56, 16 apr 2011 (CEST)

Cambio Ducato-Lira

Salve, l'argomento del cambio ducato-lira avvenuto nel 1862 è fondamentale, e secondo me dovrebbe essere inserito nel paragrafo riguardante la nascita della questione meridionale. Io non sono in grado di farlo, perciò c'è bisogno di qualcuno che sia veramente ferrato sull'argomento, e che conosca molto bene la storia delle due monete in quel periodo. Se una persona preparata sull'argomento dovesse leggere queste righe non esiti a esporre le sue idee. 17:33, 12 apr 2011 (CEST)Bacefik

buona idea. tra l'altro mi piacerebbe capire come mai le monete ritirate in lombardia e piemonte furono così poche (circolava già la lira?) e chi ritirò le monete (i banchi di napoli, sicilia etc o lo stato centrale?)Midlander (msg) 14:05, 13 apr 2011 (CEST)
In Piemonte non circolava moneta aurea, ma cartamoneta emessa sulla base delle riserve auree in un rapporto di 3 a 1; cioé per ogni tre lire in banconote esisteva una riserva in oro del controvalore di una lira: quindi su tre banconote, solo una era coperta da oro (dovrei avere un link al riguardo, se lo trovo ve lo posto). In Lombardia, il controvalore della valuta locale era agganciato alla lira austriaca, ma non saprei dirvi se ci fossero riserve auree o se circolasse anche moneta in metallo prezioso. --theWhite Lion 14:52, 13 apr 2011 (CEST)

sulle ultime revisioni

Ciao, volevo segnalare due cose che mi sono saltate all'occhio sulle ultime revisioni: - come mai nella figura dei PPC nord e sud è stato sostituito "prodotto" al più corretto "PIL"? (ricordo che quell'immagine l'ho fatta io) ripristino la terminologia originaria, in attesa di spiegazioni su quanto fatto. Ringrazio Bacefik per il link, trattandosi di Nitti tempo permettendo lo leggo più che volentieri. Segnalo anche questo link: http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/L%27unità_e_la_dis-unità_d%27Italia._Dialogo._%28I%29 è una specie di intervista a uno degli autori della ricostruzione della serie storica dei dati, e contiene informazioni interessanti su metodologia, conclusioni e qualità dei dati. Midlander (msg) 14:03, 13 apr 2011 (CEST)

Ripristina pure il termine PIL. Per il resto ora come ora è meglio attenersi ai dati forniti dagli studi ufficili, onde evitare inutili discussioni sulla discutibilità di dati e ricerche che, come viene ricordato nell'intervista, sono in continua evoluzione e potrebbero cambiare anche fra pochi mesi (anche se non mi sembra si discostino molto dalle conclusioni degli autori degli studi, tranne che su aspetti oggi ancora allo stato gassoso). 15:10, 13 apr 2011 (CEST)Bacefik

nell'intervista gli autori dello studio dicono praticamente di aver sparato numeri a caso. Se per te è meglio sorvolare...--Hal8999 (msg) 14:05, 14 apr 2011 (CEST)

Vorrei leggere qualcosa di più concreto, di più ufficiale, cioè che dia più garanzie. Sai com'è: bisogna garantire fonti autorevoli, questa intervista da sola non basta. Inoltre da quello che ho capito essa si riferisce al solo studio di Daniele e Malanima, che in questa pagina viene citato solo per quanto riguarda il PIL pro capite dopo l'unità d'Italia (questione meridionale), e quindi c'entra ben poco con il Regno delle Due Sicilie. Sta di fatto che per quanto sia discutibile lo studio di Daniele-Malanima, esso rappresenta in ogni caso un importante documento sull'economia di quell'epoca, fatto da studiosi insigni che riportano fonti, stime, ecc. Non so se mi spiego. Quando le nostre conoscenze si evolveranno (ammesso che sia possibile, in quanto si tratta di argomenti molto fumosi) ne riparleremo, per ora è più corretto riportare l'opera in quanto tale. Se in fututo le critiche che si rivolgono a quest'opera avranno un seguito concreto (come dall'intervista mi pare avverrà) sarà opportuno rimuovere gli attuali dati e sostituirli. In questa voce non si da niente per scontato, la fonte dei dati viene sempre riportata: ben vengano le novità, ma che siano ampiamente comprovate con dati e controdati ufficiali. 19:50, 14 apr 2011 (CEST)Bacefik

Interrompo per riportare anche qui quanto ho appena scritto nella sezione specifica: l'immagine amministrativa del Regno è pronta.--Io' (msg) 16:34, 15 apr 2011 (CEST)
Ps- aggiungo la mia sul link proposto più sopra. Quanto si può fare affidamento ad una "conversazione via e-mail"? Peraltro molti passi sono azzardati per qualsiasi serio studioso, appaiono privi di fondamento scientifico, ma semplici riflessioni mentali, come peraltro affermato dagli stessi Autori: Questa chiacchierata nasce da uno scambio di messaggi di posta elettronica in cui concordavamo, per lo meno, su una cosa: che l’uso politico (leggesi: a fini di parte nella battaglia politica corrente) della storia e dei fatti storici (ma anche della fisica, della biologia e, perché no, dell’economia) irrita assai entrambi i firmatari.. Quindi direi che se l'intervista dice che sono stati "sparati numeri a caso", è bene prendere tale affermazione con le pinze. Ovviamente conviene verificare quanto scritto nell'intervista, ma lungi l'idea di avanzare un semplice dibattito via e-mail come fonte, autorevole persino.--Io' (msg) 17:04, 15 apr 2011 (CEST)
I due che hanno pubblicato i loro scampi di opinione sono Michele Boldrin e uno degli autori dello studio, non due anonimi blogger, con una "certa reputazione" e sicuramente non scrivono pubblicamente cose per cui sarebbero "sputtanati" dai colleghi al prossimo convegno a cui parteciperanno, tanto è vero che mettono pure i riferimenti bibliografici di quanto affermano. Anche il semplice stile con cui presentano il oro commenti sotto forma epistolare è solo un escamotage per rendere più semplice e veloce la scrittura e la lettura del testo, non lasciatevi confondere dal contenitore, guadate il contenuto. --93.34.51.249 (msg) 10:28, 17 apr 2011 (CEST)

Anche il contenuto non è che sia proprio il massimo. Ma non è questa la sede adatta per discuterne. Piuttosto ciò che intendevo è che l'autorevolezza dell'autore non ha nulla a che vedere con l'autorevolezza della fonte. Se Boldrin, parlando con un amico, dovesse per assurdo sostenere che la Terra è piatta, questo non significa che sia una fonte per poter dire che la Terra sia piatta. Peraltro se lo dice a un amico potrebbe anche essere una semplice battuta o un uso ironico per intendere simbolicamente altro: attenzione, perché con l'uso di una frase estrapolata dal suo contesto reale, di recente un giornalista diede dell'antisemita a Umberto Eco. Wikipedia non dovrebbe dunque affidarsi a una serie di e-amil, a un blog (per quanto frutto di persone attendibili) o ad altro di simile per fondare i propri articoli. Se non mi credi puoi sempre leggere qui. Semplice.--Io' (msg) 15:18, 17 apr 2011 (CEST)

comprendo che sia difficile rinunciare ad una fonte che, incidentalmente, sostiene il proprio POV, ma invito a rilegere frasi come "D: Non avreste dei numerini affidabili anche per il 1861? R: No e sarà difficilissimo produrli." e poi "Daniele e Malanima (2007) hanno fatto una stima molto approssimativa per il 1861 - quella che in gergo si chiama “back of the envelope” (sul retro di una busta) e che Feinstein classificherebbe E. " Dove E è "quasi inventata". Ricordo che sono dette dallo stesso autore dello studio. Ecco, ora cerchiamo di leggerle senza pensare al pov che si vuol sostenere, senza cercar di arrampicarsi sugli specchi (l'ha detto per email, non vale!) e diamo una bella cancellata...--Hal8999 (msg) 23:07, 13 mag 2011 (CEST)
"Rinunciare ad una fonte POV"? E una epistole di due professori che dicono la propria non sarebbe invece POV? Per poi intendere: la fonte cui dovremmo rinunciare è resa POV dallo scambio di e-mail dei due professori. Quindi funziona così: se una e-mail pubblicata su un blog dice che una pubblicazione (l'unica che dia quanche indicazione anche solo di massima, mi pare, tra l'altro) è un POV con "numerini sparati a muzzo" allora è assodato che quella fonte sia un "POV con numerini sparati a muzzo". Ho capito bene, giusto? A parte il tono ironico della domanda retorica, voglio che sia chiaro che non difendo nessuna posizione, ma obiettivamente parlando quel link non è quanto di più valido esista. Possibilmente hanno ragione loro, ma l'attendibilità (del link, diamine :-), del link!!!) è pari ad un post su facebook dell'ultimo degli storici. Che poi l'arrampicarsi sugli specchi sarebbe ben altro a mio dire :-)--Io' (msg) 17:35, 4 giu 2011 (CEST)

Paragrafo sui trasporti: aggiornamento

Tornando a bomba, vi comunico che sono entrato in possesso del volume 21° dell'opera di Francesco Ogliari "Storia dei trasporti italiani" dedicato al Regno delle Due Sicilie ed intitolato "Terra di primati". Quest'opera, che è unanimamente conosciuta come la "Bibbia" dei trasporti in Italia, contiene numerosissime informazioni sia sui trasporti terrestri che navali nel vecchio reame. Premetto che il paragrafo come è scritto adesso deve essere totalmente corretto per quanto riguarda la sezione dedicata alle ferrovie, in quanto negli anni '50 furono iniziate, non solo su carta, le costruzioni per alcune grandi linee ferroviarie. I motivi politici che ritardarono la costruzione delle ferrovie e delle strade derivano dalle analisi che gli storici hanno fatto di quel periodo, e sono già riportati nella voce. Appena finisco di studiare quest'opera apporterò le dovute modifiche riportando anche dati tecnici, economici, storici e burocratici che nell'opera succitata sono molto abbondanti. 13:33, 16 apr 2011 (CEST)Bacefik

Ragazzo, complimenti per l'ottimo lavoro svolto. --theWhite Lion 22:43, 21 apr 2011 (CEST)

In merito all'avisso riportato nella sezione trasporti "mi chiedo se non sia il caso di trasferire molte di queste informazioni nelle voci dedicate alle singole linee" dico che è una cosa che mi trova parzialmente favorevole: chi vuole utilizzare queste informazioni in altre voci è libero di farlo ma non credo sia necessario intaccare l'integrità della sezione "trasporti" in questa pagina. 13:08, 4 mag 2011 (CEST)Bacefik

Concordo con Bacefik. Il paragrafo non dovrebbe essere smembrato. Una cosa è riportare le informazioni anche nelle voci dedicate alle singole linee, altra cosa e impoverire questa voce eliminando una sezione e disperdendo le info in diverse voci: si farebbe un danno al lettore interessato all'argomento "ferrovie del Regno delle Due Sicilie", che sarebbe costretto a vagare tra diverse pagine per recuperare i dati di cui ha bisogno (con risultati, comunque, parziali). Suggerisco, quindi, di arricchire le voci dedicate alle singole linee con quanto riportato nella sezione Trasporti di questa voce e, al massimo, se la sezione dovesse crescere ulteriormente, si potrebbe optare per la creazione di una sottovoce di approfondimento intitolata Ferrovie del Regno delle Due Sicilie. --theWhite Lion 20:24, 4 mag 2011 (CEST)

italiano lingua ufficiale

Non mi pare che la voce riporti che la lingua ufficiale del Regno, come si evince anche dai documenti allegati alla voce stessa, era l'italiano. Provvedo a modificare.

l'università di Napoli

La fonte dice che è l'uninapoli è "la più antica università, tra quelle ancora esistenti, a essere fondata da un provvedimento sovrano". Natualmente con "ancora esistenti" si riferisce al 2011. Dato che il r2s è caduto nel 1861 e questa è la pagina del r2s l'informazione può esser tolta. Senza contare che è totalmente irrilevante: si sta descrivendo il sistema universitario (napoli al centro, le altri che dipendevano da essa) e la "gara" su chi è più vecchio può esser agevolmente citata nella pagina specifica dell'università. --Hal8999 (msg) 00:39, 14 mag 2011 (CEST)

Il dato a corredo dell'argomento istruzione appare rilevante e non si capisce perché si voglia impoverire il testo di un brandello d'informazione che non snatura il paragrafo, ma che anzi l'arricchisce. Inoltre storici come Ovidio Capitani definiscono l'Università federiciana come la prima laica e statale della storia. Quindi, a meno di argomentazioni più solide, provvederò a ripristinare il testo. --theWhite Lion 00:50, 14 mag 2011 (CEST)
nel sito l'università si auto definisce (ripeto, si auto-definisce) "la più antica università, tra quelle ancora esistenti, a essere fondata da un provvedimento sovrano". Per quale ragione lo storico Capitani dovrebbe esser più autorevole del sito stesso dell'università? Ripeto, la "gara" su chi è più vecchio non è attinente alla sezione istruzione tanto più che l'istituzione è stata fondata prima della nasciata del regno (1816). La frase, anzi, appesantisce il paragrafo diminuendone scorrevolezza e leggibilità.--Hal8999 (msg) 01:10, 14 mag 2011 (CEST)

Modifiche a lingue

Siete pregati di non inserire nella sezione "lingue" anche francese e spagnolo, che, come direbbe qualcuno, non "c'azzeccano" niente. 12:37, 8 lug 2011 (CEST)Bacefik

Ricchezza

Guardate prima di mettere 8000 fonti (che sarebbero inutili rispetto all'ottusaggine della gente), programmi che hanno sfatato il mito dell'Unità Nazionale, come Ulisse, Quark, Passpartout...e le centinaia di libri (non delle elementari fortunatamente), che fanno altrettanto, bastano per scrivere che il Regno delle Due Sicilie era uno dei più ricchi d'Europa? Oppure è un dato che non si può sapere?--o'Sistemoneinsultami 14:45, 1 set 2011 (CEST)

Così dice la wiki inglese: The Kingdom of the Two Sicilies, commonly known as the Two Sicilies even before formally coming into being,[1] was the largest and wealthiest of the Italian states before Italian unification. --o'Sistemoneinsultami 15:03, 1 set 2011 (CEST)
ovviamente quello che dice en.wiki qua non ha alcuna rilevanza. Dato che alle 8000 fonti si potrebbe rispondere con altre 8000 fonti in senso contrario e che un incipit deve esser per forza di cose sistetico propondo per omettere il dato sulla ricchezza nell'incipit della voce. Ha effettivamente una rilevanza così imporante? in molte delle voci di stati moderni non è presente.. Altrimenti sarebbe anche da spiegare come ha fatto "uno dei regni più ricchi d'europa" a farsi conquistare da 1000 uomini. No, non vale dire che i garibaldini si sono comprati i generali duosiciliani... dato che il r2s era così ricco perché non si è comprato lui i garibaldini? --Hal8999 (msg) 15:27, 1 set 2011 (CEST)
Che c'entra, il regno è stato conquistato perchè Garibaldi era un supereroe che tutti ammiriamo. Lui contro migliaia di soldati..ha vinto lui. Grazie Garibaldi. Ti amiamo per questo e ti ringraziamo per averci unito ai così simpatici ed onorevoli abitanti del nord italia. Nulla esclude però che il regno delle due sicilie era 50 volte più ricco del piemonte. Tutti conoscono questa notizia, così come sanno dei debiti dei piemontesi. Dunque, dov'è il problema? Chi è che si offende se si sa che il Regno delle Due Sicilie era uno dei più ricchi d'Europa? O ti credi che Garibaldi e compagnia bella siano venuti a conquistare il sud per farci una beneficenza? Se eravamo così arretrati, credi che questi illustri uomini piemontesi avrebbero avuto interessi nell'unificarsi a noi? Ovviamente no. Nessuno rischia la vita per conquistare arretratezza e povertà. Quindi, evidentemente, qualcosa di buono c'era qua che a loro faceva gola. Inoltre se non è attendibile la wiki inglese, allora figurati esempi di altri stati. L'Italia vive una sua storia unica, che vuole che esista un Mezzogiorno, ed un Nord Italia ricco e prosperoso. Se vado nelle pagine relative al Nord Italia ed al Mezzogiorno secondo te non trovo i dati economici? La questione Meridionale esiste? Il Revisionismo Risorgimentlae esiste? Dunque, specificare che chi aveva i soldi, in passato, era chi oggi è povero, e chi oggi è ricco, all'epoca era inondato di debiti, non mi sembra fuori luogo. Anzi, mi sembra un ulteriore mattone in questa intricata quanto strana e subdola questione italiana.--o'Sistemoneinsultami 15:37, 1 set 2011 (CEST)
ed io potrei tranquillamente citarti Indro Montanelli che scrive nella sua Storia d'Italia:«[...] il Piemonte era di gran lunga, tra gli stati italiani, il più florido, il meglio amministrato e il più efficiente. Alcuni meridionalisti hanno sostenuto e sostengono che questo primato spettava al Regno delle due Sicilie [...], e citano a riprova il fatto che fu Napoli, e non Torino a inaugurare la prima ferrovia. Questa ferrovia però, che si snodava per poche decine di chilometri, rimase unica o quasi, mentre il piemonte ne costruiva per 850 chilometri. Quanto al bilancio, mentre Napoli badava a tenerlo in attivo con una politica di tesaurizzazione che lasciava il paese senza strade, senza scuole, senza servizi, Torino aggravava il disavanzo, ma per potenziare l'agricoltura e ammodernare l'industria rendendola competitiva con quella straniera»[1].
direi che il tuo ultimo intervento è la prova provata che la questione sulla ricchezza o meno del regno è troppo articolata e troppo poco chiara per esser citata nell'incipit.--Hal8999 (msg) 15:58, 1 set 2011 (CEST)
  1. ^ Indro Montanelli, Storia d'Italia, vol. 30, Fabbri editori, p. 178.
  2. Bhe, Montanelli non è Dio...e quel libro narra di cose che nemmeno lui sa, in quanto disinteressato per natura. Ma mi fermo qua altrimenti sarei offensivo verso i fan di costui (Montanelli). La questione ferroviaria è stupida, il sud Italia aveva fabbriche d'avanguardia riguardo le ferrovie. Pietrarsa ne è l'esempio. Poi il fatto che non avessimo confini con altri stati, limitava lo sviluppo dei trasporti su ferro..mentre la condizione di penisola, incentivava lo sviluppo navale... Comunque poco importa, questa pagina, così come "Napoli", entra tra le mie intoccabili. Wikipedia Italia è troppo faziosa e politicizzata...ma è la cultura italiana che è così, dunque wikipedia non è altro che l'espressione di voi stessi. A me, basta sapere che c'è un abitante del nord, così come per la pagina Napoli, che tiene tra i suoi osservati speciali la pagina sul "Regno delle due Sicilie". Che smacco, starai tutto il giorno a leggere le cose che ti fanno storcere il naso per censurarle. Sai che divertimento. Io da Caserta in su neanche le leggo le pagine. Immagino te e tanti altri che state dietro dietro al Risorgimento, lo sbarco dei mille, il regno delle due Sicilie, il regno di Napoli, i primati delle due Sicilie, così, senza scrivere un rigo e cancellandone 10000 ...Urca miseria, c'è chi scrive per andare avanti e chi censura per rimanere indietro. Un gioco divertentissimo che non mi va di fare...anche perchè in ogni aspetto c'è la "doppia faccia", quindi se dovessi mettermi ad applicare questa teoria su tutto non si finirebbe più, e soprattutto, a differenza tua, non mi divertirei...anche perchè degli altri non ho paura. Buon divertimento ed attento che nella pagina, un po' qua ed un po' là, leggo ancora delle cose che possono mettere brividi. Ciao. --o'Sistemoneinsultami 16:25, 1 set 2011 (CEST)

    Grazie a Dio, Montanelli non è Dio... anche perchè il suo testo è una contraddizione in termini: prima dice che il Piemonte era lo stato più florido e poi ne evidenzia il disavanzo. Ci sarebbe da porsi la domanda: Montanelli come misurava la "salute" di uno stato? Di sicuro la questione della ricchezza è assai articolata, ma la poca chiarezza io la riscontro altrove. Imho, non c'è nulla di scandaloso nell'evidenziare tale dato in incipit; anzi io porrei più l'accento sul passaggio, che ritengo concettualmente errato, dove si dice "anche noto come Due Sicilie": mi pare, oltre che cocofonico, anche poco aderente alla realtà storica, dato che con Due Sicilie si indicava non esclusivamente tale stato, ma anche, nel loro complesso, il territorio dei regni di Napoli e Sicilia, molto prima della nascita dello stato delle Due Sicilie. Intervengo in voce come da motivazioni addotte. --theWhite Lion 17:04, 3 set 2011 (CEST)

    tralasciando l'intervento di IlSistemone, che mi lascia quantomeno assai perplesso, ripeto che la floridità di un paese non si misura in quanto oro giace nei suoi forzieri. Vogliamo inserire per forza questa info che lo stato era considerato tra i più ricchi d'europa nell'incipit ? ok, ma, dato che la questione è controversa, è necessario dire che vi sono alcuni autori che invece lo consideravano tra i più arretrati.--Hal8999 (msg) 18:07, 3 set 2011 (CEST)

    Dal passaggio che hai citato, mi pare che Montanelli dica che per lui il Piemonte era florido/indebitato (sic), mi indichi dove dice che il Regno delle Due Sicilie era arretrato? --theWhite Lion 18:22, 3 set 2011 (CEST)

    Anche se quando taglio con una pagina non ci ritorno più, faccio uno strappo alla regola perchè non riesco più a smettere di ridere e la questione merita. ...mentre per altri autori il regno era uno dei più arretrati del Continente...e poi dopo si legge del San Carlo, di Rossini, della Reggia di Caserta, dei conservatori, del numero di popolazione che era il terzo più alto dopo Londra e Parigi, del primo impianto ad illuminazione a gas, poi c'è San Leucio...insomma, degno di nonciclopedia. Ma possibile che ancora oggi nel 2011 c'è chi è convinto che Garibaldi ci è venuto a salvare dalla miseria? Ma sono davvero così creduloni questi italiani? Pensano davvero che quei piemontesi (che di fatto non hanno mai messo piede al sud Italia...neanche dopo la conquista) abbiano fatto una riunione a tavolino per stabilire quando e come aiutarci ad uscire da quella sofferenza immane? Ma li fate davvero così buoni ed altruisti quei magnacci? Se non avevano cose da prendere e da guadagnare, col cavolo che venivano a conquistare il sud. Che gliene fregava aloro. Se stavano così bene come dicono i nordisti tipo Montanello, che gliene fregava a loro del sud, così povero e rovinato? Ma svegliatevi dal sonno suvvia :D. --o'Sistemoneinsultami 18:36, 3 set 2011 (CEST)

    È interessante poi vedere come dal principio "è un argomento complesso, non dilunghiamoci troppo nell'incipit" si passi ad un inserimento che a paragone è enormemente più prolisso di quello contestato: si resti almeno coerenti! In più vi è l'aggravante di aver aggiunto una iperbole il regno era uno dei più arretrati del Continente al solo fine di "contrastare" la citazione de IlSistemone, dove appunto si parla di stato tra i più ricchi d'Europa. --theWhite Lion 19:07, 3 set 2011 (CEST)

    guarda che la coerenza c'è tutta: "è un argomento complesso, non dilunghiamoci troppo nell'incipit" = per spiegar la questione in modo npov occorrono molte parole, troppe per un incipit. dato che si vuol per forza inserire la parte sulla "ricchezza" occorre, per npov, citare anche chi riteneva il territorio "arretrato". Montanelli definisce il r2s come arretrato quando parla di uno stato "senza strade, senza scuole, senza servizi" pertanto ripristino. ps. IlSistemone, ti ricordo che questo non è un forum. --Hal8999 (msg) 02:48, 4 set 2011 (CEST)
    Ma Montanelli dice che il Regno era uno dei più arretrati del continente o si limitò a mettere in discussione la sua ricchezza dicendo che questa derivava da bassi investimenti sul territorio? A questo punto bisogna essere precisi e correggere l'incipit in base a cosa ha detto lui. Perchè dire: "no, guardate che non è vero che era uno dei più ricchi d'Europa", non significa che debba essere uno dei più arretrati del continente. --o'Sistemoneinsultami 11:12, 4 set 2011 (CEST)

    Cari miei, Indro Montanelli ha scritto una bella Storia d'Italia, ma non si è occupato di ricerca storica in maniera scientifica, si è solamente limitato a riportare in maniera romanzata le "impressioni" che prima di lui avevano avuto gli altri storici italiani. Si potrebbero portare decine di altri autori scientificamente autorevoli a sostegno della povertà del Reame duosiciliano, ma basare questa teoria sulla "Storia d'Italia" di Indro Montanelli è come tentare di scrivere la storia della Lombardia del'600 usando come fonte i "Promessi Sposi". --Bacefik (msg) 14:06, 4 set 2011 (CEST)

    Inoltre sottolineo che i problemi che si vorrebbero superficialmente discutere nell'incipit sono ampiamente elucubrati all'interno delle altre sezioni della voce, perciò lasciamo all'incipit la sua funzione naturale e non tentiamo più di peggiorare questa voce. --Bacefik (msg) 14:15, 4 set 2011 (CEST)

    Innanzitutto ben trovati, specialmente Hal8999, di cui non avevo notizie da lungo tempo, e del quale onestamente rimpiangevo l'illuminata e npovizzata capacità di critica e contribuzione...ero preoccupato! La discussione che si fa qui è il continuo di quella, durata mesi, fatta per la voce Revisionismo del Risorgimento. Onestamente, tutto pensavo, tranne che Hal fosse ancora convinto che non esistano fonti a supporto dello stato di benessere delle Due Sicilie nel periodo pre-unitario. Probabilmente ha avuto un'amnesia, per cui mi limito a ricordare brevemente le più importanti. a) Fonti precedenti l'unificazione d'Italia, quando lo stato economico dei diversi stati non aveva alcuna ragione per essere taciuto, deformato o orientato. Su tutti, gli Annali del Regno delle Due Sicilie, che dipingono oggettivamente la condizione di uno stato con scarso debito, un buon livello di commercio con l'estero, il tutto sostenuto da un'amministrazione finanziaria oculata. b) Fonti coeve all'unificazione, sia di parte borbonica, che provenienti da fonti insospettabili (Sacchi, Nitti, etc.), le quali mostrano come sia in assoluto, che comparativamente con gli altri stati preunitari, le condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie fossero tutt'altro che disastrate; ciò non si può dire per il Piemonte, il quale era sull'orlo della bancarotta, qualunque ne fosse la motivazione, ed aveva un fortissimo debito con l'Inghilterra (la quale, forse non a caso, non piccola parte ebbe nelle operazioni militari della campagna del 1860-61). c) Fonti contemporanee, su tutte gli studi di Daniele-Malanima, i quali dimostrano che per quasi trent'anni dopo l'unificazione, e nonostante gli ex territori del Regno delle Due Sicilie fossero, come la storiografia di parte risorgimentale sostiene, sottosviluppati rispetto al nord; e nonostante che negli stessi territori vi siano stati asperrimi combattimenti per dieci anni a causa del brigantaggio/resistenza, tanto da tenere impegnata la metà abbondante del Regio Esercito; il prodotto interno lordo di quei territori non si discostava da quello delle regioni settentrionali, indicando quanto meno una non inferiorità. Sulla base di queste evidenze, è trasparente dedurre che Montanelli, grandissimo giornalista e ottimo e divertente scrittore di storia, dica una cosa inesatta.
    Per il resto, non entrerei oltremodo in discussione, ma capisco la frustrazione di ilSistemone nel discutere di queste cose. Purtroppo, poche forze sono più potenti del pregiudizio, e bisogna armarsi di tanta pazienza per spiegare a chi ne sia stato plasmato che le cose stanno forse in maniera diversa. Perciò, Bacefik, TWL, ilSistemone, pazienza e lavoriamo.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 14:42, 5 set 2011 (CEST)
    caro Ferdinando, mi dispiace che tu non abbia compreso nulla dei miei interventi. Sono sinceramente e profondamente convinto che "esistano fonti a supporto dello stato di benessere delle Due Sicilie", sono però ugualmente convinto che esitano fonti che dicono l'opposto. E non risco a comprendere perché nell'incipit si vogliano citar le prime ma non le seconde.--Hal8999 (msg) 15:20, 5 set 2011 (CEST)

    Molto semplicemente perché ho difficoltà a comprendere l'altezza delle tue osservazioni. Colpa mia, quindi, non tua. Comunque, nel merito, penso che se un dato è talmente acclarato da aver raggiunto persino i programmi televisivi generalisti di cui sopra, non ci sia nulla di male se lo si riporta nell'incipit come tale. Ancora più nel merito, mentre le fonti che sostengono il sottosviluppo del Regno delle Due Sicilie sono fondamentalmente ascrivibili alla storiografia agiografica risorgimentale, quelle che sostengono il contrario sono provenienti da entrambi i lati dello schieramento ideale, sia quello filoborbonico, che quello filopiemontese.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 23:48, 5 set 2011 (CEST)

    Non è che si vuole citare una cosa ed ometterne un'altra: il contraddittorio alla ricchezza ci poteva stare, bastava solo restare nei ranghi con un concetto espresso in maniera stringata e con un altro genere di fonte (più ferrata in storia economica e che riportasse effettivamente quanto le si faceva dire). Comunque, mi attengo a quanto deciso da Bacefik, che come maggiore contributore di questa pagina, ha sicuramente più voce in capitolo di noi contributori occasionali. --theWhite Lion 23:10, 6 set 2011 (CEST)
    Piano, piano, piano. I dati numerici sul tesoro dicono poco e niente, idem con patate quelli sul debito, per inciso gli Stati Uniti hanno attualmente il maggior debito pubblico del pianeta, la Germania li segue a ruota ma non penso che a nessuno salti in testa di dire che il Togo ed il Benin stanno "meglio" di loro. Stesso discorso per quanto riguarda le riserve auree, erano famose quelle zariste ma il tenore di vita del popolo russo era spaventosamente basso. Diciamo che questi parametri non hanno più molto valore dai tempi di Adam Smith...dopo duecento anni direi che possiamo darlo per assodato! Detto ciò il discorso è relativamente più semplice, il sistema economico borbonico era complessivamente più inefficiente ed iniquo, aveva, tuttavia, sviluppato dei sistemi compensativi di stampo paternalistico che, nell'integrazione dell'economia meridionale in un sistema capitalistico, caddero in frantumi spingendo la popolazione meridionale nella più nera delle miserie, il famoso "scellerato connubio" di cui parla Gramsci fece il resto. A tale proposito è molto equilibrato il lavoro di Denis Mack Smith che citando spesso Giustino Fortunato (ad avercene di più) sottolinea come l'Unità fosse "sul lungo termine" la salvezza, ma "sul breve termine" la rovina. --Vito (msg) 23:25, 6 set 2011 (CEST)

    Beh, forse tirare in ballo gli Usa, vista l'attuale crisi ed il declassamento del rating, e gli stati africani, del cui debito pubblico tutti sappiamo, non mi pare una strategia che paghi; così come non paga il definire il sistema economico borbonico "complessivamente più inefficiente ed iniquo" (più inefficiente ed iniquo rispetto a quello sabaudo?) e riequilibrato da "sistemi compensativi di stampo paternalistico". Più probabilmente è un più ampio comlpesso di dati che consente una lettura dello stato delle finanze di un paese e della distribuzione della ricchezza: quindi assumono rilevanza il debito pubblico, la circolazione monetaria, le riserve auree, il sistema fiscale e impositivo, il tasso di mortalità infantile, eccetera, eccetera... ma, appunto, tali dati devono essere letti nel loro complesso e non isolatamente e per di più filtrati da un atteggiamento preconcetto. Interessante, comunque, appare il tuo richiamo a Denis Mack Smith e a Fortunato (anche se il "lungo termine" lo ha tradito) :D Saluti. --theWhite Lion 00:11, 7 set 2011 (CEST)

    In termini assoluti i debiti africani equivalgono a qualche giorno di interesse sul debito USA, parlando del debito estero, se vuoi fare un conto coi dati presi qui vedi che quello del Lesotho è grossomodo un terzo di un giorno di interesse su quello USA. Il giudizio complessivo sul sistema economico meridionale non è mio ma di molti, i succitati Mack Smith e Fortunato pure, è abbastanza facile liquidare chiunque faccia un'affermazione diversa dalla tua con un "preconcetti", se la buttassimo in forum ti potrei dire che questo è il secondo errore di noi meridionali (il primo è, di nuovo, quello sottolineato da Gramsci). Andando al quaglio il tenore di vita fu sempre, generalmente, più basso al sud, si abbassò ulteriormente dopo l'Unità e risalì molto lentamente a cavallo del secolo, il sostanziale cambiamento fu dopo il secondo dopoguerra, il prezzo fu principalmente l'eradicazione di intere comunità emigrate per mezzo, ma già qui siamo molto oltre il Reame e la sua storia. --Vito (msg) 00:57, 7 set 2011 (CEST)

    Ci sono almeno un paio di fattori da analizzare quando si parla del tenore di vita dei nostri avi: 1) il costo della vita, decisamente contenuto e 2) la pressione fiscale altrettanto tenue. E' noto che le ricchezze in possesso dello stato borbonico, sia finanziarie che demaniali, erano superiori a quelle di qualsiasi altro stato italiano del tempo. La nostra era una monarchia importante, anche se una monarchia assoluta. Queste ricchezze ovviamente non erano ridistribuite tra la popolazione, anche se in alcuni casi ne usufruiva (come nel caso dei pascoli o dei campi demaniali nelle zone rurali), ma ciò non toglie che la gestione estremamente oculata delle finanze borboniche e le politiche industriali, generalmente considerate arretrate in quanto protezionistiche, riuscissero nell'intento di mentenere una popolazione di quasi 10 milioni di persone in condizioni abbastanza decorose. Attenzione, non meno decorose rispetto alla media italiana del tempo. Ovviamente noi avevamo zone estremamente arretrate, ma si dimentica che zone altrettanto arretrate erano presenti in tutta Italia all'epoca (il nord stesso non era tutto come Milano e Torino, era anche vallate alpine e appenniniche, bassa e delta padano, pianure venete, ecc.). L'Italia era un paese uniformemente povero nel 1860. Si dirà: ma Piemonte e Lombardia avevano strade e scuole elementari. Certamente, erano le zone più sviluppate del nord, esattamente come la Campania era l'area più sviluppata del sud. Tutti riconobbero all'epoca che l'economia delle Due Sicilie a partire dagli anni '30 era in costante crescita, anche gli economisti di matrice più liberale. L'unificazione come fu condotta bloccò questo processo, e nello stato italiano si decise di dare la priorità al "blocco urbano" del nord. Come diceva Mao, non importa se il gatto è bianco o nero, l'importante è che acchiappi i topi. Ai nostri cittadini prima del 1860 i topi, anche se piccoli, non mancavano di certo. Magari qualche contadino veneto che soffriva di pellagra sarebbe stato anche contento di mangiarne... Questo equilibrio come dicevo fu spezzato dopo il 1860, ed è sotto gli occhi di tutti il peggioramento della situazione economica, e quindi sociale, indotto dal processo di unificazione. Ciò non significa, sia chiaro, che i nostri cittadini prima del 1860 erano ricchi, semplicemente dico che il tenore di vita che prima poteva essere sostenuto con poco, dopo l'unità divenne impossibile per gran parte della nostra popolazione rurale. --Bacefik (msg) 15:37, 7 set 2011 (CEST)

    Prima di parlare di povertà e ignoranza, inoltre, bisognerebbe ricordarsi che nella stessa epoca esistevano la Parigi descritta da Émile Zola in Germinale e la Londra descritta da Charles Dickens in David Copperfield....per non parlare, come Bacefik ricordava, dei poveri contadini veneti o piemontesi (i quali, forse non a caso, costituirono la prima e più consistente ondata dell'emigrazione italiana). Ricchezza e povertà, ignoranza e cultura, vanno giudicate sulla base delle condizioni del tempo, e non certo di quelle moderne. La "plebe urbana" o "agricola" attuale vive in condizioni che a quei nostri antenati sarebbero sembrate da nababbi...--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 18:33, 8 set 2011 (CEST)
    Aggiungo anche che, contrariamente a quanto avveniva in altre parti d'Italia, nel Regno delle Due Sicilie esistevano istituzioni benefiche quali gli Alberghi dei Poveri, che si prendevano cura di chi non ce la faceva, e ne favorivano l'elevazione e il reinserimento sociale, insegnandogli i rudimenti delle lettere e della musica, nonché un mestiere da poter rivendere. La politica paternalistica dei Borbone, tanto esecrata e di derivazione eminentemente cristiana e cattolica, era diretta alla cura degli ultimi...non so quanto si possa dire altrettanto per altri stati preunitari.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 18:40, 8 set 2011 (CEST)

    Ho provveduto a risistemare un pò il paragrafo sul Patrimonio in quanto in passato sono state apportate modifiche disordinate che si dilungavano troppo in divagazioni non adatte allo scopo illustrativo della voce. --Bacefik (msg) --19:27, 20 gen 2012 (CET)

    Ho dovuto fare un parziale rollback poichè distorceva un pò il pensiero di Nitti. Non mi sembra ci siano divagazioni, Nitti non parla solo di spesa pubblica inesistente ma anche di economia paternalista (sto esprimendo il suo pensiero non una verità universale), una ricchezza pubblica ereditata che avrebbe riscattato il sud al momento dell'annessione (non capisco perchè sia stata tolta questa frase). Poi perchè non dire che Fortunato la vedeva in maniera peggiore rispetto a Nitti? Ripeto sono solo pareri dei due mica verità consolidate. --Generale Lee (posta) 20:50, 20 gen 2012 (CET)
    Credo che sia inutile il rollback. Se è vero che c'è una sottile differenza tra i due pensieri, è anche vero che nel 90% della loro formulazione, c'è perfetta somiglianza. Dunque tutto il periodo sembra un po' troppo ripetitivo. Lo preferivo meglio come sviluppato prima.--o'Sistemoneinsultami 21:07, 20 gen 2012 (CET)
    (rientro) Inoltre ricordo che Nitti era abbastanza fazioso, politico ed abbastanza schierato nelle sue esternazioni e nei suoi pensieri. Quindi non è che terrei in considerazione chissà quanto le sue virgole. --o'Sistemoneinsultami 21:11, 20 gen 2012 (CET)
    La differenza invece è abbastanza avvertibile. Non entro assolutamente nel merito della questione, mi limito solamente a riportare sinteticamente il suo pensiero, così sembra una mezza verità. Non possiamo citare Nitti solo per il patrimonio duosiculo (come ahimè fanno molti scrittori filoborbonici) e per l'esigua spesa senza spiegare nettamente in due parole le ragioni del perchè. E poi Nitti era senza dubbio il più equilibrato tra gli intellettuali del suo tempo (meridionalisti e non), non vedeva in Ferdinando II solo il male come i suoi colleghi (anzi per alcuni aspetti si espresse positivamente di lui), tant'è vero che venne accusato di apologia borbonica. Ricordiamoci che la sua famiglia fu tra le più ricercate dal regno e per ripicca avrebbe potuto diffamare i Borbone, eppure non lo ha fatto. --Generale Lee (posta) 21:29, 20 gen 2012 (CET)

    Favorevole del ripristino effettuato da Generale Lee. Imho, la critica di Nitti evidenzia un particolare aspetto della politica ferdinandea (infrastrutture e vie di comunicazione) e, soprattutto, evidenzia come i governi unitari non adoperarono a favore delle Sicilie la ricchezza da esse attinta. --theWhite Lion 01:48, 21 gen 2012 (CET)

    Va bene anche per me, più che altro volevo rendere il concetto più scorrevole ed immediato, non stravolgerlo. --Bacefik (msg) 11:32, 22 gen 2012 (CET)

    Marina Mercantile e agricoltura

    A breve cercherò di redigere una sezione completa riguardante l'annosa questione della Marina Mercantile borbonica riportando dati certi, dato che fra poco entrerò in possesso dell'ottimo libro di Lamberto Radogna "Storia della Marina Mercantile delle Due Sicilie".

    Intanto ho doverosamente ampliato la sezione dedicata all'agricoltura riportando la fondamentale espansione del ceto borghese in seguito alle riforme napoleoniche, in modo da sgomberare una volta per tutte il campo dalle inesattezze sul feudalesimo, le plebi e la borghesia del sud, dato che spesso si fa molta confusione a proposito. --Bacefik (msg) 18:28, 14 set 2011 (CEST)

    Mi congratulo (soprattutto perché sei riuscito a trovare una copia del libro di Radogna, io ho quello sulla Marina Militare)--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 12:36, 23 set 2011 (CEST)

    Mi è arrivato ieri, è un ottimo libro che tratta non solo della marina mercantile ma anche delle infrastrutture portuali e della situazione commerciale del Regno. Ne uscirà un bel paragrafo da scrivere in questa voce. --Bacefik (msg) 18:24, 24 set 2011 (CEST)

    Il paragrafo sulla marina mercantile è stato migliorato, spero che vada bene. --Bacefik (msg) 09:59, 28 set 2011 (CEST)

    Ottimo ;) --theWhite Lion 15:26, 1 ott 2011 (CEST)

    Suggerirei, visti i tempi che corrono, di salvare queste pagine che curiamo da qualche parte, in modo da preservarle e riutilizzarle quando necessario e dove necessario. --Bacefik (msg) 19:52, 7 ott 2011 (CEST)

    problemi di geografia storica

    «le grandi ricchezze del regno oltre a contribuire maggiormente alla formazione dell'erario nazionale, furono destinate prevalentemente al risanamento delle finanze di regioni settentrionali come Lombardia, Piemonte e Liguria, compromesse dalla sproporzionata spesa pubblica sostenuta dal Regno di Sardegna in quegli anni.(*) È infatti accertato che il debito pubblico piemontese crebbe nel decennio precedente al 1860 del 565%, producendo come effetto un aumento vertiginoso delle tasse (furono introdotte negli stati sardi ben 23 nuove imposte negli anni '50 dell'800), la vendita dei beni demaniali...»

    La fonte citata per l'affermazione contraddistinta con (*) è Nicola Zitara, L'Unità d'Italia: nascita di una colonia, Milano, 1971, p.37. Se, come si evince dal proseguimento del testo, si parla del debito pubblico del Regno di Sardegna, perché c'è anche la Lombardia che fino al 1859 era parte del Lombardo-Veneto (viceregno austriaco)? Cosa ha a che fare la Lombardia con il debito pubblico piemontese? Se qualcuno dispine del testo di Zitara forse è meglio vedere se la citazione è sbagliata o cosa. --Luke18389 (msg) 23:05, 7 dic 2011 (CET)

    Considera che all'atto dell'annessione della Lombardia, il regno sabaudo dovette pagare all'Austria i costi che Vienna aveva sostenuto per realizzare la rete ferroviaria lombarda: è probabile che il passaggio che hai preso in considerazione faccia riferimento, tra gli altri, anche a questo aspetto. Per quanto riguarda le integrazioni su Fortunato, mi pare poco utile il lungo passaggio che hai inserito in nota come citazione (basta il concetto sintetizzato nel corpo del testo), mentre consiglierei di spiegare le modalità con le quali la Francia immise le monete in metallo prezioso nel Regno (importazioni, acquisto di titoli del debito pubblico, altro). --theWhite Lion 00:07, 8 dic 2011 (CET)
    La lombardia non può essere inclusa nelle spese piemontesi pre-annessione, se Zitara per l'include, non basta per dare ciò come assodato, al più si deve aggiungere un "secondo Zitara". Incidentalmente anche se per caso il piemonte dovette pagare le ferrovie, queste non poterono incidere più di tanto.
    IMO il testo di Fortunato è chiarificatore ed ha il pregio di venire da fonte ben più autorevole di altri improvvisati economisti molto referenziati in questa voce.--Bramfab Discorriamo 00:47, 8 dic 2011 (CET)
    Non credo che l'acquisto di una infrastruttura come la rete ferroviaria di una regione sia stata una operazione a basso costo e dato che il debito fu contratto nel '59 è di fatto una spesa pre-annessione. Comunque sia, la mia era solo una ipotesi e, per intervenire, bisognerebbe andare a leggere quanto è effettivamente scritto in Zitara o chiedere all'utente che ha editato quel testo. In merito a Fortunato, autorevole quanto si vuole, resta il fatto che il testo riportato, a sua volta composto da citazioni di altri autori, serve al Fortunato per dimostrare la sua tesi e non dice nulla di più di quello che è esposto nella voce, anzi non è neanche chiarificatore dato che non si è provveduto a spiegare come l'argento fu trasferito nel Regno delle Due Sicilie. --theWhite Lion 15:59, 8 dic 2011 (CET)
    F.C. IL contenuto non può essere scritto in base ad ipotesi personali, come wikipedia dobbiamo scrivere basandoci su fatti riportati da fonti autorevoli. E Fortunato è autorevole, non perché lo sosteniamo noi, ma perché questo è il giudizio degli accademici che IMO ne sanno più di noi in materia.--Bramfab Discorriamo 00:59, 9 dic 2011 (CET)
    Il passaggio inserito nella nota serve proprio a spiegare come arrivò l'argento: «colà sostituì, nella circolazione e nelle riserve bancarie, l'argento, il quale, divenuto moneta sussidiaria, e trovando prezzi migliori negli Stati più poveri, affluì in grande quantità nel Regno di Napoli.» Per ulteriori delucidazioni si deve solo chiedere ad un economista come funzionino i trasferimenti dei preziosi delle riserve bancarie.--Luke18389 (msg) 21:04, 8 dic 2011 (CET)
    Perdonami, ma, nel passaggio che hai inserito, Giustino Fortunato sta parlando di circolante e non di riserve del Regno delle Due Sicilie e ci spiega solo del perché in Francia vi fu un eccesso di moneta d'argento e non di come essa giunse da noi. Comunque, non credo che serva un economista per capire che la Francia non regalasse l'argento alle Due Sicilie; credo, invece, che alla base vi fossero delle transazioni commerciali. Come fai involontariamente notare, infatti, si fa riferimento a prezzi migliori: suppongo, quindi, che si tratti di esportazioni e la cosa non mi stupirebbe, visto che la bilancia commerciale del regno era in attivo nei confronti di diversi stati del continente. Una risposta definitiva, però, può venirci solo da una più attenta rilettura del testo di Fortunato o da altra opportuna integrazione. --theWhite Lion 22:52, 8 dic 2011 (CET) PS: ho integrato con Carlo Rodanó, che ha confermato la mia deduzione.


    Rimossa Lombardia fra le cause del debito piemontese pre-annessione. Salvo spunti fonte che provi che prima dell'annessione, nel decennio precedente, il Piemonte abbia pagato per le ferrovie nel lombardo veneto. Nel discussioen qui sopra questo non risulta.--Bramfab Discorriamo 01:56, 9 dic 2011 (CET)

    Fortunato parla chiaramente di «circolazione e riserve bancarie» (della Francia), e quindi dell'argento che, divenuto moneta sussidiaria all'oro, poteva esser "smerciata" in paesi più poveri dove non v'era necessità d'impiegare quella più preziosa. La citazione di Ridanò può essere più che opportuna per offrire tutti i punti di vista necessari, spero solo che non tragga in inganno l'espressione d'essere «assai critico sull'interpretazione di Fortunato»: dalla citazione, in nota, pare (almeno a me) di capire che Ridanò la pensasse all'opposto di Fortunato in materia economica (Fortunato critica senza mezzi termini il mercantilismo, Ridanò dice che lui non ci capiva nulla), non vorrei che Ridanò possa essere obiettivamente critico su Fortunato quanto un liberale su uno statalista. --Luke18389 (msg) 18:20, 9 dic 2011 (CET)
    Sopratutto tutta la frase si collega con la spiegazione data da Fortunato sul basso debito dello stato napoletano: questa grande abbondanza di liquidi, l'inconsistente debito pubblico e la bassa pressione fiscale fossero solamente una conseguenza della fin troppo esigua spesa pubblica dei governi borbonici e Ridano' non contesta questa conclusione sull'esigua spesa pubblica. Il periodo va sistemato, cosi' e' fuorviante.--Bramfab Discorriamo 10:44, 10 dic 2011 (CET)

    Industria ed imprenditoria

    «La vulgata risorgimentale ed alcuni storici affermano che l'imprenditoria nelle province meridionali era esiguamente sviluppata rispetto al resto d'Italia, tranne alcune notevoli eccezioni come i Florio siciliani, a causa di una miseria atavica peculiare del Mezzogiorno. Tuttavia un recente studio della Banca d'Italia capovolge questa diffusa opinione riportando dati che dimostrano come, ancora nel 1871, l'indice di industrializzazione delle principali province campane e siciliane fosse, in particolare per la provincia di Napoli, allo stesso livello delle 3 province del Triangolo industriale ed in ogni caso superiore a quello della maggior parte delle province italiane.»

    La parola impreditoria, che io sappia, nella lingua italiana sta ad indicare l'insieme di qualità indispensabili per esercitare l'attività di imprenditore, e che vengono solitamente identificate con l'intraprendenza, l'attivismo, la disponibilità a rischiare un capitale e il privilegio assegnato al lavoro sulla base della rendita. In che modo si può affermare che il dato sul tasso di industrializzazione capovolga la tesi della vulgata (termine che è tutto un programma in una Wikipedia che impone l'asetticità dei testi) sull'imprenditoria del popolo meridionale? Si usa l'esempio della provincia di Napoli, ma mi pare che così la cosa diventi ancor più contorta, perché in quel caso il tasso di industrializzazione è chiaramente determinato dalla presenza della ferrovia e dagli stabilimenti di Pietrarsa e dai cantieri Castellammare, cioè tre opere realizzate dalla Corona e non da imprenditori. --Luke18389 (msg) 21:00, 20 gen 2012 (CET)

    Ti sorprenderà sapere che nella provincia di Napoli non esistevano solo Pietrarsa e Castellammare, ma esisteva effettivamente una grande concentrazione di attività industriali sia pubbliche che private. Tutto ciò d'altronde è stato già indicato nel paragrafo sull'industria e regolarmente riportato nelle fonti che sono a tua disposizione (alcune sono consultabili in rete). --Bacefik (msg) 11:28, 22 gen 2012 (CET)

    Nel paragrafo la grande concentrazione di attività industriali sia pubbliche che private nella provincia di Napoli consiste in Pietrarsa, Castellammare, le officine Guppy, le fabbriche d'armi di Napoli e Torre Annunziata e gli stabilimenti Zino & Henry. Di queste 5 solo 2 non hanno partecipazione pubblica: la Guppy-Pattison, fondata da inglesi, e la Zino & Henry, fondata con capitali misti, napoletani e francesi. --Luke18389 (msg) 17:02, 22 gen 2012 (CET)

    Impeccabile definizione quella data da Luke18389, peccato che sia la definizione di imprenditorialità e non di imprenditoria. L'impreditoria può essere privata (l'attività d'impresa è realizzata da un soggetto economico privato - persona fisica o persona giuridica - indipendentemente da cittadinanza e nazionalità) o può essere pubblica (realizzata dallo stato o da altri enti pubblici, direttamente o attraverso enti o consorzi appositamente costituiti). Nelle economie di tipo misto, la presenza dello stato imprenditore può essere anche assai forte, vedi l'Italia ai tempi di IMI ed IRI, ma ciò non comporta che, ad esempio, nell'analisi dell'imprenditoria dell'Italia del secondo dopoguerra si debba escludere l'imprenditoria pubblica. Volendo, poi, considerare la rete ferroviaria un elemento che contribuisce a determinare il tasso di industrializzazione nel raffronto tra le province del triangolo e le province campane: mi pare che la rete ferroviaria piemontese e lombarda (questa realizzata dall'Austria) fosse molto più sviluppata di quella napoletana, quindi, il peso specifico di quest'ultima nella determinazione di quel tasso sarebbe minimo, mentre nel primo caso sarebbe maggiore (le considerazioni in merito accennate più sopra verrebbero ribaltate completamente). --theWhite Lion 23:27, 22 gen 2012 (CET)

    Luke mi sembra chiaro che nel paragrafo siano riportati solo gli esempi più rilevanti, mica si possono elencare tutte le attività imprenditoriali della provincia di Napoli (per non parlare di Napoli città) della prima metà dell'800. Se spulci tra le fonti troverai un volume consultabile su Google Books in cui c'è un elenco di industrie partecipanti ad una esposizione napoletana negli anni '40 ([5]). Con un pò di pazienza ti accorgerai che a Napoli e dintorni non c'erano solo industrie statali, inoltre il dato sull'industrializzazione nel 1871 parla chiaro. --Bacefik (msg) 18:56, 23 gen 2012 (CET)

    Vediamo se ho capito bene: «secondo alcuni storici» (così è stato corretto il POV della vulgata) «l'imprenditoria del Mezzogiorno era esiguamente sviluppata» è una frase che vuole intendere che al Sud mancassero le imprese, e non la frase che racchiude, all'interno della pagina, il concetto, espresso da meridionalisti ed (storici)-economisti, che nel Meridione mancassero gli imprenditori autoctoni (tipo il Massafra, che nella pagina citata nella nota parla di «mancanza di capacità impreditoriali», cosa solitamente attribuibile alle persone e non alle attività). E fin qui, turandomi il naso, ci potrei pure stare. Ma sulle «fabbriche di terraglia», «di lavori di paglia», «pellicciajoe guantajo», e tutte le altre manifatturiere (su tutte quelle citate nel volume su Google Books mi ha impressionato la «fabbrica di coperte di bambagia a mollettone»), no, signori miei, no. Se così è, spariamole tutte. Già che nel paragrafo c'è scritto che nella (mia) Basilicata c'erano «gli stabilimenti di Potenza e S. Chirico Raparo», ossia lo stabilimento con 21 telai azionati dalle 61 orfanelle del Reale Istituto delle Gerolomine di Potenza e il laboratorio di manifatture di cotone di S. Chirico, continuaimo a mischiare fischi con fiaschi - ponendo l'industria modernamente intesa con le semplici attività di manifattura - e mettiamoci pure, per esempio, che nella (mia) cittadina di Maratea, già dalla fine del XVIII sec. come assertio da Lorenzo Giustiniani (Dizionario ragionato..., vol. V, pag. 358), c'erano «l'industria de' bachi da seta, e di fare calze di cotone, e di filo, che vendono ad altri paesi della provincia». Può darsi pure che qualcuno, leggendo (e non sapendo cosa si intendesse con la parola industria), creda che la Basilicata sia stata sede di un'antica, fitta e imponente industria tessile. Tutto questo a patto però di non scrivere che ci sono stati storici dell'economia, tipo Silvio De Majo, che hanno considerato che la grande protezione daziale (di cui nella pagina abbiamo solo due o tre rapidi accenni) delle Due Sicilie rendesse l'industria meridionale «troppo protetta dal governo e limitata dal mercato interno ristretto, senza avere la capacità o la possibilità di esportare in misura rilevante la propria produzione» tanto da considerare l'industria meridionale come «l'aspetto di una società arretrata piuttosto che la risposta alla sfida europea dell'industrializzazione e del capitalismo.» (cit. da L'industria meridionale preunitaria tra protezionismo statale e fluttuazioni cicliche, Acerra 1985, pag. 7). Ovviamente l'ipotesi di De Majo può essere sbagliata, può essere estrema, può essere anche solo parzialmente vera... ma dato che qualcosa mi suggerisce che su Wikipedia andrebbero messe quante più opinioni possibili su un argomento, forse un suo spazio dovrebbe trovarlo - e no, la frase d'apertura non vale perché non argomenta. Scusate i toni dello sfogo, ma proprio si vede che proprio non ne ho potuto fare a meno. --Luke18389 (msg) 19:51, 23 gen 2012 (CET)

    Caro Luke, io capisco fino ad un certo punto il tuo disappunto davanti alle fabbriche di terraglie (cioè ceramiche) ed ai lavori di paglia (cappelli di tipo fiorentino, assai diffusi all'epoca), posso comprendere il disappunto sulle industrie tessili in Basilicata, ma devi considerare che nel contesto del tempo, e soprattutto nell'Italia del tempo, questo era lo stato dell'arte in fatto di industrializzazione. Certamente in Italia non c'erano aree paragonabili alle zone industriali inglesi, certamente la Basilicata era una regione rurale, isolata, su questo non ci piove e la voce stessa lo ribadisce più volte (sono state riportate alcune attività industriali dell'area solo per dare un quadro più approfondito della situazione, per completezza. Tra l'altro quelle informazioni non le ho inserite io, però mi sono occupato personalmente della descrizione delle aree industrialmente rilevanti). Però non si può negare nemmeno la presenza di aree decisamente industrializzate in rapporto alla media italiana della prima metà dell'800 in Terra di Lavoro, in provincia di Napoli, nel (mio) Principato Citeriore ed in vaste aree della Puglia e della costa siciliana, industrie sorte in gran parte per iniziative locali. Queste informazioni non si possono omettere solo perchè nell'immaginario collettivo il regno borbonico era del tutto sprovvisto di attività produttive. Non lo dico io d'altronde, si sono riportati dati della Banca d'Italia sull'indice di industrializzaione e dati del CNR sul reddito pro-capite che indicano chiaramente che la situazione nelle province più sviluppate delle Due Sicilie era quasi del tutto analoga a quelle delle altre province sviluppate del resto d'Italia prima dell'unificazione. Oltre al Massafra ed al De Majo sono riportati molti altri testi antichi e moderni a conferma di ciò (vedere fonti). Inoltre le politiche protezionistiche, che indubbiamente ci furono e contribuirono molto a far nascere una base industriale negli anni '30, negli ultimi anni del regno videro una graduale attenuazione dinanzi alla costante crescita delle esportazioni via mare. Qui non si dice che le Due Sicilie fossero una potenza industriale, queste sono fandonie da censurare senza indugio, qui si raffronta solamente la situazione economica delle Due Sicilie a quella del resto d'Italia: cioè la presenza di aree sviluppate insieme a vaste aree rurali arretrate. Se non ti piace il termine "vulgata" risorgimentale (non piace nemmeno a me) si può cambiare, ma il concetto espresso deve rimanere il medesimo perchè riporta dei fatti. --Bacefik (msg) 15:00, 24 gen 2012 (CET)

    @Bacefik: le tue parole mi piacciono molto, e spero che quanti più dei redattori di questa pagina le assimilino. Sorvolo sulla frase «queste informazioni non si possono omettere solo perchè nell'immaginario collettivo il regno borbonico era del tutto sprovvisto di attività produttive», voglio essere convinto che ti riferissi a qualche discussione precedente. Il problema è che il De Majo (ad esempio) nella pagina non c'è - salvo mi sia sfuggito - e che l'essere imparziale nella ricostruzione storica significa, su Wikipedia nella fattispecie, consiste nel prendere i fatti ed i dati, storicamente accertati con documenti d'epoca (o anche ricostruzioni come quella sui redditi) e assicurarsi di fornire tutte le interpretazioni possibili. È quello per esempio che ho fatto inserendo nel paragrafo Patrimonio la tesi di Fortunato - le cui parole, a proposito, in altra occasione, sono state un prese un po' fuori contesto nella citazione del passaggio «"fatale sagrifizio degl'interessi del sud" e "esclusivo patrocinio di quelli del nord"», il saggio in questione si trova su Archive.com e si può vedere bene. Lo studio storico si avvale infatti della commistione dei fatti e delle interpretazioni dei fatti (e questa è una cosa che, per lavoro, ho dovuto molto ben imparare!!). Abbiamo il dato che la differenza tra i redditi pro-capite medio (mi riferisco alle indagini di Malanima, CNR e Unioncamere) tra le Due Sicilie e il Piemonte + Lombardia era minima? Abbiamo il dato che nella provincia di Napoli c'erano industrie (come modernamente intese) e manifatturiere? Ok, questi sono i dati. Ora tocca metterci le interpretazioni, e dico però tutte le interpretazioni, che questi dati hanno generato (anche spiegando passaggi importanti, tipo chiarire cosa intende con imprenditorialità colui che scrive che essa al Sud mancava). Fatti ed interpretazioni: l'insieme di questi due elementi sono ciò che generano, nella testa di chi legge, il concetto... il testo asettico devo solo riportarli. --Luke18389 (msg) 17:14, 24 gen 2012 (CET)

    Chiarimento su cifre import-export delle Due Sicilie e resto d'Italia

    "Nel quadro italiano preunitario, il commercio estero del Regno delle Due Sicilie era, nonostante le sue eccellenze, quello di minore entità, in termini economici, superiore solo allo Stato Pontificio e alla Toscana: nei dati del 1858, si ha che le Due Sicilie commerciassero (importazioni + esportazioni) per 60.000.000 ducati, dietro al Regno di Sardegna che registrava 202.320.000 ducati e al Lombardo-Veneto con 434.000.000 ducati."

    Questo concetto dovrebbe essere chiarito, come è possibile che il commercio estero del Lombardo-Veneto fosse il doppio di quello del Regno di Sardegna e addirittura sette volte quello delle Due Sicilie senza avere una marineria mercantile neanche lontanamente comparabile? Cosa commerciava? Con chi commerciava? Come commerciava? Quelle cifre corrispondono oggi a parecchi miliardi di euro, sono veritiere? --Bacefik (msg) 14:31, 28 gen 2012 (CET)

    Ho motivato in voce la tua richiesta di chiarimento, mutuando da quanto hai scritto più sopra. --theWhite Lion 15:27, 28 gen 2012 (CET)
    Io sono sempre favorevole ad una rimozione in blocco piuttosto che ad un pezzo tutto interamente privo di fonte o poco chiaro (come in questo caso). Insomma, nella voce sul regno Lombardo-Veneto non si fa minimo accenno a quel dato, che se vero, risulta comunque di una certa rilevanza che non sarebbe possibile non sapere e non citare. --o'Sistemoneinsultami 18:09, 28 gen 2012 (CET)
    Triste non faceva parte del Regno che era inoltre inserito nel contesto di uno stato decisamente vasto. Ad ogni modo non perdiamoci in ipotesi originali. --Vito (msg) 18:28, 28 gen 2012 (CET)
    La sola esportazione di setame del Lombardo Veneto (cfr. Burger, Agricoltura nel Regno del Lombardo-Veneto) nel 1848 ammontava a 34 milioni e mezzo di fiorini austriaci (che dovrebbero corrispondere più o meno ad un ducato -3,8 lire il fiorino del 1848, 4,2 lire il ducato nel 1861). Si tratta di una cifra consistente di una voce di nicchia nel conto economico delle esportazioni ma che può aiutare a percepire come il dato presente in voce (che ovviamente comprende centinaia di altri settori commerciali) non è poi inverosimile. ---- Theirrules yourrules 19:35, 28 gen 2012 (CET)

    Il dato si riferisce, come dovrebbe essere ovvio, alle importazioni ed esportazioni fatte nel quadro commerciale del Lombardo-Veneto, del Piemonte e delle Due Sicilie, quadro in cui si inseriscono tutti i commerci internazionali, non solo quelli marittimi. Semplice. --151.29.52.213 (msg) 19:48, 28 gen 2012 (CET)

    Non è così semplice, le Due Sicilie commerciavano con Francia ed Inghilterra, il Lombardo-Veneto con chi commerciava in maniera così rilevante? Come trasportava le merci? Non vorrei che per commercio estero si intendessero anche gli scambi all'interno dello stesso Impero Austriaco perchè sarebbe insensato. --Bacefik (msg) 12:11, 29 gen 2012 (CET)

    Il fatto che le Due Sicilie commerciassero con Francia ed Inghilterra non preclude lo facessero anche altri stati preunitari, che dici? Nel libro Il commercio estero del regno Lombardo-Veneto dal 1815 al 1865 di Ira A. Glazier si potranno trovare i dettagli, ma ciò è di pertinenza della pagina Wiki del Lombardo Veneto. Lo studio di Graziani usato come fonte è più che autorevole. --151.29.52.213 (msg) 18:27, 29 gen 2012 (CET)
    Confermo. Nel volume del Burger si specifica che le esportazioni di seta erano da intendersi verso l'estero, cioè, spiega, non comprendevano i commerci con gli altri stati dell'Impero, e inoltre non comprendevano neanche la quota commerciale del Veneto: ammontavano a quasi settanta milioni di lire, che allora corrispondevano a circa 20 milioni di fiorini, più o meno la stessa cifra in ducati. Se poi si pensa alle esportazioni agricole, a quelle alimentari, a quelle manifatturiere, industriali e artigianali (basta considerare il valore della produzione di vetri e merletti nelle isole veneziane) il dato citato risulta ampiamente giustificato. -- Theirrules yourrules 19:42, 29 gen 2012 (CET)

    Io non metto in discussione le esportazioni di seta e di merletti, per carità erano sicuramente rilevanti, semplicemente trovo strano che uno stato come il Lombardo-Veneto, senza un'adeguata marina mercantile, non collegato a nessun grande mercato all'infuori di quello austriaco, potesse capitalizzare in esportazioni estere più del doppio del Regno di Sardegna (tralascio volutamente le Due Sicilie) che possedeva una marina mercantile che come quella duosiciliana raggiungeva tutti i porti del mondo, possedeva un'adeguata rete ferroviaria, una buona base industriale e dei collegamenti diretti col grande mercato francese. Visto che quelle cifre sono state inserite nella pagina delle Due Sicilie vorrei almeno che fossero spiegate a dovere, altrimenti inseritele direttamente in quella del Lombardo-Veneto dove potrete anche sviscerale in modo dettagliato. --Bacefik (msg) 11:27, 30 gen 2012 (CET)

    Il regno Lombardo Veneto come flotta doveva usare quella Austroungarica, come stato satellite non poteva sviluppare una sua flotta, in ogni caso alla nascita aveva ereditato la flotta della Repubblica Veneta, e almeno i contatti e i riferimenti commerciali marittimi dovevano essere rimasti anche dopo la perdita dell'indipendenza e Venezia commerciava bel oltre l'Austria.--Bramfab Discorriamo 14:15, 30 gen 2012 (CET)

    La flotta austroungarica non aveva una portata paragonabile a quella di nazioni che commerciavano in tutto il mondo, aveva generalmente una dimensione locale. Inoltre i fasti commerciali di Venezia erano finiti da un bel pezzo nel 1860, e comuqnue i battelli veneziani si limitavano alla navigazione nel Mediterraneo orientale (un mercato ben misero nel 1860) non possedendo Venezia navi in grado di sostenere la navigazione oceanica. --Bacefik (msg) 15:12, 30 gen 2012 (CET)

    Credo che stiamo facendo un po' di forum, i dati sono questi e non compete a noi giustificarli o smentirli. Fra l'altro sono dati ragionevoli considerando il fatto che il principale porto dell'Adriatico (Trieste) non facesse parte del Lombardo-Veneto, che il commercio attraverso le Alpi fosse stato incentivato già dalla Repubblica Veneziana sin dal '500, che l'Impero oltre ad essere uno stato molto popoloso era anche inserito nel quadro del commercio mitteleuropeo (il Bund esisteva dall'epoca napoleonica) e che vi fossero notevoli legami commerciali fra Lombardia e Piemonte/Genova (da qui la spinta verso l'unità testimoniata dalla città dei mille). --Vito (msg) 15:24, 30 gen 2012 (CET)
    Direi che l'affermazione dell'ip qui sopra meriti un bel {{cn}} dall'inizio alla fine. Si pensi solo una cosa: la "SMS Novara", fregata italiana dell'imperial regia marina austriaca fu la prima nave del mondo a circumnavigare il globo nel 1857, e fu costruita, guarda un po' nei cantieri dell'Arsenale di Venezia a partire dal 1843. Consiglio molta attenzione nel fornire per assodate considerazioni infondate, poiché si tratta di un modo di condurre le discussioni ben poco wikipediano. ---- Theirrules yourrules 15:41, 30 gen 2012 (CET)

    No, no, un attimo, il fatto che esistano navi austriache militari in grado di sostenere la navigazione d'altura è indubbio ma questo non implica necessariamente il fatto che anche la marineria mercantile austriaca avesse una portata mondiale, e sopratutto non implica che questa flotta mercantile (che non è mai stata tra le maggiori) fosse al servizio dell'industria lombarda (perchè di quello stiamo parlando). Come si è detto il principale porto austriaco, Trieste, non era parte del Lombardo-Veneto, inoltre se quella enorme cifra comprende anche le esportazioni verso lo stesso Impero asburgico siamo sicuri che si possa parlare ancora di commercio estero? Si può considerare estero lo stato che di fatto ti amministra e ti governa? Inoltre in un periodo in cui le ferrovie erano assai ridotte e le strade riservate ai cavalli quanta importanza si poteva dare ai commerci via terra? Sicuramente molto meno rispetto a quelli via mare. Qui non si mettono in dubbio i dati, è molto probabile che il Regno di Sardegna avesse degli utili maggiori nel commercio estero rispetto alle Due Sicilie, semplicemente come per i dati riguardanti le Due Sicilie vorrei che anche i dati sproporzionati (il confronto col Regno di Sardegna è decisamente troppo impietoso) del Lombardo-Veneto vengano motivati a dovere. --Bacefik (msg) 16:52, 30 gen 2012 (CET)

    Plausibile o non plausibile il dato sul Lombardo-Veneto, attendibile o non attendibile la fonte, la richiesta di chiarimento resta comunque legittima. Andiamo per ordine. Plausibilità. Come detto da Vito, tentare di giustificare/spiegare i dati non compete a noi e si finisce per degenerare in un forum. Ne consegue che le speculazioni sui cambi lasciano il tempo che trovano: confrontare ducato e fiorino sulla base del loro rapporto con la lira ed in più farlo prendendo in esame quotazioni temporalmente distanti tra loro quasi venti anni è operazione che non ha praticamente senso. Lo stesso dicasi per la marina militare o per i traffici della Serenissima nei secoli precedenti. Circa quanto affermato in merito al dato relativo alle esportazioni di seta, questo era la voce più consistente dell'esportazione (e non un settore di nicchia come detto più sopra), quindi, gli altri settori merceologici citati avevano importanza marginale: ma questi temi, come diceva l'utente che sta partecipando come anonimo, non riguardano questa voce. Attendibilità. Il lavoro di Graziani è ampiamente ripreso da altri autori, in particolare in Massafra, sebbene in tale sede, venga riferito di alcuni scostamenti tra i dati prodotti da Graziani e i dati generati dallo studio curato da Massafra. In particolare, in quest'ultimo scritto vengono riportati, in maniera assai dettagliata, molte considerazioni e molti numeri forniti da Graziani, ma, sfortunatamente, non vi è traccia di questi 60 milioni del 1858. Ad ogni modo, il passaggio contestato in voce, presenta alcune criticità. Innanzitutto, si presenta fuorviante: si dice che nel quadro italiano preunitario, il commercio estero delle Due Sicilie era quello di minore entità, ma alla fine si evince che si collocava dopo Lombardo-Veneto e Piemonte, dato che precedeva Toscana, Stato Pontificio e i, non citati, ducati emiliani: per quale motivo si è optato per quella scelta espositiva? In secondo luogo, il dato aggregato (esportazioni + importazioni), così fornito, senza, appunto, un chiarimento, ci dice tutto e niente. Senza discernere tra i commerci in entrata ed in uscita si potrebbe ipotizzare che il grosso di quei 434 milioni era relativo ad importazioni, dovute al fatto che la capacità industriale e manifatturiera del lombardo-veneto era inadeguata e i prodotti bisognava farli venire dall'estero. Conseguenza di ciò sarebbe una bilancia dei pagamenti in forte passivo con uscita di ricchezza verso altri stati: quindi i commerci sono elevati, ma i benefici interni sono nulli. Altro elemento di rilievo, che il Graziani, invece, evidenzia è dato dai soggetti che intermediavano gli scambi. Una cosa è dire che Napoli acquista da Parigi a mezzo di legni francesi, una cosa è dire che Napoli acquista da Parigi a mezzo di legni napolitani: la redistribuzione della ricchezza generata dagli scambi è, infatti, differente. Nel secondo caso, il commercio, sebbene relativo ad importazioni, avrà generato ricchezza anche a favore del Regno delle Due Sicilie. Sembra evidente, quindi, che così come è ora, il passaggio evidenziato sia da chiarire, innanzitutto esplicitando perché la condizione evidenziata dal dato aggregato non sia auspicabile, ma, al contrario, sia negativa per il Regno delle Due Sicilie (lo si potrebbe fare magari disaggregando il dato totale fornito ed evidenziando in che misura gli stati citati beneficiassero della ricchezza generata dagli scambi commerciali), e se tale giudizio negativo è del Graziani o è semplicemente una conclusione che trae l'utente estensore del passaggio. --theWhite Lion 19:41, 30 gen 2012 (CET)

    A me sembra che la richiesta di chiarimento sia facilmente solvibile, ed in parte lo si è fatto in questa discussione. Leggendo Bacefik più su mi accorgo però che non ha preso nota di alcune osservazioni, come sul fatto che il commercio del L-V potesse comprendere o meno gli scambi con tutti gli altri Stati dell'impero. Nella fonte da me consultata sul commercio di setame -che da sola espliciterebbe già un 6-7% del valore totale espresso dal Graziani- non vengono conteggiati gli scambi con resto dell'impero né l'apporto del Veneto (trattasi della sola Lombardia), e inoltre si tratta di un saldo attivo (esportazioni -importazioni).
    D'altro canto, il dato del Regno delle Due Sicilie e degli altri Stati comprende (ovviamente) il commercio con tutti i diversi Stati dell'Impero austriaco e sicuramente tale valore è di indubbio peso sul totale parziale di ciascun volume d'affari: perché mai il dato del Regno Lombardo-Veneto non dovrebbe comprendere eventuali commerci con il Regno d'Ungheria, con la Polonia o conla Dalmazia? Il Gargano esportava, sin dai primi dell'ottocento, centinaia di migliaia di tonnellate di agrumi in tutto l'Adriatico: questo dato sicuramente sarà stato compreso nel conteggio del Graziani, perché mai, quindi, eventuali esportazioni di prodotti lombardi verso gli stessi porti dovrebbero essere esclusi? Ovviamente non ha senso. Così come non ha senso disquisire sulla ricchezza indotta dal volume d'affari: non siamo in grado di farlo al giorno d'oggi con dati attuali ed entità economico-amministrative moderne, figuriamoci se possiamo fare qui in una talk di wikipedia la stessa cosa per uno scenario storico così complesso. Il dato del Graziani è neutro e scarno, proprio per questo fruibile: non soffermiamoci a costruirvi sovrastrutture non necessarie. ---- Theirrules yourrules 20:03, 30 gen 2012 (CET)

    Ripeto, il dato aggregato (ma chi l'ha aggregato il Graziani o l'utente che ha editato come anonimo?) non viene presentato come puro numero, ma gli viene affiancato un giudizio di merito (che, come sottolineato, orienta la lettura in un certo modo), di conseguenza tale giudizio va chiarito con ulteriori integrazioni (se si vuole sostenere quella determinata tesi); altrimenti facciamo una tabella con i dati di esportazioni ed importazioni all'anno 1858 secondo Graziani ed otteniamo (così come auspichi) un dato neutro e scarno senza giudizi di merito. --theWhite Lion 21:12, 30 gen 2012 (CET)

    Il dato di Graziani - il cui testo possiedo nella mia ben fornita biblioteca - è stato molto maldestramente inserito: i 434.000.000 di ducati si riferiscono al Lombardo-Veneto più il resto dell'Impero Austriaco... ho corretto ed aggiunto la tabella degli stati preunitari più l'Austria (il dato separato non c'è) e ho aggiunto il ben più importante dato del commercio pro capite. --Luke18389 (msg) 23:03, 30 gen 2012 (CET)

    Adesso, va molto meglio; però, c'è ancora da lavorarci. Innanzitutto la terminologia: "fatturare", non mi sembra appropriato per i tempi, poi se lo si riferisce anche alle importazioni, diventa ancora più scorretto. Inoltre, il dato globale dell'Impero austriaco è, praticamente, non pertinente, dato che il paragone è tra gli stati preunitari e non sappiamo che peso potesse avere il Lombardo Veneto: imho, da rimuovere. Infine, mi pare che il Graziani spieghi anche che il dato napoletano sia falsato da espedienti commerciali adottati dai mercantili per evitare di pagare i dazi doganali: questo elemento andrebbe inserito. --theWhite Lion 23:22, 30 gen 2012 (CET)
    Calma. Graziani non parla di nessun dato falsato, fa solo delle considerazioni sul deficit tra importazioni ed esportazioni. Il dato globale dell'Austria ha un suo perché nel fatto che il Lombardo Veneto era il suo sbocco sul Mediterraneo... ma vabbè, nel caso immagino che se lo si vorrà cancellare lo si farà senza tenre conto che un dato un po' più da studio storico in questa pagina sarebbe una bella boccata d'aria... ma questa ovviamente è solo una mia considerazione che lascia il tempo che trova... --Luke18389 (msg) 01:03, 31 gen 2012 (CET)

    Io sono sempre calmo; magari lo sarà un po' meno chi ha inserito il dato austriaco, presentato come lombardo, e chi ha difeso a spada tratta quel contibuto dell'utente che ha editato come anonimo :) Ok, non "falsato", ma Graziani parla di un dato "alterato" nelle statistiche ufficiali della bilancia commerciale (esportazioni) e cita al riguardo anche una dichiarazione del console francese, per il quale i commerci tra i due paesi erano più consistenti di quanto risultasse dai dati ufficiali. Permettimi, mi sembra ingiusto affermare che qui non si vogliano inserire dati da studi storici: è ingiusto verso chi ha già contribuito alla voce ed è ingiusto per quanti hanno cercato di disbrigare la matassa del dato errato sul Lombardo Veneto. Appunto perché si vuole inserire lo studio storico di Graziani, bisognerebbe farlo adoperando criteri conformi ai dati esposti: quindi, presentare la tabella come un raffronto tra stati italiani inserendo anche uno stato che in Italia si estendeva per pochi chilometri quadrati rispetto al suo territorio complessivo e senza conoscere il peso effettivo della quota italiana (leggi Lombardo Veneto), non mi pare molto corretto. Se proprio ritieni indispensabile inserire l'Impero austriaco, allora sarebbe meglio presentare il dato in altro modo: ad esempio a livello europeo (magari inserendo anche Gran Bretagna e Francia) e non solo italiano. Ovviamente, per quanto mi riguarda, le considerazioni di chi dimostra onestà intellettuale non lasciano mai il tempo che trovano. --theWhite Lion 01:04, 1 feb 2012 (CET)

    Ora si che va meglio, si è spacciato quel dato enorme come riguardante il solo Lombardo-Veneto...si capiva che era una cifra che non stava nè in cielo nè in terra. Il primato assoluto, come era prevedibile, va al Regno di Sardegna che oltre ad avere un marina mercantile simile a quella delle Due Sicilie era ben collegato via terra anche col resto dell'Europa continentale. Ora sarebbe meglio spiegare la cosa in termini più adatti e non fuorvianti come si è cercato di fare. --Bacefik (msg) 11:49, 1 feb 2012 (CET)

    Ho inserito il dato Austriaco/Lombardo-Veneto per il semplice motivo che quando ho aggiunto la tabella il testo redatto da me era: «Immediatamente prima dell'Unità, il commercio estero del Regno delle Due Sicilie era uno dei più bassi della penisola e dell'Europa mediterranea e, nel dato pro capite, il più basso in assoluto. Nel quadro italiano, le province continentali e siciliane fatturavano 60.000.000 ducati per importazioni ed esportazioni, superando in valori assoluti lo Stato Pontificio, con 28.320.000 ducati, e la Toscana, con 57.600.000 ducati; e seguendo il Regno di Sardegna, con 202.320.000 ducati, e l'Austria con il Lombardo-Veneto, con 434.000.000 ducati.» Mi rendo conto che dovevo meglio esprimere che si trattava di un confronto tra le nazioni che si affacciavano sul Mediterraneo in suolo (che oggi è) italiano. Probabilmente dovrei inserire anche Francia e Inghilterra come hai detto tu. Per quel che riguardo i dati che il Graziani dice essere alterato/falsato credo che tu ti riferisca a quanto è riportato a pag. 297 del libro curato dal Massafra. A parte il fatto che si cita un passaggio dello studio di Graziani che purtroppo io, nella copia che ho di quello studio, non riesco a trovare, il Massafra parla di una situazione che sarebbe testimoniata intorno al 1830: se abbiamo fonti che testimonino che questa situazione esisteva, e persisteva, allora si prenda il dato, o addirittura il passaggio del libro che lo riporta, e lo si metta nella pagina. --Luke18389 (msg) 20:56, 1 feb 2012 (CET)

    Fatemi capire: i dati inseriti nella tabella si riferiscono al momento "immediatamente precedente" all'unità o al 1830? Da ciò che ho letto il Massafra fa riferimento a questo stesso testo da voi riportato. Ed inoltre, non possedendo il testo del Graziani, vorrei che fosse chiarito il modo in cui queste cifre potrebbero essere alterate. Sarebbe poi saggio specificare che i commerci delle Due Sicilie avvenivano quasi esclusivamente via mare, non essendo collegato il Regno via terra a nessun grande mercato (al contrario del Regno di Sardegna, che, come confermano quei dati, era il più avvantaggiato nel settore commerciale), e che quindi i commerci duosiciliani avvenivano in larghissima parte nelle aree urbane costiere in cui si concentrava (e si concentra) gran parte della popolazione del Mezzogiorno. --Bacefik (msg) 14:54, 2 feb 2012 (CET)

    Futurismi nella voce da controllare

    La trattazione della voce dovrebbe fermarsi al 1860, viceversa la voce è ricca di immagini che si spingono fino a fine secolo, fotografando realtà post unitarie. Inoltre molti passaggi comparativi fra prima e dopo 1861, sarebbero meglio posizionati se inseriti in voci tipo Questione meridionale , mentre la loro presenza qui suggerisce una scrittura a tema. --Bramfab Discorriamo 22:53, 23 gen 2012 (CET)


    1- Le foto post-unitarie ritraggono realtà presenti già prima dell'unità (come le industrie a Salerno), esattamente com'erano nel periodo borbonico. Ci sono decine di altre foto dell'area (parliamo di Salerno) identiche risalenti al periodo borbonico, però ho preferito inserire foto più recenti e di qualità maggiore rispetto a fotografie troppo antiquate e sbiadite.

    2-Non vedo come la presenza di un paragrafo dedicato alle conseguenze causate dalla fine del Reame possa compromettere la qualità di questa voce. Secondo il mio modesto parere, avendo personalmente curato quel paragrafo, non c'è nulla di superfluo in quanto si analizzano eventi specifici provocati dalla fine del Regno delle Due Sicilie. --Bacefik (msg) 14:43, 24 gen 2012 (CET)

    Per ora rispondo sulle immagini, una cosa alla volta.
    Io sostengo che occorre per ogni voce tenere alta la qualità enciclopedica, quindi anche essere rigorosi anche nella scelta delle fonti, e le immagini sono in un certo modo anche assimilabili a fonti, non fosse altro per non scendere di qualità al livello di blog come questo, che sembra essersi abbeverato alla nostra voce (spero non sia accaduto il viceversa !).
    Le fotografie rappresentano una realtà materiale che poteva o non poteva esistere prima del 1861, al più' esistevano le aziende, consideriamole:
    1. Non si capisce cosa c'entri l'immagine di [[[Giuseppe Pavoncelli]], ministro del Regno d'Italia e non delle due Sicilie.
    2. L'immagine dei contadini siciliani e' di fine secolo, mostra abiti e costumi diversi da quelli pre-1860 : ossia si fornisce una informazione errata
    3. La stampa della tonnara di Favigna e' del 1876, non vi e' alcuna informazione che fosse tale e quale pre 1860: informazione dubbia.
    4. La caldaia in trasporto e' del 1890 circa, trent'anni prima simili apparati non esistevano e fornisce una idea errata della tecnologia del regno.
    5. La pressa idraulica e' del 1892, simili modelli 30 anni prima non esistevano. Informazione errata
    6. il quadro del De Nittis e' del 1867, postdatato tendenzialmente POV o propagandistico mostrante una larga strada appenninica, quanto anche i meridionalisti come Francesco Saverio Nitti concordano sul fatto che nel regno di Napoli uno dei punti deboli fosse l'assenza o la bassa qualità delle strade. Incidentalmente vi e' una fonte che attesti che si tratta di un tratto di strada, ripreso nel 1867, appenninico entro l'ex-territorio delle due Sicilie?
    7. Tabella "Indice di industrializzazione delle principali province italiane 1871-1911": che c'entra col Regno delle due Sicilie? Non e' superflua, e' semplicemente fuori luogo enciclopedicamente.
    8. L'immagine della cartiera industrie tessili di Salerno, anch'essa recente rispetto alla realtà paesaggistica pre-1860. Informazione errata
    9. l'immagine File:Veduta di Messina prima del terremoto del 1908.jpg spacciata come "appariva in epoca borbonica". Informazione errata
    Incidentalmente osservo che la presenza di immagini che mostrerebbero una realtà industriale avanzata a fine secolo XIX e inizio secolo XX, (ossia 30-50 anni dopo l'unificazione) stride con quanto scritto nella voce su un immediata rapina del reame da parte dei piemontesi e relativa distruzione dell'industria meridionale.
    Termino: le immagini in una enciclopedia non servono per abbellire una voce, ma per approfondire o meglio spiegare l'argomento trattato nella voce stessa. Con queste non ci siamo.--Bramfab Discorriamo 16:29, 24 gen 2012 (CET)

    Molte delle immagini da te elencate, incluse le tabelle, sono state inserite da me. Molte sono tratte da documenti di mia proprietà perciò immagino che quel blog si sia ampiamente abbeverato da questa fonte... In ogni caso ora vedrò di chiarire i tuoi dubbi.

    1-2: Non essendoci immagini del padre del ministro Pavoncelli, che per inciso fu un pionere dell'agricoltura italiana negli anni precedenti al 1860 e grande proprietario terriero pugliese, mi è sembrato opportuno inserire l'immagine del figlio (l'unica che ho trovato) contrapposta a quella dei contadini siciliani al fine di mettere a confronto i due aspetti dell'agricoltura nel Reame: quella borghese e quella rurale. Si tratta di una famiglia che come già ho avuto modo di dire era già ricca in epoca borbonica. L'immagine dei contadini siciliani non è di molto posteriore al 1860, credo che in un decennio i loro costumi non siano cambiati più di tanto. Io la conserverei per il semplice fatto che trovare immagini di contadini più antiche di quella è alquanto difficile, e non mostrerebbero cose molto diverse...

    2: Come sopra, c'erano molte tonnare in epoca borbonica di aspetto più o meno simile, l'immagine serve a rappresentare quella realtà in mancanza di altre immagini d'epoca (dato che nel paragrafo si parla dei Florio e della pesca).

    3-4: Sia la pressa che la caldaia sono state prodotte da aziende nate in epoca borbonica, se vi danno fastidio potete eliminarle: ho altre immagini d'epoca senza caldaie e presse.

    5: Il quadro del De Nittis, che ritrae un tema caro al pittore pugliese, cioè i lunghi viaggi per le strade provinciali dell'Italia meridionale (cosa che si può osservare anche nell'altro suo quadro "La strada da Napoli a Brindisi") e certamente non una ridente autostrada moderna. Il quadro mostra semplicemente una veduta invernale di una strada provinciale dell'Italia meridionale nel 1867, probabilmente la stessa strada che da Napoli porta a Brondisi costruita dai governi borbonici e a cui l'artista è particolarmente affezionato. Secondo me è appropriata perché se è vero che mancavano strade di prossimità che collegassero i vari comuni dell'entroterra, è anche vero che il Reame era invece dotato di una buona rete di strade a media-lunga percorrenza (le strade Regie e quelle provinciali), che in molti casi attraversavano la catena appenninica e i suoi borghi. La stessa strada tra Napoli e Brindisi venne percorsa (in condizioni molto simili a quelle illustrate nel dipinto) da Ferdinando II poco prima della sua morte per presenziare allo sbarco della principessa Maria Sofia nel porto di Bari.

    6: La tabella, anche se temporalmente fuori luogo, serve a dare un'idea della situazione industriale nell'Italia del dopo unità. Questo è necessario perchè ho notato che, giustamente, quando si parla del regno borbonico è necessario dimostrare con numeri alla mano tutto quello che si scrive (cosa che stranamente non avviene per altre voci simili) e cosa tra l'altro che ha contribuito non poco a rendere questa voce tra le migliori tra quelle degli stati pre-unitari.

    7: Non c'è nessuna immagine di cartiere a Salerno. Ci sono immagini di cartiere nella Valle del Liri e di industrie tessili a Salerno: in entrambi i casi si tratta di costruzioni ante-1860.

    8: Nella foto di Messina si vede ancora la storica "palazzata" distrutta dal terremoto del 1908, una nave a vapore che attraversa lo Stretto ed una nave a vapore a ruota, tutte cose che si sarebbero potute tranquillamente vedere in epoca borbonica. L'immagine serve ad illustrare un'importante città di mare e porto commerciale, come Messina, con alcune navi a vapore in primo piano che rendono ancora meglio l'idea (l'immagine è inserita nel paragrafo della marina mercantile).

    Concludendo sono del parere che le immagini sono adeguate a decrivere ciò che si poteva vedere nel 1860, in quanto, a parte la pressa e la caldaia, ritraggono cose che esistevano già prima del 1860. --Bacefik (msg) 17:29, 24 gen 2012 (CET)

    Ho confuso la descrizione della fotografia sull'industria tessile di Salerno e ho corretto, sul resto quanto scrivi mi conferma quanto ho detto. Le voci si illustrano usando dati e immagini corrette. Se voglio descrivere la Fiat di inizio secolo, non e' corretto inserire l'immagine del Fiat Freemont.
    Sul dipinto di De Nittis continuo ad avere l'impressione di una forzatura (diciamo pure uno specchio per allodole) per il suo utilizzo.
    Ci sono fonti che attestano che i panorami antropici industriali sono rimasti tali e quali dopo 30-40 anni dal 1860? Che i modelli di navi a vapore passanti per lo stretto pre 1860 fossero i medesimi di quelli di inizio secolo XX? Incidentalmente la Palazzata di Messina venne voluta da Emanuele Filiberto di Savoia (1588-1624), quando era viceré per gli spagnoli, col regno delle due Sicilie condivide solamente l'ubicazione geografica.
    L'immagine dei contadini e' ben posteriore al 1860
    La tabella inizia dal 1870 per cui ripeto non si vede cosa abbia a che fare con una voce relativa ad un periodo precedente. Per dimostrare (ma in ogni caso non siamo qui per dimostrare nulla, ma per scrivere un'enciclopedia) cosa avvenne nel sud ci sono le voci apposite , tipo Questione meridionale. --Bramfab Discorriamo 18:15, 24 gen 2012 (CET)

    Non capisco cosa tu voglia dimostrare, da quello che intuisco (dubbi di neutralità, menzioni di vicerè sabaudi) tu pensi che io abbia inserito quelle immagini, a tuo giudizio idilliache, a causa delle mie pulsioni filoborboniche? Sappi che stai prendendo un granchio perchè ti ho ben spiegato che le strutture ritratte nelle foto le potevi vedere anche nel 1860 (e aggiungo che come si può capire dai dati riportati nella tabella da te criticata, di industrie, dopo il 1860, ne rimarrano in piedi sempre di meno. Perciò ci fu un loro stravolgimento in negativo...certamente non idilliaco). Se vuoi le conferme troveri decine e decine di immagini di industrie salernitane dal 1830 ai primi del '900 in questo archivio svizzero: http://scope.staatsarchiv.sg.ch/resultatliste.aspx Sui contadini ripeto: se ti danno fastidio toglili, sono inseriti a solo scopo illustrativo, certamente non mi straccerò le vesti per un bracciante su una scala e tre bambine. La tabella è presente perchè la vecchia, pessima, stesura della voce in quel paragrafo, all'epoca inoltre assai scarno, rimarcava l'assenza di attività industriali nell'ex reame. Per poter ricostruire la voce in modo adeguato si è dovuto inserire i dati di bankitalia riportati nella tabella, dati riportati nelle fonti usate per quel paragrafo, perciò attinenti al paragrafo e attinenti all'argomento "industria del Regno dopo il 1860" che a buon diritto può essere trattato nella voce del Regno delle Due Sicilie in quanto si riferisce a strutture industriali pre-esistenti. --Bacefik (msg) 19:13, 24 gen 2012 (CET)

    La tabella è pertinente semplicemente per il fatto che si ricollega la testo che la precede ...la differenza si manifesta a partire dall'ultimo ventennio del 1800 sotto forma di minore crescita del Sud. Quindi si pone a giusto corredo di quanto esposto nel paragrafo finale della sezione. Tutte le fotografie di aziende ed impianti industriali sorti in epoca preannessione trovano la loro giustificazione in quest'ultimo rilevante particolare: anzi sarebbe utile inserire nella didascalia anche quando è sorta l'azienda e quando questa ha chiuso i battenti (oltre che l'anno in cui la foto è stata scattata). Il quadro di De Nittis sarà pure del 1867, ma mi sembra improbabile che la strada raffigurata sia stata costruita durante il Regno d'Italia negli anni della guerra al brigantaggio. Nel complesso, le rimozioni proposte, salvo un paio di casi, finirebbero per impoverire la voce e, quindi, l'enciclopedia --theWhite Lion 19:59, 24 gen 2012 (CET)
    ...la differenza si manifesta a partire dall'ultimo ventennio del 1800 sotto forma di minore crescita del Sud . Per l'appunto la differenza si manifesta dopo almeno 20 anni dalla scomparsa del soggetto di questa voce. Sarebbe come se nella voce sulla prima guerra mondiale ci infilassimo tabelle e commenti sulla guerra d'Etiopia , essendo quest'ultima consequenziale alla prima.
    Attenzione che l'affermazione che strade non furono costruite causa brigantaggio potrebbe essere interpretata come spiegazione che fu il brigantaggio a bloccare lo sviluppo del meridione, fortunatamente queste stramberie sui testi di storia non si trovano e quindi si tratta di una affermazione senza fonte alcuna.
    Il lavoro di bankitalia sviluppa l'analisi dal 1861 in avanti, quindi non riguarda il soggetto di questa voce, ma voci come questione meridionale
    Se l'archivio svizzero contiene molte immagini allora che venga usato per cercavi immagini del periodo di esistenza del regno delle due Sicilie, mi sembra ovvio, e non del cinquantennio successivo!--Bramfab Discorriamo 23:27, 24 gen 2012 (CET)

    Osservo che nella nostra voce battello a vapore si dice che nel 1875 l'Italia era uno dei pochi paesi ad avere principalmente navi e vela, pertanto è possibile che nel porto di Messina in quegli anni si potesse vedere un battello a vapore, ma alla luce di quanto letto l'immagine non sembra in effetti rappresentativa dell'epoca che si intende illustrare. Complessivamente la voce è ricchissima di immagini la maggior parte delle quali non presenta problemi di tipo temporale e concordo quindi con Bramfab sul fatto che sarebbe opportuno eliminare quelle di dubbia pertinenza, anche perché in effetti non ce n'è particolare bisogno. --Cotton Segnali di fumo 23:49, 24 gen 2012 (CET)

    Sono sulla stessa linea di Luke sul fatto delle industrie e di Bramfab, il paragrafo "La nascita della questione meridionale" è da Revisionismo del Risorgimento o Questione meridionale (direi più questo), qui si arriva addirittura agli anarchici e la loro presunta mandante Maria Sofia. Non me ne vogliano i ragazzi campani che si sono impegnati nel sviluppare la voce ma a mio parere questo paragrafo è da eliminare, se dobbiamo parlare dell'economia del regno dobbiamo parlare di quella, se dobbiamo parlare di drenaggio di capitali ed emigrazione postunitari ci sono le voci già menzionate. Al massimo possiamo mettere accenni sulle chiusure delle industrie dopo l'unità nel paragrafo "Infrastrutture e trasporti", senza farne un'omelia che, ripeto, è da inserire nelle voci adatte. --Generale Lee (posta) 23:52, 24 gen 2012 (CET)
    Fu lo stato che optò per investire soldi nella guerra anziché nelle infrastrutture e non lo dico io, ma lo dice la storia: Il senatore Luigi Federico Menabrea, come soluzione al malcontento popolare e alle insurrezioni brigantesche, propose di stanziare 20 milioni di lire per la realizzazione di opere pubbliche al Sud; la sua proposta non ebbe alcun seguito, poiché il parlamento italiano preferì investire nell'impiego delle forze armate (Franco Molfese, Storia del brigantaggio dopo l'Unità, 1966). Se lo stato unitario avesse curato gli interessi del Sud, il brigantaggio sociale e politico non avrebbe avuto ragione d'esistere.
    Appunto, le righe dedicate a Bankit (tabella inclusa) sono pertinenti al resto della sezione (affermano che prima del 1861 non vi era sostanziale differenza tra Nord e Due Sicilie) e fungono da chiosa (come dice Gen. Lee) alla sezione stessa, rendendo il discorso completo ed organico: non vedo il motivo di questo forte interesse di Bramfab a rimuoverle, così si arreca solo un danno alla voce. La sezione "questione meridionale" è un riassunto della voce specifica, che, però, allo stato dei fatti risulta in una situazione pessima: si vuole sopprimere la suddetta sezione? Ok, ma prima si metta mano alla voce in questione per migliorarla, altrimenti il rischio è sempre lo stesso: arrecare un danno all'enciclopedia.
    Le foto delle aziende e delle strutture sorte in epoca borbonica hanno pieno titolo per restare nella voce, così come in altre voci sono presenti immagini di edifici o monumenti prodotte in epoche successive. Quindi, se dalla voce dobbiamo rimuovere la foto della Wenner perché c'è la caldaia del 1890, da questa voce dobbiamo rimuovere questa foto perché ci sono le auto, i furgoni e la gru del 2009. Oppure, a proposito di porti, dovremmo togliere questa da qui. O ancora, a proposito di illustrazioni e dipinti, dalla voce di questo stato estinto nel 1531 dovremmo rimuovere questa rappresentazione del 1639. --theWhite Lion 01:17, 25 gen 2012 (CET)
    A seguito di questa affermazione: "da questa voce dobbiamo rimuovere questa foto perché ci sono le auto, i furgoni e la gru del 2009.". Presupponendo per tutti gli utenti una buona capacita' di raziocinio suggerisco di riportare la qualità della discussione a livello enciclopedico seguendo l'indicazione di Wikipedia:Non fare il finto tonto in quanto impossibile non accorgersi che nella immagine File:Caldaiasalerno.png il soggetto ben visibile nella fotografia e descrizione della stessa e' la caldaia futuristica, mentre nell'immagine File:860MilanoPalazzoReale.JPG il soggetto ben visibile e' il palazzo reale, le auto e i furgoni sono in secondo piano e ininfluenti nello scopo dell'immagine e sua descrizione.
    Se uno stato (non oggetto di questa voce) opto' per investire soldi in guerra (ma quel "polentone di Francesco Saverio Nitti dopo aver esaminato e comparato i bilanci disse che le spese militari dei due stati furono simili, e la differenza di cassa era dovuta a ben altro) non riguarda questa voce e l'omelia, son d'accordo con Generale Lee, va rimossa assieme alla altre incongruenze della voce.--Bramfab Discorriamo 10:03, 25 gen 2012 (CET)

    Sono fortemente contrario alla rimozione del paragrafo sulla nascita della questione meridionale, mi dispiace che da molti sia stato interpretato come un'omelia...esso semplicemente si prefigge il compito di illustrare i mutamenti economici e sociali che avvennero nell'ex regno borbonico dopo la sua fortunosa annessione. Inoltre esso già si ricollega alla voce principale "questione meridionale" (che versa, come è stato detto, in uno stato pessimo), e aggiungo (cosa più importante) che nel paragrafo si fa riferimento alla situazione preunitaria portando dati e cifre riguardanti il Regno delle Due Sicilie per spiegare ciò che successe in seguito alla fine del Regno (non si tratta quindi di anomalie temporali). Non è un'omelia ripeto, se leggete un libro come "anatomia della questione meridionale" di Egidio Sterpa trovete espressi più o meno gli stessi concetti. E aggiungo che in ogni opera che si rispetti sulla questione meridionale si fa riferimento alla situazione esistente in epoca borbonica, perciò non vedo come la presenza di quel paragrafo possa essere estranea a questa voce. Esso è solo un'integrazione necessaria tra le voci riguardanti il Regno delle Due Sicilie e la Questione meridionale, in quanto i due argomenti sono fortemente collegati. Per le immagini ripeto, se ritenete opportuno eliminate quelle più moderne, da parte mia posso solo dire che ritraggono strutture sorte in epoca borbonica...per il resto non è un particolare problema, ci sono tante immagini di minor qualità ma d'epoca borbonica da poter inserire. --Bacefik (msg) 11:01, 25 gen 2012 (CET)

    Solo per dire buongiorno e ben ritrovati a tutti. Mi leggo con attenzione tutte le discussioni, e poi provo a dare il mio contributo...--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 12:01, 25 gen 2012 (CET)

    (conflittato. Benvenuto Nando) Bramfab, ti ringrazio per avermi accusato di fare il finto tonto: sei sempre gentilissimo. Presupponendo anche per te una buona capacità di raziocinio, mi pare evidente che la foto sia a corredo dell'oggetto del testo, ovvero, gli opifici Wenner, poiché sono visibili nell'immagine: quindi, fornendo al lettore tutte le coordinate temporali non c'è possibilità che questi cada in errore. Lo stesso vale per il proto di Messina ed il porto di Dubrovnik; differente è invece il caso della piantina dello stato estinto di cui sopra (ma pare che questo caso a te non interessi). Come detto, considerare gli aspetti successivi alla fine del regno come totalmente estrenei alla voce significa impedire alla voce stessa di concedere una visione organica degli eventi. Ribadisco, poi, che spostare parti di testo in una voce che versa in cattivo stato equivale a fornire un disservizio. L'anomalia è solo questa: voler impoverire le voci. --theWhite Lion 12:15, 25 gen 2012 (CET)

    Ach TWL, mi hai conflittato...Riscrivo da capo e ti mando il conto... :-). La mia prima riflessione è che l'immagine del porto di Messina è verosimile, ma inutilmente fuorviante. Questo perché in primo piano viene ritratta la nave "Cariddi" che ad una breve ricerca risulta varata nel 1896 insieme alla gemella "Scilla". Inutilmente, dicevo, perchè esistono certamente molte foto del porto di Napoli pre-1861 con molte navi a vapore (Bacefik aveva il libro di radogna sulla Marina Mercantile delle Due Sicilie, non c'è niente lì?), quindi mi pare inane accapigliarsi su questa foto. Essa ritrae una situazione verosimile (c'erano navi a vapore nei porti delle Due Sicilie fin dal varo della Ferdinando I, prima del Mediterraneo), ma come detto non mancano fonti per essere strettamente fedeli. Mi lascia più perplesso invece il commento sul quadro di Nitti. Esso ritrae una situazione di poco posteriore al 1861, e dato che non credo che il governo Piemontese abbia investito nell'allargamento di quella che non era certamente una via primaria (anche perché, oh cappero, ci si combatteva brutalmente!), penso possa essere rappresentativa della realtà pre-unitaria. Ah, Bramfab, è Favignana, non Favigna...--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 12:27, 25 gen 2012 (CET)
    Per quanto riguarda la rappresentazione iconografica dei cittadni delle Due Sicilie, mi sento di raccomandare la consultazione del famoso "Usi e costumi di Napoli" di Francesco De Bourcard, che ritrae la realtà del 1853 (metà delle tavole sono illustrate da Filippo Palizzi, è un'icona della costumistica preunitaria....)--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 12:38, 25 gen 2012 (CET)

    Ferdinando ti confermo, anche se non è necessario farlo, che di navi a vapore il Regno delle Due Sicilie era ben provvisto, sia a elica che a ruota. Per il resto ho provveduto a modificare la didascalia dell'immagine in modo da evitare polemiche inutili. --Bacefik (msg) 12:44, 25 gen 2012 (CET)

    Lo so, proprio per questo dico che non c'è bisogno di inserire cose che diano adito a polemiche, di fatti ce ne sono fin troppi, e di immagini pure...quella che ho in testa io, mannaggia, la sto cercando e non la trovo...come suggerimento, dato che hai il libro di radogna, non potrebbe essere opportuno inserire i dati riguardanti il numero di unità a vapore?--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 13:08, 25 gen 2012 (CET)

    Sono stati già inseriti il tennellaggio totale ed il numero di navi totale, un'analisi più approfondita è possibile farla solo per i Domini al di qua del Faro in quanto il libro riporta precisamente numero, tipo e tonnellaggio delle varie imbarcazioni della parte continentale del Regno. Per la Sicilia invece è riportato solo il tonnellaggio totale ed il loro numero. Se ritieni che queste informazioni siano necessarie posso inserirle con piacere appena posso. Non so dirti quale tipologia di nave mercantile adottasse la propulsione a vapore, ti posso dire sicuramente che nel 1860 erano registrati almeno 17 piroscafi (più almeno 29 navi a vapore militari di vari tipi). --Bacefik (msg) 13:31, 25 gen 2012 (CET)

    Secondo me sì. Purtroppo non ho il libro, quindi non posso esserti più d'aiuto, ma certamente mostrare che nel periodo pre-1860 la marina sia mercantile che militare avesse numerose unità a vapore, è rilevante nel presentare il livello di industrializzazione, soprattutto tenendo conto che la maggior parte di esse venivano costruite a Pietrarsa (macchine) e Castellammare di Stabia (scafi ed armamento). Ti segnalo a tal proposito il volume: "Arturo Fratta (a cura di), La fabbrica delle navi, Electa 1990". Segnalo anche la voce Giglio delle Onde che può essere utilmente collegata al resto del lavoro.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 14:55, 25 gen 2012 (CET)

    Grazie mille per i suggerimenti, appena posso inserirò la tabella e tutto il resto. Bisogna tuttavia tenere presente che al 1860 la navigazione a vela era ancora preponderante: tanto per capirci all'epoca anche la più potente nave da guerra a vapore inglese aveva ancora gli alberi per le vele. Era un periodo di transizione, solo pochi anni più tardi il modo di navigare sarà completamente rivoluzionato. --Bacefik (msg) 11:11, 26 gen 2012 (CET)

    Questo è sicuro, nel 1861 tutte le principali marine del mondo erano in un periodo di transizione tra vela e vapore. Nella valutazione dello status di un singolo paese in quanto a grado di avanzamento marinaro va tenuto in considerazione in primis il numero di unità a vapore a confronto del totale della flotta; la dimensione relativa del paese rapportata a quella della flotta; e soprattutto se navi, macchine e conduttori delle stesse fossero di origine estera, o prodotti in loco. E' diverso, infatti, dire che il paese tal dei tali aveva un tot numero di unità, ma che queste erano di costruzione estera e magari gli equipaggi di macchina (cioé i tecnici specializzati) erano ad esempio inglesi; dal dire che navi, macchine ed equipaggi fossero tutti di estrazione autoctona. Nel primo caso si individua infatti solo una capacità di spesa (autonoma o a debito); nel secondo l'esistenza di una filiera industriale e di know-how, indice, questa sì, di avanzamento civile e tecnologico.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 13:10, 26 gen 2012 (CET)

    I dati riportati dal Radogna sono stati inseriti. --Bacefik (msg) 16:36, 26 gen 2012 (CET)

    Scusate, ma proprio non capisco perchè dovrebbe dare fastidio quel paragrafo sulla questione meridionale, dove sta l'omelia? Sarò scemo, ma il problema non lo vedo. Anzi, la voce è fatta benissimo, è conseguenziale, al massimo cercherei di rendere un pochino più riassuntivo il quadro economico del regno, ma giusto per una questione di equilibrio della pagina (c'è sta parte sproporzionata sulla questione economica, e troppe immagini a mio avviso, così si rischia di attirare maggiormente inutili polemiche e mettere a rischio la validità della voce stessa, l'importante è il senso di quanto scritto). La questione meridionale è nata o non è nata dall'annessione? Io sinceramente mi sono rotto le scatole delle accuse infondate (o peggio ancora dei pensieri maligni) riguardanti l'essere presunti neoborbonici, o "leghisti del sud" o cretinate del genere, quando si affermano o pubblicano cose del tipo. Ho letto in giro frasi tipo "polentoni", ma che è? A mio avviso sono banalità, qui si parla soltanto di pubblicare fatti storici, al di fuori delle solite retoriche risorgimentali. L'Italia ha fatto nascere la questione meridionale punto e basta, facciamocene tutti quanti una ragione santo cielo... l'hanno capito pure i bambini ormai, e, permettetemi l'ironia, anche Fiorella Mannnoia :). La verità si sta facendo largo, pura e semplice verità, al di fuori della retorica, dei polentoni, dei neoborbinici, ecc.. Basta con sta puzza sotto al naso. Come si fa a definire omelia quel paragrafo? Parlare delle due sicilie senza citare la nascita della questione meridionale, che roba è? La spiegazione sta bene qui, e poi ci può essere, in maniera più approfondita il rimando, ma eliminare il tutto in questa sede è inaudito, non c'è logica. Poi qualcuno mi deve dire se per caso conosce delle bibliografie sulle due sicilie che non parlano anche della nascita della questione meridionale, fermarsi al 1860 non ha senso, da un punto di vista di spiegazione storica. Io così la penso. --Baku (msg) 22:26, 27 gen 2012 (CET)

    Per cortesia non la facciamo grossa ora. Per omelia non intendevo mica "cose inutili" ma evitare paragrafi che a mio avviso c'entrano poco con la voce. Fare accenni al periodo postborbonico (come dissi per le industrie) certamente, ma ulteriori approfondimenti possono benissimo stare nelle voci da me elencate. Qui arriviamo persino agli anarchici dai, a questo punto mettiamoci pure Giuseppe Musolino e Salvatore Giuliano. Io personalmente non seguo la retorica patriottarda che sta iniziando a scemare, mi distanzio altresì dalla tesi neoborbonica ma di certo non sono mica contrario alla sua esposizione, altrimenti non avrei partecipato alla voce sul revisionismo, non avrei iniziato il sottoparagrafo Critiche al processo di unificazione nella voce principale e non avrei ampliato la voce del suo padrino Carlo Alianello. --Generale Lee (posta) 22:47, 27 gen 2012 (CET)

    E dai! Non devi mica prendertela :) Diciamo solo che la scelta del termine omelia non è stata delle più azzeccate. Il punto è, come dice saggiamente Baku, che la questione meridionale è conseguenziale e strettamente connessa alla perdita dell'indipendenza. Una sezione che affronti l'argomento con rimandi alla situazione preunitaria e agli effetti delle politiche postunitarie, deve esserci; soprattutto, se la voce alla quale si vorrebbe demandare l'esclusivo compito di trattare tale tema a) è assai estesa, b) deve, per forza di cose, ricoprire un arco temporale più ampio e c) non si presenta, come detto, nel migliore dei modi. La sezione ha un suo perché, sia adesso, sia se un giorno, magari non troppo lontano, qualcuno decida di migliorare, arricchire e strutturare la voce questione meridionale: rimuovere tale sezione, imho, arrecherebbe solo un danno alla voce. --theWhite Lion 00:19, 28 gen 2012 (CET) P.S.: è, comunque, divertente vedere come da un lato c'è chi è seccato da accostamenti al neoborbonismo (che, poi, tradotto significherebbe "appartenere ad un gruppo folcloristico chiamato movimento neoborbonico") e dall'altro c'è chi produce prove al fine di non essere ascritto tra gli acritici difensori della sacralità della patria unita: ovviamente, nessuno vuole essere etichettato per ciò che non è.

    No tranquilli, non mi sto mica arrabbiando, figuriamoci per queste cose :) Cmq ripeto, qua ci manca poco che si arriva alla voce principale, io sono per una brevissima sintesi: in due parole mettere dove son finiti i soldi, quando son state chiuse le industrie e qualche accenno sulla emigrazione; senza ricorrere a dilungamenti meridionalisti; socialisti e anarchici che continuo a non capire cosa c'entrano con la situazione il regno (e cmq prove di finanziamenti della regina ai movimenti anarchici personalmente non ne ho mai viste). Se allora dobbiamo lasciare tutto com'è, bisogna dare spazio anche a pareri di altri studiosi che la vedono diversamente sul regno: Denis Mack Smith (come ben sapete revisionista e non un prezzolato all'italiana) ad esempio la cui opinione sulle Due Sicilie è praticamente negativa, Tommaso Pedio che considerava il regno al pari degli altri stati preunitari ma parla già di leggeri squilibri tra nord e sud dopo la dominazione spagnola, Domenico De Marco storico dell'economia di cui ho letto qualcosa e mi sembra molto ricco di informazioni chiare e imparziali [6]. --Generale Lee (posta) 10:25, 28 gen 2012 (CET)

    Ovviamente nella voce non sta scritto da nessuna parte che la regina abbia finanziato gli anarchici, al massimo è riportato il suo "soprannome" affibiatogli in quei travagliati anni di attentati e agitazioni sociali nell'Italia sabauda. Inoltre il paragrafo sulle origini della questione merdionale non intende dare un'idea parziale delle condizioni del Reame, anche perchè nella voce più volte si ribadisce la differenza tra aree sviluppate e sottosviluppate nel Regno. Quel paragrafo serve solo ad illustrare le conseguenze socio-economiche che l'annessione comportò, cioè l'evoluzione della vecchia società delle Due Sicilie nei decenni immediatamente successivi al 1860 (dato che si deve ragionare in decenni per dare un'idea adeguata dell'argomento), senza altre divagazioni temporali. Anarchici importanti come il Cafiero nacquero e crebbero nel regno borbonico da famiglie borghesi, mi spiego: oltre alla rivolta di stampo reazionario delle campagne, di cui si discorre ampiamente ovunque, bisogna considerare anche la situazione delle aree urbane o economicamente più prospere, che effettivamente videro la nascita di movimenti di protesta di tipo progressista. Questo serve a rafforzare l'idea che alle grandi masse contadine delle province rurali si opponesse un certo ceto operaio nelle aree urbane: queste due tipologie di proletariato dopo l'annessione si comportarono in maniera differente e caratteristica, come spiega molto bene il Sereni. --Bacefik (msg) 11:17, 28 gen 2012 (CET)

    Bacefik non intendo assolutamente che il paragrafo suddetto sia un POV, ritengo solo che sia un pò troppo "fuori-temporale", perlomeno com'è strutturato qui. I vari Cafiero e Malatesta erano repubblicani tra l'altro quindi non capisco cosa c'entrano con la politica economico-amministrativa del regno borbonico (che dovrebbe essere il tema principale). Rimango sempre contrario a questo paragrafo, poi che vi devo dire, se la maggioranza vuole mantenerlo la maggioranza vince. --Generale Lee (posta) 15:02, 30 gen 2012 (CET)
    Direi che la maggioranza non e' per nulla favorevole a mantenere ampi paragrafi non pertinenti con soggetto della voce, ancor prima di discutere se quanto scritto sia POV o non POV oppure fraintenda le fonti citate.--Bramfab Discorriamo 15:55, 30 gen 2012 (CET)

    A me pare che la maggioranza non abbia espresso parere favorevole alla rimozione della sezione. Mi pare, inoltre, che la questione meridionale sia pertinente alla "fine del regno", essendo, come detto, conseguenziale e strettamente connessa alla perdita dell'indipendenza. Inoltre, la sezione è strutturata in modo tale da trattare l'argomento con rimandi alla situazione preunitaria e agli effetti delle politiche postunitarie: elementi, questi, che costituiscono solo una piccola parte di un tema molto più ampio (anche dal punto di vista temporale) e complesso (basta guardare le dimensioni della voce questione meridionale e l'arco temporale che essa abbraccia) alla cui voce di riferimento, nonostante lo stato in cui versa, si rimanda, comunque, per approfondire. Rimuovere la sezione impoverirebbe la voce e arrecandole solo un danno. --theWhite Lion 19:27, 30 gen 2012 (CET)

    @TWL: Sei solo tu che ti opponi.
    Inoltre tutti gli argomenti che aggiungi inoltre sono a sostegno dell'inserimento delle informazioni, quando non sono duplicati, nelle voci apposite:
    1. la questione meridionale e' consequenziale alla fine dell'indipendenza, ossia dopo la fine del R2S. Per l'appunto altri tempi: altra voce, che gia' esiste.
    2. "la sezione è strutturata in modo tale da trattare l'argomento con rimandi alla situazione preunitaria": scoperta dell'acqua calda. Un terzo circa della questione meridionale e' il confronto fra prima e dopo, ma sempre alla luce del dopo.
    3. Wikipedia non e' una raccolta raffazzonata di informazioni, queste vanno messe dove sono trattate per bene, altrimenti ci sarebbe da riportare anche in questa voce tutto quello che c'e' da scrivere sulla questione meridionale e si avrebbe una voce abnorme. Al presente le frasi sulla questione meridionale inserite nella voce riguardano poche cose parziali nel contenuto e parziali nell'impostazione, questo si che impoverisce l'enciclopedia: l'inserimento voluto e forzato di parzialità in una voce correlata come argomento ma di cui lo stesso non e' strettamente pertinente. --Bramfab Discorriamo 10:09, 31 gen 2012 (CET)

    Ti invito a rileggere la discussione, magari ti sei perso le opinioni di Baku e Bacefik: ti accorgerai, così, che il dissenso alla tua proposta è più diffuso.
    Dico, e tu confermi, che la questione meridionale è consequenziale alla fine dell'indipendenza, pertanto, come in tante altre voci si parla degli eventi ritenuti "conseguenze" rispetto all'oggetto della voce, anche qui va fatto lo stesso.
    "Un terzo circa della questione meridionale e' il confronto fra prima e dopo": mi dispiace, ma non è così (quello è il revisionismo) - se poi si vuole impostare la trattazione del tema esclusivamente in quel modo, allora è un altro paio di maniche.
    Le informazioni vanno messe dove sono trattate per bene, appunto è quello che stiamo dicendo: la voce questione meridionale, versa in cattivo stato, quando sarà migliorata, potrà essere ridiscussa la tua proposta. --theWhite Lion 01:11, 1 feb 2012 (CET)

    Il fatto che la voce Questione meridionale debba essere arricchita di fonti dalla testa ai piedi è vero, ma ciò non significa che dovremmo narrare qui tutti gli eventi successivi e a maggior ragione bisognerebbe lavorare anche nella voce sull'emergenza del sud. Il paragrafo ok potrebbe anche rimanere ma necessiterebbe di uno scorporo, poichè, oltre ad essere una cosa strettamente connessa al meridionalismo e al revisionismo, si rischia di incappare in una raccolta indiscriminata di informazioni. Se lasciassimo solo il destino delle fabbriche e al massimo la fuga di capitali e l'emigrazione (che tuttavia qui è da considerarsi dal punto di vista revisionistico poichè non esistono dati relativi all'emigrazione preunitaria, almeno io non ne ho trovati) sarebbe l'ideale a mio avviso. --Generale Lee (posta) 12:10, 1 feb 2012 (CET)

    Dati relativi ad una emigrazione preunitaria dalle Due Sicilie non esistono, perché, come riportato in altre fonti, non esisteva emigrazione prima del 1860: come fenomeno nuovo, va, quindi, affrontato senza effettuare raffronti. Guarda, per come è organizzata la sezione, se vuoi lasciare quei tre temi, finisce che vai a togliere solo l'aspetto relativo al debito pubblico (che comunque potrebbe essere reinserito in sezioni più pertinenti), mentre con una botta qui e una lì si può vedere di snellire un altro po': se Bacefik non ha nulla in contrario posso cimentarmi io. --theWhite Lion 16:27, 1 feb 2012 (CET)

    Il debito pubblico è un fenomeno preunitario e perciò va mantenuto, tutto il resto invece tratta delle conseguenze dell'annessione sull'economica e sulla società (ho usato a tal proposito le fonti di matrice progressista che con più lucidità si sono dedicate all'argomento, quindi nessun revisionismo neoborbonico). Se credete che debba essere modificato qualcosa fate pure, io da autore di quel paragrafo ho spiegtao le mie ragioni: credo che eliminando quelle informazioni si impoverisca la voce di una doverosa conclusione, conclusioni che tra le altre cose interessano tutti quelli che cercano informazioni sulla storia del Mezzogiorno, e quindi delle Due Sicilie, nel periodo a cavallo del 1860. --Bacefik (msg) 15:09, 2 feb 2012 (CET)

    Inoltre vi invito a tenere in conto il bel testo di Tommaso Pedio riportato da Generale Lee più in basso, che recita: "Nonostante i suoi limiti, (...), questo processo di industrializzazione (preunitario, ndr) ha il merito di aver creato i primi opifici moderni del Mezzogiorno d'Italia e, soprattitto, anche quello di aver dato l'avvio alla formazione di una incipiente classe operaia che sarà tra le prime a far sentire la sua voce nella vita italiana della seconda metà dell'ottocento" --Bacefik (msg) 19:27, 2 feb 2012 (CET)

    Officine Lindemann

    Il testo in voce è fuorviante riguardo l'impresa in oggetto. Leggendo questa dettagliata descrizione del De Rosa si comprende come la Lindemann sia diventata un'industria nel vero senso della parola solo in seguito all'unità d'Italia. In tal senso l'immagine, del 1892, risulta anacronistica. ---- Theirrules yourrules 18:49, 27 gen 2012 (CET)

    Riporto testualmente da "L'impresa agro-industriale: una economia urbana e rurale tra XIX e XX secolo" (fonte dell'immagine in questione) di Ornella Bianchi, Edizioni Dedalo: "Alle industrie tessili si affiancarono già nel primo secolo XIX nel Regno di Napoli e in Puglia in particolare vari altri tipi di industria. E' del 1850 il trasferimento e ampliamento in Bari, a quattordici anni dalla fondazione nel 1836 a Salerno, dell'officina mettallurgica Lindemann, pioniera nel Regno, che era insieme fonderia in ferro e bronzo e fabbrica agro-chimica per la estrazione di olio dalle sanse e la produzione di sapone".
    E aggiungo anche che nella voce c'è un errore, perchè come è riportato nel testo linkato da te, a dispetto del nome, questo Lindemann non era svizzero o tedesco ma un imprenditore locale. --Bacefik (msg) 13:59, 28 gen 2012 (CET)
    Mi permetto di rimarcare l'analisi del De Rosa. La Lindemann a Salerno non era che un piccolo laboratorio meccanico. Si trasferì a Bari negli anni 50 ma secondo il De Rosa negli anni sessanta non era ancora un'azienda di rilievo. Ho trovato diverse ricorrenze che spiegano che l'aspetto agro chimico della produzione della Lindemann risale a fine secolo con i primi brevetti di macchine per l'estrazione dell'olio. Ancora più rilevante il fatto che molte fonti spieghino come la trasformazione della Lindemann in industria nel vero senso della parola avvenne dopo l'unità, ma soprattutto grazie alla politica economica sabauda. Si veda [7]. La Lindemann, insieme alla Societé nouvelle des huileries et savonneries méridionales e alla Oss. Mazzurana risultano avere 85 operai a metà degli anni settanta per arrivare a svariate centinaia negli anni novanta (Gioia Bertelli, Storia di Bari, vol.4, Laterza, Bari): il che è un dato che evidenzia semmai come lo sviluppo industriale sia vvenuto dopo l'unità (si veda anche Enrica Di Ciommo, Bari, 1806-1940. Evoluzione del territorio e sviluppo urbanistico, Franco Angeli, 1984). Infine, la pressa nell'immagine è un bevetto degli anni novanta, quando nello stabilimento arrivò la corrente elettrica: condizioni non trascurabili e oggettivamente non rappresentative del periodo pre-unitario. ---- Theirrules yourrules 17:26, 28 gen 2012 (CET)

    Mi sembra logico che con l'avanzare delle tecnologie la produzione si sia sviluppata nel corso degli anni, tuttavia ciò non dimostra niente sul tema dell'industrializzazione e delle tendenze economiche. La Lindemann nacque come fonderia negli anni '30 dell'800, si trasferì a Bari nel '50 ed incominciò ad espandersi. Stop. Effettivamente l'immagine della pressa è anacronistica, io ho già detto che per quel che mi riguarda può anche essere rimossa. --Bacefik (msg) 12:15, 29 gen 2012 (CET)

    Immagine del Teatro Piccinni

    Faccio presente che la foto che ritrae il Teatro Piccinini è stata probabilmente scattata in periodo post-unitario. I lampioni ritratti sono a lampada elettrica, l'abbigliamento dei passanti sembra di fine ottocento e sono appesi ai lampioni stessi coccarde tricolori. ---- Theirrules yourrules 19:47, 28 gen 2012 (CET)

    La foto è stata scattata sicuramente in periodo postunitario, tuttavia il teatro fu costruito prima del 1860. --Bacefik (msg) 12:18, 29 gen 2012 (CET)
    Infatti la menzione del teatro in voce è perfettamente pertinente, meno lo è la foto in questione, un po' anacronistica rispetto alla periodizzazione trattata in voce. ---- Theirrules yourrules 19:20, 30 gen 2012 (CET)

    Premesso che è molto difficile trovare immagini di epoca preunitaria, voglio precisare che in questo caso non ci sarebbe molta differenza tra un'immagine attuale ed una d'epoca, anche perchè come si è detto il teatro (ed il quartiere nel quale è inserito) è stato costruito prima del 1860 e non ha subito grandi mutamenti negli anni. Secondo il mio modesto parere inserire immagini fatte in epoca postunitaria di opere costruite in epoca preunitaria non dovrebbe rappresentare un grande problema, a meno che non abbiano subito rilevanti modifiche con gli anni. --Bacefik (msg) 16:15, 3 feb 2012 (CET)

    Immagine della tonnara di Favignana

    Anche tale immagine non è pertinente. E' un dipinto del 1874 di Antonio Varni, che ritrae una realtà post-unitaria che non ha riscontro nel passato: Favignana, come le altre Egadi, fu acquistata dai Florio solo nel 1874 per l'appunto, essendo prima di proprietà dei Pallavicino di Genova che la cedettero alla famiglia siciliana solo tredici anni dopo l'unità d'Italia. ---- Theirrules yourrules 19:18, 30 gen 2012 (CET)

    Spostata in Florio --Bramfab Discorriamo 10:26, 31 gen 2012 (CET)

    Sistemazione

    Viste le incongruenze, la discussione avvenuta sopra e confortato anche dall'affermazione che esistono immagini pre unitarie ho provveduto a togliere quelle che evidenziano gli aspetti visuali post unitari o i decisi futurismo come la pressa di fine secolo.--Bramfab Discorriamo 13:51, 30 gen 2012 (CET)

    Segnalazione

    Vi segnalo, nella sezione Istruzione, un errore nella tabella relativa al numero degli studenti ed alla spesa per studente. In particolare, la cifra esatta che si evince dalla media della spesa per studente/università, diviso 4, non è 440, ma 840. Credo che si tratti di un errore di battitura, che correggo subito.--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 11:17, 30 gen 2012 (CET)

    Nella tabella si era fatta la media della spesa totale di tutte le università del sud in rapporto al numero di studenti totale del sud, è lo stesso criterio usato per le medie del nord e del resto d'Italia. La media che intendi tu Ferdinando è quella tra le singole spese di ogni università del sud, non quella complessiva suddivisa per ogni studente dell'ex Regno borbonico (cioè 1.415.577 / 3.216). Perciò la somma precedente era corretta, in ogni caso si tratta di cifre del 1864. --Bacefik (msg) 11:42, 30 gen 2012 (CET)

    Del 1864 per l'appunto. Anche qui abbiamo un'altra tabella decisamente fuori posto cronologicamente, e fuorviante. Cosa Si intende sbrigativamente per nord Italia nella compilazione di questa tabella? E cosa garantisce che le cifre relative al 1864 siano simili o comparabili a quelle preunitarie, sia come numero di studenti che come costi, anche alla luce delle affermazioni sull'immediato sacco del sud postunitario e spostamento al nord degli investimenti e dei capitali? Questo e' un altro paragrafo buono per un'altra voce.--Bramfab Discorriamo 14:37, 30 gen 2012 (CET)

    Sarà anche successiva di 4 anni al 1860, ma non c'è niente di fuorviante in quanto è scritto tutto chiaro e tondo. La tabella serve solo a dare un'idea precisa della situazione delle università italiane a pochissimi anni dal 1860. La tabella era originariamente suddivisa in università del nord (tutti gli atenei dalla Romagna al Piemonte, tranne Padova ovviamente), centro (Toscana e territori pontifici) e sud (ex Due Sicilie). Se volete comunque potete spostarla nell'altra voce che mi sembra più adeguata. --Bacefik (msg) 15:20, 30 gen 2012 (CET).

    Sul fatto che sia o non sia fuorviante e' difficile dirlo, ovvero le cose al sud cambiarono o non cambiarono subito dopo l'Unita d'Italia? Se cambiarono subito anche questi dati non sono indicativi, se non cambiarono allora e' difficile per esempio affermare che il brigantaggio postunitario (che ebbe il suo massimo nel periodo 1861-1863) fu provocato dalle novità introdotte nel ex regno. Se alcune cambiarono ed altre no, quale fonte indica che le università rimasero come erano prima (sia nel sud, che in Lombardia e Toscana)? In ogni caso dato che la tabella serve solo a dare un'idea precisa della situazione delle università italiane a pochissimi anni dal 1860 concordo che sarebbe da spostare nella voce sulla storia dell'istruzione in Italia; se prima la tabella era anche dettagliata in 3 aree, meglio ancora. Se riesci a recuperare quella tabella e spostare sarebbe una gran bella cosa. Ciao. --Bramfab Discorriamo 16:20, 30 gen 2012 (CET)
    Ok, Bacefik, grazie per la spiegazione, non avendo sotto mano la fonte originale ed avendo (dannato lavoro) un certo occhio per i numeri, mi era sembrata un'incongruenza. Manifesto un mio POV ad alta voce sulla questione del numero di studenti nel 1864. A me pare che si possa dire che la presenza di un tale numero di studenti NONOSTANTE ci fossero accesi combattimenti in atto, potrebbe indicare una sottostima rispetto al periodo pre-unitario, piuttosto che il contrario. Però credo che, pur essendo incontestabile, adatta al contesto e precisa la tabella, potrebbe essere interessante riuscire ad avere i dati pre-1861. --Ferdinando Scala (Rubra Mater) 20:41, 31 gen 2012 (CET)

    Osservatorio astronomico di Capodimonte

    Nella voce l'osservatorio viene indicato come "primo osservatorio astronomico moderno d'Europa" usando il TCI come fonte (stesso ente che indica Curzola come patria di Marco Polo). Poiché' solamente per rimanere in Italia abbiamo come voci di osservatori in uso fin dall'inizio secolo XIX, se non poco prima: come l'antenato dell'Osservatorio astrofisico di Arcetri, l'Osservatorio astronomico di Palermo, l'Osservatorio astronomico di Brera, e muovendoci in Europa si trova l'Osservatorio di Parigi, l'Osservatorio Dunsink in Irlanda, il primato va chiarito. Si trarrebbe di capire in cosa consista esattamente questo primato, se di primato europeo, e non del regno, si possa parlare e trovare una fonte autorevole che tale lo valuti.--Bramfab Discorriamo 16:50, 30 gen 2012 (CET) P.S. ho chiesto lumi al progetto astronomia. --Bramfab Discorriamo 16:54, 30 gen 2012 (CET)

    L'osservatorio di Capodimonte fu sicuramente il primo in Italia di concezione moderna, in quanto venne costruito appositamente per questo scopo, mentre gli altri invece trovavano alloggio in costruzioni pre-esistente e spesso inadatte (L'astronomia a Napoli dal settecento ai giorni nostri, pag. 117). Per quanto concerne il primato europeo non conosco le fonti del TCI, tuttavia il primato italiano è ampiamente documentato. --Bacefik (msg) 17:20, 30 gen 2012 (CET)

    Quello a cui si fa riferimento è il fatto che molte città avessero non un osservatorio astronomico, bensì una specola, che consiste in sostanza nei vecchi studi con qualche cannocchiale dove dei tizi barbuti osservavano le stelle! Per quel "primo osservatorio astronomico di concezione moderna", ho sempre avuto molti dubbi: posso solo fare l'esempio che a Brera c'era una specola da tempo immemore, poi nel 1772, Maria Teresa lo trasformò in un vero e proprio osservatorio astronomico (si, moderno)! Se la novità consiste nell'aver costruito un palazzo già con l'idea di metterci dentro un osservatorio astronomico, lo si scriva nei giusti termini. La descrizione attuale fa presagire chissà quali novità tecnico-scientifiche.--Melancholia (msg?) 17:47, 30 gen 2012 (CET)

    Anche a Napoli esistevano alcune specole, tuttavia fu a Napoli che si decise per la prima volta in Italia di costruire una struttura appositamente deputata alla funzione di osservatorio astronomico, senza trasformare le vecchie specole (tra l'altro dotandola dei migliori strumenti dell'epoca). Ho corretto la frase, spero che vada bene. --Bacefik (msg) 19:21, 30 gen 2012 (CET)

    Personalmente a me sembra che Brera fosse una struttura all'epoca talmente avanzata da non essere neanche minimamente paragonabile con Capodimonte. Basta leggere la voce per capire come fossero impiegati strumenti all'avanguardia sin dal settecento e come vi si recassero matematici e scienziati tra i più importanti della storia scientifica europea. Che poi Capodimonte fosse stato costruito ex-novo è un dato interessante che va mantenuto in voce, ma non giustifica il fatto che gli si possano attribuire primati tecnologici di vario tipo. ---- Theirrules yourrules 19:29, 30 gen 2012 (CET)
    Il passaggio così aggiornato per me può andare bene. Se no si può usare una frase simile a fu il primo edificio in Italia ad essere progettato appositamente per adempiere la funzione di osservatorio astronomico, così come tale tratta dalla storia della voce vera e propria.--Melancholia (msg?) 19:38, 30 gen 2012 (CET)

    Concordo: l'ultima modifica al riguardo di Bacefik va bene anche per me. --theWhite Lion 19:46, 30 gen 2012 (CET)

    Personalmente credo che se diamo credibilità ad una cosa piuttosto che ad un'altra sulla base di come questa è scritta su wikipedia. Allora il Castello di Barletta pare più rilevante della Basilica di San Marco. Theirrules... credo che le tue impressioni relative al minimamente paragonabile siano del tutto errate e soprattutto (ora sì che ci vuole)...prive di fonti e palesemente POV. :D. --o'Sistemoneinsultami 19:50, 30 gen 2012 (CET)
    (rientro) poi se proprio proprio...pare che l'osservatorio di Brera abbia avuto un'impennata dal 1877 in poi. Dunque ben dopo l'unità d'Italia. Perciò, per evitare futurismi shockanti ed inauditi, si può anche lasciare scritto che quello di Capodimonte era uno se non il più importante del tempo, dato che stiamo parlando del periodo pre unitario. :D. Ciò che poi è successo dal 1861, non conta più..è poca roba :D. --o'Sistemoneinsultami 19:56, 30 gen 2012 (CET)
    @O'Sistemone: ti ringrazio vivamente per il palesemente POV pure grassettato e gradevolmente gratutito. Qui puoi farti un'idea dell'importanza storica dell'OAB sin dal settecento. ---- Theirrules yourrules 20:12, 30 gen 2012 (CET)
    E vabbè...se stiamo giocando a carte allora io ho fatto scopa!!!! :D --o'Sistemoneinsultami 20:15, 30 gen 2012 (CET)
    Faccio notare che nella storia dell'osservatorio di Capodimonte (raggiunta dal link di O'Sistemone" si può leggere Nel 1809 si decise di scegliere un giovane e promettente astronomo da formare attraverso un soggiorno d'istruzione all'estero e a cui affidare poi la direzione della Specola. La scelta cadde su Federico Zuccari (1784-1817), che in quell'anno insegnava Geografia Matematica nel Collegio Militare. Il venticinquenne professore napoletano venne inviato presso la Specola milanese di Brera, dove rimase per circa due anni, per perfezionarsi sotto la guida dell'illustre astronomo Barnaba Oriani.. Ciò detto, non essendo specificato dal TCI cosa distingua un osservatorio moderno da uno non moderno, ritengo che l'attuale formulazione della frase sia la più NPOV possibile.--Ysogo (msg) 22:34, 30 gen 2012 (CET)

    È innegabile che la frase "a me sembra che Brera fosse una struttura all'epoca talmente avanzata da non essere neanche minimamente paragonabile con Capodimonte" sia un point of view, quindi non ci si stupisca se ci viene fatto notare. Inoltre, di particolare rilievo mi sembra il passaggio riportato da Ysogo, dove si evince come lo Zuccari abbia usufruito della guida dell'Oriani, più che di una struttura talmente avanzata. Sentiti i diversi pareri e in assenza di altre eccezioni mi sembra che nulla osti il mantenimento dell'attuale assetto del paragrafo evidenziato. --theWhite Lion 22:58, 30 gen 2012 (CET)

    E' innegabile che esordire con un personalmente credo non è che una cortesia nei confronti dell'interlocutore al fine proporre un'opinione senza presunzione, sinanche ragionevolmente condivisibile. Chiosare, invece, un commento ai post altrui tacciandoli come <grassetto>privi di fonti e palesemente POV</grassetto> è un modo discreto per sminuire l'interlocutore e il peso delle suo considerazioni. Naturalmente capisco che c'è chi possa considerarle sottigliezze. ---- Theirrules yourrules 04:47, 31 gen 2012 (CET)

    Se vi può interessare, qui c'è un elaborato dello storico mio corregionale (gratuitamente scaricabile) intitolato Industria, società e classe operaia nelle province napoletane nella prima metà dell'ottocento, preso dall'archivio storico pugliese. L'ho utilizzato sinteticamente nel paragrafo a lui dedicato in Revisionismo del Risorgimento, potrebbe essere molto utile in questa voce. E' ricco di fonti, molto dettagliato. Mi sembra di una visione molto onesta e senza retoriche, forse trascura l'aspetto dei dazi interni del regno ma sembra ben fatto. --Generale Lee (posta) 19:49, 30 gen 2012 (CET)

    Ottima dritta, peccato solamente che mi sembra si fermi al 1848.--Bramfab Discorriamo 10:42, 31 gen 2012 (CET)


    Questo è davvero un ottimo testo, tuttavia ho provveduto a correggere alcune affermazioni fuorvianti inserite nella voce: il ceto più "radicale e democratico" era sicuramente quello socialista che tutto voleva tranne che lo sfruttamento degli operai continuasse (nacque dopo il '48 tra i circoli napoletani e gli operai campani, vedere pagine riportate nelle fonti). Inoltre nello stesso testo a pag. 320 si dice chiaramente che l'immigrazione di provinciali nella capitale diminuì costantemente in quegli anni (in quanto gli artigiani di provincia non lasciavano più le loro attività) e che Napoli nonostante questo fosse comunque sovraffollata come e più delle altre grandi capitali europee. --Bacefik (msg) 20:16, 2 feb 2012 (CET)

    Ho riportato qualche vecchia modifica poichè Pedio dice chiaramente a pag. 319 "anche se non raggiunge dimensioni tali da soddisfare completamente le richieste del regno". Per quanto riguarda la parte a pag.320, infatti c'è scritto un pò più in basso che vi fu una diffusione industriale anche nelle altre zone (Con il passare del tempo, poi, si ebbe uno sviluppo delle strutture industriali [...] Molise e Basilicata.). --Generale Lee (posta) 10:51, 3 feb 2012 (CET)
    In compenso non mi pare che Pedio dica quanto aggiunto dopo da Bacefik sui movimenti di popolazione, o forse occorre spostare prima nel testo il rifermento a Pedio, rispetto a dove si trova ora.--Bramfab Discorriamo 12:31, 3 feb 2012 (CET)

    Pedio afferma, a pag. 321, che secondo i dati demografici a noi pervenuti non risulta un grande spostamento di provinciali in Napoli fin dal ventennio precedente al 1848. Egli da pag. 322 in poi afferma che la crescita demografica ci fu, ma fu costante il tutto il Regno, ed il rapporto tra popolazione di Napoli e popolazione delle province dopo il 1824 rimarrà invariato. Recito testualmente da pag. 324: "Irrilevante l'immigrazione di elementi provinciali a Napoli nel ventennio precedente al 1848. Artigiani e popolani difficilmente abbandonano ora la provincia" in quanto il mercato di Napoli era già saturo. --Bacefik (msg) 12:42, 3 feb 2012 (CET)

    Mi confermi l'appunto fatto su: "Con l'evoluzione della società indotta dalla crescita industriale tuttavia il fenomeno della migrazione interna andò sempre più scemando, fino a scomparire quasi del tutto negli ultimi decenni di vita del Regno<ref>Tommaso Pedio, ''Industria, società e classe operaia nelle province napoletane nella prima metà dell'ottocento'', Archivio Storico Pugliese, Bari, 1977, p.320</ref>"
    Il riferimento non puo' essere a pagina 320, che si riferisce a quanto scritto da Gen Lee.
    Quello scritto a pag 324 si riferisce a pre-48, quindi non negli ultimi decenni di vita del Regno. Quello che e' servito per la citazione di Pedio e' il dato sull'immigrazione, che non e' direttamente legata, nel suo testo alla crescita demografica, ma al richiamo dell'industria e in parte alla disoccupazione, non risolta neppure alla fine del regno. Non voglio dire che quello che hai scritto sia necessario errato, ma che in Pedio non lo si trova.--Bramfab Discorriamo 13:02, 3 feb 2012 (CET)

    Pedio ribadisce più volte, anche a pag. 327, che la crescita demografica a Napoli dagli anni '20 in poi non è dovuta all'immigrazione di provinciali dal resto del Regno, che trovano non conveniente andare a Napoli dove la concorrenza è già fortissima. Inoltre come è riportato a pag. 335, 339, 348, 349, negli anni sucecssivi, questi operai provinciali troveranno uno sbocco nella crescita industriale delle province senza doversi più recare a Napoli in cerca di lavoro (che in città non c'è). --Bacefik (msg) 13:29, 3 feb 2012 (CET)

    Agricoltura

    Ho fatto un parziale rollback poichè: 1) Pedio non riporta che il popolo era ancora legato al re borbonico durante la repubblica del 1799 2) considerava già misere le condizioni dei contadini rurali (L'eversione della feudalità [...] l'immiserimento delle già misere popolazioni rurali) 3) Fortunato non riporta la data della citazione di Bianchini (citazione per altro riportata da altri autori come Francesco Barbagallo, basta vedere su booksgoogle.it), leggendo il testo di Fortunato (disponibile su archive.org) si riferisce chiaramente al sud prima dell'unità. --Generale Lee (posta) 20:19, 7 feb 2012 (CET)

    Che i popolani, specialmente nelle campagne, avessero un'avversione per l'occupazione francese e che poi siano stati la spina dorsale dell'esercito della Santa Fede è cosa nota. Che fossero poveri è indubbio, che lo fossero nel 1861 anche, nessuno ha mai detto o pensato che navigassero nell'oro. Inoltre, se proprio vogliamo dirla tutta, avendo letto quelle pagine del Fortunato, tutto si può dire tranne che esprimano giudizi imparziali o enciclopedici (anche la citazione del Bianchini, che serve solo a dare effetto ai suoi concetti): sono piene di approssimazioni. Tanto vale attenersi alle sole considerazioni del Pedio, di carattere squisitamente storico. --Bacefik (msg) 22:00, 7 feb 2012 (CET)

    Ho capito ma visto l'argomento delicato per certi aneddoti che possono arrecare discussioni ci vogliono le fonti (sì un certo ceto popolare era ostile al nuovo governo filofrancese e se non sbaglio vennero attuate anche repressioni). Dato che Pedio non ha parlato di appoggi popolari a qualsivoglia regnante, la citazione è fondamentale (anche una cosa del genere ci starebbe più nella sezione storica che economica della voce). Per la citazione di Bianchini vabbè per il momento togliamola, anche se il sottoparagrafo dovrebbe anche trattare della condizione lavorativa e salariale del ceto. --Generale Lee (posta) 23:05, 7 feb 2012 (CET)

    Capisco cosa intendi e sono d'accordo, vedrò allora di aggiungere qualche utile informazione sul comportamento delle masse nel 1799 appena potrò. Per il resto credo che sia meglio ampliare il paragrafo con le dovute informazioni piuttosto che limitarci a una citazione ad effetto, che poi magari si potrà anche reinserire se si riterrà opportuno. --Bacefik (msg) 23:20, 7 feb 2012 (CET)

    Effettivamente, anche per i contadini, bisognerebbe stendere un paragrafetto simile a quello dei salari degli operai; mentre per l'appoggio dei rurali alla dinastia è necessario un riferimento. --theWhite Lion 00:10, 8 feb 2012 (CET)

    1848

    Ho riportato le notizie sulla petizione del Fortunato allo standard di Raffaele De Cesare: essendo stato quello un momento molto controverso per la politica del Reame è meglio attenersi alla storiografia più eletta, eliminando le innumerevoli insinuazioni di parte che oggi come allora scorrono a fiumi. --Bacefik (msg) 19:19, 15 feb 2012 (CET)
    l'ho reinserita: essendo un periodo controverso non esiste una verità certa, oppure togliamo tutto quello che non è certo e la voce si dimezzerà. Anche perché se guardiamo la storiografia più eletta a questa petizione viene lasciato molto meno spazio rispetto al ritiro della costituzione di per se e del suo significato.--Bramfab Discorriamo 23:05, 15 feb 2012 (CET)
    Lo spazio alla petizione viene lasciato, quello che deve essere eliminato è il commento del Mazziotti (che all'epoca non era nemmeno nato) che non trova riscontro in nessun fatto storico o documento al contrario di ciò che è scritto nel resto della voce. Quello è il pensiero di un uomo politico profondamente ostile nei confronti della dinastia regnante prima del 1860, come ce n'erano tanti nella borghesia meridionale di fine '800. E' inaudito leggere di firme "comprate" con la promessa di strade o ferrovie, in primis perchè non c'era bisogno di farlo in quanto il tutto doveva comunque essere autorizzato dal re, e poi perchè, come ricorda lo stesso De Cesare, dopo l'unità molti vecchi esponenti liberali mentiranno per giustificare il loro comportamento all'epoca nei confronti della petizione, parlando di pressioni esterne che in realtà non ci furono.
    Cancello. --Bacefik (msg) 23:29, 15 feb 2012 (CET)
    ...parlando di pressioni esterne che in realtà non ci furono[senza fonte]... .
    Se eliminiamo i "presunti commenti" del Mazziotti, allora dovremmo eliminare tutti i "presunti commenti" di tutti gli storici che hanno scritto sul quel periodo senza averci vissuto, viceversa, si tratta proprio di utilizzare fonti secondarie e non basarsi solamente su scritti dell'epoca sulla cui neutralità vi sarebbe molto da dire. Mazziotti fu uno storico e sullo specifico ci dedica tre pagine.
    Di firme comprate con qualche promessa di opere pubbliche ne e' piena la storia (e Francesco Saverio Nitti, che credo sia insospettabile, rimarcherà' l'assenza di opere pubbliche in gran parte del Regno, per cui tali promesse suonano ben plausibili) e incidentalmente ogni re per autorizzare deve ricevere una richiesta, ossia: tu firma la petizione, io presento la richiesta e il re e' d'accordo e firma, il giochino da 5000 anni almeno e' sempre stato molto semplice) , di voltagabbana pure, ma questo non ci permette di giudicare e inserire o togliere citazioni solo se sono in funzione di quanto ci piace. Incidentalmente osservo che Mazziotti non solo proveniva da una famiglia di liberali che non dovevano giustificare alcun che', ma diamo anche un taglio a questa pseudostoriografia per la quale tutti coloro che erano contrari o si opposero ai Borboni, o fossero favorevoli all'unita' d'Italia fossero vili, traditori, prezzolati, spergiuri, gente senza ideali, codardi, senza scrupoli, voltagabbana, mentecatti e quanto più di infimo esiste nella genia umana.
    Infine, ma non di minor importanza, perché, tanto per cambiare, le fonti citate sono distorte? Si cita "Raffaele De Cesare, La fine di un regno (Napoli e Sicilia)" che scrive a pagina 12: "I sindaci, che si rifiutarono di firmare, veramente ben pochi, furono via via destituiti, dichiarati attendibili e tenuti d'occhio dalla polizia" e viceversa si distorce: "solo una piccola minoranza di sindaci si rifiutò di firmare, subendo in alcuni casi la destituzione dalle cariche e la sorveglianza della polizia", trasformando il fatto che tutti vennero destituiti e infamati, a alcuni casi di destituzione.--Bramfab Discorriamo 11:17, 16 feb 2012 (CET)
    E sopratutto leggiamo le fonti, magari due volte per essere certi di quello che inseriamo nell'enciclopedia: la firma che ricorda lo stesso De Cesare per la quale vecchi esponenti liberali (l'aggettivo "molti" non si trova nel suo libro) mentiranno ecc... non è la petizione voluta da Fortunato, ma quella sulla supplica voluta dal Filangeri « egli si adoperò perché ottantuno ex Pari sopra 160, e centotre ex deputati sopra 202, quasi tutti quelli ohe non erano fuggiti, sottoscrivessero, senz'aver l'aria di esservi costretti, umili suppliche al Re, dichiarando " di paventare il severo giudicio della storia, l'esecrazione della posterità, e di sentire il bisogno di dover svelare che sottoscrissero l' illegale atto per violenza „ vedi De Cesare pagina 10!» --Bramfab Discorriamo 11:29, 16 feb 2012 (CET)
    Le fonti le ho lette bene, e le so contestualizzare. Raffaele De Cesare non parla di forzature esterne, parla solo di destituzioni dei sindaci, pochissimi, che si rifiutarono di firmare la petizione: ma questo DOPO, non PRIMA, di firmare la petizione. Il che è perfettamente inquadrabile nella politica di repressione ferdinandea di quegli anni. Raffaele De Cesare visse quegli anni, era un liberale serio, se avesse saputo di tentativi di corruzione ne avrebbe sicuramente parlato. Invece non ne parla, e a parte questo Mazziotti non ho mai letto una cosa del genere. Parlare di corruzione per ottenere le firme è una corbelleria per molti motivi: ci fu un'adesione piena ed incontestabile al progetto del Fortunato, e ben pochi sindaci ebbero il coraggio di sfidare la volontà reale, non c'era bisogno di corrompere nessuno. Inoltre, ripeto, non vedo come possano dei sindaci influenzare con la loro insignificante firma la costruzione di infrastrutture nel Reame, che erano sotto lo stretto controllo del sovrano, il quale, già MOLTO poco propenso a spendere più del necessario, non avrebbe mai accettato di sprecare soldi in avventure clientelari (se di clientelismo si può parlare in una monarchia assoluta!) e questo i sindaci lo sapevano benissimo, specialmente i liberali (che in Sicilia poi negheranno l'evidenza parlando delle sottoscrizioni del Filangieri, come ci ricorda il De Cesare).
    Va bene, anzi è necessario parlare della petizione, quello che non va bene è dire che questa petizione fu sostenuta dalla corruzione del vecchio regime. Non è documentato da nessuna parte, se mi trovi qualche altro autore che parla di corruzione in quei frangenti possiamo metterci d'accordo e scrivere un paragrafetto apposito, ma ora come ora la citazione del Mazziotti non ha nulla di enciclopedico, in quanto si colloca solamente nel vasto repertorio di calunnie che subbissò i governi borbonici dopo l'unità. Cancello, trovami (cercherò anch'io) altri documenti e ne riparliamo. --Bacefik (msg) 12:28, 16 feb 2012 (CET)
    De Cesare: "Se quelle firme non furono tutte ottenute spontaneamente, come il Filangieri affermò nel suo libro, -miniera di documenti interessanti— non si potrebbe affermare che vi fossero costretti con la violenza, perchè veramente non risulta da nessun documento, che qualcuno fra coloro, ex Pari o ex deputato, che si rifiutò di firmare, fosse punito o perseguitato. Gli esuli siciliani, a Parigi, a Londra e a Torino, protestarono contro le ritrattazioni ; ma giustizia vuole si dica, che esse non furono tutte imposte dalla paura, ma solo, e per tutti, dal desiderio di quieto vivere.".
    E riferendosi ai domini continentali: "Più schietta fu la petizione dei Napoletani". --Bacefik (msg) 13:58, 16 feb 2012 (CET)
    Acton: "Tuttavia persino il Mazziotti ammette che il paese era stanco delle sollevazioni fomentate da un'esigua parte delle classi più colte (...). Per il basso proletariato Ferdinando andava benissimo, in quanto anch'egli anelava a vivere pacificamente".
    E ancora: "Ogni provincia inviò alla capitale petizioni firmate da un centinaio di migliaia di perosne; se si fossero inclusi i contadini gli aderenti sarebbero stati milioni".
    Ed inoltre: "La replica borbonica non era priva di senso; nel 1848 quando poche centinaia di contadini avevano strillato per ottenere la COstituzione, si era riconosciuto loro il diritto di reclamarla; adesso che tutti i comuni del Regno ne richiedavano l'abrogazione, questa facoltà veniva loro negata" (dalla stampa liberale ndr).
    Come vedi è solo il Mazziotti che sostiene che il grande successo della petizione fosse dovuto a tentativi di corruzione, gli altri storici (De Cesare, De Sivo, Acton) ammettono che l'enorme adesione fu spontanea. --Bacefik (msg) 14:20, 16 feb 2012 (CET)
    Non è che considerare come usuale uno stato di repressione faccia sì che non si possa parlare di corruzione. Si parli, anche se in termini di uso consolidato, di costrizione o concussione: la storia non cambia. Ho ripristinato il testo e le fonti, che se si vuole implementare con altre note è a disposizione (anche perché farlo sparire sottraeva alla discussione il suo oggetto). ---- Theirrules yourrules 14:38, 16 feb 2012 (CET)

    Semplicemente nessuno degli storici che si è occupato seriamente dell'argomento parla di corruzione, sto cercando di sistemare il paragrafo rifacendomi al testo di Acton, De Cesare e De Sivo, datemi il tempo di correggere. --Bacefik (msg) 14:41, 16 feb 2012 (CET)

    (conf.) Intanto il testo originale porta la scritta "da la" e non "dalla", in uso nell'italiano dell'ottocento.
    Non va bene è dire che questa petizione fu sostenuta dalla corruzione[senza fonte] Nessuno parla di corruzione, ma di altro. La parola corruzione nella voce compare unicamente nel paragrafo sulla solita tirititera degli ufficiali borbonici corrotti dai piemontesi, e sulla quale e' ora di vedere citato qualche testo, scritto da uno storico, che la dimostri non con opinioni, ma con fatti. E per questo ci metto un cn a riguardo.
    Mazziotti e' uno storico e quello che scriviamo qui deve riflettere quello che troviamo sui libri e non la nostra opinione, altrimenti se volessimo togliere il Mazziotti affermando a nostro giudizio che quello che scrisse si inserisce nel repertorio di calunnie allo stesso modo, si potrebbe, con la medesima logica, eliminare il de Sivo, tutto o in gran parte, affermando che quello che scrisse va nel repertorio di calunnie contro ....
    Sopratutto non torna il giochino di utilizzare le fonti a senso alterni: lo stesso autore e' buona per una cosa e cattivo per un'altra. Idem il giochino di citare poche parole per travisare un pensiero: "Più schietta fu la petizione dei Napoletani" si legga tutta la pagina per capirne il senso storiografico e l'ironia decisa in questa frase.--Bramfab Discorriamo 14:47, 16 feb 2012 (CET)
    Aggiungo che Acton non e' da considerare neutrale nella sua esposizione della storia del regno di Napoli, ma uno dei tanti che hanno scritto sul periodo. Il peso di quello che dice e' valutabile dalla sua affermazione che volendo avrebbero potuto raccogliere milioni di firme dai contadini, ossia milioni di firme da analfabeti. Ovvero una capacita' di analisi della volontà popolare e dei moti che guidano e muovono la storia superata da un secolo, sia dagli storiografi di sinistra che da quelli di destra, ed anche dalle adunate oceaniche italiane (equivalenti alle petizioni ottocentesche organizzate dal regime). --Bramfab Discorriamo 14:52, 16 feb 2012 (CET)

    Se l'Acton ed il De Sivo non sono neutrali certamente non lo era il Mazziotti: per questo motivo preferisco rifarmi solamente al De Cesare che è sempre stato equilibrato nei suoi giudizi, ben lontano sia dal De Sivo che dal Mazziotti (che si pongono ai due estremi della storiografia risorgimentale). Perciò, sorvolando sui tentativi di denigrare, fatemi riscrivere quel pezzo come si deve e poi ne riparliamo. --Bacefik (msg) 15:18, 16 feb 2012 (CET)

    Il testo del De Cesare riporta "dalla". --Bacefik (msg) 15:46, 16 feb 2012 (CET)

    Dalla e da la: hai ragione, prima ho letto il Mazziotti e poi il De Cesare, purtroppo manca il testo originale. Ho inserito le due versioni.
    Non dico di non usare l'Acton e il De Sivo, semplicemente non possiamo basarci una ricostruzione su unico autore, sopratutto se schierato. Non voglio denigrare, solamente osservo che ormai la storiografia si e' scaltrita e affermazioni sul tipo che il tale regime godesse di un appoggio consapevole della popolazione semplicemente perché milioni di uomini pubblicamente erano pronti a .... lasciano il tempo che trovano e, oggi, di storici seri che scrivono cose simili ne trovi ben pochi--Bramfab Discorriamo 17:03, 16 feb 2012 (CET)

    Nessuno ha parlato di "consapevolezza", ma come ci ricorda anche il De Cesare, che quegli anni li visse e che tante preziose testimonianze raccolse, semplicemente sia i borghesi che i popolani erano stufi dei disordini provocati dalle rivolte, ed è esclusivamente per quieto vivere che la petizione di cui stiamo discutendo ebbe tanto successo. Certamente non per la compravendita di firme e nè tantomento per cieco legittimismo. --Bacefik (msg) 17:27, 16 feb 2012 (CET)

    Le firme alla petizione, come racconta anche il De Cesare furono richieste e raccolte dagli agenti di polizia che la presentavano ai sindaci. Con la medesima logica potremmo dire che i plebisciti unitari passarono per il desiderio di quieto vivere popolare. Si tratta sempre del vincitore che vuole mostrare l'appoggio del popolo, in entrambi i casi impossibile avere un'attendibile conta se tutta la popolazione avesse potuto sia firmare/votare in piena libertà e senza rischi di ritorsioni future (vedi i sindaci che furono rimossi).--Bramfab Discorriamo 23:05, 16 feb 2012 (CET)

    Emigrazione

    «Il declino economico del sud viene sottolineato in quegli anni anche dalle diverse proporzioni del flusso migratorio nelle varie parti del paese: infatti, se nel periodo 1876-1900, su un totale di 5.257.911 espatriati, la gran parte degli emigrati all'estero furono abitanti delle regioni centro-settentrionali (il 70,8% partì dal centro-nord e il 29,2% dal centro-sud), in quello 1900-1915, su un totale di 8.769.785 esuli, la tendenza si invertì ed il primato migratorio passò alle regioni meridionali, con una riduzione degli emigrati settentrionali e una crescita di quelli dal Mezzogiorno (il 52,7% partì dal centro-nord e il 47,3% dal centro-sud): in particolare, su meno di nove milioni di emigrati, quasi tre milioni provenivano da Campania, Calabria e Sicilia.»

    C'è qualcosa nella scelta di parole che non mi convince, e non sto parlando solo di quel corsivo. Al di là di quanto sia storiograficamente giusto mettere in strettissima correlazione emigrazione e declino economico - parrebbe ovvio fare così, ma il fenomeno dell'emigrazione ha quasi sempre cause molto più complesse - c'è un passaggio che credo non renda bene l'idea che vorrebbe esprimere. Scrivere che ci fu «una riduzione degli emigrati settentrionali e una crescita di quelli dal Mezzogiorno» pone il lettore che va a guardarsi la bella cartina statistica presente nel paragrafo davanti ad un inquietante dubbio matematico: come può il numero 3.723.672 essere minore di 4.621.057? Mi pare ovvio pensare che chi ha scritto volesse intendere che nel periodo 1900-1915 la percentuale di emigrati settentrionali fu più piccola rispetto a quella del periodo precedente, mentre la percentuale di emigrati meridionali salì. Sarò io, ma anche in presenza del dato percentuale, non mi sembra la migliore scelta di parole... forse basterebbe aggiungere un «sul totale» prima della seconda parantesi, che dite? --Luke18389 (msg) 19:41, 25 feb 2012 (CET)

    Ferrovie

    Come è chiaramente scritto nel paragrafo e come è riportato nella fonte che ho utilizzato, la più autorevole sull'argomento, negli ultimi anni del Regno erano in fase di realizzazione le strade ferrate per le Puglie e il confine pontificio. Ovviamente la perdita della sovranità non ha permesso al governo borbonico di completare queste opere. Senza parlare del fatto che Francesco II, a differenza del padre, era molto più propenso alla costruzione di queste infrastrutture: egli si impegnò fin da subito nel tentativo di ampliare uteriormente le ferrovie, per quanto abbia regnato solo pochi mesi. --Bacefik (msg) 18:36, 12 mar 2012 (CET)

    Invito l'utente anonimo a cui non è chiara questa spiegazione a non modificare ulteriormente la voce fino a quando non avrà esposto qui le sue ragioni. --Bacefik (msg) 17:23, 13 mar 2012 (CET)

    Lingue

    Non mi risulta che nell'800 fosse parlato anche lo spagnolo nel Regno delle Due Sicilie, senza adeguate spiegazioni bisogna cancellare la modifica. --Bacefik (msg) 10:32, 23 mar 2012 (CET)

    La voce a volte presenta aspetti comici.

    Si descrive il Regno delle Due Sicilie come il paradiso in terra, illuminato, florido, liberale. Poi arriva il 1848 e si scrive, inspiegabilmente, che arriva la rivoluzione. Idioti i meridionali a volersi sbarazzare della felività in terra o l'articolo pecca di partigianeria?

    Che ci sia qualche tono enfatico, qualcosina da aggiungere sulla condizione salariale (e anche qualcosina da scorporare a mio avviso) sono d'accordo, ma i contenuti non sono errati. Che i meridionali volessero sbarazzarsi del re Borbone bè, al popolo (al tempo analfabeta) non gliene fregava niente di chi governasse ed era facilmente manipolabile (non che oggi abbia un proprio cervello). Quelli che volevano cacciare il casato erano i liberal-borghesi, la maggior parte dei quali, ultimata l'unità, hanno preferito la poltrona alle problematiche del mezzogiorno. Ormai è un dato di fatto che il Risorgimento non fu una rivoluzione popolare, ma il volere di un'élite istruita. --Generale Lee (posta) 20:01, 1 apr 2012 (CEST)
    Oddio, un po' di comicità effettivamente la si vede, ma mai quanto nella pagina di discussione... scherzi a parte, un pochino di partigianeria nella voce c'è, ed è anche abbastanza chiara, ma questo solo perché che questo articolo è basato su uno scheletro che abbracciava in toto quel lato revisionista/revanscista che è nato e prospera tutt'ora al di fuori della storiografia ufficiale (e che quest'ultima ha pure controbattuto, si vedano su tutte le ultime opere di Giuseppe Galasso). Certo ora si è fatto molto ed è un po' più difficile, a mio parere, parlare di comicità, fosse non alro perché così si offende il lavoro di chi ha voluto dare una statura alla pagina ampliandola, approfondendola e dando spazio a tante informazioni che mostrano abbastanza bene quello che un serio e attento studio storico mostra delle Due Sicilie. Sinceramente, leggendo gli odierni paragrafi sulle strade e sulle ferrovie non capisco come si possa arrivare a dire che qui si descriva il regno come un paradiso in terra! Certo, ci sono ancora due pesi e due misure sulle informazioni (alcune addirittura taciute) ma diamo tempo al tempo. Si sa, il tempo è galantuomo, certamente più di chi critica senza neanche firmarsi... --Luke18389 (msg) 00:50, 2 apr 2012 (CEST)

    Credo che la voce sia stata molto migliorata dalla sua misera condizione originaria, e non mi pare inoltre che si sia lesinato nel sottolineare i tanti aspetti negativi dei governi borbonici, spesso anche accreditando supposizioni che poco hanno a che vedere con l'oggettività (come quelle del Mazziotti sulle sottoscrizioni post 1848 o quelle sul commercio del Lombardo-veneto...). Non mi pare che siano state tenute nascoste le condizioni economiche del proletariato, la questione demaniale, la questione politica, i ritardi nella costruzione di infrastrutture, le condizioni delle aree interne, cioè i grandi problemi del Mezzogiorno di allora. Se c'è scritto anche qualcosa di positivo (limitando il più possibile toni enfatici) è perchè quel dato argomento trova fondamento nella documentazione storica, non certo perchè è stato inventato a bella posta per esaltare le Due Sicilie. Chi legge questa voce può trovare una buona quantità di informazioni ben accreditate (a mio parere superiore alla media di altre voci simili) con luci ed ombre, come è giusto che sia. Bisogna andare oltre i preconcetti, questo è il problema fondamentale in voci come questa: la contrapposizione tra bianco e nero che acceca e impedisce di essere obiettivi. La nostra concezione di nazione si fonda per buona parte ancora sugli avvenimenti che hanno messo fine a questo vecchio stato italiano e sugli straschichi che questo evento ha provocato: questo genera inevitabilemnte delle prese di posizione ideologiche difficili da rintuzzare, anche se la correttezza ci impone di farlo. --Bacefik (msg) 13:07, 14 apr 2012 (CEST)

    Bandiera

    Penso che sia più giusto mettere l'ultima bandiera delle Due Sicilie, ovvero il tricolore, al posto di quella bianca, che è stata la penultima bandiera. Cosa ne pensate?Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Enrinipo (discussioni · contributi) 13:36, 15 apr 2012‎ (CEST).

    Non sono d'accordo, i due tricolori usati (nel 1848-49 e nel 1860-61) sono state bandiere nazionali per poco tempo rispetto al drappo bianco che (storicamente) è quello più strettamente legato alla storia del Regno.GJo ↜↝ Parlami 13:41, 15 apr 2012 (CEST)

    Citazione

    Trovo che la frase con cui si conclude il paragrafo Francesco II e la fine del Regno sia assolutamente di parte e non supportata da fonti adeguate. L'unica fonte presente (Anonimo, Saggio sulla quistione napoletana considerata dalla stampa rivoluzionaria, 1862, Roma. Il libro era in vendita a Roma presso l'Ufficio dell'Osservatore Romano, vedi pag. 467 in Bibliografia, La Civiltà Cattolica, Anno XII, Volume II, serie V, 1862) è relativa a un libro del 1862, ciò estremamente prossimo agli eventi descritti e che quindi tratta la cosa come un fatto di cronaca, con tutte le possibili faziosità. E poi, certamente l'unificazione non sarà andata come volevano Mazzini e i repubblicani, ma essi non costituivano tutto il panorama intellettuale risorgimentale. I liberali e i monarchici, in massima parte soddisfatti dall'unificazione, dove li mettiamo??

    Le fonti estrememente prossime agli eventi descritti secondo me sono da preferire in quanto ci danno un'immagine molto precisa della situazione dell'epoca. Per esempio lo stesso discorso si potrebbe fare per le strade e le ferrovie: le fonti italiane dell'epoca generalmente le consideravano, si insufficienti, ma comunque in espansione, in lenta ma costante crescita. Oggi invece spesso si tende a considerare la situazione delle infrastrutture dell'epoca semplicisticamente come statica, o comunque immobile, senza tener presente dei molti fattori che ne rallentavano la costruzione, e soprattutto ignorando completamente i progetti che stavano per attuarsi nel 1860.

    Questo per dire quanto lo studio di fonti prossime agli eventi descritti possa essere utile nel conoscere quella che è la verità storica, al di là delle molte e variegate opinioni posticce.

    Lo stesso vale per la situazione politica: gli italiani dell'epoca vivevano immersi in quella situazione e le loro testimonianze sono un elemento imprescindibile delle nostre conoscenze su quel periodo. In ogni caso ci sono molti documenti senz'altro più autorevoli di liberali, monarchici, anche di parlamentari del Mezzogiorno (e non solo) post-unitario che pur avendo avuto un passato liberale (non mazziniano) si ritrovarono poi a criticare aspramente la situazione venutasi a creare dopo il 1860. Cercherò appena posso di aggiungerli alle fonti. --Bacefik (msg) 11:34, 6 mag 2012 (CEST)

    OK. Però comunque per correttezza andrebbero aggiunte anche le tesi di chi fu soddisfatto dell'unificazione, in modo da non fornire una visione "a senso unico".

    Cicolano e provincia di Rieti

    Vorrei precisare che la sola dicitura "Cicolano" riferita al vecchio Distretto di Cittaducale è inesatta, in quanto il cicolano corrisponde solo alla parte meridionale dell'ex distretto borbonico, che invece comprendeva quasi tutta la parte orientale e montuosa dell'attuale provincia di Rieti fino al confine con l'Umbria (altrimenti resterebbero fuori storiche città abruzzesi come Leonessa, Amatrice e Cittaducale, vecchio capoluogo, che non fanno parte del Cicolano). Perciò sarebbe corretto riferirsi a tutta la parte orientale delle provincia di Rieti. --Bacefik (msg) 12:56, 19 mag 2012 (CEST)

    Errore mio, hai ragione :) --The White Lion (msg) 17:06, 24 mag 2012 (CEST)

    Economia

    Le troppe notizie riportate in merito all'economia non fanno altro che creare confusione. E' giustissimo parlare del Regno delle due Sicilie come uno Stato avanzato, tecnologico e quant'altro. Ma addossando notizie ad altre notizie si dà l'impressione che la voce sia stata creata quasi soltanto con lo scopo di mettere in evidenza tale verità. Sicuramente bisogna farlo, ma non penso sia il posto giusto. Per questo propongo di spostare tutte queste informazioni in un'altra voce. Per esempio: Economia del Regno delle Due Sicile, con una introduzione che spieghi come alcune credenze sulla arretratezza delle Due Sicilie siano state smentite, e ne analizi quindi tutti gli ambiti e i settori economici. In questa voce, invece, eliminerei tutte queste informazioni per fare una breve sintesi sui singoli settori economici e sulle infrastrutture. Un po' come qui. In ambito storico inserirei qualche accenno di storia napoletana e siciliana prima della loro "unificazione".

    Economia, industria e fumosità della voce

    A mio modesto avviso la sezione riguardante l'economia e le infrastrutture del Regno è prolissa, confusionaria, spesso incentrata su dinamiche che appartengono storicamente al successivo Regno d'Italia e, lo dico cercando il più possibile di non risultare provocatorio, in parte basata su un revisionismo un po' mistificatorio più adatto a qualche pubblicazione libellistica che ad una enciclopedia. Entro nello specifico:

    INDUSTRIA: per me il peggio della voce: l'industria nella penisola italiana non si svilupperà che sul finire del XIX secolo, prima abbiamo solo società preindustriali sia a Nord che a Sud, quindi parlare di industria qui è perlomeno fuorviante. La rivoluzione industriale, ovunque avvenne, comportò un tale sviluppo da annullare qualsivoglia situazione produttiva preesistente: ciò non avvenne all'epoca dell'Italia preunitaria. La Storia Economica Cambridge riporta che la potenza in cavalli vapore installata in tutta Italia nel 1850 era di 40.000 hp, mentre nel 1870 era 330.000 hp (più di otto volte) e nel 1880 era 500.000 hp (più di dodici volte); in altri paesi europei nel 1850 abbiamo 1.290.000 hp (Inghilterra), 260.000 hp (Germania), 270.000 hp (Francia) e nel 1880 7.600.00 hp (Inghilterra), 5.120.000 hp (Germania) e 3.070.000 hp (Francia). Secondo moltissimi storici dell'economia(Rostow, Bairoch, Gerschenkron), il decollo industriale dell'Italia avvenne solo tra il 1896 ed il 1900. Questo punto è importante, perché distingue quella che è mera manifattura e non contribuisce allo sviluppo economico complessivo della nazione e l'industria propriamente detta, che crea surplus produttivo grazie all'uso della forza lavoro dei macchinari ed è quindi rilevante per l'economia della nazione. Tutto quello che è raccolto nel paragrafo dell'industria, quindi, può magari essere interessante come raccolta di curiosità, ma fallisce completamente nel dare un quadro chiaro e consistente della reale situazione. Ad esempio, il dato dell'industrializzazione delle province reso da Bankitalia è magari interessante ma completamente travisato: l'estensione della provincia di Torino era 10.000 kmq, Roma 12.000 kmq (unica provincia di tutto il Lazio all'epoca) e Napoli 900 kmq (la stessa di oggi), cioè si mettono a confronto territori diversissimi come la piccola area pressoché metropolitana del golfo di Napoli con l'intero Lazio (compresi l'Agro Pontino da bonificare, la Ciociaria e un pezzo d'Appennini) o con mezze Alpi Occidentali (l'intera Valle d'Aosta era in provincia di Torino).
    INFRASTRUTTURE: ha alcuni degli stessi problemi del paragrafo sull'industria, ovvero è una vasta raccolta di informazioni che mancano di dare un quadro complessivo. Ad esempio, si indugia molto su tutti i singoli sviluppi della rete ferroviaria, ma si manca di dire che questa era di gran lunga inferiore a quella degli altri paesi europei e pure di altri stati preunitari quali il Piemonte e la Toscana. All'unità d'Italia il Regno delle Due Sicilie aveva 128 km di ferrovie per 111.900 kmq di territorio, il Piemonte (inclusa la sottosviluppata Sardegna) 802 km per ~70.000 kmq e la Toscana 323 km per 22.500 kmq; il Belgio (paese di precoce industrializzazione) nel 1855 aveva 1.200 km di rete ferrioviaria per 30.000 kmq di estensione. Da questi dati, si vede come lo sviluppo ferroviario (che tra l'altro è stato storicamente legato a doppio filo con la prima rivoluzione industriale) nel RdDS sia stato molto deficitario, fatto importante che l'articolo manca completamente di sottolineare.
    ALTRO: come sottolineato da interventi di altri utenti in questa discussione, c'è da limare anche su quanto si dice di altri aspetti, quale quello finanziario ecc. ma non voglio dilungarmi troppo.

    Tutto sommato mi pare quindi che l'estensione dei paragrafi che riguardano l'economia e le infastrutture, oltre ad essere di una estensione inusitata per uno stato storico, siano considerevolmente inconcludenti. Si soffermano su molti piccoli fatti, senza fornire un'idea chiara del quadro complessivo, che, a differenza di quanto potrebbe desumere il lettore casuale, non era così roseo come si lascia intendere. Ritengo che tale problema riguardi piuttosto la voce sulla questione meridionale che questa, tuttavia mi parrebbe opportuno fornire qualche informazione concreta in proposito al posto della pletora di curiosità spicciole di cui è composta ora la voce. Sarebbe molto utile includere le varie problematiche che affliggevano l'economia del RdDS e già sollevate da altri in questa pagina di discussione: la politica autocratica di basse tasse/bassi investimenti/scarsa finanza già superata dalle politiche liberali di stati europei più avanzati (Inghilterra, Belgio, Francia e pure il Piemonte), la mancanza di una consistente imprenditoria locale (la prima rivoluzione industriale fu trainata dal capitalismo e dagli investimenti di questi primi borghesi arrichiti, ma nel RdDS l'impresa e quindi il capitale erano principalmente stranieri o statali), la mancanza di uno sviluppo infrastrutturale serio (a parte i progetti mai realizzati, di concreto ci fu poco rispetto al resto d'Europa), ai quali aggiungerei la mancanza di territori atti ad una agricoltura intensiva (a differenza delle pianure dell'Inghilterra, della Francia, dell'Europa centrale e dell'Italia settentrionale) e di risorse naturali, in particolare carbone (il Nord Italia al contrario era ricco di fiumi dalle portate consistenti provenienti dai dislivelli delle Alpi, cosa che ne favorì la forte industrializzazione dei primi anni del '900). --BRG (msg) 18:35, 17 lug 2012 (CEST)

    Concordo pienamente! --Generale Lee (posta) 18:54, 17 lug 2012 (CEST)
    Sono perplesso e non concordo affatto. Per l'epoca non è improprio parlare di "industria", anche perché si parla di indistria, non sulla scorta di disamine dei singoli utenti (o loro pareri personali), ma sulla scorta dei testi citati, che, appunto, riferiscono di industria (e mi pare che non si citi alcuna libellistica mistificante). Quanto presente nella sezione industria non è una semplice raccolta di curiosità che non fornisce un quadro della reale situazione. Non si tratta di "curiosità" (cosa strana, rara, che può essere oggetto della curiosità altrui), ma si tratta di passaggi che descrivono le condizioni dell'industria nelle diverse aree geografiche del regno: anzi, proprio soffermandosi sui dettagli si può proporre un quadro della situazione che tiene conto delle attività presenti nelle singole realtà. Circa le ferrovie, mi pare che dopo aver descritto le varie linee (cosa doverosa se l'oggetto della trattazione è la rete ferroviaria del regno), la sezione si concluda proprio con un paragrafo che sottolinea i limiti della rete stessa e le problematiche connesse alla sua realizzazione. Non mi pare poi che la lunghezza delle sezioni sia "eccessiva per uno stato storico": non esiste uno standard di lunghezza per le voci degli stati storici (si veda, all'opposto, questa) e, allo stesso tempo non capisco cosa si intenda per "considerevolmente inconcludenti": a quali conclusioni dobbiamo giungere? Infine, non credo che impostando la voce secondo una prospettiva che evidenzi ciò che non c'era (viene elencata tutta una serie di "mancanze" - mancava questo, mancava quello) invece di ciò che c'era si ottenga un risultato migliore: per descrivere un qualsiasi oggetto si evidenzia ciò che l'oggetto "è" e non ciò che l'oggetto "non è": non dico il Regno delle Due Sicilie non aveva il carbone, ma dico il Regno delle Due Sicilie aveva lo zolfo. Inoltre, mi pare che i limiti vengano, comunque, evidenziati: per fare un esempio, nella sezione industria si evidenzia sin dall'inizio il ricorso prevalente all'imprenditoria estera. --The White Lion (msg) 23:01, 18 lug 2012 (CEST)
    Concordo con BRG, la sezione andrebbe riscritta in maniera più "scientifica"; IHMO (riguardo a quanto scrive TWL qui sopra) è importante descrivere obiettivi e fallimenti (naturalmente rapportati all'epoca), quindi sia ciò che si è fatto (e come) che quello che non si è fatto (e perché).--GJo ↜↝ Parlami 23:19, 18 lug 2012 (CEST)
    Mmm... cosa significa ciò che non si è fatto? Esiste un decalogo di quel che uno stato dovrebbe fare? È corretto parlare di fallimenti? Chi stabilisce quali siano questi presunti fallimenti? Lo si farebbe, quindi, con il "senno di poi"? È corretta una simile operazione? Mi pare che seguendo questo percorso si finirebbe per essere ancora meno "scientifici". Forse l'unico suggerimento valido sarebbe quello di parlare anche degli obiettivi delle politiche borboniche, che, in materia di spesa pubblica, erano abbastanza chiari: contenere le uscite e tenere bassa la pressione fiscale (e mi pare che da questo punto di vista l'obiettivo fu raggiunto). --The White Lion (msg) 23:35, 18 lug 2012 (CEST)
    La risposta alla tua domanda è una sola: fonti attendibili. Chi stabilisce se la conduzione di uno stato (in questo caso il Regno delle Due Sicilie) è stata ottimale o meno? Non certo noi utenti con i nostri POV ma fonti che devono essere «attendibili, pubblicate e di terze parti con una reputazione per controllo delle informazioni e accuratezza». Attualmente vedo anche una certa prepoderanza di fonti "generiche" mentre per la sezione (di cui magari si potrebbe operare lo scorporo) sarebbe meglio utilizzare testi più specialistici e recenti.GJo ↜↝ Parlami 00:11, 19 lug 2012 (CEST)
    Il giudizio di merito di chi stabilisce se la conduzione di uno stato fosse ottimale o meno fa parte della interpretazione storiografica che è qualcosa che si allontana ancora di più da quella scientificità a cui facevi accenno: paradossalmente, la versione più rispondente a tale esigenza che hai manifestato è proprio quella attuale (a Napoli c'era questo, a Palermo c'era quello, a Catania c'era quell'altro). Per i testi citati nella sezione Industria, mi sembrano, nella maggioranza dei casi, abbastanza specialistici, ma, ovviamnete, tutto è perfettibile e ci si può lavorare sopra. --The White Lion (msg) 00:51, 19 lug 2012 (CEST)
    Senza interpretazione e confronto i dati storici (ed economici) si riducono ad un arido elenco; la contestualizzazione è anche necessaria perché i dati non vengano distorti (il discorso è generale, non accuso nessuno di malafede, beninteso). Comunque mi sembra di star ripetendo sempre le stesse cose per cui concludo qui e mi limito a sperare che la sezione venga rivista (cosa al di là delle mia capacità) nella prospettiva indicata da BRG.—GJo ↜↝ Parlami 12:27, 19 lug 2012 (CEST)
    A parte le condizioni generali del Regno, che esulano da questa discussione sull'economia e le infrastrutture, mi pare che si manchi di centrare il problema. Il primo punto è l'uso degli elenchi che trovo fuorviante: la voce industria non mi deve fare un elenco di industrie, quello si può fare in pagine a parte, mi deve dire qual era la condizione storica dell'industria, la voce sulle ferrovie non mi deve parlare di ogni singola modifica alla rete ferroviaria, quello si può fare a parte con un po' di pazienza, ma mi deve dire qual era la condizione della rete ferroviaria stessa in rapporto agli standard del tempo. È lo stesso principio che si usa per le voci, prima una introduzione che dia un'idea generale e precisa dell'argomento e poi magari, se ci sono informazioni rilevanti o interessanti, si approfondisce. Il secondo punto è quello che si intende per industria: l'industria nell'800 diventa un processo produttivo, meccanizzato e di massa, favorito dalla e fautore della concentrazione di risorse. In questo senso, quella di cui tratta la sezione è tutt'altra cosa; tengo a precisare ancora una volta che questo non è un punto secondario e risponde alla domanda: si può dire che il RdDS era industrializzato nel senso ottocentesco, cioè quello a lui contemporaneo? Assolutamente no, l'industria, che comprendeva ed era principalmente l'artigianato, era scarsamente rilevante per l'economia complessiva a differenza di quello che stava accadendo in buona parte d'Europa, anche laddove la rivoluzione industriale abortì per ragioni varie, come in Spagna e Russia, e questo è un fatto di rilevanza storica. Il fatto che ci fosse questa o quella officina, a mio avviso, non è un fatto di rilevanza storica perché questa o quella officina o industria non comportò un cambiamento generale nelle condizioni dello stato in questione, non ne migliorò le condizioni di vita degli abitanti, non rese il Regno delle Due Sicilie una potenza come le contemporanee Gran Bretagna, Francia, Germania, ma anche l'Olanda o il Belgio o la Svezia-Norvegia. In conclusione: si vuole parlare in dettaglio della storia dello sviluppo delle ferrovie borboniche o dell'industria o della flotta mercantile o altro? Bene, ma va fatto, secondo me, in una pagina specifica a parte che parli della storia dello sviluppo delle ferrovie borboniche o della creazione di singole realtà produttive, non delle ferrovie o dell'industria in genere. Qui bisogna trattare gli argomenti dando un'idea della situazione storica, cioè il lettore deve leggere il paragrafo industria e dopo poche righe capire che questa era inesistente (in quanto frazione insignificante di quella di altri stati), deve legger il paragrafo sulle infrastrutture e capire subito che queste erano complessivamente insufficienti.
    Piccola nota: dire quello che non c'era è importante quanto dire quello che c'era, il fatto che oggi gli USA non dispongano a sufficienza di petrolio è rilevantissimo da un punto di vista storico, basta pensare alla relazione ambigua che intrattengono con l'Arabia Saudita sin dagli anni '70. Il fatto che il RdDS (come il resto d'Italia) non disponesse di carbone, la fonte primaria di energia dell'epoca, è rilevantissimo da un punto di vista storico, mentre il fatto che avesse lo zolfo lo è molto meno e sottolineare queste verità (mi si perdoni il termine) storiche è compito di chi scrive la voce. --BRG (msg) 13:35, 19 lug 2012 (CEST)

    Lo zolfo non era rilevante? Mmmm... non è così: mai sentito parlare della crisi degli zolfi con la Gran Bretagna e la Francia? Per il resto, ritengo che è assolutamente improprio parlare di "standard dell'epoca" in riferimento alle industrie o ai trasporti: non esiste uno standard; semmai, e se ritenuto utile, si può fare riferimento ad autori che hanno effettuato raffronti tra stato e stato. Non capisco, poi, perché si vogliano ignorare i dettagli e fornire una visione generale che, però, non deve tenere conto della cantieristica, dell'industria pesante o del settore tessile, ma, anzi, deve considerare le realtà industriali presenti nel regno come "scarsamente rilevanti per l'economia complessiva". L'Italia della prima metà dell'ottocento era prevalentemente agricola, ma esistevano anche realtà industriali che non capisco perché debbano essere sottaciute. Da una sezione che parli dell'industria di uno stato storico, mi aspetto che si dica quali erano le attività industoriali presenti in quello stato. Questo è quanto. --The White Lion (msg) 15:04, 19 lug 2012 (CEST)

    Entro un attimo nella discussione per dire la mia, dando il benvenuto a BRG, che non avevo mai avuto occasione di incrociare.
    I dati oggettivi sui risultati della politica economica ed industriale (e tra poco spiego perché industriale) dei Borbone ci sono, eccome, e da fonti sia interne, che terze. Le fonti interne (che descrivono la situazione prima che le Due Sicilie fossero invase) parlano di un elevato tasso di tesaurizzazione dei beni statali, la qual cosa, in presenza di una politica fiscale che come giustamente ricordava TWL era improntata al mantenere il prelievo a livelli minimali, è certamente attribuibile ad un ottimo rapporto di scambi economici con l'estero; cosa confermata anche dalla lettura dei vari annali statistici del commercio. Dato ancora più rilevante, quando si pensa che all'atto dell'ascesa al trono di Ferdinando II, le Due Sicilie erano in dissesto stile piemontese.
    Quanto alle fonti terze, basta esaminare due indicatori che non mentono mai riguardo allo stato economico di un paese, soprattutto se comparato ad altri: valutazione dei corsi della rendita (vale a dire valore dei titoli di Stato, in questo caso alla borsa di Parigi, di gran lunga superiori a quelli degli altri stati italiani) e tasso di cambio della moneta delle Due Sicilie rispetto alle altre (ad esempio il tasso di cambio rispetto a quella piemontese era di diversi multipli in favore della prima).
    Due notazioni circa la questione zolfo e quella industria o non industria. Lo zolfo era l'equivalente del petrolio attuale, essendo di fondamentale importanza per l'industria militare e per quella chimica. La Sicilia ne produceva circa il 90% del gettito mondiale. Non a caso gli inglesi si risentirono quando Ferdinando II decise di togliergli la privativa e darla ai francesi. Industria, sicuramente metalmeccanica, e a ciclo completo, che partiva dalle ferriere di Mongiana, per svilupparsi con diverso output a Torre Annunziata, a Pietrarsa (un gigante rispetto alla nana Ansaldo) e altrove.
    Buona serata a tutti (quand'è che andiamo in vacanza, ragazzi? :-) )--Ferdinando Scala (Rubra Mater) 20:09, 19 lug 2012 (CEST)
    Non si può negare che nella voce vi è un'impostazione che tende a minimizzare i lati negativi, vi sono continui parallelismi con il nord e rimandi a faccende postunitarie che, a mio parere (e non solo), non c'entrano nulla con l'economia del regno, va bene qualche accenno ma non interi paragrafi che potrebbero stare in questione meridionale. É innegabile che la povertà sotto i Borbone era diffusa, che i salari erano bassissimi e i diritti civili e lavorativi erano praticamente nulli (e non fino al 1848, i dati di Pedio in Economia e società meridionale a metà dell'Ottocento vanno fino alla detronizzazione dei Borbone). Come ha detto giustamente BRG, è giusto ricordare che il Regno delle Due Sicilie non fosse "la Preistoria" ed ormai è comprovato che tra esso e gli altri stati preunitari le differenze erano alquanto minime (il popolo del Regno di Sardegna non se la passava tanto meglio poichè rivolte intestine, sia politiche che sociali, e brigantaggio esistevano anche lì), ma i paragrafi deficitano di un quadro chiaro della situazione e l'elenco di opifici e altre strutture può andare tranquillamente in un paragrafo a parte (come è stato fatto per altri stati antichi e odierni, vedasi Economia della Repubblica romana, Economia della Francia, Economia del Giappone ecc...). --Generale Lee (posta) 11:09, 28 lug 2012 (CEST)
    Ho aggiustato il commento alla tabella sull'indice di industrializzazione in base a quanto scritto sull'opuscolo di Bankitalia, che ora ho letto per intero. Sebbene ritenga tuttora che si tratti di uno dei numerosi argomenti di questa sezione, che farebbero miglior figura nella voce sulla questione meridionale, ho trovato interessante, sebbene non sorprendente per quanto avevo già detto, il fatto che gli autori del quaderno di Bankitalia ribadiscano il carattere fortemente artigianale dell'"industria" italiana fino alla fine dell'800: (pag. 1) "all’inizio l’industria era prevalentemente artigianale, e ubicata nelle capitali degli Stati preunitari", (pag. 8) "l’industria di allora era artigianale, gli artigiani erano ubicati vicino ai loro clienti, e i loro clienti erano le élite concentrate nelle capitali politiche", (pag. 23) "le stime provinciali confermano ad esempio che un decennio dopo l’Unità le vecchie capitali rimanevano centri di produzione (artigianale)". A parte questo, aggiungo solo che mi piacerebbe leggere un resoconto sull'evoluzione storica dell'economia del RdS: dato che si tratta di una voce di storia, mi pare opportuno che si parli dell'evoluzione dell'economia e della politica economica del regno, che rimase piuttosto statica in un periodo di fortissimi cambiamenti. --BRG (msg) 17:14, 1 ago 2012 (CEST)
    Concordo col generale, come già scritto sopra, i contenuti e le disquisizioni post 1861 sono fuori luogo, viceversa se proprio si vogliono fare parallelismi, sarebbero utili confronti pre 1861 su cose tipo sviluppo delle infrastrutture, livelli di alfabetizzazione che sono le premesse per uno sviluppo industriale.--Bramfab Discorriamo 17:27, 1 ago 2012 (CEST)
    Ho dato ora una rapida occhiata alla sezione "la nascita della questione meridionale" e trovo che sia un ottimo esempio della confusionarietà della voce intera: la tabellina sulla "finanza pubblica borbonica e sabauda nel 1859", il testo che l'accompagna e le stesse fonti che la sostengono, non solo sono in contrasto con il resto della voce, ma pure con se stesse. Ad esempio la popolazione del regno (1859) è data a 9 milioni nell'introduzione, ma a soli 7 milioni nella tabellina. Il PIL pro capite è dato a 375,9 lire per entrambi gli stati (forse dai dati di Malanima?) coerentemente con i dati sulla popolazione in tabella, che però sono sbagliati: il Piemonte aveva 4.650.000 abitanti già nel censimento del 1838, mentre la popolazione del RdDS era ragionevolmente intorno ai 9 milioni (censimento del 1861). Insomma, se è vero il dato sul debito dell'articolo del Sole24Ore, dobbiamo dedurre che il PIL pro capite doveva essere ~275 lire in RdDS e ~330 lire in Piemonte-Sardegna, altrimenti, se prendiamo per buono il PIL pro capite, dobbiamo dedurre che il debito fosse il 63% del PIL in Piemonte e addirittura il 12% nel RdDS. Mi pare che buona parte di questi dati quantitativi (Malanima ecc.) siano ottenuti colle sfere di cristallo e vadano considerati per quello che sono durante la compilazione della voce. --BRG (msg) 19:17, 1 ago 2012 (CEST)
    Cose varie: l'industria italiana dello zolfo divenne via via meno rilevante poco dopo l'unificazione causa lo zolfo americano, lo sarebbe stato con qualunque governo.
    Lo studio della Banca d'Italia riguarda il dopo unificazione (con la prima analisi riferente all'anno 1871!), il suo utilizzo per descrivere l'economia del RDS in questa voce e' fuorviante e fasullo. In ogni caso del periodo pre-unificazione scrive: "All'inizio l'industria era prevalentemente artigianale, e ubicata nelle capitali degli Stati preunitari; l'industria di fabbrica venne invece attirata dalle cadute d'acqua del Nordovest subalpino." Ovvero in pratica relega in una specifica area l'unica attività' industriale della penisola al tempo dell'unificazione, di fatto negando l'esistenza di poli industriali nel RDS (per quando a pag 8 accenni a "industria meridionale protetta dai Borboni" e ormai sappiamo bene quanto deboli e costose siano le industrie governativamente protette), e sostanzialmente afferma che non si può parlare di una industrializzazione esistente nella penisola al tempo dell'unificazione. Il resto del saggio vuole dimostrare che la industrializzazione si sviluppo' al nord, non in conseguenza di arretratezza preesistente del sud col nord, arretratezza inesistente in quanto non essendoci quasi nulla di veramente industriale precedentemente sia la sud che al nord, e' impossibile far paragoni e parlare di arretratezza. Afferma inoltre che col progredire dell'industrializzazione, fine secolo e inizio '900 quest'ultima si concentro' in alcune aree (come avvenne in USA, UK, Francia, Germania ... aggiungo) . E conclude: "In Italia l’industrializzazione è stata fortemente plasmata dall’intervento dello Stato, non solo da questo. La tendenza alla concentrazione rispecchia innanzitutto il calo costi di trasporto delle merci già nel secolo decimonono, il calo repentino del costo di trasmissione dell’energia all’inizio del ventesimo: rispecchia il progresso tecnico ". Quindi: costo trasporti ed energia, come non pensare al ridotto sviluppo di strade e ferrovia nel RDS (nonostante la verbosità e dovizia di immagini con cui sono descritti in questa voce) gia' commentati e deprecati da Nitti ormai un secolo fa? Oltre al fatto, che, e di questo nessuno ha colpa o merito, l'energia idrica e' maggiormente presente nel settentrione.. --Bramfab Discorriamo 12:37, 3 ago 2012 (CEST)

    Ho trovato una copia in linea del Commercial statistics, a digest of the productive resources, commercial legislations, custom tariffs, of all nations. Including all British commercial treaties with foreign states (1850), un atlante economico britannico del 1850 (esistono anche altre edizioni). Probabilmente esprime con singolare asprezza e forse disprezzo, ma anche ricchezza di dati, quel che più cautamente stavo cercando di additare riguardo all'industria del regno. Cito:

    If there were no other manufacturers in the world, those of Two Sicilies might lay claim to some degree of importance: [...] we consider every other manufacture in the kingdom to the injury of the whole country.

    In particolare, riguardo alle liste:

    A mere enumeration of factories on paper will appear important to those do not comprehend the comparative value of such establishments, and of the circumstances under which are maintained. [...] we know of establishments in Lancashire, Yorkshire, Staffordshire, and Lanarkshire,-in Westphalia, and we may include Switzerlandm, which, according to our knowledge personally, and the best information obtained in England and the continent, and in Naples and Sicily, are singly of more importance, not in the number of pieces, & c., produced, but in their intrinsic value, indipendent of premiums and productive duties, than all the woollen, cotton, linen, and hardware manufacturers, respectively, of the Kingdom of the Two Sicilies.

    Si danno numerosi dati, ad esempio: l'intera produzione di capi di tessuto del regno è stimata in 6000 pezzi annui, per gli stabilimenti di Villiers in Belgio la stima è di oltre 100.000 pezzi l'anno ecc. --BRG (msg) 14:34, 3 ago 2012 (CEST)

    Essendo io l'autore di gran parte dei testi qui criticati, e leggendo solo ora la discussione, dico che a tutti è sfuggito un piccolo particolare: da nessuna parte è scritto che le Due Sicilie fossero una potenza economica. Ho solo cercato di fare il quadro della situazione dell'epoca, riportando quante più informazioni possibili in grado di descrivere le strutture allora presenti, e soprattutto cercando di paragonare il tutto alle altre strutture allora esistenti in Italia (quindi non europee). Nessuno mette in dubbio l'industria inglese o belga, ci amncherebbe, ma questo non significa che bisogna tralasciare argomenti che sono aderenti a questa voce. Come potrete intuire ho inserito il tutto nell'ottica italiana del tempo: ad esempio è stato spiegato che esistevano progetti di ampliamento delle ferrovie che non furono mai approvati in pieno da Ferdinando II, è stato detto come le ferrovie nelle Due Sicilie rimasero ferme al 1848. In poche parole non mi sono limitato a riportare solo il dato in se della lunghezza chilometrica dei binari, come si limitano a fare molti, ma ho riportato anche il perchè di questo ritardo (ricorrendo a fonti autorevoli) e soprattutto inserendo altri dati in modo da poter fare i debiti paragoni col resto d'Italia. Questo mi pare che sia pertinente alla voce ed enciclopedico.

    Per quanto riguarda l'industria è stato fatto un piccolo compendio delle manifatture allora esistenti, penso che a chi sia interessanto all'argomento faccia piacere avere tutti questi spunti. Ma ripeto, da nessuna parte è scritto che le Due Sicilie fossero un potenza industriale, chi lo pensa probabilmente è guidato da pregiudizi derivanti forse dall'aver travisato la mole inconsueta di informazioni come un tentativo neoborbonico. Non è così. --Bacefik (msg) 20:19, 12 ago 2012 (CEST)

    Ho inserito anche il dato della popolazione maschile in età lavorativa delle provice, dato che quell'indice è calcolato con il rapporto tra quel dato e la produzione industriale della provincia. Inoltre ho corretto alcune affermazioni a cui nel testo della Banca d'Italia non si dà il peso che invece si è voluto dare qui. L'estensione territoriale è solo uno dei molteplici fattori che avrebbero determinato l'industrializzazione delle varie province, non l'unico, e certamente non il decisivo (soprattutto per quanto riguarda Napoli che era dotata di strutture industriali non paragonabili ad altre piccole province italiane). --Bacefik (msg) 11:01, 16 ago 2012 (CEST) --Bacefik (msg) 11:01, 16 ago 2012 (CEST)

    Questa è una travisazione di che cosa sia quell'indice. Allegare la popolazione maschile è del tutto superfluo, in quanto l'indice è calcolato tenendone conto, ben diverso è il caso dell'estensione territoriale, che è un fattore che indirettamente influenza il valore dell'indice e che non è tenuto in conto quando tale indice è calcolato. L'indice è infatti (stima dei beni prodotti/popolazione maschile in età lavorativa)/media nazionale, quindi la quantità di popolazione non comporta disomogeneità nel dato perché parte della formula, ma l'estensione territoriale sì, in quanto fattore noto di disomogeneità, ma non trattato.
    Il caso lampante è quello di Livorno, la provincia più piccola, che ha un indice che varia tra 1,59 e 1,95, molto più alto del resto della regione, nonostante che l'industria toscana, principalmente tessile e conciaria, fosse concentrata lungo l'Arno e i suoi affluenti (nelle città di Firenze, Prato, Lucca e in parte Empoli).
    Un altro punto da tenere di conto è che questo indice di industrializzazione non indica l'industrializzazione, ma di fatto la quantità di addetti al settore secondario: come molti storici hanno notato i valori complessivi dei beni prodotti sono calcolati in base agli addetti in quel settore per ogni provincia, equiparando la produttività di un operario tessile che lavora al telaio idraulico col sarto che fa tutto a mano. Infatti i professori di storia economica Felice (Barcellona) e Vecchi (Tor Vergata) arrivano a tutti altri dati su PIL e produzione industriale(qui c'è una lunga analisi sul metodo ed i risultati).
    Infine ritengo che sia interessante includere Genova, in quanto all'epoca il triangolo industriale era considerato Torino-Milano-Genova. --BRG (msg) 16:18, 21 set 2012 (CEST)

    E' bene ricordare che almeno fino all'inizio del '900 non è esistito nessun triangolo industriale: Genova, Milano e Torino erano isole che avevano la loro buona dose di industrie locali nel grande mare della provincia rurale italiana (stiamo parlando del 1870). Esattamente come Palermo o Napoli erano le sole grandi città delle Due Sicilie, e cioè quelle che concentravano la maggior quantità di attività economiche. Come è riportato chiaramente nella fonte Bankitalia, la nascente industria italiana si insediò solidamente solo lì dove il mercato lo permetteva, cioè principalmente attorno alle capitali. Certamente Livorno non era una grande città, e per questo ho evitato di inserire città di secondaria importanza nella tabella presente nella voce.

    L'intenzione è quella di dare una panoramica sull'evoluzione dell'industria italiana dopo l'unità d'Italia, non avendo dati precisi riguardanti il 1860 (sicuramente diversi, anche a cuasa dei noti contraccolpi che l'industria meridionale ricevette con l'unificazione). --Bacefik (msg) 16:55, 30 set 2012 (CEST) Questa mi sembra una buona fonte http://www.delpt.unina.it/stof/15_pdf/15_6.pdf

    La finanza pubblica borbonica e sabauda nel 1859 - dubbi

    Scorporo qui la discussione sui dubbi sulla tabella "La finanza pubblica borbonica e sabauda nel 1859" da me esposti nella sezione precedente. Dopo una breve indagine sulle incoerenze della suddetta tabella e le sue fonti, ritengo che la fonte originale sia un articolo dal sito portaledelsud.org (http://www.ilportaledelsud.org/benessere_due_sicilie.htm). L'articolo del suddetto sito risale al 2009, quello sostanzialmente analogo, sebbene molto più breve, del Sole24Ore è del 2011. Entrambi gli articoli dicono di riferirsi al libello di Savarese, ma in tutte le versioni disponibili online (compresa quella digitalizzata da Google) non sono presenti molti dei dati presentati da portaledelsud.org e dal Sole. Questi dati aggiuntivi sono oltremodo dubbi: i dati sulla popolazione sono certamente sbagliati, non corrispondendo a nessun censimento noto, si parla anacronisticamente di PIL, concetto che verrà introdotto da Simon Kuznets oltre 70 anni dopo lo scritto di Savarese, il debito complessivo riportato (non presente in Savarese) è incoerente con quello riportato nella legge Bastogi all'atto di unificare i debiti degli stati preunitari. Pertanto, non potendo essere Savarese la fonte di tali dati, né essendo tali dati sensati, propongo che la tabella ed il testo che l'accompagna vengano tolti. --BRG (msg) 20:32, 1 ago 2012 (CEST)

    Quanto non trovi nelle versioni on line del Savarese (probabilmente riproduzioni delle edizioni dell'epoca) è presente, invece, in una ristampa del 2003 o, meglio, nella introduzione al testo, a firma dell'economista Aldo Servidio. Presumo che l'articolo del Sole faccia riferimento a quest'ultima edizione. --The White Lion (msg) 00:13, 2 ago 2012 (CEST)
    Rimane da scoprire in quale palla di vetro il Servidio ha scorto questi dati, che, a quanto pare, sono a lui solo noti. I debiti nazionali erano stati determinati alla proposta di unificazione dei debiti (1861) in 1292 milioni per gli stati sardi (l'ex regno di Sardegna), 522 milioni per Napoli e 209 per la Sicilia, che a differenza di quanto attualmente afferma l'articolo avevano banche nazionali separate già dal 1849 e non in seguito all'unità ["La stessa banca nazionale (il Banco delle Due Sicilie) fu poi scissa in Banco di Napoli e Banco di Sicilia", falso]. Un debito di 1121 milioni per il 1859 appare eccessivo, date le spese di guerra e unificazione sostenute dal Regno di Sardegna nel 1860/1861; mentre un debito di 411 milioni per il RdDS appare troppo basso, anche barando e considerando solo la parte napoletana del regno. Il primo, incerto, controverso, studio accademico sul PIL degli stati preunitari è quello di Malanima-Daniele del 2007, che se avessero avuto i dati di Servidio non avrebbero faticato tanto. Rimane poi il problema delle popolazioni, che sono certamente sbagliate: se Servidio ha fatto il furbo, cosa che non dubito, prendendo i dati di popolazione di Napoli senza la Sicilia e della Sardegna-Piemonte, si è sbagliato di grosso, perché non ha incluso la Savoia e il Nizzardo che nel 1859 facevano parte dello stato sabaudo. Insomma, io in tutto ciò ci vedo solo confusione. --BRG (msg) 14:18, 2 ago 2012 (CEST)
    Sono perplesso da una critica ai "dati del Servidio" mossa, però, a partire dall'articolo di Morya Longo: innanzitutto, nella sua introduzione, Servidio non fornisce "dati nuovi", ma si limita a commentare i dati di Savarese, in secondo luogo, io, prima di farmi un'idea di quello che dice un autore, prima lo leggerei e non fondarei le mie personalissime deduzioni solamente su un articolo del Sole (che dice un decimo di quello che scrive Servidio in 30 pagine, dice alcune cose del Savarese e dice altre cose che non dicono né Servidio, né Savarese). Chissà, magari il mio suggerimento è una buona soluzione per mettere ordine alla confusione. --The White Lion (msg) 19:35, 2 ago 2012 (CEST)
    La voce cita come fonti Savarese e Morya Longo, che a sua volta cita Savarese. Quindi Savarese è la fonte primaria, ma Savarese non dice e soprattutto non può dire (essendo concetti come PIL, PIL pro capite, rapporto deficit/PIL del tutto estranei al suo periodo storico) quello che sia Morya Longo che l'autore della voce wikipediana gli attribuiscono. Quindi la sezione manca di una citazione propria e va considerata inattendibile. Se poi la fonte dei dati sul PIL, sulla popolazione, sul deficit e tutto il resto è Servidio, si può passare a discutere quel che ha scritto Servidio. Per quanto mi riguarda il discorso su Savarese è chiuso. --BRG (msg) 20:20, 2 ago 2012 (CEST)
    Infatti Savarese non parla di pil, sono gli autori contemporanei che propongono il paragone: Servidio dice "oggi, parleremmo di pil", mentre l'articolo del Sole è meno cauto e senza preamboli usa il concetto di pil. Probabilmente in voce le note non sono state inserite in maniera accurata, ma da qui a cassare tutto, come proponevi tu, ce ne passa. Mi ripropongo, con calma, di aggiustare e revisionare il tutto. Saluti. --The White Lion (msg) 22:47, 2 ago 2012 (CEST)

    Servidio dice stupidaggini perché nell'opera di Savarese non c'è niente che sia lontanamente paragonabile al PIL (né ci può essere in quanto proprio il concetto gli è giocoforza estraneo): "in via concettuale l'aumento della rendita pubblica [...] non può essere disgiunto dall'aumento della ricchezza generale (oggi, si direbbe PIL)". Falso, perché esistono moltissimi altri fattori quali l'inflazione, l'aumento della popolazione, la pressione fiscale, l'evasione ecc. Ad esempio il RdDS aveva altissimi dazi sulle importazioni (4 volte quelli sabaudi al 1860), quindi un aumento delle importazioni avrebbe comportato un aumento degli introiti statali. Tra l'altro il pur contestato lavoro di Daniele-Malanima (che perlomeno proviene da ambiente accademico) non indica nessuna variazione consistente del PIL pro capite in quegli anni (graf. 3, pag. 9), coerentemente con una economia principalmente agricola e fondamentalmente di sussistenza. D'altra parte lo stesso Savarese esalta il fatto che tra il 1815 ed il 1859 la rendita fiscale passò da 16 milioni a 30 milioni, attribuendo questo balzo in avanti all'aumento di ricchezza (il "PIL" di Servidio), ma dai suoi stessi dati si ricava che nel 1847 il fisco ricavava già 28 milioni di tasse, il che fa supporre che il balzo sia piuttosto dovuto alle riforme fiscali degli anni '20 e '30 che ad un aumento di ricchezza (oppure che la ricchezza del RdDS rimase ferma al palo per una dozzina d'anni prima dell'unità, dopo un'esplosione nei primi anni del secolo). Il dato comunque è che tutto ciò non ha una relazione diretta con il PIL. --BRG (msg) 00:31, 3 ago 2012 (CEST)

    Senti, noi siamo compilatori e non siamo chiamati a esprimere giudizi (a maggior ragione se non abbiamo letto quanto stiamo criticando): rispetto le tue opinioni e le tue analisi e deduzioni, ma non condivido l'atteggiamento. Il massimo che posso fare è rileggere con calma il libro di Savarese e la relativa introduzione (li ho letti nel 2010 e, quindi, ora non posso essere molto d'aiuto) e aggiustare eventuali imprecisioni contenute nella voce. --The White Lion (msg) 00:50, 3 ago 2012 (CEST)
    Tengo a precisare che non sto effettuando una ricerca originale ma solo verificando l'attendibilità per le fonti, per un'affermazione eccezionale. La conoscenza del PIL dei due regni è un fatto eccezionale, in quanto l'unico lavoro noto in merito è quello (contestato) di Daniele-Malanima del 2007, che non è la fonte di questi dati. Inoltre i dati sulle popolazioni contraddicono quel che è noto e la voce già giustamente dice.
    Nota: ad ulteriore riprova che Savarese gioca malamente coi numeri, c'è il dato sulle entrate fiscali del '32, riportato da Commercial statistics, a digest of the productive resources, commercial legislations, custom tariffs, of all nations. Including all british commercial treaties with foreign states (1850), che è di 27,4 milioni di ducati, ovvero stabile rispetto al trentennio successivo. Il problema qui è che sebbene l'erroneità di questo libellismo sia ovvio, difficilmente un autore accademico si prenderà la briga di contraddirlo direttamente, data la scarsissima rilevanza che ricopre. Intanto metto il template C. --BRG (msg) 13:28, 3 ago 2012 (CEST)
    Aggiunta: nel template C ho messo un avviso di parzialità per Savarese in base a questo principio, essendo stato egli ministro del lavoro sotto i Borbone e quindi politicamente di parte nella questione sul malgoverno o meno (in questo caso economico) dello stato borbonico. --BRG (msg) 13:42, 3 ago 2012 (CEST)
    Aggiunta 2: l'articolo del Journal of Statistical Society of London vol.5 n.1 (apr. 1842), intitolato Progress of the Two Sicilies under the Spanish Bourbons, from the year 1735-35 to 1840, riporta i seguenti dati per i proventi statali: 16 milioni al 1806 (solo Regno di Napoli, inizio del governo francese), 12 milioni al 1810 (solo Napoli, governo francese), 21,5 milioni al 1819 (dopo restaurazione borbonica, non è dato sapere se solo Napoli o tutto il regno), 26,7 milioni al 1829. Dal che risulta evidente la malafede di Savarese, specialmente considerato il fatto che il 1815 (che prende a riferimento) è l'anno della guerra con l'Austria e della caduta di Murat. Senza contare che Murat, attraverso dismissioni di beni ecclesiastici ed altro, ridusse il debito dello stato napoletano da 130 milioni di ducati (1806) a 28 milioni (1809). --BRG (msg) 20:44, 3 ago 2012 (CEST)
    Siamo in discussione, quindi non si può parlare di ricerca originale, ma i tuoi post tendono tutti a cercare di confutare le elaborazioni delle fonti citate, con tue considerazioni e accuse di malafede e accuse di affermazioni mendaci. Circa il template che hai apposto, ritengo che vada rimosso. Innanzitutto se Savarese, in quanto ex membro del governo, non è attendibile, allora sono inattendibili tutti i riferimenti a membri del parlamento o del governo italiano come Nitti, Salvemini, Sonnino, eccetera. Inoltre, nel template, consideri inattendibile il Sole, che è il massimo quotidiano economico italiano. Infine, per i dati sulla popolazione, non ho nacora capito dove andare a pescare i dati "corretti", magari se mi dai qualche riferimento possiamo confutare anche quelli :) --The White Lion (msg) 23:04, 3 ago 2012 (CEST)

    OK. Problemi del primo paragrafo (più in là non sono andato a leggere):
    1) Popolazione - La tabella riporta 6.970.018 abitanti per il RDS al 1859, ma nella tabellina riassuntiva dei dati del regno all'inizio della voce la popolazione, sempre al 1859, è data a 9.000.000 circa. La voce contraddice se stessa, non di poco, e questo da solo ammetterebbe il template C.
    Dati noti RDS:

    tabella incrimanata (1859): 6.970.018 -- dati 1840 (Commercial statistics): terraferma 6.177.598, Sicilia 1.800.000 -- censimento 1861 [8]: province napoletane 6.787.289, Sicilia 2.392.414

    Da notare inoltre i dati sulla popolazione del Piemonte:

    tabella incrimanata (1859): 4.282.553 -- censimento 1838 (varie fonti): 4.649.000 (terraferma: 4.125.000 - Sardegna: 524.000) -- censo 1848 (Report of the commercial relations of the United States 1856): 4.916.084 (Sardegna: 547.112 - Savoia: 583.812 - Nizzardo: 242.990) -- censimento 1861 [9]: Piemonte e Liguria 3.535.736 (mancano Nizzardo, Savoia e comuni ceduti alla Lombardia dopo 1859), Sardegna 588.064.

    Questo è un doppio problema: di contraddizione e di interpretazione della fonte, visto che tutti i dati in tabella (PIL pro capite, debito pro capite, PIL totale = pro capite * pop. ecc.) sono legati alla popolazione data.
    2) PIL - Esiste un solo studio accademico (peraltro contestato) sul PIL preunitario ed è quello di Malanima-Daniele del 2007, che non è la fonte di questi dati. Il Sole24 è fonte secondaria e cita come fonte primaria Savarese (e poi Nitti e altri in seguito), ma Savarese nel suo scritto originale non fornisce tali dati. Siccome per i risultati di una ricerca wikipedia consiglia di usare come riferimento la fonte primaria (cioè la pubblicazione che dà il dato) e non l'articolo che lo rende noto al pubblico (es. Sole24), questo è un problema.
    3) Banco delle Due Sicilie - La sezione dice che "fu poi scisso" tra i banchi di Napoli e Sicilia. Ciò è una falsità storica, dato che erano stati separati già dal '49. Se l'origine di questa bestialità è una svista del redattore, va cambiata subito, se è ricavata da una fonte, va cambiata subito e notificata qual è la fonte inattendibile.
    4) Savarese - Savarese è parte in causa in questo caso: non dico che vada completamente ignorato, ma va segnalato che non è una fonte indipendente o comunque, se incluso, va dotato di contraddittorio. Infatti il libro citato è una risposta alle accuse di Sacchi (amministratore del regno durante la transizione) di buco in bilancio creato dal governo borbonico, cioè, in parte, da Saverese stesso in quanto membro di quel governo: è abbastanza ovvio che neghi. Nitti, Salvemini, Sonnino possono essere di parte (cioè avere le loro opinioni), ma non scrivono di affari che li riguardano personalmente come fa Savarese.--BRG (msg) 13:47, 4 ago 2012 (CEST)

    • Innanzitutto, il contraddittorio a Savarese è lo stesso Sacchi (quindi si può citare costui), inoltre non puoi partire dal presupposto che Savarese volesse "coprire" il suo operato, anzi, probabilmente era Sacchi che intendeva avallare la tesi del dissesto finanziario per giustificare l'annessione: noi non siamo qui per fare processi, ma per compilare voci. Inoltre, non hai inteso il mio paragone.
    • Non vedo tutta questa problematicità sulla frase "La stessa banca nazionale (il Banco delle Due Sicilie) fu poi scissa in Banco di Napoli e Banco di Sicilia". Non è referenziata, nel contesto in cui è inserita non ha praticamente senso, non ci dice neanche quando i banchi furono scissi (anche se tu e io lo sappiamo). Di conseguenza, se non si vuole svilupparla e contestualizzarla, basterebbe rimuoverla e non avremmo nessuna minore forza delle tesi sostenute dal Sole.
    • Prova a rileggere il tuo post sul pil, noterai una contraddizione. Comunque le voci devono fondarsi, di norma, su fonti secondarie, perché non spetta al wikipediano interpretare o rilevare l'importanza delle fonti primarie: l'articolo del Sole non riporta la notizia "Savarse pubblicò uno studio raffrontando la finanza Napoletana e quella Sabauda", l'articolo del Sole interpreta i dati forniti da Savarse (introducendo anche concetti attuali come il PIL), ponendosi, quindi, come idonea fonte secondaria. L'atteggiamento sconsigliato, invece, è propio quello di tentare di interpetare (se non confutare), sulla base di conoscenze o semplici opinioni personali, le fonti primarie.
    • Sulla popolazione, come vedi, i dati forniti dalle varie fonti sono discordanti, vuoi perché si riferisocno ad anni differenti, vuoi perché esse stesse fanno riferimento a fonti primarie differenti. Per la specifica situazione, poiché si sta riportando una elaborazione fornita dal Sole, si deve semplicemente evidenziare in nota che, secondo il Sole, questi sono i dati, ma secondo altre fonti, la poplazione ammontava ad altre cifre. --The White Lion (msg) 15:39, 4 ago 2012 (CEST)
    • L'opinione di Sacchi non è riportata però.
    • Quella affermazione va sicuramente cancellata e non viene dall'articolo del Sole (chi l'ha detto?).
    • Vedo che il punto ti sfugge: la conoscenza del PIL delle Due Sicilie e del Piemonte è un fatto eccezionale e pertanto dev'essere collegato ad una fonte primaria che lo avalli (linee guida: "affermazioni eccezionali dovrebbero essere supportate da fonti multiple di alta qualità e affidabilità, specialmente in ambito scientifico, medico, storico, politico, religioso e nelle biografie"). Il Sole24Ore non è una rivista scientifica di storia economica e non è una fonte affidabile per un dato del genere. Da come è formulato l'articolo parrebbe che la fonte di quei numeri sia Savarese, ma di sicuro non lo è, perché Savarese parla d'altro (cioè bilanci statali per gli anni 1848-1860).
    • Ma per favore:
    Due-Sicilie: 7.977.598 (1840) -> 6.970.018 (1859) ??? -> 9.179.703 (1861) (censimento ufficiale del Regno d'Italia)
    Piemonte+Sardegna+Nizza+Savoia: 4.649.000 (1838) -> 4.916.084 (1848) -> 4.282.553 (1859) ??? -> 4.834.064 (1861) (censimento ufficiale del Regno d'Italia/del Secondo Impero Francese - il Piemonte perde parte della provincia di Pavia)
    Mi pare evidente quale sia il dato che si discosta dagli altri in entrambi i casi. Senza contare che nella voce la popolazione del RDS è data prima a 9.000.000 e poi a 6.970.018 per lo stesso anno. Il dubbio è che i 6,9 milioni si riferiscano al solo dominio napoletano (Sicilia esclusa) e quindi o la fonte gioca coi numeri (compara i debiti di mezzo RDS a quelli di tutto il Piemonte-Sardegna) o l'utente che ha redatto la voce non ha capito un'acca di quello che aveva letto. Faccio notare che le fonti apposte (Savarese e Sole24) non menzionano le popolazioni, né il PIL pro-capite, né il debito pro-capite, sebbene questi numeri siano coerenti tra loro, quindi ci dev'essere un'altra fonte primaria che le menziona ed è quello che sto cercando di capire da quando ho aperto questa discussione. --84.222.236.126 (msg) 18:52, 4 ago 2012 (CEST)
    La fonte più vecchia a citare quei precisi dati, tra quelle che ho trovato, è "Il Sud e l'Unità d'Italia" di G. Ressa (2003, aggiornato 2005) [10] pag. 135. Ancora una volta la fonte dei dati è data per essere Savarese in "Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860", sebbene in quello scritto non ve ne sia traccia. --BRG (msg) 20:45, 4 ago 2012 (CEST)

    Ok, svelato l'arcano: chi ha inserito la tabella ha usato Ressa, il quale, però, specifica "Regno di Napoli" e "Piemonte" (per la verità - non ci avevo fatto caso - anche la tabella nella voce, riporta tra parentesi Napoli e Piemonte), quindi è evidente che i dati riportati (che, evinco dalla nota di Ressa, sono sue rielaborazioni) si riferiscono alla sola parte continentale del regno. Per il dato di nove milioni nel sinottico, si tratta di una incongruenza comune, dovuta al fatto che tale dato è stato inserito da un altro utente e non da chi ha compilato la parte sulla finanza e sicuramente in momenti differenti. --The White Lion (msg) 22:28, 4 ago 2012 (CEST)

    La vera bestialità è dire che la Sicilia abbia conservato dopo il 1849 un suo Banco indipendente, questo è falso, e chi conosce anche superficialmente la politica napoletana del tempo sa benissimo che Ferdinando II, dopo aver concesso a fatica la Cassa di Corte a Palermo e Messina, non avrebbe mai permesso la creazione di una banca siciliana (cosa che è avvenuta solo nel periodo rivoluzioanrio). Chi inoltre conosce la politica economica dei governi borbonici, soprattutto dal 1830 in poi, sa benissimo che l'ossessione nei ministeri napoletani era il risparmio (cosa confermata sia da Nitti che da Fortunato) ed un'estrema oculatezza nelle spese (tra l'altro in buona parte destinate alle forze armate).

    L'articolo del Sole24ore l'ho inserito io, non so il giornalista da quale fonte abbia riportato esattamente quei dati oltre Savarese, mi sono limitato ad inserirlo in quanto pertinente alla voce (il giornale e l'autore sono abbastanza ferrati in economia). Chiaramente i numeri della popolazione sono riferiti alla sola parte continentale delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna (non so però da quali statistiche abbiano tratto quelle cifre). --Bacefik (msg) 19:41, 12 ago 2012 (CEST)

    Questo è un discreto problema perché la finanza dei due stati era amministrata in maniera radicalmente differente: il Piemonte non aveva banchi separati per Sardegna e continente e non c'è modo di scorporare il debito tra i due (difatti all'unità venne presentato un debito unico per tutti gli stati sabaudi), mentre ciò è possibile per Napoli e la Sicilia. Tuttavia tra le entrate di Napoli ci sono i consistenti tributi della Sicilia, che peraltro per questo aveva un debito piuttosto alto, cosa che rende estremamente difficile e vago un confronto di questo genere. --BRG (msg) 16:30, 21 set 2012 (CEST)

    Non so per il Regno di Sardegna, ma nel Regno delle Due Sicilie esitevano un Gran Libro del debito per Sicilia (creato dal Filangieri, che da luogotenente della Sicilia fu accortissimo amministratore, così come lo fu il suo successore Ruffo, fino alla fine del regno) e per Napoli. La Sicilia non era amministrata in maniera molto differente dalle province napoletane: chi governava le finanze dell'isola era il luogotenente (Filangieri prima e Ruffo poi), che doveva ubbidire alle direttive di Napoli. In poche parole l'erario siciliano spendeva solamente il necessario (soprattutto per la costruzione di alcune strade e porti, avvenuta negli anni '50) e la tendenza generale era al risparmio. Questo d'altronde fu confermato anche da meridionalisti insospettabili, lo ripeto. Come ben sappiamo il Regno di Sardegna al contrario era di manica molto più larga. --Bacefik (msg) 17:15, 30 set 2012 (CEST)

    È appunto quello il problema, il regno di Sardegna aveva un'unica finanza centrale (l'avrò già detto mille volte...) e non ha mai presentato conti separati. Oltretutto la Sicilia aveva una popolazione che era il 28.5% di quella di Napoli ed un debito che era il 40% di quello napoletano e questo non perché la parte napoletana fosse amministrata meglio di quella siciliana, ma perché colle tasse siciliane si amministrava la Sicilia e si pagava un tributo cospicuo a Napoli (sui 5,5 milioni di ducati l'anno). E questo è il secondo problema: quando si calcola il deficit della sola parte napoletana si calcolano gli introiti napoletani, più i tributi siciliani, meno le spese napoletane, che non è una comparazione leale con gli altri stati preunitari. --84.222.236.83 (msg) 16:32, 4 ott 2012 (CEST)

    Aiuterebbe sapere qual è la fonte di queste cifre, in modo da non avere come unico riferimento l'articolo del Sole 24 ore, di cui è bene ricordare non sono io l'autore. --Bacefik (msg) 18:55, 8 ott 2012 (CEST) aggiungo anche qui http://www.delpt.unina.it/stof/15_pdf/15_6.pdf--Nomus74 (msg) 02:31, 22 mar 2015 (CET)

    Effettivi

    La parola "effettivi" è etimologicamente errata, in quanto essa indica tutti i soldati di una forza armata, mentre nell'accezione del paragrafo sulle Forze Armate essa vorrebbe indicare solo il numero di soldati professionisti. Va cambiata con un'espressione più adeguata. --Bacefik (msg) 14:54, 10 set 2012 (CEST)

    Come indicato in cronologia «"militari di professione" e "marinai di professione" non mi sembrano molto "enciclopediche" come espressioni, specie considerando che molti erano arruolati "a sorteggio"» e quindi non sceglievano la professione militare; oltretutto mi sembrano delle espressioni troppo moderne per il Regno delle Due Sicilie; sarebbe molto più preciso indicare usare il termine "coscritti" e "mercenari" che, se non erro, erano le due componenti dell'esercito borbonico indicando la relativa consistenza numerica.GJo ↜↝ Parlami 15:51, 10 set 2012 (CEST)

    No, si tratta di un mio errore, non dovevo usare la parola "effettivi": è etimologicamente sbagliata. E' più corretto dire "militari di professione" in quanto quella cifra (70.000 per l'esercito e 6.500 per la marina) si riferisce proprio al numero di soldati in ferma permanente o comunque in ferma prolungata (un pò come i nostri militari attuali in Servizio Permanente Effettivo e i VFP4). E questo all'epoca d'altronde era esattamente quello che accadeva anche nell'Esercito Francese. I soldati di leva invece erano quelli scelti per sorteggio, ed il loro numero è specificato nel testo. I mercenari, dopo lo scioglimento dei 4 Reggimenti Svizzeri, nel 1860 erano ben pochi (erano presenti solo 4 battaglioni "esteri", tipo Legione Straniera per intenderci). --Bacefik (msg) 17:18, 10 set 2012 (CEST)

    Ok, allora meglio "soldati di professione" e "marinai di professione" (militari lo sono entrambi), anche se (personalmente) non mi "suonano" benissimo.GJo ↜↝ Parlami 17:25, 10 set 2012 (CEST)

    Non ti preoccupare, non c'e niente di sbagliato in queste espressioni, sono quelle più confacenti alla realtà dei fatti. --Bacefik (msg) 18:03, 10 set 2012 (CEST)

    Eliminazione paragrafo su primati

    Se siete d'accordo vorrei eliminare il paragrafo "primati tecnologici e scientifici" in quanto le informazioni che riporta sono già presenti in altri paragrafi, o comunque integrabili in altri paragrafi. Inoltre ha un'aria poco enciclopedica a mio avviso. --Bacefik (msg) 19:02, 2 ott 2012 (CEST)

    Per me bastano poche righe e un collegamento agli approfondimenti in altre voci. La voce è già abbastanza prolissa.--84.222.236.83 (msg) 16:18, 4 ott 2012 (CEST)

    La mia intenzione è spostare le poche informazioni presenti in quel paragrafo nei paragrafi già esistenti. --Bacefik (msg) 17:41, 4 ott 2012 (CEST)

    Ho razionalizzato qualcosa. --Bacefik (msg) 11:21, 5 ott 2012 (CEST)

    Viabilità

    Prima di apportare i dovuti miglioramenti chiedo a chi ha inserito i dati riportati da Tommaso Pedio sulle strade rotabili di rivedere le fonti e di dare ulteriori spiegazioni, in quanto il numero di comuni riportato in quel paragrafo non corrisponde a quello della realtà storica: il Regno delle Due Sicilie si suddivideva in 2.189 comuni e 1.144 villaggi, mentre nella voce si parla solo di 1.848 comuni (di cui 1.321 non raggiunti da strade rotabili, secondo la fonte).

    Invito inoltre a leggere meglio il testo del Massafra riportato, "Campagna e territorio nel Mezzogiorno fra settecento ed ottocento" a partire da pag. 159 (in particolare a pag. 189), in cui si parla in dettaglio della viabilità del reame e delle strategie adottate nel costruire la rete viaria nazionale, le quali sono ulteriormente in contraddizione con il testo del Pedio. --Bacefik (msg) 22:27, 15 dic 2012 (CET)

    Dato che la Sicilia conta circa 350 comuni il dato di Pedio mi pare plausibile, ovviamente in riferimento al regno di Napoli. Non sarebbe la prima volta che in questa voce si fa confusione tra il solo dominio napoletano e l'intero regno delle Due Sicilie. Non bisogna avere fretta solo per buttare via i dati scomodi... --BRG (msg) 19:28, 18 dic 2012 (CET)

    Perchè "dati scomodi"? Mi sembra che qui si debba continuamente dimostrare di stare dalla parte giusta della barricata. I dati devono essere razionalmente inseriti nel contesto storico, e mi pare che ora (almeno per quanto riguarda la viabilità) ciò sia stato fatto. Inoltre invito nuovamente chi possiede il testo del Pedio a dare spiegazioni, perchè un conto è parlare della situazione del regno nella sua interezza, e un conto è parlare della particolare situazione delle aree interessate successivamente dal brigantaggio (che è presumibilmente l'obiettivo di quel testo). --Bacefik (msg) 16:56, 19 dic 2012 (CET)

    Perché se si seguisse codesta logica con coerenza intere sezioni di questa voce andrebbero cancellate. La sezione finanza è piena di numeri sparati a caso senza un minimo di ritegno, in varie altre sezioni si affiancano informazioni riguardanti il dominio napoletano con altre riguardanti tutto il regno. In questo caso invece un riferimento con fonte viene bellamente eliminato, senza nemmeno dargli il beneficio del dubbio, come si dovrebbe: bastano 2 minuti di ricerca su Google [11] per scoprire che all'unità d'Italia i comuni del dominio napoletano erano 1.855 e che quindi, magari, il Pedio (o meglio il Massari, visto che Pedio ha scritto solo l'introduzione alla relazione di quest'ultimo) non aveva tirato numeri a caso e meriterebbe al più un avviso "sezione da controllare" o un tag "chiarire" per contestualizzare il fatto che probabilmente si fa riferimento al dominio napoletano. Comunque bastava andare sulla pagina wikipedia del Massari e la bibliografia conteneva quell'unico testo: "In totalità sui 1848 comuni del Napolitano 1321 mancano di strade"[12]. Com'era facilmente intuibile si riferisce ai domini napoletani. --BRG (msg) 17:58, 20 dic 2012 (CET)
    Reinserita con citazione corretta di pagina, testo e di luogo. (Osservo che se nella voce scrivessimo eslcusivamente di fatti estendibili a tutto il regno si dovrebbe eliminare tutto il capitolo sulle ferrovie che era distribuite giusto nelle vicinanze di Napoli, neppure estese su tutta l'area continentale del regno). --Bramfab Discorriamo 18:53, 20 dic 2012 (CET)

    BRG se hai qualcosa da aggiungere alla voce puoi liberamente metterti al lavoro. Per quanto riguarda le strade, la precedente descrizione (che ora purtroppo andrò nuovamente a modificare) è inadeguata, in quanto il testo del Massari si riferisce essenzialmente alla situazione dell'entroterra meridionale postunitario, che sebbene ricco di paesi, era, ed è, comunque meno popolato delle zone costiere o pianeggianti. Questo per ovvi motivi, motivi che influiscono anche sull'evoluzione delle infrastrutture. Come giustamente sottolineano Paolo Macry e Massafra, al di là del pregiudizio del meridione povero di strade, c'è una realtà ben diversa: cioè quella di un territorio dotato di un buon sistema viario a media/lunga percorrenza, su cui si basa ancora l'attuale ossatura infrastrutturale di molte regioni del Mezzogiorno. Per intenderci, se dico: "le Due Sicilie erano povere di strade perchè su tot paesi tot erano isolati" dico una sciocchezza, in primis perchè il regno era dotato di molte grandi strade e poi perchè, per i motivi descritti, queste grandi strade non poteva raggiungere i numerosi paesini tradizionalmente collocati sulle creste dell'appenino meridionale (e gli stessi concetti in buona misura valgono per le ferrovie). --Bacefik (msg) 19:19, 20 dic 2012 (CET)

    Non è pregiudizio, sono numeri che neppure vedo contestati, questa è la seconda rimozione fatta con motivazioni pretestuose ovviamente diverse, dato l'insussistenza delle prime (le fonti sono state riviste e i dati confermati) e basate "purtroppo" su speculazioni personali sul processo di sviluppo di infrastrutture, senza supporto di fonti. Reintegro il dato.--Bramfab Discorriamo 23:16, 20 dic 2012 (CET)

    Bramfab non hai capito: nessuno contesta i numeri dei comuni isolati, non ne ho il motivo e se avessi voluto farlo lo avrei fatto al momento della stesura di quel pezzo del paragrafo, cioè molti mesi fa. D'altronde anche nella mia modifica precedente mi pare di aver inserito le cifre della relazione Massari e di aver spiegato chiaramente la situazione precaria delle aree interne. Non mi sembra di aver scritto il contrario. Ho integrato la parte finale del paragrafo con i dovuti chiarimenti sulla politica infrastrutturale borbonica, rimarcando la differenza tra la costruzione delle strade nazionali/provinciali e quella delle strade comunali. Fare l'elenco delle province con poche strade comunali (specie se queste province sono tra le più rurali e meno abitate) non serve a descrivere la reale situazione infrastrutturale del regno, in quanto la costruzione delle nuove strade era principalmente influenzata dall'orografia, prima ancora che dalla spesa. Nella popolosa provincia di Bari ad esempio Non vi è comune che non abbia il suo braccio di strada, che mena alla consolare, e l'altro che mette in comunicazione diretta una città con l'altra (da "Intorno alla ricchezza pugliese" di Carlo De Cesare, 1853, pagg. 174-176). Le fonti sono indicate, il famoso testo di Angelo Massafra si trova in rete (c'è anche la pagina): dal 1815 al 1837 le tre province pugliesi investirono complessivamente circa 2,8 milioni di ducati in opere pubbliche; i 3/4 di questa somma (circa 2,1 milioni di ducati) furono destinati esclusivamente alla costruzione di nuove strade rotabili (750 km). Voi capite che se riportiamo la situazione dei paesini del Gran Sasso poi non possiamo tralasciare quella delle ben più consistenti città pugliesi. Lo sforzo, effettuato a partire dal decennio francese, di raccordare la disarticolata e frammentaria viabilità comunale a quella regia, dalle maglie troppo larghe, per mezzo di una terza categoria di strade, le provinciali, tutte rotabili e costruite con tecniche e criteri sostanzialmente analoghi a quelli adottati per le strade regie, consentì di trovare e saldare l'anello mancante nel sistema viario meridionale. Esso pose, inoltre, le premesse per la creazione di una serie di sottinsiemi, su scala provinciale o regionale, in larga misura autonomi fra loro, anche se erano raccordati in modo da agevolare, oltre alle comunicazioni interne alle singole province, anche il traffico interprovinciale. Come si è già rilevato, più che Napoli e le "consolari", i poli di aggregazione di questi sottinsiemi sarebbero stati i principali centri ammnistrativi e commerciali delle diverse province. Nel definire la priorità negli interventi ed i tracciati delle nuove strade, l'amministrazione borbonica normalmente si ispirò a questi criteri, anche a costo di scontrarsi con gli interessi e le pressioni dei gruppi dirigenti provinciali (Da "Campagne e territorio nel Mezzogiorno fra settecento e ottocento", pag 165). Inoltre, riportava l'ingegnere Carlo Afan de Rivera nel 1842: Sono state costuire a spese della Real Tesoreria Generale, e sono perfezionate e mantenute a sue spese le strade di Roma, degli Abruzzi, delle Puglie, delle Calabrie e di Matera, che danno la comunicazione allo stato limitrofo (lo Stato Pontificio) ed alle diverse province del Regno. Si costruiscono e si mantengono co' fondi delle opere pubbliche provinciali quelle che partendo dalle strade regie, da riguardarsi come i tronchi principali, danno comunicazione a diverse province o ad una parte considerabile di esse. Infine a carico de' rispettivi comuni sono quelle destinate ad aprire le comunicazioni ad uno o più comuni con una strada regia o provinciale. Nella descrizione che ho modificato si parlava solo di questi ultimi tronchi viari, i meno importanti ed i più soggetti a variabili territoriali, in quanto: i criteri cui di norma si ispiravano nel Mezzogiorno continentale gli ingegneri di Ponti e Strade erano almeno due:

    1)Ridurre al massimo le distanze e, quindi, i tempi ed i costi di percorrenza per uomini e merci, soprattutto nei traffici sulle medie e lunghe distanze cui erano specificamente destinate le strade regie e provinciali. Per conseguire questo risultato occorreva che si scegliesse "la linea più corta fra i due punti estremi" delle strade da costruire, seguendo un tracciato rettilineo che forzasse, nei limiti del possibile, i vincoli imposti dalla struttura oroidrografica dei territori attraversati.

    2) Evitare pendenze eccessive (superiori a 5-7%) per consentire un rapporto ottimale fra carico utile trasportato e forza di trazione animale necessaria. Nelle zone montuose e collinari si dovevano preferire, pertanto, tracciati che seguissero i fondivalle o si snodassero a mezza costa sul fianco delle alture, evitando di attraversare centri abitati arroccati in posti di difficile accesso. Alle nuove rotabili i comuni si sarebbero successivamente collegati con traverse costruite a proprie spese.

    Questa soluzione, che anteponeva consapevolmente le esigenze del traffico commerciale agli interessi immediati e particolari dei singoli centri abitati, suscitò spesso le proteste dei comuni esclusi dalle nuove vie di comunicazione. Ma l'amministrazione di Ponti e Strade, soprattutto negli anni in cui fu diretta dall'Afan de Rivera, di norma oppose un'ostinata ed in genere fortunata resistenza alle richieste di allungamento o di modifica dei tracciati rettilinei prescelti, se non apparivano giustificate da convincenti ragioni di pubblico e generale interesse (da Angelo Massafra, opera citata, pag. 189).

    Perciò, considerando anche l'evoluzione della rete viaria dlle Due Sicilie avvenuta a partire dal 1830 (Ferdinando II fece costruire migliaia di km di nuove strade, fonte citata nel paragrafo), reintegro la mia modifica precedente (se volete ci aggiungo anche i dati provinciali, leggete almeno prima di cancellare), anche perchè, oltre ad essere scritta meglio, non è affatto in contraddizione rispetto al pezzo attuale (che tra l'altro io stesso scrissi...). Se può essere utile ecco un valido spunto su cui impostare la stesura di queste sezioni: Quello della spesa per le opere pubbliche nel secondo periodo borbonico rimane per molti aspetti un problema storiografico aperto, che, mancando una solida base documentaria, rischia di stemperarsi nei topoi della questione meridionale e nei giudizi di valore dei precursorismi keynesiani. Che i valori della spesa nel complesso non siano alti, è un dato certo; che i lavori pubblici non avessero rilievo nella politica economica borbonica è assai più dubbio: si guardi all'enfasi posta sulle bonifiche. La questione è semmai quanto e come nelle diverse sfere dell'amministrazione meridionale una coscieza diffusa ma vaga del ruolo propulsivo delle opere pubbliche interagisse con la convinzione che i mali peggiori, da evitare comunque, fossero il deficit e l'aumento delle imposizioni da "Stato padre, stato demiurgo: i lavori pubblici nel Mezzogiorno : 1815-1860" di Costanza D'Elia. --Bacefik (msg) 11:53, 21 dic 2012 (CET)

    Non c'entrano le teorie Keynesiane, non c'entra lo discorrere sull'avere coscienza del ruolo propulsivo delle opere pubbliche, ecc. I numeri servono per capire e fornire una idee sulle quantità delle cose su cui di discute, per questo sono reinseriti. Altrimenti tanto vale togliere tutti i numeri, in quanto simili discorsi valgono anche per tutte la altre cifre e i paragoni fatti fra regno di Napoli e gli altri stati, dato che ognuno aveva le sue priorità esigenze, orografie e strategie per affrontarle (per quanto ovunque si cercava e si cerca anche oggi di costruire strade evitando alte pendenze, evitare deviazioni o inutili prolungamenti, in quanto le problematiche sono sempre le medesime, cambiano le soluzioni, talvolta, in funzione di quanto si intende spendere) --Bramfab Discorriamo 15:30, 21 dic 2012 (CET).

    Certamente, però i numeri devono essere il più possibile indicativi, a maggior ragione nelle analisi storiche. Nella fattispecie sto cercando di dire che quei numeri si riferivano alle sole strade comunali, cioè ad una minima parte del sistema viario, e non al sistema viario in toto, che si basava come è ormai noto sulle grandi strade. Quelle cifre quindi servono ad indicare la situazione di grande precarietà che vivevano le aree interne del Mezzogiorno, perciò le ho reinserite. Ma oltre a questi dati c'è bisogno poi di aggiungere tutte le altre informazioni necessarie a dare una corretta ed ampia panoramica sull'argomento, ed è quello che ho cercato di fare in modo sintetico. --Bacefik (msg) 16:41, 21 dic 2012 (CET)

    Dal testo del Massari si comprende che quei numeri si riferiscono a strade s.l., ovvero da un livello superiore a mulattiera, tratturo , fino alle "grandi" strade. D'altronde le strade si costruiscono quando c' e' la necessita' di muovere persone e merci in quantità'. Ovvero dipendono dallo stato dell'economia e o da dove intende spingere un governo nello sviluppo.--Bramfab Discorriamo 18:01, 21 dic 2012 (CET)

    Ho letto oggi il testo del Massari, che per quanto non sia il massimo dell'accuratezza (parla genericamente di "strade rotabili", perciò immagino si riferisca a quelle lastricate davvero rotabili) e dell'imparzialità (parla di grandi strade solo intorno a Napoli e Bari) bisognerebbe approfondire meglio. Come dici tu le strade si costruiscono lì dove c'è bisogno di muovere persone e merci, e nel Regno delle Due Sicilie ciò avveniva principalmente tra la Campania e la Puglia. Ciò non toglie che nell'ultimo trentennio del Reame siano stati costruiti importanti tronchi viari anche negli Abruzzi (verso la costa), nelle Calabrie (nelle Serre e sulla costa tirrenica) o in Sicilia (la Palermo-Messina). Le strade vicinali rotabili, quelle che permettevano ad un dato comune di collegarsi alle grandi arterie, come è stato detto, dovevano essere costruite a spese dei comuni interessati (quando non li attraversavano direttamente), e ciò certamente non ha aiutato la loro diffusione nelle zone interne, in cui i costi di realizzazione erano certamente maggiori e le condizioni del terreno più difficili. --Bacefik (msg) 20:19, 21 dic 2012 (CET)

    Ho inserito io il dato dal Massari, e - come figurava, a quel che ricordo, nel testo originale (prima mia modifica) -, si specificava il dato di 1848 comuni al solo Mezzogiorno continentale. Ho avuto modo di notare solo ora - sono rimasto senza computer per parecchio tempo - che il paragrafo delle strade e stato pesantemente modificato da come lo ricordavo, ed è stato anche rimosso il dato sulle singole province che io avevo inserito (sempre dal Massari), sostituito da un lungo discorrimento sulla politica della Direzione di Ponti e Strade. Cioè, ai dati è stata sostituita - e non integrata - una interpretazione, che tra l'altro, sostiene che a mancare di strade fossero "specialmente quelli situati nelle aree montuose dell'entroterra". Buon anno a tutti.

    --Luke18389 (msg) 23:58, 1 gen 2013 (CET)

    Ho caricato la Carta delle province meridionali d'Italia pubblicata nel 1861 dal Real Officio Topografico. Sono indicate tutte le strade rotabili in modo chiaro. --Bacefik (msg) 11:38, 18 gen 2013 (CET)

    Carta 1861

    Non è necessario reinserire la vecchia mappa fatta da me artigianalmente, quella che ho caricato ora mostra molto più chiaramente l'avanzata delle ferrovie al momento dell'unità. --Bacefik (msg) 13:25, 19 gen 2013 (CET)

    Revisione sintassi

    Siccome la voce è stata scritta a spezzoni ed in differenti momenti, rileggendola mi accorgo che alcuni periodi risultano ardui alla lettura e spesso ci sono inutili ripetizioni ed enfatizzazioni. Cercherò di rendere la lettura più gradevole correggendo le imperfezioni più evidenti, se ne notate altre segnalatele. --Bacefik (msg) 18:48, 14 apr 2013 (CEST)

    Assedio Civitella

    L'assedio fu condotto da più generali, tra i quali il piemontese Pinelli. Mezzacapo sostituì Pinelli solo nella parte conclusiva della campagna. --Bacefik (msg) 11:16, 29 giu 2013 (CEST)

    Iconografia

    Ho rimosso [[:File:La tarversata degli appennini.jpg|thumb|250px|right|La traversata degli Appennini (Giuseppe De Nittis)]] in quanto, non solamente dipinto nel 1867, ma rappresentante un tratto della Bologna Firenze--Bramfab Discorriamo 09:43, 20 nov 2013 (CET)

    Industria, studio Banca Italia 2010 (Ciccarelli e Fenoaltea)

    Malgrado la invidiabile valutazione circa la qualità di questa pagina - tutte A non ce le avevamo neanche alla prima elementare! - faccio notare l'uso improprio che si è fatto di alcuni dati ed alcune frasi dello studio, pubblicato nel 2010 sui quaderni della Banca d'Italia, di C. Ciccarelli e S. Fenoaltea.
    In primo luogo, la frase tendono a confermare alcune delle ipotesi revisioniste (pag. 9) è stata estrapolata dal contesto, e non si è messa in relazione con l'interessante affermazione secondo cui non vi è traccia di grandi cambiamenti legati alla stessa unificazione, all’estensione dei bassi dazi piemontesi all’industria meridionale protetta dai Borboni, alla costruzione delle grandi linee ferroviarie che collegarono Nord e Sud e avrebbero permesso all’industria dell’uno di sfruttare i mercati dell’altro, che gli autori poggiano sui dati del loro stesso studio.
    Più grave, lo studio dei detti Ciccarelli e Fenoaltea, richiamandosi ad uno studio precedente del solo Fenoaltea, fa notare che, per una deficienza metodologica del calcolo del tasso di industrializzazione sui dati disponibili, province piccoline in superficie, quali quelle di Napoli, Livorno e Porto Maurizio, tendono a superare la media [nazionale] semplicemente perché le province erano piccole, con poca terra agricola, e dunque relativamente pochi agricoltori (pag. 7, nota 3). Ciò, se si concede autorevolezza alle fonte di Ciccarelli & Fenoaltea, quantomeno va fatto presente nella tabella che segue, sui tassi di industrializzazione del periodo post-unitario.
    --Luke18389 (msg) 18:36, 7 dic 2013 (CET)

    File audio Paisiello

    Ringrazio Pracchia-78 per aver inserito il file audio, ma penso sia sufficiente la sua presenza nella pagina dedicata all'inno (già riportata in questa voce). --Bacefik (msg) 14:30, 3 gen 2014 (CET)

    Regno delle Due Sicilie

    Segnalo per i rilievi del caso la Contraddizione nelle affermazioni sulle navi ed il tonnellaggio alla voce REGNO DELLE DUE SICILIE: Paragrafo MARINA MERCANTILE (ULTIMA RIGA) prima di TONNELLAGGIO: “Nel 1859 la marina mercantile delle Due Sicilie contava in totale quasi 12.000 imbarcazioni e navi per complessive tonnellate 320.000 circa[111]. (secondo quanto sarebbe indicato nel libro: Lamberto Radogna, Storia della Marina Mercantile delle Due Sicilie (1734-1860), Mursia 1982 – pagina non indicata). Poi circa 12 righe sotto la successiva voce TONNELLAGGIO si afferma con evidente contraddizione: “Si passò ……. alle 9.847 unità per 259.917 tonnellate del 1860”. (presumibilmente nota 117 [117]: ( pag. 306-307) secondo: Giuseppina Tullio, Commercio e marina nell'ultimo trentennio del periodo Borbonico in Angelo Massafra (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario: economia, società e istituzioni, Bari, Edizioni Dedalo, 1988, ISBN 88-220-4136-4.) E’ evidente che solo un anno dopo le navi mercantili non potevano essere diminuite di oltre 2.000 unità e di 60.000 tonnellate ! Andrebbe posto un rilievo per l’incongruenza dei dati, anche se il dato attendibile risulterebbe “ ……alle 9.847 unità per 259.917 tonnellate del 1860.” Altri testi parlano di 272.000,La rivoluzione dei trasporti in Italia nel Risorgimento -Mario Di Gianfrancesco, ma mai di 320.000 tonnellate di stazza per la marina mercantile del Regno delle Due Sicilie nel 1860.

    claudio.stanco

    Scuola nel Regno delle Due Sicilie

    La pagina è abbastanza carente sulla questione scolastica e culturale del Regno, così come su alcuni aspetti igienico-sanitari. Stupefacentemente ci si dimentica di ricordare che nel 1843 il sistema di istruzione fu affidato con regio decreto alla Chiesa, e che dunque non è in alcun modo possibile parlare di "scuola pubblica"; o ancora di riportare i dati sull'analfabetismo dovuti a questa mancanza, che in Basilicata e Calabria superavano il 90%. E, infine, sull'aspetto igienico-sanitario ci si dimentica poi di dire che a Napoli 1/4 dei neonati moriva nel primo anno d'età. Raggruppo le fonti e vedo di aggiungere questi dettagli. --84.220.132.59 (msg) 14:28, 8 lug 2015 (CEST)

    Fatto. Ho inserito i nuovi dati che mancavano completamente nella pagina, ovviamente allegando dettagliate fonti. --84.220.132.59 (msg) 15:01, 8 lug 2015 (CEST)

    Aggiunte postume

    Durante la mia assenza sono state aggiunte parecchie parti che fanno riferimento al periodo post-unitario, e sezioni (come quella riguardante l'igiene) che non capisco che inerenza abbiano con la storia di uno stato del passato.

    Ad esempio non credo che qualcuno abbia mai fatto riferimento alle pessime condizioni igieniche descritte ne "I miserabili" o in qualche romanzo di Dickens nelle pagine dedicate alla Francia post-napoleonica o alla storia del Regno Unito... attendo di essere smentito.

    Provvedo a fare un pò di pulizia. Eliminerò i riferimenti postumi ed i paragrafi superflui, i quali generano solo confusione e non apportano informazioni storicamente utili.

    --Bacefik (msg)

    Mi sfugge il riferimento all'assenza (forse che la pagina non può essere modificate mentre tu sei assente?). In ogni modo i paragrafi che hai levato in blocco ci sono da un anno esatto. Magari non sono idonei (può essere), ma direi che sarebbe meglio discuterne prima. Non credi? --Gac 10:49, 5 nov 2015 (CET)

    La pagina può ovviamente essere modificata. Ma intere sezioni senza fonti, o con fonti insufficienti, e stralci riguardanti un periodo storico estraneo a quello trattato a mio avviso dovrebbero essere eliminate. In quanto, oltre ad avere uno scarso senso enciclopedico, tendono ad allungare un brodo che non ne ha alcun bisogno. La situazione riguardante il naviglio, l'istruzione, la finanza, è già spiegata fin troppo dettagliatamente. Al limite ci sarebbe bisogno di riassumerla.

    --Bacefik (msg)

    Per esempio: la tabella delle lire-oro di Nitti non ha alcun bisogno di esistere: la nozia è già riportata nella prima parte del paragrafo. E' un doppione.
    Di queste cose si è ampiamente discusso in passato. Il fatto che la discussione si sia fermata per molto tempo non implica che le decisioni prese al tempo non siano più valide oggi.

    --Bacefik (msg)

    Sinceramente tutte queste tue modifiche con una discussione in corso non mi sembrano opportune.—GJo ↜↝ Parlami 11:47, 5 nov 2015 (CET)
    Non capisco le aggiunte dei template E. Che forse le condizioni di salute e sicurezza di uno stato non sono enciclopediche? IMHO da ampliare, anzi. --Retaggio (msg) 11:52, 5 nov 2015 (CET)
    Concordo e anche questa eliminazione non mi sembra opportuna, visto che paragona la situazione del Regno con quella degli altri stati italiani dell'epoca.—GJo ↜↝ Parlami 12:01, 5 nov 2015 (CET)

    I paragrafi riguardanti la "sicurezza stradale" e l'igiene pubblica, oltre a non descrivere affatto ciò che si propongono nei titoli ed a ripetere ciò che è scritto altrove, semplicemente non sono paragrafi. Sono solo un'accozzaglia di citazioni, prese tra l'altro da una sola opera: La fine di un regno del De Cesare. Che, benchè sia un discreto e piacevole libello, non ha alcuna validità ai fini storici, in quanto privo di dati e di una visione dell'argomento storicamente valida. Perciò a mio avviso sono da cancellare, e magari da riscrivere in toto con fonti e testi adeguati.

    --Bacefik (msg) 12:08, 5 nov 2015 (CET)

    Ripristino il testo precedente ai massicci svuotamenti di Bacefik. Stiamo discutendo (e non mi sembra ci sia consenso per la rimozione). Grazie, --Gac 12:15, 5 nov 2015 (CET)
    Incidentalmente il testo La fine di un regno del De Cesare non e' affatto un libello.--Bramfab Discorriamo 14:31, 5 nov 2015 (CET)
    Piuttosto vi sono ben tre capitoli sulla storia precedente alla nascita del soggetto di questa voce. Mi sembra decisamente un po' lungo per essere un preambolo.--Bramfab Discorriamo 16:56, 5 nov 2015 (CET)

    Bramfab, l'opera del De Cesare è un libello dal punto di vista di chi vuole discutere di materie che richiedono dati precisi, quali l'igiene pubblica e le strade. Se tu avessi avuto l'occasione di leggerla avresti scoperto che è un avvincente descrizione romanzata degli ultimi due decenni della staria del sud prima del 1860. Ed è senz'altro interessante dal punto di vista politico, in quanto esprime molto efficacemente le opinioni di quello che era il ceto liberale del Regno preunitario. Ma non è assolutamente il testo adatto a cui fare riferimento se si vuole parlare di materie tecniche quali le infrastrutture, la sicurezza e l'igiene. Usare citazioni a caso, invece di scrivere paragrafi ben dettagliati e dotati di riferimenti puntuali, non è enciclopedico. Se qualcuno vuole conoscere il punto di vista di De Cesare si va a leggere la sua opera, non la voce delle Due Sicilie di Wikipedia. --Bacefik (msg) 17:16, 5 nov 2015 (CET)

    Decisamente meno romanzata e piu' attendibile dei testi dei suoi contemporanei De Sivo e Butta', e spesso anche degli attuali Pellicciari e Di Fiore.
    In ogni caso il preambolone come lo sintetizziamo? --Bramfab Discorriamo 09:31, 6 nov 2015 (CET)

    Per il momento parliamo dell'oggetto della discussione, che merita una decisione definitiva. I Paragrafi scritti in quel modo a mio avviso vanno eliminati e riscritti, perchè semplicemente non sono dei paragrafi, ma delle semplici citazioni ricopiate da una sola opera. --Bacefik (msg) 17:18, 6 nov 2015 (CET)

    Riguardo alle lingue parlate nel Regno Scusate, sono un utente non registrato, mi appassionanoo le lingue locali e quindi ho letto abbastanza su di esse. Ne mancano almeno tre. Serbocroato molisano (e andrebbe tolto il croato, che è una lingua differente ma dalla comune origine), galloitalico di Sicilia e galloitalico di Basilicata. Per il greco, invece, è più complicato. In realtà andrebbero indicati separatamente grecanico e griko, entrambe lingue discendenti del greco antico. Purtroppo dallo stato italiano esse vengono messi in un unico calderone come "minoranza greca". Al pari del croato molisano e dello sloveno del friuli, a ben vedere. Entrambi hanno ben poco in comune con le due lingue, ma d'altronde non c'è una vera volontà di preservarli, è considerato solo folclore, e quindi trattato in maniera superficiale dalle isituzioni. A questo va aggiunta una buona dose di ignoranza, delle stesse e della gente comune, riguardo alla parola "lingua" e alla parola "dialetto". Facendo l'esempio del siciliano, non posso definirlo dialetto dell'italiano, ma semmai lingua sorella, in quanto ha un'origine comune col toscano (il latino ha generato entrambe le lingue).

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    Fonti

    Vorrei parlare un attimo delle fonti che costituiscono questa pagina; infatti molte di queste sono assolutamente di parte e provengono da autori associabili a discorsi pseudostorici che nulla hanno a vedere con la storia così com'è andata. Per esempio, uno dei libri che fa parte delle fonti è stato scritto da De Crescenzo, che non è assolutamente uno storico valido ed è dichiaratamente nostalgico del regime borbonico. In conclusione, il mio augurio è che queste fonti vengano cambiate e che le parti di questa pagina che sono prese da queste siano cancellate. Eddy.cossettaaa (msg) 18:30, 14 lug 2021 (CEST)

    procedi pure. Hai il mio pieno supporto. --ignis scrivimi qui 18:40, 14 lug 2021 (CEST)
    [@ Eddy.cossettaaa] sono totalmente d'accordo, però è necessario avere la voglia di fare questo lavoro di riscrittura ;) --Facquis (msg) 19:36, 14 lug 2021 (CEST)

    Commerci

    Vorrei parlare un secondo della sezione commerci; infatti, secondo la precedente conformazione della pagina, il regno borbonico avrebbe avuto commerci con tantissimi stati sparsi in tutto il mondo. Per fare un esempio si passava dall'impero Ottomano agli Stati Uniti, per arrivare alla Russia zarista e all'impero del Brasile. Ecco, a mio avviso tutti questi commerci, per un regno che basava tutto sull'agricoltura e che non ha mai avuto un'industrializzazione degna di nota, sono impossibili. Proprio per questo ho cancellato questa sezione, che a mio avviso è priva di fonti attendibili. Eddy rossy (msg) 22:28, 1 nov 2021 (CET)

    @Eddy rossy Premetto che non sono l'autore della sezione cancellata, ciò nonostante vorrei capire con che criterio cancellate sezioni. leggo ''a mio avviso'', ''secondo me''. A me tutto ciò puzza di sfrenato ostruzionismo, per cui tutto ciò che ha a che fare con il mondo revisionistico viene boicottato poiché magari ''ad avviso di qualcuno'' ''potrebbe suonare'' come neoborbonico. Ma un esame di coscienza ve lo fate ogni tanto? il Regno delle Due Sicilie aveva commerci con Stati Uniti, Impero del Brasile, Indonesia, Impero Ottomano, Lega Anseatica. Anche se non erano sicuramente della consistenza del Regno di Francia o dell'Impero Britannico, li aveva e ciò è dimostrato dagli Annali Civili che sono i Resoconti Ufficiali Amministrativi di uno Stato, non c'è fonte che può essere più attendibile di quelli. Io sono qui da poco, ma ciò nonostante mi è bastato pochissimo per annusare questo clima di ''oligarchia'' e pensiero unico che vige in questa community su determinati argomenti taboo come quello del Regno delle Due Sicilie: stato preunitario che di certo aveva i suoi problemi, ma non meno di quelli, che per uguale o diversa natura, affliggevano altri grandi stati europei del XIX secolo. Niente di meno, per inserire una modifica legittima, ossia il fatto che Attualmente, parte del territorio delle Due Sicilie, sia parte della Repubblica Croata, sono stato deriso e beffeggiato. Io vi prego di non fare gli incauti perché qui si ha un potere divulgativo enorme e questa voce non può ogni volta subire sevizie da parte di chi ''crede'' che determinate affermazioni non siano ''verosimili'' perché in contrasto con l'indirizzo storiografico egemone.
    Rabbrividisco. --Alexandaeh (msg) 14:33, 19 nov 2022 (CET)

    Spoliazioni napoleoniche

    Tra i quadri trasportati in Francia durante il periodo napoleonico, in voce è indicato "L'adorazione dei magi, dello Spagnoletto, ora al Louvre". Dalla fonte (Marie-Louise Blumer, Catalogue des peintures transportées d'Italie en Francce de 1796 à 1814) si ritrova che si tratta di "L’Adoration des bergers", trad. "L'adorazione dei pastori", dello Spagnoletto (José de Ribera). Si veda qui e il catalogo del Louvre qui. Pertanto correggo il titolo dell'opera. Non inserisco il wikilink a questo perché si tratta di una copia (o forse dell'originale) dell'opera custodita al Louvre (questa). --Gitz6666 (msg) 12:28, 3 gen 2022 (CET)

    presunte riforme

    [@ Sayatek, Eddy rossy] Ho nuovamente tolto l'inciso sul presunto intento riformatore del re borbone che plausibilmente si inserisce nell'ottica di revisionismo persente negli utlimi decenni in alcuni esponenti neo-borbonici. La fonte su cui poggiava il tutto infatti era Attilio Zuccagnini Orlandini, Dizionario topografico dei Comuni compresi entro i confini naturali dell'Italia, Firenze 1861, pag. 709 cioè una fonte primaria che tra l'altro , a naso , non si capisce come dovrebbe giustificare il paragrafo --ignis scrivimi qui 09:22, 22 gen 2022 (CET)

    tra l'altro a leggere la cronologia l'utenza Eddy rossy mi pare stesse facendo un buon lavoro di revisione perchè la voce pare zeppa di primati di dubbia esistenza. Comunque, proverò a dare il mio contributo in questa discussione --ignis scrivimi qui 09:25, 22 gen 2022 (CET)

    Ciao Ignis, Innanzitutto ti ringrazio per quello che hai scritto sul mio lavoro, mi fa molto piacere; quello che hai scritto tu, effettivamente, rispecchia quello che voglio dire anch'io: perché un dizionario topografico dovrebbe parlare di economia? Può anche essere che io sia in errore, intendiamoci.Eddy rossy (msg) 09:28, 22 gen 2022 (CET)

    al di là della natura della fonte si tratta cmq di una fonte primaria --ignis scrivimi qui 09:29, 22 gen 2022 (CET)
    Un saluto a entrambi; sinceramente a me preme di più che da un pov presente in voce non si passi a introdurre altri pov "diametralmente opposti" nell'impostazione della voce stessa, e che non si cambi il senso di intere sezioni perché "secondo me non è così", ma che ci si attenga alle fonti. Per il paragrafo in questione, dalla fonte (che si può verificare qui, in effetti non si parla delle riforme (magari, alla larga, degli effetti, ma a noi importa poco), quindi non ho nulla in contrario alla rimozione del paragrafo (ora che abbiamo verificato), però è una verifica che sarebbe necessaria prima di rimuoverle perché a noi "suonano male", impressione che ho avuto dalla tipologia di rimozioni con relativi campi oggetto.--Saya χαῖρε 11:28, 22 gen 2022 (CET)
    Ps in ogni caso Ignis hai rimosso anche la seconda fonte (che al momento non riesco a verificare, Harold Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli (1825-1861)), in cui probabilmente si parlava proprio di ciò che abbiamo rimosso. Non c'è forse un po' troppa fretta?--Saya χαῖρε 11:31, 22 gen 2022 (CET) Scusate la quantità eccessiva di PS ma le cose le sto notando a rate; perché hai ri-rimosso anche gli scavi di Pompei?--Saya χαῖρε 11:32, 22 gen 2022 (CET)
    La fonte del 1860 non va bene perchè fonte primaria, cioè troppo vicina ai fatti e troppo lontana dal metodo storiografico moderno. La seconda fonte è un porblema perchè Harold Acton non è uno storico e non aveva neanche la pretesa di esserlo, il problema è anche che viene citato ampiamente in voce. Se volessimo ad es. fare una rapida verifica, vedremmo che la situazione va descritta un po' diversamente. In pratica il pezzo delle riforme può essere citato come intento del nuovo sovrano ma non i modo così entusista per come era in voce. Su pompei, non avevo fatto caso, ora ti dico --ignis scrivimi qui 12:46, 22 gen 2022 (CET)
    Circa Pompei, quanto scritto in Scavi archeologici di Pompei e relativa fonte contraddice quanto era scritto in questa voce. Tra l'altro anche il resto del paragrafo non pare coerente con le altre voci richiamate e con le fonti --ignis scrivimi qui 13:06, 22 gen 2022 (CET)
    [@ Ignisdelavega, Eddy rossy] scusate la sparizione ma ho avuto periodo diciamo "no"; che una fonte sia "troppo vicina ai fatti e troppo lontana dal metodo storiografico moderno" mi sembra una tua legittima opinione sulla quale però non sono molto daccordo (si può dire per ogni singola fonte pre-novecentesca...), idem sulla fonte primaria, che è si sconsigliata ma non vietata tout-court. In ogni caso sono un po' uscito dal discorso e dovrei riprendere il filo (e come me immagino anche voi), magari prossimamente vedremo, tanto la voce ha comunque bisogno di essere globalmente rivista.--Saya χαῖρε 14:37, 4 feb 2022 (CET)

    Stemmi delle capitali (Palermo e Napoli)

    [@ Alexandaeh]: lo stemma della città di Palermo è antichissimo – risale almeno al XIV secolo – mentre la relativa Provincia, creata solo dopo la nascita del Regno delle Due Sicilie, non ha stemma attestato fino al 1910; quello presente su Provincia di Palermo (Regno delle Due Sicilie) (istituita nel 1817) è di storicità alquanto dubbia. Allo stesso modo l'insegna della Provincia di Napoli (1806-1860) (che in ogni caso non è un mitico "corsiero del sole") risale ad epoca alquanto posteriore all'adozione dello stemma cittadino (attestato almeno dal 1488). Detto ciò gli stemmi, a mia modesto parere, non aggiungono niente a livello informativo alla pagina per cui, invece di continuare questa inutile edit-war, possono tranquillamente essere eliminati.—GJo ↜↝ Parlami 13:28, 5 dic 2022 (CET)

    Forse non sono stato chiaro. Non sto mettendo in discussione l'esistenza o meno dello stemma che vuoi riportare, sto dicendo, tra l'altro come confermano le fonti che mi hai inoltrato, che lo stemma non era considerato al tempo del Regno delle Due Sicilie. Introdurre come stemma, quello di Napoli, che viene riconosciuto come tale solo nel Regno d'Italia nella seconda metà del 900 non è contestualizzato, appare solo anacronistico. Stessa cosa lo stemma di Palermo che trovi invece alla Porta Felice della città e che al tempo delle Due Sicilie viene fatto coincidere con lo stemma della Provincia. Detto ciò, non mi puoi parlare di dubbia storicità quando nella Sala del Trono della Reggia di Caserta sono riportati esattamente gli stemmi, tra cui il NON mitico, ma reale, Corsiero del Sole.
    Non a caso, io non sto andando a modificare gli Stemmi Attuali conscio del fatto che sono per l'appunto, attuali, ma sto introducendo solo quelli che erano riconosciuti, al tempo delle Due Sicilie, come stemmi in rappresentanza delle Città-Capoluogo di Provincia. --Alexandaeh (msg) 13:49, 5 dic 2022 (CET)
    I Regni di Napoli, Sicilia e Due Sicilie non hanno mai avuto (e se mi dimostri il contrario sarò ben lieto di apprenderlo) "meccanismi" di riconoscimento o concessione di stemmi ad enti pubblici (questo a differenza del Regno d'Italia che li "crea" solo dal 1869). Inoltre dubito fortemente che a Caserta sia presenti gli stemmi della Provincia di Palermo (che al tempo della costruzione della sala non esisteva ancora e inoltre ivi sono presenti solo gli stemmi delle provincie del Regno di Napoli e non di quello di Sicilia) e della Provincia di Napoli (per la prima ragione esposta prima).—GJo ↜↝ Parlami 14:03, 5 dic 2022 (CET)
    Per esprimermi su meccanismi di riconoscimento espliciti dovrei fare ricerche, ma so per certo sia per esperienza oculare che per studi che è possibile rilevare un rapporto di coincidenza tra lo stemma della provincia e quello della città che in epoca borbonica ne era il capoluogo, ripeto, in epoca borbonica 1816-1861 e questo lo si può notare facendo caso agli stemmi storici riportati sulle porte delle città-capoluogo: infatti solo queste hanno gli stemmi, non altre città della provincia, dal che se ne desume il rapporto di identità. Se poi, successivamente gli stemmi ''di borbonica genesi'' siano stati rimpiazzati, da stemmi più antichi per volontà comunale (Palermo) o regia (Napoli), allora nulla quaestio.
    Il punto è che, in Epoca delle Due Sicilie (1816-1861) vi era rapporto di coincidenza tra stemma della provincia e stemma della città-capoluogo.
    Detto ciò possiamo discutere all'infinito sul merito, ossia se sia stata giusta o sbagliata questa scelta, ma il merito non dovrebbe interessarci. --Alexandaeh (msg) 14:34, 5 dic 2022 (CET)
    «… è possibile rilevare un rapporto di coincidenza tra lo stemma della provincia e quello della città …» questa è un'affermazione molto precisa che avrebbe bisogno di fonti a sostegno; da quello che è possibile vedere (ad esempio in Suddivisione amministrativa del Regno delle Due Sicilie) lo stemma della provincia non è mai uguale a quello della città capoluogo eccetto che nel caso delle provincie siciliane che furono create dopo il 1818, storicamente dubbi e nei quali è in ogni caso la provincia ad assumere lo stemma della città (ben più antica) e mai il contrario. «… città-capoluogo: infatti solo queste hanno gli stemmi, non altre città della provincia …»: gli stemmi civici al sud sono rivenibili almeno dal '400 per le più importanti (e non solo per i capoluoghi) e dal '600-'700 per la gran parte delle altre (anche i centri più piccoli avevano una propria insegna). Concludo dicendo che su Wikipedia non di "scelta" si tratta bensì di riportare fatti storicamente provati tramite fonti affidabili.—GJo ↜↝ Parlami 15:17, 5 dic 2022 (CET)
    Allora.. innanzitutto credo che qui ci sia una mancata comprensione del testo: è chiaro che essendo l'oggetto del discorso gli ''Stemmi delle Città-Capoluogo'', la mia affermazione
    «...facendo caso agli stemmi storici riportati sulle porte delle città-capoluogo: infatti solo queste hanno gli stemmi, non altre città della provincia...» andava letta in relazione agli stemmi delle città capoluogo.
    Ergo, solo le Città Capoluogo hanno le proprie porte rivestite degli stemmi della provincia, dal che se ne desume un rapporto di coincidenza.
    Inoltre, e concludo, mi hai citato prima la voce ''Stemma di Palermo'' dalla quale, leggendo approfonditamente, si desume: «Nell'Ottocento lo stemma, mantenendo il simbolo dell'aquila, assunse le forme più diverse
    Ergo, da tale affermazione, che TU mi hai riportato, è presumibile con poche ombre di dubbio, che una di queste ''forme diverse'' sia stata proprio quella della Palermo borbonica adibito a stemma della Provincia di Palermo in età borbonica.
    Infine, proprio riportando affermazione citata nella voce ''Stemma di Napoli'' che, ancora una volta, tu mi hai suggerito: «Uno dei primi simboli usati dalla città fu il cavallo
    Ergo, da tale affermazione, che mi hai gentilmente suggerito, è chiaro che i Borbone riconobbero, e ne è prova la sala del trono, che il Simbolo della Città di Napoli-Capitale, fosse proprio ''uno dei primi simboli'' ossia il Corsiero del Sole. --Alexandaeh (msg) 16:01, 5 dic 2022 (CET)
    Detto ciò, se vuoi continuare a tenere lo stemma di Palermo del 1875 come simbolo della Palermo Borbonica (1816-1861) e lo stemma del Comune di Napoli del 2009 come simbolo della Napoli-Capitale delle Due Sicilie, fa pure.
    Ad maiora. --Alexandaeh (msg) 16:11, 5 dic 2022 (CET)

    Lingue ufficiali...

    beh, chiamare "italiano" il dialetto fiorentino della lingua toscana di quei tempi mi pare una forzatura. Ma non oso intervenire. --Mig (msg) 16:00, 28 gen 2023 (CET)

    Trova e cita testi autorevoli che lo definiscano toscano ed escludano come denominazione il termine italiano.--Bramfab (msg) 16:19, 28 gen 2023 (CET)

    "Ora parte di" - Croazia (Arcipelago delle Pelagose)

    Sembrerebbe a mio parere opportuno inserire, nel template, che il Regno delle Due Sicilie sia ora anche parte della Croazia in virtù del possesso dell'Arcipelago delle Pelagose; ci sono diverse fonti che testimoniano questo.

    1) «Le isole di Pelagosa formano un piccolo arcipelago del Mar Adriatico situato tra a circa 53 km dalla penisola italiana. Facevano parte del Regno delle Due Sicilie e dunque del Regno d’Italia. Dal 1941 al 1943 appartennero al Governatorato della Dalmazia sotto la provincia di Spalato, ma alla fine del conflitto passarono alla Jugoslavia ed oggi sono croate.» A. Baldacci, rivista L’Italia del 1912, organo della Società Nazionale Dante Alighieri.
    2)«Negli antichi portolani e nelle carte geografiche del secolo XIX le pelagose figurano possesso delle Due Sicilie […] Prima di Lissa, il governo italiano stabilì un fanale nella maggiore Pelagosa; dopo il ’75, non si curò più delle Pelagose […] Nel ’75 gli austriaci occuparono le Pelagose e ci costruirono un semaforo.» Ferruccio E. Boffi, Saggi storici e parlamentari, Remo Sandron Editore, 1924, all’interno del quale l’ottavo capitolo è dedicato al saggio “L’arcipelago di Pelagosa: vicende politiche e parlamentari”, p.209
    3) «Tutte le isole che appartengono alla costa occidentale dell’Adriatico, e in particolare al Regno di Napoli, sono le Tremiti, la Pianosa e la Pelagosa, come dicevamo.» Portolano del Mare Adriatico, compilato sotto la direzione dell’I.R. Istituto Geografico Militare da Giacomo Marieni, Tenente-Colonnello, Direttore della Triangolazione e dell’Ufficio dei Calcoli nel detto Istituto, socio corrispondente dell’ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo, Seconda Edizione, Vienna, dalla Tipografia dei PP. Mechitaristi, 1845, p. 495

    In virtù di ciò, credo sia possibile concordare sul fatto che una porzione del territorio storico delle Due Sicilie (Pelagosa) oggi sia parte di Croazia, sulla falsariga di ciò che è scritto per la Repubblica di Venezia, chiedo qualche parere di confronto, sia positivo che negativo, grazie. --Alexandaeh (msg) 16:52, 30 giu 2023 (CEST)

    Che l'evoluzione storica del Regno delle Due Sicilie sia la Croazia non può essere automaticamente desunto dall'appartenenza di una minuscola porzione di territorio. Ci sono legami storici, culturali, economici di costume od altri che indichino che il Regno delle Due Sicilie è evoluto paritariamente in Italia e Croazia? Perché questo si leggeva nella versione da te proposta che non sembra accettabile. --Gac (msg) 17:56, 30 giu 2023 (CEST)
    Scusami se mi permetto @Gac , ma pare che tu stia mal'interpretando il concetto di "ora parte di". Ti posso fare un ulteriore esempio. Lo Stato Monastico dei Cavalieri di Malta che ha avuto piccoli possedimenti nei Caraibi possiede nel template, alla voce "ora parte di" lo Stato di Saint Kitts e Nevis e addirittura gli Stati Uniti. Ma ti posso fare tantissimi altri esempi oltre anche alla Repubblica di Venezia poco fa citata. Se ne desume che "ora parte di" non vuole riprendere i legami storici, culturali, economici e di costume che indichino che uno Stato si sia evoluto in un altro. è infatti assurdo pensare che Malta si sia evoluta negli Stati Uniti! Qui è chiaro che "ora parte di" indichi più l'evoluzione storico-geografica: una porzione di territorio di uno Stato storico, «ora è parte di» un altro Stato attuale. è Questo il senso, che a mio parere, è da ricondursi al concetto di "ora parte di". Attendiamo anche l'opinione di qualcun altro --Alexandaeh (msg) 18:18, 30 giu 2023 (CEST)
    Già, ma il vero problema è dato dal fatto che le fonti storiche non sono affatto concordi: questa, ad esempio, afferma testualmente che nel 1840 Pelagosa appartenesse all'impero d'Austria. Dunque, come la mettiamo?--3knolls (msg) 18:21, 30 giu 2023 (CEST)
    Grazie per la risposta @3knolls . Si potrebbe ragionare sul fatto che la fonte che hai riportato, del 1840, è una "guida" per "viaggiatori", mentre il "Portolano del Mare adriatico, compilato sotto al direzione dell'I.R. Istituto Geografico Militare del 1845, in quanto fonte decisamente più autorevole, sarebbe da preferirsi per questo genere di informazioni, appunto geografiche. Puoi consultarlo qui https://archive.org/details/bub_gb_ImnuIRFlFuwC/page/495/mode/2up --Alexandaeh (msg) 18:28, 30 giu 2023 (CEST)
    Ho trovato anche https://www.enciklopedija.hr/natuknica.aspx?id=46192 Enciclopedia Croata che alla voce "Palagruza" riporta «Do 1860. otočje je pripadalo Kraljevstvu Obiju Sicilija, a zatim su, pošto ga Kraljevina Italija nije smatrala dijelom svojega teritorija, kontrolu nad njim preuzele austrijske vlasti. One su ondje sagradile svjetionik (1875), potom utemeljile meteorološku (1895) i motrilačku službu» che, tradotto: «Fino al 1860 l'arcipelago appartenne al Regno delle Due Sicilie, poi, poiché il Regno d'Italia non lo considerava parte del proprio territorio, il controllo su di esso fu assunto dalle autorità austriache. Vi costruirono un faro (1875), poi fondarono un servizio meteorologico (1895) e di sorveglianza.». Questa fonte si trova concorde con le 3 riportate sopra. Io l'aggiungerei. fammi sapere @3knolls --Alexandaeh (msg) 18:37, 30 giu 2023 (CEST)
    @3knolls Un ultima cosa! ho ricontrollato la fonte che mi hai proposto e posso aggiungere un altro paio di motivi per cui, secondo me, dovrebbe considerarsi inattendibile: ci sono diversi errori, veramente tanti, in merito alla conoscenza geografica di alcune località meridionali. Ad esempio, nella guida si parla di Gallipoli come città della Calabria, nel golfo di Taranto, oppure quando si riferisce a Nola, la colloca nei "Campi flegrei"! Insomma, ci sono moltissimi errori in questa guida >.< --Alexandaeh (msg) 18:55, 30 giu 2023 (CEST)
    In effetti anche la prima edizione del portolano (risalente al 1830) riporta l'appartenenza di Pelagosa al "regno di Napoli", come si può vedere qui. Tuttavia non è detto che la guida per viaggiatori non possa considerarsi autorevole (Gallipoli era effettivamente una città "calabra" della regione romana di Apulia et Calabria; Nola non è posta "nei" Campi Flegrei, ma "presso" i Campi Flegrei, il che è abbastanza corretto); semmai si potrebbe avere qualche dubbio sulla sua terzietà, essendo stata scritta da un suddito dell'imperatore d'Austria. A questo punto direi di attendere altri pareri, pertanto provvedo a segnalare la discussione al Progetto:Storia moderna. Ricordo inoltre che in passato l'utente:Superspritz aveva espresso la sua contrarietà, perciò gradirei ascoltare anche la sua opinione.--3knolls (msg) 19:13, 30 giu 2023 (CEST)
    Già.. è pur vero che non sappiamo se nel Lombardo-Veneto al 1840 vigesse qualche tipo di censura Austriaca anche in contesti del genere.. il discorso è sicuramente molto interessante e da approfondire. Fatto sta che abbiamo due Portolani (1830 e 1845) che testimoniano l'appartenenza delle Pelagose al Regno delle Due Sicilie. Di questo avviso anche il geografo A. Baldacci e F. E. Boffi (giornalista). Inoltre ci sono diversi atti parlamentari a riguardo: interpellanze di politici meridionali chiedenti spiegazioni al neo governo italiano sul perché non si fosse presa posizione in merito all'occupazione austriaca delle Pelagose, se riesco a trovare il numero degli atti parlamentari, e vi può far piacere, ve li condivido @3knolls --Alexandaeh (msg) 14:35, 1 lug 2023 (CEST)
    Potrebbe anche darsi che si trattasse di un territorio conteso tra il regno delle Due Sicilie e l'impero d'Austria; rimaniamo comunque in attesa di nuovi pareri e/o di nuove fonti.--3knolls (msg) 18:40, 1 lug 2023 (CEST)
    «La Carta dell’ Adriatico doveva essere un beneficio della sovrana munificenza dell’ Augustissimo Imperatore e Re Francesco Primo, a cui nulla sfugge di quanto può accrescere la gloria e la felicità dei popoli. Fermata la pace d’ Europa, e ripreso possesso di buona parte delle coste, Sua Maestà non tardò a farne progredire i lavori; e perchè procedessero con ordine e con metodi uniformi su tutti i punti, ne furono resi consapevoli i Governi delle Due Sicilie e delle Isole Ionie, i quali non solo acconsentirono di buon grado, ma vollero eziandio concorrere all’ esecuzione dell' opera. Con Sua Maestà il Re Ferdinando venne stabilito che lungo le coste del regno i lavori s’ avessero a condurre per una parte da Ufficiali dello Stato Maggiore napoletano, e per l’altra da Ufficiali dello Stato Maggior generale austriaco. Si convenne parimente col Governo delle Sette Isole.» Questo è tratto dal Portolano proprio nella prefazione. Suggerisco che non si tratti di un territorio conteso se per questo lavoro vennero coinvolti i governi di Austria, Due Sicilie e Isole Ionie. @3knolls che ne pensi? --Alexandaeh (msg) 18:53, 1 lug 2023 (CEST)
    Mah, in effetti potrebbe anche essere così, benché mi rimanga comunque qualche dubbio. Ad ogni modo, direi di attendere una settimana a partire da adesso, così da consentire a tutti di poter intervenire e/o aggiungere fonti. Dopodiché, se non saranno giunti pareri contrari, si potrà eventualmente apportare la modifica.--3knolls (msg) 19:49, 1 lug 2023 (CEST)
    Si, infatti sarebbe interessante se anche altri riuscissero a condividerci ulteriori fonti a riguardo. --Alexandaeh (msg) 20:14, 1 lug 2023 (CEST)
    @3knolls secondo me, si potrebbe procedere ad inserire la modifica, al limite potremmo inserire direttamente la fonte che rimanda al Portolano del 1845. Che ne pensi?
    in ogni caso, lascerei fare a te, io ho meno autorevolezza. --Alexandaeh (msg) 15:16, 11 lug 2023 (CEST)
    Non essendo sopraggiunti pareri contrari, per me si può procedere a inserire la Croazia. Tuttavia a mio avviso sarebbe opportuno specificare (almeno nella nota) che l'appartenenza di Pelagosa al Regno delle Due Sicilie non è del tutto pacifica, poiché la guida per viaggiatori si pone in aperto contrasto con il portulano; e naturalmente entrambe le fonti andrebbero riportate nella nota. Trattandosi però di una modifica piuttosto complessa, non potrei farla in questo momento, poiché il tempo a mia disposizione è limitato. Magari tra qualche giorno ne avrò la possibilità, ma non te lo posso garantire. Se vuoi iniziare a procedere, mi faresti un piacere, anche perché su Wikipedia l'unica autorevolezza che conta è quella delle fonti; poi magari sistemerò il tutto a tempo perso.--3knolls (msg) 15:41, 11 lug 2023 (CEST)
    Va benissimo, allora appena posso ci provo, grazie a te @3knolls --Alexandaeh (msg) 16:10, 11 lug 2023 (CEST)