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Pietro Della Valle

Pietro Della Valle (Roma, 11 aprile 1586Roma, 21 aprile 1652) è stato uno scrittore, musicista, musicografo, musicologo, orientalista italiano.

Il suo viaggio in Oriente avvenuto tra il 1614 e il 1626 fornì agli europei molte nuove conoscenze sui paesi asiatici.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Paolo Quagliati (1623)
Esempio di scrittura cuneiforme

Pietro Leone Della Valle, figlio di Pompeo della Valle e Giovanna di Rutilio Alberini, discendeva da un'importante famiglia della nobiltà romana, il cui nome compare per la prima volta nel 1129, quando fu concessa la porpora cardinalizia da Onorio II a Rustico Della Valle. Tra gli antenati del Della Valle si trovano illustri cardinali, giuristi, vescovi, medici, poeti, un archiatra di papa Alessandro V, un governatore di Roma: personalità della scienza e della politica che orbitavano nella sfera pontificia e che avevano lasciato profonde tracce della loro esistenza[1].

L'educazione[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Della Valle ebbe un’educazione coerente con la sua condizione sociale e compì studi letterari, giuridici e musicali. Coltivò anche un forte interesse per l’addestramento alle armi, risultando portato per la scherma e l'equitazione fino a partecipare a tornei cavallereschi[1]. Carattere irrequieto, ma intelligente e versato nelle più disparate discipline, nel 1606 compose i versi per una piccola rappresentazione scenica in musica, intitolata Il carro di fedeltà d'amore, considerata il primo esempio romano di quel genere su argomento profano. La musica fu composta dal suo maestro di clavicembalo, Paolo Quagliati, e l'opera fu stampata a Roma da Robletti nel 1611 su istanza di un certo Oberto Fidati.

Gli impegni militari[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla delusione amorosa con la nobildonna romana Beatrice Borraccia[2], con cui Della Valle era stato in una relazione per dodici anni e che poi venne data in sposa ad un altro uomo, decise di rincorrere “pericoli per isvagar la mente dal dolore anche arrischiando la propria vita” e di poter scendere in campo al fianco del papa Paolo V nel contenzioso con Venezia o prendere parte alle sregolatezze scoppiate nel 1610 dopo che François Ravaillac ebbe assassinato Enrico IV di Francia. La vertenza tra Paolo V e la Repubblica di Venezia alla quale Della Valle voleva prendere parte, grazie anche alla mediazione di Spagna e Francia, si risolse in un semplice conflitto dottrinale. Dunque, Della Valle, frustrato nelle proprie aspirazioni partì dalla sua città natale facendo diversi viaggi per l’Italia, visitando l’Umbria, le Marche, la Toscana e il Genovesato, fermandosi poi a Napoli per quasi cinque anni, dal 1609 al 1614. Durante il soggiorno napoletano Della Valle continuava a perseguire i suoi sogni militari; in particolare cercò la gloria partecipando alle iniziative promosse dai re spagnoli e dai Cavalieri di Malta contro i corsari che infestavano il Mediterraneo. L’ammiraglio Álvaro de Bazán, marchese di Santa Cruz, il 28 settembre del 1611, al comando delle galee di Napoli, Genova, Sicilia e Malta, riuscì a conquistare la fortezza ottomana posta sulle isole Kerkennah, al largo di Sfax, in Tunisia[1]. La partecipazione di Della Valle all’impresa non è però sicura[2].

I viaggi del "pellegrino"[modifica | modifica wikitesto]

Secondo le sue dichiarazioni, in questo periodo un senso di frustrazione affliggeva Pietro Della Valle per non aver avuto la possibilità di imporre la sua figura, di svolgere un ruolo determinante nel contesto dell'epoca. Frustrazione alimentata anche dal fatto che non si registravano personaggi che si fossero distinti e avessero lasciato ricordi di forza e coraggio, di cultura e dignità, al pari degli antenati da circa cinquant'anni nella storia della famiglia Della Valle. L’ultimo rappresentante di cui si conservava memoria per le sue scelte coraggiose, operate durante il sacco di Roma, era stato il cardinale Andrea Della Valle deceduto nel 1534. La casata viveva, se non un momento di decadenza, certamente di stasi, in cui prevalevano ozi e fasti e un senso di insoddisfazione prodotto dalla memoria di rievocazioni eroiche.

Della Valle cominciò dunque a maturare il progetto che lo rese celebre: al desiderio di conoscere e vedere in prima persona le terre lontane e i loro costumi si accompagna l'ambizione di poter essere stimato e considerato uomo importante dai suoi contemporanei e dai posteri. Come dichiara nei Viaggi.

«erano più anni che infastidito di Roma mia patria per disavventure accadutemi in alcuni miei vaneggiamenti giovanili [...] ma, non ben pago ancor l'animo mio di queste girate troppo anguste [...]haveva più volte tentato di passare o in Africa [...] overo [...] in Costantinopoli più tosto et in Gierusalemme, per osservare colà le grandezze e la Corte del maggior Principe infedele che habbiamo nimico, e per visitare quivi il Santissimo Sepolcro del nostro Redentore e gli altri luoghi sacri della Terra Santa, [...] dove se non voto di andare, era già tempo, che per certi miei antichi pensieri, ne haveva al meno un fermo proponimento.»

La meta[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Della Valle, conoscitore del greco e del latino, lettore di racconti cavallereschi e grande estimatore di Torquato Tasso. L'erudito Pietro, figlio del suo tempo, non era sfuggito al fascino della letteratura classica che l’Oriente emanava. L'Oriente non come entità geografica e fisica, ma come interpretazione, rappresentazione allegorica del diverso, esotismo, contrario di Occidente.

Sebbene le esplorazioni e le migrazioni in quel periodo fossero spesso indirizzate verso il Nuovo Mondo, Pietro Della Valle scelse la direzione opposta. Il Nuovo Mondo era la meta di una categoria sociale in fuga da guerre, pestilenze e indigenze, alla ricerca di terre nuove che offrissero ricchezze e possibilità di costruire nuove vite e Pietro Della Valle, rampollo di una nobile e illustre casata, il cui albero genealogico mostrava radici e ramificazioni ben radicate a Roma, non apparteneva a questo ceto.[2]

L'itinerario[modifica | modifica wikitesto]

Il 25 gennaio del 1614 con una solenne funzione nella chiesa dei Santi Marcellino e Festo a Napoli, Pietro fece benedire le insegne del pellegrino, che avrebbe portato sempre con sé fino in Terra Santa[1]. L'8 giugno 1614 partì da Venezia sul vascello da guerra il Gran Delfino per visitare i Luoghi santi. Passò per il porto di Zante, navigò a poca distanza dal Peloponneso e visitò un sito, del quale descrisse alcune rovine, considerato vicino alla città di Troia. Arrivò in seguito a Costantinopoli, dove si trattenne per più di un anno, quindi a Rodi e ad Alessandria. Per il ramo di Rosetta risalì il Nilo fino al Cairo e visitò le piramidi e la grande sfinge. Dal Cairo passò alla penisola del Sinai, poi da Suez si recò in Palestina, dove visitò nel 1616 Gerusalemme.

Continuando il viaggio attraverso il deserto e la Mesopotamia arrivò a Baghdad, dove nel 1616 sposò Sitti Maani, donna di fede cristiana nestoriana nata nella città di Mardin. Da lì passò in Persia, dove si trattenne a lungo, descrivendo le iscrizioni cuneiformi di Persepoli, i costumi dei persiani, la loro storia antica e recente. Nel febbraio del 1617 era a Isfahan da dove si trasferì sul Caspio per incontrare lo scià Abbas il Grande che aveva stabilito la propria residenza presso Fehrabad. Nell'agosto del 1618, troverà finalmente il modo di coltivare appieno le sue ambizioni marziali affiancando lo Shah ‘Abbâs nelle iniziative militari promosse dal re persiano contro gli Ottomani, ma sopravvenuta la tregua e riprese le trattative di pace, in seguito ad una sconfitta turca, si trasferì a Isfahan, dove si trattenne fino all'ottobre 1621[3]. A Isfahan nell'osservare la piazza Naqsh-e jahàn affermò che per bellezza aveva persino eclissato Piazza Navona a Roma, sua città natale.

«Una di queste è il meidan o piazza maggiore, innanzi al palazzo reale, lunga circa a seicento novanta passi dei miei, e larga intorno a ducento trenta; e tutta attorno attorno di un medesimo ordine di architettura, eguale, giusto e non mai interrotto né da strade, né da altro, fatto a portici grandi e piani sotto di botteghe con diverse mercanzie disposte per ordine a luogo a luogo; e sopra, con balconi e finestre, con mille ornamentini molto vaghi. La quale unione di architettura così grande comparisce tanto bene all'occhio, che, quantunque le case di piazza Navona siano fabbriche più alte e più ricche all'usanza nostra, nondimeno, per la discordanza loro e per altri particolari che dirò del meidan d'Ispahan, io ardisco di anteporlo alla stessa piazza Navona.»

Durante il viaggio verso Hòrmuz morì la moglie Sitti Maani e ne fece mummificare il corpo che portò poi con sé a Roma[2]. Vista l'impossibilità di varcare lo stretto a causa delle operazioni belliche in corso, si imbarcò su una nave inglese per l'India, della quale nel 1622 visitò la costa occidentale, rimanendo a Goa per due anni. Inoltre un pittore lo seguiva nei suoi viaggi per ritrarne i luoghi. Il 15 novembre 1624 si imbarcò per il ritorno, sostò a nella penisola arabica a Mascat, visitò Antiochia e riprese il mare ad Alessandretta per giungere a Napoli il 6 febbraio 1626. Rientrò a Roma il 28 marzo dello stesso anno. Portò con sé un'importante collezione di manoscritti orientali (che avrebbe poi donato alla Biblioteca vaticana) oltre a reperti di varia natura, incluse alcune mummie egiziane.[5]

Collezionismo in Oriente[modifica | modifica wikitesto]

Un esemplare di Angora Turco

Il contributo di Pietro della Valle alla conoscenza delle società orientali del suo tempo e delle culture fiorite nell’antichità in Egitto, Mesopotamia e Iran fu fondamentale. Egli sfruttò ogni soggiorno per acquisire conoscenza di diversi aspetti della cultura dei paesi orientali raccogliendo informazioni che ebbero ampia diffusione grazie alla pubblicazione in quattro volumi della sua relazione di viaggio, redatta in forma di lettere. I risultati principali del Della Valle riguardano l'antica storia mesopotamica, della quale, pur nell'ambito di un interesse che all'epoca non poteva che essere dilettantesco, introdusse le prime nozioni con una base archeologica. Fu infatti il primo europeo a notare e descrivere tavolette con scrittura cuneiforme. Oltre a descrivere e copiare nel suddetto resoconto di viaggio cinque dei segni trascritti in occasione della sua visita alle rovine di Persepoli, portò a Roma una tavoletta trovata a Ur. Condusse, inoltre, uno scavo archeologico a Babilonia.

Pietro Della Valle fu attento sia alla raccolta di notizie che alle testimonianze materiali, e poté entrare in rapporto diretto con gli informatori locali grazie alla sua padronanza del turco, di cui scrisse una grammatica, del persiano e dell’arabo, e grazie alla conoscenza di altre lingue come il caldeo, l’ebraico, e il georgiano. Egli raccolse in Oriente sia notizie sia campioni di semplici spezie, droghe, minerali e altre cose curiose: fu ad esempio lui a portare in Europa i primi esemplari della razza di gatti attualmente detta Angora Turco. I documenti raccolti riguardano in particolare tre ambiti: le scienze naturali, la letteratura e l’archeologia. Oggetti primari ricercati furono i libri rari, destinati alla sua personale libreria o a Mario Schipano o Harlay de Sancy, ambasciatore di Francia a Costantinopoli. Questi libri non erano per lui solo preziosi oggetti di collezione di cui vantarsi, ma strumenti di conoscenza e ricerca attiva. I manoscritti acquistati in Oriente da Della Valle sono una settantina e sono oggi conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana. I documenti originali concernenti le antiche civiltà orientali, cioè i più antichi giunti in Europa di cui si abbia notizia, e che Pietro intendeva mostrare ai curiosi di antichità, dopo la morte del viaggiatore, confluirono in parte nel Museo Kircheriano, e furono dispersi dopo lo scioglimento di questo, tanto che non sono oggi facilmente identificabili. Le due mummie che egli prelevò a Saqqara direttamente dal loro ipogeo, dopo esser rimaste esposte per pochi giorni al Cairo, furono incassate e inviate ad Alessandria. Da lì furono trasportate per mare a Messina per giungere infine a Roma, dove furono oggetto di grande attrazione. Vendute dagli eredi di Pietro al cardinale Flavio Chigi, dopo la morte di quest’ultimo furono cedute con la collezione Chigi a Federico Augusto I il Forte, Elettore di Sassonia e re di Polonia come Augusto II. Esse si trovano dunque oggi nella Skulpturensammlung di Dresda.[6]

Attestazione della parola "caffè" nelle relazioni di viaggio[modifica | modifica wikitesto]

Nelle relazioni di viaggio di Pietro delle Valle, in particolare del suo soggiorno a Costantinopoli tra il 1614 e il 1615, è stata rintracciata la prima attestazione della parola per indicare la bevanda del caffè. Egli parla del caffè come bevanda, spiegando il procedimento per ottenerlo, la ritualità della preparazione e il consumo, precisando di stare riportando la forma così come l’ha sentita tra i Turchi, utilizzando la forma cahvè. Si tratta della prima volta che in un testo italiano si cita il caffè come bevanda e la forma cahve corrisponde alla trascrizione di Della Valle dal turco kahve. Nei suoi diari e nel racconto del viaggio al Monte Sinai nel dicembre 1615, si trovano due occorrenze della forma cafè, che più verosimilmente rispetto a quanto dichiarato dall’autore nei Viaggi, rendono conto dell’effettiva pronuncia della parola[7]:

«18 dicembre. La mattina a buon’hora, mentre ero ancora a letto, aprirono i Turchi la porta del castello e portarono al mio capigì [funzionario del pascià che accompagnava gli ambasciatori] cafè, e facendo conversation con lui, beverono insieme allegramente e con molta cortesia. Dopo ch’io fui vestito, fecero con me le stesse cerimonie, e io ancora bevvi cafè con loro, et havendogli donato non so che pochi denari, mi fecero mille dimostrationi d’amorevolezza, e mi menarono così dentro al castello, a vederlo fino in cime delle muraglie, donde si scuopriva molto bene il Mar Rosso […].»


Il ritorno in Italia[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Della Valle dopo le avventure descritte nelle sue lettere fece finalmente ritorno in Europa, sbarcando a Napoli il 6 febbraio 1626 e arrivando a Roma il 28 marzo successivo. A Roma lavora alle sue pubblicazioni e il 10 maggio 169 venne celebrato il matrimonio con Maria Tinatin de Ziba. Quest'ultima proveniente dalla famiglia reale georgiana, il cui padre era stato ucciso in battaglia dall’esercito persiano, era ospitata nella Missione carmelitana di Isfahan quando, appena dodicenne, fu adottata da Pietro e Maani. Da lei Pietro della Valle ebbe quattordici figli, alcuni dei quali morti ancora infanti.

I rapporti con Giovanni Battista Doni[modifica | modifica wikitesto]

A Roma Della Valle riprese sin da subito gli studi musicali e letterari e i rapporti con gli ambienti colti e mondani della città. In particolare, il rapporto con Giovanni Battista Doni si dimostra decisivo per lo sviluppo dell'attività musicale del Della Valle. L'inzio della loro amicizia risale al marzo 1627, anno in cui in seguito alla cerimonia di trasferimento dei resti della sua prima moglie nella chiesa di Aracoeli, Doni inviò a Della Valle una lunga composizione di versi latini, per condividere il lutto dell'amico. Dall’incontro con Doni, Pietro si indirizzò quasi interamente verso lo studio della musica antica, intraprendendo esperimenti teorici e pratici, miranti al ripristino degli antichi tonoi greci nella pratica della musica contemporanea. L'iniziale entusiasmo di Della Valle nei confronti del Doni si affievolì in seguito, a causa della diffidenza con cui il contesto romano accoglieva le nuove idee e anche per una serie di insuperabili difficoltà pratiche. Della Valle seppe comunque patrocinare e praticare in modo attivo la più moderna maniera derivata dal recitar cantando, a differenza di Doni ancora legato al vecchio stile polifonico.

Le teorie e la progettazione di strumenti musicali[modifica | modifica wikitesto]

Della Valle cercò di semplificare il procedimento per ogni cambiamento di "Tuono" ('tono') - che nel complicato sistema di scrittura elaborato dal Doni presupponeva un mutamento di chiave - rendendo ugualmente possibile la "varietà di tuoni", ma facendo in modo che non ci fossero tali cambiamenti di chiave. Fece questo tramite l'aggiunta di segni grafici speciali. Anche il nuovo sistema del Della Valle però si rivelò poco pratico, in quanto, a causa dei rapporti enarmonici che ne derivavano, obbligava l'esecutore a continue e complicate trasposizioni.

Intorno al 1635 la sede dell'Accademia degli Umoristi si spostò nella casa del Della Valle, che divenne luogo privilegiato per incontri ed accademie musicali private. Nello stesso anno il Della Valle scriverà il Dialogo di Sofonisba e Massinissa, dove però l'impiego di tonoi non è dichiarato.

Il suo tentativo di ripristinare i tonoi greci, seppur fallito, ha comunque fornito uno stimolo positivo allo "stile modulante" già impostato da Carlo Gesualdo e altri alla fine del Cinquecento, a proposito del quale, nel 1650, Athanasius Kircher coniò il termine "stylus metabolicus". Questo stile è stato poi impropriamente conosciuto come "enarmonico" a causa del fatto che le dette note "metaboliche" si trovavano sulle file superiori dei clavicembali fornito con chiavi enarmoniche divise. Lo stesso "enharmonique" è menzionato nel 1768 da Jean-Jacques Rousseau come lo stile di cui "les Italiens" hanno fatto "un uso ammirevole"[8].

Il Della Valle fece costruire anche nuovi strumenti come il "cembalo triarmonico", il "violone panarmonico", i "violini delle tre armonie", la "tiorba triarmonica" e la "chitarra co' tre manichi", che dopo alcuni sfortunati tentativi scomparvero dalla pratica romana. Il "cembalo triarmonico" disponeva di tre "tastature" differenti: alla "tastatura bassa" corrispondeva il modo ipolidio, a quella "mezzana" il modo dorio, infine alla "alta" i modi eolio, frigio e lidio[3].

L'esilio[modifica | modifica wikitesto]

Nell’aprile del 1636, durante la processione del Santissimo Rosario, Pietro ferì mortalmente Giacomo Bernia, garzone del cardinal Francesco Barberini, colpevole di aver insultato uno dei suoi servitori orientali. Costretto alla fuga, Pietro si rifugiò nel Palazzo a Santi Apostoli, residenza degli antichi amici di famiglia, i Colonna, e quindi a Paliano. La vicenda si concluse con la condanna di Pietro a mille scudi di multa e cinque anni di reclusione lontano da Roma, a Ferrara. Per intervento diretto di Urbano VIII, la pena non fu mai scontata, circostanza che legherà Pietro alla famiglia Barberini[1].

La partecipazione di Pietro alla Guerra di Castro[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Della Valle ormai ultra cinquantenne, nel 1641, provò ancora a trovare la gloria nelle armi prendendo parte ai conflitti tra lo Stato Pontificio con papa Urbano VIII e il Ducato di Castro governato dalla Famiglia Farnese, che confluirono nella Guerra di Castro.

In seguito alle decisioni prese dal concistoro del 22 settembre 1642, parte dell’aristocrazia romana si mobilitò partendo al seguito del cardinale Antonio Barberini e Pietro non volle esser da meno. Infatti maturata la decisione di partecipare alle iniziative papali contro il duca di Parma, il Della Valle si fece avanti offrendo al papa i suoi servigi e la mattina del 6 ottobre partì da Roma. Fece ritorno a casa un mese più tardi.

Pietro riportò le sue impressioni giornaliere di questa esperienza in un piccolo Diario che aveva cominciato a tenere dal settembre del 1628, due anni dopo il suo ritorno dall’Oriente e tenne aggiornato fino a pochi giorni prima della sua morte, nel 1652[1].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Il Carro di Fedeltà d'amore[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Il carro di fedeltà d'amore.

Il carro di fedeltà d'amore è un dramma musicale composto nel 1606 da Paolo Quagliati su testo di Pietro Della Valle, stampato presso il Robletti a Roma nel 1611, con l'aggiunta di alcune arie da parte dello stesso Quagliati su istanza di Oberto Fidati.

Viaggi di Pietro della Valle il Pellegrino[modifica | modifica wikitesto]

I Viaggi di Pietro della Valle il Pellegrino, con minuto ragguaglio di tutte le cose notabili osservate in essi, descritte da lui medesimo in 54 lettere familiari, da diversi luoghi della intrapresa peregrinatione mandate in Napoli all’erudito e fra’ più cari, di molti anni suo amico Mario Schipano, divisi in tre parti: cioè la Turchia, la Persia e l’India, le quali havran per aggiunta, se Dio gli darà vita, la quarta parte, che conterrà le figure di molte cose memorabile sparse per tutta l’opera e la loro esplicatione, titolo completo della prima edizione romana, sono una raccolta di lettere che Pietro Della Valle inviava all’amico Mario Schipano durante i suoi viaggi in Oriente. Tali lettere che spediva all’amico Schipano dovevano costituire il materiale su cui il medico napoletano aveva il compito di intervenire per trarne un resoconto organico da pubblicarsi sotto il suo nome, abbandonando la forma di lettere.

Al suo ritorno in Italia, il Della Valle scoprì che l’amico non era stato in grado di rispettare l'accordo, quindi, dopo aver fatto una revisione per correggere gli errori e per inserire le opportune integrazioni, Pietro decise di dare alle stampe le Lettere così come le aveva inviate: l’operazione di revisione fu realizzata per la parte che interessava la Turchia. Tale operazione non gli fu possibile per le parti riguardanti l’India e l'India, poiché morì prima[9], ma venne realizzata dalla moglie e dai figli. I volumi manoscritti preparati per la stampa sono conservati nella biblioteca della Società Geografica Italiana a Roma (mancano le parti corrispondenti alle prime 18 lettere).

Quest’opera è la principale fonte che ci informa sull'atteggiamento che caratterizza Pietro Della Valle come osservatore e ricercatore, e dei suoi principi di valutazione della storia e della cultura, moderna e antica, dei paesi visitati, e delle abitudini di vita dei loro abitanti.

Le principali edizioni dei viaggi: P. Della Valle, Viaggi descritti in 54 lettere famigliari, Roma 1650-58, 4 voll.; Venezia 1661 e 1667; Roma 1658-63; Bologna 1672 e 1677, in 3 voll.; Venezia 1681; Torino 1843, 2 voll. Ci sono inoltre numerose traduzioni:

  • francese di Etienne Carneau e François Le Comte, Paris 1663-4, 1670, ristampata nel 1745;
  • inglese (limitatamente alla parte riguardante l’India e il ritorno in patria) di G. Havers, London 1664, ristampata nel 1892 dalla Hakluyt Society con una vita dell’Autore, un’introduzione e note di Edward Grey;
  • tedesca nel 1674 a Ginevra;
  • olandese di J. H. Glazemaker nel 1664-5 ad Amsterdam;
  • persiana di Shojaeddin Shafa a Tehran nel 1969[2].

Il Diario di viaggio[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Della Valle scrisse Le Lettere sulla base di un Diario di viaggio, attualmente contenuto nel Codice Vaticano Ottoboniano Latino 3382 depositato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Il Diario copre un periodo che va dal 5 ottobre 1614 al 21 novembre 1626 e la parte comprendente gli anni 1627-1651 si trova nel volume 186 dell’Archivio della Valle-del Bufalo, presso l’Archivio Segreto Vaticano.[10]

Oltre alle Lettere, il Diario di viaggio è di estrema importanza poiché permette un confronto esplicativo e integrativo delle Lettere. Il Diario di fatto è fonte autonoma di informazioni e di conoscenze che non sono presenti nelle Lettere. Al suo interno sono presenti numerose locuzioni in persiano, turco, arabo ed ebraico, delle quali il Della Valle fornisce la grafia originale e la trascrizione, soprattutto di toponimi, nomi di persona ed altre espressioni particolari che testimoniano il buon grado di conoscenza raggiunto dal Pellegrino in queste lingue. Ma si vedono anche illustrazioni di ricevimenti reali a cui Pietro aveva partecipato e schizzi di interessanti rilievi archeologici e architettonici[9].

Delle conditioni di Abbas re di Persia[modifica | modifica wikitesto]

Delle conditioni di Abbas re di Persia fu scritto da Pietro Della Valle nel 1628 a Venezia al suo ritorno a Roma.[11] Della Valle era riuscìto a instaurare un rapporto di confidenza con il sovrano Safavide e nel libro ne tesse le lodi, descrivendolo cortigiano forbito, soldato esperto, principe affidabile. Questo mostra, nonostante i stretti rapporti con il papato, l'indipendenza di spirito e la libertà di giudizio che contraddistinsero le posizioni del Della Valle e che provocarono interventi censori anche nel corpus delle lettere che compongono i Viaggi[3].

La valle rinverdita[modifica | modifica wikitesto]

La valle rinverdita: veglia in raunanza notturna con trattenimento di dramma da rappresentare in musica per la nascita di Romibera: primo e felice parto della illustrissima Signora Maria Tinatin di Ziba è un libretto scritto nel 1629. Con quest’opera Pietro Della Valle inizia gli esperimenti, finalizzati al restauro dei toni greci antichi, prima datati erroneamente al 1637-1640.[8]

Nel marzo del 1627, nella chiesa di Aracoeli, aveva avuto luogo la cerimonia di trasferimento dei resti della sua prima moglie e nel dicembre del 1629 il Della Valle mette in scena una veglia drammatica in tre atti, di cui compone i versi e che allusivamente intitola La valle rinverdita, per celebrare la nascita di Romibera, la sua prima figlia.

Della musica dell'età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell'età passata[modifica | modifica wikitesto]

Il trattato Della musica dell'età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell'età passata scritto il 16 gennaio 1640, testimonia l’importanza di Della Valle come scrittore di musica. L’opera è dedicata all'uomo di lettere Lelio Guidiccioni, che fu impiegato nel 1637 per ottenere la grazia dal papa per conto di Pietro, in esilio a Gaeta per aver ucciso uno dei servi Barberini[1]. Nel Discorso Della Valle risponde all'amico erudito Guidiccioni, che in precedenza si era mostrato convinto oppositore delle nuove forme musicali seicentesche e nostalgico sostenitore della musica dei secoli precedenti[3]. Di quest'ultima Della Valle contesta inizialmente la eccessiva e artificiosa applicazione delle tecniche polifoniche, la musica quindi doveva essere monodica e avere la caratteristica di combinare armonia, melodia e ritmo consentendo ad ogni parola di essere udita chiaramente ed espressa in modo appropriato:

I cantori del ‘500 non avevano gran cura del piano e forte, del crescere e scemare della voce, del rallegrare la voce o immalinconirla, farla pietosa o ardita quando bisogni e di simili altre galanterie, che oggidì dai cantori si fanno in eccellenza e bene...

Secondo Della Valle, quindi, in passato i cantori si limitavano ad un’esecuzione accurata ed intelligente ma priva dell’apparato individuale proprio dei grandi “attori”. La conclusione dei Discorso, dedicata al Doni e alla "musica erudita", dimostra come il recupero della musica antica nel pensiero di Della Valle non si pone affatto in chiave alternativa, ma come arricchimento in chiave 'colta' del linguaggio musicale allora in uso[3].

Gli ultimi generi musicali presi in considerazione dal Della Valle sono le "composizioni ecclesiastiche" e l'"oratorio".

Esthèr[modifica | modifica wikitesto]

Il Dialogo di Ester, per 5 voci, cembalo triarmonico, violone panarmonico e violini delle tre armonie[3] è un libretto del 1639 ed è unanimemente considerato la prima testimonianza assoluta di una composizione identificabile come oratorio; fu pubblicato da Athanasius Kircher nel 1650. Il testo presenta annotazioni relative alla sua esecuzione ed è possibile identificare un frammento della relativa musica. L'Esthèr, diviso in tre parti, è in lingua italiana, per cui si tratta di un oratorio volgare, e non di un oratorio latino, come da alcuni ipotizzato. A parte l’assenza di duetti e terzetti, la struttura di tale composizione risulta essere simile a quella del Dialogo della Purificazione (1640), dove è compreso l’impiego dei sette tonoi (dorio, frigio, lidio, eolio, misolidio, ipolidio, iastio). L’Esthèr però risulta essere molto più lungo: 197 versi contro i 59 della Purificazione[8].

Componimenti musicali[modifica | modifica wikitesto]

  • Il carro di fideltà d’amore, Robletti, Roma, 1611.
  • La valle rinverdita, 1629.
  • Dialogo da Sofonisba e Missinissa,1635.
  • Eshtèr Oratorio, Athanasius Kircher, 1650.
  • Il Dialogo della partenza, 1641.
  • Per la festa della santissima purificazione nel titolo: Dialogo in musica a cinque voci con varietà di cinque tuoni diversi cioè Dorio, Frigio, Eolio, Lidio, et Hipolidio, 1641.

Composizioni poetiche[modifica | modifica wikitesto]

  • la Corona Gioeridia, sonetti in lode di Sitti Maani; l'autografo è conservato alla Biblioteca apostolica vaticana nel Codice Vaticano Ottoboniano Latino 3384.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Una via di Roma è stata intitolata al suo nome nel rione Prati (Municipio I)[12].
A Teheran, capitale dell'Iran, esiste la scuola italiana Pietro della Valle[13], chiamata così in onore dei viaggi dello scrittore in Persia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Gianni Venditti, Un episodio ignoto nella vita di Pietro Della Valle, in Ambrogio M. Piazzoni (a cura di), Studi in onore del cardinale Raffaele Farina, collana STUDI E TESTI, IIª ed., Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2013, pp. 1100-1141. URL consultato il 18-05-2020.
  2. ^ a b c d e (EN) Orlando D&#39 e Urso, Riti, idoli, miti e rappresentazioni nei "Viaggi" di Pietro Della Valle (diffusionismo, transculturalità, antropologia dello spettacolo). URL consultato il 28 maggio 2020.
  3. ^ a b c d e f DELLA VALLE, Pietro in "Dizionario Biografico", su www.treccani.it. URL consultato il 28 maggio 2020.
  4. ^ Viaggi Di Pietro Della Valle, Il Pellegrino: Descritti Da Lui Medesimo in Lettere Familiari All'Erudito Suo Amico Mario Schipano, Divisi in Tre Parti Cioè: La Turchia, la Persia, E L'India, Colla Vita E Ritratto Dell'Autore ..., G. Gancia, 1º gennaio 1843. URL consultato il 13 ottobre 2016.
  5. ^ (EN) Dario Escher, Viaggiatori italiani del sei e settecento. URL consultato il 28 maggio 2020.
  6. ^ (EN) Antonio Invernizzi, Pietro della Valle collezionista in Oriente. URL consultato il 28 maggio 2020.
  7. ^ Raffaella Setti, «CAFFÈ»: Secentesco turchismo nell'italiano, attuale italianismo nel mondo, in Accademia della Crusca (a cura di), Studi di lessicografia italiana, collana Firenze - Le lettere, XXXIV.
  8. ^ a b c (EN) Patrizio Barbieri, Pietro Della Valle: the Esthèr oratorio (1639) and other experiments in the 'stylus metabolicus'. With new documents on triharmonic instruments, in Recercare, XIX (2007) pp. 73-124. URL consultato il 28 maggio 2020.
  9. ^ a b Mario Vitalone, Il Diario di viaggio in Persia di Pietro della Valle: un confronto con le "Lettere", 2003. URL consultato il 28 maggio 2020.
  10. ^ Archivio Della Valle-Del Bufalo, su www.archivioapostolicovaticano.va. URL consultato il 29 maggio 2020.
  11. ^ Pietro Della Valle, Delle conditioni di Abbàs rè di Persia ..., Nella stamparia di F. Baba, 1628. URL consultato il 1º giugno 2020.
  12. ^ Scheda della via in SITO Sistema informativo toponomastica di Roma Capitale.
  13. ^ Sito ufficiale della scuola "Pietro della Valle" a Teheran.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Pietro Bellori, Vita di Pietro Della Valle, premessa all'edizione di Roma del 1658-63 (altra biografia, dovuta all'abate Filippo Maria Bonini, è premessa all'edizione di Venezia del 1667);
  • Ignazio Ciampi, Pietro Della Valle, in Nuova Antologia, settembre-dicembre 1879;
  • Giuseppe Pennesi, Pietro Della Valle e i suoi viaggi in Turchia, Persia e India, in Bollettino della Società Geografica Italiana, novembre-dicembre 1890;
  • Pietro Amat di San Filippo, Studî biografici e bibliografici, 2ª ed., Roma 1882, I, pp. 384-388;
  • Cosimo Bertacchi, Biddulph e Pietro Della Valle, Roma 1892;
  • (DE) Th. Zachariae, Pietro della Valle über das Nāgarī-Alphabet, in Wiener Zeitschrift für die Kunde des Morgenlandes, vol. 16, 1902, pp. 205-210, JSTOR 23863536.
  • Ettore Rossi, Poesie inedite in persiano di Pietro Della Valle, in Rivista degli studi orientali, vol. 28, 1953, pp. 108-117, JSTOR 41864237.
  • Mario Vitalone, Il Diario di viaggio in Persia di Pietro della Valle: un confronto con le "Lettere", Padova, Editoriale Programma, 2003, [Annali di Ca' Foscari. Serie orientale] http://hdl.handle.net/11707/1889
  • Gianni Venditti, Un episodio ignoto nella vita di Pietro Della Valle, in Studi in onore del cardinale Raffaele Farina, II, a cura di Ambrogio M. Piazzoni, Città del Vaticano 2013 [ Studi e testi, 478], pp. 1099-1142.
  • Giuseppe Orlando D’urso, Riti, idoli, miti e rappresentazioni nei Viaggi di Pietro Della Valle (diffusionismo, transculturalità, antropologia dello spettacolo).
  • Antonio Invernizzi, Pietro Della Valle collezionista in Oriente. / Il Fascino dell'Oriente nelle Collezioni e nei Musei d'Italia - a cura di Beatrice Palma Venetucci di Aa.Vv., Anno Edizione:2010, Artemide Editoriale - Roma.
  • Patrizio Barbieri, Pietro della Valle: the Esthèr oratorio (1639) and other experiments in the “stylus metabolicus”. With new documents on triharmonic instruments, 2007.
  • Studi di Lessicografia italiana a cura dell’Accademia della Crusca, volume XXXIV.

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