Isabella d'Aragona (1470-1524): differenze tra le versioni

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Stemma, date di regno
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Isabella d'Aragona
Busto di Isabella d'Aragona di Francesco Laurana, 1487, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Duchessa consorte di Milano
In carica5 febbraio 1489 –
21 ottobre 1494
PredecessoreBona di Savoia
SuccessoreBeatrice d'Este
Duchessa di Bari
In carica1501 –
1524
PredecessoreLudovico Sforza
SuccessoreBona Sforza
NascitaNapoli, 2 ottobre 1470
MorteNapoli, 11 febbraio 1524
Luogo di sepolturaBasilica di San Domenico Maggiore, Napoli
Casa realeTrastámara-Napoli per nascita
Sforza per matrimonio
PadreAlfonso II di Napoli
MadreIppolita Maria Sforza
Consorte diGian Galeazzo Maria Sforza
FigliFrancesco Maria
Bona
Ippolita
Bianca
ReligioneCattolicesimo

Isabella d'Aragona (Napoli, 2 ottobre 1470Napoli, 11 febbraio 1524) fu duchessa consorte di Milano. Divenne in seguito duchessa sovrana di Bari (con Palo e Modugno), principessa di Rossano, signora di Ostuni e di Grottaglie.

Secondogenita di Alfonso II, erede al trono di Napoli, e di Ippolita Maria Sforza, parve ereditare dal padre il carattere fiero, l'orgoglio per la propria dinastia, l'attitudine al comando; dalla madre apprese l'amore per l'arte e la cultura.

È ritenuta una delle pretendenti ad esser stata identificata come soggetto della Gioconda di Leonardo da Vinci.

Biografia

Duchessa di Milano

File:Isabella of Aragon.jpg
Isabella d'Aragona

All'età di soli due anni venne promessa in sposa al cugino Gian Galeazzo Sforza (che aveva quattro anni), figlio del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, nell'ottica di una politica mirata da tempo a stringere i rapporti e consolidare l'amicizia tra i due stati. In precedenza infatti era già stato stipulato il matrimonio tra i genitori di Isabella, Alfonso II e Ippolita Maria Sforza e la promessa di matrimonio tra Sforza Maria Sforza ed Eleonora d'Aragona (che, invece, poi sposerà il duca di Ferrara Ercole d'Este).

Ferdinando I di Napoli, che combinò il matrimonio di Isabella, concesse anche i territori di Bari, Modugno e Palo del Colle a Sforza Maria Sforza, che così divenne il primo Duca di quelle terre.

Alla morte di Galeazzo Sforza, il giovanissimo Gian Galeazzo divenne duca di Milano, ma rimase sotto la reggenza della madre, Bona di Savoia. I quattro fratelli di Galeazzo (Sforza Maria, Ludovico detto il Moro, Ascanio e Ottaviano) avevano tentato, senza successo, di acquisire la reggenza del Ducato.

Degli affari di Stato si occupava il cancelliere Cicco Simonetta. Alla morte di Sforza Maria Ludovico il Moro era anche divenuto duca di Bari, ma le sue ambizioni riguardavano soprattutto Milano. Riuscì a convincere Bona di Savoia ad allontanare Cicco Simonetta per poter avere mano libera nel governo del Ducato di Milano, dove continuò sempre ad avere il potere effettivo, anche quando Gian Galeazzo ebbe raggiunta l'età sufficiente per poter regnare da solo.

Il matrimonio tra Isabella d'Aragona e Gian Galeazzo Maria Sforza venne celebrato a Napoli nel dicembre 1488. I due sposi ebbero quattro figli: Francesco, Bona, Ippolita e Bianca che morì all'età di 3 anni. In occasione del suo arrivo a Milano col marito, Bernardo Bellincioni scrisse i versi per una solenne festa di nozze, rappresentata al Castello Sforzesco e realizzata con un'imponente macchina scenica da Leonardo da Vinci (allora ingegnere e artista di corte per Ludovico il Moro). Per la sua magnificenza fu subito denominata Festa del Paradiso e fu celebrata da tutti i contemporanei con stupore e ammirazione. A Milano, Isabella trovò una situazione politica nella quale il marito era succube del potere dello zio Ludovico il Moro, che assegnò ai due sposi il castello di Pavia per tenerli lontani dal governo. Il carattere fiero di Isabella le impediva di accettare questa condizione (aggravata dal fatto che la moglie di Ludovico, Beatrice d'Este era trattata come fosse la vera Duchessa) e già dopo il primo anno di matrimonio si definiva «la peggio maritata donna del mondo»[1].

Lettera al padre e conflitto tra Ducato di Milano e Regno di Napoli

Opera di Francesco Laurana, c. 1487-88, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Studio di testa di donna di Madonna Litta, Leonardo da Vinci, c. 1490, Museo del Louvre
Opera di Giovanni Ambrogio de Predis, c. 1495 - 1499, Londra, National Gallery

Nel 1493 scrisse al padre Alfonso per denunciare la sua situazione[2], ma la ferma reazione del padre fu frenata dalla prudenza del nonno, re Ferrante I. Quando però nel 1494 Alfonso II salì al trono di Napoli, dichiarò subito guerra al Moro. Il 22 ottobre di quell'anno morì Gian Galeazzo nel castello di Pavia all'età di 25 anni; si ritiene sia stato avvelenato dal Moro che il giorno dopo la morte di Gian Galeazzo venne eletto duca di Milano. Ciò non pose termine agli atti ostili di Ludovico nei confronti di Isabella che, nel 1497, venne trasferita con le sue figlie a Milano, mentre il piccolo figlio Francesco, erede legittimo del ducato, veniva lasciato in custodia a Pavia, con molto dolore di Isabella, la quale poté riabbracciare il figlio solo quando i rapporti tra il Ducato di Milano e il Regno di Napoli migliorarono. Ma, nel 1498, Francesco venne di nuovo allontanato dalla madre da Ludovico il Moro, quando questi seppe che, durante una passeggiata a cavallo per Milano, Francesco era stato acclamato come duca.

Nel frattempo, Ludovico il Moro continuava a comportarsi come il legittimo duca di Milano (ormai era stato riconosciuto come tale) e pensava persino all'eredità: al primogenito Massimiliano Sforza avrebbe lasciato il Ducato di Milano, al secondogenito Francesco intestò i territori nell'Italia Meridionale (Ducato di Bari, Modugno e Palo del Colle, e le città calabre di Rossano, Borello e Longobucco) conservando per sé l'usufrutto.

Alla notizia dell'imminente calata in Italia dell'esercito di Luigi XII di Francia, Ludovico il Moro, prima di fuggire dall'imperatore Massimiliano d'Austria, volle impedire che in sua assenza venisse eletto duca il figlio di Isabella d'Aragona, Francesco, cercando di portarlo con sé in Germania. Data l'opposizione di Isabella e della popolazione milanese, adottò un altro stratagemma: concesse ad Isabella i feudi in Puglia e in Calabria, a patto che vi si recasse di persona (successivamente, avrebbe potuto far dichiarare non valida tale concessione perché il Moro era usufruttuario di quei territori, mentre il duca risultava essere suo figlio).

Isabella, mentre mostrava di voler accettare le condizioni, temporeggiava in attesa di Luigi XII, nella speranza che questi facesse eleggere duca suo figlio. Quando Luigi XII arrivò a Pavia, Isabella gli andò incontro proponendo suo figlio Francesco come duca di Milano. Luigi XII, dicendo di volerlo dare in sposa alla propria figlia, lo mandò in Francia dove lo fece rinchiudere in un'abbazia.

Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna col Bambino, Museo di Belle Arti di Budapest

La perdita del figlio e la notizia dell'imminente ritorno del Moro col proprio esercito, convinsero Isabella a tornare, dopo 11 anni di assenza, a Napoli. Da Napoli cercò di contattare l'imperatore Massimiliano d'Austria per cercare di far tornare il proprio figlio, ma senza successo. Dalla sua fuga da Milano, iniziò a firmare le sue lettere definendosi “unica nella disgrazia” con riferimento alla perdita del Ducato, alla morte dei suoi figli, di suo marito e di molte persone a lei care. Smise di firmarsi in quel modo solo dopo il matrimonio di Bona Sforza, unica figlia superstite.

Ad Isabella non rimase altro che occuparsi del suo Ducato di Bari, che l'allora re di Napoli Federico le concesse ufficialmente con un documento datato 10 aprile 1500, ma in realtà compilato il 25 luglio 1501, quando il monarca era già stato spodestato da Luigi XII. Questi aveva proseguito nella sua conquista fin nel sud, favorito anche dall'alleanza con Ferdinando il Cattolico intervenuto contro gli Aragonesi italiani, suoi parenti.

Il governo del Ducato di Bari (1501 – 1524)

Ritratto di signora, Bernardino Luini, National Gallery of Art, Washington.
Il consorte Gian Galeazzo Maria
Il castello di Bari, residenza di Isabella

La posizione di Isabella d'Aragona quale duchessa di Bari, Modugno e Palo del Colle era del tutto precaria: la donazione del Moro era illegale in quanto il duca di Bari risultava essere il figlio di Ludovico, Francesco Sforza; la conferma della donazione era stata fatta dal re Federico quando era già stato spodestato apponendo una data precedente; inoltre, i nuovi padroni del Sud Italia erano nemici della sua famiglia. Questa situazione causerà problemi alla figlia Bona in quanto le venne contestata la legittimità del possesso del Ducato (ma, per concessione di Carlo V, riuscì a mantenerne il possesso sino alla morte).

Isabella d'Aragona, Biblioteca Nazionale Austriaca

Ad Isabella non rimase altro che vincere il suo carattere fiero e orgoglioso e fare atto di sottomissione agli spagnoli che le concessero il permesso di prendere possesso del Ducato e degli altri territori in Calabria: Isabella arrivò a Bari nel settembre 1501, con sua figlia Bona e si stabilì nel Castello Normanno-Svevo di Bari che fece modificare per adeguarlo a contrastare le armi da fuoco, con le più moderne tecniche di difesa. Il Ducato e i territori di Calabria le vennero confermati da Ferdinando il Cattolico quando si schierò dalla parte degli spagnoli, durante il conflitto che li vide opporsi ai francesi per il possesso dell'Italia Meridionale.

«Ereditò il Ducato Barese e di esso con armoniosa cura e solerte intelligenza guidò le sorti, lasciandovi uno dei più grati ricordi. Vi fece infatti prosperare i commerci, le industrie, le arti: insomma il suo Ducato è legato a quel breve periodo di rinascita, che vide Bari nell'età moderna.»

Isabella d'Aragona introdusse, nell'amministrazione del suo piccolo ducato, lo spirito di rinnovamento e la capacità di investire in opere pubbliche, caratteristiche del Ducato di Milano. Col suo governo, autoritario ma illuminato, incrementò la prosperità del suo Ducato. Cercò di incrementare il commercio allargando i privilegi concessi ai Milanesi, ma anche ai commercianti provenienti da altre città.

Chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli: sepoltura di Isabella

Attuò diverse iniziative a favore del suo popolo: sorvegliò i pubblici ufficiali in modo che non commettessero soprusi sulla popolazione; difese il privilegio di accedere alle saline del Regno di Napoli; difese i cittadini del Ducato nei contenziosi con le città vicine; esentò i contadini dal pagamento dei dazi sulla macinazione delle olive. Favorì la pubblica istruzione ottenendo che ogni convento affidasse a due frati il compito di insegnare alla popolazione; concesse agevolazioni agli insegnanti come l'aumento di stipendio, l'esenzione dalle franchigie e l'alloggio gratuito.

Amò circondarsi di artisti e letterati; chiamò a corte lo scrittore modugnese Amedeo Cornale. In questo periodo venne stampato il primo libro a Bari. Tra le opere pubbliche create a Bari da Isabella d'Aragona si ricordano il rifacimento del molo, la ristrutturazione del castello (le successive modifiche hanno sostituito gli elementi introdotti dalla duchessa) e il progetto di circondare la città con un canale per migliorarne la difesa.

Viene rimproverata ad Isabella la sua politica fiscale oppressiva, promossa dal suo ministro Giosuè De Ruggiero (il quale, dopo la morte della duchessa, venne cacciato) che, con i suoi guadagni, riuscì a comprarsi nel 1511 il feudo di Binetto. L'asprezza fiscale venne incrementata in occasione del matrimonio della figlia Bona Sforza con il re Sigismondo I di Polonia.

Matrimonio di Bona Sforza e ultimi anni di Isabella

Bona Sforza, figlia di Isabella

Con la perdita dei figli (le era rimasta solo Bona), Isabella d'Aragona vedeva affievolirsi le speranze di riacquisire il Ducato di Milano. Isabella tentò di concedere la figlia in sposa a Massimiliano Sforza, primogenito di Ludovico il Moro che nel 1513 era diventato duca di Milano approfittando della situazione di caos durante il conflitto tra francesi e spagnoli che si combatté soprattutto in Nord Italia. Nel 1515, però, il nuovo re di Francia Francesco I ritornò in possesso del Ducato.

A quel punto, dopo diversi contatti, ci si orientò verso l'attempato re di Polonia, Sigismondo Iagellone. Bona portò in dote il Ducato di Bari (che avrebbe ricevuto alla morte di Isabella) e 500.000 ducati. Per la dote e per le spese del matrimonio vennero imposte nuove tasse nel ducato.

Il matrimonio venne celebrato a Napoli, il 6 dicembre 1517, con grande sfarzo e lusso e le celebrazioni durarono dieci giorni, anche per evidenziare la grandezza della discendenza reale di Bona. Il 3 febbraio 1518 la giovane donna partì verso la Polonia[3].

In diverse occasioni Isabella si propose di raggiungere la figlia in Polonia, ma dovette sempre rinunciare. Nell'ottobre del 1519, in occasione della nascita del primogenito di Bona, si mise in viaggio ma, in Polonia scoppiò una guerra e dovette cambiare destinazione e si diresse a Roma dove fu accolta da Papa Leone X.

Ammalatasi di idropisia, nel 1523 si trasferì nel Ducato di Bari per assicurare una successione alla figlia; in seguito ritornò definitivamente nella corte di Castel Capuano, a Napoli, dove morì l'11 febbraio 1524. Dopo funerali fastosi, venne sepolta nella sagrestia nuova della basilica di san Domenico Maggiore in Napoli, accanto ai suoi avi aragonesi[4].

Ritratti

Ci sono numerosi ritratti che si riferiscono a un modello idealizzato di signora con i capelli rossi e ricci alla fine del XV secolo. Sulla base delle caratteristiche corporee di Isabella d'Aragona, e riferendosi, in numerose occasioni, alla figura di Santa Caterina d'Alessandria, si forma sulla base di un circolo milanese di discepoli primitivi di Leonardo da Vinci, formato da Giovanni Antonio Boltraffio, Giovanni Ambrogio De Predis, Marco d'Oggiono o Francesco Melzi, insieme a collaboratori o compagni come Fernando Yáñez de la Almedina, Fernando de los Llanos o il proprio Raffaello Sanzio, un modello femminile di madonna leonardesca che continuo per molti anni dopo con Bernardino Luini o Giampietrino nel XVI secolo, e per tutta la storia dell'arte.

Confronto di volti con Mona Lisa, conservata al museo del Prado, e Isabella d´Aragona

Per quanto riguarda l'opera Monna Lisa, si pensa che possa essere la Duchessa di Milano Isabella d'Aragona, in opposizione dell'attribuzione a Lisa Gherardini.

Leonardo da Vinci nelle sue bozze rappresenta la Monna Lisa con una palma, simbolo del martirio, collegando la sua identità alle donne della famiglia Sforza[5].

Isabella fu ritratta come santa da pittori come Giovanni Ambrogio de Predis o Giovanni Antonio Boltraffio; seguendo questa moda, tutti i ritratti di madonne con capelli rossi nella corte di Milano fanno riferimento alla figura di Isabella d'Aragona.

Esempi sono la Madonna Litta di Leonardo da Vinci del Museo statale Ermitage, a San Pietroburgo, o la Madonna e bambino di Giovanni Antonio Boltraffio, della National Gallery di Londra.

Prospettiva de La Gioconda conservata al Museo del Prado
Prospettiva de La Gioconda conservata al Museo del Louvre

Alla sua morte, nel 1524, il pittore Benardino Luini dipinge a Villa Pelucca un affresco di Santa Caterina d'Alessandria portata in volo dagli angeli sul Sinai, con riferimento a Isabella d'Aragona. Sulla base di uno studio sui gioielli e sulla pietra rossa nuziale del tutto simili che compaiono sul "Ritratto di dama" di Ambrogio de Predis (Pinacoteca Ambrosiana) e in due ritratti nuziali delle nobildonne Sforza ("Ritratto di Beatrice d'Este", 1491 ca., Ambrogio de Predis, Christ Church Picture Gallery, Oxford e "Ritratto di Bianca Maria Sforza", 1493 ca., Ambrogio De Predis, National Gallery of Art, Washington), e alla luce dell'analisi della foggia spagnola dell'abito e della ciocca di capelli passata sotto il mento (analoga a quella della "Dama con l'ermellino" di Leonardo datata intorno al 1490), la ricercatrice Carla Glori ha identificato Isabella d'Aragona nella modella dell'Ambrosiana, nel suo ritratto nuziale intorno all'anno 1490. A riprova di questa conclusione, lo studio ha effettuato ulteriore confronto del profilo del ritratto dell'Ambrosiana con il "Portrait of an unknown woman" di incerta attribuzione (Ashmolean Museum, Oxford), in cui la modella è raffigurata come S.ta Caterina d'Alessandria e con il "Portrait of a woman in profile" attribuito allo stesso Ambrogio de Predis (1495-1499 ca. National Gallery di Londra), verificando trattarsi della stessa donna, ovvero Isabella. Inoltre, nella parte soprastante del gioiello con la pietra rossa, posto sulla spalla della modella del "Ritratto di dama" dell'Ambrosiana, la ricerca ha individuato la sagoma in miniatura della colombina visconteo-sforzesca cara al ramo famigliare del marito di Isabella, il duca Gian Galeazzo Sforza[6].

Infine, sulla base dello studio della prospettiva, si può dire tecnicamente, tra le altre cose, il quadrante in cui il pittore è o l'altezza degli occhi del pittore per quanto riguarda il ritratto, sulla base delle linee di fuga e il punto di taglio, così come la profondità spaziale, da elementi contrastanti in entrambe le tabelle, e in questo modo situare la posizione di entrambi i pittori nello spazio in modo esatto. Fare un confronto di entrambe le tabelle, richiama l'attenzione sullo sviluppo della prospettiva della tavola del Prado, è una prospettiva lineare, in questo caso di un punto di fuga o di prospettiva frontale, ben eseguito, dove le linee di fuga, in particolare le basi della colonna, hanno tagliato accuratamente, e quindi essere in grado di dire tecnicamente che il pittore che ha fatto la tavola del Prado era di fronte al ritratto e che i suoi occhi erano circa 20 centimetri sopra di lei, sulla base del punto di fuga delle linee.

Approfondire nello studio della prospettiva nel suo complesso, e soprattutto in elementi come il numero di arcate del ponte e lo sviluppo del paesaggio, si può conoscere la profondità spaziale del pittore rispetto al ritratto, nel Prado sono rappresentati tre arcate del ponte e nel Louvre quattro per esempio, così si può affermare, sulla base della prospettiva rappresentata, che chi ha fatto la tavola del Prado era in una posizione più vicina a quella ritratta, così come superiore e di fronte ad essa, e che chi ha fatto la tavola del Louvre era in il lato sinistro così come ad un'altezza simile al ritratto ma più rimosso verso l´interno.

A questa somma, che il sistema di proporzioni rappresentato nella tavola del Museo del Prado è subordinato alla propria rappresentazione della prospettiva, in altre parole, il pittore utilizza il punto di vista come punto di partenza per realizzare il sistema di proporzioni, nessuna prospettiva, nessuna proporzione. Basato sulla regola dei terzi, di solito utilizzato in architettura, compone il volto del ritratto, e sulla base della faccia il resto del corpo, con aggiunta di moduli.

Ascendenza

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Alfonso V d'Aragona Ferdinando I di Aragona  
 
Eleonora d'Alburquerque  
Ferrante d'Aragona  
Gueraldona Carlino Enrico Carlino  
 
Isabella Carlino  
Alfonso II d'Aragona  
Tristano di Chiaromonte Deodato II di Clermont-Lodève  
 
Isabella di Roquefeuil  
Isabella di Chiaromonte  
Caterina Orsini del Balzo Raimondo Orsini del Balzo  
 
Maria d'Enghien  
Isabella d'Aragona  
Muzio Attendolo Sforza Giovanni Attendolo  
 
Elisa Petraccini  
Francesco Sforza  
Lucia Terzani  
 
 
Ippolita Maria Sforza  
Filippo Maria Visconti Gian Galeazzo Visconti  
 
Caterina Visconti  
Bianca Maria Visconti  
Agnese del Maino Ambrogio del Maino  
 
de Negri  
 

Note

  1. ^ Don Nicola Milano, Modugno. Memorie storiche, Bari, Edizioni Levante, 1984.
  2. ^ Il testo della lettera, nella traduzione italiana dall'originale latino, è riportato in Achille Dina, Isabella d'Aragona Duchessa di Milano e di Bari, Archivio storico lombardo.
  3. ^ Russo, p. 41.
  4. ^ Francesca M. Vaglienti, Isabella d'Aragona, duchessa di Milano, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 62, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2004. URL consultato il 9 aprile 2010.
  5. ^ Svelato il mistero della Gioconda: "La Monna Lisa era napoletana, il paesaggio alle sue spalle lombardo", su Fanpage.it, 1º agosto 2018. URL consultato il 29 gennaio 2021.
  6. ^ Carla Glori, Proposta di identificazione della dama con la reticella di perle - Pinacoteca Ambrosiana, Milano, su Academia.edu, Savona, 2012, pp. 58-67. URL consultato il 29 gennaio 2021.

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Duchessa consorte di Milano Successore
Bona di Savoia 14881494 Beatrice d'Este
Predecessore Duchessa di Bari Successore
Federico I di Napoli 15011524 Bona Sforza
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