Utente:Giacomo-gu/Sandbox3

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Campagna della Birmania
parte del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale
Avanzata giapponese in Birmania dal 20 gennaio al 19 marzo del 1942
Data16 gennaio 1942 - luglio 1945
LuogoBirmania, Oceano Indiano e India orientale
EsitoVittoria degli Alleati
Schieramenti
Comandanti
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La campagna della Birmania si svolse tra il gennaio 1942 e il luglio 1945 nel territorio dell'odierna Birmania e nelle zone di confine tra questa e l'India, nell'ambito dei più vasti eventi del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale. Le forze alleate coinvolte furono Impero britannico, Repubblica di Cina e Stati Uniti. Questi affrontarono l'Impero giapponese, che era supportato del Phayap Army thailandese e dalle forze degli stati collaborazionisti e dalle forze indipendentiste, come il Burma Independence Army e, successivamente, dall'Indian National Army, guidato dal rivoluzionario Subhas C. Bose e dal Governo dell'India Libera.

La conquista della Birmania rientrava nei piani militari dell''Esercito imperiale nipponico in quanto offriva l'opportunità di attaccare da sud la Cina di Chiang Kai-shek e di fungere da base per un successivo assalto all'India britannica.

Le forze britanniche coinvolte toccarono 1 000 000 di unità ed erano composte per la maggior parte da truppe provenineti dall'India britannica; poi da forze del British Army (otto divisioni regolari di fanteria e sei reggimenti corazzati),[1] da 100 000 unità coloniali africane e da altri contingenti più piccoli provenineti da altre colonie e Dominion.[2]

La campagna presentò diverse difficoltà a causa delle quali durò quattro anni. Non solo il paese non presentava infrastrutture adeguate, rendendo vitale il supporto aereo per i rifornimenti, ma anche il clima monsonico, insieme alle malattie, rallentarono ancor di più le operazioni. Inoltre, i problemi interni al Raj britannico, la priorità data al teatro europeo e la cooperazione non sempre facile tra americani e cinesi posero ulteriori problemi alla difesa e riconquista della regione. La campagna può essere suddivisa in quattro fasi: l'invasione giapponese che riuscì a cacciare dalla Birmania le forze alleate nel 1942; i tentativi di riconquista della regione da parte degli Alleati, tra la fine del 1942 e l'inizio del 1944; il tentativo, da parte dei giapponesi, di invadere l'India che fallì dopo le sconfitte subite ad Imphal e a Kohima; l'offensiva alleata che portò, nell'estate del 1945, alla riconquista della Birmania.

Antefatti SPOSTATO NELLA PAGINA UFFICIALE MODIFICARE Là[modifica | modifica wikitesto]

Nelle settimane successive al controverso Incidente del ponte di Marco Polo del 7 luglio 1937, le forze armate dell'Impero giapponese iniziarono una vasta guerra non dichiarata contro la Repubblica nazionalista cinese retta dal generale Chiang Kai-shek.[3] Nell'arco di tre anni la Cina nord-orientale, la capitale Nanchino e i porti di rilevanza strategica furono occupati, scatenando crescenti preoccupazioni e proteste tra le potenze occidentali. Dopo la conquista di Hainan e la costituzione di teste di ponte nelle province dello Guangxi e del Guangdong, la presenza militare nipponica era arrivata alle porte dell'Indocina francese.

Pertanto il regime di Chiang Kai-shek iniziò a ricevere rifornimenti di ogni genere attraverso la colonia francese e la famosa Burma Road, una tortuosa e lunga strada che, da Lashio nella colonia britannica di Birmania, si snodava attraverso giungle e montagne e terminava a Chongqing, dove la dirigenza politico-militare nazionalista aveva stabilito una nuova capitale; per questa via affluirono in misura crescente gli aiuti statunitensi.[4] Armi, mezzi militari e rifornimenti pervennero anche dall'Unione Sovietica la quale, contraria a ulteriori espansioni del Giappone imperiale (numerose erano state le scaramucce al confine mongolo-mancese), sottoscrisse un patto di cooperazione con il generale Chiang nell'agosto 1937.[5] Invece la Germania nazista, che sin dall'inizio degli anni trenta aveva supervisionato l'addestramento di parte delle divisioni dell'esercito nazionalista, tolse il proprio appoggio a Nanchino dopo la stipula nippo-tedesca del patto anticomintern e il conseguente schieramento di Hitler in favore di Tokyo.[6]

Durante gli anni di tensione precedenti l'inizio delle ostilità contro gli Alleati, il Giappone pianificò un complesso e ambizioso piano di espansione nel Sud-est asiatico volto sì a cacciare le potenze coloniali, ma anche a isolare completamente la Cina, che rimaneva obiettivo primario del governo. Perciò fu deciso che, dopo la sottomossione dell'alleata Thailandia e la conquista della Malesia britannica, un'armata avrebbe marciato dallo stretto di Krah verso nord-ovest, risalendo la costa birmana e occupando lungo un asse sud-nord l'intero paese: scopo ultimo era recidere la Burma Road.[7][8]

Forze giapponesi e piani d'invasione[modifica | modifica wikitesto]

Per la conquista della Birmania l'Impero giapponese schierò la 15ª Armata del tenente generale Shōjirō Iida, articolata sulla 33ª e sulla 55ª Divisione fanteria: quest'ultima era stata però privata del 55º Reggimento e di gran parte dei servizi, aggregati al Distaccamento dei mari del sud operante nell'Oceano Pacifico. L'appoggio aereo fu demandato alla 5ª Divisione aerea del maggior generale Hideyoshi Obata forte di 89 bombardieri (27 Kawasaki Ki-48, 31 Mitsubishi Ki-30, 18 Mitsubishi Ki-21, 13 Mitsubishi Ki-51), 36 caccia Nakajima Ki-27, 34 ricognitori e aerei d'osservazione (18 Mitsubishi Ki-15, 10 Tachikawa Ki-36, quattro Mitsubishi Ki-46) e diciotto trasporti Mitsubishi Ki-57.[9] Infine il generale Iida ebbe ai suoi ordini diretti la 1ª Compagnia del 2º Reggimento carri, composta da dodici carri leggeri Type 95 Ha-Go. La componente corazzata fu decisamente incrementata solo durante l'aprile 1942, quando divennero disponibili anche il 1º e il 14º Reggimento carri.[10] In totale il corpo di spedizione giapponese in Birmania raggiungeva i 35 000 uomini.[11]

L'invasione giapponese della Thailandia, avvenuta l'8 dicembre 1941, aveva costretto Bangkok a concedere alle truppe d'invasione il passaggio sul proprio territorio e l'utilizzo delle infrastrutture. Il primo ministro Plaek Phibunsongkhram siglò dapprima un armistizio con i giapponesi e, il 14 dicembre, un accordo segreto con cui le truppe del Reale Esercito thailandese si sarebbero unite a quelle di Tokyo nell'invasione della Birmania. L'alleanza tra i due paesi fu formalizzata il 21 dicembre e, il successivo 25 gennaio, il governo di Plaek Phibunsongkhram dichiarò guerra agli Stati Uniti e al Regno Unito.[12]

Il Commonwealth britannico[modifica | modifica wikitesto]

Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, la Birmania era parte dell'Impero Britannico: a seguito delle tre guerre anglo-birmane, il Regno di Birmania era divenuto parte dell'India britannica, prima di essere resa una colonia separata nel 1935, tramite il Governement of India Act.[13] All'alba dell'invasione giapponese, i birmani vedevano con sempre maggiore ostilità e preoccupazione la dominazione britannica.[8] Pertanto, quando la Birmania fu attaccata, i Bamar non erano disposti a contribuire alla difesa del territorio e molti si unirono prontamente ai movimenti che aiutavano i giapponesi.

La strategia per la difesa dei possedimenti in Estremo Oriente prevedeva la costruzione di campi d'aviazione che collegassero Singapore e la Malesia britannica all'India. Inoltre gli inglesi ritenevano che la Birmania difficilmente sarebbe stata oggetto di un'invasione giapponese. Pertanto, poichè la Gran Bretagna era anche in guerra con la Germania, quando il Giappone entrò in guerra, le forze necessarie per difendere questi possedimenti non erano disponibili.[14]

Il tenente generale Thomas Hutton, comandante del Burma Army con quartier generale a Rangoon, disponeva solo della 17ª Divisione di fanteria indiana e della 1ª Divisione Birmana,[15] anche se si attendeva l'aiuto del governo nazionalista cinese guidato da Chiang Kai-shek. Durante la guerra, l'esercito indiano britannico si espanse di oltre dodici volte rispetto alla sua forza di 200.000 unità in tempo di pace, ma alla fine del 1941 questa espansione significava che la maggior parte delle unità era mal addestrata e mal equipaggiata: l'addestramento e l'equipaggiamento ricevuto dalle unità indiane in Birmania era destinato alle operazioni nel deserto occidentale o alla Provincia della frontiera nord-occidentale dell'India, piuttosto che alle giungle. I battaglioni dei Burma Rifles, che costituivano la maggior parte della 1ª Divisione Birmana, erano stati originariamente creati solo come truppe di sicurezza interna, provenienti dalle minoranze birmane come i Karen. Anche loro erano stati rapidamente ampliati, con un afflusso di soldati Bamar, ed erano a corto di equipaggiamento e costituiti principalmente da nuove reclute.[16]

Conquista giapponese della Birmania TRASPORTATO NELLA PAGINA[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Conquista giapponese della Birmania.

Il 7 dicembre 1941 le forze aeronavali giapponesi lanciarono un massiccio attacco contro la base navale statunitense di Pearl Harbor, dando inizio alle ostilità nel settore del Pacifico;[17] contemporaneamente, reparti giapponesi sbarcarono lungo la costa della Malesia[18] e, successivamente, del Borneo, puntando a occupare le locali colonie britanniche e olandesi ricche di materie prime. Le discussioni sulla formazione di un comando congiunto per le forze alleate impegnate contro il nuovo nemico iniziarono fin dai primi giorni dell'offensiva giapponese, e il 29 dicembre 1941 il Primo ministro britannico Winston Churchill propose la creazione di un alto comando per tutte le forze terrestri, aeree e navali dispiegate nella regione del sud-est asiatico, da affidare al generale britannico Archibald Wavell, all'epoca Comandante in capo dell'India: la sua proposta venne bene accolta dai governi alleati, che il 1º gennaio 1942 approvarono formalmente la scelta di Wavell come comandante in capo del American-British-Dutch-Australian Command (ABDACOM).[19]

Parallelamente, il 15 dicembre 1941, i giapponesi marciarono attraverso l'istmo di Kra, ma furono respinti dall'esercito britannico, e il 29 si ritirarono al punto di partenza. Frattanto, a partire dal 23 dicembre, l'aviazione nipponica condusse diversi raid, spesso contrastati dalle Tigri Volanti di Claire Chennault: scoppiarono furiosi combattimenti aerei che, sorprendentemente, videro numerose vittorie alleate, rincuorando così il morale dei difensori e riscuotendo anche l'ammirazione di Winston Churchill.[20] Le incursioni, che avevano l'obiettivo di spazzare via dai cieli gli aerei alleati, continuarono fino alla fine di febbraio 1942.[21]

I piani giapponesi inizialmente prevedevano la conquista di Rangoon, capitale e principale porto della colonia inglese, in modo tale da tagliare i rifornimenti diretti a nord verso i cinesi e da proteggere le conquiste nella Malesia britannica e nelle Indie orientali olandesi. La 15ª Armata giapponese comandata dal tenente generale Shōjirō Iida, costituita inizialmente da solo due divisioni di fanteria, attraverso la Thailandia, invase la provincia di Tenasserim (oggi regione di Tanintharyi). Il 16 gennaio 1942 i giapponesi diedero inizio all'offensiva in Birmania, conquistando tre giorni dopo Tavoy.[22] Successivamente, i giapponesi conquistarono Kawkareik e pochi giorni dopo Moulmein, porto alla foce del fiume Saluen. In seguito respinsero la 17ª Divisione angloindiana, composta da tre brigate, verso nord, conquistando altre postazioni alleate.[23]

Per cercare di evitare la perdita dell'intera divisione, il 19 febbraio iniziò la ritirata britannica oltre il fiume Sittang; tuttavia i giapponesi riuscirono ad ostacolarla, così i comandanti inglesi decisero di far saltare il ponte prima che questa fosse completata.[23]

Lo svolgimento della campagna giapponese in Birmania e le parallele azioni navali intraprese nell'Oceano Indiano.

La perdita di due brigate della 17ª Divisione indiana rese Rangoon indifendibile; tuttavia il generale Wavell ordinò di mantenere la posizione, in quanto si aspettava l'arrivo di truppe dal Medio Oriente, tra cui quelle australiane. Tuttavia queste non arrivarono e il 7 marzo il generale Alexander, nuovo comandante dell'Armata di Birmania, decise di ritirarsi dalla città, dopo averne distrutto il porto e le raffinerie, riuscendo a forzare il blocco giapponese intorno alla città.[24]

Gli Alleati tentarono allora di resistere nel nord del paese, insieme ai rinforzi cinesi della Chinese Expeditionary Force. Tuttavia, grazie alle due divisioni arrivate via mare, i giapponesi riuscirono ad avanzare nel paese, conquistando i giacimenti di petrolio di Yenangyaung,[25] e a sconfiggere i Burma Corps, cioè l'insieme delle divsione anglo-indiane e birmane presenti nel paese. I continui attacchi aerei minarono anche le capacità alleate di ricevere rifornimenti aerei, rendendo critica la situazione. A questo si aggiunse il fatto che la popolazione stava diventando sempre più insofferente ed iniziava a ribellarsi.

Parallelamente sul fronte orientale i cinesi, con la 200ª Divsione, combatterono varie battaglie fino a che alla fine di marzo furono costretti al ritiro da Toungoo. Le truppe motorizzate della 56ª Divisione giapponese poterono quindi spezzare la 6ª Armata cinese nello Stato Kayah e procedere verso Lashio. Con il collasso dell'intera linea difensiva, i cinesi furono costretti a ritirarsi verso lo Yunnan o l'India. Dopo un difficile viaggio lungo i sentieri birmani, con l'aiuto indiano, il generale Alexander riuscì ad arrivare ad Imphal, nel maggio 1942 prima di venire bloccato dai monsoni. Attraverso le catene montuose rientrarono in India parte delle forze cinesi comandate dall'americano Joseph Stilwell.[26]

La perdita della Birmania siginificava anche il venir meno dell'unica rotta terrestre che permetteva i rifornimenti alle forze cinesi. Rimaneva aperta la sola via aerea che sorvolava l'Himalaya, la cosiddetta "gobba", The Hump. Il tenente generale Stilwell, comandante delle forze americane nel settore e chief of staff e consigliere del Generalissimo Chiang Kai-shek, riteneva di fondamentale importanza riaprire la via terrestre, pertanto iniziò a riorganizzare le trutppe cinesi sui due fronti: le truppe ritiratesi in India avrebbero costituito la X Force, quelle in CIna, nello Yunnan, la Y Force. I piani prevedevano un'offensiva combinata, che avrebbe permesso di liberare il nord della Birmania e riaperto la Burma Road.[27] Quando terminò il monsone, l'offensiva non ripartì subito: pertanto i giapponesi riorganizzarono il paese in uno stato fantoccio con a capo Ba Maw, il cui Burma Independence Army venne posto sotto il comando del generale Aung San.[28]

Difficoltà alleate TRASPORTATO NELLA PAGINA[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna della Birmania 1942–43.

Differenze di priorità tra gli Alleati[modifica | modifica wikitesto]

La perdita dell'ultima rotta terrestre per gli approvigionamenti metteva a rischio la strategia americana di "tenere la Cina nel conflitto", in modo tale da impegnare le truppe giapponesi su più fronti.[29] Per tale motivo, e, secondo David W. Hogan, anche per la convinzione che la Cina fosse una grande potenza capace di contribuire in maniera decisiva nel conflitto, gli americani continuarono ad addestrare le truppe cinesi e a premere per riaprire la Burma Road.[30] Al contrario gli inglesi erano più concentrati sul mantenere il controllo dell'India e a cercare di riconquistare la colonia perduta. Inoltre, l'atteggiamento di "Vinegar Joe" Stilwell che accusava i britannici e i cinesi per la perdita della colonia esacerbavano i rapporti tra gli ufficiali.

Un altro motivo per cui la controffensiva alleata stentava a partire era dovuto algli accordi presi a marzo del 1941, durante l'ABC-1, e riconfermati durante la Conferenza Arcadia: Germany first. In particolare, venivano stabiliti i seguenti obiettivi strategici: (1) La rapida sconfitta della Germania, in quanto membro principale dell'Asse, grazie anche al supporto americano; (2) una strategia difensiva per proteggere i territori e gli Alleati in Estremo Oriente.[31]

I disordini in India[modifica | modifica wikitesto]

A questo si devono aggiungere i disordini in India dovuti anche all'esodo di oltre la metà del milione di indiani residenti in Birmania.[32] Il flusso iniziò dopo il bombardamento di Rangoon tra dicembre 1941 e marzo 1942, e nei mesi successivi la popolazione si riversò ai confini.[33] Il 26 aprile 1942, tutte le forze alleate ricevettero l'ordine di ritirarsi dalla Birmania in India, ed il trasporto militare e altri mezzi furono dedicati all'uso esclusivo militare e non potevano esser quindi utilizzate dai rifugiati.[34] Verso la metà di maggio 1942, le piogge monsoniche divennero pesanti sulle colline del Manipur e inibirono ulteriormente gli spostamenti civili.[35] I rifugiati che raggiunsero l'India furono almeno 500 000, ma decine di migliaia morirono nel viaggio. Nei mesi successivi, dal 70 all'80% di questi rifugiati fu colpito da malattie come dissenteria, vaiolo, malaria o colera, con il 30% di casi gravi.[36]

Inoltre, in quel periodo scoppiarono alcune rivolte negli stati del Bengala e del Bihar generate dal movimento Quit India, che vennero sedate con l'aiuto dell'esercito britannico.[37] Nello stesso periodo ci fu una carestia nello stato del Bengala che causò la morte di circa tre milioni di civili.[38]

Le offensive alleate[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante ciò, gli Alleati organizzarono due offensive durante la stagione asciutta a cavallo tra 1942 e 1943. Il primo attacco si svolse nella provincia costiera dell'Arakan. Gli obiettivi da riconquistare erano la penisola di Mayu e l'isola di Akyan. La loro riconquista avrebbe avuto un significato più simbolico che strategico, migliorando il morale delle truppe. La 14ª Divisione indiana era la forza prescelta. Una parte avanzò verso Donbaik, ma venne fermata da un'unità giapponese. Questa non era numerosa, ma era ben fortificata e, a questo punto della guerra, le forze alleate non erano ancora in grado di attaccare efficacemente i bunker nemici in questi ambienti: ripetuti attacchi anglo-indiani fallirono e costarono molte vite. A peggiorare la situazione, arrivarono i rinforzi giapponesi che calarono dalle montagne e attaccarono il fianco sinistro delle forze inglesi. Queste furono colte alla sprovvista, in quanto ritenevano che un attacco da quella direzione fosse impossibile, e furono costrette a ritirarsi fino al confine indiano.[39]

La seconda azione fu condotta dai Chindits, sotto il comando del brigadier Orde Wingate. La missione, nome in codice Longcloth, aveva come obiettivo l'indebolimento delle linee di comunicazione e delle infrastrutture birmane; particolarmente importante era considerato il sabotaggio della linea ferroviaria che attraversava il paese da nord a sud. Circa 3000 uomini si infiltrarono tra le linee nemiche e riuscirono nei sabotaggi a fronte di alte perdite, ma nel giro di poche settimane i giapponesi riuscirono a ripristinare la ferrovia. Nonostante gli scarsi risultati, l'operazione venne considerata un successo e usata a fini propagandistici, soprattutto per cercare di alzare il morale delle truppe: i sabotaggi dimostravano come i britannici fossero in grado di muoversi nella giungla tanto quanto i giapponesi.[40]

La riorganizzazione del comando alleato e prime sconfitte giapponesi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna della Birmania 1944.

Da dicembre 1943 a novembre 1944 gli equilibri di forze iniziarono a variare: il cambio dei comandanti ai vertici delle forze alleate, un migliore equipaggiamento e la superiorità nei cieli, non solo migliorarono la situazione dal punto di vista pratico, ma migliorarono notevolmente il morale delle truppe.

Lord Louis Mountbatten, Comandante supremo alleato, in Arakan nel febbraio 1944

Piani alleati[modifica | modifica wikitesto]

Nell'agosto 1943 venne allestito il South East Asia Command (SEAC), responsabile dell'intero teatro del sudest asiatico, al cui comando si insediò l'Ammiraglio Louis Mountbatten. Ai suoi ordini ci sarebbero stati tra Comandanti in capo: il Generale George Giflard per l'esercito; uno per l'aviazione; uno per la marina. Al di fuori delle competenze del SEAC rimaneva l'India, posta sotto l'Indian Eastern Command.[41]

Furono eseguiti lavori di miglioramento delle linee di comunicazione nell'India nord-orientale, e si iniziarono ad usarte massicciamente i rifornimenti aerei. Questo permise di migliorare l'equipaggiamento e le risorse a disposizione dei soldati della 14ª Armata britannica sotto il comando del tenente generale William Slim che ne giovarono sia dal punto di vista tecnico sia per quanto riguarda la salute e il morale.[42]

Il SEAC dovette cercare di coordinare i piani di diverse operazioni, cercando di usare al meglio le poche risorse a disposizione: per il 1944 erano state definite una decina di iniziative militari, approvate nella conferenza del Cairo. Tuttavia, a valle di un accordo con Stalin, molti dovettero essere abbandonate, come gli sbarchi sulle isole Adamane (Operation Pigstick) e sulla costa dell'Arakan, per dirottare i mezzi (specialmente mezzi anfibi) verso il teatro europeo per supportare le iniziative alleate, come lo sbarco in Normandia.[43]

Molte delle risorse vennero spese per riaprire una linea di rifornimento terrestre con la provincia cinese dello Yunnan, il progetto della Ledo road. Il grosso del lavoro venne affidato alla Northern Combat Area Command (NCAC), formato da truppe cinesi addestrate da americani e sotto il comando del generale Joseph Stilwell. Orde Wingate e i Chindits avrebbero dovuto supportare l'impresa andando a sabotare le linee di rifornimento giapponese verso il nord. Contemporaneamente delle divisioni cinesi sarebbero discese dallo Yunnan, per impegnare anche su quel fronte le truppe giapponesi.

I XV Corps della 14ª Armata inglese avrebbero tentato di conquistare la provincia dell'Arakan per la seconda volta. Infine, da Imphal, sarebbe dovuta partire un'altra offensiva da parte dei IV Corps inglesi il cui obiettivo primario era aprire un altro fronte per cercare di disperdere le forze nemiche su più fronti possibili.[44]

Piani giapponesi[modifica | modifica wikitesto]

Tenente Generale Kawabe, comandante del Burma Area Army

Mentre gli alleati allestivano il SEAC, i giapponesi creavano l'Armata regionale di Birmania, comandata dal tenente generale Masakazu Kawabe, della quale facevano parte, tra le altre, la 15ª e la 28ª Armata. In particolare, il tenente generale Renya Mutaguchi, comandante della 15ª Armata, spingeva per lanciare un'offensiva contro l'India. L'idea venne scartata dai diretti superiori, ma trovò l'appoggio del comando del Southern Expeditionary Army Group e del Gran quartier generale imperiale.

Si ritiene che Subhas Chandra Bose giocò un ruolo in questa scelta: l'India National Army era composto da soldati indiani catturati a Singapore e in Malesia e da Tamil incontrati in Malesia. Questi, vennero mandati a partecipare alla Marcia su Delhi. Nonostante la reticenza di molti superiori, Bose e Mutaguchi riuscirono a convincere della bontà dell'idea i vertici militari e quindi di iniziò a pianificare l'Operazione U-Go[45]

Birmania settentrionale e Yunnan Occiedentale[modifica | modifica wikitesto]

Joseph Stilwell era al comando dell'X Force, composta inizialmente da due divisioni cinesi, addestrate ed equipaggiate dagli americani, da un battaglione di carri armati leggeri M3 Stuart e dai Merrill's Marauders.

Nell'ottobre 1943, la 38ª Divsione cinese, guidata da Sun Li-jen, partì da Ledo con l'obiettivo di riaprire il collegamento con lo Yunnan. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe stato necessario riconquistare la valle del Mogaung e il centro di Myitkyina, difesi dalla 18ª Divisione giapponese. Per cercare di indebolire la posizione giapponese nella regione i Chindits erano impegnati nell'Operazione Thursday.

Nel frattempo, le forze cinesi di stanza nello Yunnan, la Y Force, nella seconda metà di aprile entrarono in Birmania con una forza di circa 75 000 uomini. Successivamente 12 divisioni[46] comandate dal generale Wei Lihuang attaccarono la 56ª Divisione nipponica, aprendo il secondo fronte.

Il 17 maggio il comando dei Chindits passò da Slim a Stilwell. Cambiarono anche i loro obiettivi, in quanto Stilwell le usò per cercare di facilitare la caduta della valle del Mogaung, affidandogli compiti per i quali non erano equipaggiati. I soldati, nonostante le enormi perdite, riuscirono a completarli e per la fine di giugno si riunirono alla X Force; tuttavia, a causa delle perdite e delle fatiche a cui si erano sottoposti, vennero richiamati in India.

Nello stesso giorno, due reggimenti cinesi, l'unità GALAHAD e i guerriglieri Kachin catturarono il campo di volo a ovest di Myitkyina e il porto fluviale poco distante.[47] Nonostante alcuni tentativi, non riuscirono a conquistare la città, dando il tempo ai giapponesi di organizzare e rinforzare la guarnigione cittadina. Questo significò l'inizio di un assedio, che grazie alla caduta di Mogaung e la conseguente chiusura della linea di rifornimento, terminò i primi di agosto con la caduta della città. Questa vittoria permise di usare rotte più sicure per i rifornimenti aerei diretti a Chongqing attraverso the Hump.

Sempre durante il mese di maggio, l'offenisva cinese sul secondo fronte riuscì a conquistare Tenchong e infine Longling, nonostante i monsoni e l'assenza di supporto aereo. Alla fine venne bloccata dai rinforzi giapponesi giunti per contrastare la loro avanzata.

Il fronte meridionale[modifica | modifica wikitesto]

Scraggy Hill, catturata dal 10º Gurkhas durante la Battaglia di Imphal

Al tenente generale Philip Christison, a capo dei XV Corps indiani, fu affidato il compito di riconquistare la penisola di Mayu, in Arakan. La 5ª Divisione di fanteria indiana catturò il porto di Maungdaw il 9 gennaio 1944. Mentre stavano pianificando l'attacco per conquistare due tunnel ferroviari, i giapponesi contrattaccarono: parte della 55ª Divisione giapponese aggirò le linee inglesi e attaccò da dietro la 7ª Divisione di fanteria indiana, conquistandone il quartier generale.

Diversamente dai precedenti attacchi, gli alleati resistettero e mantennero le posizioni, grazie anche ai rifornimenti aerei. La battaglia dell'Admin Box durò quasi tutto il mese di febbraio, con le forze giapponesi bloccate nella zona di comando dei XV Corps, difesa principalmente da truppe addette alle linee di comunicazione, supportate da carri armati. Inoltre, attraverso il passo di Ngakyedauk arrivarono rinforzi della 5ª Divisione di fanteria indiana. Il numero di caduti nei due schieramenti fu molto simile, ma per i giapponesi fu una sonora sconfitta: la loro tecnica di infiltrazione e accerchiamento non aveva spaventato gli Alleati e si era rivelata disastrosa per loro, in quanto non avendo accesso a rifornimenti, avevano subito i morsi della fame.

Nelle settimane successive l'offensiva terminò, in quanto gli Alleati si concentrarono sul Fronte Centrale e quindi, dopo aver catturato i tunnel ferroviari si fermarono, anche a causa dei monsoni.

Invasione giapponese dell'India[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione U-Go, Battaglia di Imphal e Battaglia di Kohima.

I IV Corps, comandati dal tenente generale Geoffry Scoones, avevano spostato due divisioni oltre il fiume Chindwin e ne avevano lasciata una di riserva ad Imphal. Giravano notizie di un attacco giapponese su grande scala. Slim e Scoones volevano ritirarsi per far combattere i giapponesi oltre i limiti consentiti dalla loro logistica. Non sapevano, però, nè quando nè con quali forze i giapponesi avrebbero attaccato.

La 15ª Armata giapponese era composta da tre divisioni di fanteria, un'unità distaccata detta Yamamoto Force e inizialmente da un reggimento dell'Indian National Army. Il generale d'armata Mutaguchi voleva isolare e distruggere le divisioni in prima linea e successivamente catturare Imphal mentre la 31ª Divisione giapponese catturava Kohima, rendendo isolata Imphal. Se l'offensiva avesse avuto successo, le linee di comunicazione tra le forze di Stilwell e le basi aeree usate per i rifornimenti in Cina sarebbero state azzerate.

L'8 marzo i giapponesi attraversarono il Chindwin. I generali inglesi ordinarono troppo tardi la ritirata e la 17ª Divisione di fanteria indiana venne isolata a Tiddim e dovette aprirsi la strada per rientrare ad Imphal, aiutata dal supporto aereo. A nord d della città, la 50ª Brigata paracadutisti indiana fu sconfitta a Sangshak da un reggimento parte della 31ª Divisione di fanteria nipponica che marciava verso Kohima. La 15ª Divisione giapponese aveva quindi la via libera a nord per calare sulla città, ma Slim, visto che la battaglia dell'Admin box era ormai terminata, potè aviotrasportare la 5ª Divisione indiana sul fronte centrale: due brigate direttamente ad Imphal e le altre a Dimapur da dove sarebbero partite per andare a Kohima.

Vista della Garrison Hill decisiva per la difesa di Kohima.

Per la fine della prima settimana di aprile i IV Corps si erano contentrati nella pianura di Imphal. Per tutto il mese i giapponesi tentarono di sfondare, venendo ogni volta respinti. All'inizio di maggio, incominciò la controffensiva britannica contro la 15ª Divisone giapponese a nord della città: i progressi erano lenti a causa dei monsoni e della scarsità di rifornimenti.

Sul fronte di Kohima, all'inizio di aprile il tenente generale Kotoku Sato e la 31ª Divisione avevano raggiunto la città. Invece di dividere in due forze la divisione, una più piccola per attaccare la città e il grosso per attaccare Dimapur, decise di conquistare la stazione di montagna. L'assedio terminò il 18 aprile, quando la guarnigione fu liberata. Il tenente generale Montagu Stopford, a capo dei XXXIII Corps appena formati, prese il comando delle operazioni. Il 15 maggio la 2ª Divisione di fanteria inglese iniziò una controffensiva che respinse i giapponesi dal promontorio su cui sorgeva Kohima. Dopo l'arrivo dei rinforzi la controffensiva riprese vigore

Alla fine di maggio i giapponesi erano ormai allo stremo: non solo non ricevevano i rifornimenti, ma le malattie tropicali iniziarono a colpire sempre più truppe. Il tenente generale Sato informò Mutaguchi che se i rifornimenti non fossero arrivati entro poco avrebbe ritirato i propri soldati da Kohima. Nonostante l'ordine di mantenere la posizione, Sato si ritirò e il 22 giugno i IV Corps e i XXXIII Corps si incontrarono alla pietra miliare 109 tra Imphal e Dimapur, decretando la fine dell'assedio di Imphal.

Vista del Bailey bridge quasi finito sul fiume Chindwin, 2 dicembre 1944

Mutaguchi e Kawabe continuarono a lanciare attacchi: la 33ª Divisione e la Yamamoto Force fecero diversi tentativi, ma alla fine di giugno dovettero smettere per le troppe perdite subite. Per gli inizi di luglio i giapponesi dovettero ritirarsi oltre il Chindwin sancendo la fine delle operazioni per la conquista di Imphal. Fino a quel momento questa rappresentava la peggior sconfitta del Giappone in battaglia; ci furono tra i 50 e i 60 mila morti in battaglia[48] e 100 000 o più perdite[49] dovute alle malattie, alla fame e alla fatica. Gli Alleati persero circa 12 500 uomini di cui solo 2 269 morti in combattimento.[50] Mutaguchi sollevò dagli incarichi tutti i generali delle divisioni coinvolte e fu a sua volta cacciato.

Da agosto a novembre furono lanciate varie operazioni: l'11ª Divisione dell'Africa orientale da Tamu avanzò verso la valle Kabaw; la 5ª Divisione indiana avanzò lungo la strada di Tiddim. Alla fine di novembre Kalewa era stata riconquistata e lungo la riva orientale del Chidwin c'erano molte teste di ponte alleate.

Riconquista alleata della Birmania[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna della Birmania 1944–1945.

Tra la fine del 1944 e la prima metà del 1945 gli Alleati lanciarono varie offensive. Nel novembre 1944 le truppe vennero riorganizzate: il comando dell' 11º Gruppo d'Armata fu sotituito dal Allied Land Forces South East Asia e il NCAC e i XV Corps furono messi alle sue dirette dipendenze. Sebbene il progetto della Ledo Road proseguisse, era ormai chiaro che non sarebbe servito a cambiare il corso della guerra in Cina.

Anche i giapponesi si riorganizzarono: il generale Kawabe venne sostituito da Hyotaro Kimura a capo del Burma Area Army. Questi, sapendo che i propri uomini erano ormai allo stremo li ritirò oltre il fiume Irrawaddy. In questo modo confuse gli Alleati che erano convinti di trovare una forte resistenza oltre il Chindwin. Inoltre, con questa mossa, forzava gli Alleati ad allargarsi su un fronte più ampio.

Soldati inglesi in un mezzo da sbarco si dirigono verso l'isola Ramree, 21 gennaio 1945.

Fronte meridionale[modifica | modifica wikitesto]

In Arakan ripartì l'offensiva volta alla conquista dell'aeroporto sull'isola Akyab, per il terzo anno consecutivo. Questa volta i giapponesi erano molto indeboliti e abbandonarono le posizioni il 31 dicembre 1944. L'isola venne occupata, senza resistenza, il 3 gennaio 1945 durante l'operazione Talon.

Grazie all'arrivo dei mezzi da sbarco, i XV Corps organizzarono l'attacco anfibio alla penisola di Myebon per il 12 gennaio 1945. Dieci giorni dopo sbarcarono a Kangaw, durante la battaglia della Collina 170 per bloccare la ritirata giapponese. Ci furono aspri scontri fino alla fine del mese, che si risolsero con pesanti sconfitte per i giapponesi.

Di particolare importanza fu la conquista delle isole Ramree e Cheduba da parte dei XV Corps, poiché gli Alleati vi avrebbero costruito dei campi di volo da cui supportare le forze di stanza nella Birmania centrale. La maggior parte della guarnigione giapponese cadde durante la battaglia dell'isola Ramree. Per portare a termine la missione, le operazioni dei XV Corps sulla terraferma vennero rallentate per dirottare il supporto aereo alla 14ª Armata.

Fronte settentrionale[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante parte delle truppe cinesi fu trasportata in Cina sugli altri fronti, il NCAC riprese l'offensiva: la 36ª Divisione inglese, schierata sul fianco destro si scontrò con unità della 14ª Armata nipponica vicino a Indaw; i cinesi, schierati sul fianco sinistro, conquistarono Bhamo.

Il 21 gennaio 1945 l'NCAC incontrò le truppe cinesi di stanza nello Yunnan: si era conclusa la stada di Ledo, anche se a questo punto della guerra non si sapeva se avrebbe cambiato la situazione in Cina. Il Generalissimo Chiang Kai Shek ordinò al generale americano Daniel Isom Sultan di fermare l'avanzata verso Lashio, che era stata catturata dai nemici il 7 marzo. Questo modificava i piani inglesi, in quanto avrebbe rallentato la cattura di Yangon, che sarebbbe dovuta avvenire prima dell'arrivo del monsone nei primi di maggio. Winston Churchill scrisse direttamente al Capo di Stato Maggiore George Marshall per far lasciare in Birmania i mezzi per il trasporto aereo.[51] Dal 1º aprile, l'NCAC tornò in Cina e in India e le operazioni vennero portate avanti dall'OSS Detachment 101, una forza di guerrilla americana.

Fronte Centrale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Meiktila e Mandalay.
Un Hawker Hurricane Mk IIC vola vicino all'Aya Bridge, che attraversa il fiume Irrawaddy vicino Mandalay, durante una missione di ricognizione, marzo 1945.

La 14ª Armata inglese, composta ormai dai soli IV e XXXIII Corps, condusse l'offensiva principale nel paese. Sebbene i giapponesi si fossero ritirati oltre l'Irrawaddy, gli Alleati riuscirono a riorganizzarsi: i IV Corps si spostarono sul fianco sinistro e attraversarono il fiume a Pakokku con l'intento di conquistare Meiktila e tagliare le comunicazioni nemiche; i XXXIII Corps avanzarono verso Mandalay.

Carri armati Sherman e camion della 63ª Brigata motorizzata avanzano verso Meiktilia, marzo 1945.

Nei primi mesi del 1945 i XXXIII Corps iniziarono l'offensiva, attirando su di sè le attenzioni dei giapponesi che inviarono rinforzi nella zona. Alla fine di febbraio, la 7ª Divisione indiana che guidava i IV Corps, costituì una testa di ponte a Nyaungu, vicino a Pakokku. Attraversarono poi il fiume la 255ª Brigata corazzata indiana e la 17ª Divisione indiana alla volta di Meiktilia. In pianura, le forze britanniche riuscirono ad aggirare il fronte nemico e a piombare sulla città il 1º marzo, conquistandola in quattro giorni, nonostante l'aspra resistenza nemica.

I giapponesi tentarono prima di assistere la guarnigione cittadina e poi di riconquistare la città; tuttavia i loro attacchi mal coordinati non sortirono l'effetto sperato. Alla fine di marzo i giapponesi avevano perso molti uomini e la maggior parte della loro artiglieria e decisero quindi di ritirarsi a Pyawbwe.

I XXXIII Corps ripresero l'attacco a Mandalay, che cadde il 20 marzo per mano della 19ª Divisione indiana. Rimase in mano nipponica Forte Dufferin per un'altra settimana. Durante l'attacco molte delle ricchezze artistico-culturali della città vennero distrutte.

La corsa verso Rangoon[modifica | modifica wikitesto]

Un M3 Stuart di u reggimento di cavalleria indiano durante la marcia verso Rangoon, aprile 1945.

Nonostante i successi era di vitale importanza raggiungere la capitale del paese prima dell'inizio della stagione delle piogge, per evitare problemi di rifornimenti e di logistica. Per agevolare l'avanzata, grazie al lavoro svolto dalla Force 136, ci fu una sollevazione popolare da parte delle minoranze etniche presenti in Birmania e la defezione dell'intero Burma National Army che passò agli Alleati.

Parte della 14ª Armata discese il corso dell'Irrawaddy e incontrò una dura resistenza da parte della 28ª Armata giapponese. I IV Corps guidarono l'attacco principale alla Railway Valley e al fiume Sittang. Dovettero prima affrontare una postazione difensiva a Pyawbwe strategicamente posizionata e tenuta dai resti della 33ª Armata. Per superarla, fu necessario aggirarla e attaccarla con carri armati e truppe meccanizzate.

Da questo momento l'avanzata verso la capitale non fu bloccata da una resistenza organizzata. Questo accadde anche grazie alla guerriglia messa in atto dalla popolazione Karen, che riusì a rallentare la 15ª Armata giapponese, che raggiunse il centro di Taungoo dopo che questo era caduto in mano alleata. L'avanguardia alleata incontrò la retroguardia giapponese a Bago, il 25 aprile, a 64 km da Rangoon. Heitarō Kimura aveva riunito vari uomini, provenienti anche dai civili, nella 105 Independent Mixed Brigade. Questa riuscì a bloccare l'avanzata alleata fino al 30 aprile, permettendo l'evacuazione della città.

Operazione Dracula[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Dracula e Battaglia di Elephant Point.
Arrivo di uomini e mezzi dei 15º Corpo indiano a Elephant Point, a sud di Yangon all'inizio dell'Operazione Dracula, 2 maggio 1945.

In origine, l'Operazione Dracula sarebbe dovuta avvenire prima dell'arrivo della 14ª Armata in modo tale da ridurre i problemi legati agli approvvigionamenti; tuttavia questa era stata posticipata più volte a causa della mancanza dei mezzi da sbarco, impegnati nel teatro europeo e che poi erano stati dirottati per un attacco all'Provincia di Phuket in Thailandia.

Tuttavia, temendo una resistenza giapponese fino all'ultimo uomo della città, il generale Slim chiese e ottenne di dirottare i mezzi da sbarco. Dopo che unità dei XV Corps vennero imbarcate ad Akyab e Ramree, l'operazione Dracula potè partire. Il 1 maggio un battaglione di paracadutisti Gurkha lanciatosi ad Elephant Point cacciò la retroguardia giapponese dalla foce del fiume Yangon permettendo l'approdo della 26ª Divisione di fanteria indiana. Questa entrò nella città evacuata e saccheggiata il 2 maggio. Il pomeriggio dello stesso giorno iniziarono le piogge. La 17ª e la 26ª Divisione indiana si incontrarono a circa 30 km a nord di Rangoon, a Hlegu il 6 maggio.

Ultime operazioni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia dell'ansa del Sittang.

A seguito della riconquista di Rangoon, dai XXXIII Corps venne creato un nuovo comando, la 12ª Armata inglese, che raggruppava tutte le forze presenti nel paese.

Dopo le ripetute sconfitte, la 28ª Armata giapponese si era ritirata verso Pegu Yoma, una zona collinare coperta da una fitta giungla tra i fiumi Irrawaddy e Sittang. Per coprire la ritirata e il ricongiungimento con le altre forze dell'armata regionale di Birmania, Kimura ordinò alla 33ª Armata di creare un diversivo, nonostante avesse pochi uomini. Il 3 luglio quindi iniziò l'attacco alle posizioni inglesi sull'ansa del fiume Sittang. Il 10 entrambi gli schieramenti, a cause della piogge e degli allagamenti si ritirarono.

I giapponesi avevano però sbagliato la tempistica: Shōzō Sakurai a capo della 28ª Armata non era pronto, gli sarebbe servita un'altra settimana prima di essere in grado di organizzare la fuga. Inoltre la strada era disseminata di pattuglie e pezzi di artiglieria inglese. L'evacuazione fu un disastro: centinaia di uomini morirono annegati nel tentativo di atraversare il fiume ingrossato dalle piogge a bordo di zattere di bambù improvvisate; la resistenza birmana e i banditi attaccavano le unità isolate sulla riva del fiume orientale. Alla fine circa 10 000 giapponesi persero la vita.

La 14ª Armata e i XV Corps tornarono in India per pianificare la riconquista del resto del sud est asiatico. Vennero creati i XXXIV Corps sotto il tenente generale Ouvry Lindfield Roberts

Conseguenze SPOSTATO NELLA PAGINA FINALE, MODIFICARE Là[modifica | modifica wikitesto]

Truppe dell'Africa Orientale in Birmania, 1944

La Campagna di Birmania fu la campagna più lunga della seconda guerra mondiale combattuta dall'esercito britannico. Fu anche una campagna particolare perchè l'esercito alleato dispiegato era composto da tutte le etnie presenti nel subcontinente indiano, oltre che dagli inglesi e americani.[52]

Nonostante la lunghezza della campagna, la reale portata della riconquista della Birmania è dibattuta dagli storici. Per quanto riguarda la sconfitta giapponese, non tutti credono che la perdita di questa regione si sia rivelata decisiva per le sorti della guerra nel settore.[53] Ciò non toglie però che l'esercito giapponese subì sconfitte pesantissime, sia dal punto di vista umano che di prestigio. Sicuramente la campagna aiutò il prestigio inglese: dopo la caduta delle piazzeforti di Singapore e Hong Kong, e la perdita della Birmania, l'esser riusciti a bloccare l'invasione dell'India e la successiva riconquista del paese permise agli inglesi "a differenza di Francesi, Olandesi e Americani di lasciare l'Asia con un po' di dignità."[54] Anche l'importanza della riapertura della strada di Leto è dibattuta: secondo Allen questo non fu decisivo, in quanto ormai il supporto aereo era cresciuto e riusciva a rifornire in maniera adeguata le truppe cinesi.[52]

Infine, va sottolineato come questa campagna stimolò ulteriormente i movimenti indipendentisti già presenti nel Raj Britannico. I giapponesi, al fine di destabilizzare gli alleati avevano finanziato e supportato i movimenti indiani e birmani, e proprio questi, al termine della guerra, riusciranno ad ottenere l'indipendenza dei propri paesi.[53] In particolare, i nazionalisti guidati da Aung San, che verso la fine della campagna si erano schierati con gli Alleati, al termine della guerra, aprirono i negoziati per l'indipendenza del paese che, dopo l'assasinio di Aung San nel 1947, riuscirono a ottenere il 4 gennaio 1948.[55]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Martin Brayley, The British army, 1939-45. 3, The Far East, illustrazioni di Mike Chappell, Osprey, 2002, p. 6, ISBN 1-84176-238-5, OCLC 59500010. URL consultato il 20 giugno 2020.
  2. ^ John Ellis, World War II : a statistical survey : the essential facts and figures for all the combatants, Facts on File, 1993, ISBN 0-8160-2971-7, OCLC 27974457. URL consultato il 20 giugno 2020.
  3. ^ Testis, 1937: una vicenda ignota del conflitto sino-giapponese, in Rivista di Studi Politici Internazionali, vol. 69, 1 (273), 2002, pp. 87–101. URL consultato il 18 giugno 2022.
  4. ^ (EN) Richard Bernstein, China 1945 : Mao's revolution and America's fateful choice, First edition, 2014, pp. 12–13, ISBN 978-0-307-59588-1, OCLC 878667287. URL consultato il 18 giugno 2022.
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  6. ^ Walther Hofer, Der Nationalsozialismus : Dokumente 1933-1945, Überarbeitete Neuausgabe, Fischer Taschenbuch Verlag, 1957, ISBN 3-596-26084-1, OCLC 34305464. URL consultato il 18 giugno 2022.
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  9. ^ (EN) The Pacific War Online Encyclopedia: Burma, su kgbudge.com. URL consultato il 21 ottobre 2016.
  10. ^ (EN) History of Japanese tanks battles, su plala.or.jp. URL consultato il 21 ottobre 2016.
  11. ^ Hart, p. 325.
  12. ^ (EN) Charnvit Kasetsiri, The first Phibun Government and its involvement in World War II (PDF), pp. 50-63. Ospitato su siamese-heritage.org.
  13. ^ Essay on the Government of India Act 1935 by David Steinberg, su www.houseofdavid.ca. URL consultato il 18 giugno 2022.
  14. ^ Jackson, pp. 387-388.
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  19. ^ 240 Mr Winston Churchill, U.K. Prime Minister (in the United States), to Mr John Curtin, Prime Minister, su info.dfat.gov.au. URL consultato il 16 gennaio 2013.
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  22. ^ Winston Churchill, Il Giappone all'Attacco, in La Seconda Guerra Mondiale, Arnoldo Mondadori Editore, 1951, p. 184.
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  24. ^ Winston Churchill, Il Giappone all'Attacco, in La Seconda Guerra Mondiale, Arnoldo Mondadori Editore, 1951, pp. 201-202.
  25. ^ Slim
  26. ^ Winston Churchill, Il Giappone all'Attacco, in La Seconda Guerra Mondiale, Arnoldo Mondadori Editore, 1951, p. 205.
  27. ^ HyperWar: The U.S. Army Campaigns of World War II: Central Burma, su www.ibiblio.org. URL consultato il 18 giugno 2022.
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  30. ^ HyperWar: The U.S. Army Campaigns of World War II: India-Burma, su www.ibiblio.org. URL consultato il 20 giugno 2022.
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  47. ^ Allen, Burma: The Longest War, pp. 364–365
  48. ^ Despatch "Operations in Assam and Burma from 23RD June 1944 to 12TH November 1944" Supplement to the London Gazette, 3 March 1951 pg 1711
  49. ^ Despatch "Operations in Burma 12th November 1944 to 15th August 1945" Supplement to the London Gazette, 6 April 1951 pg 1885
  50. ^ Despatch "Operations in Burma and North East India 16th November 1943 to 22nd June 1944" Supplement to the London Gazette, 13 March 1951 pg 1361
  51. ^ Churchill (1954), Chapter 18.
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  54. ^ Callahan, Raymond., Burma 1942-1945, Davis-Poynter, 1978, ISBN 0-7067-0218-2, OCLC 4808275. URL consultato il 28 giugno 2020.
  55. ^ Copia archiviata, su english.dvb.no. URL consultato il 7 luglio 2006 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2006).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]