Olio di cocco

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Burro di cocco solidificato venduto da una società norvegese
Produzione artigianale di olio di cocco alle Seychelles

L'olio di cocco è un grasso vegetale ottenuto a partire dal seme, in particolare dall'endosperma della palma da noce. Viene comunemente chiamato noce di cocco sia il frutto sia il seme della pianta.[1] È il seme di grandi dimensioni della noce di cocco, rivestito da un endocarpo legnoso, che contiene grandi quantità di lipidi e carboidrati. L'olio può essere estratto dalla polpa (l'endosperma bianco all'interno del guscio chiamato anche "albume"), dalla farina, dal latte o dalla copra, la polpa essiccata. Con una temperatura di fusione dell'ordine dei 25 °C, a temperature inferiori può presentarsi come un burro, semisolido, bianco.

L'olio di cocco fu introdotto in Gran Bretagna nel 1820 come burro vegetale. Solo successivamente venne sfruttato per la produzione di saponi.[2]

L'olio di cocco è una delle principali fonti di acido laurico, per la cui produzione compete con l'olio di palmisto[2]. L'olio di cocco e i suoi derivati sono ampiamente utilizzati, oltre che come alimenti, nell'industria oleochimica, per la produzione di tensioattivi, farmaci e cosmetici.

Sono di interesse commerciale tre tipi di olio di cocco:

  • L'olio di cocco grezzo o crudo, ricavato dalla copra e destinato a successiva raffinazione per l'utilizzo alimentare o all'industria oleochimica per la produzione di acido laurico e di composti derivati. L'olio di cocco derivato dalla copra prima della raffinazione ha un intenso colore arancione/rosso e un forte odore caratteristico di vernice con una nota di cocco. Viene estratto mediante premitura della copra, ovverosia della polpa del seme del cocco essiccata per ridurne il tenore d'umidità e concentrare l'aliquota oleosa: la resa è particolarmente alta, visto che la copra essiccata contiene dal 60% al 67% di olio[2] rispetto al peso, praticamente il doppio dell'equivalente non essiccato.
  • L'olio di cocco raffinato, deodorato e decolorato, destinato all'utilizzo alimentare e cosmetico. Tipicamente ricavato dalla copra ha un leggero colore giallo ed è praticamente inodore se altamente raffinato.
  • L'olio di cocco vergine destinato all'utilizzo cosmetico e alimentare. Tipicamente ricavato dalla polpa non essiccata o dal latte è praticamente incolore e ha un forte odore di cocco.

Standard[modifica | modifica wikitesto]

Le linee guida del Codex Alimentarius dell'Organizzazione Mondiale della Sanità su cibo, produzione alimentare e sicurezza alimentare, pubblicate dall'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura, includono standard per i partner commerciali che producono olio di cocco per il consumo umano.[3]

La International Coconut Community (ICC), i cui venti membri producono circa il 90% della noce di cocco venduta commercialmente, ha pubblicato i suoi standard per distinguere l'olio di cocco vergine (VCO) da quello derivato da copra.

Come nel CODEX, che prevede l'aggettivazione e classificazione "vergine" solo per l'olio di oliva, definendone dettagliatamente le specifiche di produzione e qualitative, lo standard ICC definisce il VCO. Per lo standard ICC, l'olio di cocco vergine si ottiene dal nocciolo fresco e maturo (docici mesi dall'impollinazione) del cocco (Cocos nucifera L.) con mezzi meccanici o naturali, con o senza l'applicazione di calore, che non porti ad alterare la natura dell'olio. Il VCO non ha subito raffinazione chimica, sbiancamento o deodorazione. Può essere consumato allo stato naturale senza necessità di ulteriori lavorazioni. L'olio di cocco vergine è costituito principalmente da trigliceridi a catena media, che sono resistenti alla perossidazione. Gli acidi grassi nell'olio di cocco vergine sono distinti dai grassi animali che contengono principalmente acidi grassi saturi a catena lunga. L'olio di cocco vergine è incolore, privo di sedimenti con profumo di cocco fresco naturale. È privo di odore o sapore rancido.[4][5][6]

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Olio di cocco grezzo derivato da copra

La palma da cocco, Cocos nucifera, cresce bene nelle regioni umide a pochi gradi di latitudine su entrambi i lati dell'equatore. La diffusa varietà alta raggiunge un'altezza di oltre 20 m. La produzione mondiale di noci di cocco (frutti) nel 2019 ha superato i 60 milioni di tonnellate. Il seme fresco rappresenta in peso il 44-66% del frutto fresco.[3] In genere, il seme decorticato di cocco fresco contiene in peso: umidità (50%), olio (34%), ceneri (2,2%), fibre, (3%), proteine (3,5%) e carboidrati (7,3%).[7]

Essiccando il seme decorticato si ottiene la copra che diviene la materia prima oleaginosa con il più alto contenuto di olio (65-68%) di tutte le colture oleaginose. La procedura di stoccaggio, di essiccazione e il tenore di umidità finale influenzano significativamente la qualità dell'olio derivato dalla copra. La corretta raccolta della noce di cocco (l'età di una noce di cocco può essere da due a venti mesi quando viene raccolta) fa una differenza significativa nell'efficacia del processo di produzione dell'olio. La copra a base di noci immature è più difficile da lavorare e produce un prodotto inferiore con rese inferiori.[7][8]

I processi di produzione dell'olio di cocco differiscono sostanzialmente nell'estrazione da materia prima secca o umida. La meno efficiente ed economica estrazione in umido, con la crema di cocco (il latte di cocco ad alto tenore di lipidi) come intermedio di produzione, oggi viene impiegata quasi unicamente per la produzione del più remunerativo olio di cocco vergine.[5]

Processo secco[modifica | modifica wikitesto]

La più comune lavorazione a secco richiede che la polpa bianca venga estratta dal guscio ed essiccata usando il fuoco, la luce solare o le fornaci per creare la copra. Nel processo di essiccazione e durante la conservazione parte della copra può essere deteriorata o contaminata, ad esempio da micotossine. L'estrazione dell'olio dalla copra avviene generalmente combinando l'estrazione meccanica con pressione al tipico processo Soxhlet, tipicamente con esano come solvente. Recuperando il solvente se ne ricava un olio grezzo e un residuo chiamato torta o mosto ricco di fibre e proteine. La torta viene destinata all'alimentazione animale. L'olio grezzo viene avviato all'industria oleochimica per la produzione di acido laurico e suoi derivati o per la tipica raffinazione chimica con cui vengono rimossi gli acidi grassi liberi, componenti volatili e pigmenti.[8]

Processo umido[modifica | modifica wikitesto]

I maggiori produttori di olio di cocco nel 2018[9]
Paese Produzione (tonnellate)
Bandiera delle Filippine Filippine 1 341 000
Bandiera dell'Indonesia Indonesia 880 000
Bandiera dell'India India 320 400
Bandiera del Vietnam Vietnam 167 101
Bandiera del Messico Messico 131 000
Bandiera del Bangladesh Bangladesh 62 699
Bandiera dello Sri Lanka Sri Lanka 55 200
Bandiera della Malaysia Malaysia 39 700
Bandiera del Mozambico Mozambico 30 200
Bandiera della Thailandia Thailandia 28 700
Bandiera della Papua Nuova Guinea Papua Nuova Guinea 26 700

Il processo umido estrae l'olio dall'emulsione prodotta macinando finemente la polpa bianca in acqua anziché dalla copra essiccata. Le proteine presenti nell'endosperma del cocco agiscono come emulsionanti e permettono la formazione di una emulsione di olio in acqua, relativamente stabile. Il passaggio più problematico è rompere l'emulsione per separare l'olio. Questo veniva fatto in passato mediante riscaldamento prolungato sopra gli 80 °C, temperatura a cui le proteine del cocco coagulano, producendo però un olio colorato, torbido e non economico. Le moderne tecniche utilizzano centrifughe e pretrattamenti inclusi freddo, calore, acidi, sali, enzimi, elettrolisi, onde d'urto, distillazione a vapore, o una combinazione di questi. Nonostante le numerose varianti e tecnologie, la lavorazione a umido è meno efficiente della lavorazione a secco con una resa inferiore del 10-15%. È comunque vantaggiosa quando dal processo escono prodotti a più alto valore aggiunto, come ad esempio latte di cocco e olio vergine.[10][5]

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Produzione mondiale di olio di cocco dal 1961 al 2018[11]

Caratteristiche chimico fisiche[modifica | modifica wikitesto]

Tra gli oli vegetali l'olio di cocco è tra quelli che hanno la minore quantità di acidi grassi insaturi. Questo gli conferisce una notevole stabilità all'ossidazione e irrancidimento. Per l'alta concentrazione di acidi grassi saturi a catena corta (specialmente se viene sottoposto a frazionamento) C6-C12, ha un punto di fusione inferiore di quello dei grassi animali ricchi di acidi grassi saturi a catena lunga, C16-C18.[2][7]

Le caratteristiche chimico fisiche degli oli vegetali possono variare in funzione del processo di raffinazione. I valori standard dell'olio di cocco non raffinato sono:

Caratteristiche dell'olio di cocco[12]
Umidità e impurità Max 0,5%
Acidi grassi liberi Max 4%
Colore Rosso/nocciola
Odore Vernice/rancido
Densità relativa 0,908 - 0,921 (20 °C)
Indice di rifrazione 1,448 - 1,450
Numero di saponificazione (olio raffinato) 248-265 (mg KOH/g olio)
Numero di iodio 6,3-10,6

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

In tutti gli oli vegetali la composizione può variare in funzione della cultivar, delle condizioni ambientali, della raccolta e della lavorazione. L'olio di cocco è composto prevalentemente da trigliceridi con la seguente distribuzione tipica di acidi grassi, come indicato nel Codex Alimentarius[12] e nei disciplinari della International Coconut Community.[4]

Composizione tipica dell'olio di cocco
acido grasso Notazione Delta Olio di cocco[12]

concentrazione (min-max)%

Olio di cocco vergine[4]

concentrazione (min-max)%

acido capronico 6:0 ND-0,7 0,1 - 0,95
acido caprilico 8:0 4,6-10,0 4 - 10
acido caprico 10:0 5,0-8,0 4 - 8
acido laurico 12:0 45,1-53,2 45 - 56
acido miristico 14:0 16,8-21,0 16 - 21
acido palmitico 16:0 7,5-10,2 7,5 - 10,2
acido stearico 18:0 2,0-4,0 2 - 4
acido oleico 18:1Δ9c 5,0-10,0 4,5 - 10
acido linoleico 18:2Δ9c12c 1,0-2,5 0,7 - 2,5
acido α-linolenico 18:3Δ9c,12c,15c ND-0,2 < 0,5[6]
acido arachico 20:0 ND-0,2
acido gadoleico 20:1Δ11c ND-0,2
Legenda: ND, Non Determinato o ≤0,05%
Concentrazione di tocoli rilevata su oli non raffinati[12]
Sostanza mg/kg
Tocoli totali ND-50
Alfa-tocoferolo ND-17
Beta-tocoferolo ND-11
Gamma-tocoferolo ND-14
Delta-tocoferolo ND
Alfa-tocotrienolo ND-44
Gamma-tocotrienolo ND-1
Delta-tocotrienolo ND
Legenda: ND,= Non Determinato
Distribuzione steroli rilevata su oli non raffinati

steroli totali = 400-1200 mg/kg[12]

Sostanza % sul totale degli steroli
Colesterolo ND-3,0
Brassicasterolo ND-0,3
Campesterolo 6,0-11,2
Stigmasterolo 11,4-15,6
Β-sitosterolo 32,6-50,7
Delta-5-avenasterolo 20,0-40,7
Delta-7-stigmastenolo ND-3,0
Delta-7-avenasterolo ND-3,0
altri steroli ND-3,6
Legenda: ND, Non Determinato o ≤0,05%

Effetti sulla salute[modifica | modifica wikitesto]

L'olio di cocco contiene una grande proporzione di acido laurico, un grasso saturo che, nel caso di un diffuso utilizzo in campo alimentare, eleverebbe i livelli di colesterolo nel sangue, aumentando la quantità di lipoproteine ad alta densità (HDL o "colesterolo buono") e lipoproteine a bassa densità (LDL), con maggior aumento in HDL ma l'impatto del suo consumo sul rischio cardiovascolare è oggetto di controversia.[13][14]

Molte organizzazioni sanitarie sconsigliano l'assunzione nella dieta di grandi quantitativi di olio di cocco a causa dell'alto contenuto di grassi saturi; tra queste la FDA statunitense[15] l'Organizzazione Mondiale della Sanità,[16] International College of Nutrition,[17] Il Department of Health and Human Services statunitense,[18] American Dietetic Association,[19] American Heart Association,[20] British National Health Service,[21] e Dietitians of Canada.[22]

Uso[modifica | modifica wikitesto]

Nei Paesi di produzione asiatici, l'olio di cocco è comunemente usato per cucinare, principalmente nelle fritture. Il punto di fumo, al solito, dipende dalla concentrazione di acidi grassi liberi (FFA) ed è, pertanto, fortemente dipendente dalla bontà del processo di raffinazione a cui viene sottoposto, come mostrato nella sottostante tabella.

Punto di fumo dell'olio di cocco[2]
Concentrazione FFA Punto di fumo
1% 150 °C
0,5% 194 °C
0,1% 200 °C

Pur tuttavia, proprio grazie all'elevata percentuale di catene acide grasse sature (meglio se corte, se sottoposto a frazionamento), particolarmente stabili sia termicamente sia per esposizione all'aria, viene ampiamente usato per uso esterno (cosmesi), specialmente nei processi di saponificazione, per il quale è una delle migliori basi acide grasse (spesso insieme al tradizionale olio d'oliva), molto apprezzato grazie alle sue proprietà emollienti, schiumogene. Gli acidi grassi a catena corta e media hanno una attività antimicrobica che consentirebbe la riduzione/eliminazione di conservanti.[23][24]

Viene usato inoltre per rimpiazzare i grassi solidi a temperatura ambiente prodotti attraverso procedimenti chimici o chimico-fisici (interesterificazione e intraesterificazione dei grassi, frazionamento, idrogenazione) nei prodotti da forno e pasticceria. Le stearine dell'olio di cocco hanno un punto di fusione di 27-32 °C mentre l'olio di cocco idrogenato ha punto di fusione di 30-32 °C[2].

In Australia l'olio di cocco idrogenato è un comune ingrediente delle merendine e va sotto il nome commerciale di Copha.

La frazione fluida dell'olio di cocco è stata testata come un possibile biodiesel.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Is a coconut a fruit, nut or seed?, su Library of Congress, Washington, D.C. 20540 USA. URL consultato il 16 aprile 2021.
  2. ^ a b c d e f Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry - Alfred Thomas, Fats and Fatty Oils
  3. ^ a b SECTION 2. Codex Standards for Fats and Oils from Vegetable Sources, su fao.org. URL consultato il 16 aprile 2021.
  4. ^ a b c International Coconut Community, su coconutcommunity.org. URL consultato il 15 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2021).
  5. ^ a b c Bawalan, Divina D., and Keith R. Chapman. Virgin Coconut Oil: Production Manual for Micro-and Village-scale Processing. Bangkok, Thailand: FAO Regional Office for Asia and the Pacific, 2006. (PDF), su fao.org.
  6. ^ a b Essential quality parameters of commercial Virgin Coconut Oil - Fabian M. Dayrit, Olivia Erin M. Buenafe, Edward T. Chainani, Ian Mitchelle S. de Vera, Ian Ken D. Dimzon, Estrella G. Gonzales, and Jaclyn Elizabeth R. Santos - Cord 2007, 23 (1) (PDF), su library.apccsec.org. URL consultato il 16 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 14 aprile 2021).
  7. ^ a b c F. D. Gunstone, Vegetable oils in food technology : composition, properties, and uses, Blackwell, 2002, ISBN 0-8493-2816-0, OCLC 51048242. URL consultato il 16 aprile 2021.
  8. ^ a b The World Bank - Agro-Industry Profiles- COCONUT (PDF), su documents1.worldbank.org.
  9. ^ FAOSTAT, su fao.org. URL consultato il 6 aprile 2021.
  10. ^ Divina D. Bawalan, THE ECONOMICS OF PRODUCTION, UTILIZATION AND MARKETING OF COCONUT FLOUR FROM COCONUT MILK RESIDUE, in CORD, vol. 16, n. 01, 1º dicembre 2000, p. 34, DOI:10.37833/cord.v16i01.338. URL consultato il 14 aprile 2021.
  11. ^ FAOSTAT, su fao.org. URL consultato l'11 aprile 2021.
  12. ^ a b c d e CODEX STANDARD FOR NAMED VEGETABLE OILS-2015 (PDF), su fao.org. URL consultato il Gennaio 2016.
  13. ^ Neelakantan Nithya, Seah Jowy Yi Hoong e van Dam Rob M., The Effect of Coconut Oil Consumption on Cardiovascular Risk Factors, in Circulation, vol. 141, n. 10, 10 marzo 2020, pp. 803-814, DOI:10.1161/CIRCULATIONAHA.119.043052. URL consultato il 16 aprile 2021.
  14. ^ Laurence Eyres, Michael F. Eyres e Alexandra Chisholm, Coconut oil consumption and cardiovascular risk factors in humans, in Nutrition Reviews, vol. 74, n. 4, 2016-4, pp. 267-280, DOI:10.1093/nutrit/nuw002. URL consultato il 16 aprile 2021.
  15. ^ Nutrition Facts at a Glance – Nutrients: Saturated Fat, su fda.gov, Food and Drug Administration, 22 dicembre 2009. URL consultato il 16 marzo 2011.
  16. ^ Avoiding Heart Attacks and Strokes (PDF), su whqlibdoc.who.int, World Health Organization. URL consultato il 6 aprile 2011.
  17. ^ Singh RB, Mori H, Chen J, Mendis S, Moshiri M, Zhu S, Kim SH, Sy RG, Faruqui AM, Recommendations for the prevention of coronary artery disease in Asians: a scientific statement of the International College of Nutrition, in J Cardiovasc Risk, vol. 3, n. 6, 1996 Dec, pp. 489-494, DOI:10.1097/00043798-199612000-00002, PMID 9100083.
  18. ^ Dietary Guidelines for Americans 2010 (PDF), su health.gov, Department of Health e Human Services. URL consultato il 17 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2011).
  19. ^ American Dietetic Association and Dietitians of Canada Offer Up-to-Date Guidance on Dietary Fat, su eatright.org, American Dietetic Association. URL consultato il 16 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 19 marzo 2012).
  20. ^ Tropical Oils, su heart.org, American Heart Association. URL consultato il 16 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2011).
  21. ^ Lower your cholesterol, su nhs.uk, National Health Service. URL consultato il 16 marzo 2011.
  22. ^ Heart Healthy Eating: Cholesterol, su dietitians.ca, Dietitians of Canada, 1º settembre 2010. URL consultato il 5 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2013).
  23. ^ Chifu B. Huang, Yelena Altimova e Taylor M. Myers, Short- and medium-chain fatty acids exhibit antimicrobial activity for oral microorganisms, in Archives of oral biology, vol. 56, n. 7, 2011-7, pp. 650-654, DOI:10.1016/j.archoralbio.2011.01.011. URL consultato il 16 aprile 2021.
  24. ^ Patrick M. Schlievert e Marnie L. Peterson, Glycerol Monolaurate Antibacterial Activity in Broth and Biofilm Cultures, in PLoS ONE, vol. 7, n. 7, 11 luglio 2012, DOI:10.1371/journal.pone.0040350. URL consultato il 16 aprile 2021.

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