Discussione:Attentato di via Rasella/Archivio19

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omissione in incipit[modifica wikitesto]

in incipit manca la qualificazione giuridica del fatto (legittima azione di guerra) e ritengo vada messa perchè la mole di processi è rilevante e costituisce una analisi parimenti importante oltre quella storica --ignis scrivimi qui 15:46, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]

È nella nota 3, peraltro pleonastica e scritta male: le polemiche non furono solo di "natura politica" (lo intendo come le solite baruffe chiozzotte dei giorni nostri), ma riguardarono anche e soprattutto l'opportunità militare dell'attentato e iniziarono praticamente subito dopo il fatto, all'interno del CLN stesso. Nella successiva riunione della giunta militare il rappresentante comunista Amendola chiese che il CLN approvasse l'azione, il democristiano Giuseppe Spataro invece si oppose e "criticò i comunisti per il fatto di aver organizzato atti di guerra senza prima averne informato la Giunta e propose una mozione con la quale questa scindeva la propria responsabilità da quella dei comunisti" (fonte). Alla fine i comunisti dovettero rivendicarla per conto proprio sull'Unità clandestina (altri particolari qui). Di tutto ciò nella voce non c'è traccia.--Demiurgo (msg) 16:51, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
No, forse non mi sono spiegato bene. I fatti di via rasella sono stati oggetto di discussione politica, storica ecc.. ma in questa discussione non rileva. C'è infatti un dato certo, cioè un aspetto dei fatti, quello giuridico, che è stato ben definito e di questo bisogna dar conto non in nota ma in incipit scrivendo: In ambito giudiziario, più volte e nelle sue massime istanze, l'episodio è stato definito una "legittima azione di guerra". La qualificazione giuridica è rilevante perchè molti eventi della seconda guerra furono oggetto di indagini e processi e perchè tutt'ora, in tempi recenti, si susseguono sentenze correlate a tali accadimenti. --ignis scrivimi qui 17:06, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Tu ti sei spiegato bene, sono io che non l'ho fatto. Intendevo che la cosa è nella nota 3, che andrebbe allora sistemata in parte nel corpo dell'incipit e in parte rivista perché presenta i problemi di cui sopra.--Demiurgo (msg) 17:22, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
proporrò una formulazione e vediamo che ne pensate --ignis scrivimi qui 19:04, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Nella voce troviamo l'espressione "efferata rappresaglia". Sul wikizionario leggiamo questo, cioè che "efferato" deriva dal latino fera, "bestia". Dire che una rappresaglia è "bestiale", per quanto orrore si possa provare di fronte al fatto, mi sembra contrario alle norme di stile che impongono di usare un linguaggio neutro, senza connotazioni emotive. Ed "efferato" una connotazione emotiva ce l'ha. Le fonti possono anche scriverlo, ma non sono enciclopedie. Altro è scrivere un saggio, altro un memoriale, altro un'enciclopedia. Ogni medium ha il proprio stile, le proprie convenzioni, i propri ambiti di operazione. E il linguaggio emotivo, su un'enciclopedia, non ci deve essere. Ci devono essere i nudi fatti. Nostro scopo è informare il lettore, non emozionarlo con un certo uso del linguaggio. Cordialità, --Ribbeck 16:11, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]

come scritto in talk di Ribbek: non facciamo del concetto di neutralità uno strumento di impoverimento culturale. Ogni regola va applicata in relazione al fine che persegue che non è certo quello di snaturare o edulcorare i fatti. Le medicine alternative le definiamo, con un aggettivo, pseudoscientifiche perchè tali sono e tali le definiscono le fonti. L'eccidio delle fosse ardeatine lo definiamo efferato perchè tale è e tale lo definiscono le fonti. Provvedo comunque a citare le fonti. --ignis scrivimi qui 16:26, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
di fonti ce ne sono decine. Ne ho messa una e l'ho messa alla fine della frase perchè dopo l'aggettivo rischia di apparire come sorta di eccessiva puntualizzazione. --ignis scrivimi qui 16:31, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Non occorre la fonte per referenziare un aggettivo, che sia efferata è pacifico. Credo che Ribbeck volesse porre una questione di stile, non di fonti. Comunque per me ci può stare: è indifferente, sono ben altri i problemi della voce. Per citarne un altro, la descrizione del Bozen è affidata esclusivamente a un libro di Katz datato e poco documentato su questo punto. Mancano completamente gli studi di Lorenzo Baratter, che ha evidenziato come il Bozen fosse un'unità di Ordnungspolizei (polizia di ordinanza), legata solo da una dipendenza funzionale alle SS, come tutte le forze di polizia tedesche dopo un appostito decreto di Himmler ("tra i reparti mobilitati dell'Ordnungspolizei e le SS potevano esistere relazioni funzionali, tuttavia essere ordinari di polizia non significava essere anche soldati delle SS". Cfr. Le Dolomiti del Terzo Reich, Mursia, 1999, pp. 189-190). La subordinazione alle SS avvenne peraltro dopo via Rasella.--Demiurgo (msg) 17:18, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Solo una piccola cosa, come ho scritto sopra, Katz vescrive i componenti del Bozen come degli autentici "mastini della guerra" ma come prevedevo la fonte viene contestata. Tuttavia mi permetto di scrivere che Raul Hilberg, come ho riportato in Olocausto, descrive la Ordungspolizei come uno strumento fondamentale dell'apparato repressivo e di sterminio nazista, tra l'altro erano gli uomini di Kurt Daluege che organizzavano e portavano a termine praticamente le retate degli ebrei e costituivano le scorte sui treni verso i campi di sterminio. --Stonewall (msg) 17:45, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Non intendo portare avanti la versione dei "poveri padri di famiglia" non preoccuparti, ma tra un reparto di polizia di ordinanza e uno di SS c'è una bella differenza. Insomma, il Bozen non era formato da vecchi inoffensivi (come vuole una certa polemica), ma non era nemmeno un'unità d'élite di SS. Lo dico perché molto spesso si vede calcare la mano sul fatto che fossero feroci SS. Risulta anche che si rifiutarono di eseguire la rappresaglia (consuetudine voleva che fosse l'unità colpita a vendicarsi) perché ciò era in contrasto con la loro fede cattolica. Figurarsi se delle SS vere si rifiutavano!--Demiurgo (msg) 17:58, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
La Treccani scrive così (a proposito delle Fosse Ardeatine): "Episodio della resistenza di Roma all'occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale. Il comando tedesco, per rappresaglia contro un attentato partigiano subito in via Rasella (che provocò la morte di 33 soldati), ordinò la fucilazione di 10 italiani per ogni tedesco ucciso". Leggete anche il resto della voce: malgrado la tragicità del fatto non c'è un aggettivo che sia uno. Questo è lo stile enciclopedico. Ma la Treccani è la Treccani.--Demiurgo (msg) 17:33, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Infatti il mio discorso verteva sullo stile e sulla ricerca di un linguaggio neutro, non ho parlato di neutralità, la quale è appunto una questione di fonti. Il linguaggio, per essere neutro, deve essere scevro di connotazioni emotive. Sto parlando di connotazione vs. denotazione, tutto qui, una cosa che sicuramente tutti abbiamo affrontato nell'ora d'italiano alle superiori, o forse già alle medie. Se poi volete parlare anche del Bozen, è meglio aprire un'altra sezione, sennò la discussione diventa infruibile. Saluti da--Ribbeck 18:44, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
"la fucilazione di 10 italiani per ogni tedesco ucciso" più efferata e bestiale di così! Jacopo Werther iγ∂ψ=mψ 20:07, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
in forza di un malinteso concetto di neutralità fino al 2006 in wikipedia si poteva leggere che per alcuni le torri gemelle erano state buttate giù dagli americani e per altri da al quaida. Evitiamo di fare questioni di forma che minano la sostanza. La treccani dedica poche righe a via rasella e noi molte molte di più; la treccani non ha una "guerra civile in Italia" e molte altre cose differiscono.. non la si usi quindi come metro per alcune cose e non per altre. --ignis scrivimi qui 20:20, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
e cmq la Treccani lo definisce il più tragico episodio... --ignis scrivimi qui 20:22, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]
come ho gia' detto, lasciamo pure l'aggettivo che e' adeguato al fatto e incontestabile nel significato. Dello stile asettico in generale ne discuteremo magari quando lo spunto sara' offerto da un argomento piu' leggero (un calciatore "fenomenale" ecc.). Su temi del genere si puo' facilmente fraintendere. E comunque non mischiamo cose diverse: la treccani non ha guerra civile in italia come lemma, come non ha l'attentato di via rasella e come non ha tutte le battaglie della guerra e tutti i pokemon... Ma non per questo e' inservibile come metro in fatto di terminologia e stile.--Demiurgo (msg) 22:05, 25 lug 2013‎ (CEST)[rispondi]
quell'aggettivo è un giudizio dell'utente che lo ha scritto. Non siamo la Treccani e quindi non lo teniamo. La Treccani è libera di esprimersi come crede, noi no. -- g · ℵ (msg) 00:38, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Io non uso mai aggettivi poiché in ogni caso esprimono un POV--Jose Antonio (msg) 01:18, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
quell'aggettivo è il giudizio (unanime) delle fonti che qualificano la sostanza del fatto. --ignis scrivimi qui 10:10, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
A mio parere anche non usare aggettivazioni in qualche caso può essere POV (una forma di reticenza interpretabile anche come tentativo di minimizzazione). Se le fonti autorevoli e predominati descrivono gli eventi con aggettivi questi vanno inseriti nel testo altrimenti è impossibile qualificare tali eventi e descriverne il corretto valore storico. Tutto diventa uguale e indistinguibile.--Stonewall (msg) 10:41, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
non spetta a noi qualificare alcunché, né in bene né in male. Se ci sono tutte queste fonti e in tutta questa unanimità, non sarà un problema citarle nel modo corretto e riferire a loro i giudizi, che non sono mai giudizi di Wikipedia sui fatti storici. -- g · ℵ (msg) 10:50, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

[ Rientro] come già detto non sempre gli aggettivi sono POV (il fatto che lo siano è una mera affermazione di principio sulla quale ci sarebbe molto da dire). L'aggettivo in taluni casi, in una enciclopedia (nel "mondo" invece quasi sempre), qualifica in modo sostanziale il fatto dando quindi al lettore, attraverso l'aggettivo, conoscenza immediata circa la natura del fatto. Lo fa la Treccani definendo l'eccidio come [il più] tragico; lo facciamo anche noi wikipediani su tantissime voci relative al complottismo o relative alle medicine alternative: in molte di esse è scritto che le teorie del Tizio sono pseudoscientifiche concetti, in alcune voci, rimarcati in modo continuo con aggettivi e concetti.
Quindi scansiamo il primo equivoco di carattere generale: l'aggettivo è sempre POV? no. Così come non è sempre POV la citazione ad inizio voce ecc..
L'aggettivo usato per definire la strage è un pensiero del wikipediano che lo ha inserito? no, esso si ritrova, nella sostanza, in tutte le fonti unanimente. Ne avevo citata una che ma ne posso citare altre decine. Tale aggettivoda immediata conoscenza della natura del fatto (come un processo può essere ingiusto, una teoria pseudoscientifica, una tesi di natura complottistica) --ignis scrivimi qui 11:12, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Ignis, attenzione che se entriamo in argomento fonti, le fonti che qui occorrono sono gli storici, e uno storico ordinariamente "qualifica" gli eventi solo se ed in quanto gli sia funzionale per esplicitare concetti correlati, quindi un aggettivo di senso squisitamente etico, che soppesi il fatto sulla bilancia del Bene e del Male, lo troviamo più appropriato in un filosofo, in un religioso, in un politico (ahia...), che non in uno storico. Quando lo troviamo in uno storico, bisogna poi vedere che fonte diventa, e non dico di più. La natura del fatto in termini storici non è l'efferatezza, è l'uccisione di tutti quelli che sono stati uccisi, che peraltro non mi pare affatto questioncina dappoco, e dire che sia stata efferata è solo trarre una conclusione che ha per sottintesi mille e mille principi, tutti etici e solo etici, che potremmo sicuramente condividere ma che oggettivamente non consta che tutti davvero condividano. Vuoi comunque riferire il giudizio etico (altro non è) di tutte queste fonti, che sappiamo come devono essere, in quanto fenomenologicamente (e quindi storicamente solo in via indiretta) consistente? Fai pure, basta che mi sposti l'aggettivo dal testo di Wikipedia al testo di chi l'ha detto: noi giudizi etici non ne diamo, quindi facciamo questa opera di delazione e riveliamo chi ha detto cosa. Wikipedia non ha detto nulla del genere, né lo dirà. -- g · ℵ (msg) 11:29, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Io credo che occorra molto andare nel concreto e dobbiamo quanto meno concordare sul fatto che l'aggettivo, in taluni casi, in una enciclopedia, sono portatori di conoscenza come gli esempi che ti ho fatto mostrano. In voce si usa la parola rappresaglia per descrivere la reazione tedesca: nel 1986 Gheddafi per rappresaglia lancio un missile contro Lampedusa, gli USA nel 53 misero in atto la "rappresaglia massiccia", Povolini nel 1943 assecondò la rappresaglia. Tutte queste "rappresaglie" sono uguali? l'aggettivo efferato comunica la natura della rappresaglia fornendo al contempo informazioni circa la gravità, la sproporzione e l'illiceità (potremmo anche scrivere esplicitamente questo e togliere l'aggettivo). Non vogliamo che questo concetto si fondi sulle fonti citate alla relativa voce? possiamo allora citare alcuni storici. Provvedo a farlo. --ignis scrivimi qui 12:02, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Guarda Ignis, capisco quello che dici tu. Adesso però ti sottopongo un questito: il 12 dicembre 1944 il comando militare partigiano del Piemonte emanò il seguente ordine: «Passare per le armi 50 banditi delle brigate nere per vendicare la morte del comandante Tancredi Galimberti» (Cfr. C. Pavone, Una guerra civile, Bollati Boringhieri, 1991, p. 492). Domani uno scrive dentro Wikipedia che questa rappresaglia - con un rapporto di ben 50 a 1, non 10 a 1 - fu "efferata". Quante proteste si alzerebbero secondo te? Vuoi o non vuoi aprire la strada ai giudizi equivale - per citare Beccaria - a rompere "ogni argine al torrente delle opinioni".--Demiurgo (msg) 12:07, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
non faccio le cose per paura ma per l'utilità che hanno per wikipedia (=diffusione di conoscenza). Se in quella voce come in questa le fonti sono concordanti e unanimi nel definirla "efferata" (e similia) mi troverai a ribadire gli stessi concetti che qui espongo --ignis scrivimi qui 12:11, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
confl. Mmm, ma siamo sicuri che non si sia svolto tutto in sogno? Eh, se si vuole la neutralità anche il concetto di fatto va preso un attimo con le molle e dal punto di vista filosofico voi non avete alcuna certezza che tutta questa faccenda sia sostanza o mero sogno. Probabilmente nel mondo neutrale, oltre le stelle, torturare qualcuno è un mero fatto, che non può essere connotato in alcun modo, non si potrà dire che è "drammatico" o "sanguinoso", perché per NPOV non va escluso solo il punto di vista dei maiali per consumo alimentare ma anche quello degli stessi uomini. Quindi che l'Olocausto o l'11 settembre sono fatti "drammatici" lo si dovrà far dire ad una fonte: secondo Caio è drammatico, però sia chiaro, non è drammatico in sé stesso, per Wikipedia è tutto grigio, indifferente, quasi sognato.
No, personalmente dico no, sono d'accordo con Ignlig, l'efferatezza è uno dei caratteri della rappresaglia (magari di qualsiasi rappresaglia, omicidio o lesione, non lo so: come dice Ignlig ci sarebbe molto da dire) e se noi vogliamo descrivere con precisione un fatto può capitare anche di arrischiare anche questi aggettivi, perché l'unica vera neutralità è non scrivere niente. Peraltro, attenzione, l'etimo fera ok, ma va analizzato piuttosto il significato corrente (ma la differenza è sottile): un conto è dire "bestiale", aggettivo in cui troviamo certamente un giudizio pesante, un altro è "efferato", che sta per "crudele", "feroce", "inumano". Qui c'è in effetti in ballo una valutazione sull'uomo, che è certamente una patata bollente, ma non credo che sia possibile aspirare ad un genere di neutralità così "muriatica" (e tutti i "sinonimi" hanno sfumature). Si tolga pure da qui "efferata", ma si rifletta su tutti gli utilizzi in wp di "gentile", "violenza", "violento", ... Cos'è la violenza? Cos'è l'umanità? Cos'è la Verità?, a questo punto. Il parallelo di Ignlig con le pseudoscienze è doppiamente interessante: chi crede che la rappresaglia non sia stata efferata??? Si tratta di una tesi minoritaria che noi non vogliamo schiacciare o la cui inconsistenza noi dobbiamo rappresentare come tale? E NON scrivendo che la rappresaglia fu efferata noi diciamo che NON fu efferata o non diciamo alcunché? Per WP l'efferatezza non esiste? Non esiste la brutalità, se non come punto di vista di storico orientato? Allora, per WP non esiste l'umanità, nemmeno come ambizione? Nessuno scandalo, solo per sapere, perché io temo che la neutralità sia un parola che nasconde molti problemi e che viene usata come mazza-panacea, involontariamente. La questione che è stata posta sugli aggettivi è molto succosa e temo non si possa risolvere semplicemente con l'attribuzione di un pensiero a chi l'ha detto. Ci sono casi vistosi, il cantante "bravissimo", poi c'è anche questo. Ho paura che la "neutralità" possa risultare anche in una illusione che procura emboli. --Pequod (talk76) 12:12, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

(rientro) (conflit) se vogliamo citare fonti per l'aggettivo, i primi due che ho trovato sono Giorgio Candeloro (Storia dell'Italia moderna) e klinkhammer e qualche "anteprima" mi pare si trova anche per i journal. Io cmq rimanderei alle fonti presenti nella relativa voce --ignis scrivimi qui 12:16, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

(ri-confl.) gli aggettivi possono ben essere oggettivi: l'opera di Mengele fu certamente ed oggettivamente "abominevole", perché non serve una particolare fonte per segnalare che la riprovazione suscitata è stata pressoché generale fra le menti sane, ed è noto che suscitò altrettanto diffusi sentimenti negativi fra gli uomini pensanti, ed è persino logico che non possa che suscitare orrore. Questo aggettivo "abominevole" ha dunque una possibile accezione oggettiva, e non sarebbe necessariamente NNPOV. Ma "efferato" non registra (o non chiama a riscontrare) se vi sia stato qualche effetto ragionevolmente assumibile fra i dati dell'esperienza comune, è solo un giudizio etico, soggettivamente emesso ed altrettanto soggettivamente indirizzato verso un bersaglio che è oggetto di valutazione. E' dunque un giudizio, che non spiega altro che come la pensa chi lo esprime. Non è la natura della rappresaglia, che non è manco sintetizzabile in un aggettivo; è solo una valutazione. Peraltro, una rappresaglia in sé non è destinataria tipica di valutazioni etiche, il sottinteso che è stato traslato per metonimia nel riferire alla rappresaglia questo giudizio di riprovazione, come se si dicesse "la feroce pistola che sparò", è che efferati siano stati quelli che la eseguirono: sono loro gli efferati, semmai. Ma è una valutazione sulla loro condotta. E' un giudizio etico soggettivo e quindi pov -- g · ℵ (msg) 12:24, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
no gian, è proprio un giudizio storico, di qualificazione della rappresaglia, che si riscontra (ad una rapida ricerca) anche nei peer review e l'esempio che hai fatto (menghele abominevole) ben rende quello che intendo. --ignis scrivimi qui 12:37, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
sul concetto di "giudizio storico" ci possiamo sempre fare qualche tonnellata di discussioni, molto volentieri :-) Ma qui c'è da risolvere la questione. C'è un aggettivo assertivo non fontato che non è di Wikipedia perciò o lo si toglie, o si dice a chi appartiene. E il modo di dirlo è "rappresaglia, che alcune fonti<ref>fonte1, fonte2, fonte3, etc</ref> definirono efferata,". Se proprio aggiunge una informazione utile nell'economia del paragrafo in cui si trova. -- g · ℵ (msg) 12:47, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Imho quanto scritto da Pequod poco più sopra (......e se noi vogliamo descrivere con precisione un fatto può capitare anche di arrischiare anche questi aggettivi, perché l'unica vera neutralità è non scrivere niente....), in questo contesto è altamente dannoso e fuoriluogo. In una voce controversa come questa, gli utenti che vi intervengono (..ancor più quelli di lunga data), dovrebbero limitare al massimo il ..descrivere con precisione un fatto...: meglio lasciare questo compito agli storici (parafrasandoli e citandoli) che su questo tema si sono gia ampiamente espressi. Per cui, a quanto scritto da Pequod: ....l'unica vera neutralità è non scrivere niente..., io aggiungo un ...di nostro, mettendo al bando tutti i nostri aggettivi, perchè appunto nostri e non di valenti storici. Queste interminabili discussioni nascono perchè più che far parlare gli storici, anche con i loro aggettivi, siamo noi che vogliamo a tutti i costi parlare utilizzando i nostri di aggettivi,.. che però qua su Wikipedia non valgono proprio un bel fico secco. Volutamente anonimo --93.45.101.72 (msg) 14:26, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Temo che tu non abbia colto il sapore del mio intervento. Io volevo dire che certe volte l'assenza di un aggettivo non determina la neutralità auspicata. Per descrivere "la Cosa" di Carpenter potrai dire che essa appare "orripilante", anche se con ciò in qualche modo subisci il riflesso di una estetica antropomorfa (e l'alieno magari era Miss Marte). Se invece pensi che sia una buona idea omettere "orripilante" per amor di neutralità, tu neghi un'informazione e semplicemente la portata informativa della tua voce ci perde. Esempio grezzo tanto per intenderci.
Non penso sia un problema rimuovere "efferata" in questo caso, ma se ci vogliamo fare filosofia sopra - ed è di fatto questo il mio auspicio, cioè parlarne un po' in generale (in altra sede) - allora il mio invito è diffidare di soluzioni che poi rischiano di non essere tali. Ad esempio, dal dubbio inizialmente posto da Ribbeck io potrei ricavare che uccidere è sbagliato/crudele/feroce solo alla luce di considerazioni "emotive", quando ciascuno vuole vivere e basta, molto neutramente e che questo magari è un dato fisiologico, non etico (conatus in suo esse perseverandi): da quale *punto di vista* si assume che non voler essere ammazzati perché pescati a caso è segno di una sorta di debole e sentimentale attaccamento alla vita? E come valutare l'equazione "efferato"="bestiale" o "inumano", quando ogni aggettivo ha la sua debita sfumatura di senso? Quando al TG si sente parlare di "efferato delitto" si rinvia ad una bestialità scervellata e delirante o piuttosto al fatto che esso sia solo particolarmente "sanguinolento"? Su questo chiedo, eh, perché ho la sensazione di uno slittamento di senso (il mio Zingarelli infatti dà ragione a Ribbeck, definendo "caratterizzato da crudeltà e ferocia inumane"). Gli angeli della morte compirono delitti "efferati"?
Insomma, attenzione, problemi di neutralità spiccano con gli aggettivi ma possono essere presenti anche con sostantivi, verbi, coniugazioni, preposizioni... Non credo valga la pena di attribuire l'efferatezza, in questo caso, ad una specifica fonte. Piuttosto va bene toglierlo, ma fosse per me lo terrei e basta, anche perché le fonti non esitano, a quanto leggo, a usare termini analoghi. --pequod ..Ħƕ 17:15, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Fonti[modifica wikitesto]

Pur convenendo con Demiurgo che si tratta di un fatto pacifico ecco le fonti. Trattandosi di "unanimità" delle fonti (basta falsificare questa affermazione citando una sola fonte che ritenga che la rappresaglia fu non grave, non bestiale, legittima insomma non efferata) io o non metterei nulla o non qualificherei le fonti. Cmq ecco le fonti:

  • Giorgio Candeloro, storia dell'italia moderna, pag 271
  • Lutz Klinkhammer - stragi naziste in italia, pag. 72
  • Clemente Galligani L'Europa e il mondo nella tormenta: guerra, nazifascismo, collaborazionismo ...
  • Walter Cavalieri L'Aquila: dall'armistizio alla Repubblica, 1943-1946 : la seconda guerra mondiale all'Aquila e provincia dove paragone "l'efferatezza"
  • Giovanni Franchi La seconda guerra mondiale dove usa l'aggettivo "tremenda"

... continua domani ... --ignis scrivimi qui 18:54, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]

L'eccidio delle Fosse Ardeatine è il simbolo stesso dell'occupazione di Roma: come è ovvio, si possono ammassare fonti a volontà che lo condannano nei modi più severi. Sono contrario a qualunque proposta che appesantisca l'incipit di questa voce (che non è nemmeno quella sulle Fosse, dove forse una sezione "giudizi storici" potrebbe avere un senso) per un dettaglio totalmente marginale, giacché non ci vuole una carrellata di storici per referenziare un giudizio che fa parte del senso comune storico (indipendentemente da come la si pensi sull'attentato di via Rasella). Fare la rassegna degli storici e degli aggettivi in questo incipit sarebbe il tipico caso di "pezza peggiore del buco".--Demiurgo (msg) 22:11, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Per la verità l'efferatezza è stata messa in dubbio anche qui in talk. Ad ogni modo la connotazione dell'atto la dà già il nome stesso "eccidio", quindi volendo basterebbe solo modificare il periodo per togliere il pipe. --Vito (msg) 22:28, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Fa parte del senso comune che le Fosse siano state una rappresaglia crudele, ma non esiste per niente un'eguaglianza "condanna delle Fosse=opinione favorevole all'attentato". Persino un'importante personalità dell'antifascismo come Norberto Bobbio ebbe a dire che via Rasella – così come l'uccisione di Gentile – era da considerarsi un atto di terrorismo fine a sé stesso (qui c'è la risposta di uno "sconcertato" Bentivegna). Il che ovviamente non significa ritenere che la rappresaglia non fosse un'atrocità.--Demiurgo (msg) 23:32, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Mica sei stato tu a metterlo in dubbio. Comunque sì, l'uccisione di Gentile per quanto a stretto giro col Campo di Marte fu ingiusta. --Vito (msg) 23:39, 26 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Come Demiurgo, non penso che sia auspicabile qualcosa come "efferata[1]". Magari, nei punti più opportuni, si può sottolineare che la rappresaglia ha particolarmente impressionato, che è rimasta nella memoria dell'opinione pubblica, che è stata anche ricostruita in opere cinematografiche... Credo che forse così evitiamo di caricare il testo di connotazioni, senza però rimuovere un fatto vero quanto la stessa rappresaglia, cioè lo sdegno che ha suscitato. Poi è chiaro che lo sdegno dell'umanità non si dirige sempre nella "giusta" direzione e che talvolta non viene affatto risvegliato. --pequod ..Ħƕ 20:58, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Personalmente non ritengo proprio azzeccatissimo il termine "efferata" e utilizzerei altre aggettivazioni ("impressionante", "cruenta", "spietata"); permettetemi però anche di dire che i giudizi negativi su via Rasella o sull'uccisione di Gentile a mio parere non tengono affatto conto della famosa "guerra civile" in corso in Italia all'interno della "lotta di liberazione". In questo spietato contesto rientrano perfettamente attentati anche molto sanguinosi contro reparti militari occupanti, di qualunque natura siano, e l'uccisione esemplare di intellettuali strettamente collegati con il Regime nemico. E Gentile con le sue dichiarazioni filo-naziste e le sue assurde proposte di pacificazione filo-saloina era un obiettivo del tutto ovvio in quel contesto. Tutto il resto è speculazione politica.--Stonewall (msg) 21:23, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Mi fa piacere che adesso venga riconosciuta l'esistenza della "guerra civile", anche se in questo caso sembrerebbe quasi giustificare assassini e comportamenti completamente al di fuori anche delle regole di un qualcosa di così sporco come una guerra "normale". Mi scuserete se la cosa mi fa orrore, ed eguale disgusto per gli atti dei fascisti e di quelli che li combattevano con gli stessi metodi. Non vorrei essere frainteso, erano momenti davvero orrendi e anche persone normalmente miti si trovarono a fare cose che avrebbero preferito non fare, soprattutto quando nel proprio paese spadroneggiavano truppe che imponevano la loro "legge". Per me "efferata" è superfluo; stiamo parlando di una strage come massacro di Malmédy o Lidice, e lì non rimarchiamo che furono efferate. Esistono forse stragi pulite? Stonewall, ti ricordo che una delle frasi famose di Churchill era "chiacchiere chiacchiere e chiacchiere sono meglio che guerra, guerra e guerra", quindi un uomo che parlasse di pace forse era meno assurdo di quelli che sparavano a prescindere, nel mucchio. Questo ovviamente è solo un parere personale senza fonti alcune, ma vorrei che trovassimo il coraggio di affrontare la storia di quel periodo senza riserve e assoggettamenti a schemi legati ad un passato ormai superato. Inoltre possiamo avvalerci di fonti all'epoca non disponibili. Approfittiamone. --Pigr8 La Buca della Memoria 22:35, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]
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--Vito (msg) 22:46, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Come al solito, Vito, la tua imparzialità viene fuori con queste provocazioni gratuite. Qui sopra viene espresso un parere, esplicito, motivato e preciso, sull'uso di "efferato", e con un confronto analitico su altre voci analoghe come periodo e contesto. L'unica cosa è che ho usato toni morbidi e concesso il beneficio del dubbio, ma prendo atto che invece il tuo obiettivo è alzare i toni dello scontro. Te lo ricorderò in riconferma riportando pari pari questi diff. A presto. --Pigr8 La Buca della Memoria 23:03, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Mh non capisco quale sia la parte preoccupante, cmq il voto c'era, manca(va) la motivazione. È un off-topic metterti a plaudire alla guerra civile e dare la tua personale definizione di efferatezza, guerra, pace e cose a caso, non penso serva sprecarci ulteriormente amabili minuti. --Vito (msg) 23:20, 27 lug 2013 (CEST)[rispondi]

[ Rientro] Mi permetto un parere, pur non avendo contribuito in alcun modo alla voce: questo direi che è un caso tipico di "hanno ragione tutti". L'aggettivazione, e chi ha seguito il mio storico nelle voci del Progetto Guerra lo sa, non è una cosa che mi appartiene, ed i colleghi che hanno avuto modo di leggere voci scritte da me o collaborato con me nei vagli, sanno che "il punto di vista neutrale" è il mio primo caposaldo, tanto che la voce Rappresaglia, che ho scritto io, è scevra da qualunque aggettivazione positiva o negativa.
In un caso come questo direi che l'aggettivo "efferato" può starci come non starci.
Io non lo avrei messo, ma non perché l'episodio non lo sia stato o perché altri ne abbiano commessi di eguali o peggiori, ma semplicemente perché il mio stile di scrittura non lo prevede. Io credo che la presenza dell'aggettivo non renda POV la voce, così come la sua assenza non la riduca a semplice fatto di cronaca. --Pèter eh, what's up doc? 01:34, 28 lug 2013 (CEST)[rispondi]

in realtà, la frase "Seguì l'efferata rappresaglia tedesca consumata alle Fosse Ardeatine" chiude l'incipit, non è dunque un paragrafo qualunque, e io non lo guardo con indifferenza. E dato che sono anche giorni caldi sotto l'aspetto delle note polemiche sulle Fosse Ardeatine, mi sembra opportuno che anche questo incipit sia al suo meglio, il che vuol dire senza cose improprie, e se ce ne sono non possono avere ragione tutti allo stesso tempo :-) Forse non si riflette sul fatto che la voce sulle Fosse è un'altra, e se l'approfondimento deve tenersi in quella, qui mi pare sfugga che giudizi storici non se ne mettono (di nostri) nemmeno in quella: abbiamo una voce (su cui ci sarebbe da fare...) il cui incipit spiega già perché che noi possiamo fare tutto meno che emettere un giudizio storico, che per definizione è soggettivo, senza riferirlo a chi lo concepisce.
Adesso siamo pratici: serve proprio questo aggettivo che rimprovera i tedeschi, oppure non è faccenda nostra dare torti e ragioni? -- g · ℵ (msg) 00:04, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Sono sempre dell'idea che questa discussione sia semplicemente interessante, perché pone una questione generale, che non dobbiamo certo chiudere qui oggi né altrove domani. È interessante perché ci permette di stendere un po' il problema, magari per permettere ad altri in futuro di approfittare di qualche nostra intuizione, se ci riuscirà di averne. giudizi storici non se ne mettono (di nostri) nemmeno in quella: sono d'accordo, infatti non riserverei approcci diversi a seconda del luogo. L'approccio dev'essere lo stesso, in queste due voci e nel milione restante. In questi giorni si sta discutendo al prg trasporti di come definire uno standard per i titoli degli incidenti ferroviari (anche quelli procurati). Sono stati tirati in ballo diverse parole, tra cui anche "disastro". Disastri ne ritraiamo diversi e basta citare il disastro di Černobyl'. Disastro è "Sciagura grave, disgrazia che colpisce più cose o più persone". Fu un "disastro", fu "grave" secondo un giudizio storico o piuttosto è semplice lingua italiana che usiamo per descrivere (denotare) le cose secondo un punto di vista unanime? Siamo cioè nel regno del senso comune? Al prg trasporti qualcuno si chiedeva quante vittime fanno un "disastro"; quante fanno una "strage"? La voce sulle Fosse Ardeatine recita "Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione." (senza fonte) La voce cita anche la Convenzione di Ginevra e quella dell'Aia: tali convenzioni sono espressamente intese a distinguere l'uomo dalla fiera (ammesso e non concesso che il combattimento tra bestie sia privo di convenzioni o "bestiale" nel senso inteso dagli uomini). Mi sembra assai significativo il fatto che la citata voce Rappresaglia abbia avuto un certo incipit ("azione o misura punitiva violenta, indiscriminata e disumana, adottata da una potenza militare occupante nei confronti della popolazione del territorio occupato") fino a che con questo edit di Theirrulez (come troppo spesso senza oggetto) è stato modificato in "azione o misura punitiva attuata con metodi violenti ed espressamente eclatanti". L'abbondanza di aggettivi mi pare evidente in entrambi i casi: "violenta", "disumana", "metodi [...] eclatanti". Quello che cerco di sottolineare è che è errato attribuire agli aggettivi una portata POV speciale: va semmai valutata la loro portata denotativa o connotativa, secondo i termini esattamente evocati da Ribbeck e su cui imho sarebbe persino il caso di iniziare ad armare un saggio o qualcosa di simile.
Ribadito che non trovo la discussione oziosa (come opinava l'IP), forse possiamo sostituire "efferata" con "dura". --pequod ..Ħƕ 01:36, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Infatti qualche post fa avevo trovato come si potesse dire "abominevole" in modo del tutto oggettivo. Ma non è questo il caso. In questo caso, in questo speciale caso che dovrebbe essere uguale a tutti gli altri casi, abbiamo scritto addirittura una voce apposita per trattare al meglio cosa furono le Fosse Ardeatine. Ora io non entro in valutazioni di come sia o non sia la voce, ma se c'è una voce apposta, a che serve un aggettivo? E se devo mettere una cosa che non serve, perché scegliere proprio un aggettivo che commenta, quando noi NON possiamo commentare? Io ammetto di aver usato una specie di sarcasmo nel dire sopra di metterci una fonte, perché poi lo vediamo tutti che prevedibilmente una fonte squassa tutto, e ci rende ridicoli perché fontiamo in incipit un aggettivo e non cose più serie nel corpo della voce. Ma l'aggettivo non ci va, e non è per farvi dispetto, non ci va. Noi non commentiamo dentro la voce, lo facciamo qui in talk, e in talk io ti dico - da me a te - "fu peggio che efferata". Ma da me a lettore, "seguì rappresaglia, vediti la voce apposita per saperne di più". -- g · ℵ (msg) 02:05, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
non mi ripeterò troppo e quindi cercherò di essere breve poi lascerò al consenso ogni decisione: ci sono aggettivi che sono commenti di chi li ha inseriti, ci sono aggettivi che descrivono la natura del fatto cui si riferiscono tanto da essere usati largamente nelle fonti (divulgative e scientifiche). Pensiamo alla sostanza: se definiamo (come fonti fanno) la rappresaglia "efferata" nessuno mai potrà dire wikipedia è di parte se invece parliamo di una semplice rappresaglia il rischio di essere accusati di averne omesso la portata c'è. La domanda cui dobbiamo rispondere è: la rappresaglia delle fosse ardeatine fu efferata? se la risposta è affermativa (e questa senza andare a leggere alcuna fonte) allora essere NPOV significa citare quella definizione, in caso contrario proprio l'omissione di un elemento di conoscenza rischia di dare al lettore l'idea sbagliata (rappresaglia come tante altre) --ignis scrivimi qui 08:29, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
la voce che viene linkata si chiama, già te l'hanno osservato, "eccidio" delle Fosse Ardeatine, e dal nome non sembra una rappresaglia come tante altre. Ora, non so se un eccidio potrebbe anche non essere efferato, so che non è un problema di WP, e non è nemmeno un problema tuo, se ti preoccupi di "non dare impressioni", perché "eccidio" non dà l'idea che che stiamo encomiando chi lo commise. In ogni caso, qui non si fanno le voci con il metodo "sennò potrebbe sembrare che". Le cose sono o non sono, non "dovrebbero essere se no potrebbe pensarsi che non siano". Spunto interessante, ma portata potenziale pericolosa. Sorry :-) -- g · ℵ (msg) 09:09, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
come mediazione e incontro di posizioni :-) suggerisco allora di esplicitare il wikilink: seguì la rappresaglia tedesca consumata con l'eccidio delle Fosse Ardeatine --ignis scrivimi qui 18:21, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
affare fatto, pagami le provvigioni e poi cambia in questo senso :-P -- g · ℵ (msg) 18:47, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
lascio che altri modifichino così evito di girarti i 7 mila euro al mese che mi danno le multinazionalpartitilobby plutaiche ;-) --ignis scrivimi qui 19:00, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Fatto, sempre qua devi pagà :-P -- g · ℵ (msg) 19:06, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Rimozione dei dati sulla dirigenza comunista dei GAP[modifica wikitesto]

Riporto come spunto di discussione quanto scritto in pagina di discussione utente di Gianfranco, a proposito di questa modifica e della sua motivazione.

Carissimo Gianfranco, conosco molto bene quell'intervista, che conferma quanto ho scritto nella voce e messo in nota: i fondatori dei GAP erano comunisti, la direzione politica e operativa era comunista. Lo conferma Bentivegna dunque non capisco perché citi questa fonte per giustificare la tua rimozione. Presumo si sia trattato di distrazione da parte tua: occhio perché in passato ad altri contributori è stata concessa molta meno presunzione di buona fede e sono stati sbattuti fuori senza complimenti per una fonte citata male (o tale ritenuta)...

Quello che è vero è che all'interno dei singoli GAP potevano esserci elementi apolitici o di altre formazioni (per esempio il Pd'A). Dunque, non estrapoliamo dalle fonti ciò che esse non intendono dire. Bentivegna NON DICE che i GAP non erano creati e comandati da comunisti, anzi, afferma espressamente il contrario. Aggiungo anche che nella voce sull'attentato di via Rasella è un elemento fondamentale sottolineare la matrice comunista dell'azione, poiché essa è magna pars delle polemiche scatenate a partire dalla sera di quel 23 marzo 1944. Ti faccio anche notare, per inciso, che il tentativo di condivisione della responsabilità dell'attentato (e quindi di minimizzazione delle responsabilità politiche dei comunisti) è uno dei primissimi atti di questa sceneggiata tragica che continua ancora oggi.

Per quanto riguarda la genesi dell'attentato, Giorgio Amendola è chiarissimo: fu lui - dirigente comunista - a decidere l'obbiettivo e lasciò al comando del GAP incaricato (tutto a dirigenza comunista) totale libertà operativa. Vedi a tal proposito la lettera di Amendola a Cattani in appendice a De Felice (Mussolini l'Alleato - la Guerra Civile pp 562 e ss.) che per comodità ritrovi integralmente a questo link e che peraltro è citata nella voce.

Che la matrice dell'attentato fosse solo comunista, era già chiaro un minuto dopo l'esplosione:

«Anche De Gasperi mi chiese se sapevo che cosa significava quell'esplosione. Risposi che non lo sapevo, senza insistere, come a ricordare che era un segreto cospirativo. Ed egli, sorridente ed ammirativo: "Ne avrete combinata un'altra delle vostre. Non state mai fermi, voi comunisti, una ne pensate e cento ne fate".»

Dunque, a che pro eliminare questa puntualizzazione? La voce trabocca di elementi molto, molto meno dirimenti (tipo la nota 29) oppure storicamente inesatti (tipo la nota 28, con quel "sotto il controllo politico del CLN" che è un falso storico e fortunatamente è stato segnato in rosa). L'intero paragrafo "I fatti" è privo di note. Insomma, questa eccessiva attenzione al dettaglio della matrice comunista deve essere interpretata come un nervo scoperto?

mi fanno notare che ho fatto un errore, me ne accorgo solo ora e ne chiedo scusa: dopo aver tolto questo cn, è entrato questo edit che per qualche ragione, ho equivocato, pensando stesse rimettendo la stessa cosa tolta prima. Non era così, evidentemente, ma intanto l'ho tolto invitando l'autore a rileggersi la descrizione di Bentivegna, che dice ciò che aveva scritto l'ip, quindi non è nel merito la questione, solo nell'aver letto male, anzi malissimo l'edit. Mea culpa :-\
Il dubbio però che potesse trattarsi di un equivoco, se ti mando la fonte che avvalora proprio ciò che sostieni, lo potevi anche preferire all'insinuazione. Giusto per completezza di presunzioni di fedi. -- g · ℵ (msg) 11:41, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Non ci sono dubbi che i comunisti erano l'elemento decisivo e fondamentale dei GAP e che fossero loro gli ideatori e i realizzatori della guerriglia urbana contro l'occupante e i suoi collaboratori, compresa ovviamente via Rasella. Questo a mio parere però, lungi dall'essere una colpa, è un grande titolo di merito dei comunisti italiani; furono loro che combatterono senza sconti il nemico e che si batterono sul serio senza falsi pietismi, attesismi, tattiche rinunciatarie e senza attendere passivamente liberazioni esterne da parte degli alleati. Il principale titolo di merito dei comunisti italiani è proprio la loro attività e i loro sacrifici durante il periodo 1943-45. Quindi invece che parlare di responsabilità politiche comuniste (nel senso di colpa) in via Rasella bisognerebbe rivendicare orgogliosamente, come a sempre fatto Bentivegna, la decisione, l'attuazione e la riuscita di quell'attentato, opera dei gappisti comunisti italiani.--Stonewall (msg) 11:52, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Liberissimo di qualsiasi orgogliosa rivendicazione, ma non in voce, eh :-) Come si vede qui è già pericolosissimo fare un errore, ed anche imbarazzante, figuriamoci se ci diamo alla pazza gioia :-) -- g · ℵ (msg) 11:58, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Come Emanuele ben saprà l'adesione a questo o a quel gruppo non era necessariamente dovuta a ragioni ideologiche quanto spesso di opportunità: quale gruppo era più attivo in zona, quale gruppo operava in modo più congeniale alla propria situazione (in senso lato), etc. l'adesione ai GAP nelle grandi città occupate era spesso l'unica possibilità pratica per i resistenti. Che i GAP fossero sostanzialmente emanazione del PCI è fuori da ogni dubbio, ma spacciarlo per verità assoluta e universale con un inciso è sbagliato e probabilmente discende dalla nota moda di dipingere il PCI come "agente straniero" anche attraverso la sottolineatura dei suoi caratteri peculiari in seno alla Resistenza, caratteri che vengono artatamente fatti assurgere a segni di una presunta diversità nei suoi fini rispetto al resto delle forze antifasciste. --Vito (msg) 12:33, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Pietro Secchia, Enzo Nizza, Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, vol. II, La Pietra, 1968, voce "G.A.P.", p. 476: «A differenza delle unità partigiane, dove venivano liberamente accolti dai garibaldini i senza partito e gli aderenti ad altri partiti antifascisti, nei G.A.P. del P.C.I. venivano reclutati esclusivamente i comunisti».
Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, vol. V, La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo, Torino, Einaudi, 1975, p. 184: «A differenza del partigiano garibaldino, il gappista è quasi sempre un membro del partito, un suo quadro».--Demiurgo (msg) 12:49, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
"quasi sempre", ma BISOGNA dirlo QUI, no? --Vito (msg) 13:01, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

(rientro) Aggiungo anche Claudio Pavone, cit., p. 494:

«Nella pratica del terrorismo urbano - il cui strumento principale furono i GAP - vengono in evidenza alcuni dei più intricati nodi politici ed etici della lotta resistenziale. Il fatto che i GAP siano stati in grande prevalenza di iniziativa e di composizione comuniste non modifica il problema, ma anzi lo arricchisce di una componente classista e ideologica.»

--Demiurgo (msg) 13:03, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

L'adesione politica della base dei GAP non è in discussione. In questo senso non credo sia una ricerca originale quella di andare nella voce relativa ai GAP, farsi una ricerchetta su ciascuno dei suoi componenti elencati e stilare una piccola statistica (che però avrà dei buchi, poiché alcuni dei nomi non diranno assolutamente nulla). Nella base c'era di tutto: i comunisti erano il gruppo più numeroso ma non è possibile dire allo stato attuale se fossero anche il gruppo maggioritario.
Ben diverso è il discorso della dirigenza dei GAP a Roma. I GAP erano emanazione diretta del comando Brigate Garibaldi, tutti i suoi dirigenti erano saldamente comunisti (forse l'unica parziale eccezione era Fiorentini, borderline con il Pd'A). La parte rimossa in seconda battuta riguardava la dirigenza, non la base (la prima rimozione era dunque corretta, la seconda none) e riportava tutti i nomi con wikilink alle relative biografie da cui era possibile appurare che, sì, erano tutti comunisti.
Pertanto che fosse "comunista" Bentivegna (lo era, anche se di provenienza trotzkista, quindi non del tutto inserito nell'ortodossia dove poi sarebbe entrato) non è un problema storico dirimente, così come per gli altri suoi compagni. Egli era un gregario che obbediva a ordini dall'alto e aveva margini di manovra più che altro tattici, non certo strategici né tantomeno politici.
Vero è, al contrario, che tutti i suoi superiori erano organici al PCI. E vero è che gli altri partiti del CLN appresero dell'attentato a cose fatte, dissociandosi (DC), restando neutrali (PLI) o appoggiandolo (PSI e Pd'A). Ma sempre a fatto compiuto.
Pertanto l'informazione che l'attentato sia interamente di matrice comunista, deciso da comunisti e pianificato da comunisti (anche se poi portato a termine da partigiani di varie aderenze politiche) non è un'informazione dappoco. Si può ben affermare che una verità storica non-smentita (non uso volontariamente il termine "incontrovertibile" perché tutto è sempre revisionabile in Storia) né un'informazione tendenziosa, ma è qualcosa che serve a chiarire perché di tante azioni compiute dai partigiani durante la guerra, proprio questa sia ancora al centro di polemiche tremende (di cui noi siamo parte, in quanto spaccato della nostra società).
Vero è - d'altro canto - che questa informazione è stata usata in maniera strumentale come atto d'accusa al PCI. Tant'è che chi si esprime con l'orgoglio di Stonewall nel rivendicare al PCI il merito di Via Rasella è oramai mosca bianca, e su numerosissime fonti (vicine all'area ANPI, fra l'altro) è possibile trovare una certa reticenza, quando non un vero e proprio negazionismo della matrice comunista dell'azione e un tentativo di accreditarla a tutte le forze del CLN (quasi a cercare una correità o comunque una corresponsabilità). Quindi è vero quello che dice Vito che si è fatto un uso artato di questa informazione. Ma non per questo essa deve essere tolta da Wikipedia, poiché è vera e sostanziale per i fatti che si raccontano. Semmai il vero problema che un buon wikipedista dovrebbe affrontare è come riferire un dato senza prestare il fianco a strumentalizzazioni o a far cadere la voce in un POV o in quello opposto.

(rientro) Non capisco perché questo dato (natura comunista dei GAP), indubbiamente rilevante per la voce sulla loro azione più eclatante, dovrebbe essere messo in sordina. Interessante come un fatto che viene rivendicato da Secchia (che scrive "esclusivamente") quasi con una punta di orgoglio, diventi imbarazzante per un Vituzzu di quarant'anni dopo. Secchia vuole sottolineare l'appartenenza comunista, Vituzzu vuole dipingere via Rasella come qualcosa di corale. Talmente corale che il democristiano Spataro voleva un comunicato di dissociazione. Talmente corale che i comunisti dovettero rivendicarla da soli sull'Unità clandestina.--Demiurgo (msg) 13:24, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

o/~
--Vito (msg) 13:27, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Evitiamo di scendere sul piano personale: mi spiace che il mio errore abbia indotto qualcuno (ancora una volta) a sentirsene autorizzato, ma con i personalismi limitatevi gentilmente a me, che sono attrezzato e comunque me li merito, per il resto manteniamo la discussione su un piano di freddezza, grazie. Stiamo ai concetti. Anche perché distribuire etichette non sembra l'iniziativa più astuta della giornata -- g · ℵ (msg) 13:33, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Appunto, rimaniamo su un piano di freddezza: il dato è pertinente, è rilevante, è referenziato con due fonti (e qui in talk c'è anche la terza). Rimuoverlo è vandalismo. Tutto il resto è citazione necessaria. Per rispondere a "presunta diversità nei suoi fini rispetto al resto delle forze antifasciste": forse qui dentro si ignora tutto il filone della storiografia resistenziale comunista, sviluppatosi soprattutto a partire dal '68, che rivendica apertamente la diversità di metodi e di obiettivi dei comunisti rispetto ai "badogliani" e agli "attesisti" (Stonewall ce ne ha appena offerto un saggio), fino ad elaborare la teoria del "poker d'assi" (definizione di Roberto Battaglia), secondo la quale i comunisti avevano combattuto contro fascisti, tedeschi, partiti moderati del CLN e anglo-americani. "La Resistenza è rossa non democristiana" si urlava nel '68 (sentitevi anche questa). Ogni invece fa più comodo ammantarsi di ciellenismo e di tricolore, perché nel frattempo l'aver sognato il socialismo reale in Italia è diventato imbarazzante.--Demiurgo (msg) 14:02, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
l'ha tolta perché edit di utente bannato, e l'ha spiegato; allora sottolinea anche, per equità, che non ha insistito, verosimilmente per evitare verticalizzazioni e non certo per metus utentialis. Tutt'altro che vandalismo, dunque. Dopodiché siete liberi di pensarla come volete, in reciproco rispetto. -- g · ℵ (msg) 14:14, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Se un bannato (anche il perfido Mastrangelo) scrive che 2+2=4, 2+2 continuerà a fare 4. Non diveterà 5 per fargli dispetto. Se un bannato scrive che i GAP comunisti erano comunisti, continueranno a essere comunisti. La rimozione di Vituzzu fa parte di quella decomunistizzazione dei GAP sulla quale ebbi a dissentire già con Montesacro (e quindi con Crisarco e Vituzzu) anni a dietro. Lo ricordo perché nella voce c'è ancora il mio cn sulla frase "precedentemente non politicizzati" (il "precendentemente" fa diventare tra l'altro la precisazione inutile). L'altro cn è su "formalmente inquadrati entro il CVL e sotto il controllo politico del CLN". Sul "formalmente inquadrati" niente da dire: è vero. Sul "sotto il controllo" del CLN c'è da discutere a lungo: non è assolutamente vero che le azioni dei GAP fossero preventivamente autorizzate dal CLN, se è questo che si vuole far passare. Perché tutto ciò? Perché prima che intervenissi io nella voce c'era scritta questa falsità megagalattica: "L'ordine di eseguire l'attacco fu dato dai responsabili della Giunta militare [del CLN]". C'è sempre stata la tendenza a fare scaricabarile sul CLN in questa voce.--Demiurgo (msg) 14:41, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Eri già qui quando si affrontò, in più occasioni, la questione degli edit dei bannati, quindi non è una novità che 4+4 fa Nora Orlandi. Ovviamente, infatti, si è sempre parlato di edit "sani" dei bannati, ci mancherebbe altro che provassimo a salvare quelli "guasti". Stiamo ai concetti, please, attribuendo solo le intenzioni che ci constano davvero. E se ce ne constassero, valutiamo selezionando solo quanto è utile per la discussione, l'unica cosa che conta. Grazie. -- g · ℵ (msg) 15:00, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Ho provveduto a eliminare quelle due parti in rosa, avevo dimenticato di farlo anni fa quando già portai fonti sulla dipendenza esclusiva dei GAP dal PCI (le ricito):
  • Gaetano Grassi, Verso il governo del popolo. Atti e documenti del CLNAI, 1943-1946, Feltrinelli, 1977, p. 14: Il contrasto tra partito comunista e partito d'azione si basava su un diverso atteggiamento di fronte ai problemi della resistenza armata e del CLN: gli azionisti operavano come i promotori e gli organizzatori, soprattutto a livello militare, del movimento di liberazione; i comunisti agivano all'esterno del comitato, secondo un piano di organizzazione autonomo e nello stesso tempo, all'interno, si ponevano in funzione critica rispetto all'operato dell'organo collegiale. Fin dal settembre li vediamo agire in piena indipendenza dal CLN: sono di questo mese la costituzione del Comando garibaldino e la formazione dei primi GAP, fuori dal Comitato militare se non in antitesi ad esso.
  • Santo Peli, La Resistenza in Italia. Storia e critica, Einaudi, 2004, p. 250: "Anche i rapporti con i Cln sono indiretti, in quanto i Gap dipendono esclusivamente dal Partito comunista e dalle brigate Garibaldi".
Vediamo se questa volta ce la facciamo a eliminare il mito dei GAP dipendenti dal CLN e non dal PCI.--Demiurgo (msg) 15:20, 29 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Bozen e SS[modifica wikitesto]

Come già ho scritto su, la descrizione del Bozen in questa voce è errata e si basa su una fonte datata (il libro di Katz la cui prima edizione risale al 1967: praticamente il paleolitico, senza contare che l'editore originale è Editori Riuniti e quindi ha un'impostazione non solo di parte, ma proprio di partito mi sono confuso con Morte a Roma, il libro citato è invece Roma città aperta). La ricerca storica successiva (i libri di Lorenzo Baratter citati in bibliografia) ha evidenziato che i soldati di un'unità di Ordnungspolizei non erano SS, corpo con il quale avevano un rapporto di dipendenza funzionale. Alla data di via Rasella il Polizeiregiment Bozen non aveva neanche la denominazione di SS e la divisa d'ordinanza non aveva le rune. Come spiega questa fonte:

«Nonostante che dal febbraio del 1943 Heinrich Himmler, Capo delle SS, avesse emanato una specifica nella quale i Polizeiregimenter dovevano essere rinominati “SS- Polizeiregimenter”, per le unità Sud-Tirolesi ciò avvenne con molto ritardo. Ad esempio, il Polizeiregiment “Alpenvorland” ricevette il suffisso “SS” solo il 29 gennaio 1945, mentre il "Bozen" lo ebbe 16 aprile 1944, quindi dopo i fatti di via Rasella.»

Di fatto parlare di SS-Polizeiregiment "Bozen" in questa voce è un puro anacronismo, che deve essere necessariamente corretto. Anche la voce dovrebbe essere rinominata: dato che il battaglione è noto principalmente per via Rasella, deve avere la denominazione che portava il 23 marzo 1944.--Demiurgo (msg) 13:58, 30 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Penso sarebbe opportuno citare entrambe le denominazioni nella voce del reparto, creando anche un redirect alla denominazione secondaria, e poi usare qui quella che era in uso all'epoca dei fatti. Esiste una foto di archivio privato che mostra, come ho scritto nella voce del Bozen, una Kubelwagen del Bozen con targa Pol (quindi Polizei) e non SS, con didascalia "Summer 1944"; ovviamente non è fonte che garantisca certezze, ma penso si possa escludere l'eventuale errore intenzionale. --Pigr8 La Buca della Memoria 18:24, 30 lug 2013 (CEST)[rispondi]
Corretto usare in questa voce la denominazione dell'epoca in cui i fatti si svolsero--Jose Antonio (msg) 20:22, 30 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Mie ultime modifiche[modifica wikitesto]

Avendo nuove fonti a disposizione ho ritenuto di fare alcune modifiche. contestualmente ho ampliato la voce sul Bozen, motivo per cui ho tagliato da qui cose che sono meglio scritte e fontate di là. Sono anche a favore dell'eliminazione dell'intero paragrafo in cui si riporta cio che dice Robert Katz riguardo al Bozen, in primo luogo perché (come ho scritto nel C) alla luce della letteratura più recente si tratta di cose spesso imprecise, secondariamente perché, adesso che c'è la voce sul reparto, è un doppione di quanto già presente di là. --Ribbeck 16:55, 13 ago 2013 (CEST)[rispondi]

segnalo su Staron di Alessandro Portelli --ignis scrivimi qui 21:44, 13 ago 2013 (CEST)[rispondi]
anch'io ho importanti novita' sul Bozen, mi sono procurato Le Dolomiti del Terzo Reich citato in biblio, che narra tutta la storia del reparto prima e dopo via Rasella. Tutto quello che scrive Katz e' sbagliato. Sul Bozen si sono accumulati nel tempo diversi errori: ad esempio in un memorandum italiano alla conferenza di Parigi gli fu imputato il rastrellamento del ghetto di Roma del '43, nonostante il reparto non avesse ancora messo piede nella capitale. Inoltre fu assurto a simbolo della barbarie nazista ben oltre quanto la realta' dei fatti permettesse. Appena torno dalle vacanze mi metto all'opera sia qui che nella voce Bozen. In piu, so che anche in L'occupazione tedesca in Italia Stragi naziste in Italia di Klinkhammer dovrebbe esserci scritto qualcosa. Se qualcuno ce l'ha potrebbe controllare.--Demiurgo (msg) 13:31, 14 ago 2013 (CEST)[rispondi]

Nota nr. 9 (numero vittime)[modifica wikitesto]

Salve. Data la corposità della nota nr. 9, si potrebbe provare a farne un paragrafo da inserire nel testo, lasciando in nota solo i riferimenti bibliografici. Che ne pensate? --Ribbeck 14:47, 17 ott 2013 (CEST)[rispondi]

In effetti come dimensione è notevole, ed è un peccato confinare qeuste informazioni ad una nota. --Pigr8 La Buca della Memoria 23:13, 18 ott 2013 (CEST)[rispondi]

Paragrafo sul Bozen[modifica wikitesto]

Dato che la voce sul Bozen è molto cresciuta e che Katz è solo uno dei testi disponibili, e a quanto pare nemmeno molto preciso sul tema, ho ritenuto di ridenominare il paragrafo e di eliminare il testo precedente, nell'attesa di riscriverlo da capo in base al testo attuale della voce sul Bozen. --Ribbeck 16:29, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]

Ma qualcuno mi spiega che vuol dire "secondo Robert Katz"? E' come il Vangelo secondo Matteo o secondo Luca? Esiste una fonte qui che sia tale da giustificare l'intitolazione di un paragrafo alla fonte stessa piuttosto che al fatto? E se è così perchè il libro del Katz non ha una voce? Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine è link rosso, e Roma Città Aperta - settembre 1943 - giugno 1944 anche. Sembra strano solo a me? --Pigr8 La Buca della Memoria 17:36, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]
Un palese complotto di link rossi direi. Katz è un autore come un altro, il paragrafo si rinomina togliendo Katz dal titolo e si aggiungono gli altri autori. Certo che però in tre che nello stesso sabato pomeriggio vi mettete a depotenziare il Bozen, lol! --Vito (msg) 17:41, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]
E tanti saluti alla presunzione di buona fede. Se guardi il mio log vedi che sto facendo anche altro, e che io alla voce in se non ho messo mano. Poi comunque dimenticavo che esprimere pareri è concesso solo ad una ristretta élite della quale io non faccio parte, ma evidentemente tu si. Salutiamo anche l'enciclopedia libera, o quando tutto manca possiamo usare il senso in Neolingua come "questo cane è libero da pulci". Poi non ti lamentare se uno cita spesso Orwell. --Pigr8 La Buca della Memoria 17:44, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]
Guarda Vito che tutti gli approfondimenti del caso sono già nella voce sul Bozen. È poco serio che nelle altre voci restino informazioni contradditorie o spacciate per certe, quando invece ci sono molti elementi controversi. --Ribbeck 17:47, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]
Ed essendo inutile appesantire questa voce con info che sono di là, meglio inserire un riassunto. Come segnaposto intanto propongo di mettere una parte dell'incipit dell'altra voce, certo meglio della versione precedente che ti ostini a difendere. --Ribbeck 17:52, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]
Ok con ultima modifica Ribbeck. Aggiungo che quanto riportato da Katz (che non è uno storico ma faceva il giornalista) e sarebbe interessante conoscere le sue fonti è contraddetta nettamente da Gianni Oliva che è invece un saggista storico in L'ombra nera di Gianni Oliva, Oscar Mondadori pp 118-119 in cui è riportato chiaramente che "non si tratta di un reparto di SS, ma di un regolare reparto della polizia d'ordine, teoricamente alle dipendenze del comandante delle SS in Italia Karl Wolff, ma che per assolvere i compiti di sorveglianza in città segue le direttive del comandante militare della Piazza, generale Maltzer. Alla compagnia non sono addebitate azioni efferate compiute nelle settimane precedenti, nè coinvolgimenti in rastrellamenti, dal momento che essa è ancora in fase di addestramento.". Pertanto usiamo le fonti più autorevoli e Katz senza offesa non è tra queste. E un paragrafo dedicato alle sue teorie è POV e ingiusto rilievo.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Jose Antonio (discussioni · contributi) 18:00, 26 ott 2013‎ (CEST).[rispondi]
Faccio inoltre notare che il materiale che ho cassato qui, è presente di là, nella voce sul Bozen, qundi non c'è nessuna perdita complessiva di informazioni. --Ribbeck 18:16, 26 ott 2013 (CEST)[rispondi]

Bibliografia[modifica wikitesto]

Ho rimosso un libro inserito in bibliografia ma non utilizzato nella voce, come da consenso emerso in varie discussioni su voci in Vetrina; se si ritiene, sarebbe utile creare una sezione "letture consigliate" per ospitare questi testi ma prima bisognerebbe specificare un criterio di inserimento; verifichiamo anche se vi sono altri libri in biblio in queste condizioni. --Pigr8 La Buca della Memoria 23:02, 31 mag 2014 (CEST)[rispondi]

Prima di togliere un libro si faccia un ragionamento su cosa tenere e cosa buttare. Mi sembra che su questa voce ne avete da discutere, anche per un aggettivo che si trova nelle enciclopedie cartacee, ma qui diventa misteriosamente un problema. Comunque non mi pare sia voce in vetrina e forse prima di limare biblio c'è da lavorare per togliere template in capo alla voce. Che vi assicuro è di diffcile lettura.--Rhockher 09:24, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Ho inserito il testo in bibliografia appunto con l'intenzione di utilizzarlo nella voce. Vorrà dire che proporrò un edit basato su tale fonte e poi, qualora vi sia consenso, lo inseriremo in bibliografia. --Salvatore Talia (msg) 14:06, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

(conflittato)Prima di rollbackare senza capire esattamente perchè, forse è il caso di guardare alle altre voci "serie" (inteso nel senso di come sono organizzate). Io lo stesso lavoro di suddivisione l'ho fatto su Battaglia di Iwo Jima che è in vaglio. Rhocker, tu sei esattamente uno dei tanti utenti che "prendo[no] atto che le operazioni di delegittimazione purtroppo sembrano godere di ottima salute" (dalla tua pagina utente) e quindi essendo possessori della Vera Autentica Verità agisci a salvaguardia del Progetto, ovviamente sovrintendendo al lavoro degli umili operai. Io invece, da povero fesso che opera sulle voci, mi rendo conto di agire in modo nel migliore dei casi approssimativo, e nel peggiore in mala fede, perfettamente inserito in quel gruppo che Salvatore Talia ha giustamente stigmatizzato al bar recentemente. Grazie comunque per avere spiegato la procedura da seguire per migliorare la voce, da solo non ci sarei mai arrivato. Salvatore, se vuoi inserire il libro nella biblio per collegarlo a fonti in voce la cosa è giusta, ma se hai un attimo per migliorare la voce, considera quello che ho detto riguardo alla distinzione tra biblio e letture consigliate e magari formatta il libro col "cita libro" mettendo il parametro cid in modo da poterlo citare più efficacemente, ad esempio secondo la notazione Harvard (ma non è l'unica). Se hai dei dubbi comunque, sono convinto che Rhocker ti metterà a disposizione la sua esperienza e riuscirà a spiegare come farlo molto meglio di me. --Pigr8 La Buca della Memoria 15:46, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Ringrazio entrambi; mi spiace di aver dato involontariamente spunto a un dissidio: probabilmente avrei dovuto proporre il mio edit prima di inserire la fonte in biblio. Comunque la mia proposta è qui sotto. Frattanto mi informerò su come funziona il "cita libro" (mannaggia, lo sapevo che prima o poi avrei dovuto imparare a usarlo...) --Salvatore Talia (msg) 16:04, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Sempre felice di essere d'aiuto. Putroppo si edito poco, anzi pochissimo, per i dubbi che ho espresso nella mia pagina utente già dal 2010 e che tuttora nutro e non perchè consideri editare roba da "umile operaio/a", nè tanto meno perchè ritengo di avere una Verità in tasca, ma questo nulla ha a che vedere con la voce. Da utente le bibliografie corpose sono uno strumento utilissimo se non fondamentale per approfondire o comprendere con maggiore chiarezza. Quindi prima di eliminare testi ci penso bene e se trovo che il testo sia "superfluo" o non rilevante, chiedo lumi. Inoltre quelli citati in voce si possono trovare nelle note. Last but not least questa voce per diventare "seria" o da vetrina ha bisogno, credo, di altro tipo di lavoro: allo stato attuale è veramente di difficile lettura. Buonlavoro a voi. --Rhockher 17:30, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Nuova sezione[modifica wikitesto]

Propongo di aggiungere, dopo la sezione Rastrellamento e prima della sezione Riepilogo delle sentenze, una nuova sezione intitolata Conseguenze dell'attentato. Questa nuova sezione si aprirebbe con un rinvio di approfondimento alla voce Eccidio delle Fosse Ardeatine; seguirebbe un paragrafo così formulato:
"La Giunta militare del CLN si riunì il 26 marzo, quando la ritorsione tedesca si era già consumata; durante la riunione l'esponente della Democrazia Cristiana Mario Spataro disapprovò (a causa delle sue conseguenze) l'attentato di via Rasella, e propose l'emissione di un comunicato con il quale i gruppi combattenti fossero richiamati a chiedere sempre, prima di ogni loro azione, l'approvazione della Giunta. La proposta di Spataro venne respinta, in quanto essa, di fatto, avrebbe comportato la fine delle azioni di resistenza armata e sarebbe suonata inoltre come una sconfessione dell'attentato da parte del CLN; comunque il disaccordo, all'interno del CLN, sulla valutazione dell'attentato, è testimoniato anche dal fatto che la prima rivendicazione dell'azione di via Rasella fu espressa dal solo PCI (sebbene, in un comunicato successivo, il CLN definì l'attentato “atto di guerra di patrioti italiani”)".
La fonte è: Gabriele Ranzato, Roma, in: AA. VV., Dizionario della Resistenza. A cura di Enzo Collotti, Renato Sandri e Frediano Sessi. Volume primo. Storia e geografia della Liberazione, Einaudi, Torino 2000, ISBN: 88-06-14689-0, pagg. 420-21.
Penso che la mia proposta possa servire per rimuovere il template a inizio voce, che lamenta l'assenza di ogni accenno all'intervento di Spataro nella riunione del CLN successiva all'attentato. --Salvatore Talia (msg) 15:43, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Sono favorevole all'inserimento del tuo testo, che poi io integrerò con altre fonti, e quindi alla rimozione del tag. Alcune integrazioni sono necessarie perché Ranzato nella sua voce non ha utilizzato, per precisa scelta editoriale, alcuni testi su via Rasella tra cui quelli di Aurelio Lepre e Enzo Forcella che approfondiscono i contrasti interni al CLN. Ci furono anche delle polemiche tra storici in merito: [1] [2] [3].--Demiurgo (msg) 16:04, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]
OK, allora procedo. --Salvatore Talia (msg) 16:12, 1 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Forse non saranno superflue due parole per chiarire come intendo utilizzare la fonte che ho proposto.
Vorrei basarmi sul testo di Ranzato per estendere la sezione sul contesto storico, in particolare inserendo informazioni sulla Giunta militare del CLN e sulle divergenze politiche di fondo che, in quell'organismo, esistevano "tra comunisti, azionisti e socialisti da un lato, e democristiani, liberali e demolaburisti dall'altro, sul tipo di azioni da compiere" (pag. 415), essendo i primi disposti ad attuare veri e propri atti di guerra, compresi gli attentati terroristici, mentre i secondi propendevano per limitarsi alla propaganda e ad atti di sabotaggio. Vorrei poi spiegare che la posizione più moderata espressa da DC, PLI e DL era condivisa dal Vaticano, il quale era in buona misura contrario agli atti di resistenza armata, giudicandoli inutili e controproducenti. Nella neocostituita sezione sulle conseguenze dell'attentato, vorrei aggiungere che dopo la rappresaglia nazista la resistenza armata di matrice comunista e azionista subì una battuta d'arresto, dovuta alla perdita di quadri e militanti nell'eccidio delle Ardeatine, alla mancata adesione da parte della cittadinanza assai provata dalla fame e dalla repressione, e ai contrasti politici fra i resistenti stessi.
In seguito vorrei servirmi anche del testo di Portelli, specie per quanto riguarda la reazione della Santa Sede all'attentato e il modo in cui la valutazione del medesimo da parte del mondo cattolico pesò nell'opinione pubblica anche nel dopoguerra.
Ritengo superfluo anticipare qui in talk ogni singolo edit; naturalmente in caso di disaccordo mi avvertirete, mi fermerò e ne parleremo qui. --Salvatore Talia (msg) 13:46, 3 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Non c'è bisogno che avvisi: be bold!--Demiurgo (msg) 14:17, 3 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Calamandrei[modifica wikitesto]

Questo edit mi lascia un po' perplesso. Non è esagerato mettere fra le "conseguenze dell'attentato" un parere personale che consiste in un'annotazione su un diario (non stiamo neanche parlando di una dichiarazione pubblica) venuta alla luce parecchi anni dopo i fatti, e contraddetta - a quanto dice la stessa recensione - dalle successive prese di posizione pubbliche dello stesso autore? Siamo più nel pettegolezzo alla Bruno Vespa che nella storiografia, a mio parere. Inoltre il giudizio di Calamandrei è citato di seconda mano; in altre parole, non è citato il libro ma solo una sua recensione, dalla quale fra l'altro non si capisce bene a chi realmente appartenga il parere. Come si deve interpretare il passaggio della recensione citata in cui è scritto che Piero Calamandrei "attribuisce all'amico Pietro Pancrazi un dubbio che gli tarla la coscienza"? Il "dubbio" è stato forse espresso da Pancrazi e Calamandrei lo fa proprio? In che modo lo fa proprio? Oppure si tratta di una deduzione del curatore del volume, Alessandro Casellato? O dell'autrice della recensione, la giornalista Simonetta Fiori? Secondo me si potrebbe, quando ci si riferisce a un libro, magari anche consultarlo prima di riportarne i contenuti su Wikipedia. --Salvatore Talia (msg) 19:50, 10 giu 2014 (CEST)[rispondi]

L'ho spostato in una nuova sezione "Le reazioni". Proprio perché non si tratta di una dichiarazione pubblica, ha un valore importante: è la prima impressione scritta senza curarsi delle conseguenze. La posizione successiva, oltre che a un naturale mutamento di opinione, può essere dovuta anche all'esigenza di non dare appigli agli avversari politici in una polemica che coinvolgeva tutta la Resistenza. Bruno Vespa non c'entra niente. La fonte che ho citato - l'articolo su Repubblica di Simonetta Fiori - è perfettamente valida. Simonetta Fiori cura abitualmente le recensioni dei saggi storici su "Repubblica". Proprio in questi giorni ho editato in Giuramento di fedeltà al Fascismo, voce basata in gran parte proprio su una recensione della stessa giornalista. Ad ogni modo, io faccio sempre (per eccesso di zelo) dei controlli prima di inserire un'informazione: ecco la fonte originale [4] [5]. L'articolo quindi riporta correttamente il contenuto del libro che recensisce. Si tratta di un saggio sulla diversità tra il modo di intendere l'antifascismo di Piero Calamandrei, liberale, e quello di suo figlio Franco, comunista. Tornando a noi: Piero Calamandrei, padre costituente, autore della celeberrima lapide ad ignominia contro Kesselring, nonché padre di Franco Calamandrei, a caldo riporta nero su bianco in un suo scritto una riflessione di Pietro Pancrazi (altra personalità dell'antifascismo) molto critica verso l'attentato di via Rasella, uno degli eventi più discussi della resistenza. Questo fatto di chiaro interesse storico mi sembra ben meritevole di tre misere righe di questa voce. Certo si tratta di un fatto che può offrire uno spunto di polemica contro l'azione gappista. Ma sempre di un fatto si tratta e noi non dobbiamo occultare i fatti. Sulla base delle fonti che ho linkato puoi cambiare la forma di quello che ho scritto, ma la sostanza deve rimanere.--Demiurgo (msg) 21:39, 10 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Bene. Quindi abbiamo la conferma che il testo di Piero Calamandrei è stato citato senza precedentemente averlo letto, ma solo sulla scorta di una recensione, poi riscontrata "per eccesso di zelo" (!!!) mediante il reperimento del relativo passo su Google Books.
Comunque, presa per quello che può valere (cioè pochissimo), la citazione decontestualizzata trovata su Google Books è tratta dalla pagina xxix del volume; dunque si può supporre che sia tratta dalla introduzione del curatore. E' quindi Alessandro Casellato che parla, e il passo appare essere il seguente:
"Ancora a metà del '44, quando avrà già saputo del ruolo svolto da suo figlio a via Rasella, [Piero Calamandrei] riporterà nel diario l'opinione (o almeno il dubbio, fatto pronunciare all'amico Pancrazi) che il coraggio per compiere gli attentati contro tedeschi e fascisti 'è molto simile a quello dei criminali, non dei soldati in campo': un coraggio da deboli - come quello di Lafcadio, il personaggio di Gide - che non rivela altro che 'il disprezzo dell'individuo, proprio dei partiti di massa'".
Intanto Casellato ci dice che l'annotazione risale "a metà del '44" (giugno?); non si tratta pertanto, come invece afferma Demiurgo, di una reazione "a caldo" all'attentato di via Rasella (avvenuto a marzo). Inoltre il riferimento specifico a via Rasella lo ha aggiunto Casellato, ma nel testo di Calamandrei, a quanto pare, non c'è. Infine Calamandrei riferisce un'opinione, o dubbio, del suo amico Pancrazi; che Calamandrei abbia "fatto propria" tale opinione è una supposizione del curatore, ulteriormente enfatizzata poi dalla giornalista Fiori nella sua recensione.
Sopra ho scritto che la fonte è di seconda mano: mi sbagliavo, qui siamo alla quarta o quinta mano; volendo fare le cose per bene, in voce dovremmo scrivere qualcosa del genere: "Simonetta Fiori afferma che Alessandro Casellato suppone che Piero Calamandrei abbia condiviso un pensiero di Pietro Pancrazi secondo cui, ecc. ecc.; Casellato accosta tale riflessione all'attentato di via Rasella".
Questo dunque sarebbe il "fatto di chiaro interesse storico" (secondo l'espressione di Demiurgo) di assoluto rilievo enciclopedico (sempre secondo Demiurgo): non un fatto, bensì l'interpretazione di un'interpretazione di un'interpretazione di un'interpretazione di una citazione. Lo si potrebbe inserire in una nuova sezione apposita, da intitolare "Interpretazioni di citazioni di opinioni riferite ai fatti di via Rasella". --Salvatore Talia (msg) 13:57, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Egregio Talia, l'articolo di Simonetta Fiori è una fonte per Wikipedia. Alessandro Casellato è una fonte per Wikipedia. Tra l'altro, Wikipedia si basa su fonti secondarie: meglio queste che il testo originario di Calamandrei interpretato da noi. Scrivere nel 1944, in qualunque mese, è certamente "a caldo" rispetto agli anni cinquanta, sessanta, settanta. Il libro di Casellato continua così: «Dei "ribelli" in fondo diffida: ha notizia che siano tipi poco raccomandabili, che portino berretti con la falce e martello...». E' noto agli storici che "Nel suo diario, Piero esprimeva giudizi severi intorno a quella Resistenza di cui pure si sarebbe fatto l'ineguagliato cantore, durante il decennio successivo alla Liberazione..." (Sergio Luzzatto). Ribadisco: fatto di sicuro interesse storico.--Demiurgo (msg) 14:16, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Intanto, cominciamo con l'attribuire a Cesare quel che è di Cesare; ho inserito in voce alcune precisazioni su cosa esattamente è stato detto e da chi. --Salvatore Talia (msg) 18:53, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Liberissimo di modificare e dettagliare, ma non di sopprimere. Va consentito al lettore di farsi un'opinione su tutto ciò, così come io e te abbiamo avuto modo di farci una nostra idea. Non capisco perché tu debba aprioristicamente ritenere che l'interpretazione di Casellato, che ha studiato gli scritti di Calamandrei a te sconosciuti, sia erronea.--Demiurgo (msg) 19:30, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Come si può agevolmente constatare, non ho soppresso un bel nulla. E non si tratta di ritenere erronea o fondata una determinata interpretazione, bensì di riportarla come tale, attribuendola all'interprete anziché direttamente al testo interpretato. Adesso in voce è riportato, credo, in modo abbastanza fedele il contenuto del passo di Casellato in questione, tralasciando solamente il riferimento all'autore de I falsari (suggestivo, ma certamente fuori luogo). --Salvatore Talia (msg) 19:54, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Benissimo, infatti non ho nulla da ridire sulle tue modifiche. Esiste un modo infallibile per andare d'accordo con me: scrivere sempre e solo seguendo le fonti, non eliminare quello che scrivono gli altri seguendo le fonti. Comunque, per chi volesse risalire alla fonte primaria, segnalo che si tratta del vol. II del Diario (1939-1945) di Piero Calamandrei, pp. 513-514 (31 luglio 1944). Anche per curiosità personale, cercherò di procurarmi questo volume.--Demiurgo (msg) 20:14, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
Questa è un'ottima idea; sono del parere che sia sempre meglio rifarsi a un testo nella sua integralità, anziché limitarsi a riportarne citazioni che, fuori dal loro contesto, possono a volte risultare fuorvianti. Ancora meglio, quando possibile, sarebbe tenere conto dell'intera fisionomia intellettuale dell'autore citato: non è giusto "inchiodarlo" a una sua posizione magari momentanea e successivamente da lui superata o anche capovolta. Nello specifico, ritengo interessante la tua citazione dell'articolo di Luzzatto, da cui sembrerebbe che Piero Calamandrei, sotto l'influenza del figlio, abbia mutato in modo assai radicale le proprie opinioni rispetto a quanto riportato in voce, fino a diventare nel dopoguerra addirittura un ammiratore del comunismo cinese. --Salvatore Talia (msg) 20:34, 11 giu 2014 (CEST)[rispondi]
[@ Salvatore Talia] Dopo più di tre anni (caspita da quanto tempo lavoriamo a queste voci!) ho trovato il diario di Piero Calamandrei (edizione 2015). Visto che mancherò per un po', ti ho inviato le foto delle pagine relative a via Rasella e all'uccisione di Gentile, ove mai volessi provvedere tu a scrivere qualcosa in più sulle impressioni del celebre giurista in merito a tali eventi.--Demiurgo (msg) 15:22, 21 nov 2017 (CET)[rispondi]
[@ Demiurgo], epperò le foto non le ho ricevute, non è che puoi reinviarmele? Anche con calma, tanto nel breve periodo non credo di riuscire a editare sull'argomento. A presto --Salvatore Talia (msg) 12:45, 24 nov 2017 (CET)[rispondi]
[@ Salvatore Talia] Si è verificato un problema a causa delle dimensioni degli allegati. Controlla ora.--Demiurgo (msg) 13:31, 24 nov 2017 (CET)[rispondi]
OK ricevute le foto, grazie. Come dicevo, in questi giorni ho poco tempo da dedicare a Wikipedia, ma appena possibile cercherò di utilizzarle. --Salvatore Talia (msg) 20:39, 30 nov 2017 (CET)[rispondi]

Comunicato del CLN[modifica wikitesto]

Direi che la voce stia migliorando vistosamente, anche grazie agli ultimi edit di Demiurgo; penso che lavorandoci ancora un po' su potremo senz'altro farne una voce di qualità. In particolare grazie a questo abbiamo ora in voce il testo completo del comunicato del CLN successivo all'attentato. Nel ringraziare Demiurgo per essersi assunto l'onere di ritrascriverlo interamente, mi rivolgo ora a lui per chiedergli un piccolo chiarimento: l'osservazione che il comunicato è retrodatato al 28 marzo "per nascondere l'esitazione e il dissenso interni" si trova sempre nella stessa fonte da cui hai ripreso il testo del comunicato, cioè nel libro di Robert Katz? (Ovviamente te lo chiedo in quanto non dispongo di tale fonte, altrimenti controllerei io stesso). --Salvatore Talia (msg) 18:44, 12 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Sì, quella frase si trova nel libro di Katz, parzialmente consultabile qui. Ho aggiunto anche il comunicato del PCI e altre informazioni prese da due articoli di Enzo Forcella. Per raggiungere il livello di voce di qualità c'è ancora molto da fare: nel complesso la voce è disordinata, ci sono parti senza fonti e altre che vanno riviste. Ci vorrebbe un vaglio: si potrebbe estendere a questa voce Wikipedia:Vaglio/Polizeiregiment "Bozen" in modo da non aprire due pagine.--Demiurgo (msg) 15:02, 13 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Passo privo di fonti[modifica wikitesto]

Ho espunto il passaggio, privo di fonti, che ritrascrivo qui di seguito mettendolo in corsivo: Allo scopo, fu evitata un'intensa militarizzazione, mantenendo all'interno della cerchia cittadina reparti di polizia, polizia militare (Feldgendarmerie) e SS-Polizei (Abt. IV e VI), nonché truppe di comando e servizi, e facendo passare il grosso dei rifornimenti destinati al fronte ai margini dell'Urbe. Di fondamentale importanza fu per questo il ponte della Magliana (oggi non più esistente), all'altezza della "collina dell'Esposizione", oggi EUR, che univa la consolare via Aurelia - tramite la strada di Ponte Galeria - all'Appia e alla via Casilina tramite le vie suburbane del Divino Amore e della via Laurentina.
Eventualmente lo si potrà riformulare e reinserire munendolo di fonti adeguate. --Salvatore Talia (msg) 20:11, 25 giu 2014 (CEST)[rispondi]

Concordo, era tempo che ci pensavo e anzi mi dà lo spunto per una riflessione che vorrei ri-porgere adesso che questa pagina è nuovamente costruttiva:-)
Si tratta del contesto, subito dopo l'incipit, che riassume tanti di quegli aspetti che finisce per essere una panoramica sul periodo a mio umile avviso eccessiva. Occupa un terzo della voce e forse contiene materiale per diverse altre voci, posto che già non l'abbiano, visto che si parte dalla fuga del Re e abbraccia 6 mesi, un periodo pari al 10% di tutta la guerra. Credo che diversi approfondimenti possano stare a lato, in {{nota}}, molti rinvii si potrebbero fare in {{vedi anche}} e forse si potrebbero rivedere in senso di sintesi certi passaggi in cui ci sono note in linea che contengono in pratica ulteriori trattazioni pressoché autonome.
Secondo voi è il caso di asciugare? Se sì, come? Grazie anticipatamente dei vostri pareri :-) -- g · ℵ (msg) 02:29, 4 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Sono d'accordo: bisognerebbe trasferire buona parte del testo in Resistenza romana e lasciare qui solo un riassunto, aggiungendo il "vedi anche".--Demiurgo (msg) 13:37, 4 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Non sono d'accordo. Le fonti che conosco, e che finora ho utilizzato, dedicano ampio spazio alla ricostruzione del contesto. In particolare Alessandro Portelli, nella sua monografia, osserva più volte (per esempio alle pp. 18-20, a pag. 152 e passim) che la comprensione dell'evento-attentato di via Rasella è possibile solo se è inserita in un contesto sufficientemente ampio, che ricomprenda l'occupazione nazista e le sue caratteristiche nonché la natura e le dinamiche della Resistenza romana. La sezione riguardante il contesto mi sembra ora abbastanza ampia, non è il caso di ingrandirla ulteriormente, ma accorciandola si rischierebbe di censurare elementi che invece sono essenziali. Tutt'al più si possono sfrondare alcune delle note al testo, che in effetti così come sono ora risultano un po' pletoriche (le note dovrebbero servire per indicare le fonti, non dovrebbero contenere trattazioni autonome o connesse). Per esempio l'attuale nota n. 8, quella che comincia con le parole "Nonostante il Fascio repubblicano...", contiene una digressione decisamente troppo lunga.--Salvatore Talia (msg) 16:12, 4 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Le fonti che conosci non hanno l'ipertesto e i wikilink. Comunque è un lavoro che lascerei alla fine: prima sistemiamo la voce, riorganizziamo e formattiamo le note (eliminando quelle ripetitive o fuori posto), poi quando avremo il quadro completo raggiungendo un "peso" stabile, valuteremo eventualmente cosa riassumere. Nel frattempo, visto che possiedi l'ultima edizione del libro di Portelli, potresti controllare se i numeri di pagina coincidono con quelli della vecchia edizione, così in caso positivo citiamo solo la più recente.--Demiurgo (msg) 16:47, 4 lug 2014 (CEST)[rispondi]
No, le pagine non coincidono, anche se il testo è identico. Vedrò di uniformare le citazioni all'ultima edizione; per fortuna le citazioni dall'edizione Donzelli non sono numerose. --Salvatore Talia (msg) 21:49, 4 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Aggiungo una considerazione. La sezione dedicata al contesto in questa voce inizia dall'8 settembre 1943 e "pesa" attualmente 24,4 KB, su un peso totale di 107 Kb dell'intera voce. Non mi pare troppo, né in termini assoluti né relativamente, visto che, ad esempio, le analoghe sezioni dedicate al contesto e agli antefatti in un'altra interessante voce presa a caso, Uccisione di Giovanni Gentile, partono dal 1923 e "pesano" complessivamente 24,1 Kb, su un peso totale di 70,6 Kb per l'intera voce. Se si ritiene opportuno effettuare dei tagli in questa voce, si potrebbe a mio parere sfoltire la sezione Controversie, che è piuttosto ridondante e talvolta poco enciclopedica. --Salvatore Talia (msg) 13:14, 7 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Infatti anche quella voce ha un eccesso di contestualizzazione, che si risolverà quando sarà creata Giovanni Gentile il fascismo (voce che un giorno mi piacerebbe scrivere). Mancata difesa di Roma e Resistenza romana invece esistono già. Le controversie rappresentano quella che la Commissione storica italo-tedesca definisce "discussione pubblica pluridecennale [...] sulla valutazione dell'attentato di via Rasella" (p. 111): qualcosa di molto più pertinente all'argomento di questa voce rispetto all'adesione al fascio repubblicano di Roma o a tutte le azioni degli altri gruppi della resistenza nei mesi precedenti ecc. ecc. Chi cerca questa voce vuole leggere di via Rasella (annessi e connessi), non un compendio di tutto quello che è successo a Roma nel periodo dall'8 settembre 1943 al 23 marzo 1944, per il quale esistono altre voci opportunamente linkate con tanto di "vedi anche" (altrimenti mettiamoci anche per intero le storie del Bozen e di Piero Zuccheretti, che sono pure più pertinenti). Non bisogna presumere che il lettore sia stupido al punto di non saper cliccare due wikilink. E comunque nessuno ha parlato di eliminare il contesto ma di riassumerlo (mi andrebbe bene anche ridurlo a due terzi).--Demiurgo (msg) 13:56, 7 lug 2014 (CEST)[rispondi]

Più attenzione nell'usare le fonti[modifica wikitesto]

Trattandosi di argomento delicato e controverso, ritengo che dobbiamo prestare tutti la massima attenzione a rispecchiare fedelmente il contenuto delle fonti. In questo edit, nel lodevole intento di "accorpare", si è (certo involontariamente) stravolto l'ordine, testuale e logico, del discorso. Infatti, in estrema sintesi, la fonte dice (pag. 30 e pp. 112-3): l'attentato suscitò critiche e risentimenti da parte della popolazione; tuttavia la grande maggioranza di essa avversava i tedeschi, ritenendoli responsabili della guerra e della situazione di paura in cui si viveva. Dopo l'"accorpamento", il ragionamento appare capovolto: sebbene la maggioranza della popolazione avversasse i tedeschi, tuttavia il risentimento si rivolse contro gli autori degli attentati. Provvedo a ripristinare. --Salvatore Talia (msg) 23:14, 7 lug 2014 (CEST)[rispondi]

La fonte non fa altro che delineare un quadro ben noto: l'atteggiamento della maggior parte della popolazione era sostanzialmente d'inerzia; i tedeschi erano malvisti perché, al di là del fatto che erano occupanti severi, la loro presenza rappresentava la causa della continuazione di una guerra rovinosa il cui esito era ormai chiaro (gli stessi tedeschi non avevano altra prospettiva che quella di rallentare l'inesorabile avanzata alleata, senza speranze di bloccarla e passare al contrattacco). Gli italiani erano stanchi della guerra al punto che ne avevano ingenuamente festeggiato l'agognata fine già l'8 settembre 1943. Se questo valeva in generale, a maggior ragione valeva a Roma, dove gli Alleati sarebbero entrati il 4 giugno 1944, meno di tre mesi dopo via Rasella. L'atteggiamento prevalente dei romani era di attendismo, tendenza che l'ala della resistenza che faceva capo al PCI tentava di contrastare cercando di mobilitare le masse contro gli occupanti attraverso una radicalizzazione della lotta. Questo era il fine dell'attentato di via Rasella, che però non ottenne il risultato sperato poiché la popolazione non guardava con simpatia ad azioni che la esponevano alla feroce reazione dei tedeschi, dei quali si aspettava l'imminente ritirata ("Ora che se ne stavano andando..." è l'emblematica voce popolare registrata da Franco Calamandrei nel suo diario).
Ovviamente lo scarso favore verso gli attentati non cambiava minimamente il quadro complessivo di naturale insofferenza verso gli occupanti; la modifica che avevo fatto io, che aveva il solo scopo di evitare di ripetere due volte la stessa nota, com'è facile verificare, non poteva in nessun modo far capire cose tipo "dopo gli attentati l'avversione contro i tedeschi si trasformava in avversione contro i partigiani". Ciò che più mi irrita di questo modo di pensare è l'assurda idea secondo la quale, agli occhi del lettore, se si mette prima questa o quella frase, se il "tuttavia" si mette prima o dopo, se si usa questo o quel sinonimo, cambierebbe qualcosa. La verità è che i lettori non colgono minimamente queste sottigliezze, che esistono solamente nella fantasia di chi scrive le voci con la missione di dover contrastare un POV. Poiché è noto che cambiando l'ordine dei fattori il risultato non cambia, per quel che mi importa Talia quella parte se la può ordinare come gli pare, così è contento pensando di aver messo a riparo il lettore da chissà quale "capovolgimento" di chissà quale "ordine logico". Anziché di queste circonvoluzioni mentali, fossi in Talia io mi preoccuperei di migliorare la lunghissima contestualizzazione da lui scritta, la quale fa sembrare Roma una città in pieno fermento resistenziale ("i GAP attaccarono pressoché ogni giorno mezzi e uomini dei nazifascisti", "vera e propria escalation di azioni"), facendo perdere di vista la realtà complessiva della "forza d'inerzia del contesto poco resistenziale della capitale" (come scrive lo stesso Ranzato da lui usato come fonte, recensendo lo stesso Portelli da lui usato come fonte).--Demiurgo (msg) 11:09, 8 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Intanto io non ho usato come fonte la recensione richiamata qui sopra da Demiurgo, bensì un altro testo di Gabriele Ranzato: quello citato in bibliografia. Quando si compilano voci storiche, ritengo infatti preferibile basarsi sui libri di storia, anziché arrabattarsi fra recensioni, articoli di quotidiani, siti amatoriali (ne riparleremo) e citazioni pescate con Google Books all'insegna del "pur di imporre il proprio POV tutto fa brodo". Una volta scelte delle buone fonti, poi, occorre riportarne il contenuto in modo fedele, senza cedere alla tentazione di "aggiustarle" per farle forzatamente coincidere con il proprio POV.
La contestualizzazione non fa affatto "sembrare Roma una città in pieno fermento resistenziale"; le due frasi fra virgolette che Demiurgo ha citato qui sopra trovano puntuale riscontro nella fonte: esse si riferiscono ai GAP, non a Roma in generale, e servono a chiarire che l'azione di via Rasella non fu un fulmine a ciel sereno ma si inserì in una strategia di attacco già in atto da tempo, ben conosciuta dagli altri partiti del CLN nonché approvata e sollecitata dai comandi alleati.
L'atteggiamento prevalentemente attendista della popolazione romana è già accennato in voce, anche se in altre sezioni; si tratta di un elemento importante del contesto, quindi bisognerebbe aggiungere qualcosa al riguardo anche in tale sezione. --Salvatore Talia (msg) 13:56, 8 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Infatti non ho scritto che hai usato quella recensione. Anch'io ritengo preferibile basarsi sui libri, solo che sorgono due ordini di problemi: 1. spesso sono libri fuori catalogo difficili da trovare 2. comprare quattro o cinque libri per scrivere una voce costa. Siccome qui siamo volontari non stipendiati, ci arrangiamo come possiamo. Meglio una voce plurale basata anche su qualche articolo di giornale che una basata solo su due libri entrambi appartenenti ad un'unica linea storiografica. Infatti, mentre Ranzato può escludere dalla bibliografia della sua voce i saggi che non gli garbano, su Wikipedia questo non è possibile. Ad ogni modo, se hai problemi con una fonte in particolare dillo. Il rapporto della Commissione italo-tedesca (trovi i nomi dei componenti a p. 3) è una fonte ottima e tutti gli articoli da me citati in questa voce sono scritti da storici. Sarebbe stupido cercare di "aggiustare" fonti consultabili con un click, per di più sapendo di editare sotto il vigile sguardo di uno che ti contesta addirittura l'ordine delle frasi! (certo ora è più NPOV, vuoi mettere). "Si riferiscono ai GAP, non a Roma in generale": lo so bene, proprio per questo credo che in un'ipertrofica sezione che si chiama "Contesto storico" forse sarebbe anche il caso di aggiungere un paio di frasi sull'atteggiamento generale della popolazione romana (e poi riassumere il tutto ricordandosi che questa voce non è "Resistenza romana" ma "Attentato di via Rasella").--Demiurgo (msg) 15:17, 8 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Un'altra cosa: quali sarebbero i "siti amatoriali"?--Demiurgo (msg) 15:30, 8 lug 2014 (CEST)[rispondi]

Andiamo, Demiurgo: questa secondo te sarebbe una fonte autorevole? Non è una fonte autorevole. E non lo è per tutta una serie di motivi.
Intanto si tratta di una trascrizione di un'intervista televisiva, andata in onda non si sa bene quando, trascritta a cura del regista, il quale non mi risulta essere uno specialista di oral history, e pubblicata su un sito non professionale.
Poi, l'intervistato, il quale peraltro dichiara di non ricordare bene e di avere la memoria "un po' allentata", afferma una cosa che è in contrasto con pressoché tutte le altre fonti, comprese quelle che tu stesso hai citato (per es. Enzo Forcella): afferma cioè che l'azione di via Rasella fu preventivamente discussa nel CLN, che Pertini non era d'accordo, ma che Pertini rimase in minoranza. Sappiamo, invece, e nella voce è ripetuto ad nauseam, che l'azione venne decisa ed attuata in modo autonomo dai comunisti senza consultare preventivamente gli altri partiti.
Pertini, nelle sue dichiarazioni pubbliche citate in voce, ha affermato: 1) che lui non era stato informato preventivamente dell'attentato; 2) che comunque lo approvò quando seppe che era avvenuto. Ora dato che Matteo Matteotti, nel momento in cui contrasta l'affermazione 1), non è attendibile, non vedo perché debba esserlo quando contrasta l'affermazione 2). Va bene che qui nessuno è storico professionista, però questo non significa che si possano utilizzare anche le fonti ictu oculi non autorevoli, come purtroppo è il caso di questa intervista - con tutto il rispetto per l'intervistato. P.S. Guarda che i libri non è mica obbligatorio comprarli: ci sono anche le biblioteche pubbliche, sai? --Salvatore Talia (msg) 21:02, 8 lug 2014 (CEST)[rispondi]

Quell'intervista è parte di un'inchiesta andata in onda per la Rai nel 1994, comprendente anche interviste a Rosario Bentivegna, Carla Capponi e Arthur Atz (un reduce del Bozen). L'unico "difetto" di quel sito è che ha una veste grafica molto retrò stile Web 1.0, ma quello che conta è la sostanza. Sul problema della memoria Giorgio Amendola (il documento è tratto dall'appendice all'ultimo volume di De Felice, pp. 562-566) disse:

«...è ben noto che memorie, ricordi, testimonianze sono tra le fonti storiche più ingannevoli. Uno stesso fatto è ricordato in modo diverso dalle persone che vi hanno partecipato. Ciò rende difficile la storia della Resistenza, perché ancora affidata in grande parte ai ricordi dei protagonisti, per la scarsezza di dati obiettivi, documenti, ecc. Di quella riunione della Giunta militare manca, ad esempio, un verbale autentico. Non voglio quindi pretendere che i miei ricordi facciano testo. Ti prego soltanto di tenerne conto, come di una 'fonte' che non può essere trascurata accanto alle altre...»

Gran parte della storia di via Rasella è affidata a ricordi, le incongruenze sono molte (se vuoi te ne mostro di ben più vistose nei ricordi di altri protagonisti, che peraltro non affermarono di avere la memoria allentata). In questo caso, Matteotti non dice che fu l'attentato di via Rasella, nei suoi particolari operativi, a essere discusso tra i capi del CLN. Afferma che Pertini gli disse "che lui non era stato favorevole ad un'azione militare di gappisti contro un reparto militare perché temeva che ci fossero delle rappresaglie sproporzionate rispetto all'efficacia dell'azione", cioè che non era stato favorevole al generico progetto di un attacco contro un reparto militare. L'incongruenza effettivamente c'è, relativamente al fatto che la cosa sarebbe stata preventivamente discussa nel CLN romano, seppur in linea generale, e alla fine si sarebbe optato per una linea dura voluta da Amendola. Quest'ultimo affermò:

«Il 23 marzo era prevista, in occasione della Fondazione dei Fasci, un'adunata repubblichina all'Adriano, ed un corteo fino a Via Veneto, al palazzo del Ministero delle Corporazioni. Concordammo con Pertini un'azione combinata di attacco armato al corteo (con lancio di bombe) del reparto GAP della Garibaldi e di un reparto della Matteotti. All'ultimo momento il comando tedesco impedì ai repubblichini di tenere l'adunata e di fare il corteo. Ma il comando GAP aveva anche contemporaneamente preparato [autonomamente, NDR] l'azione contro il reparto tedesco, azione che si svolse secondo il piano progettato.»

Dei due attacchi del 23 marzo, solo quello "contro il reparto tedesco" era dunque sconosciuto a Pertini. Va detto che i due attacchi comportavano rischi di rappresaglie molto diversi, in quanto i tedeschi in genere non effettuavano rappresaglie per morti fascisti. Non c'era stata nessuna rappresaglia per il precedente attacco del 12 febbraio 10 marzo in via Tomacelli contro un corteo fascista, che secondo Carla Capponi aveva provocato tre morti e vari feriti. A questo punto, sono favorevole a specificare che Matteotti dichiarò di avere "la memoria un po' allentata dal complesso di vicende", ma non a eliminare la sua dichiarazione. Le incongruenza vanno segnalate, non nascoste. L'importante è che ogni affermazione sia attribuita al suo autore. Quell'intervista poi dà un'altra informazione, relativamente al giudizio di Matteotti su via Rasella, verso la quale sentiva di dover estraniare sé e il suo partito non ritenendola opportuna.--Demiurgo (msg) 17:59, 9 lug 2014 (CEST)[rispondi]
(fuori crono) "I tedeschi in genere non effettuavano rappresaglie per morti fascisti"? Veramente, a Roma, prima di via Rasella, i tedeschi non avevano mai effettuato rappresaglie su ostaggi civili, nemmeno quando erano morti dei loro uomini. Il 17 dicembre era rimasto ucciso un ufficiale della Wehrmacht; il 18 erano morti dieci tedeschi in due distinti attacchi; il 19 dicembre all'hotel Flora non si seppe mai quanti ne morirono, alcuni dicono almeno sei (fonte: Portelli, pp. 160-1). Non ci furono rappresaglie perché fino a via Rasella la politica dei tedeschi fu di nascondere, per quanto possibile, le loro perdite in modo da non fare pubblicità alla guerriglia. Che ci fosse una sorta di ferrea regola in base alla quale ad ogni morto tedesco dovesse corrispondere l'uccisione di dieci italiani per rappresaglia è una delle tante leggende metropolitane cui in questa voce è dedicata una sezione apposita, eufemisticamente denominata Controversie. Ma ne parleremo più avanti. --Salvatore Talia (msg) 22:59, 11 lug 2014 (CEST)[rispondi]
A proposito di incongruenze: Amendola afferma che l'azione di via Tomacelli avvenne il 12 febbraio, mentre invece avvenne il 10 marzo, infatti il corteo fascista celebrava l'anniversario della morte di Mazzini. Cosa facciamo, applichiamo anche qui la logica fallace Falsum in uno, falsum in omnibus e consideriamo "non autorevole" (casomai "non affidabile" o "non attendibile", l'autorevolezza non c'entra per questo genere di fonti) anche Amendola come Matteotti?--Demiurgo (msg) 12:54, 10 lug 2014 (CEST)[rispondi]
La svista di Amendola è marginale (un errore di data a vent'anni di distanza); invece l'incertezza manifestata da Matteotti verte su un punto centrale della sua ricostruzione. Concorderai che è di una certa rilevanza, per stabilire l'opinione di Pertini all'epoca dei fatti, sapere se Pertini avesse sentore dell'attentato prima del suo svolgimento oppure no. Vogliamo almeno aggiungere che la fonte, a te ben nota, Enzo Forcella su questo punto contrasta alquanto con Matteotti? Scrive infatti Forcella: "Sta di fatto, però, che nessun altro esponente degli altri partiti antifascisti era stato messo al corrente, neppure nelle grandi linee (corsivo mio, NdR), dell'azione in preparazione. Amendola ne informò gli altri membri della Giunta militare (Pertini per i socialisti, Bauer per il Partito d' azione, Brosio per i liberali, Spataro per la Democrazia cristiana) soltanto nel pomeriggio del 26 chiedendone la solidarietà". --Salvatore Talia (msg) 23:16, 11 lug 2014 (CEST)[rispondi]
Innanzitutto, per quanto riguarda le perdite tedesche a Roma la fonte che citi (Portelli) non mi sembra molto affidabile: anziché un libro di storia orale ci vorrebbe un saggio di storia militare basato su documenti (quali sono le fonti di Portelli sulle perdite tedesche?). Non bisogna mai affidarsi a fonti di una sola parte per stimare le perdite. Poi, non sembri renderti conto del fatto che negare l'alto rischio di rappresaglie tedesche, a Roma come in tutta l'Italia occupata, ha l'effetto collaterale di negare la brutalità della politica d'occupazione. Il quadretto dei tedeschi che si fanno decimare e dissanguare senza reagire da uno stillicidio di azioni gappiste è totalmente irreale. Quella delle rappresaglie non era una "ferrea regola", ma piuttosto una "consolidata prassi", che peraltro aveva avuto una delle prime applicazioni proprio a Roma, già il 23 settembre 1943, quando a Palidoro era stata minacciata la fucilazione di ventidue italiani per la morte di due tedeschi e il ferimento di altri due (minaccia sventata grazie all'eroico sacrificio di Salvo D'Acquisto). Poco prima, aveva avuto luogo l'eccidio di Boves, contemporaneamente all'eccidio di Nola, prima ancora (addirittura prima dell'armistizio, in Sicilia) c'era stata la strage di Castiglione. Inoltre tutti questi massacri erano stati innescati da fatti non paragonabili a via Rasella per numero di perdite tedesche. Il pericolo di rappresaglie era noto al punto che Montezemolo in dicembre aveva ordinato alle sue formazioni di praticare forme di lotta diverse dalla guerriglia attiva a causa della "gravità delle conseguenti possibili rappresaglie". Amendola scrisse: "La più grossa responsabilità morale che abbiamo dovuto assumere nella guerra partigiana è quella [...] [de]gli ignari che possono essere colpiti dalle rappresaglie. Se non si supera questo tremendo problema non si può condurre la lotta partigiana [...]. Soltanto dei pavidi o degli ipocriti potevano fare finta di non comprendere le conseguenze che derivavano dalla posizione assunta. Affrontammo il rischio nell'unico modo possibile: non farci arrestare dal ricatto delle rappresaglie e, in ogni caso, rispondere al nemico colpo su colpo e continuare la lotta". Quello delle rappresaglie era un rischio accettato.
Il dato rilevante dell'intervista a Matteotti è il presunto dissenso di Pertini verso attentati di quel tipo a causa del pericolo di "rappresaglie sproporzionate rispetto all'efficacia dell'azione". Il fatto che dopo cinquant'anni abbia commesso un errore non mi sembra significativo. Certo è inverosimile che un ricordo del genere nascesse dal nulla.--Demiurgo (msg) 14:06, 12 lug 2014 (CEST) P.S. Con questo ti saluto, ci vediamo dopo le vacanze estive.[rispondi]

@ Demiurgo: in riferimento a quanto hai scritto nel campo oggetto di questo edit: parliamone senza problemi. Avevo proposto di basare la voce su poche fonti storiografiche autorevoli, lette per intero (fra l'altro, mi aspettavo che tu citassi per esempio il testo di Aurelio Lepre, il cui libro non ho letto ma che so essere piuttosto critico nei confronti dei GAP). Ho preso atto che sulla mia proposta non si è trovato il necessario consenso: infatti mi si è risposto di no, che dobbiamo avere una "voce plurale" dove trovano spazio tutte quante le opinioni. Allora, se la voce dev'essere costruita così, come una specie di Porta a Porta dove ogni fonte dice la sua, cerchiamo almeno di rispettare la par condicio. Ti pare? Se citiamo Raiber, non vedo perché non dovremmo dare voce anche ai suoi critici, nel momento in cui tali critiche esistono, sono abbastanza autorevoli e vertono su un aspetto rilevante della fonte citata (l'atteggiamento di Raiber nei confronti dei partigiani e delle rappresaglie naziste ha indubbiamente attinenza con la sua valutazione su via Rasella). P.S. Non so se sei tornato dalle ferie; io sto per partire, quindi ti saluto a mia volta. Tanti auguri e ci risentiamo a settembre, In šāʾ Allāh. --Salvatore Talia (msg) 13:35, 1 ago 2014 (CEST)[rispondi]

Nessun problema. Basare una voce del genere su poche fonti non è possibile: al contrario, quanto più si riesce a fare una panoramica della storiografia meglio è. Era citata la valutazione di Raiber su via Rasella. Ora abbiamo anche una critica che non è una risposta su via Rasella, ma investe tutto il libro, il cui contenuto (lo "spergiuro" di Kesselring) non è nemmeno spiegato. A questo punto, bisognerà inserire qualche riga in più per far capire meglio di che si tratta e contestualizzare la critica. Tutto qui.--Demiurgo (msg) 14:58, 1 ago 2014 (CEST)[rispondi]
P.S. Sono tornato e in questi giorni cercherò di apportare varie aggiunte e modifiche (anche organizzative) alla voce. Non toccherò però il contesto storico (a parte alcune note lunghissime), visto che quello dobbiamo riorganizzarlo di comune accordo. Buone vacanze anche a te, ci vediamo a settembre.
Ho dovuto aggiungere qualche informazione sul libro di Raiber per far capire meglio di cosa si tratta. La tua frase ("Il libro di Raiber è stato criticato per il suo atteggiamento alquanto giustificatorio nei confronti dei crimini di guerra della Wehrmacht, e per avere a volte attribuito la responsabilità delle rappresaglie naziste, più che ai nazisti stessi, alle popolazioni che ne furono vittima") mi sembra impropria. Il recensore (all'interno di una recensione globalmente molto positiva) scrive:
" È forse un peccato che l'indignazione di Raiber per lo spergiuro di Kesselring non sembri estendersi al suo (e della Wehrmacht) atteggiamento verso i civili. In tutto il libro [ci sono] frasi che sembrano tentare di addebitare le rappresaglie alla popolazione stessa o spiegare il comportamento dell'esercito tedesco confrontandolo con quello degli Alleati. Raiber scrive, in modo piuttosto controverso, che i «[p]artigiani sono patrioti agli occhi di chi subisce l'occupazione, ma niente di più che "banditi" omicidi per gli occupanti, esattamente come i terroristi di oggi sono eroi tra i loro simili ma assassini feroci per altri. Che indossino il cappello bianco o nero dipende esclusivamente dalla prospettiva» (p. 181). In seguito, Raiber cita My Lai in un modo simile. Dati il comportamento brutale della Wehrmacht e la sua collusione con le peggiori politiche genocidiarie del regime nazista, è piuttosto difficile vedere i partigiani italiani come "cappelli neri". "
A parte il fatto che la critica è espressa in tutt'altra forma, non può essere applicata al giudizio di Raiber su via Rasella riportato nella voce. Lo storico fa un semplice bilancio dell'azione gappista e alla fine conclude che i costi furono superiori ai benefici. Dove incolpa "la popolazione" per la rappresaglia? Cosa c'entra la sua analisi dei costi e dei benefici di via Rasella con il suo presuntissimo "atteggiamento giustificatorio" verso la Wehrmacht (in realtà una mera spiegazione del punto di vista tedesco, collocato in un contesto in cui anche gli Alleati, come scrive anche il recensore, ammettevano la rappresaglia sui civili)? In sintesi, per sminuire il suo giudizio su via Rasella si è inserita una critica totalmente fuori bersaglio. Il risultato è che un libro che è praticamente un severissimo atto di accusa verso Kesselring viene definito "giustificatorio nei confronti dei crimini di guerra della Wehrmacht" (cosa che peraltro il recensore non dice)! Per non presentare questo libro come qualcosa di assolutamente diverso da quello che è siamo costretti a inserire un mucchio di cose che non c'entrano niente. Attualmente abbiamo: "Raiber scrive che i risultati di via Rasella non furono positivi, ma c'è uno che (tra tanti elogi) dice che il libro di Raiber è troppo buono con i tedeschi"... e che c'entra?--Demiurgo (msg) 22:17, 19 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Riporto qui di seguito il paragrafo in oggetto della recensione di Waitman W. Beorn, nel testo originale seguito da una mia traduzione.
«It is perhaps unfortunate that Raiber's indignation at Kesselring's perjury does not appear to extend to his (and the Wehrmacht's) attitudes toward civilians. Throughout the book phrases appear that attempt to blame the reprisals upon the population itself or to explain the behavior of the German army in comparison to the Allies. Raiber writes, rather controversially, that "[p]artisans are patriots in the eyes of those who are the occupied, but nothing more than murdering 'bandits' to the occupiers, exactly as today's terrorists are heroes among their own kind but vicious killers to others. Which wears the white or the black hat depends solely on perspective" (p. 181). Later, Raiber mentions My Lai in a similar vein. Given the brutal behavior of the Wehrmacht and its collusion with the worst genocidal policies of the Nazi regime, it requires a rather harsh perspective to see Italian partisans as "black hats." It is true that reprisals against civilians were lawful according to the Allies, as well. It is also true that the Allies committed atrocities (and that U.S. soldiers have done so since then), but the sheer scale and brutality of the Wehrmacht's policies (which Kesselring fully supported) make a comparison here distracting and counterproductive. Perhaps the inclusion of a survey of recent historiography regarding the German army and occupation policy, much of which was available before the author's death, would have tempered this tendency. Indeed, the trials of the Balkan generals at Nuremberg (United States of America vs. Wilhelm List et al., also known as the Hostages Trial) covered in detail international law and demonstrated systematic violations of that law by the German military».
«E' forse un peccato che l'indignazione di Raiber nei confronti della falsa testimonianza di Kesselring non sembri estendersi al suo (e della Wehrmacht) atteggiamento verso i civili. In tutto il libro si trovano frasi che tentano di attribuire la colpa delle rappresaglie alla popolazione stessa, o di spiegare il comportamento dell'esercito tedesco mettendolo a confronto con quello degli Alleati. Raiber scrive, in modo piuttosto controverso, che i “partigiani sono patrioti agli occhi degli occupati, ma niente di più che banditi assassini per gli occupanti, esattamente come i terroristi di oggi sono eroi per la loro gente, ma assassini feroci per gli altri. Chi siano i buoni e chi i cattivi dipende esclusivamente dalla prospettiva” (p. 181). Più avanti, Raiber si riferisce all'episodio di My Lai in un modo simile. Dato il comportamento brutale della Wehrmacht e la sua collusione con le peggiori politiche di genocidio del regime nazista, occorre un modo di vedere piuttosto cinico per considerare i partigiani italiani come "i cattivi". E' vero che le rappresaglie contro i civili erano considerate lecite anche dagli alleati. E' anche vero che gli Alleati commisero atrocità (e che i soldati americani hanno continuato a farlo anche dopo), ma l'enorme ampiezza e la brutalità delle politiche della Wehrmacht (che Kesselring supportò pienamente) rende il confronto fuorviante e controproducente. Forse un esame della recente storiografia riguardante l'esercito tedesco e le sue politiche di occupazione, gran parte della quale era disponibile prima della morte dell'autore, avrebbe temperato questa tendenza. Infatti, i processi dei generali dei Balcani a Norimberga [...] trattarono in dettaglio il diritto internazionale e dimostrarono sistematiche violazioni di tale diritto da parte dei militari tedeschi».
“Which wears the white or the black hat”, vale a dire “chi sono i buoni e chi i cattivi”, è un'espressione scherzosa che si riferisce alla consuetudine dei primi film western di distinguere i buoni dai cattivi in base al colore del cappello. “Harsh” (aspro, rude, impietoso, insensibile) forse è un po' meno che "cinico". Il processo di Norimberga cui si riferisce Beorn, “the hostages trial”, è questo.
Quanto al resto: è vero, stando alla recensione, che l'argomento principale del libro di Raiber non è via Rasella bensì la falsa testimonianza di Kesselring; ed è vero che la recensione, per quanto riguarda il topic principale del libro, è altamente elogiativa. Peccato che, in questa voce, il testo di Raiber sia stato inizialmente citato non per il suo argomento principale, bensì per la valutazione che Raiber offre dell'attentato di via Rasella e della successiva rappresaglia tedesca.
La recensione di Beorn (sia pure con la pacatezza e la civiltà di modi che sono abituali nella prosa accademica anglosassone) formula, come abbiamo visto, una critica molto grave: quella secondo cui Raiber finirebbe per giustificare le rappresaglie tedesche sui civili, in particolare mettendole a confronto con l'analoga prassi degli alleati, attribuendone la responsabilità agli occupati anziché agli occupanti e sostenendo che non ci sia nessuna differenza sostanziale tra partigiani e terroristi. Secondo me è giusto tenere conto di questo particolare POV “antipartigiano” di Raiber nel riportare il suo giudizio su via Rasella. POV, peraltro, talmente pronunciato da indurre il recensore Beorn a dedicargli un intero paragrafo di critica.
Riportando tale critica si dà un'immagine parziale e distorta del libro di Raiber? Ma si è già scelto di “presentare questo libro come qualcosa di assolutamente diverso da quello che è” nel momento stesso in cui lo si è citato non per il suo argomento principale, bensì per un elemento secondario nell'economia del testo, quale probabilmente è la valutazione su via Rasella e Fosse Ardeatine.
Perché delle due l'una: o Raiber non è una fonte particolarmente autorevole su via Rasella, e allora non c'è ragione di citarlo in voce; oppure il suo giudizio su via Rasella ha rilevanza e autorevolezza, e allora è giusto menzionare sia il giudizio medesimo, sia il POV dell'autore al riguardo, quale emerge dalla recensione. E' invece, a mio parere, del tutto superfluo mettere in voce il riassunto del libro di Raiber, visto che non si tratta di una monografia su via Rasella. --Salvatore Talia (msg) 12:46, 28 ago 2014 (CEST)[rispondi]

Bombardamenti[modifica wikitesto]

Nella voce c'è scritto:

"Secondo Portelli, fra le conseguenze dell'azione di via Rasella occorre annoverare anche il fatto che, dopo l'attentato e fino alla liberazione della città, Roma non venne più bombardata dagli angloamericani: «più volte mi è stato detto - osserva Portelli - che sul conto di via Rasella dovremmo mettere anche le vite salvate in questo modo»".

Questa cronologia dei bombardamenti sull'Italia mostra che i bombardamenti su Roma non subirono nessuna interruzione. Il 24 marzo 1944 la città fu bombardata da uno stormo di P-47, il 27 da dei P-40 e così via con regolarità fino a giugno.--Demiurgo (msg) 22:17, 19 ago 2014 (CEST)[rispondi]

Che Portelli abbia una visione un po' mitizzata di Via Rasella è fuor di dubbio (la più grande vittoria militare della Resistenza cit), quindi è probabile l'errore fattuale. Certo che, paradossalmente, fonte di altro colore (Pisanò) su via Rasella scrisse che fu "causa" di intensificazione di bombardamenti alleati (vedi discussione. Non so se a questo punto convenga togliere anche Portelli, oppure, approfondire. In tal caso vedo se sul libro di Gioannini, Massobrio c'è una statistica più precisa. --Il palazzo Posta dal 2005 09:18, 20 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Per le statistiche sui bombardamenti segnalo questo sito Combat Chronology of the USAAF, che sembra completo, vi ho trovato persino il cosiddetto bombardamento di ritorsione sul lago di Como del 30 aprile dopo la cattura e uccisione di Mussolini!--Bramfab Discorriamo 09:49, 20 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Con la nostra visione italocentrica forse non ci rendiamo conto ancora oggi come i dirigenti politico-militari angloamericani agissero in totale autonomia, non tollerassero interferenze operative di alcun tipo e davano scarsissima importanza alle azioni resistenziali locali. Quindi la pianificazione delle forze aeree alleate (potentissime "politicamente" e militarmente) era completamente svincolata dal tipo e dall'esito delle azioni sul territorio da parte della resistenza. I "bomber" bombardavano a volontà e lo fecero ovviamente prima e dopo via Rasella. --Stonewall (msg) 11:36, 20 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Molto interessante il fatto che nelle contrapposte mitologie abbiamo due versioni completamente antitetiche. In teoria si potrebbero esporre entrambe le tesi e poi, con le giuste fonti specialistiche sui bombardamenti su Roma, metterle a confronto con la realtà dei fatti, ma sarebbe una bella RO, quindi sono favorevole a cassare l'errore di Portelli come a suo tempo fu cassato quello di Pisanò.--Demiurgo (msg) 14:36, 20 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Cassare, cassare senza problemi. --Bramfab Discorriamo 15:14, 20 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Forse Portelli ha equivocato sulla testimonianza di Bentivegna che egli stesso aveva riportato poche righe prima: «L'ultimo bombardamento pesante [corsivo mio, S.T.] fu il 18 di marzo, poi ci fu l'azione di via Rasella, il 25 il comunicato tedesco, il 26 un altro comunicato tedesco in cui si impegnano a fare in modo che le truppe non passino più per Roma» (pag. 231). Anche in questa forma, comunque, il dato sarebbe opinabile, non esistendo (che io sappia) alcun criterio per distinguere tra bombardamenti "pesanti" e "non pesanti". O forse Portelli ha ripreso (senza verificarla) una tradizione orale che probabilmente risale allo stesso comunicato dei GAP pubblicato il 30 marzo, dove infatti si legge che le azioni gappiste avrebbero contribuito «a risparmiare [...] altri bombardamenti aerei sulla capitale». In ogni caso quello di Portelli rimane un errore fattuale, quindi OK per la cancellazione. Aggiungerei anche una nota al comunicato dei GAP per specificare che in realtà i bombardamenti continuarono. --Salvatore Talia (msg) 12:38, 26 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Più che contare i bombardamenti listati su di un sito, sarebbe interessante verificare se dopo Rasella ci fosse stata una riassegnazione degli obiettivi, cosa di cui dubito come Stonewall, ma potrebbe esserci stata dopo un verificato impegno tedesco a demilitarizzare Roma (gli snodi ferroviari di Roma rimarranno sempre obiettivi validi per il XII Air Support Command XII AF fino alla liberazione di Roma). Su quel sito, i bombardamenti pesanti dopo Rasella (cioè effettuati da bombardieri pesanti B-17 e B-24) sono 5, spesso con una lunga lista di obiettivi. Anche se fu colpita Roma, anche duramente come nel 29 maggio (in questo caso da bombardieri medi B-26), non si può evincere un cambiamento di strategia da un semplice elenco in cui non viene specificato se Roma fosse l'obiettivo primario o secondario e quale specifica zona della città fosse l'obiettivo. La smentita di Portelli andrebbe basata su una fonte esterna non su di una nostra ricerca originale su fonti primarie.--Demostene119 (msg) 22:02, 26 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Confermemente ai pareri espressi qui sopra da Demiurgo e da Bramfab, ho provveduto a espungere il passo di Portelli, il quale, comunque sia, appare viziato da un errore fattuale (non si può sostenere che Roma, dopo via Rasella, non sia stata più bombardata tout court). Circa il presunto "cambiamento di strategia" da parte degli Alleati, prima di parlarne (eventualmente) in voce direi di attendere fonti più precise che confermino o smentiscano quanto accennato da Bentivegna. --Salvatore Talia (msg) 13:01, 28 ago 2014 (CEST)[rispondi]
Ribadisco quanto ho scritto sopra; gli alleati non cambiavano certamente strategia a seguito di azioni di resistenza locali; i bombardieri angloamericani erano la forza aerea politicamente più "forte" degli alleati e seguivano spesso logiche sue proprie moltiplicando le missioni alla costante ricerca della vagheggiata "vittoria esclusiva" solo con il potere aereo, mi spiace per Bentivegna ma certamente tipi come Arthur Harris, Carl Spaatz, Doolittle o Twinning non cambiarono alcune strategia e comunque non certo per via Rasella; in questa fase era in corso la pianificazione di "Strangle" un ambizioso piano per "strangolare" (appunto) i tedeschi, bombardandone in modo decisivo le vie di comunicazione con il Norditalia e la Germania meridionale.--Stonewall (msg) 14:05, 28 ago 2014 (CEST)[rispondi]

(rientro) Quello che scrive Portelli sulla base di "voci" è senz'altro sbagliato. Questa storia dei bombardamenti però è da approfondire: ne parlò Amendola al processo Kappler ("noi volevamo costringere i tedeschi ad allontanare i depositi, gli autoparchi, gli accampamenti che avevano costruito nella città e questo per evitare che gli alleati riprendessero i bombardamenti aerei") e viene ripresa in varie interviste ai gappisti.

  • Bentivegna: "Gli Alleati smisero di bombardare Roma il 17 marzo, cioè qualche giorno prima di Via Rasella; eppoi i Tedeschi, qualche giorno dopo Via Rasella, il 26 o 27 marzo, emisero un comunicato in cui continuavano a ripetere che avevano dovuto uccidere per rappresaglia i comunisti badogliani e che tuttavia avrebbero cercato di rispettare la città aperta, e questo in qualche misura successe, infatti i bombardamenti a Roma cessarono fino alla fine di maggio quando, in seguito alla rotta del fronte, i Tedeschi se ne fregarono e cominciarono a ripassare per la città".
  • Bentivegna: "finché Roma era utilizzata come transito delle truppe tedesche, i bombardamenti sarebbero proseguiti. Subito dopo via Rasella la capitale non fu più via di transito e gli attacchi aerei cessarono, almeno fino al 15 maggio quando, rotto il fronte di Cassino, i tedeschi tornarono a transitare per Roma".
  • Fiorentini: "Dopo via Rasella il comando militare tedesco vietò alle sue truppe di utilizzare la città per i trasporti di uomini e materiali bellici. Questo è un primo risultato di natura militare e strategica rilevante, perché i tedeschi furono costretti ad allargare il loro percorso, esponendosi così ai bombardamenti e alle azioni partigiane lungo le strade consolari".

Qualcuno ha notizie su tutto ciò? Risulta da qualche parte che i tedeschi abbandonarono Roma dalla fine di marzo fino al 15 maggio (e che quindi i bombardamenti alleati cessarono o diminuirono?). Forse si possono trovare informazioni utili in Umberto Gentiloni Silveri, Maddalena Carli, Bombardare Roma. Gli alleati e la "città aperta" (1940-1944), Il Mulino, 2007 (il comunicato tedesco del 26 marzo a cui probabilmente si riferisce Bentivegna è a p. 178). Ad ogni modo, che esista una relazione tra la presunta fuoriuscita di truppe tedesche da Roma, la presunta riduzione dei bombardamenti e via Rasella mi pare indimostrabile.--Demiurgo (msg) 15:03, 9 set 2014 (CEST)[rispondi]

L'unica fonte di cui dispongo al riguardo è il solito Portelli, il quale a p. 425n scrive: "Il 26 marzo il comando tedesco comunica che non esistono a Roma truppe d'impiego né apprestamenti militari né attraversamenti necessari alla guerra". Bentivegna (citato a pag. 231) interpreta tale comunicato come un impegno dei tedeschi "a fare in modo che le truppe non passino più per Roma". Ritengo trattarsi di una fonte, su questo punto, troppo dubbia e labile per farci particolare affidamento. --Salvatore Talia (msg) 20:25, 16 set 2014 (CEST)[rispondi]

Ordine del CLN[modifica wikitesto]

Ricollegandomi al thread "Matteotti", ho fatto delle ricerche sull'origine della versione che vuole l'attentato ordinato dalla giunta militare del CLN (poi smentita dagli stessi Amendola, Pertini e Bauer). Questa versione fu quella data dai tre durante il processo Kappler, probabilmente temendo che rivelare che l'iniziativa era partita solo da Amendola e dopo c'erano stati scontri ne avrebbe ridotto la legittimità. Dopo che Amendola fu sentito come testimone, la difesa di Kappler sollevò la questione chiedendo un incidente formale, ma dopo essersi riunita in camera di consiglio la corte dichiarò che conoscere tale fatto non era necessario ai fini del processo. In questo articolo dell'Unità del 5 giugno 1948, scritto da Pasquale Balsamo (che era uno dei gappisti di via Rasella, ma all'epoca gli unici partecipanti all'azione noti erano Bentivegna, Calamandrei e Salinari), si legge: "Il giorno 19 marzo 1944, la Giunta militare del CLN romano ordinò al Comando dei GAP [...] di studiare un attacco a fondo contro una colonna di S.S. della Divisione "Bozen" " e in seguito che la giunta decise anche che dovevano parteciparvi due dei quattro GAP disponibili (e poi c'è anche qui il discorso dei bombardamenti). Inoltre Balsamo scrive una cosa che non mi risulta essere mai stata ripetuta in nessuna successiva ricostruzione dei fatti: "alcuni cittadini ed agenti di P.S. entravano nella battaglia a dar spontaneamente man forte ai Volontari della Libertà". Fin qui la versione filo-gappista.

Esiste poi una narrazione simile ma di colore politico opposto. Attilio Tamaro, Due anni di storia, 1981 (citato qui): "La giunta militare del CLN di cui facevano parte Lussu, Bauer (due puri, due integri, che avevano fatto dell'odio e della violenza una mistica, un assoluto domenicano) e Pertini, aveva pensato che i "gapisti" dovessero portare la strage in mezzo al previsto corteo fascista (23.3.1944), e quando questi mancò, indicò altri innocenti: una colonna di soldati della Sudtiroler Polizei che passava ogni giorno per via Rasella recandosi al Viminale. Giorgio Amendola trasmise l'ordine della Giunta ai gapisti e il dott. Carlo Salinari organizzò l'azione".

Nel 1982 Bentivegna in una lettera al quotidiano Il Tempo (citata qui) dichiarò: "Quel fatto d’arme fu organizzato con il consenso della Giunta militare del CLN e ad esso presero parte 15 partigiani" (quindi Niccolai attacca Pertini, allora presidente della Repubblica). Insomma, non si tratta di un errore di memoria di Matteotti ma di una versione che circolava ampiamente a sinistra e a destra.--Demiurgo (msg) 16:21, 9 set 2014 (CEST) P.S. L'articolo dell'Unità del '48 reca una cartina con il posizionamento dei gappisti durante l'attentato. Forse si potrebbe usare come base per creare una cartina in svg per la voce.[rispondi]

"Insomma, non si tratta di un errore di memoria di Matteotti ma di una versione che circolava ampiamente a sinistra e a destra". - Sul "Candido" c'era una rubrica molto famosa che s'intitolava "Visto da destra - visto da sinistra": s'immaginava che uno stesso evento venisse raccontato due volte, da due immaginari narratori di opposte tendenze politiche, con effetti assai spassosi.
Noi, però, non abbiamo il talento di Guareschi e d'altra parte stiamo tentando di redigere un'enciclopedia e non una rivista di satira. Vediamo se riusciamo a fare un po' di chiarezza, basandoci sulle fonti già richiamate in voce e in talk.
- Nel 1948, al processo Kappler, Giorgio Amendola dichiara che l'azione di via Rasella fu “preordinata dalla giunta militare del C.L.N. nelle sue linee generali” e Riccardo Bauer conferma che l'attentato seguiva le direttive generali della Giunta militare del CLN. Né l'uno né l'altro fanno cenno di contrasti o dissensi in seno al C.L.N. stesso.
- Nel 1964, in una lettera allora rimasta inedita, e poi nel 1973 nel suo libro Lettere a Milano, lo stesso Amendola ricostruisce la riunione della Giunta del 26 marzo 1943 e scrive che in quella sede il rappresentante della DC Spataro pose all'ordine del giorno una mozione con cui il CLN avrebbe dovuto praticamente dissociarsi dai comunisti sconfessando l'azione dei GAP. Amendola contestò l'intervento di Spataro: “La direttiva di colpire il nemico con ogni mezzo e dovunque era stata data più volte dal CLN. Noi non avevamo fatto altro che eseguire queste direttive. (...) Nessuno aveva mai richiesto che fossero comunicate alla giunta le date e le modalità delle azioni. Quello che dovevamo fare era constatare se l'azione rientrava o no nelle linee indicate dalla giunta e nessuno poteva affermare che l'azione di via Rasella fosse fuori dalla linea del CLN. Pertini, pur borbottando perché ancora furioso per non essere stato messo al corrente del progetto dell'azione di riserva, concordava sulla impossibilità di informare la giunta dei piani operativi delle singole formazioni. Bauer sostenne senz'altro le mie posizioni”. La mozione di Spataro non passò.
- Nel 1981 Attilio Tamaro 1982 Beppe Niccolai, forse non conoscendo il libro di Amendola pubblicato otto anni prima, scrive che l'attentato di via Rasella fu ordinato dalla “giunta militare del CLN di cui facevano parte Lussu, Bauer [...] e Pertini”.
- Nel 1982 Bentivegna dichiara che "quel fatto d’arme fu organizzato con il consenso della Giunta militare del CLN”. Qui, volendo, si può osservare che Amendola nel 1948 è reticente, e Bentivegna nel 1982 gioca un po' sull'equivoco: quando parlano di “consenso nelle linee generali” intendono che il CLN aveva dato la direttiva generica di attaccare i tedeschi con ogni mezzo; sottacciono però il fatto che, dopo l'azione di via Rasella e dopo la rappresaglia nazista, emerse un profondo dissenso da parte del rappresentante della DC. Né Amendola né Bentivegna, comunque, si spingono ad affermare che il CLN abbia discusso preventivamente, né approvato, né tanto meno ordinato prima che fosse compiuta, quella specifica azione.
- Nel 1983 Sandro Pertini dichiara di non essere stato informato dell'azione di via Rasella prima che la medesima venisse effettuata, e di averla però “totalmente approvata quando ne venni a conoscenza. Il nemico doveva essere colpito dovunque si trovava. Questa era la legge della guerra partigiana. Perciò fui d'accordo, a posteriori, con la decisione che era partita da Giorgio Amendola”.
- Nel 1994 Matteo Matteotti dichiara in un'intervista televisiva di aver sentito dire da Pertini, dopo la Liberazione, che quest'ultimo “non era stato favorevole ad un'azione militare di gappisti contro un reparto militare perché temeva che ci fossero delle rappresaglie sproporzionate rispetto all'efficacia dell'azione. Però rimase in minoranza nel (...) romano e prevalse la tesi di Giorgio Amendola”. I tre puntini nella parentesi tonda sono nel testo; con tutta evidenza Matteotti intendeva dire (o forse ha realmente detto, e chi ha trascritto l'intervista non lo ha capito) “nel CLN”. Qui, per la verità, avevo inserito un passo in cui facevo notare che la testimonianza de relato di Matteotti secondo cui l'attentato era stato preventivamente discusso nel CLN era contraddetta da altra fonte più autorevole (in realtà più di una fonte, come abbiamo visto). Demiurgo, bontà sua, mi ha censurato tale precisazione regolarmente fontata, con la curiosa motivazione che quello di Matteotti “non è un errore ma una versione che circolava ampiamente”. A quanto pare, una volta appurato che una versione “circola”, è inutile precisare a beneficio dei lettori dell'Enciclopedia se detta versione corrisponde o meno ai fatti storicamente accertati. “Circolava ampiamente”, per di più “a sinistra e a destra”, quindi la par condicio è rispettata; tanto basta. (Non esistono fatti, esistono solo interpretazioni, come diceva quel tale).
- Alla fine degli anni '90, in vari articoli di giornale, Enzo Forcella osserva che all'infuori dei comunisti “nessun altro esponente degli altri partiti antifascisti era stato messo al corrente, neppure nelle grandi linee, dell'azione in preparazione” e punta il dito contro la reticenza degli esponenti del CLN che “a varie riprese e in vari modi, hanno sempre cercato di stendere una coltre di silenzio sul profondo dissenso che i fatti di via Rasella e delle Fosse Ardeatine avevano provocato tra i partiti del Cln”. Non interessa qui discutere quel “sempre” (abbiamo visto che il “profondo dissenso” era in realtà ben noto almeno a partire dal 1973). Importa però chiarire in voce i limiti della testimonianza di Matteotti, testimonianza che su un elemento importante – il fatto se il CLN avesse o meno discusso preventivamente l'azione - contrasta talmente con le altre fonti più autorevoli (comprese le dichiarazioni dello stesso Pertini, il quale nel 1994 non poteva smentire le affermazioni di Matteotti, essendo già morto), che su questo punto possiamo, secondo me, tranquillamente ritenerla (e dichiararla) erronea. Come del resto si è deciso di fare nel thread qui sopra, a proposito di un'altra “versione” che “circolava ampiamente” (quella secondo cui i bombardamenti alleati su Roma sarebbero cessati dopo il 23 marzo 1943) e che però risulta erronea. --Salvatore Talia (msg) 20:10, 16 set 2014 (CEST) P.S. Debbo fare una precisazione: in realtà il giornalista de "Il Secolo d'Italia" Beppe Niccolai ha citato nel 1982 un passo dal libro di Attilio Tamaro Due anni di storia (1943-1945), la cui prima edizione è Roma 1948. L'edizione del 1981, menzionata anche qui sopra da Demiurgo, è postuma: Tamaro morì nel 1956, e ovviamente non poteva sapere nulla del dissenso in seno alla giunta militare del CLN, circostanza che (come abbiamo visto) venne in luce molto più tardi. La responsabilità di aver citato nel 1982 una fonte così superata, comunque, è tutta di Niccolai. --Salvatore Talia (msg) 09:01, 17 set 2014 (CEST) P.P.S. Ho tralasciato la fantasiosa ricostruzione di Pasquale Balsamo su "l'Unità" del 5 giugno 1948: essa vale solo, al pari dell'articolo di Niccolai (ma con l'attenuante, rispetto a quest'ultimo, di essere stata pubblicata appunto nel 1948, in pieno clima di "guerra fredda" e durante lo svolgimento del processo Kappler, col rischio concreto, per gli ex componenti i GAP, di essere incriminati da qualche magistrato particolarmente anti-antifascista), vale solo a dimostrare una volta di più che i quotidiani di partito sono fonti storiografiche da prendere con ampio beneficio d'inventario. --Salvatore Talia (msg) 12:47, 17 set 2014 (CEST)[rispondi]

(rientro) Neanche io sarò breve. La versione erronea dell'ordine del CLN circolava diffusamente a sinistra e a destra ovviamente per motivi diversi: a sinistra per legittimare via Rasella mettendola sotto l'"ombrello" del CLN, a destra per delegittimare quest'ultimo in blocco rimproverandogli l'attentato. Io, "bontà mia", non solo non ho mai "censurato" la versione corretta, ma sono addirittura quello che l'ha fatta entrare in questa voce: prima di questo mio edit c'era scritto: "L'ordine di eseguire l'attacco fu dato dai responsabili della Giunta militare"; e sono stato sempre io a chiedere il paragrafo con il dissenso in seno alla giunta, poi gentilmente creato da te e ulteriormente sviluppato da me. Tuttavia non ritengo opportuno "smentire" Matteotti con Forcella, perché altrimenti dovremmo fare lo stesso con Amendola e gli altri al processo Kappler: Forcella scrive che gli altri componenti della giunta non erano al corrente "neppure nelle grandi linee" di un'azione come via Rasella, il che è in contrasto con le testimonianze. Inoltre, come fai a dire che "Né Amendola né Bentivegna [...] si spingono ad affermare che il CLN abbia discusso preventivamente [...] quella specifica azione? Amendola disse: L'azione di via Rasella? Essa fu preordinata dalla giunta militare del C.L.N. nelle sue linee generali; Bentivegna: "quel fatto d’arme fu organizzato con il consenso della Giunta militare del CLN": come si fa a organizzare qualcosa con il consenso di uno che non ne sa niente? C'è un contrasto insanabile tra queste dichiarazioni e la versione che consideriamo veritiera. L'articolo dell'Unità del '48 poi non si limita a parlare di ordine del CLN romano, ma nel sottotitolo dice addirittura: "Per ordine del Comando CVL...". Questa è bellissima perché il CVL nemmeno esisteva nel marzo 1944, venendo costituito solo il 9 giugno (la feroce persecuzione giudiziaria anticomunista della guerra fredda imponeva anche le distorsioni spazio-temporali, evidentemente). Naturalmente i lettori dell'Enciclopedia, che non sono stupidi e si presume che leggano le voci dall'alto in basso, arrivati a Matteotti si accorgeranno dell'incongruenza (in effetti in oggetto avrei dovuto precisare "errore di Matteotti", ma l'ho fatto qui in talk): praticamente, dopo cinquant'anni, Matteotti adattò i suoi ricordi nella versione che conosceva lui e che era ampiamente diffusa. Ho trovato anche un'altra ricostruzione simile: in questa testimonianza Spataro "votò contro la decisione, che fu quindi presa solo a maggioranza, dell’attentato in via Rasella" (l'articolo sarà allora citato in voce solo per dire che Spataro mantenne sempre il più stretto riserbo sulla vicenda: infatti non abbiamo la sua versione, ma solo quella di Amendola).

Un'altra cosa dovrebbe essere notata: il dissenso nella giunta venne fuori negli anni sessanta (in privato) e settanta (in pubblico), cioè nel periodo della "Resistenza tradita". Erano gli anni in cui a sinistra si passò dall'esaltazione dell'unità ciellenista (rotta con l'esclusione del PCI) all'aperta rivendicazione del primato e della diversità comunista all'interno dell'antifascismo, presentando l'attività degli altri partiti antifascisti come inconsistente o addirittura frenante. Alberto Asor Rosa scrisse che a partire degli anni sessanta "una delle prime nozioni ad esser prese di mira fu quella di antifascismo [...] perché era una nozione generica e politicamente indiscriminata: serviva, infatti, a ricoprire di una stessa veste dai liberali di destra ai critici da sinistra del Pci". Nel 1975 Amendola domandò: "Dei comunisti si sa ormai, anno per anno, quale è stata la loro attività. Ma quale è stata, anno per anno, l'attività svolta nel paese (e non nella sola emigrazione) da uomini e gruppi degli altri partiti antifascisti?". È in questo contesto di critica comunista alle altre componenti dell'antifascismo che è saltato fuori il dissenso dei moderati.--Demiurgo (msg) 14:48, 17 set 2014 (CEST) P.S. Segnalo un'altra chicca dell'articolo di Balsamo: "il massacro delle Ardeatine rimane e rimarrà un marchio infamante per il nazismo che insanguinò tutte le contrade d'Europa, da Parigi a Napoli, da Varsavia a Katyn [...]" (ma c'era la guerra fredda...)[rispondi]

Alcune delle cose che hai detto sono molto interessanti; però temo che la linea di ragionamento del cui prodest ci porterebbe troppo lontano. Anch'io potrei ipotizzare, ad esempio, che l'intervista televisiva a Matteotti sia stata funzionale a una volontà, da parte degli eredi politici del PSI di Craxi, di "aumentare le distanze" fra i comunisti, da una parte, e un prestigioso esponente socialista come Sandro Pertini, dall'altra. Ma è chiaro che con questo tipo di illazioni saremmo pericolosamente in zona ricerca originale; secondo me non vale la pena perderci troppo tempo. (Tuttavia: è un peccato che Matteotti, anziché da un giornalista di Mixer, non sia stato intervistato da uno storico; quest'ultimo lo avrebbe subito bloccato, per chiedergli in quale sede Pertini avesse mai espresso questo suo presunto dissenso da Amendola, circostanza che contrasta con pressoché tutte le altre ricostruzioni).
La natura del contrasto fra Amendola e Spataro, in termini astrattamente formali, è semplice. Un organo collegiale può fissare delle direttive generali e demandarne l'attuazione concreta ai suoi singoli membri. In questo caso il "consenso" da parte dell'organo medesimo si considera espresso preventivamente. Può succedere, naturalmente, che il membro delegato ecceda i limiti dei poteri che gli sono stati conferiti, ed è proprio ciò che Spataro rimprovera ai comunisti di aver fatto. Amendola, invece, sostiene (e continua sempre coerentemente a sostenere) che l'attentato di via Rasella rientrava nelle facoltà dei GAP di attuare la linea preventivamente decisa nel CLN. Solo che non riesce ad ottenere, nella famosa riunione del 26 marzo, la ratifica formale dell'operato dei GAP stessi; ciò proprio a causa dell'opposizione di Spataro.
I cachinni sull'articolo di Balsamo sono un po' oziosi: nessuno sostiene che sia una buona fonte; non precipitiamoci sempre a sfondare le porte spalancate. Anche Portelli, per dire (pag. 437), definisce "autogol" il parallelo tra Fosse Ardeatine e Katyn stabilito da una certa pubblicistica comunista e cita in proposito altri due esempi: un articolo su "l'Unità" del 7 giugno 1948 e il libro di D'Agostini-Forti Il sole è sorto a Roma, alle pagine 242-3. Sono nozioni che possono certamente risultare utili per un vibrante articolo di denuncia delle malefatte della propaganda bolscevica, ma non so che utilità possano avere per noi qui.
Ti faccio una proposta: se sottoponessimo questa voce a un vaglio? Dici che è troppo presto? --Salvatore Talia (msg) 20:43, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Non credo sia un'"illazione" notare che la rivelazione del contrasto su via Rasella avvenne proprio nel periodo in cui ai comunisti l'unità ciellenista non interessava più, mentre interessava anzi la rivendicazione del primato nella lotta e la denuncia dell'attendismo degli acerrimi avversari democristiani allora al potere (e se noti Amendola parla anche di un Pertini "che mordeva il freno" ed era "geloso" dei GAP... qui è Amendola ad "aumentare le distanze" con Pertini). Ovviamente tutto ciò non riguarda la voce ma è per discutere tra noi: ritengo che brevi riflessioni un po' OT siano tollerabili e utili, dato che non siamo automi. Non possiamo stabilire chi tra Amendola e Spataro avesse ragione. Nel suo documentatissimo saggio Pavone cita (p. 480) un documento del Comando militare per l'Alta Italia del febbraio 1944 in cui si raccomandava di "evitare o limitare i motivi di rappresaglia" ogni volta che fosse possibile, ma poi si aggiungeva che il pericolo di rappresaglie non doveva costituire "un impedimento insuperabile all'azione". Quindi la linea non era chiara, presumibilmente perché era il risultato di un compromesso tra le varie forze della resistenza. Dalle pagine di Pavone si ricava che erano soprattutto i comunisti e gli azionisti a sostenere che bisognava attaccare senza curarsi delle rappresaglie (ma non mancavano eccezioni), mentre all'opposto c'era il tenente degli autonomi che avvisava i comunisti che li avrebbe ritenuti personalmente responsabili di ogni rappresaglia da loro causata ai danni dei civili e dei suoi uomini (p. 483), o il documento democristiano secondo cui bisognava "cercare di non arrecare troppo danno all'Italia per le rappresaglie naziste" (p. 486). Poi c'è il già citato (profetico) ordine di Montezemolo, descritto infatti come attendista da Secchia-Frassati e Bocca. Insomma, c'erano profonde divergenze sulla questione anche se nei fatti passava la linea di comunisti e azionisti, che erano di gran lunga i più numerosi. Sono d'accordo con l'apertura del vaglio (ma non ti aspettare grande partecipazione).--Demiurgo (msg) 17:31, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
Il contrasto tra Pertini e Amendola, secondo la narrazione di quest'ultimo, si ebbe non perché Pertini fosse contrario all'attentato, bensì perché Amendola non lo aveva messo al corrente del progetto e non gli aveva così permesso di partecipare alla sua attuazione. Più tardi, nel 1983, Pertini confermò che non sapeva nulla del piano e che però, quando lo seppe, approvò. Matteotti (nel 1994, cioè quando i due interessati, nonché tutti gli altri membri della Giunta militare del CLN romano, erano già morti) sostenne esattamente l'opposto: che Pertini sapeva del piano, ma che era contrario. Perciò l'assai tardiva testimonianza di Matteotti non è affidabile: essa contraddice tutte le altre fonti a nostra disposizione e non è supportata da nulla se non da se stessa.
Nei prossimi giorni vedrò di far partire il vaglio; secondo me è utile sentire il parere di altri, in modo da avere una valutazione imparziale sul lavoro che abbiamo fatto in questa pagina. Credo che complessivamente la voce sia molto migliorata. --Salvatore Talia (msg) 12:12, 20 set 2014 (CEST)[rispondi]
Nulla da eccepire su Matteotti (l'ho scritto anche in voce). Intendevo dire che nello scritto di Amendola traspare un atteggiamento di superiorità anche verso il PSI. Ad ogni modo, ti segnalo queste altre due fonti in contrasto con Amendola:
  • "Allora proponemmo l'azione di via Rasella, che venne approvata dalla giunta militare del Comitato di liberazione nazionale, composta da Giorgio Amendola, Riccardo Bauer e Sandro Pertini. Perfezionammo il piano. Era questo: il tritolo sarebbe stato nascosto in un carrettino con bidoni metallici della nettezza urbana [...]" (Testimonianza di Bentivegna in AA.VV., Italia drammatica. Storia della guerra civile, Della Volpe, 1965, vol II., Il Regno del Sud, p. 281).
  • "La proposta di dar corso all'attentato era stata regolarmente approvata dalla Giunta militare del Comitato di liberazione nazionale, composta da Giorgio Amendola, Riccardo Bauer e Sandro Pertini; e ne era stata data comunicazione anche ad Alcide De Gasperi (che trovavasi allora rifugiato nel palazzo extra-territoriale di «Propaganda Fide»), personalmente da Giorgio Amendola". (Pietro Secchia, Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, La Pietra, 1968, vol. I, p. 117).--Demiurgo (msg) 13:22, 20 set 2014 (CEST)[rispondi]

Ecco il vaglio: Wikipedia:Vaglio/Attentato di via Rasella.--Demiurgo (msg) 15:02, 24 set 2014 (CEST)[rispondi]

OK, grazie per aver preso l'iniziativa. Vedremo cosa ne verrà fuori :-) --Salvatore Talia (msg) 19:13, 24 set 2014 (CEST)[rispondi]

Ringrazio EM per aver realizzato la cartina. Ho due ossevazioni:

  1. Il Bozen non era un reparto delle SS ma della Orpo, quindi le rune (completamente assenti dalle divise di questi militari) vanno eliminate e sostituite possibilmente con il fregio della Orpo contenuto in questo file (oppure non usare nessun simbolo).
  2. Sarebbe utile numerare ogni gruppo di gappisti indicando il suo compito nella legenda (in modo simile alla cartina dell'Unità).--Demiurgo (msg) 15:28, 17 set 2014 (CEST)[rispondi]
Uhm, effettivamente potevo essere più preciso. Però prima di fare la modifica, anche sulla versione in francese, vorrei accertarmi che il file che mi hai dato è quello della OrPo e non l'insegna di un comandante. Oltre al nome - che mi mette la pulce nell'orecchio - c'è il fatto che se non ricordo male le bandierine quadrate erano usate per gli ufficiali generali.
Per la posizione dei gappisti, avevo iniziato, poi mi sono fermato ai soli Calamandrei, Bentivegna e la Capponi (come annotazione su commons), perché delle posizioni degli altri non sono mica sicuro...
Infatti: http://de.wikipedia.org/wiki/Flaggen_der_deutschen_Polizei_(1933%E2%80%931945) è una bandella per automobile di servizio ufficiale. Quindi anche su quella che è nella pagina nostra dell'Ordnungspolizei toccherebbe fare un controllo.
Sì ma io dico usare solo il fregio al centro (l'aquila): quello è il simbolo della Orpo.--Demiurgo (msg) 18:54, 17 set 2014 (CEST)[rispondi]
Un'altra cosa: quella che hai indicato come via del Babuino è in realtà via dei Due Macelli.--Demiurgo (msg) 18:58, 17 set 2014 (CEST)[rispondi]

Voce ancillare[modifica wikitesto]

Segnalo che a partire da materiale già presente in questa voce inizierò a scrivere Utente:Demiurgo/Storia giudiziaria dell'attentato di via Rasella, nella quale si potrà approfondire l'argomento citando ampiamente stralci delle sentenze. Una volta pubblicata la nuova voce potremo alleggerire questa di un bel po' di kb.--Demiurgo (msg) 14:54, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]

La sandbox è ovviamente aperta al contributo di tutti.--Demiurgo (msg) 14:55, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Allo stato attuale è uno scorporo inutile. --Vito (msg) 15:25, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Allo stato attuale è una sandbox in costruzione. Lo scorporo avverrà (lasciando riassunto e "vedi anche") a lavoro finito.--Demiurgo (msg) 15:42, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Non è che voglia farti cambiare idea ne ho la velleità di "contrastarti" sapendo che se anche volessi fare una pagina con caratteri viola e sfondo rosa avrai almeno una mezza dozzina di acritici supporti, tuttavia è una scissione dell'atomo che assumerà via via il taglio della ricerca originale e, suppongo, sarà volta a togliere dai riflettori gli esiti giudiziari da te giudicati negativamente. --Vito (msg) 15:57, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Non è che voglia farti cambiare idea ne ho la velleità di far notare che la tua è una presunzione di malafede assurda, un attacco personale e un gridare alla ricerca originale strumentale (non essendoci nulla di "originale" nel mettere nero su bianco qui dentro quanto è scritto in sentenze e articoli disponibili online), sapendo che avresti più di una dozzina di acritici supporti (supporti con i tastini). Due righe sulla storia dei riflettori, a beneficio dei passanti, le voglio spendere però: il sottoscritto, a seguito della gentile richiesta di Ignisdelavega leggibile all'inizio di questa pagina, è quello che ha aggiunto nell'incipit della voce l'esito delle ultime sentenze. L'attuale "riepilogo" tra l'altro è privo delle tre fondamentali sentenze (1950, 1954, 1957), tutte e tre favorevoli ai partigiani, che chiusero i tre gradi di giudizio del processo civile contro di loro intentato dai familiari di alcune vittime delle Ardeatine (ma ovviamente tu non hai notato la vistosa mancanza, non essendo fatti a te noti). Comunque sì, mi hai scoperto, il mio scopo è nascondere a quei babbioni dei lettori la storia giudiziaria sostituendo una nota con scritto "vedi riepilogo dedicato" (che punta a una sezione incompleta) con un wikilink (che punterà a una voce completa e approfondita). Sono diabolico.--Demiurgo (msg) 16:30, 18 set 2014 (CEST)[rispondi]
Quella di creare una voce di approfondimento dedicata ai processi può essere una buona idea, a patto che alcuni momenti essenziali della storia giudiziale rimangano visibili anche qui. Il mio timore (credo di averlo già espresso) è che questa pagina si trasformi in una rassegna di opinioni più o meno qualificate su via Rasella, tale da far perdere di vista i fatti storicamente accertati. Tutto sommato, l'evento storico via Rasella è estremamente controverso solo riguardo alla sua valutazione; la sua ricostruzione fattuale e la sua qualificazione giuridica, invece, non presentano grandi margini d'incertezza. Quegli elementi che sono ormai acclarati e definiti anche per via giudiziale (la qualificazione dell'attentato come un legittimo atto di guerra, oppure il fatto che - contrariamente a una leggenda dura a morire - da parte tedesca non ci fu nessun invito a costituirsi rivolto ai partigiani, ecc.) andrebbero, a mio parere, mantenuti ben visibili anche nella voce principale. Altrimenti rischieremmo di avere una voce principale che presenta, per dire, senza alcun commento la tesi di Guzzo del complotto comunista, mentre la confutazione per via giudiziale di tale tesi bisognerebbe andarsela a cercare nella voce "ancillare". I lettori di Wikipedia (tutti intelligentissimi, preparatissimi ecc., su questo non si discute) hanno diritto a trovare in ogni singola voce una trattazione sintetica ma equilibrata. --Salvatore Talia (msg) 13:04, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
Se delle presunzioni di malafede di certuni non mi curo minimamente (certe insinuazioni qualificano chi le partorisce: Omnia munda mundis), la presunzione di stupidità del lettore, al punto da ritenerlo incapace di accedere ad un'ancillare cliccando un wikilink, mi disturba profondamente. Ripeto: attualmente la sentenza della Cassazione che qualifica il fatto come "legittima azione di guerra" è menzionata addirittura nell'incipit! L'ancillare avrà a sua volta un incipit, che riassumendo la voce conterrà anch'esso tale qualificazione (e saranno due, in bella vista nelle prime righe di entrambe le voci). Più di questo c'è solo il banner lampeggiante gigante che segue il cursore con scritto "Ricordati che è una legittima azione di guerra, infedele!".--Demiurgo (msg) 17:58, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
Hai ragione: ccà nisciune è fesse, quindi non c'è bisogno di ripetere troppe volte lo stesso concetto. Allora diciamo solo che siamo tutti d'accordo sul fatto che una voce d'approfondimento è una voce d'approfondimento e non un "ghetto" in cui relegare contenuti sgraditi in quanto turbino l'impostazione POV che si voglia dare alla voce. Così va bene? --Salvatore Talia (msg) 18:56, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
No, non va bene che io debba dare rassicurazioni sulle mie intenzioni solo perché ho annunciato un progetto di voce invitando tutti a contribuire. Qui le regole le conosciamo tutti: io rispetto quelle sugli approfondimenti, altri rispettino questa.--Demiurgo (msg) 20:10, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
Immagino che attribuire ad altri utenti "la presunzione di stupidità del lettore" sia un preclaro esempio di Wikilove. Comunque s'intende che nessuno è tenuto a dare rassicurazioni di sorta: ciascuno dia il proprio contributo, e sarà la comunità a valutare. --Salvatore Talia (msg) 20:46, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
Scusatemi, ma meno ciance e punzecchiature e più cose concrete. Se Demiurgo, senza per ora rimuovere nulla da questa voce, iniziasse la nuova voce in una sandbox (che non è un ghetto), col contributo di vuol partecipare e per poi passare a finalizzare in una nuova voce e armonizzare con questa i contenuti? Almeno non ci saranno discussioni astratte sulle intenzioni. --Bramfab Discorriamo 22:27, 19 set 2014 (CEST)[rispondi]
quoto integralmente Bramfab, parola per parola, e invito a non interrompere una fase "positiva" di questa travagliata voce; chi ne conosce la lunga e dolorosa storia sa cosa intendo, dunque se c'è chi da anni sta trattenendo il respiro, ponderiamo per cortesia gli aggettivi cui diamo fiato. Grazie :-) -- g · ℵ (msg) 13:34, 20 set 2014 (CEST)[rispondi]

Mi pare una buona idea quella di creare un'ancillare--Jose Antonio (msg) 13:50, 20 set 2014 (CEST)[rispondi]

Sdoganiamo i neonazisti negazionisti?[modifica wikitesto]

Rimango francamente interdetto da questo edit di [@ Stonewall]. Per l'esplicito endorsement di un testo molto noto in tutti gli ambienti neonazisti, oggetto di feroci controversie. Si tratta di "Hitler's war" di David Irving, il noto negazionista, antisemita e neonazista britannico. La sentenza a suo sfavore che leggerete se avrete la compiacenza di seguire il link diretto alla voce dedicata a questo personaggio contenne a suo tempo delle frasi pesanti come macigni. Irving è un falsificatore di fonti, sono note decine di casi in cui ha distorto il senso di un documento, sono note decine di casi in cui ha obliterato volontariamente un documento perché non si attagliava alla sua tesi precostituita. Trovare addirittura "Hitler's war" decantato come "minuziosa descrizione delle attività di Hitler durante la guerra" è veramente incredibile. Il libro è stato letteralmente fatto a pezzi dall'accademico inglese Richard Evans nella sua expertise storiografica (una delle varie che vennero preparate per il processo Irving-Lipstadt) che analizza minuziosamente l'opera di Irving, poi pubblicata col significativo titolo di "Lying about Hitler". Ancor di più rimango basito se penso a chi l'ha inserita: quello Stonewall che non più tardi di un mese fa m'invitò a stare nel mio orticello dell'Adriatico, visto che su seconda guerra mondiale, fascismo e robe connesse lui ne sapeva a stramazzi! Che devo arguire da questo inserimento? Che lui non conosce la storia di Irving? Che s'è fatto ammaliare dalle mille pagine del suo librone senza scoprire che mentiva a go-go? Ora però io domando: che fare con questo mieloso inciso tutto a favore del neonazista? Ce lo dobbiamo tenere come sta, oppure - come io penso - sarebbe bene eliminarlo attendendo semmai un'altra fonte che non sia un patente negazionista?--Presbite (msg) 14:58, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]

Pensa che John Keegan ha definito Hitler's war uno dei cinque libri fondamentali sulla seconda guerra mondiale...comunque credo che tutto si possa dire di me meno che sia indulgente con nazismo-fascismo ecc...stai calmo Presbite...calmo...il primo Irving, quello di "Hitler's war", di "The trail of the fox" è sicuramente utile (ovviamente confrontato con altre fonti)...calmo...--Stonewall (msg) 15:28, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Infatti: il giudizio di Keegan è stato preso da Irving e portato al processo. Dove la sua opera è stata demolita. Ma pare che tu di 'sta vicenda della demolizione di Irving non sappia proprio nulla di nulla. Riguardo a quel che tu pensi dell'opera del neonazista, l'hai già bello che scritto nella voce. Quel che mi chiedo io è se possiamo proprio tenerci una roba del genere in NS0. L'entusiastico endorsement di un neonazi, negazionista e falsario di fonti!--Presbite (msg) 15:33, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Ciàpa qua. LEggi che si dice del libro che qui hai benevolmente citato! E se non ti basta quella, leggi qui. Stiamo parlando - mio caro espertone - di un libro che (tanto per dirne una, fra le mille balle che sono in esso contenuto) nella sua edizione tedesca afferma che il diario di Anna Frank è un falso!--Presbite (msg) 15:39, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
A differenza di te che conosci poco la seconda guerra mondiale, io conosco la vicenda Irving e condivido le critiche al negazionista-neonazista; quello che però è sicuro è che dal punto di vista dell'analisi delle decisioni e delle azioni di Hitler nella seconda guerra mondiale, dal punto di vista di strategia e "grande strategia", il testo di Irving è ancora oggi citato da centinaia di altri testi di autori di ogni parte del mondo che evidentemente lo ritengono utile. Tra l'altro il tuo amato Ian Kershaw (che cita sette opere di Irving nella bibliografia di Hitler). Ti saluto.--Stonewall (msg) 15:47, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Vedo che non cogli il punto. Il punto non è quello di citare Irving, ma di lodarlo, come hai fatto tu. Francamente, non credo proprio tu conosca la vicenda Irving-Lipstadt. Ma proprio per nulla. Altrimenti non ti saresti lanciato in una frase così stramba. E credo tu non abbia mai sentito parlare delle varie expertises prodotte in quel processo, due delle quali poi pubblicate. Altrimenti saprai senz'altro dirmi qual è la seconda expertise poi pubblicata: dico bene? In aggiunta alle varie critiche del tuo amato Irving, aggiungo anche. questa. Che vi si dice del da te lodato autore? "Any reputation he once had as a real "historian" has been wrecked". Qua lo fanno nuovo e distruggono il suo libro]. Per non dire di uno dei maggiori storici tedeschi, che lo fece a fettine in un altro testo, certissimamente a te del tutto ignoto. Comunque sia, questo testo puoi leggerlo per intero qui. E non stiamo parlando di Adriatico, come vedi. E tu ancora non correggi la tua frase inserita in NS0. Sentiamo che ne pensano gli altri: dobbiamo tenerci la lode di un testo pieno di panzane in NS0, o possiamo eliminarla? Dopo di che, tu puoi apprezzare quel che vuoi, per carità.--Presbite (msg) 15:58, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Sei tu che non cogli il punto, evidentemente perchè ignori totalmente la "grande strategia" della seconda guerra mondiale; io condivido pienamente le critiche a Irving neonazi e negazionista (del resto secondo te sono un comunista sovietico...o no?); però io come tanti altri storici che lo citano nelle loro bibliografie (Kershaw p.e. nel suo ultimo testo del 2014 sulla caduta del Reich cita ancora tre testi di Irving compreso ovviamente Hitler's war), ritengo che la sua descrizione dell'attività di Hitler durante la guerra sia utile. Jackel tra l'altro lo conosco. Ti saluto nuovamente e spero di finirla qui. Queste discussioni interminabili con te non servono a nulla e sono abbastanza sgradevoli.--Stonewall (msg) 16:06, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
E' evidente che stai cercando di difendere l'indifendibile. Io propongo di eliminare la frase nella quale tu hai lodato il testo di un neonazista negazionista, sulla base del fatto che tale testo - sottoposto a critica certosina - è dimostrato per tabulas essere una schifezza. Schifezza perché - per esempio - riguardo a tutta una lunga serie di documenti che mettevano in cattiva luce Hitler il tuo amato Irving che ha fatto? Semplicemente... non li ha riportati! Li ha cancellati dalla (sua) storia! Motivo per cui io nutro fortissimi dubbi pure sulla veridicità di quel che hai scritto nella voce. Perché non sarebbe altro che l'ennesima riprova della disonestà intellettuale di Irving. Di fatto, per il tramite di Irving tu scagioni Hitler dalla sua responsabilità relativamente alle Fosse Ardeatine. Dopo di che - ripeto - tu puoi leggere, apprezzare, lodare anche sperticatamente chi vuoi. Nel chiuso della tua cameretta, però. Qui si scrive un'enciclopedia, e a mio modo di vedere le fonti così sbugiardate su temi totalmente attinenti a quel di cui si occupa la voce vanno tenute fuori.--Presbite (msg) 16:18, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Quella schifezza l'anno citata e utilizzata i maggiori storici mondiali della WWII e di Hitler; sulla responsabilità di Hitler nelle fosse Ardeatine peraltro credo che anche Katz e altri sottolineino che dopo la sfuriata iniziale non è molto chiaro quale fu il suo ruolo nel processo decisionale; non ci sono ne documenti ne testimonianze dirette di uomini del suo quartier generale. E' possibile che Hitler dopo le sue escandescenze iniziali, preso da mille altre questioni (i piloti alleati fuggiti, la situazione all'est, stava per incontrare al Berghof von Manstein e von Kleist, il Gruppo d'armate Sud stava crollando...ma tu che ne sai del fronte est...) si sia abbastanza disinteressato di tutta la vicenda. Le decisioni le presero Mackensen, Kesselring e forse Jodl all'OKW (conosci questa sigla?).--Stonewall (msg) 16:26, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Sì sì, Stonewall. Ti dirò di più. Il tuo edit è proprio concettualmente sbagliato. Perché? Perché tu hai ricavato una cosa in modo "negativo", nel senso che siccome nel libro di Irving non si parla di un ordine di Hitler relativamente al massacro della Fosse Ardeatine, allora se ne potrebbe ricavare che quell'ordine non partì dal quartier generale del Fuehrer. La stessa identica logica che portò Irving a dire ad un certo punto che siccome nelle carte da lui lette non si trova ordine scritto dell'olocausto, allora lui ne era all'oscuro. Il fatto è che nel libro di Irving non si parla nemmeno di via Rasella o delle Fosse Ardeatine (e ci credo: lo sai quali sono le fonti di Irving?), di conseguenza come si fa ad infilarlo qui dentro? Non solo: adesso pare - stando al modo "ad incastro" da te usato per piazzare Irving fra due frasi fontate dal libro di Dollmann - che l'ordine potrebbe esser stata un'idea autonoma di von Mackensen, quando il libro di Dollman parla espressamente delle reazioni di Hitler. Insomma: è il tuo edit complessivo che fa acqua da tutte le parti. C'è un errore logico di fondo, un errore metodologico ed un errore ermeneutico. Non ci siamo su tutta la linea. Comunque sia, hai scritto "hanno" senz'acca e "né" senza accento (due volte): qualcosa mi spiego.--Presbite (msg) 16:38, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Grazie bravo maestro, ora, se puoi, lasciami in pace; io scrivo le voci, tu le pagine di discussione.--Stonewall (msg) 16:42, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
A me di te me ne frega nulla. A me invece frega che nelle voci siano scritti cose per lo meno decenti. Siccome questa roba qui non lo è, adesso la reverto. E se tu vorrai ripiazzarla, chiederò un parere terzo ad un admin. Au revoir.--Presbite (msg) 16:46, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]
La rimozioni di parti fontate si chiamerebbe vandalismo, ma visto che tu qui dentro sei un intoccabile, nessuno ti dirà niente. Pazienza; neppure a me, di te, frega nulla. Bye bye.--Stonewall (msg) 17:30, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]

Siccome con il cellulare (almeno con il mio) non si possono editare sezioni molto lunghe, scrivo qui e chiedo agli altri la cortesia di sistemare. Pregherei di non appesantire questa voce con dettagli che starebbero meglio nella voce sulle Fosse Ardeatine. Inoltre la ricostruzione della catena di ordini (fornita al processo Kesselring) e' stata sottoposta a vaglio critico da Raiber (si veda la mia sandbox sui processi), quindi non ci si puo' basare solo sulle memorie di Dollmann. Propongo di spostare gli ultimi inserimenti nella voce sulle Fosse Ardeatine e ripristinare la versione precedente. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Demiurgo (discussioni · contributi).

Come ho già scritto in altro luogo, la voce è talmente iperspecialistica che personalmente non me la sento di intervenirvi, non possedendo le dovute competenze. Ho eliminato il passaggio fontato su Irving per i motivi detti sopra, e credo (se non vado errato) che si tratti dell'unico edit mio qui dentro. Sono d'accordo con te su tutta la linea, e quindi mi accodo all'invito di evitare edit impropri. Direi che quando tornerai in possesso della tua postazione abituale potrai rimetter mano alla sezione. Non credo ci sia fretta.--Presbite (msg) 18:26, 1 giu 2015 (CEST)[rispondi]

Irving non somiglia affatto a una fonte che abbia séguito nella disciplina di riferimento. Se proprio si volesse usare un approccio non scientifico ma certamente tentatore di inchinarsi alle notorietà, siccome anche se è noto resta privo di séguito accademico, in un contesto nel quale dicessimo davvero - come mi avrete già sentito proporre - "Tizio dice X, Caio sostiene Y", allora un angolino potremmo trovarlo dove a titolo quasi di curiosità possiamo aggiungere "e se volete saperlo Irving dice Z". Circa i riferimenti di fragranza neonazi, diciamo che tuttavia mi inquieta di più Eugen Dollmann, che al di là di qualsiasi altra considerazione stiamo usando per fargli dire che (testuale in questo momento) "Buttlar avrebbe riferito che il Führer era estremamente irritato". Ora, non bastasse che questa irritazione di Adolf, ove non sia legata a qualche effetto di certa consistenza e ancor più certo rilievo, è completamente ininfluente per l'equilibrio della voce; ma addirittura per parlare di questa irritazione dobbiamo citare, al condizionale, il relato di Buttlar attraverso Dollmann! Non solo quindi ci mettiamo a parlare di stati d'animo che i fatti non hanno ratificato in qualcosa di oggettivo, ma lo facciamo dubitativamente, con ipotesi di relati che verrebbero da uno accusato di avere avuto un ruolo in ciò che descriviamo qui e che disse, toh, di esserne stato estraneo, essendo per questo censurato da storici e di recente rassettato da meno ostili giornalisti-scrittori (anche se ottimi).
Senza alcuna polemica, davvero: ma non sarà il caso che intanto mettiamo le fonti dentro i paragrafi della voce e poi controlliamo anche, non solo se sono fonti nel senso che ci interessa, ma anche cosa diavolo gli stiamo facendo dire? Partiamo da qua, per favore, cominciamo a controllare che non finiscano in voce voli pindarici (sarebbero altro, ma transeat) disutili e impropri. -- g · ℵ (msg) 00:09, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]

Si, ho capito, però vorrei chiarire che sulle reazioni tedesche del 23 e 24 marzo 1944 in pratica le uniche notizie che abbiamo provengono da...Nazisti. Non ci sono documenti scritti, i diari dell'OKW relativi a quel periodo sono perduti, i colloqui stenografiati di Hitler sono ugualmente perduti; in pratica tutti gli storici non possono fare affidamente su altro che le testimonianze più o meno interessate dei Nazisti. Lo stesso Irving utilizza (sicuramente in modo strumentale su molti punti) fonti naziste: i diari di Milch, i diari del dottor Morell, i diari di Hewell e così via... è simpatico che in pratica sono le stesse fonti che utilizzano gli altri storici di tutto il mondo; in pratica perchè sono le sole disponibili.--Stonewall (msg) 00:32, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
ooh, eccoci: "sono le stesse fonti che utilizzano gli altri storici di tutto il mondo". Facciamole utilizzare agli storici, è questo il mestiere nostro. Noi siamo un ristorante e serviamo la pasta al sugo, non spighe di grano e piantine di pomodoro in vasetto ;-) -- g · ℵ (msg) 00:36, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Un paio di osservazioni molto schematiche (tanto per cambiare, scrivo di fretta e ho poco tempo). @Presbite, IMHO è sbagliata la modalità con cui hai formulato la tua critica, che appare viziata da un'eccessiva aggressività, di cui questa voce in particolare - la quale in passato ha sofferto di una conflittualità esasperata, che l'ha tenuta in stallo per anni - non ha attualmente nessun bisogno. (Tra l'altro, non vedo che senso abbia ostentare una così accentuata vis polemica laddove si dialoga attraverso lo schermo di un computer). Detto questo, @Stonewall, apprezzo la ratio del tuo edit: vuoi evidenziare che la storia dell'ordine di Hitler è probabilmente solo una menzogna, escogitata dai responsabili diretti dell'eccidio per scagionarsi. In effetti, già prima del tuo intervento in NS0 era scritto che la ricostruzione del processo decisionale è incerta in quanto si basa sulle dichiarazioni autodifensive dei tedeschi in sede processuale (coll'ovvio sottinteso che tali dichiarazioni, sul punto, non sono affidabili). Era inoltre precisato che non esistono prove scritte né testimonianze dirette di tale presunto ordine di Hitler. Secondo me tanto basta. Tieni conto che questa è la voce su via Rasella, e che esposizioni più particolareggiate troverebbero sede migliore nella voce sulle fosse Ardeatine. Inoltre, non si può tacere che David Irving è uno "studioso" per nulla autorevole, screditatissimo e tale per cui meno lo si usa come fonte e meglio è. Francamente farei volentieri a meno di trovarmelo in bibliografia. Su questo punto, penso che Presbite abbia pienamente ragione. --Salvatore Talia (msg) 22:22, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Si, si d'accordo, però sul punto specifico nessuno studioso può confutare Irving, perchè i documenti delle sedute stenografate e del diario OKW non ci sono e le testimonianze e i diari di Milch, Hewel, Below ecc... li ha lui per primo ritrovati, analizzati e resi noti. In data 23 e 24 marzo 1944 Hitler, secondo i presenti al quartier generale, parlò di tutt'altre cose che via Rasella, gli unici che parlano della famosa ira distruttiva del Fuhrer sono...le parti in causa e cioè gli allegri militari tedeschi del regime di occupazione in Italia che ovviamente vogliono discolparsi e propinano la panzana che loro furono buonissimi, calmarono Hitler e fecero di tutto per ridurre il suo barbarico rapporto di rappresaglia.--Stonewall (msg) 22:30, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Irving è screditatissimo ma viene in effetti usato come fonte per dettagli sulla biografia di Hitler. Se i militari tedeschi a processo hanno quasi sempre provato a scaricare ogni colpa su Hilter Irving è, invece, giustificazionista, finendo per farlo sembrare (forme giustificazioniste simili si trovano anche per Mussolini) come circondato da sanguinari avventurieri. Direi anch'io che se se ne può fare a meno è meglio. --Vito (msg) 22:35, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Non vorrei che ci fossero equivoci; Hitler è stato il creatore e la mente dirigente assoluta del movimento ideologico-politico più barbaro della storia; ma non fu solo Hitler (come non fu solo Mussolini); il nazismo fu Hitler + praticamente l'intera struttura dirigente-amministrativa tedesca che, secondo la celebre formula di Ian Kershaw, "andò incontro" ai voleri-desideri-istanze di Hitler, bisogna dire che molto spesso "andò incontro" di buona lena e con animo partecipe e sereno.--Stonewall (msg) 22:44, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Chiarissimo il tuo punto e l'importanza del fatto che i gerarchi a processo scaricassero le colpe "in alto" (l'altro giorno in un telefilm un procuratore statunitense diceva che "la difesa Norimberga non funziona"), però se possiamo evitare Irving (che è comunque a rischio di fare l'operazione opposta) è meglio.
Per il resto il nazismo si preparava almeno da XVII secolo, mentre il fascismo bolliva in pentola dal 1887 se non dal 1861. --Vito (msg) 22:49, 2 giu 2015 (CEST)[rispondi]
@ Stonewall: non ci sono equivoci su questo aspetto :-) Ma in sostanza, vero o non vero che sia l'argomento "irritazione", vero è che fu evocato, sì, ma non si può "descriverlo" al condizionale e facendolo dire (forse) a Buttlar, che non lo dice lui ma Dollmann, che invece di essere una fonte è un coinvolto. A far parlare le fonti che hanno un séguito, qualcosa è possibile che si perda, questo va messo nel conto, ma davvero non è un vantaggio mettere qualcosa di più attingendo anche oltre quelle, perché a volte, come in questo caso, "non tiene": stiamo parlando di una "sospetta irritazione", cioè dell'ipotesi di un fatto non oggettivo, e invece di attribuirla a fonte attendibile, stiamo sostenendo che forse ci fu, quasi ci fu, mancò poco che ci fu, perché pare che uno l'abbia detto a quello che (dialetticamente) è stato bastonato per ciò che disse come se fosse stato una fonte, essendo tutt'altro che una fonte. Meglio allora rinunciare a questa faccenda qui, troviamo il modo di metterla nell'altra voce dove avrebbe un senso se riusciamo a dirla meglio. In fondo questa sezione, invece di limitarsi a dare due cenni a volo d'uccello sotto al {{vedi anche}}, entra in dettaglio in modo anche in questo caso eccessivo, essendoci per l'appunto un'altra voce dedicata. Se ci mettiamo addirittura fonti controverse, qui è finita, quando mai ne usciamo... :-) -- g · ℵ (msg) 01:49, 3 giu 2015 (CEST)[rispondi]

Roma "città esplosiva"[modifica wikitesto]

Giusto valutare le deposizioni di Kesselring e degli altri generali tedeschi alla luce della loro funzionalità difensiva. Volete sapere in quale voce non solo ciò non accade, ma una deposizione di Kesselring è addirittura usata come quote di apertura? Resistenza romana. Al processo (che tra l'altro si svolse a Venezia e non a Trieste come dice la nota: ragion per cui dubito pure della genuinità della citazione), Kesselring aveva interesse a presentare Roma come "città esplosiva" (espressione che a volte si trova attribuita a Kappler, altre a Moellhausen) per giustificare la repressione: tanto maggiore era il pericolo per le sue truppe, tanto più la mano pesante era necessaria. Ecco in base a quale logica i vari imputati tedeschi si sono lanciati in involontari "elogi" alla Resistenza romana, citati acriticamente dai partigiani, per esempio qui da Bentivegna: i partigiani "fecero di Roma "una città esplosiva", come dovette ammettere Kappler, il boia delle Ardeatine, nel processo che subì alla fine della guerra". Kappler (o Kesselring) non "dovette ammettere": faceva parte della strategia difensiva (grandi pericoli = dura repressione necessaria). Credo quindi che la citazione vada rimossa (scusate se l'ho scritto qui e non nella talk di Resistenza romana, ma lo spunto me l'ha dato questa discussione).--Demiurgo (msg) 12:25, 4 giu 2015 (CEST)[rispondi]

"giusto valutare" implica la legittimità di una valutazione, e sappiamo che non devono essere gli utenti a compierla :-) Nessun problema se una fonte autorevole si occupa degli aggettivi di Kesserling, ma in quel caso sicuramente il concetto verrebbe reso in modo diverso. Il quote di apertura però è una cosa diversa, è normale che nel quote si dia voce a uno degli interessati, se la citazione contiene una sintesi efficace (che poi la voce spiega); ora bisogna chiedersi se quella citazione sintetizza davvero ciò che la voce sta per dire (nello specifico che Roma fosse "esplosiva"), se è uno dei principali concetti che la voce contiene e se la citazione, per WP:CIT, non lede il requisito di neutralità. -- g · ℵ (msg) 13:15, 4 giu 2015 (CEST)[rispondi]
La citazione non è referenziata correttamente (dove sono citati questi atti del tribunale britannico "di Trieste"? Raiber riporta interi interrogatori del processo Kesselring e questa dichiarazione non c'è). Quanto al POV, la citazione lo è. Tutte le citazioni iniziali lo sono. Franco Calamandrei scrisse:

«La città e l'estate, la città nell'estate. Lontano, il rumore dei cannoni - come una donna che aspetti torpida ed indifferente che uno dei due contendenti, uno qualsiasi, sopraffaccia l'altro e la prenda.»

Farebbe un altro effetto in apertura, non trovi? IMHO le citazioni iniziali sono il non plus ultra del POV.--Demiurgo (msg) 13:30, 4 giu 2015 (CEST)[rispondi]
La citazione è assai probabilmente tarocca. Chi l'ha inserita ha messo in nota la seguente fonte: "Atti del processo. Tribunale militare britannico di Trieste, 1946-47". Ora: non solo il processo non si tenne a Trieste ma a Venezia, ma non si tenne nemmeno fra il 1946 e il 1947, bensì fra il 17 febbraio e il 6 maggio del 1947. Gli atti (imputazione, sentenza e alcuni aspetti particolari) sono stati pubblicati qui. In quel volume la frase nell'incipit non c'è. Io francamente nutro moltissimi dubbi che l'edit sia stato fatto andando a scartabellarsi direttamente la documentazione originale. La definizione di "città esplosiva" la si ritrova nel sito criminidiguerra, ma la frase è completamente diversa. Nei libri pubblicati, la frase che ora compare nell'incipit è attribuita da alcuni a un rapporto spedito da Kesserling a Berlino, ma prevalentemente alla sua testimonianza nel corso del processo. Direi che rimango molto dubbioso. E per principio eliminerei qualsiasi citazione in testa alla voce.--Presbite (msg) 13:51, 4 giu 2015 (CEST)[rispondi]
(confl) @Demiurgo: Bellissima, sarebbe :-))) Certo che le citazioni sono POV, lo sono... ontologicamente, ma quella che hai citato adesso rende un clima, un contesto, e in un certo senso anche oggettivamente; quella di Kesserkling invece dice in soggettiva "noi tedeschi non potevamo andare in licenza", che a "sintesi" di una voce sulla Resistenza romana potrebbe far apparire i partigiani come... dispettosi stalker :-) K. chiama un argomento, lo chiama da un punto di vista, e se la voce descrive questo, quella frase ci può stare con minime riserve, se la voce dice che la Resistenza fu altro la frase entra in un "altro" argomento. In ogni caso, io ti rispondevo sull'uso delle fonti primarie, che ovviamente sono il materiale che compone le citazioni, ma non possono andare in voce a sorreggere degli assunti, che era il discorso che si stava facendo prima; in voce non si può scrivere "Roma divenne esplosiva<ref>Kesserling</ref>". Nel quote sì, se non osta WP:CIT :-) -- g · ℵ (msg) 13:53, 4 giu 2015 (CEST)[rispondi]
Bene, la rimuovo se non altro per mancato rispetto del requisito 1 per le citazioni iniziali (fonte valida).--Demiurgo (msg) 14:07, 4 giu 2015 (CEST) P.S. Ho appena rimosso dall'incipit di Eugen Dollmann una citazione in cui egli stesso presentava la sua attività negli anni della guerra in modo molto indulgente...[rispondi]
Ho trovato (l'aveva già trovata Presbite) la fonte. Kesselring disse: "Avevo altro da fare io al mio posto e con la mia responsabilità di comandante supremo di un fronte minacciato, e con una città esplosiva come Roma alle spalle, che preoccuparmi delle leggi! Sappiano gli uomini che un comandante supremo non è tenuto a preoccuparsi dei regolamenti". E' confermata dunque la funzionalità difensiva della dichiarazione: pericolo = non potevo badare a leggi e regolamenti = durezza necessaria.--Demiurgo (msg) 16:03, 18 giu 2016 (CEST)[rispondi]

Rappresaglia "ricercata"[modifica wikitesto]

Leggendo il terzo volume della storia del Terzo Reich di R. J. Evans, libro abbastanza convenzionale, ho trovato alcune interessanti notizie utili per inquadrare meglio il famoso problema della rappresaglia-ricercata da parte partigiana che sarebbe poi uno dei cavalli di battaglia della pubblicistica-storiografia antiresistenziale "classica". Orbene nel libro di Evans viene fuori che il governo in esilio della Cecoslovacchia, con la piena approvazione del governo britannico di Churchill, organizzò l'operazione Antropoid contro Reinhard Heydrich proprio per provocare la brutale rappresaglia tedesca e favorire la ripresa a sua volta della resistenza ceca che in quel periodo era in crisi. La rappresaglia tedesca, fu come previsto, spietata. Anche le inappuntabili democrazie occidentali agivano quindi in modo spregiudicato e senza riguardi per la popolazione civile di paesi alleati pur di raggiungere i loro scopi contingenti. Inoltre viene fuori che l'attentato ad Heydrich lungi dall'essere, in contrasto con la facile e inutile azione partigiana a Roma, una missione difficilissima nel cuore del regno hitleriano, fu una "passeggiata" per i due attentatori: Heydrich viaggiava senza scorta, su un auto scoperta sempre nello stesso percorso e sempre negli stessi orari; ancor più facile che l'attentato di via Rasella che quindi in realtà fu un attacco riuscito contro l'apparato repressivo nazista effettuato con il tipico modus operandi di ogni resistenza nell'Europa occupata di qualunque colore politico essa fosse.--Stonewall (msg) 17:20, 14 ago 2015 (CEST)[rispondi]

Ehm: quindi tu vuoi suggerirci ancora un'altra volta che ciò che hanno sempre affermato i partigiani (che cioè la rappresaglia per l'attentato di via Rasella non fosse per nulla un effetto voluto, e addirittura non prevedibile) in realtà potrebbe essere un solenne falso?--Presbite (msg) 21:41, 16 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Sicuramente non fu "voluto", nel senso che quello fosse l'obiettivo principale, ma secondo me non c'è dubbio che i partigiani avevano ben presente il modus operandi dell'occupante (ne aveva dato dimostrazione innumerevoli volte su tutti i teatri di operazione) e quindi accettavano i rischi di rappresaglia che poteva anche suscitare riprovazione e maggiore odio contro i tedeschi; del resto questo problema delle rappresaglie era costante in tutti i gruppi di resistenza e in pratica tutti (occidentali o "comunisti") diedero la stessa risposta: in guerra si fa la guerra con i mezzi a disposizione e le modalità operative possibili (nelle memorie di Gilas si racconta di Koca Popovic che rispose agli ufficiali tedeschi che gli rimproveravano le tattiche di guerriglia, allora "dateci i carri armati e gli aerei e cambiamo le tattiche"), altrimenti si fa gli "attesisti" in attesa, appunto, dei liberatori. La resistenza decise di fare la guerra all'occupante.--Stonewall (msg) 22:59, 16 ago 2015 (CEST)[rispondi]
la pratica è notissima, antica e tuttora... "non obsoleta", ma c'è un "ma": bisogna vedere se ci sono fonti che la riferiscano al caso specifico. Se ci sono fonti che lo suggeriscano, peraltro esplicitamente, per via Rasella, se ne potrà parlare. -- g · ℵ (msg) 01:38, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Apprezzo l'esplicita rudezza di Stonewall, peraltro già evidenziata qui sopra sullo stesso argomento. Il fatto è che qui ti scontri con quanto afferma - a titolo d'esempio e sulla scorta di Portelli - il Talia. No: non era possibile prevedere una rappresaglia se non come lontana ipotesi. No: rappresaglie non ce n'erano state, a Roma. Io affermo che queste affermazioni portelliane sono smentite dai fatti, nel senso che le rappresaglie avevano avuto luogo in territorio italiano in numero cospicuo già prima di via Rasella. Non solo: rappresaglie specifiche erano state condotte anche a Roma. Non solo: a Roma erano state condotte delle rappresaglie che colpirono proprio i gappisti. Quindi la mia conclusione è la seguente: Portelli su questo specifico punto è inaffidabile. Ma la mia è un'idea basata sull'analisi dei fatti. Che alle volte non sono sufficienti, per certi interpreti escatologici.--Presbite (msg) 13:07, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
D'accordo, ma come Stonewall non può fare un sillogismo basato su altri casi, neanche si possono fare RO per quanto condivisibili. Portelli dice, e se lo si ammette come fonte è una fonte che afferma. Per considerare Portelli non affidabile sul punto, occorrerebbe però qualche confutazione accademica (che probabilmente ci sarà stata, no?), senza nulla togliere al tuo ragionamento :-) -- g · ℵ (msg) 14:13, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Attenzione però che il mio ragionamento invece vuole evidenziare soprattutto come il problema della rappresaglia era presente e considerato da tutti i movimenti di resistenza (sostenuti dagli alleati occidentali o "comunisti") durante la WW2 e che in pratica tutti diedero la stessa risposta: per fare la guerra all'occupante bisognava superare i timori della rappresaglia e agire con grande decisione, al limite sfruttando anche l'effetto propagandistico favorevole della rappresaglia stessa. I cetnici per timori delle rappresaglie (e in Jugoslavia il rapporto stabilito personalmente da Hitler era 100 a 1) limitarono le loro azioni e finirono poi essere soppiantati dai partigiani e trasformarsi in collaborazionisti. Avere accettato i rischi delle rappresaglie (e della repressione contro di loro, non dimentichiamolo) e nonostante ciò aver moltiplicato le azioni, per me, non è una colpa del movimento resistenziale ma un titolo di merito.--Stonewall (msg) 14:21, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
sissì, ma non possiamo tradurlo in quello che sarebbe un sillogismo: "siccome era successo e continuava a succedere, e siccome le condizioni erano le stesse anche qui, dev'essere successo anche qui". Ecco, se ce lo dice una fonte, parlando proprio di via Rasella, ok; ma senza fonte non possiamo farne di più :-) -- g · ℵ (msg) 14:31, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
D'accordo con Gianfranco. Niente RO, ma rispetto delle nostre regole. Il tema è sempre stato assai delicato. Il discorso sui cetnici è estremamente intricato e ci porterebbe lontano, ma non è questo il luogo. Singolare è rilevare come quel che apparve chiaro ai combattenti dell'epoca ("superare i timori della rappresaglia"), alla fine del conflitto divenne invece qui in Italia un tabù, che per certi versi permane tuttora. Tanto per fare un altro esempio: quante sono state e sono tuttora le autorappresentazioni della nostra Repubblica "nata dalla Resistenza", laddove si disse e si dice in migliaia di salse che la libertà venne conquistata dai partigiani, sottacendo alle volte in maniera assoluta e totale il fatto che furono gli eserciti alleati a sconfiggere i tedeschi e i loro alleati (nel nostro continente in primis i sovietici, così Stone è contento...)?--Presbite (msg) 14:45, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Beh rispetto agli alleati occidentali la destra italiana è sempre in cortocircuito, oscillando a seconda delle stagioni fra le perfide plutocrazie e la generosità di zia CIA. Ora la "loro" bussola, con superba ironia, punta su Mosca e "a noi" la bussola finisce per puntare...sul Vaticano!
Il tabù nacque dal fatto che l'argomento iniziò velocemente a essere bandiera di chi si poneva come erede di chi aveva aperto la porta a entrambe le invasioni subite dalla Penisola.
Comunque tornando nel merito, un problema un po' generale che vedo è l'applicazione, spesso condivisibilissima, ma tendenzialmente arbitraria di testi che si riferiscono ad altro. È un problema abbastanza generalizzato e non riguarda solo questa pagina.
Preferirei quindi che la comparazione fra via Rasella e altri attacchi partigiani fosse esplicita in qualche fonte. È comunque una comparazione certamente rilevante anche alla luce del fatto che probabilmente sia la logica della guerra partigiana sia il modo inaspettato in cui si manifestò la rappresaglia furono fra i fattori che non bloccarono l'attacco.
--Vito (msg) 22:06, 17 ago 2015 (CEST)[rispondi]

(rientro) Bentrovati tutti, purtroppo sono solo di passaggio: spero di tornare pienamente operativo in autunno inoltrato. Della prevedibilità della rappresaglia abbiamo già discusso abbondantemente nel vaglio. Sul tema assistiamo a un clamoroso cortocircuito (prendo in prestito la similitudine da Vituzzu) all'interno della storiografia pro-via Rasella (e azioni gappiste in generale): da un lato Portelli sostiene che la rappresaglia fosse imprevedibile (tesi che peraltro, secondo quanto si legge qui, risale a Morte a Roma di Katz; ragion per cui a questo punto non capisco in cosa consisterebbe - a parte il metodo di storia orale - l'originalità del libro di Portelli), dall'altro Bocca afferma non solo che le rappresaglie fossero previste ma che provocarle era cosa buona e giusta. Qui dentro la prima posizione è rappresentata da Talia, la seconda da Stonewall.

A Gianfranco dico che, come già scritto nel vaglio, la "confutazione accademica" della tesi di Portelli c'è: Paolo Pezzino ha scritto testualmente: "la valutazione della ricaduta dell'azione sulla popolazione non poteva non essere stata presa in considerazione dai gappisti, e appare poco convincente Portelli quando sostiene che non era affatto scontata la reazione tedesca [...] una rappresaglia era da considerare più che probabile, anche se non se ne potevano prevedere le esatte dimensioni". Pezzino lo usiamo in ns0; qui - visto che ognuno di noi è in grado di pensare con la propria testa - ci bastano l'osservazione dei fatti e la lettura dei documenti per dire che Portelli sul punto è inaffidabile. Ad ogni modo, la sua tesi è minoritaria - anche in termini di "peso": Portelli è un anglista prestato alla storiografia della guerra partigiana, argomento di cui Pezzino è uno specialista - e come tale dovrà essere presentata. La seconda tesi pro-via Rasella (Bocca-Stonewall) differisce da quella della storiografia critica verso l'attentato solo per la valutazione morale che dà della politica dei GAP verso le rappresaglie (prevedibili e previste), sulla base di un'"etica della convinzione" (o "del sacrificio"), a cui altri studiosi come Todorov e Pezzino contrappongono l'"etica della responsabilità" (e questa è anche la tesi di Lepre, che però non usa esplicitamente questi concetti weberiani). Per capire come gli "occidentali" (ma io direi "i non comunisti") vivevano il rapporto attentati-rappresaglie basta guardare le reazioni a via Rasella (l'ala moderata del CLN emette "altissime voci di riprovazione"; Tompkins dice che "non c'era nessuna utilità" preoccupandosi per la reazione tedesca; in ambienti della resistenza militare si parla di "elementi irresponsabili", ecc.; poi c'è la curiosa eccezione di Sogno). Anzi, in realtà dire "i non comunisti" è persino sbagliato, dato che Bandiera Rossa non condivideva per niente la logica gappista: sarebbe corretto dire "i non comunisti del PCI". Qui noto una contraddizione nel discorso di Stonewall: da un lato si vuole rivendicare con orgoglio la scelta gappista, dall'altro si vuole dire "lo facevano tutti".

Infine dico a Vituzzu: la fonte che confronta esplicitamente via Rasella e Antropoid ce l'abbiamo: eccola qui. Il confronto è naturalmente sfavorevole a via Rasella, ma la difficoltà dell'azione non c'entra. Se poi Stonewall ha delle fonti che confrontano esplicitamente via Rasella e Antropoid spiegandoci come e perché accettare il rischio di una terribile rappresaglia per colpire un "reparto di soldati di scarso rilievo bellico e aggressivo" (cit. Matteo Matteotti) equivale - o addirittura è meglio - ad accettarlo per far fuori uno dei più importanti capi nazisti (sicuramente nella top 5 dell'epoca), è naturalmente liberissimo di citarle. Interessante notare che (Vituzzu si ricorderà una certa polemica tra noi) mentre via Rasella era stata un "atto glorioso" per i comunisti italiani, per la vulgata del regime cecoslovacco (che vari fuoriusciti italiani come Moranino decantavano dai microfoni di Radio Praga, spiegando quanto facessero viceversa schifo i governi italiani DC che pure decoravano i gappisti) Antropoid era stata solo una "provocazione" perché opera di un governo "borghese" (quello di Edvard Beneš poi deposto dal colpo di Stato comunista). Buona prosecuzione dell'estate a tutti,--Demiurgo (msg) 00:27, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]

hai ragione, me n'ero proprio dimenticato :-) Grazie per il prezioso ripasso :-) -- g · ℵ (msg) 00:37, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Mi ti ricordavo molto più sereno sull'argomento, sul serio.
È singolare come chi concorda con te sia sempre un esperto del settore (Baratter ascende agli altari sempre di più), chi non lo fa è già tanto se non sia un fruttivendolo, è solo meno singolare di come tu consideri il blocco suppostamente avversario come monocolore, monolitico e monocristallino.
Fra l'altro lì vedo il legittimissimo *giudizio morale* di Baratter (che al solito difende a prescindere i suoi conterranei, facendo scattare un'altra contraddizione), bene, farlo assurgere alla parola "fine" mi pare una mera scelta di condivisione personale. È pure concettualmente errato andare a estrarre le voci di dissenso (che non per questo possono essere ascritte al campo fascista) per suggerire una totale non condivisione (coeva e successiva) dell'azione: c'è un ventaglio di posizioni (accettazione ex-post, rivendicazione, etc) che non può essere appiattito da una deduzione che non compete di certo a Wikipedia e/o a chi controlla questa pagina.
--Vito (msg) 00:54, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Comunque, meglio parlare di roba concreta, ciò cosa scrivere, parlare delle visioni personali è una tendenza irresistibile ma inutile. --Vito (msg) 01:00, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Ma io sono serenissimo... faccio fatica a comprendere molto di quello che hai scritto (sicuramente per un mio limite), ragion per cui rispondo solo alle parti che ho capito. Volevi una fonte che confrontasse via Rasella e Antropoid, te l'ho citata (questa è la "roba concreta"). Chi ha fonti che operano lo stesso confronto giungendo a conclusioni diverse le citi pure. In ns0 non ci sono rischi di "suggerimenti" e "appiattimenti": le "voci di dissenso" sono citate testualmente. Dopodiché ognuno è liberissimo di pensarla come gli pare, come sempre. Serenità,--Demiurgo (msg) 01:30, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]
Non sembra, visto che hai alzato il tono di due o tre gradi.
Comunque ho già detto che il superlodatissimo Barratter dà la sua opinione morale (viziata da nazionalismo), nulla più, nulla mena.
--Vito (msg) 01:38, 18 ago 2015 (CEST)[rispondi]

[@ Stonewall] Lungi dal dare "tutti la stessa risposta", la posizione attenta a evitare le rappresaglie era diffusa tra gli stessi partiti di sinistra. Nel novembre 1943 Giorgio Agosti (commissario GL in Piemonte) scrisse a Dante Livio Bianco:

«I comunisti mirano a precipitare le cose con l'evidente proposito: o di trascinare anche noi all'azione come la vogliono loro e di determinare quindi un'atmosfera di guerriglia tipo croato-spagnolo oppure di metterci in crisi e di isolarci, nel caso che noi non li seguiamo su questo piano. [...] Noi la vediamo così: 1) prima ed essenziale l'uccisione di quante spie vengono individuate; 2) l'uccisione dei gerarchi PFR; 3) atti di sabotaggio. Queste azioni, studiate bene, presentano molte probabilità di riuscire, non attirano rappresaglie (ché i tedeschi se ne fregano delle uccisioni dei fascisti), ci creano maggior sicurezza (le spie sono la nostra rovina) e soprattutto ci fanno una fama di misteriosa santa Weheme utilissima presso gli apatici o i collaborazionisti per fiacchezza morale o per terrore.»

La citazione completa è nell'ultimo volume di De Felice, pp. 182-3. Escludendo rigorosamente gli attacchi ai tedeschi, è la stessa identica posizione espressa a Roma da Eugenio Colorni sempre nel novembre 1943, nonché da Nenni sul suo diario il giorno stesso di via Rasella (presumibilmente senza esserne ancora informato, visto che fa riferimento all'annientamento di una banda partigiana nel Modenese). Osservando che le rappresaglie alienavano ai partigiani il consenso dei contadini, il Nenni del 1944 fa lo stesso confronto con la Jugoslavia dello Stonewall del 2015, naturalmente ribaltato:

«Mi pare che i nostri compagni comunisti si siano fatte troppe illusioni. L'avventura di Tito ha fatto loro girare la testa. L'Italia non è la Jugoslavia e noi italiani non [...] abbiamo né il loro fanatismo, né il loro disprezzo della vita. [...] tra il troppo fare e il non fare niente, c'è il fare. [...] Restano due armi di lotta: contro i tedeschi il sabotaggio; contro i fascisti le rappresaglie, la legge del taglione [...].»

Anche qui l'unica attività antitedesca ritenuta ragionevole è il sabotaggio.--Demiurgo (msg) 14:45, 7 ott 2015 (CEST)[rispondi]

OT sul fanatismo
Inutile dire che preferisco il "fanatismo e disprezzo della vita" dei partigiani jugoslavi e di molte formazioni garibaldine italiane; una volta tanto nella storia d'Italia qualcuno che si è battuto senza se e senza ma, per una buona causa.--Stonewall (msg) 18:27, 7 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Per curiosità ho trovato la frase completa (non presente nel libro da cui l'ho tratta): "L'Italia non è la Jugoslavia e noi italiani non siamo della stoffa degli slavi o dei balcanici; non abbiamo né il loro fanatismo, né il loro disprezzo della vita (E lascio impregiudicato se siamo migliori o peggiori)".--Demiurgo (msg) 19:04, 7 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Di contorno dirò che c'è un famoso saggio sul vocabolario nazista, nel quale si racconta lo "slittamento di significato" di certuni vocaboli usati dalla propaganda hitleriana. Uno di questi è proprio "fanatico", che da valenza negativa ne assunse una positiva.--Presbite (msg) 22:22, 7 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Direi che forse il termine "fanatico" ebbe sempre un accezione positiva, almeno per Hitler, del resto Kesslering e c. esortavano i loro soldati tedeschi a "sviluppare" una "fantasia sadica" nella lotta antipartigiana (!).--Stonewall (msg) 23:19, 7 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Prima del nazismo esser "fanatico" era brutto. Durante, diventò bello. Lo slittamento di significato venne fatto proprio anche dai movimenti resistenziali comunisti. Credo non esista questa parola in nessun documento - per dire - dell'Osoppo.--Presbite (msg) 17:34, 8 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Non sono sicuro che il termine "fanatico" fosse proprio dei partigiani comunisti jugoslavi o italiani e che fosse utilizzato nei loro documenti. Compare invece nei documenti dei gruppi di resistenza rivali che lo impiegavano per "dipingere a fosche tinte" i partigiani comunisti. "Fanatico" è certamente, secondo me, un termine "destrorso" tipico della mitologia idealistico-nichilista nazista o tardofascista. Nei documenti partigiani comunisti ricorrono molto di più mi sembra termini come "eroico" o "sacrificio". --Stonewall (msg) 21:27, 8 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Il "famoso saggio sul vocabolario nazista" è probabilmente LTI - Lingua Tertii Imperii, di Victor Klemperer. Neppure a me risulta che i comunisti usassero la parola "fanatico" in accezione positiva. Ma, se lo dice Presbite, è sicuramente così. --Salvatore Talia (msg) 12:41, 9 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Per il nazismo è proprio Klemperer. Specificamente su Tito e i comunisti jugoslavi, Alojz Adamič (Louis Adamic). Ma son felice che tu ti fidi di me all'impronta. Continua così che vai bene.--Presbite (msg) 20:40, 9 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Confermo quanto scritto da Presbite su Adamič.--Albaper (msg) 00:19, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Cioè Adamic, che non conosco, riporta documenti del NOV i POJ che utilizzavano il termine "fanatico" in senso positivo per descrivere le operazioni di guerra dei partigiani? O è una sua opinione?--Stonewall (msg) 06:55, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]
L'autore citato fa qualcosa di più. Dice che le parole "fanatik" e "fanatizam" hanno assunto per i comunisti jugoslavi una valenza positiva rispetto alla valenza negativa dei corrispondenti termini inglesi. Quindi egli testimonia proprio dello "slittamento di significato", esattamente come Klemperer. Fonte diretta e coeva, fra l'altro. Con la differenza sostanziale che Klemperer - ebreo di nascita - era ferocemente contrario al nazismo, mentre Adamic era un fervente sostenitore di Tito e dei suoi. Anzi: era convinto che Tito fosse una sorta di nuovo messia per l'umanità. In un'illuminante parte di un suo testo, egli ci rende edotti sulla differenza fra gridare "Duce! Duce!" e "Tito! Tito!" da parte delle folle. In due parole: il primo grido è male, il secondo è bene, anzi: benissimo. Mi pare di poter dire che alla stessa conclusione arrivano molti pure oggi, anno 2015. Fra i quali, quasi tutti i cosiddetti negazionisti delle foibe: un lemma che prima o poi bisognerà scrivere. Dopo queste divagazioni, suggerirei però di tornare in topic. Grazie.--Presbite (msg) 08:26, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Personalmente non grido a nessuno e non mi esalto per nessuno, certo la differenza di statura tra i due personaggi, Mussolini-Tito è notevole, da una parte un personaggio "all'italiana" tutto apparenza e baraccone, la cui costruzione principale, costruire la nuova razza italiana guerriera, è miseramente crollata, dall'altra un ex-operaio metalmeccanico in grado di forgiare con pochissimi mezzi un esercito straordinariamente combattivo, di vincere una tremenda guerra "contro tutti", Stalin compreso, e di costruire una stato unito che aveva un suo ruolo, un suo prestigio e una sua potenza ideologico-politica nel mondo. Ora non ci sono che sei o sette repubblichette...--Stonewall (msg) 09:11, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Interessante che tu ritenga che "all'italiana" significhi "tutto apparenza e baraccone". Immagino che "alla tedesca" sia "ordine e disciplina", "alla francese" diventi "elegante ma un po' checca", "all'americana" significhi "spaccone e ignorante", e così via...--Presbite (msg) 09:29, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]
:)--Stonewall (msg) 10:55, 10 ott 2015 (CEST)[rispondi]

Taglio tecnico: ancora sulla questione della rappresaglia[modifica wikitesto]

Sulla questione della rappresaglia, in senso lato, non mi pare che possano esservi dubbi sul fatto che i partigiani non ne ignorassero l'eventualità ma la considerassero comunque un rischio da sostenere. La posizione dei contrari alla lotta partigiana (leggi: comunista) è più sottile: con l'attentato, i partigiani del PCI avrebbero cercato "volontariamente" la rappresaglia, per eliminare i partigiani degli altri partiti (Partito d'Azione, Bandiera Rossa, Fronte Militare Clandestino ecc.) che - guarda caso (sempre secondo gli anticomunisti) - già precedentemente erano stati arrestati. La tesi, però, è priva di fondamento, perché nella rappresaglia furono uccisi anche partigiani del PCI e, soprattutto, si rischiava di far fucilare anche il capo dei GAP, Antonello Trombadori che, al momento dell'attentato, era prigioniero a Regina Coeli e si salvò solo per una serie di circostanze favorevoli (era in infermeria e il dr. Monaco, socialista, ne attestò la "intrasportabilità"). Tale tesi sposerebbe anche quella, assolutamente priva di fondamento, che i GAP, in precedenza, avrebbero agito per fare arrestare i partigiani non comunisti perché fossero giustiziati, operando così una sorta di "pulizia ideologica" del movimento partigiano.--Federico Bardanzellu (msg) 20:51, 13 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Non necessariamente chi sostiene che la rappresaglia potesse essere stata "cercata" indica come fine l'eliminazione dei vertici dei gruppi rivali del PCI: Andrae parla di "intenzione dei Gap di sfidare i tedeschi, di spingerli alla rappresaglia, che a sua volta avrebbe accresciuto l'odio della popolazione nei confronti della potenza occupante, come pure di dare nuovo impulso al movimento resistenziale romano, fortemente disunito al proprio interno, per mezzo di un'azione spettacolare, con l'obiettivo di provocare una sollevazione popolare dei romani...". Non ho mai creduto alla tesi del complotto, e sono sempre stato scettico verso la tesi "agirono perché nelle mani dei tedeschi c'erano gli altri", ma poco tempo fa ho trovato un passo delle memorie di Bentivegna (le quali, se non fossero state pubblicate nel 1983, sembrerebbero scritte per far dispetto a Portelli) che dà da pensare:
"Quando ero ancora il vice comandante della IV zona, verso la fine di ottobre, avevo organizzato [...] un attacco contro Buffarini-Guidi [...] e contro Barracu [...], che spesso andavano a cena insieme in un ristorante del centro. Montati su tre biciclette, armati di pistole, rimanemmo in attesa, una sera, fuori del ristorante in una piazzetta del vecchio centro romano. [...] Mentre eravamo appostati ci raggiunse Mario Leporatti, comandante militare della zona, con il quale nei giorni precedenti avevamo messo a punto il piano. Ci venne incontro agitato, teso, ci richiamò dai tre angoli, nella piazzetta dove ci eravamo dislocati. "L'azione è sospesa", ci ordinò. "Emmanuele Rocco e altri sono stati arrestati ieri, potrebbero essere uccisi per rappresaglia. Torniamo alla base." Accettammo l'ordine ma ci si affollarono alla mente mille problemi ancora non risolti da noi. Per la prima volta ci apparve in tutta la sua sinistra brutalità l'ignobile ricatto del nemico". (ed. 2004, p. 41).
Dunque i comandi dei GAP 1) sapevano che agli attentati i tedeschi facevano seguire le rappresaglie su prigionieri (e questo era già chiarissimo, con buona pace di Portelli, secondo il quale "sost[enere] che i partigiani avrebbero dovuto sapere che ci sarebbe stata una rappresaglia" è un'illazione) e 2) valutavano se valesse la pena agire considerando il rischio per i compagni prigionieri.--Demiurgo (msg) 21:57, 13 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Questo, come ho detto prima, mi sembra evidente. C'era stato anche il caso della fucilazione a Forte Bravetta di dieci prigionieri, tra i quali i "gappisti" Giorgio Labò e Guido Rattoppatore, per un soldato tedesco ucciso in un'azione degli stessi GAP a piazza dei Mirti, come - mi sembra - dichiarato dallo stesso Bentivegna in una successiva intervista. Non ho letto la fonte citata su Wikipedia nella pagina di Bentivegna (Cesare De Simone, Roma città prigioniera, Milano, Mursia, 1994,p. 238).--Federico Bardanzellu (msg) 11:38, 14 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Non vedo dov'è il problema. Esiste la prova positiva che i gappisti sapevano che il loro attentato avrebbe causato una rappresaglia? Si indichi in NS0 la relativa fonte. Finora, mi pare, abbiamo alcuni storici i quali valutano che i partigiani "avrebbero dovuto sapere" o (con logica tutta dipietresca) "non potevano non sapere", e altri storici i quali invece ritengono che i gappisti "non sapevano" o "non potevano prevedere". Non siamo sul piano dei fatti. Siamo sul piano delle valutazioni o - come scrive Portelli - delle "illazioni". Nostro compito è riportare anche le valutazioni e le illazioni, quando provengano da fonti autorevoli. Avremo certamente occasione di riparlarne (anche perché sto leggendo il libro di Alberto ed Elisa Benzoni, i cui contenuti andranno secondo me riportati più estesamente in voce). --Salvatore Talia (msg) 13:12, 14 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Il discorso è esattamente opposto. L'11 luglio 2014 tu qui dentro hai scritto come segue: "a Roma, prima di via Rasella, i tedeschi non avevano mai effettuato rappresaglie su ostaggi civili, nemmeno quando erano morti dei loro uomini". La tua fonte era Portelli. S'è invece dimostrato che le rappresaglie ci furono, e colpirono tanto gappisti quanto civili. Quindi lo stesso Portelli - da te citato ancora una volta qui sopra - s'è lanciato in una cosa che chiamerei - parafrasandoti - "illazione delle illazioni". Anzi: io dico che s'è proprio inventato una cosa che si sarebbe potuto tranquillamente risparmiare, se solo avesse affrontato l'argomento in modo scevro da preoccupazioni teleologiche. Avrebbe anche evitato anche a te - che l'hai presa per oro colato - di riportarla qui dentro e nel corpo della voce.--Presbite (msg) 14:12, 14 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Vediamo. In voce c'è scritto: «I GAP furono protagonisti di numerose azioni: la prima il 18 ottobre 1943, quando attaccarono con bombe a mano un corpo di guardia della Milizia; poi, dal dicembre 1943 al marzo 1944, i GAP attaccarono pressoché ogni giorno mezzi e uomini dei nazifascisti; fra le azioni più importanti: un attacco con bombe a mano contro militari tedeschi il 18 dicembre; un attentato dinamitardo contro il Tribunale di guerra tedesco il 19 dicembre; un attentato con spezzoni esplosivi contro un corteo di volontari della Guardia Nazionale Repubblicana nel mese di marzo. Secondo Alessandro Portelli, nessuna di queste azioni fu seguita da alcuna rappresaglia tedesca su ostaggi civili, benché in esse fossero morti complessivamente più di dieci uomini dell'esercito occupante». Per l'ultima frase, la fonte è Portelli 2012, pp. 160-1 (corsivo mio).
Invece la frase che hai citato: «a Roma, prima di via Rasella, i tedeschi non avevano mai effettuato rappresaglie su ostaggi civili, nemmeno quando erano morti dei loro uomini», l'ho scritta io più di un anno fa in talk (forse basandomi su un altro passo di Portelli, a p. 19, che però attualmente non costituisce fonte in NS0). Riconosco che è sbagliata, perché non tiene conto delle rappresaglie del 31 gennaio e del 7 marzo 1944.
Comunque mi accorgo ora che c'è un'ambiguità anche in NS0, perché Portelli alle pp. 160-1 parla di alcune azioni dei GAP effettuate a dicembre 1943, e scrive: «né questa né altre azioni del genere sono seguite da rappresaglie», il che può essere esatto (fatta salva l'eventuale esistenza di fonti in contrario) per le azioni del dicembre 1943, ma diventa sbagliato se esteso all'intero periodo dal dicembre '43 a tutto il marzo '44. Provvedo a correggere. --Salvatore Talia (msg) 18:41, 14 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Prendiamo la sequenza degli attentati del 18/19 dicembre. Secondo Portelli non successe niente. Secondo il da me già citato (in fase di vaglio) studio di Gentile sulle rappresaglie tedesche in Italia, il 19 dicembre 1943 i tedeschi eseguirono come "rappresaglia per attentati dinamitardi" (testuale) un rastrellamento a Roma, imponendo il coprifuoco anticipato (dalle 19:00 alle 06:00 del mattino dopo) ed arrestando un numero non identificato di civili. Di alcuni di questi se ne sanno però le sorti: Alberto Di Giacomo fu preso proprio in quell'occasione e spedito a Mauthausen. Venne assassinato il 15 settembre 1944 nel castello di Hartheim. Lo stesso giorno venne arrestato Fernando Nuccitelli, che seguì la stessa sorte: Mauthausen e poi Ebensee, dove morì il 23 marzo 1944. Sempre nel corso del rastrellamento del 19 dicembre venne arrstato Antonio Atzori. Che seguì passo passo la vicenda di Nuccitelli, morendo infine ad Ebensee il 23 maggio 1944. Filippo D'Agostino è un altro degli arrestati del 19 dicembre. Anche lui spedito a Mauthausen, anche lui ucciso nel castello di Hartheim, il 14 luglio 1944. Il giorno successivo (20 dicembre) a causa del fatto che diversi attentati vennero compiuti in bicicletta, i tedeschi ne vietarono l'uso in città. Fra il 21 e il 22 - sempre come reazione agli attentati - scattò infine l'operazione della banda Koch e delle SS di setacciamento di alcuni seminari romani: arrestate 20/30 persone (il numero non è certissimo), di cui un'aliquota venne spedita ad Auschwitz, altri a Regina Coeli e poi da lì qualcuno nei campi tedeschi, qualcun altro ebbe sorte più fortunata e fu liberato più o meno rocambolescamente. Si dimostra quindi sempre più vero quel che ho detto in fase di vaglio: la frase di Portelli sull'assenza delle rappresaglie a seguito delle azioni dei GAP è intrinsecamente falsa. Eppure continua a campeggiare nella nostra voce. Nonostante ne sia stata confermata ad libitum l'inconsistenza di fronte ad una semplice verifica dei fatti, che lui evidentemente non volle o non fu capace di effettuare.--Presbite (msg) 10:36, 15 ott 2015 (CEST)[rispondi]

(Rientro, [@ Presbite])La fonte che hai citato in fase di vaglio è questa.
In essa, salvo errori di calcolo, ho contato quattordici eventi qualificati come “rappresaglia” avvenuti prima delle fosse Ardeatine. Di essi, cinque si sono verificati a Roma e dintorni. Di questi ultimi, uno, in data 19 dicembre 1943, è descritto come «rappresaglia per attentati dinamitardi» (probabilmente i due attentati in data 18 dicembre di cui parla Portelli a p. 160): la reazione tedesca, secondo Gentile, consistette in «coprifuoco e arresto di ostaggi». Riferendosi a questi attentati e a quello del 26 dicembre, compiuto in bicicletta da Mario Fiorentini, Portelli scrive (p. 160): «I tedeschi vietano l'uso delle biciclette, anticipano il coprifuoco; ma né questa né altre azioni del genere sono seguite da rappresaglie». Non dice che vennero arrestati degli ostaggi e non qualifica come rappresaglia l'anticipazione del coprifuoco.
Dopo il tuo intervento (in cui fra l'altro hai scritto: «[f]ermo restando che poi il lavoro [di Carlo Gentile] è stato pubblicato», ma non hai indicato i riferimenti bibliografici), Gianfranco ti ha chiesto: «la voce dice, come deve, "Secondo Alessandro Portelli, ". Se lo studio con esiti diversi ha un adeguato seguito in citazioni e riferimenti, si può aggiungere "Secondo Gentile, invece, ". Ha un seguito?»
Non gli hai risposto.
In questo intervento ti è stato detto: «Azioni dei GAP prima di via Rasella - dici - furono seguite da rappresaglie. Ebbene, edita tu stesso, visto che hai studiato la questione. Scrivi pure che "l'azione del giorno tale ebbe come conseguenza la tale rappresaglia", e cita la fonte».
Hai scelto di non dare seguito a tale invito, al quale hai invece risposto: «Purtroppo ho pochissimo tempo a disposizione, e quindi non posso partecipare alla discussione come vorrei. D'altro canto non ho nemmeno le competenze necessarie per approfondire i punti sollevati. Mi limito alle osservazioni già fatte».
Ordunque, anche in considerazione del fatto che, probabilmente, conosci fonti ulteriori rispetto a quella di Carlo Gentile che hai citato in sede di vaglio, rinnovo l'invito a editare tu stesso. Altrimenti, se sarai così gentile da fornirmi almeno le indicazioni bibliografiche esatte del saggio di Gentile (tu m'insegni che non possiamo citare come fonte un semplice blog), provvederò io a seguire il suggerimento di Gianfranco. Scriverò dunque: «Secondo Carlo Gentile, invece, gli attentati dinamitardi del dicembre 1943 furono seguiti da una rappresaglia, che consistette nell'inasprimento del coprifuoco e nell'arresto di ostaggi», e aggiungerò la fonte da te indicatami.
Abitualmente non amo citare libri che non ho letto, ma, siccome di te mi fido, farò volentieri un'eccezione :-) --Salvatore Talia (msg) 19:03, 15 ott 2015 (CEST)[rispondi]

Il mio precedente intervento ha semplicemente confutato quel che hai tu riportato in voce citando Portelli, da te difeso per dritto e per rovescio in talk, a dispetto dell'evidente sua scrittura "teleologica" (da lui stesso dichiarata) e nonostante l'evidenza dei fatti smentisca clamorosamente il cardine principale della sua tesi. Ora, delle due l'una: o è vero che - come afferma Portelli - dopo gli attentati del 18/19 non c'è stata nessuna rappresaglia, oppure è vero il contrario, e cioè c'è stata rappresaglia. Qui non si tratta di dar conto di due interpretazioni di un fatto, ma dell'esistenza del fatto stesso. Di conseguenza, la tesi di Portelli è manifestamente smentita dal fatto delle rappresaglie tedesche immediatamente successive agli attentati del 18/19. Nella voce sarà quindi da scrivere che Portelli ha preso una solenne cantonata. Ci siamo fino a qui? Mi aspetto tu sia d'accordo con quanto ho testè scritto, giacché - come diceva il tipo di Zelig - "i fatti ti cosano". Dopo di che, potremo approfondire la discussione con annessi e connessi, cioè facendo un po' di sana ermeneutica delle fonti. Magari ci accorgeremo che qualcuno non ha studiato a sufficienza il tema trattato nella voce. O magari non ha voluto studiarlo. E magari s'è pure lamentato pubblicamente del fatto che altri avrebbero fatto nell'enciclopedia ciò che lui ha fatto. Ma di questo parleremo in seguito. Per ora mi aspetto che tu concordi sulla smentita fattuale di Portelli.--Presbite (msg) 09:00, 16 ott 2015 (CEST)[rispondi]
[@ Salvatore Talia] Non capisco perché insistere nel voler riportare nel contesto storico (dove dovrebbero stare fatti pacifici) l'affermazione di Portelli secondo cui agli attentati del 18/19 dicembre 1943 non sarebbe seguita una rappresaglia, quando la sua tesi della rappresaglia imprevedibile per mancanza di precedenti è fattualmente smentita, tra l'altro, dalla rappresaglia identica a quella delle Fosse Ardeatine per tipologia (uccisione di prigionieri, tra cui tre gappisti) e per proporzione (10 a 1) avvenuta non a dicembre ma poco più di due settimane prima (7 marzo). Le fonti di Gentile sono documenti d'archivio tedeschi (sigle come "BA-MA - cioè Bundesarchiv-Militararchiv -, RH 20-14/28" indicano faldoni di documenti). Nel suo saggio di storia orale Portelli cita sul punto documenti d'archivio? Aggiungo che anche senza consultarli sarebbe potuto venire a conoscenza di rappresaglie precedenti, menzionate in testi da lui citati: quella del 31 gennaio in Klinkhammer, Stragi naziste in Italia, 1997 (nell'elenco di Gentile è la numero 43); quella del 7 marzo in un'intervista a Bentivegna in Cesare De Simone, Roma città prigioniera, 1994.--Demiurgo (msg) 13:11, 16 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Ma poi, dico io, veramente vogliamo credere (e far credere) che i nazisti si facessero attaccare di continuo senza effettuare rappresaglie? Com'è possibile credere che ancora nel marzo 1944 non ci si potesse aspettare feroci rappresaglie dai nazisti? In base alla tesi portelliana secondo cui, non nel settembre 1943, ma ancora nel marzo 1944 (quando cioè il meccanismo repressivo tedesco era già stato ampiamente rodato), si potevano far esplodere 18 kg di tritolo al passaggio di una colonna tedesca senza aspettarsi in risposta grandi efferatezze, il famoso monumento che Kesselring chiese agli italiani bisognerebbe erigerlo davvero: ad Albert il Pacifico, le cui truppe a Roma non fecero rappresaglie fino al 24 marzo 1944... Nell'acrobatico tentativo di negare la prevedibilità della rappresaglia Portelli rende i nazisti dei pacificisti non violenti che per i primi sette mesi di occupazione incassarono in silenzio, per poi rivelarsi sorprendentemente dei massacratori...--Demiurgo (msg) 15:13, 16 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Visto che la discussione si è ormai trasformata in un vaglio di fatto, spostiamoci in Wikipedia:Vaglio/Attentato di via Rasella/2.--Demiurgo (msg) 18:13, 18 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Accolgo il tuo suggerimento e ti rispondo lì. --Salvatore Talia (msg) 22:54, 18 ott 2015 (CEST)[rispondi]

Partiti "moderati" e lotta armata[modifica wikitesto]

Trovo scritto: «in particolare tra i partiti moderati del CLN e le formazioni militari, volendo evitare le rappresaglie, era diffusa una posizione generalmente sfavorevole alla lotta armata». Mi viene il dubbio se questa non sia una formulazione troppo drastica. Posto che per "partiti moderati del CLN" si debbano intendere i democristiani e i liberali, non è eccessivo sostenere che tutti costoro fossero generalmente contrari alla lotta armata? Anche le Brigate Fiamme Verdi, per dire, erano contrarie alla lotta armata? --Salvatore Talia (msg) 19:17, 13 ott 2015 (CEST)[rispondi]

Le Brigate Fiamme Verdi non c'erano a Roma, dove l'"attendismo/attesismo" era molto più forte che nel Nord Italia, secondo Roberto Battaglia a causa del Vaticano: "Anche in Roma, come nel Nord, c'è da superare il punto morto dell'attesismo, ma a differenza che nel Nord l'avversario interno da combattere ha un fronte ben più solido ed esteso, ed è da ritenersi ben più saldamente abbarbicato alla realtà politica e sociale della capitale". Prima di questa modifica (in cui è stato aggiunto tra l'altro il documento del Comando militare per l'Alta Italia del CLN) quella sezione si riferiva specificamente alla realtà di Roma. Forse è il caso di dividerla in due: una per la resistenza italiana in generale, l'altra per la resistenza romana in particolare.--Demiurgo (msg) 21:12, 13 ott 2015 (CEST)[rispondi]
Secondo me non ce n'è bisogno. A partire dal quarto paragrafo (quello che comincia con le parole «Il 30 ottobre, in risposta all'eccidio di Pietralata»...) il testo si occupa della situazione a Roma e dintorni. Basterebbe spostare lì la frase «in particolare tra i partiti moderati del CLN e le formazioni militari, volendo evitare le rappresaglie, era diffusa una posizione generalmente sfavorevole alla lotta armata». (Ciò solleverebbe l'interessante domanda: per quale motivo democristiani liberali e demolaburisti, se erano contrari alla lotta armata, facessero parte della Giunta militare del CLN). Invece la frase «posizione criticata come "attendista" o "attesista" da quelle forze, soprattutto il PCI, che al contrario sostenevano la necessità di attaccare ugualmente gli occupanti», con relativa fonte De Felice, può rimanere dov'è (riformulandola opportunamente), visto che parla della resistenza italiana in generale. Così avremmo alcuni paragrafi inroduttivi sul problema delle rappresaglie in generale, seguiti dal discorso più specifico sulla situazione di Roma. --Salvatore Talia (msg) 12:44, 14 ott 2015 (CEST)[rispondi]

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Titolo e rischio revisionismo (ancora)[modifica wikitesto]

Costerebbe tanto rinominare la voce in "Fatti di via Rasella" o "Attacco di via Rasella"??? In inglese la pagina è chiamata "Via Rasella attack" e non c'è tutta questa polemica che va avanti da anni. Inoltre c'è una sentenza della Cassazione del 1957 che lo definisce "legittimo atto di guerra", quindi confrontarlo a voci come Attentato di via dei Georgofili o Attentato di via Fauro, veri reati compiuti dalla mafia, è totalmente fuori luogo. Inoltre la discussione di ormai 10 anni fa diventò un ring in cui si toccò più volte l'attacco personale, inficiando ulteriormente la qualità e la neutralità della voce. Se vogliamo dare voce a critiche su una Wikipedia politicizzata e dominata da pochi admin, che facilmente si trovano su Internet, certo che li stiamo proprio aiutando. P.S. Da quando in qua voler proporre una discussione sulla neutralità di una voce è trollare??? Vorrei solo risolvere questa questione una volta per tutte. Poi se dovessero uscire argomentazioni che mi smentiscano ben vengano, ma il vero fascismo è proprio bloccare la voce impedendo di esprimersi.--87.21.103.94 (msg) 14:39, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]

Risolvere una volte per tutte un dibattito, che soltanto qui ha generato migliaia di migliaia di KB di discussioni e, fuori da qui, quintali di carta stampata, implicherebbe un certo ottimismo e la volontà di affrontare una discussione portando argomentazioni convincenti per trovare un consenso.
Il modo con cui hai rilanciato il problema, dimostrando pure di conoscere il pregresso wikipediano, lanciando accuse e facendo accostamenti assurdi tra voci, mostra più un atteggiamento trollante, poco incline alla discussione e alla ricerca del consenso. --Bramfab Discorriamo 15:01, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]
Già partiamo con gli attacchi personali? Non vogliamo piantarla di far imbrattare carta ai giornalisti trovando un accordo? Digitando "attentato di via" le voci che escono sono quelle, quindi l'accostamento c'è eccome. Un modo per non far politicizzare la pagina si troverà sicuramente.--87.21.103.94 (msg) 15:07, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]
Stavo per rispondere dettagliatamente alle tue infondate accuse di POV terminologico, ma poi ho visto questo. Siamo ben oltre il trolling: siamo al vandalismo provocatorio.--Demiurgo (msg) 15:41, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]
Io personalmente sono d'accordo a ridiscutere del titolo se (e solo se) si trovano delle argomentazioni diverse rispetto a quelle che impegnarono la comunità per tredici mesi fra marzo del 2009 e aprile del 2010.--Presbite (msg) 15:43, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]
Demiurgo, quindi ora esporre quello che penso è un crimine? E inoltre forse saprai che gli IP tendono a ripetersi, anche ogni poche ore, quindi quello non l'ho fatto io. Mi sembra di tornare nel medioevo. Vorrei una discussione costruttiva, altro che vandalismo provocatorio, anzi sembra che chiunque la pensi diversamente è per forza un vandalo, un provocatore o un delinquente. Vedo però che essere stati per più di un anno a cercare un accordo e ora voler in ogni modo tenersi lontano da ogni discussione sul tema testimonia una volontà di mettere la testa sotto la sabbia per paura di scatenare un dibattito analogo che male non farebbe
Presbite, per quanto riguarda argomentazioni diverse, basta vedere la pagina Controversie sull'attentato di via Rasella. (Anche qui il titolo sarebbe da cambiare). In generale, se proprio non la volete sapere allora Amen, non me ne frega più di tanto --95.252.249.128 (msg) 20:18, 8 feb 2019 (CET)[rispondi]

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Tedeschi caduti[modifica wikitesto]

Ho letto l'ultima versione della voce, ma ignorando quanto io avevo scritto avete dato dati inesatti sul numero dei tedeschi caduti e i feriti nell'attentato. Riporto da quanto già scritto in WIKIPEDIA:

Secondo quanto ha scitto, senza contestazione, il famoso storico tedesco Franz Kurowski, i morti nell’attentato del reparto di “Polizia Militare” (tutti altoatesini) furono inizialmente 32 (oltre a 42 feriti gravi), mentre in realtà, con il decesso nei giorni successivi negli ospedali di altri 10 militari, il totale del “Poliziotti” uccisi era salito a 42. E' ancora incerto il numero dei civili italiani deceduti, poiché, secondo varie fonti, vanno considerati tra i 6 gli 8 che si trovavano nei pressi dell’attentato. Totale quindi 48-50 morti: un vero massacro. Ricordo che ai 42 soldati altoatesini rimasti nell'attentato gravemente feriti, essendo italiani, lo Stato Italiano a pagato la Pensione di guerra a vita.

Francesco Mattesini

Non sono un esperto di via Rasella, ma conosco Kurowski. Che tutto è, tranne che "famoso storico". E' un romanziere, noto per aver scritto anche dei libri di storia revisionisti con chiarissime tendenze neonaziste. E' noto per aver scritto montagne di propaganda senza alcun valore storiografico. In una parola: robaccia.--Presbite (msg) 10:25, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
PS Mi scusi, ma lei è proprio questo qui? Riesce a confermarmi via mail la sua identità? Perché se è proprio lei, credo che all'USMMI potrebbero essere interessati a sapere che uno che collabora con loro da un lato utilizza come fonte i libri di Kurowski, dall'altro non riesce a scrivere "ha" con l'acca.--Presbite (msg) 10:29, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Che io sappia, e com'è scritto in voce, la fonte dell'affermazione per cui i morti sarebbero stati 42 è una deposizione di Kappler durante il processo a suo carico. E' chiara la funzionalità difensiva di tale affermazione: sostenere di aver ucciso "solo" 335 prigionieri laddove, applicando il rapporto "dieci per uno", avrebbe dovuto ucciderne 420. Anche Westphal parlò di 42 morti.
Occorre però mettere in luce un dato che può sembrare paradossale: come sottolineò De Felice nel 1997, nonostante «la sua importanza e le polemiche che ha suscitato», sull'attentato di via Rasella «manca un vero studio a carattere storico». Ci sono ancora delle zone d'ombra e una di queste concerne i decessi tra i feriti nei giorni successivi all'attentato.
Tempo fa ho notato questo sito tedesco, curato dal figlio di un ufficiale delle SS al comando di Kappler. Naturalmente il materiale di questo sito non è utilizzabile per le nostre voci (tra l'altro non posso escludere, non conoscendo il tedesco, che il sito abbia un POV apologetico o giustificazionista su Kappler: tempo fa chiesi lumi a [@ Ribbeck], che mi ha sempre dato una mano per le traduzioni e che purtroppo è da tempo quasi del tutto inattivo). Questo pdf scaricabile dal sito in questione, alle pp. 77-78, riporta la lista di caduti del Bozen più particolareggiata che io abbia mai trovato, recante finanche l'indicazione dell'ora del decesso. Secondo questa lista al 24 marzo i morti sarebbero stati 34. Oltre ai 33 elencati attualmente in voce, è menzionato Hofer Alois I, nato il 7 giugno 1903 a St. Ulrich (Ortisei) e che sarebbe morto sul colpo. I morti del 24 marzo sarebbero Rauch e Raich (e ciò è in contrasto con la fonte che ho utilizzato io in voce, Lorenzo Baratter, per cui il 24 sarebbe morto Vinzenz Haller).
Più recentemente ho notato che il libro di Gabriele Ranzato, che è uscito quest'anno e che forse è il più vicino a essere il «vero studio a carattere storico» invocato da De Felice, a p. 381 (sulla base dello scritto di Prauser che pure conoscevo e che è in bibliografia, ma che non ho potuto comprendere interamente sempre a causa della mia ignoranza del tedesco) scrive che «il bilancio definitivo delle sue vittime fu di 35 morti (2 perirono dopo la strage delle Fosse Ardeatine) e altri 45 furono feriti così gravemente da dover essere inclusi nella lista delle perdite)». Si dovrà aggiornare tutto il cluster alle novità sul tema contenute in questo libro, tra cui un'interessantissima disamina delle contraddizioni tra i vari scritti dei gappisti in merito allo svolgimento dell'azione: la vetrina si allontana :-( .
Sapevo anch'io che ai reduci del Bozen, cittadini italiani, fu versata la pensione dallo Stato italiano: ricordo di aver letto che ciò avvenne in virtù dell'accordo De Gasperi-Gruber. Cercherò di documentarmi meglio.--Demiurgo (msg) 12:20, 29 lug 2019 (CEST) P.S. [@ Presbite] Non ho mai sentito prima di oggi Kurowski, ma è chiaro che l'acca mancata è un banale refuso. Ho già letto il nome di Francesco Mattesini nelle nostre discussioni ed è plausibile che si tratti proprio di lui.[rispondi]
[@ Demiurgo] Solo per dirti che prima di scrivere il witz su Mattesini avevo googolato. Se è lui quello che interviene, allora ti segnalo che oltre a scrivere "a" senz'acca qua, ripete lo stesso identico errore nella scarna biografia che lui stesso ha inserito in academia.edu: "A prestato servizio ecc. ecc.".--Presbite (msg) 12:33, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Evitiamo certi witz: questa pagina di discussione si è molto calmata negli ultimi anni, ma dietro l'angolo c'è sempre un carretto pieno di tritolo pronto a esplodere ;-) .--Demiurgo (msg) 12:42, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
I nostri cugini di en.wiki hanno una voce dedicata a questo Kurowski, un autore assai prolifico che risulta poco tradotto in italiano (e non dev'essere una grande perdita). Quanto a Ranzato, sono d'accordo con Demiurgo: il suo saggio La liberazione di Roma uscito nel 2019 è ricchissimo di novità importanti e credo che nei prossimi mesi avremo il nostro bel da fare per aggiornare il cluster di voci sulla base di esso. I carretti di tritolo possono talora essere una conseguenza di un esercito nazista in marcia per le vie di una città occupata: niente nazisti, niente tritolo :-) --Salvatore Talia (msg) 12:57, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Ciao a Tutti, non ho tempo di leggere la discussione, ma se mi date un compito preciso vedo di darvi una mano. Ciao, a presto --Ribbeck 14:23, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Caro Ribbeck, che piacere leggerti! Ti rinnovo questa richiesta, sempre compatibilmente con gli impegni della tua RL e sempre se non ti è troppo disagevole.--Demiurgo (msg) 14:43, 29 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Tedeschi caduti 2[modifica wikitesto]

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Su Kurowski tutti possono avere l’opinione che desiderano, sta di fatto che (sebbene non tradotto da noi) ha fatto un bel libro sulla campagna d’Italia 1943-1944, molto ben documentato, dimostrando che ha svolto minuziose ricerche d’Archivio, che è quello che io ho fatto per ben 65 anni, e sono conosciuto in tutto il mondo. Ed evidentemente le mie qualità danno fastidio a qualcuno che si da grande importanza di conoscitore della Storia, o vuol negare i fatti.

L’ultimo mio lavoro è stato recentemente il libro “Luci e ombre degli aerosiluranti italiani e tedeschi nel Mediterraneo Agosto 1940 – Settembre 1943” (358 pagine), e sarà seguito in libreria, nel mese di Settembre, dalla poderosa seconda edizione della conosciutissima e molto apprezza “Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto” (Prima Edizione 1986), considerevolmente integrata e aggiornata (676 pagine).

Quanto poi al numero di caduti e di feriti (che secondo chi mi critica, attaccandosi in modo meschino ad un “h”, siamo saliti a 35 decessi e questo non giustificherebbe la condanna di Kappler e di Priebke, perché si arriverebbe a 350 uccisioni, invece di 335), mi sono sempre principalmente basato su una prova inequivocabile. Ossia sul fatto che nell’estate 1975, trovandomi in ferie con la famiglia in Alto Adige, entrato nel cortile del Duomo di Bressanone dove esiste un monumento dedicato ai caduti altoatesini di Via Rasella, potei rendermi conto, dal nome e dal numero dei morti che vi sono incisi, quale differenza ci fosse fra le cifre ufficiali e quelle reali. Chi non ci crede può farsi un viaggio fino a Bressanone e andare a constatare di persona. Per me il libro di Kurowski (tradotto in inglese) è stata una conferma.

Sia bene inteso, e io voglio metterlo bene in chiaro, che quanto ho scritto su Via Rasella è rivolto soltanto alla “Verità Storica”, e che non ho nessuna simpatia per Kappler o Priebke, e tanto meno per il macellaio Hitler e il nazismo. Pertanto, non intendo giustificare la gravità della rappresaglia tedesca delle Fosse Ardeatine, anche se tutti allora sapevano che dopo la bomba di Via Rasella da parte dei partigiani comunisti la rappresaglia ci sarebbe stata! Tengo anche a precisare che io ho sempre scritto nel modo più sincero, e chi mi conosce sa che non faccio sconti a nessuno. Inoltre nei miei scritti, io metto sempre la faccia, scrivendo il mio nome in modo comprensibile e per esteso.

Francesco Mattesini

Roma, 30 Luglio 2019

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Egregio Mattesini, non io ma lei ha scritto che Kurowski sarebbe un "famoso storico". Questa non è e non può essere un'opinione personale, bensì deve essere dimostrata concretamente. A maggior ragione qui su Wikipedia, dove vigono delle regole particolari per le quali è necessario individuare un mainstream e quello utilizzare per scrivere le varie voci. Quindi - e ripeto - lei può tenersi le sue personali opinioni su Kurowski, ma qui le sue opinioni non contano. Ora, delle due l'una: o si tratta di un "famoso storico" o no. La realtà è una e una sola: Kurowski non è nemmeno uno "storico". Ora, lei afferma quanto segue, rispetto a Kurowski: "ha fatto un bel libro sulla campagna d’Italia 1943-1944, molto ben documentato, dimostrando che ha svolto minuziose ricerche d’Archivio". Si tratta di "Battleground Italy 1943 1945", uscito per la casa editrice Fedorowicz. Lo storico militare canadese Michael A. Dorosh (che a differenza di Kurowski è laureato in storia), ha letteralmente massacrato il libro di Kurowski, pubblicando la seguente breve recensione su Goodreas: "Having been very familiar with the official histories of the Allied forces who fought in Italy, I've been looking for a long time for a decent overview of German forces in the Italian campaign in order to get some balance, and hoped that this volume would fill the bill. Was extremely disappointed to see that the forces opposite the Canadians are mentioned only once or twice in the entire book, and in one of those mentions, the "5th Canadian Infantry Division" is referenced (Canada never had a 5th Infantry Division). The book is drastically incomplete and jumps around from campaign to campaign without any real logic or consistency, including naval, air and land forces. The maps are the standard Fedorowicz fare - in other words, poor-quality hand-drawn maps, in German. There are no references or footnotes anywhere in the text; much of it reads like gossip, and the usual mix of individual tales of heroic sacrifice straight from Signal Magazine are thrown in amongst the other unvetted facts and figures. Perhaps something was lost in the translation, but this isn't a book that can be taken seriously as a reference. Too bad, because as advertised - as a guide to German forces in Italy - it would have filled a real void in the available literature". Guarda caso, questo storico militare ripete paro paro le stesse identiche pesantissime critiche che vengono rivolte a Kurowski nella voce a lui dedicata nella enWiki, dove si afferma testualmente: "Rather than providing an authentic representation of the war experience, his works emphasize heroics and convey a distorted image of the German armed forces in World War II". Sempre nella stessa voce, si cita uno studio di uno storico olandese di nome Bastiaan Robert von Benda-Beckmann, che inserisce Kurowski fra gli autori "ispirati" dal negazionista britannico David Irving. Gli studi di Kurowski sono parimenti fatti a fette nell'articolo a lui dedicato nella deWiki, ove in riferimento alle sue opere sul bombardamento di Dresda si afferma che "Diese Bücher weisen geschichtsrevisionistische Tendenzen auf und nutzen zum Teil längst von der Fachwissenschaft widerlegte Zahlen und Tatsachenbehauptungen, die teilweise noch auf Verlautbarungen des NS-Propagandaministeriums zurückgehen" (Questi libri mostrano tendenze revisioniste storiche e in alcuni casi citano fatti che sono stati da lungo tempo smentiti dalla scienza, alcuni dei quali si basano ancora su dichiarazioni rilasciate dal ministero della propaganda nazista). Più in generale, posso segnalarle questo articolo dello storico tedesco Roman Töppel nel quale si analizza la figura di Kurowski come "storico". Ne viene fuori un quadretto terrificante, ove si mette in luce la tendenziosità delle sue opere, basate anche su fonti false. Si afferma che "He [Kurowski] had not completed any degree in history, and scientific method was alien to him. His publications are unreliable and paint a highly tendentious and apologetic image of the Wehrmacht during World War II. If his first non-fiction books on the Second World War at least still faithfully reproduced the stories of former Wehrmacht and Waffen SS soldiers, as they had been sent to Kurowski, he soon began to freely decorate these stories. He incorporated fictional passages and distorted or twisted facts and historical facts. Even former soldiers, who had initially valued him as a writer, distanced themselves more and more vehemently from the "prolific writer" Kurowski and his "nonsense". Ecco: questo qui è quello che lei chiama "famoso storico": la sua quindi è sua personale opinione che cozza con l'evidenza dei fatti, nonché con quanto si pensa nel mondo storico e accademico. E con ciò, direi che siamo a posto.--Presbite (msg) 10:22, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
(confl.) Egregio dott. Mattesini, con il massimo rispetto e da sincero estimatore della sua partecipazione alle nostre discussioni, devo dirle che commette un errore quando afferma che "siamo saliti a 35 decessi e questo non giustificherebbe la condanna di Kappler e di Priebke, perché si arriverebbe a 350 uccisioni, invece di 335". Al processo Kappler fu sancita l'illegalità di ogni singola uccisione avvenuta alle Fosse Ardeatine, anche se Kappler fu condannato per aver fatto uccidere di sua iniziativa - per mostrare particolare zelo ai suoi superiori - 15 uomini (10 per il trentatreesimo soldato morto e 5 "per errore") in aggiunta agli originari 320 prigionieri da uccidere in base agli ordini superiori. Dunque la scriminante dell'adempimento di un dovere "copriva" solo le prime 320 uccisioni (comunque illegali, ma da addebitarsi ai superiori di Kappler: Kesselring, Mackensen, Malzer). La più recente condanna di Priebke fu motivata in modo diverso e slegata dalla fredda contabilità dei morti, alla luce della mutata sensibilità maturata nel frattempo.--Demiurgo (msg) 10:41, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]


Nessun errore. Evidentemente mi sono espresso male. Mi riferivo a quanto Lei ha scritto sopra il mio intervento, ma senza dargli importanza: I morti altoatesini restano 42.

   "Secondo questa lista al 24 marzo i morti sarebbero stati 34. Oltre ai 33 elencati attualmente in voce, è menzionato Hofer Alois I, nato il 7 giugno 1903 a St. Ulrich (Ortisei) e che sarebbe morto sul colpo. I morti del 24 marzo sarebbero Rauch e Raich (e ciò è in contrasto con la fonte che ho utilizzato io in voce, Lorenzo Baratter, per cui il 24 sarebbe morto Vinzenz Haller).
   Più recentemente ho notato che il libro di Gabriele Ranzato, che è uscito quest'anno e che forse è il più vicino a essere il «vero studio a carattere storico» invocato da De Felice, a p. 381 (sulla base dello scritto di Prauser che pure conoscevo e che è in bibliografia, ma che non ho potuto comprendere interamente sempre a causa della mia ignoranza del tedesco) scrive che «il bilancio definitivo delle sue vittime fu di 35 [trentacinque] morti (2 perirono dopo la strage delle Fosse Ardeatine) e altri 45 furono feriti così gravemente da dover essere inclusi nella lista delle perdite)»

Posso anche ammettere che Kurowski non sia un grande storico. Comunque ha fatto un bel libro, tradotto in inglese, molto ben documentato, che la invito a leggere.

Scusi ma, premesso che il numero degli uomini del Bozen morti nei giorni successivi al 23 marzo non incide in alcun modo sulle condanne di Kappler e di Priebke, quali sono le fonti per la cifra di 42 morti, a parte Kappler e Westphal? Kurowski cosa cita sul punto?
Ranzato per la cifra di 35 morti complessivi cita lo storico tedesco Steffen Prauser, che a sua volta cita documenti d'archivio.--Demiurgo (msg) 11:46, 30 lug 2019 (CEST) P.S. Credo comunque che lei stia confondendo gli utenti con cui sta discutendo, in particolare me e Presbite.[rispondi]
Però m'incuriosisce una cosa che ha scritto il dott. Mattesini, ossia che nel Duomo di Bressanone «esiste un monumento dedicato ai caduti altoatesini di Via Rasella». Demiurgo, a te risulta? Se fosse così, secondo me dovremmo darne conto in voce e anche nella voce sul Bozen. (Per una volta, mi permetto anch'io un ricordo personale: anni fa, mentre ero in vacanza in Alto Adige, mi capitò di vedere una targa ai caduti nella Seconda guerra mondiale in un borgo della Val Pusteria; a distanza di tempo potrei sbagliarmi, ma mi pare che fosse Villa Santa Caterina/Aufhofen, una frazione di Brunico. Ricordo che rimasi impressionato dalla quantità dei caduti sul fronte russo, e a Stalingrado in particolare). --Salvatore Talia (msg) 13:34, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]


Kurowski cita soltanto i dati che ho riportato, 42 morti (10 dei quali morti negli ospedali) e 42 feriti. Se a Berlino foss stata comunicata la notizia dei decessi é immaginabile che essa sarebbe stata seguita dall'ordine di una successiva rappresaglia. Kurowski non porta le note di riferimento a fondo pagina come faccio io, ma si limita a riportare una buona bibliografia.

Aggiungo che nella Voce é riportato che Roma era "Città Aperta", e quindi inattaccabile. Ma purtroppo gli Alleati non la considerarono mai città aperta, e continuarono ad attaccare gli scali feroviari e gli aeroporti di Centocelle e del Littorio (oggi Urbe). Quindi occorrerebbe fare una variazione. Se Roma non era "Citta Aperta" per gli anglo-americani, é logico che non lo fosse neppure per i tedeschi.

FM Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 93.45.234.101 (discussioni · contributi) 13:38, 30 lug 2019 (CEST).[rispondi]

Visto che Kurowski non cita in modo puntuale le sue fonti è plausibile, considerate anche la sue simpatie e inclinazioni, che abbia semplicemente preso per buone le dichiarazioni difensive di Kappler e le memorie di Westphal. Quindi Kurowski non ci è di alcuna utilità. Viceversa, Prauser e Ranzato possono essere citati per indicare in 35 il numero di morti complessivo.
[@ Salvatore Talia] No, a me risultano solo il quadretto con i nomi dei caduti tra gli ex voto del Santuario di Pietralba e la lapide nel cimitero militare austro-ungarico di Bolzano: entrambi sono menzionati qui.--Demiurgo (msg) 13:59, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Aggiungo che è lo storico tedesco Joachim Staron a rilevare che sulla cifra di 42 morti fornita da Kappler non esiste documentazione: è scritto tutto in Attentato di via Rasella#Militari del "Bozen" (fermo restando che questa sezione, come tutto il cluster di voci, dovrà essere aggiornata al nuovo libro di Ranzato).--Demiurgo (msg) 14:05, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Qui (disclaimer: sito amatoriale ultraPOV) c'è un'immagine, di qualità scarsissima, del quadretto di Pietralba: ingrandendola si può notare che l'elenco si limita ai 32 morti iniziali. Anche un necrologio a firma del Gauleiter Franz Hofer in mio possesso si limita ai primi 32 caduti (forse perché solo per essi fu diramata comunicazione ufficiale).--Demiurgo (msg) 14:32, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Prendete questo mio intervento con beneficio di inventario, nel senso che probabilmente necessita di verifica. Io a Bressanone ho frequentato dei corsi estivi un'era geologica fa, ed ho un amico che ci vive. L'ho chiamato per chiedergli se esiste un "monumento dedicato ai caduti altoatesini di Via Rasella" all'interno del cortile del duomo. Mi ha detto che non gli risulta. Lui dice invece che c'è un monumento ai caduti in guerra di Bressanone: una statua in bronzo di un militare morente e l'elenco dei morti: a sinistra quelli della Grande Guerra, a destra quelli della Seconda Guerra Mondiale. Non ne ha una foto ma mi ha detto di googolare perché sicuramente l'avrei trovata. Infatti eccola qua. Chiedo cortesemente al sig. Mattesini se è quella cui fa riferimento lui. Se non è questa, allora chiedo al mio amico di andar là a cercare.--Presbite (msg) 15:04, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Ho provato a vedere se con Google Maps si vedeva meglio il monumento. In particolare se si vedono le liste dei morti. E infatti ecco qua un'ottima foto. Si può ruotare a 360°. Da qui si capisce bene quindi che in questo ambiente non esiste un monumento dedicato specificamente ai militari del "Bozen" caduti in via Rasella.--Presbite (msg) 15:18, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]
(confl.) Ottimo: c'è il nome di Anton Matscher, l'unico caduto in via Rasella nativo di Bressanone.--Demiurgo (msg) 15:22, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Tedeschi caduti 3[modifica wikitesto]

Ho controllato sul libro di Kurowski oltre agli episodi di guerra, riportati con cartine originali e dettagli di schieramenti di reparti che non possono essere stati copiati che da documenti d’Archivio. Il tutto è molto preciso, cosi come sono riportati i movimenti e perdite delle forze navali e delle forze aeree. Se vi fosse stato un qualche errore me ne sarei accorto. Il suo lavoro e da certosino. Se Kappler indica le perdite di via Rasella in 42 soldati non vedo il motivo perché si debba dubitare. Evidentemente una cosa è l’elenco compilato per le esecuzioni alle Fosse Ardeatino, ed un altro il rapporto sull’episodio che indubbiamente (lo dico per la mia esperienza anche per 41 anni trascorsi allo Stato Maggiore dell’Esercito) fu compilato, dopo aver raccolto tutte le informazioni, in un periodo successivo. Occorrerebbe conoscere la data e il protocollo della compilazione per avere completa sicurezza.

Andare a cercare altri elementi di discredito mi sembra che daremmo una mano a chi vorrebbe che i morti fossero stati soltanto 33, per confermare la condanna di Kappler per i cinque in più.

Quanto al monumento ai caduti delle Fosse Ardeatine non è quello mostrato della foto. Si tratta di una stele, in cui in basso sono riportati i nome dei caduti, e si trova sulla sinistra della porta d’entrata al chiosco. Ritengo che ci sarà ancora.

Poiché per molti anni, quando mia moglie era ancora vivente, ho trascorso nell’ estate una ventina di giorni al Soggiorno Montano dell’Esercito di Colle Esarco, ogni volta che andavo a Bressanone facevo una visita al monumento. Purtroppo allora non pensavo che avrei fatto una ricerca approfondita sull’episodio di Via Rasella, e mi pento di non aver fatto una fotografia a quella stele.

Però si può sempre chiedere all’amico di Bressanone.

Francesco Mattesini

Quindi il "monumento" è una "stele". Mi scusi Mattesini, mi faccia capire meglio: questa stele com'è fatta? E' murata sulla parete oppure piantata isolata per terra? E' in legno o in pietra? Grazie in anticipo per le risposte.--Presbite (msg) 17:40, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]


La stele é isolata piantata in terra lungo un vialetto. Almeno lo era quando lo vista.

FM

Ok. Allora: il vialetto d'ingresso al giardino del duomo è questo qua. Non vedo una stele lungo il vialetto. All'ingresso dal cancello si vede una struttura, che però non è una stele, bensì una bacheca metallica per avvisi, a forma di parallelepipedo con ante in vetro. Quindi io questa stele continuo a non vederla. Segnalo invece che è online a partire dal 2003 un sito che presenta i cimiteri dei caduti tedeschi. All'interno di questo sito c'è dal 2010 il cimitero di Bressanone, all'interno del quale si trova la tomba di Anton Matscher. Scorrendo verso il basso si trova anche una sua foto. E' l'unico morto in data 23 marzo 1944. Non c'è nessun morto in data 24 marzo 1944 o in data 25 marzo 1944. Quindi non c'è nessun altro caduto tedesco di via Rasella, sia nel giorno dello scoppio che nei giorni successivi. Ho googolato tutte le combinazioni possibili: "Bressanone" "Brixen" "Denkmal" "via Rasella" "1944" "Domkirche" "Stele" (la stessa parola si usa anche in tedesco) "lastra" "Platte" "Marmorplatte". Non ho trovato nessuna notizia di nessun tipo su questa stele: né in italiano, né in tedesco.--Presbite (msg) 18:57, 30 lug 2019 (CEST)[rispondi]


Il cortile (ve ne sono più di uno) non é quello della stele. Ricordo benissimo che, uscendo dalla parte sinistra di una delle due chiese vicine, si entrava in un cortile, sul lato settentrionale sinistro della piazza di Bressanone. Vi era la stele, o monumento, con una targa nera, dove vi sono i nomi dei caduti. Non credo che qualcuno l'abbia rimossa! F.M.


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Riferisce Kurowsky (p. 481):

Il generale Westphal, Capo di Stato Maggiore del feldmaresciallpo Kesselring, ha scritto inequivocabilmente:

“Avevamo segnalato solo 32 morti. In effetti la cifra è aumentata a 42 poliziotti militari e a 8 italiani, ciò è stato taciuto per evitare di provocare l'esecuzione di ulteriori ostaggi”.

Poiché Westphal, nell'informare Belino dell'attentato, era stato tacciato di essere "un italofilo", e lo era anche Kesselring, mi sembra che il suo comportamento, e quello del feldmaresciallo, sia stato più che benevolo nei nostri confronti.

E lo é stato anche Kappler che a sua volta non ha riferito nulla ai suoi capi delle SS.

Tengo a precisare che nella traduzione in Italiano del libro Decisioni fatali (Longanesi 1960) in cui vi sono le considerazioni a commento di Westphal citate da Kurowsky,esse non sono riportate. Evidentemente si sono accorti della pericolosità della sua testimonianza. Ricordo che anche Kappler parla di 42 morti tedeschi e la sua testimonianza fu stracciata. Come si vede vi é abbastanza materiale per riportarlo onestamente, e senza timore, sulla Voce.

Francesco Mattesini

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Guardi: mi ero ripromesso di non intervenire più in questa discussione, ma lei proprio mi trascina. Per l'ultima volta torno sulla storia del presunto monumento. Lei ha iniziato a raccontarla così: "nell’estate 1975, trovandomi in ferie con la famiglia in Alto Adige, entrato nel cortile del Duomo di Bressanone, dove esiste un monumento dedicato ai caduti altoatesini di Via Rasella (...)". Il luogo quindi è "il cortile del duomo di Bressanone" e la vista una sola, nell'anno 1975. Il cortile è quello che io ho scandagliato con Google Maps. Non esiste nessun monumento, salvo quello ai caduti che ho mostrato in foto. Allora lei ha cambiato la sua versione: "Si tratta di una stele, in cui in basso sono riportati i nome dei caduti, e si trova sulla sinistra della porta d’entrata al chiosco. Ritengo che ci sarà ancora. Poiché per molti anni, quando mia moglie era ancora vivente, ho trascorso nell’ estate una ventina di giorni al Soggiorno Montano dell’Esercito di Colle Esarco, ogni volta che andavo a Bressanone facevo una visita al monumento". Quindi il monumento è diventata una stele, alla sinistra della porta d'entrata al chiosco (che immagino sia il "chiostro"). La sua singola visita del 1975 diventa una serie lunghissima di visite a questo monumento/stele. Scandaglio nuovamente Google Maps: non esiste nessuna stele alla sinistra della porta d'entrata al chiostro: basta guardare le foto. La sua terza versione è diversa ancora: "La stele é isolata piantata in terra lungo un vialetto". Quindi non è più un monumento e non è più alla sinistra della porta d'entrata al chiostro, bensì lungo un vialetto. I vialetti sono tutti visibilissimi in Google Maps: non c'è nessuna stele. E quindi ecco una quarta versione: "Il cortile (ve ne sono più di uno) non é quello della stele. Ricordo benissimo che, uscendo dalla parte sinistra di una delle due chiese vicine, si entrava in un cortile, sul lato settentrionale sinistro della piazza di Bressanone. Vi era la stele, o monumento, con una targa nera, dove vi sono i nomi dei caduti". Non siamo quindi più "nel cortile del Duomo di Bressanone". Non siamo più "sulla sinistra della porta d'entrata al chiostro". Non siamo più "lungo un vialetto". E allora la informo che è vero che esistono due elementi architettonici simili: uno è il vero e proprio chiostro del Duomo e sta a sud del Duomo (alla destra, guardando la facciata), l'altro è il giardino e sta a settentrione (a sinistra, guardando la facciata). Il chiostro storico (a sud) non presenta nessun monumento di nessun tipo né steli, oltre a ciò non ha vialetti. Il giardino (a nord) è quello visto e rivisto in fotografia in tutte le angolature: non c'e nessuna stele in nessuno dei quattro posti (!!!) da lei indicati alternativamente, l'uno diverso dall'altro. E quindi io dico che questa stele coi 42 nomi non esiste. Non solo: non ne esiste traccia in tutto il web, né in nessun libro presente in Google Books. Venendo invece al numero delle vittime, intanto lei dovrebbe cortesemente leggere quello che sta scritto nella voce, visto che fa planare dall'alto una cosa che presenta come "verità" quasi ignota, mentre in realtà sia quello che affermò Kappler, sia quello che scrisse Westphal nelle sue memorie è riportato qua. La domanda è: esiste un qualsiasi documento coevo che supporti quanto detto o scritto da Kappler e Westphal anni dopo? La risposta è no. Altra domanda: esiste un qualsiasi documento - sia coevo che successivo - che riporti i nomi e i cognomi di 42 militari tedeschi morti a seguito dell'attentato? La risposta è no. La presunta stele sarebbe - a mia conoscenza - l'unica lista con questi 42 nominativi. Peccato però che questa stele non esista. Rimango stupito poi che uno che si presenta come storico accetti acriticamente e senza alcuna pezza d'appoggio documentale una memoria difensiva di Kappler e un libro di memorie di Westphal senza rendersi conto dell'interesse diretto e specifico che entrambi avevano nell'affermare quel che hanno affermato: il primo per motivi prettamente processuali, nel tentativo di alleggerire la sua posizione; il secondo per far la parte del "buono" in una vicenda che aveva gettato ulteriore discredito sulla Germania, sui commilitoni di Westphal e in definitiva su Westphal stesso. Sono invece francamente indignato dalle sue parole relative a Kesselring, Westphal e Kappler, tutti e tre da lei definiti "più che benevoli". Ma non aggiungo altro, perché potrei andar giù sul pesante.--Presbite (msg) 10:41, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
(confl.) Ripeto: sulla cifra di 42 morti non esiste alcun documento. Esistono solo le dichiarazioni di Kappler e di Westphal (già menzionate in voce), chiaramente interessate: essi intendevano appunto presentarsi come benevoli mitigatori degli ordini dei cattivi dell'OKW, che sarebbero stati eseguiti controvoglia (paradossalmente, ma non tanto, anche una certa storiografia di sinistra ha aderito a questa rappresentazione per cui l'eccidio sarebbe stato eseguito malvolentieri, in meccanica esecuzione di ordini superiori, in quanto funzionale ad accusare Pio XII di aver avuto la possibilità di impedire facilmente le esecuzioni e di non averlo fatto perché ossessionato dai comunisti). Tuttavia, al processo risultò che Kappler, lungi dal mitigare l'ordine ricevuto, ne estese di sua iniziativa la portata dando ordine di uccidere altri dieci prigionieri per il trentatreesimo caduto (e il troppo zelo lo portò addirittura a sforare facendone uccidere altri 5). Certo, avrebbe potuto fare ancora peggio in seguito ai decessi successivi per via Rasella, ma va da sé che ogni singola uccisione eccedente le prime 320 (che furono giudicate comunque illegali) era idonea a configurare la responsabilità penale di Kappler.--Demiurgo (msg) 10:45, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Tedeschi caduti 4[modifica wikitesto]

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Non voglio più discutere sul niminento perché esisteva, e nelle visite che facevamo a Bressanono lo avevano notato anche altri ufficiali del Soggiorno Militare. Ne discutemmo insieme. Inoltre la foto da Lei postata non porta la zina dell'ingresso del cortile di sinistra, come ho scritto. Eppoi si può sempre chiedere alla gente di Bressanone!

Aggiungo ora l'ultima parte scritta da Kurowski, dopo la testimonianza del generale Westphal:

"Poco dopo filtrò che Kappler aveva fatto sparare a 335 ostaggi anziché 330, per un bilancio ufficiale delle vittime di 33. Questa fu la ragione per la sua condanna nel gennaio1951 da parte del Tribunale Militare italiano. Kappler per questo era colpevole perché non rispettò il rapporto prescritto di 10 a 1, riportato nella sua lista, come gli era stato ordinato dal Comando. Per quest’ultimo, l'esecuzione degli stessi ostaggi era stata accettata come un atto di guerra legale.

Se il Tribunale conosceva che nell'attacco erano stati uccisi 42 militari – che come fu riscontrato erano deceduti in vari ospedali per ferite gravi, alcune settimane più tardi – allora il Tribunale avrebbe dovuto trovare Kappler non colpevole, perché avrebbe dovuto fucilare 420 ostaggi secondo l’ordine che gli era stato impartito. Non importa come si scelga di pensare per queste fucilazioni, queste sono le leggi [di guerra] che tutte le altre nazioni hanno applicato."


In definitiva, con la sua condanna e i 20 anni di detenzione, prima della sua liberazione (altro che fuga dal Celio), in Germania siamo riusciti a trasformare Kappler in un martire!

Francesco Mattesini

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"Per quest'ultimo, l'esecuzione degli stessi ostaggi era stata accettata come un atto di guerra legale". Quest'affermazione di Kurowski è falsa: al processo Kappler le esecuzioni furono giudicate illegali in toto, ma Kappler fu giudicato responsabile solo di 15 di esse. Delle altre erano responsabili i suoi superiori, già condannati. Francamente la chiuderei qui.--Demiurgo (msg) 11:20, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

(confl.) :Le foto da me postate riportano la zona d'ingresso al chiostro, prese da due angolature diverse. Se lo lasci cortesemente dire: è inutile che continui questa grottesca discussione, nella quale ad ogni intervento successivo ha indicato quattro diverse posizioni di questo inesistente monumento/stele.
Adesso mi tocca leggere che secondo lei Kappler addirittura sarebbe un "martire": sarebbe ciò che si pensa "in Germania". Questa è una fola grande come una casa: solo negli ambienti legati agli ex appartenenti alle Waffen-SS e ai neonazisti si pensa una cosa del genere. Legga qualche studio di Felix Nikolaus Bohr o di Joachim Staron o il Das Personenlexikon zum Dritten Reich. Wer war was vor und nach 1945, dove si afferma esplicitamente che Kappler fu un "criminale di guerra", senza la minima accondiscendenza. Oppure legga qualche articolo dello Spiegel, tipo questo, quest'altro, questo qui e infine questo: tutti la smentiscono al 100%. La invito ad evitare queste affermazioni campate in aria e totalmente apodittiche. Mi pare francamente che lei non abbia compreso per nulla come funziona il progetto wiki. Siccome mi conosco e so che rischio di trascendere, io la smetto qua coi commenti. Reputo francamente incredibile tutto questo paragrafo e le affermazioni qui fatte dal sig. Mattesini del tutto aliene da qualsiasi rispetto della metodologia storiografica.--Presbite (msg) 11:31, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

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Chiudiamo pure la discussione, tanto é un discorso fra sordi. Ma sono i fatti che parlano.

Bibliografia di libri scritti da Franz Kurowski nel suo volume, che giustifica il mio giudizio di considerarlo storico piuttosto famoso, e non solo romanziere.

Nello scrivere il suo libro Kurowski si e basato sulla testimonianza del generale Westpall, che era quello che praticamente fu costretto, con riluttanza, a impartire al generale Mackensen (Comandante della 14^ Armata da cui Kappler dipoendeva)l'ordine di procedere alla fucillazione di 10 ostaggi per ogni soldato tedesco, secondo le norme di guerra. Aggiungo, per chì non lo conosce, che Hitler aveva preso in considerazione di ordinare la fucilazione di 100 ostaggi per ogni soldato tedesco caduto, e addirittura il generale Meltzer, Comandante Militare di Roma, voleva far esplodere una fila di case sulla Via Rasella, cosa che non avvenne perchè fu stoppato da Westphal che gli ordino di non effettuare alcuna azione unilaterale.

Der Kampf un Festung Europa, 1966

General de Kavallerie Siegfried Westpall, 1976

Das Vermichtmis: Siegfried Westpall als Generalstabshef dreier Ferdmarschalle, 1982

General Albert Kesselring , Oberbefehlshaber an allen Fronten, 1985

Der Panzerkrieg, 1939-1945, 1986

Grenadiere Generale, Kameraden, 1968

Di libri nella bibliografia ne seguono altri 6, scritti tra il 1979 e il 1994.

Francesco Mattesini

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Dunque, ora mi aspetto dal dott. Mattesini che ci faccia gentilmente sapere quali «norme di guerra» autorizzino (o autorizzassero nel 1944) un esercito di occupazione a «procedere alla fucillazione [sic] di 10 ostaggi» per ogni suo caduto, e in quali circostanze. Perché noi invece sapevamo che una ritorsione di questo tipo, nel diritto internazionale bellico, si configura come un crimine di guerra, e tale era considerato anche all'epoca: tant'è vero che gli ufficiali tedeschi giudicati responsabili per l'eccidio delle Ardeatine furono condannati per tale crimine. La prego, ci illumini, dott. Mattesini, dall'alto della sua scienza. --Salvatore Talia (msg) 12:42, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

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L’attentato, il maggiore per perdite di vite umane verificatosi contro i tedeschi nell’Europa occidentale, che uno dei partecipanti, il gappista Rosario Bentivegna, in una intervista del 1946 considerò necessario per “scuotere la popolazione” di Roma ed “eccitarla in modo che si sollevasse contro i tedeschi”, genero poi la dolorosissima rappresaglia delle Fosse Ardeatine, attuata secondo la legittimità giuridica delle norme della IV Convenzione dell’Aja del 1907, perché, come qualcuno ha già fatto notare, l’attentato era stato compiuto da combattenti privi di requisiti di legittimità fissati dalla Convenzione.

Ma ciò rappresentava l’inverso di quanto sostenuto dagli italiani; ossia che essendo la Nazione in guerra con la Germania l’attentato doveva, essere considerato un atto di guerra legittimo, e i responsabili dell’eccidio puniti.

Questa differenza di interpretazione, che ha diviso in studiosi del diritto e storici, esiste in Italia ancora oggi.

Occorre dire che l’attentato, come detto contrario alle norme allora esistenti, non ebbe nessun riflesso su una maggiore energia di combattimento della popolazione romana, ma servì soltanto ad alimentare una certa cattiveria da parte tedesca, e una certa avversione dei romani verso i responsabili di quel discutibile gesto.

Francesco Mattesini ______________________________

Il testo della IV Convenzione dell'Aja è qui. È facile verificare che in essa non si parla di rappresaglie, né di ostaggi, né di fucilazioni di ostaggi, né di fucilazioni di ostaggi nella proporzione di dieci per uno. C'è un articolo, l'art. 50, che riguarda le sanzioni collettive, articolo che infatti fu invocato dalla difesa nel processo a Herbert Kappler. Ma la sentenza di primo grado (consultabile qui) ha sancito che detto articolo non è applicabile al caso di specie; scrivono infatti i giudici: «A prescindere dal fatto che non sembra che le repressioni collettive in questione possano attuarsi su persone [cioè, con ogni probabilità, il caso delle fucilazioni di ostaggi non vi rientra, NdR], va osservato come gli elementi emersi dal dibattimento abbiano messo in chiaro rilievo che lo Stato occupante non si è attenuto ad alcuno» dei princìpi che costituiscono il presupposto per l'applicazione di tale norma, e che sono puntualmente elencati nella sentenza stessa. La sentenza, reputate «infondate le tesi della rappresaglia e della repressione collettiva», qualifica testualmente l'eccidio delle Fosse Ardeatine come «omicidio continuato».
Appurato quindi che la IV convenzione dell'Aja non può essere invocata a tale proposito, attendiamo ancora da Lei la dimostrazione che l'eccidio delle Ardeatine sia stato attuato «secondo la legittimità giuridica» come da Lei affermato. --Salvatore Talia (msg) 15:20, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

All'attenzione di DEMIURGO:

Dato che non sono un visionario, e per la mia serietà di Storico, per conoscere dove si trova il monumento ai caduti di via Rasella ho telefonato all'Ufficio Turistico di Bressanone, dove una gentile signorina o signora,con accento altoatesina,mi ha dato l'informazione richiesta.

Il monumento si trova nel vecchio cimitero di Bressanone, sulla sinistra del Duomo e tra il Duomo e la Parrocchia di Bressanone.

Non mi ricordavo del Vecchio Cimitero essendo trascorso tanto tempo, ma la memoria non mi ha tradito.

Francesco Mattesini

Lei, signor Mattesini, farebbe perdere la pazienza ad un santo. Ho chiamato l'Ufficio Turistico di Bressanone al numero 0472-275252. Ho parlato con la signora/signorina Martina (evito di scrivere il cognome), che fra l'altro mi ha detto di essere storica. Chi meglio di lei? Le ho chiesto se esiste un monumento o una stele o un qualsiasi ricordo particolare pubblico dedicato ai caduti di via Rasella. Mi ha detto che non esiste. Le ho detto che qualcuno avrebbe parlato di questo monumento nel "vecchio cimitero di Bressanone". Mi ha detto che il "vecchio cimitero di Bressanone" è esattamente il giardino a fianco del Duomo di Bressanone: proprio quello che ho scandagliato in lungo e in largo con Google Maps. La signora/signorina Martina m'ha detto che l'unico monumento militare che lei conosce in quel giardino è quello che ho fatto vedere nella prima foto: statua in bronzo distesa con a sinistra e a destra l'elenco dei caduti, rispettivamente della prima e della seconda guerra mondiale. Punto. Venendo invece alla sua "serietà di Storico" (con la S maiuscola), sono anch'io in trepida attesa che risponda all'ultimo messaggio di Salvatore Talia. Per essere estremamente chiari, io dico che lei ha fatto delle affermazioni - a mio modo di vedere - del tutto strampalate dal punto di vista sia giuridico che storico. Lei che dice?--Presbite (msg) 17:16, 31 lug 2019 (CEST) Sul "vecchio cimitero di Bressanone" a fianco del Duomo c'è una breve scheda, nella quale si dice che il monumento ai caduti è stato inaugurato nel 1960. Cliccare sul link per vederlo in foto: è esattamente quello visto e rivisto.[rispondi]

Il suo tono nin mi piace. Io sono sicuro di quello che dico e fartò in modo di fornire informazioni precise, a costo di andare persinalmente a Bressanone.

Ok. Vada a Bressanone e fotografi la stele inesistente, così siamo tutti contenti. Adesso però vuole cortesemente trovare tempo e modo di rispondere alle domande/osservazioni di Salvatore Talia? Sono molto curioso.--Presbite (msg) 18:34, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

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Traduzione di quanto scritto da Franz Kurowski nell’appendice 6 del suo libro, dal titolo “Terrorismo a Via Rasella” (p. 480-481). Dopo di che ognuno è libero di interpretarla come crede, e da parte mia eviterò di intervenire:

“Il 23 marzo 1944, una bomba esplose a via Rasella a Roma. Trentadue uomini della polizia germanica unità formata nel Sud Tirolo furono coinvolti nell’esplosione. Trentadue restarono uccisi. Un tredicesimo soldato mori in ospedale. In aggiunta, otto civili, inclusi due ragazzi, furono uccisi e un gran numero feriti.

Il feldmaresciallo Kesselring era al fronte durante quell’attacco. Quando la sera tornò al Monte Soratte, il Colonnello G. von Beelitz lo stava già aspettando. Informò Kesselring dell'esplosione della bomba. Von Beelitz sapeva che l'OKW era già a conoscenza dell'incidente attraverso altri canali ed era molto agitato.

Il Generale Westphal, per ordine di Kesselring, immediatamente chiamò il quartier generale di Führer e apprese dal generale von Buttler che Hitler stava prendendo in considerazione il numero delle rappresaglie da uno a cento. Butler aveva commentato: "Questo é il ringraziamento per l'atteggiamento italofilo”, e Westphal a questa frase ritenne che fosse stato "schiaffeggiato in faccia". Fu visitato da Console Generale Mullhausen, capo amministrativo dell'ambasciata tedesca a Roma sotto l'ambasciatore Rahn. Mullhausen riferi che il comandante locale, il generale Meltzer, voleva far esplodere una fila di case sulla Via Rasella.

Westphal contattò immediatamente Meltzer e gli probi di compiere qualsiasi azione unilaterale. Doveva ricercare le parti colpevoli ed eseguire solo gli ordini emessi dal suo superiore della 14a Armata [Generale Mackensen]. Secondo Westphal:Kesselring rimase sbalordito da questo orribile rapporto di strage. La metà della compagnia - tutti con parenti nell'Alto Adige - era morta o ferita. L’attentato potrebbe essere stato il segnale per l'inizio di una rivolta partigiana.

Kesselring contattò il Generale MacKensen e gli ordinò di iniziare immediatamente a scoprire esattamente cosa stava succedendo.

Mackensen richiamò poco dopo e riferì che il maggiore Kappler, capo della polizia tedesca e della sicurezza di Roma, lo aveva contattato e gli aveva detto che avevano già un numero sufficiente di prigionieri. O erano stati condannati a morte o sarebbero stati condannati a morte, perché avevano commesso crimini nella capitale. Ciò significava che non c'era bisogno di prendere altri ostaggi. Mackensen e Kesselring furono sollevati. Il Feldmaresciallo entrò nell'ufficio di Westphal e lo aggiornò.

Nel frattempo aveva anche parlato con Kappler al telefono e riferito a Westpqall che Kappler aveva creduto di avere effettivamente condannati a sufficienza, uomini che erano già stati condannati o erano in attesa di essere condannati anche senza l’incidente.

Alle ore 2200 il Generale Jodl emise l'ordinanza di Hitler a Westphal di una rappresaglia per il bombardamento sulla Via Rasella, gli ostaggi dovevano essere giustiziati in un rapporto di 10 a 1 per ogni persona uccisa nel bombardamento. L'ordine era già stato inoltrato al Sicherheitsdienst da eseguire. Questi fatti furono confermati da telescrivente nella notte del 23-24 marzo 1944. L'ordine fu trasmesso il 14. Armata che, a sua volta, informò Kappler.

Westphal ha scritto: Avevamo segnalato solo 32 morti. In effetti la cifra è stata elevata a 42 poliziotti militari degli 8 italiani è stato taciuto per evitare di provocare l'esecuzione di ulteriori ostaggi.

Riferisce Kurowsky (p. 481): Il generale Westphal, Capo di Stato Maggiore del feldmaresciallpo Kesselring ha scritto inequivocabilmente: “Avevamo segnalato solo 32 morti. In effetti la cifra è stata elevata a 42 poliziotti militari e a 8 italiani, ciò è stato taciuto per evitare di provocare l'esecuzione di ulteriori ostaggi”.

Poco dopo filtrò che Kappler aveva fatto sparare a 335 ostaggi anziché 330, per un bilancio ufficiale delle vittime di 33. Questa fu la ragione per la sua condanna nel gennaio1951 da parte del Tribunale Militare italiano. Kappler per questo era colpevole perché non rispettò il rapporto prescritto di 10 a 1, riportato nella sua lista, come gli era stato ordinato dal Comando. Per quest’ultimo, l'esecuzione degli stessi ostaggi era stata accettata come un atto di guerra legale. Se il Tribunale conosceva che nell'attacco erano stati uccisi 42 militari – che come fu riscontrato erano deceduti in vari ospedali per ferite gravi, alcune settimane più tardi – allora il Tribunale avrebbe dovuto trovare Kappler non colpevole, perché avrebbe dovuto fucilare 420 ostaggi secondo l’ordine che gli era stato impartito. Non importa come si scelga di pensare per queste fucilazioni, queste sono le leggi [di guerra] che tutte le altre nazioni hanno applicato”.

Francesco Mattesini


Franz Kurowski, “Battleground Italy 1943-1945. The German Armed Forces in the Battle for the “Boot” (tradotto dal Tedesco da IanMacMullen), Appendice 6 “Terrorism in the Villa Rasella”, p. 480-481, editore J.J. Federowicz Publishing, Inc, Altona, Manitoba, Canada. _____________________________________

Quindi la fonte è sempre Kurowski? Le faccio un'altra domanda, dott. Mattesini: Le è mai sorto il dubbio che Kurowski possa avere scritto cose che non corrispondono al vero? --Salvatore Talia (msg) 18:56, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Gentilissimo Signor Talia. Ci ho pensato. Ma poi mi sono detto che i dati di Kurowski, certamente ricevuti da Westphal e riportati "in inciso", erano troppo precisi con una ricostruzione degli avvenimenti tra i Comandanti tedeschi e gli ordini impartiti, che poteva eessere che anche le cifre di 42 morti, 42 feriti tra i tedeschi, e 8 civili italiani (non so se é anche inserito l'autista del Prefetto Caruso)potevano essere esatte. E discutendo pacatamente con voi ne volevo la conferma prima di scriverlo in qualche articoletto. Nessun saggio o libro.

Comunque sia, dato che Voi siete arrivati a stabilire nel numero di 35 i decessi tra gli altoatesini, e credo che non lo smentiate, logicamente mi sembri che cambi il discorso sulla condanna di Kappler, che al processo aveva dichiarato che i morti di via Rasella erano 42, e non fu non creduto. Era proprio necessario, se il numero dei caduti di via Rasella sono 35, condannarlo, per poi liberarlo in modo incredibile dopo 20 anni di fortezza, quando (evidentemente per le pressioni tedesche) si sono accorti dell'errore! Come minimo c'é molto che non quadra.

Francesco Mattesini

Quindi Kappler venne "liberato": anche questa è una notevole novità. Ovviamente non fondata su nulla, ma tanto mi pare che qua si possa andare a ruota libera su tutto. Oltre a ciò, adesso vengo a scoprire un'altra cosa: Kappler si fece "vent'anni di fortezza". Quindi essendo stato messo in galera nel 1947 e condannato definitivamente nel 1952, sarà uscito nel 1967 o al massimo nel 1972. Quello che è rimasto a Forte Boccea, poi a Gaeta e infine al Celio fino al 1977 sarà stato un sosia...--Presbite (msg) 20:25, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Giudizio su Kesserling[modifica wikitesto]

Premetto che a me interessa poco di come si sono svolti i processi ai responsabili delle Fosse Ardeatine, argomento che non ha mai avuto motivo di affrontare, ma che ho appreso da pubblicazioni e nelle Vostre discussioni. Tuttavia vorrei un Vostro giudizio per quanto Kesselring a scritto, a sua difesa e dei suoi collaboratori, nelle sue memorie: (1)

"La rappresaglia fu occasionata contro una compagnia in servizio di polizia, quindi destinata a difesa della popolazione italiana, composta di tirolesi [erano altoatesini] con numerosa famiglia, attacco che provocò numerose vittime , nonché l’uccisione di parecchi passanti di nazionalità italiana, e avvenne per opera di comunisti italiani … [omesso]

Ho cercato, insieme con Mackenzen, di evitare la rappresaglia, fatto che il tribunale britannico non ha voluto prendere in considerazione. Il tribunale americano di Norimberga ha espresso in proposito un’opinione assai più discutibile, dichiarando: “Per sfuggire alla responsabilità legale e morale sarebbe sufficiente dimostrare che ogni qualvolta se ne è presentata l’occasione, non si è data esecuzione ad un ordine criminoso”.

I due generale da me dipendenti (von Mackenzen e Mälzer) ed io siamo stati condannati perché il nostro tentativo di sottrarci all’esecuzione da un ordine di Hitler era fallito senza nostra colpa, dato che eravamo stati messi da parte."

In effettil’ordine della rappresaglia arrivò dall’OKW al Sicherheitsdienst, e pertanto al maggiore Kappler, che però ebbe la conferma di dover eseguire la rappresaglia da von Mackenzie, su ordine di Kesselring.

Francesco Mattesini

(1) Albert Kesselring, Memorie di guerra (dal tedesco Soldat bis zum lette tag), Garzanti, Milano, 1954, p. 335.

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Kesselring mentì spudoratamente. Il fatto che mentì è stato dimostrato ad libitum. C'è uno studio che lo dichiara fin dal titolo: Richard Raiber, Anatomy of Perjury. Field Marshal Albert Kesselring, Via Rasella, and the GINNY Mission, prefazione di Dennis Showalter, Newark, University of Delaware Press, 2008 [2001], ISBN 978-0-87413-994-5.
In questo virgolettato da lei riportato, Kesserling mente spudoratamente sul fatto che il "Bozen" fosse lì "a difesa della popolazione italiana". Legga la voce relativa al Polizeiregiment "Bozen" e se ne renderà immediatamente conto.
Kesserling mente spudoratamente quando afferma che cercò di evitare la rappresaglia.
Kesserling mente spudoratamente quando dice che lui e gli altri suoi camerati erano "stati messi da parte".
Aggiungo una cosa oramai di dominio comune: Kesserling mentì spudoratamente nel corso del processo, anche per occultare la sua responsabilità in ordine all'uccisione di quindici militari americani, catturati dai tedeschi il 24 marzo e fucilati due giorni dopo. Per tale crimine, era stato condannato a morte e fucilato il 1° dicembre 1945 il generale Anton Dostler, suo subordinato.--Presbite (msg) 13:26, 1 ago 2019 (CEST) PS Quello lì non si chiamava né "Mackenzen", né "von Mackenzen", né infine "von Mackenzie", ma Eberhard von Mackensen. Rimango sempre più sbalordito a leggere i suoi interventi in questa pagina di discussione.[rispondi]
OT

Grazie delle Informazioni, ma non mi importa il suo giudizio sui miei errorti. Io spesso scrivo, nell'eccitazione, senza controllare in modo impulsivo basandomi sui ricordi. A volte mi sono capitati degli arroganti che si sono attaccati alle virgole, ma nessuno ha mai stroncato un mio lavoro.

Inoltre parlano i comenti entusiasti che anche recentemente ho ricevuto da due storici tedeschi, che mi ha fatto pervenire il mio amico Francesco De Domenico. E Lei che non ha il coraggio di firmarsi. Parla tanto, da professore, che vuol dare lezioni a tutti, ma poi che cosa ha fatto. Ce lo dica. Si capisce benissimo che parlando, sempre in negativo, dei protagonisti di Via Rasella e Fosse Ardeatine, Lei perde il lume degli occhi. Io cerco di fare una ricerca obiettiva, ma é come urtare contro un muro di gomma. Chiedo una spiegazione e mi si risponde con insulti.

Vada pittosto a chiedere al suo amico di dirci di più per il numemento del soldato morente nel vecchio cimitero di Bressanone. Si ricorda che scrissi che si trovava lungo un vialetto, forse la targa dei nomi ci dirà qualcosa. Altrimenti pazienza! Andrò io.

Quanto a Kesselring ricordo che era un feldmaresciallo “italofico”, che è da molti considerato non soltanto il miglior comandante d’aviazione tedesco ma anche un grande stratega sul fronte terrestre, per me il migliore sul fronte dell’Europa occidentale. Il suo rispetto verso gli italiani è inoltre dimostrato dal fatto, ha scritto Liddell Hart (“Storia di una Sconfitta”, p. 624), che ritirandosi da Roma “Kesselring aveva dato ordine di non distruggere i ponti del Tevere, dato il loro valore storico”. Aggiungo io che Firenze non lo ha potuto fare dato che la linea del fronte passava attraverso l’Arno.

Francesco Mattesini

Egregio Mattesini, con estrema franchezza le dico che lei pare completamente un pesce fuor d'acqua, qui dentro.
  • Si presenta come Storico (con la S maiuscola) e prende per oro colato un testo di un autore tedesco reduce di guerra, revisionista di destra, accusato di contiguità col neonazismo, sbugiardato dagli storici che lo considerano totalmente inaffidabile nonché sbeffeggiato financo dagli altri reduci tedeschi (ha letto quello che ho riportato?). Lei difende più volte questo autore a spada tratta nonostante qualsiasi evidenza, dimostrando con ciò un approccio totalmente refrattario a qualsiasi corretta ermeneutica storiografica, anche la più minimale.
  • Si imbarca in una discussione infinita alla fine della quale risulta che l'unica lettura che lei cita su via Rasella, annessi e connessi, è sempre e solo questo testo dello storico revisionista-neonazista. Che fra l'altro non è un libro specificamente dedicato alla vicenda, ma un testo sulla campagna d'Italia, apertamente stroncato da uno storico militare canadese che lo considera del tutto sballato.
  • Parla di "norme di guerra" citando a casaccio la Convenzione di Ginevra del 1907, dimostrando di non averla nemmeno letta.
  • Dà dei giudizi sugli accusati tedeschi (condannati) sostanzialmente assolutori, ma nel contempo ci fa sapere che non sa nulla dei processi per le Fosse Ardeatine.
  • Afferma che nella voce dovrebbe starci questo o quell'altro, senza nemmeno accorgersi che le cose che lei vorrebbe che fossero scritte... ci sono! Per esempio: lei vorrebbe che ci fosse scritto che Kappler affermò che i morti per la rappresaglia furono 42. Si lamenta perché la cosa non c'è. E quindi dimostra di non aver letto bene la voce, visto che la cosa è scritta qua (NB deve cliccare sulla parola "qua" per vedere il passaggio all'interno della voce!)
  • Continua a citare l'esistenza a Bressanone di un fantomatico monumento ai caduti tedeschi di via Rasella, che poi diventa una stele, che lei ha visto una volta nel 1975, poi l'ha visto per anni annorum, che è all'ingresso di un giardino a lato del duomo, poi è in un vialetto, poi nel chiostro, poi nel vecchio cimitero (lei non sa nemmeno che il vecchio cimitero e il giardino del duomo sono la stessa cosa), poi torna nel vialetto. Abbiamo visto cinque foto diverse del giardino, dell'ingresso del giardino, dei vialetti del giardino e del monumento ai caduti che è posizionato al lato del giardino (che poi è il vecchio cimitero), il quale monumento però non c'entra nulla con via Rasella. Tutte foto con panoramica a 360°. Quel monumento/stele non esiste: è un parto della sua fantasia. E mi costringe perfino a chiamare l'Azienda di Soggiorno di Bressanone per farmi confermare a voce dalla signora/signorina Martina ivi impiegata, che questo monumento/stele di via Rasella lei non l'ha mai sentito nominare.
  • Si attacca a cose che dimostrano la sua naturale non conoscenza del mondo wiki, dove - salvo rare eccezioni - le persone si iscrivono e scrivono con degli pseudonimi. Qui lei è all'interno di una pagina dove uno solo si presenta con nome e cognome, da registrato. Gli altri si chiamano (scorrendo dall'alto) ignis, Demiurgo, Ribbeck, Stonewall, Jacopo Werter, g, Pequod ecc. ecc. Fino al sottoscritto, che qui per lei e per tutti è "Presbite".
Le storpiature dei nomi di personaggi storici dei quali pure parla, il fatto di scrivere "ha" senza acca, "dà" senza accento, "italofico" invece di "italofilo" (questo non può essere un errore di digitazione: nella tastiera le due lettere sono distanti fra di loro!) e altre amenità del genere sono delle minuzie di contorno. E' il quadro generale che è veramente sconfortante.--Presbite (msg) 16:47, 1 ago 2019 (CEST)[rispondi]

Vedo che continia. Mi é indifferente. Ho un altro lavoro che stò compilando per l'Academia Edu", e non voglio più perdere il tempo con Lei. Lo ripeto, con la scusa dello pseudomino, non ha neanche il coraggio di far sapere il suo nome. Io ci metto sempre la faccia, e quando scrivo cerco di non essere arrogante.

Francesco Mattesini

Sentenze di condanna di Mackensen, Mälzer e Kesselring[modifica wikitesto]

Visto che siamo più o meno in tema, ne approfitto per chiedere agli utenti intervenuti, e in particolare a Presbite, se sono a conoscenza dell'esistenza di sentenze scritte e motivate emesse a conclusione dei processi Mackensen-Mälzer e Kesselring. Io sono giunto alla conclusione che tali sentenze non esistano - evidentemente la giurisdizione militare britannica non le prevedeva - e che esistano invece solo questi rapporti (qui e qui le traduzioni, peraltro molto approssimative). Confermate?--Demiurgo (msg) 13:24, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]

Io invece credo che le sentenze ci siano state. I rapporti (fra i quali quello del processo Kesselring) sono in realtà dei semplici riassunti dei fatti salienti relativi ai vari processi, preparati dall'United Nations War Crimes Commission.--Presbite (msg) 14:49, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
L'inesistenza delle sentenze spiegherebbe però come mai entrambi i rapporti esprimano incertezza circa le valutazioni dei giudici in merito alla questione, di importanza centrale, della legalità dell'uccisione di ostaggi per rappresaglia:
  • Mackensen-Mälzer, p. 7 (20 del pdf): "It cannot be said with certainty whether the Court found that the reprisals were unreasonable...".
  • Kesselring, p. 14 (27 del pdf): "the finding of the court on both charges leaves the question of the legality of killing of innocent persons as a reprisal, open".
Molto difficilmente delle sentenze approfonditamente e puntualmente motivate, come la sentenza Kappler emessa dal Tribunale militare di Roma nel 1948, avrebbero mancato di affrontare una questione tanto importante, non trovi?--Demiurgo (msg) 18:07, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Ammetto che la questione va al di là delle mie attuali competenze. Per rispondere con sicurezza occorrerebbe una certa conoscenza della procedura militare britannica di quell'epoca, preparazione che al momento non ho. L'idea che mi sono fatto è che, nella procedura adottata per i processi Mackensen-Mälzer e Kesselring, la sentenza si limitasse a quella parte che noi chiamiamo dispositivo e che vi mancasse invece la motivazione, considerata non necessaria anche perché probabilmente il provvedimento era inappellabile. Cercherò di approfondire, ma non garantisco di riuscirci in tempi brevi. --Salvatore Talia (msg) 18:54, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Se, come anch'io credo, le sentenze menzionate dai rapporti sono delle mere decisioni prive di motivazione, non è possibile affermare che i giudici britannici giudicarono la pratica di fucilare degli ostaggi per rappresaglia, e il rapporto 10 per 1, ipso facto illegali. Come si legge a p. 7, nel 1946 Mackensen e Mälzer potrebbero essere stati condannati anche solo per le modalità della rappresaglia ("for the manner in which they were carried out"): colpo di pistola alla nuca anziché regolari plotoni d'esecuzione, uccisione di prigionieri che non erano propriamente "ostaggi" secondo il diritto internazionale, ecc.). Da p. 13 si ricava che al processo Kesselring del 1947 il Judge advocate, Carl Ludwig Stirling, dichiarandosi disposto a concedere a Kesselring il beneficio del dubbio circa la legalità dell'uccisione di ostaggi, si cavò d'impaccio grazie ai 5 uccisi in più ("whatever you may think about International Law and reprisals, clearly five of these 335 Italians were murdered. That was a war crime and you cannot get away from it. There was no Fuhrer order to cover it and it was quite outside the reprisal"). Dunque, quello che viene sempre erroneamente ripetuto relativamente alla condanna di Kappler ("fu condannato solo per le 5/15 uccisioni in più"), volendo intendere che le altre esecuzioni furono giudicate lecite, potrebbe essere stato vero per Kesselring (va però considerato che anche le modalità della rappresaglia furono giudicate illecite dai giudici britannici: per esempio il non essere i prigionieri uccisi propriamente qualificabili "ostaggi"). Donald Bloxham scrive (nota): "There was thus a potential scenario in which Kesselring would be sentenced merely for the murder of a handful of individuals beyond the arbitrarily prescribed ratio of ten Italians for one German". Insomma, fu al processo Kappler del 1948 che l'esecuzione di 10 prigionieri per ogni militare ucciso fu giudicata per la prima volta di per sé stessa illegale. Questo conferma l'idea che mi sono fatto da tempo: più ci si è allontanati temporalmente dalla guerra più si è diventati ostili alla pratica della rappresaglia contro prigionieri, che tuttavia nel 1944 era ammessa da tutti gli eserciti, sebbene non fosse regolata da specifiche e precise leggi di guerra. Ci sono osservazioni?--Demiurgo (msg) 19:41, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Ho cercato di approfondire la questione e mi sono letto una bel po' di pagine di un manuale di diritto di guerra britannico del 1914 che ho trovato online. Fino alle riforme degli anni Cinquanta, la procedura era rimasta quella. In effetti, nella parte relativa al procedimento giudiziario non si parla di motivazioni. Si parla di due fasi della parte finale del processo: la prima si chiama "Finding", ed in pratica non è altro che la dichiarazione di colpevolezza o non colpevolezza dell'accusato. A questo punto, se l'accusato è considerato "Guilty" allora c'è una breve fase intermedia, poi la corte si ritira e irroga la "Sentence", determinata nel quantum. Sono allora andato a spulciarmi gli articoli del Corriere della Sera sul processo Kesselring, ed ho trovato che l'ultima seduta durò in tutto un'ora: entrò la corte, dichiarò l'accusato "colpevole" (Finding), lui fece una dichiarazione (fase intermedia), la corte si ritirò, rientrò dopo poco e irrogò la condanna a morte (Sentence). Fine del processo. Non ho trovato nessun accenno a "motivazioni", nemmeno negli articoli di settimane o mesi o anni dopo. Passando adesso invece al tema di "quale fu la condotta che i giudici considerarono illegale" nel processo Kesselring, essa è indicata nel Law Reports varie volte qui citato. Nel processo vennero formulate due domande (p. 13):
(1) Were the German armed forces, represented by the accused, or the Security Service, represented by the head of the SD in Rome, responsible for the shootings?
(2) Was the shooting of 335 Italians a legitimate reprisal or a war crime?
Il testo così continua, rispetto al punto (2): With regard to the second question, the court found that the shootings constituted a war crime but this finding does not supply an answer to the question whether the taking of human life as a reprisal is permissible or not as the finding of the court could be supported either by holding that the ratio of 10 to 1 was excessive or by the fact that 335 persons were killed instead of 330 as ordered. The Judge Advocate said in his summing up: "whatever you may think about International Law and reprisals, clearly five of these 335 Italians were murdered. That was a war crime and you cannot get away from it. There was no Fuhrer order to cover it and it was quite outside the reprisal." The issue before the court on the second charge was not merely whether the measures ordered by the accused were legitimate reprisals or not but, as the Judge Advocate pointed out in his summing up: "The charge is a much more serious and grave one and that is that the Field Marshal deliberately and knowingly when he produced the relevant orders, was having them produced in such form that he knew what the results would be and that he intended by bringing these orders into existence, to bring about these results. That is what the Prosecution have to prove on this charge." Thus, the finding of the court on both charges leaves the question of the legality of killing of innocent persons as a reprisal, open.
Mi pare quindi chiaro: la questione generale della legalità delle rappresaglie non venne definita. Ma il massacro delle Fosse Ardeatine venne considerato un crimine di guerra ("war crime"), di conseguenza non fu una "legitimate reprisal". E fu punito - in quel caso - con la pena di morte.--Presbite (msg) 20:16, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
A me sembra molto significativo il fatto che durante il processo Mackensen-Mälzer, ossia quello temporalmente più vicino ai fatti e dunque quello più "connesso" con la dura realtà della guerra (oltre a essere stato celebrato da una corte composta da giudici di uno Stato terzo quale il Regno Unito), per un verso ci si espresse con certezza nel senso dell'illegalità dell'attentato - anzi, nel senso della sua "criminalità" (e per di più da parte del rappresentante dell'accusa, colonnello Halse, con grande disappunto dell'Unità) - e per altro verso si riconobbe che i tedeschi erano titolati (entitled) a reagire con una rappresaglia dai contorni indefiniti, senza condannare esplicitamente la pratica dell'uccisione di prigionieri e limitandosi a condannare l'eccidio per le sue caratteristiche concrete (non sappiamo precisamente quali).--Demiurgo (msg) 21:02, 31 lug 2019 (CEST)[rispondi]
Ci aiutano nella riflessione su questo tema le nostre regole, che ci impongono di individuare il mainstream e di utilizzarlo per il contenuto delle voci. Ieri sera ho passato qualche ora a cercar di riprendere in mano delle fonti che avevo letto molti anni fa.
Le questioni sono varie.
1. Per cosa sono stati condannati Mackensen e Mälzer?
2. Nel loro processo, è stata affrontata e definita la questione della legittimità delle rappresaglie?
3. Nel loro processo, venne qualificato giuridicamente in qualche modo l'attentato?
Per quanto riguarda il punto 1., ci aiuta la prefazione al volume VIII dell'UNWCC, che lega con un filo rosso i tre casi di Mackensen e Mälzer, Kesselring e List: "This volume contains a very important judgment, namely that of the United States Military Tribunal at Nuremberg on the trial of General List and eleven others, known as. the Hostages Trial. There are also Reports of two trials held before British Courts,one of Generals von Mackensen and Maelzer, and the other of Field Marshal Kesselring. These three cases are closely allied in their subject matter because all three severally raised the problem whether the practice of killing hostages (or reprisal victims) is a war crime. It has until recently been so regarded. The practice was followed by thePrussians in the Franco-Prussian War, and by the Germans in the war of 1914-18. In both instances it was resorted to in a considerable number of cases, but in the war of 1939-45 it was followed on an unprecedented scale. It is obviously on the face of it an atrocious practice because it indiscriminately punishes men who are completely guiltless of any war crime. The practice as followed in World Wars I and II involves collective executions carried out on a great scale and almost as a routine operation. The numbers Of innocent non-combatants who have been killed in this way cannot be computed but they must· run into tens or hundreds of thousands. Lauterpacht well refers to the practice as a terrible practice". Quindi nel 1949 (l'anno in cui uscì questo volume) si aveva già piena contezza del fatto che il tema della rappresaglia si era prepotentemente imposto non solo di fronte agli occhi dell'opinione pubblica mondiale, ma anche di fronte al giudizio delle corti. E si era capito che la questione della legittimità della rappresaglia non poteva essere risolta sulla base di una riflessione giuridica che ricalcasse i vecchi schemi. Siamo quindi in una fase di passaggio. Nella voce dedicata da "The Oxford Companion to International Criminal Justice" (p. 802) al processo di Mackensen e Mälzer, si afferma che "In the history of war, reprisals represented a last resort self-help sanction imposed by one side of a conflict against its opponent for violations of lawful warfare. However, ICL has since evolved more robust notions of protected persons including innocent civilians and soldiers with POW status. Reprisals are a form of collective punishment, a strategy that is now generally considered anathema to ICL. Furthermore, although unlawful belligerents can face the death penalty for their belligerency, it must be imposed by a regularly constitued court and cannot be imposed summarily. The trial of General Mälzer, as well as other trials for World War II reprisal killings, were major steps in the solidification of these rules".
Rispondendo quindi congiuntamente al punto 1. e al punto 2., e ricordando che il massacro delle Ardeatine nel corso del processo venne definito "indiscriminate massacre" (The result of the orders given by von Mackensen and Maelzer, whatever these orders were, was neither the formal execution of 320 Italians as ordered by Hitler, nor the execution of all persons in the prisons of Rome who were sentenced to death or long terms ofimprisonment as intended by the accused, but an indiscriminate massacre by the S.D. under Kappler). io direi quindi che gli imputati vennero condannati per i motivi indicati a pag. 5 del volume VIII a cura del UNWCC (It is the opinion of almost all writers ,on the subject that if reprisals are inflicted they must be: (1) Proportionate. (2) Reasonable. (3) In accordance with the fundamental principles of war, e.g. respect for lives of non-combatants or the interest of neutrals. The third point was not considered in this case as no neutral interests were involved and the crime for which reprisals were being inflicted was committedby non-combatants, so that the question of sparing non-combatants did not arise as a separate issue. The Prosecution rested their case on points (1) and (2), alleging that the reprisals were disproportionate and unreasonable"), siamo nell'ambito di una riflessione sul tema della legittimità delle rappresaglie, che da lì a breve le fece ritenere del tutto illecite. Questa evoluzione del pensiero giuridico relativamente alle rappresaglie fu dovuta proprio all'enormità delle uccisioni a freddo di civili e non, registrate nel corso della seconda guerra mondiale. I casi di Mackensen e Mälzer, di Kesselring e quello di List furono delle pietre miliari in tal senso.
Riguardo invece al punto 3., non ho da aggiungere nulla di più a quanto hai scritto, se non ricopiare questo passaggio: "the crime committed by unknown partisans in Rosella [sic] Street" (NDR Sottolineatura mia). Ma mi permetto di sottolineare quanto affermavo sopra: si era in una fase di rapido cambiamento di prospettiva giuridica, e quindi anche questo passaggio sulla qualificazione giuridica dell'attacco di via Rasella può essere considerato un primo step d'un percorso articolato.--Presbite (msg) 10:28, 1 ago 2019 (CEST)[rispondi]

(Rientro) Penso che dovremo riprendere questa discussione più avanti. Oggi sono di fretta, dico solo che Presbite ha fatto bene a citare la prefazione di lord Wright all'ottavo volume dei Law reports, perché essa (come ho cercato di spiegare nel secondo vaglio) contiene alcuni elementi utili a problematizzare la tesi di Demiurgo. In sintesi, secondo lord Wright la pratica di fucilare ostaggi era illecita già prima della Seconda guerra mondiale. Anticipando su quanto dirò più diffusamente a settembre, esisteva sul punto una differenza di vedute fra i militari da una parte, i giuristi e l'opinione pubblica dall'altra. Cfr. in proposito Silvia Buzzelli, Marco De Paolis e Andrea Speranzoni, La ricostruzione giudiziale dei crimini nazifascisti in Italia. Questioni preliminari, Torino, Giappichelli, 2014 [2012]. Buone vacanze a tutti! --Salvatore Talia (msg) 10:30, 2 ago 2019 (CEST)[rispondi]

Per quel che mi riguarda, ritengo che sia assolutamente necessario dotarsi di fonti adeguate per discutere. In particolare, sarebbe bene che le fonti affrontassero specificamente il tema delle rappresaglie nel diritto bellico, con particolare focus sul XX secolo. Ho qualche libro di diritto internazionale e di diritto bellico, ma a parte che sono datati o non così specifici (per esempio: ho questo libro qua, ma non è approfondito nella parte storica), sono troppo pochi perché io possa considerarmi anche lontanissimamente un "esperto". Ho quindi googolato, ed ho trovato un libro che mi pare estremamente interessante, e che è anche parzialmente leggibile online. Purtroppo mancano proprio delle pagine nella parte riguardante le rappresaglie. Ho visto anche che costa veramente un botto: 225 Euro (solo quel volume, non l'opera intera in più volumi!!!). Lo si può leggere online, ma solo loggandosi tramite un'università o un istituto di ricerca o un'istituzione: niente che abbia sede in italia. Questo libro qui mi pare interessante anche per l'anno in cui è uscito: 1948. Il libro si può acquistare anche per somme relativamente basse: 20 euro circa. Vedo poi che l'autrice è stata un'accademica nonché sottosegretario di stato USA, quindi qualificata. Anche questo libro qui mi pare abbastanza interessante per una visione di insieme, ma pure questo costa abbastanza, pur essendoci la possibilità di scaricarlo sul Kindle risparmiando parecchio.--Presbite (msg) 11:53, 2 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Certamente dovremo discuterne. Con i processi ci aspetta la parte più dura del lavoro. Questo argomento l'abbiamo già toccato nel vaglio. Rilevo come allora che il regolamento militare statunitense per la guerra terrestre (Basic Field Manual. Rules of Land Warfare (PDF), United States Government Printing Office, Washington, 1940, "Reprisals", pp. 89-90) ammetteva la messa a morte di ostaggi: "The offending forces or populations generally may lawfully be subjected to appropriate reprisals. Hostages taken an held for the declared purpose of insuring against unlawful acts by the enemy forces or people may be punished or put to death if the unlawful acts are nevertheless committed". E' interessante notare che tale regolamento fu fornito al difensore di Kesselring, Hans Laternser, da uno degli osservatori statunitensi. I giudici erano perfettamente consapevoli del fatto che tra gli stessi eserciti alleati era diffusa (o comunque ammessa) la pratica della rappresaglia contro prigionieri estranei, dunque potevano rimproverare ai tedeschi solo l'aver ecceduto nel ricorrere a tale pratica. I what if lasciano il tempo che trovano, ma io credo che se dopo via Rasella i tedeschi, dopo un'approfondita indagine culminata nella mancata cattura degli attentatori, avessero fucilato degli "ostaggi" in senso stretto (cioè soggetti espressamente destinati allo scopo) per mezzo di regolari plotoni d'esecuzione e magari in misura minore, le condanne sarebbero state tutt'altro che scontate. Naturalmente tutto ciò non può non incidere sulla valutazione dell'azione gappista: se tu gappista, nel commettere un atto che qualunque esercito avrebbe considerato illegale, rendi il nazista legalmente titolato - in base alle concezioni del tempo - a mozzarti un dito, devi mettere anche in conto che il nazista non si limiterà al dito ma ti maciullerà tutto il braccio spalla compresa. Se da un normale esercito dovevi aspettarti X, da un esercito imbevuto di dottrine hitleriane dovevi aspettarti almeno X3. Una cosa è certa: nessun esercito del tempo avrebbe subito un attentato del genere reagendo con la distribuzione di caramelle alla popolazione.
[@ Presbite] Per quanto riguarda strettamente l'attentato non ci sono stati significativi step ulteriori: nessun tribunale ha mai potuto qualificarlo atto legittimo sul piano del diritto internazionale di guerra. E' stato qualificato atto legittimo nell'ordinamento italiano e ciò è scontato, in quanto la forza politica che lo volle poi contribuì a fondare la Repubblica Italiana: se essa è "nata dalla Resistenza" va da sé che i suoi magistrati non possono dir troppo male della madre. Violante lo spiegò molto bene: R. I., "Giudici, siete figli della Liberazione", in Corriere della Sera, 30 giugno 1997, p. 17. Il colonnello Halse invece non doveva rispetto filiale a nessuno dei protagonisti dei fatti romani del 23-24 marzo 1944. Qualcuno potrebbe dire che era pur sempre suddito di uno Stato che, sebbene non fascista (che poi dipende: in certi ambienti che conosciamo bene, e che qui dentro sono ben rappresentati, il concetto di "fascismo" è un buco nero metastorico che assorbe tutto quello che esiste ed è meno che completamente rosso e/o arcobaleno, e anche in quel caso dipende dal giudizio del o dei guru), era comunque capitalista e imperialista, ma tant'è.--Demiurgo (msg) 14:38, 2 ago 2019 (CEST)[rispondi]
[@ Demiurgo]. Ho letto le tue riflessioni, ma io mi porrei già in una fase successiva (wikipedianamente parlando): cosa possiamo scrivere nelle voci dell'enciclopedia? Perché se è vero che in talk possiamo dire quel che vogliamo, poi nella voce va scritto quel che ritroviamo nelle fonti. La prefazione di lord Wright all'ottavo volume dei Law Reports è senza alcun dubbio una fonte. Bisogna adesso vedere se quel che lui scrive è il mainstream o meno. A naso, io dico di sì. I tre processi di cui parla contribuirono a modificare le norme internazionali in merito al concetto di "legittima rappresaglia". Non arrivarono alle conclusioni contenute all'interno delle attuali convenzioni che le vietano tout court, perché - per così dire - "navigavano a vista in un terreno inesplorato".
Non credo esista nessuno che in letteratura abbia sostanzialmente giustificato - da qualsiasi punto di vista - il massacro delle Ardeatine, salvo neonazisti, neofascisti o altri autori di poco o nullo conto, quali qualche giornalista/polemista nostrano che scrive per quotidiani ben indirizzati politicamente o che sul punto ha espresso delle opinioni assai "bizzarre" (per usare un eufemismo). Stiamo parlando di un fatto (il massacro) che oltre a tutto è passato attraverso il vaglio di diverse corti, e quindi non trovo nessuno spazio - wikipedianamente parlando - per interpretazioni alternative: il massacro fu un crimine di guerra e le corti ne hanno escluso (caso Kesserling) la qualifica di "legittima rappresaglia". Nella sentenza relativa c'è un intero paragrafo dal titolo eloquente: THE LEGALITY OF KILLING INNOCENT PERSONS BY WAY OF REPRISALS (p. 12), ma il dato di fatto è che poi la corte comunque qualificò "crimine di guerra" il massacro. E' quindi e rimane un crimine di guerra, che sia stato o meno previsto (in qualsiasi modo) dai gappisti.
Su quest'ultimo aspetto, e cioè se i gappisti potessero o meno prevedere una rappresaglia tedesca, mi sono già espresso varie volte, entrando anche in forte contrasto con Talia relativamente al modo in cui sono stati scritti alcuni passaggi nella voce, utilizzando a spron battuto il libro di Portelli, che su questo punto sbaglia alla grande. E quindi non mi ripeto: si può riprendere quello che ho già scritto. La rappresaglia era assolutamente prevedibile, non certo nel quantum, ma di sicuro nell'an.
Venendo invece allo step di cui parlavo relativamente alla qualificazione dell'attentato, io intendevo dire che le corti britanniche o americane (che io sappia) hanno emesso l'ultima loro sentenza in merito a via Rasella, annessi e connessi, esattamente il 6 maggio 1947 (sentenza processo Kesselring). Dopo di che ci sono state solo sentenze di corti italiane. Che - come tutti sappiamo - nel 1948 negarono la qualifica di "legittimo atto di guerra" all'attentato. La cosa venne ribadita nel 1952 e nel 1953 (devo dire che su questa sentenza avrei qualcosa da dire, ma casomai lo farò in futuro), ma nel contempo (1950) un'altra corte iniziò a parlare di "legittimo atto di guerra", iniziando la lunga e coerente serie di sentenze che oggi non lasciano alcun dubbio: l'attacco di via Rasella fu un legittimo atto di guerra. Quindi le sentenze del 1945, 1947, 1952 ecc. ecc. le citiamo correttamente, ma dobbiamo poi affermare che la linea interpretativa è mutata. In questo senso, le sentenze precedenti sono tutte quante degli step di un percorso che è approdato ad una definizione chiara, dal punto di vista giuridico. Si troveranno eventualmente delle riflessioni di storici seri (se ci sono) che continuano ad affermare che l'attentato non fu un legittimo atto di guerra. Si citeranno questi storici seri (no neonazi et similia), andando a valutare il loro peso specifico nella storiografia, e quindi dedicando loro lo spazio in proporzione, all'interno della voce.--Presbite (msg) 16:26, 2 ago 2019 (CEST)[rispondi]
OT

Riconosco che non sono ferrato in questa discussione di processi e giustificazioni sulle necessità delle rappresaglie o meno. Pertanto mi astengo dal continuare i miei interventi. Se poi una certa insinuazione che i fascisti sono in questa discussione, ed é rivolta a me, orbene si é sbagliato indirizzo.

Io infatti sono un partigiano, forse il più giovane rimasto in Italia. Nel 1944 avevo 8 anni emezzo, ed ero una staffetta e portaordini, e sono considerato a tutti gli effetti "patriotta". Il decreto fu firmato nel 1947 dal Ministro Facchinetti. Le liste dell'ANPI della Toscana sono disponibili in Internet, potete controllare.

Invito a leggere in Academia Edu (basta cliccare Mattesini Academia Edu e appare la mia pagina) il mio saggio: "Testimonianze delle atrocità comuniste e naziste nell'estate del 1944 a Castel Focognano (Arezzo).

Come vedete é lo confermo, quando sento odore di bruciato mi piace investicare, e come detto non faccio sconti. Per me, amico o nemico, Italiano, tedesco, inglese, ecc, nella ricostruzione storica sono da trattare con obiettività e allo stesso modo.

Francesco Mattesini

Continua: qualificazione giuridica dell'attentato nel diritto internazionale[modifica wikitesto]

[@ Presbite] La qualificazione dell'eccidio delle Fosse Ardeatine come crimine di guerra è fuori discussione. Quello che volevo evidenziare è che nei processi più vicini ai fatti la fucilazione di ostaggi non fu giudicata una pratica ipso facto illecita. Viceversa, fu giudicato senza dubbio un atto illegittimo l'attentato e tale qualificazione è valida ancora oggi sul piano del diritto internazionale di guerra. Che io sappia, mai nessun tribunale militare ha affermato che i gappisti erano legittimi belligeranti per il diritto internazionale del tempo e dunque che il loro fu un atto legittimo. I giudici del processo Priebke nel 1997 scelsero di non pronunciarsi sul punto: "In proposito è possibile osservare immediatamente come non spetti a questo Tribunale, neppure "incidenter tantum", operare dell'attacco partigiano di via Rasella una qualificazione giuridica di fatto estranea ai fini del decidere. [...] si evidenzia come la qualificazione giuridica dell'azione partigiana di via Rasella, nei termini di cui in premessa, è del tutto irrilevante se non addirittura in qualche modo potenzialmente fuorviante" [6]. Nel 1998 la Corte militare di appello mantenne la stessa impostazione [7]. Ergo, sulla legittimità dell'attentato sul piano internazionale l'ultima parola è quella della sentenza Kappler del 1952, che la escluse (ed escluse anche la riferibilità allo Stato italiano, affermata invece in primo grado nel 1948). La qualificazione dell'attentato come legittimo atto di guerra, operata dalla magistratura ordinaria civile e penale, è relativa all'ordinamento interno italiano. Non diversi step di uno stesso percorso dunque, ma due percorsi distinti, essendo distinti gli ordinamenti giuridici di riferimento (internazionale e italiano). Per il resto siamo perfettamente d'accordo.--Demiurgo (msg) 18:44, 2 ago 2019 (CEST)[rispondi]

(rientro) Non sono d'accordo, e spiego perché. La qualifica relativa all'illegittimità dell'attentato di via Rasella è derivata non tanto dall'atto in sé, quanto dalla qualifica dei suoi esecutori. Ripeto: l'attentato è stato dichiarato illegittimo in quanto sono stati considerati "unlawful combatants" i partigiani che l'hanno eseguito, sulla base del dettato della Convenzione di Ginevra. Prima di affrontare questo punto, mi permetto però di fare una divagazione. Durante la guerra ci furono letteralmente milioni di persone che presero le armi in pugno e lottarono contro i tedeschi e i loro alleati, o che parteciparono comunque a forme di resistenza. Dietro le retrovie in tutta l'URSS si contarono migliaia di attentati dinamitardi, con migliaia di tedeschi uccisi e diverse decine di migliaia di uccisioni di ostaggi: abbiamo diversi documenti tedeschi nei quali si afferma che l'uccisione di masse di persone quali ebrei o bolscevichi era considerata non solo una delle operazioni di sterminio che sappiamo, quanto una sorta di "pulizia delle retrovie" per evitare o per reprimere la resistenza armata o lo spionaggio. Ora, immaginare che tutti i resistenti polacchi o sovietici rispettassero alla lettera quanto previsto dalla Convenzione, e cioè che avessero alla loro testa una persona responsabile dei propri subordinati, recassero un distintivo fisso visibile a distanza e si uniformassero nelle loro operazioni agli usi e ai costumi di guerra, di fronte alle truppe tedesche e dei loro alleati (anche locali) che "ripulivano le retrovie" a colpi di Einsatzgruppen o robe tipo il Nachtigall con uccisioni di massa, deportazioni di milioni di persone, torture di ogni tipo, "esperimenti medici" sui POW et similia, a me francamente pare lunare. Immaginarsi che risposta avrebbe avuto dai sovietici chi avesse solo osato alzare il dito per dire che i partigiani che operarono nascondendosi nelle immense foreste dell'Est Europa che stavano nelle retrovie del fronte cibandosi di acqua e fango per anni e che attaccavano i tedeschi alle volte a mani nude erano in realtà dei "combattenti illegittimi"! Infatti non mi risulta nessuna sentenza in tutta l'Europa che abbia ripreso il tema dei "partigiani combattenti illegittimi". Questa questione quindi mi pare proprio che sia stata affrontata solo e soltanto durante i processi ai generali tedeschi, quando si trattò di parlare dei gappisti che operarono in via Rasella. Non mi risulta che sia mai stato affrontato il tema non solo - come mi pare assolutamente ovvio - in tutta l'Europa dell'Est, ma nemmeno nelle democrazie postbelliche dell'Europa occidentale. Faccio una seconda divagazione. Tu affermi che "La qualificazione dell'attentato come legittimo atto di guerra, operata dalla magistratura ordinaria civile e penale, è relativa all'ordinamento interno italiano. Non diversi step di uno stesso percorso dunque, ma due percorsi distinti, essendo distinti gli ordinamenti giuridici di riferimento (internazionale e italiano)". Siamo proprio sicuri che si tratti di due ordinamenti giuridici di riferimento che non si incontrano mai? Io a suo tempo imparai che le convenzioni internazionali regolarmente firmate da uno stato e successivamente ratificate entrano a far parte del quadro delle norme di diritto interno. Anzi: come prova a converso, ricordo che una convenzione internazionale non si applica agli stati che non l'hanno ratificata. E per continuare questa seconda digressione, dirò che oggi quanto appena affermato è anche sancito dall'art. 10 della nostra Costituzione: "L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute". Salvo - dicono i costituzionalisti - per quelle norme del diritto internazionale che violassero i principi fondamentali della Costituzione Italiana. Negli anni in cui si svolsero i processi per Via Rasella e le Fosse Ardeatine di fronte alle corti italiane erano quindi sempre operanti questi principi. Quindi è vero che si parla di due ordinamenti giuridici, ma poi in concreto le corti sono sempre state tenute a rispettare la cogenza delle norme di diritto internazionale consuetudinarie e pattizie, anche nel periodo precedente l'entrata in vigore della nostra Costituzione. Fatte queste due digressioni, vengo adesso a dire che in realtà le consuetudini e le norme internazionali relative alla "legittimità" dei combattenti sono state modificate negli ultimi sessant'anni, pur non essendo mai stata abrogata la Convenzione di Ginevra. Mi basti ricordare che il Primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra ha allargato la categoria dei "combattenti legittimi" includendo i membri dei movimenti di liberazione nazionale, che ovviamente non possono essere riferiti a nessuna entità statale in essere. Tanto per rendere più complesso il tema, segnalo che USA e Israele non hanno ratificato il protocollo, che quindi non è diventato "di natura consuetudinaria" per mancanza di un'approvazione universale.
Vengo quindi alla conclusione del mio scritto. Io ritengo che le corti italiane non si siano quindi espresse in senso contrario al diritto internazionale quando hanno affermato la legittimità dell'attentato di via Rasella: non avrebbero potuto farlo, alla luce della costituzionalizzazione delle norme di diritto internazionale ex art. 10. Perciò ritengo personalmente che anche la questione della legittimità dell'attentato sia lo step di un percorso giurisprudenziale complesso, che alla fine però è arrivato a una definizione precisa: l'attentato fu una legittima operazione di guerra. Ovviamente si darà conto nella voce del mutamento giurisprudenziale che c'è stato fra il 1945 e le ultime sentenze, ma non sono d'accordo che si dica che l'attacco dal punto di vista del diritto internazionale continua anche oggi ad essere considerato "illegittimo".--Presbite (msg) 10:19, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]

[@ Presbite] Come hai scritto, la qualifica dell'attentato dipende "dalla qualifica dei suoi esecutori". Ebbene, alla luce del regolamento sulla guerra terrestre annesso alla IV Convenzione dell'Aia del 1907, i gappisti non possedevano i requisiti per essere considerati combattenti legittimi. Su questo punto, convergono gli esiti dei processi Mackensen-Mälzer, Kesselring e Kappler, mentre i giudici del processo Priebke, come abbiamo visto, scelsero di non pronunciarsi sulla questione. Questo avvenne nel 1997, ossia quando in sede civile si era già imposta la qualificazione dell'attentato come atto legittimo (sentenze 1950, 1954, 1957). In altre parole, i giudici del processo Priebke non ripresero quella qualificazione, proprio a conferma del fatto che si tratta di ordinamenti diversi e di rapporti giuridici diversi: i processi celebrati dinanzi a tribunali militari erano relativi a rapporti tra Stati, i processi celebrati dinanzi a tribunali civili e penali italiani erano relativi al rapporto tra lo Stato italiano e i propri cittadini. Il ragionamento è stato questo: l'attentato rappresentò sul piano del diritto internazionale un atto illegittimo ai danni della Germania (che a sua volta reagì con un altro atto illegittimo, l'eccidio); tuttavia, poiché l'attentato fu compiuto da forze riconosciute dallo Stato italiano come proprie, sul piano interno esso è legittimo. Le sentenze del processo civile (la cui tesi fu poi ripresa dalla sentenza della Cassazione penale che concluse il procedimento degli anni novanta) dunque non ribaltano, e non possono ribaltare, la qualificazione operata dalla magistratura militare, semmai ne sanciscono l'irrilevanza nel diritto interno sul piano dei rapporti tra lo Stato italiano e i propri cittadini. Cito dalla sentenza civile del 1950:
"Tuttavia, se l'azione partigiana dovesse essere valutata alla stregua del diritto bellico internazionale, non potrebbe non essere considerata illecita, perché contraria alla Convenzione dell'Aja del 18 ottobre 1907, che fissa nei termini di cui sopra i requisiti per il riconoscimento della qualifica di legittimo belligerante. In tali sensi ed in questi limiti si può negare la qualifica di legittimo belligerante al combattente partigiano, che difatti i tedeschi non hanno mai trattato per tale: in tali sensi e con questi limiti può intendersi l'apprezzamento dato dal Tribunale militare territoriale di Roma, allorché dovette inquadrare l'episodio di via Rasella nella legge internazionale per giudicare della responsabilità del Kappler.
Ben altro è invece il punto centrale del problema, allorché si tratta di stabilire se il nostro ordinamento giuridico abbia riconosciuto ed inquadrato fra le forze combattenti dello Stato i cittadini che, in gruppi organizzati o isolatamente, parteciparono alla guerra partigiana, nei modi e con i mezzi che le circostanze consentivano; se abbia impresso il crisma del fatto di guerra ad ogni operazione compiuta dai partigiani per le necessità di lotta contro i tedeschi. L'eventuale contrasto fra l'ordinamento internazionale e l'ordinamento interno si risolve con la prevalenza di questo su quello, perché il primo segna norme di condotta allo Stato rispetto all'altro Stato, il secondo invece segna le norme di condotta nei rapporti fra cittadini e fra Stato e cittadini".
La dualità è evidente: gli stessi giudici che lo qualificano atto legittimo sul piano interno non possono non riconoscerne l'illegittimità sul piano internazionale. Nel secondo vaglio, in un cassetto puoi trovare un passaggio dello scritto di Giorgio Resta e Vincenzo Zeno-Zencovich (puoi trovarlo per intero online, se non lo trovi posso girartelo io via mail). Questi autori spiegano molto bene la questione dei due ordinamenti e dei diversi rapporti giuridici regolati. Il passaggio chiave mi sembra questo: "The judgment took into account the statement contained in the first Kappler decision that characterized the attack on via Rasella as an illegitimate act of war because it did not meet the criteria set by the 1907 Hague Convention. However the Court stated that while the Convention was binding with regards to the relationship between states, when it came on the other hand to domestic jurisdiction and controversies between private parties Italian law (and specifically Decree no.194/45) prevailed". Nessun giudice ha mai potuto affermare che sul piano dei rapporti tra gli Stati l'attentato di via Rasella era legittimo, perché è materialmente impossibile attribuire ai gappisti i requisiti propri dei belligeranti legittimi (avere un comandante responsabile per i propri subordinati, portare un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza e portare apertamente le armi). Nessun tribunale militare chiamato a pronunciarsi sul caso ha mai affermato che, poiché era impossibile chiedere ai gappisti il possesso di detti requisiti, il regolamento andava disapplicato e l'attentato considerato legittimo. Lo ha fatto una parte della dottrina (per es. Ettore Gallo), ma non mi risulta nessuna pronuncia giurisprudenziale in tal senso.--Demiurgo (msg) 11:32, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Aggiungo che c'è anche un autore che ha ragionato in un modo simile al tuo, ma arrivando a conclusioni opposte: Francesco Capotorti, Qualificazione giuridica dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, in Rassegna di diritto pubblico, IV, n. 1, Napoli, Jovene, gennaio-marzo 1949, pp. 170-192. Se vuoi, posso inviarti questa nota a sentenza via mail. Capotorti sostenne che, poiché i gappisti non possedevano i requisiti propri dei belligeranti legittimi ai sensi del diritto internazionale, lo Stato italiano non poteva riconoscerli come propri combattenti. Capotorti intendeva criticare l'assunto della sentenza Kappler del 1948 secondo cui l'attentato era sì illegittimo, ma riferibile allo Stato italiano (su questo assunto i giudici civili fondarono poi la qualificazione dell'azione gappista come atto legittimo nel diritto interno). Le critiche di Capotorti, e quelle analoghe di Roberto Ago (posso inviarti anche quest'altra nota a sentenza), furono recepite dal Tribunale supremo militare che nel 1952 giudicò Kappler in secondo grado. Questa sentenza, l'ultima a pronunciarsi sul punto (le sentenze Priebke, come abbiamo visto, sorvolano) negò tanto la legittimità dell'attentato quanto la sussitenza di una "relazione organica" tra gappisti e Stato italiano [8]. Il percorso della magistratura militare si fermò qui: non ci sono step ulteriori.--Demiurgo (msg) 12:10, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Mi correggo: un ulteriore step della magistratura militare ci fu, ma venne invalidato. La sentenza Priebke del 1996, quella poi annullata a furor di popolo, si pronunciò sul punto recependo le conclusioni del processo civile 1949-57: "In conseguenza di ciò, l'attentato di via Rasella, pur essendo un vero e proprio atto di guerra riferibile allo Stato italiano (confermato dal fatto che, successivamente, lo Stato considerò come propri combattenti i partigiani che avevano compiuto azioni belliche contro i nazifascisti nel periodo dell'occupazione nemica, ed autorizzò la concessione di ricompense al valore militare agli appartenenti ai G.A.P. [Gruppi di Azione Patriottica] ed alle squadre cittadine indipendenti), dal punto di vista del diritto internazionale fu un atto di guerra materialmente illegittimo (art.1 della Convenzione dell'Aia, del 1907)". Qui è ancora più evidente l'esistenza di due piani: interno e internazionale. Ad ogni modo, gli estensori delle successive sentenze Priebke scelsero assai saggiamente di eludere il problema.--Demiurgo (msg) 12:31, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Aggiungo un ulteriore elemento: ho deliberatamente omesso di considerare la sentenza del 1999 conclusiva del procedimento penale, in quanto inficiata da un clamoroso errore materiale nella parte in cui recita: «il Tribunale Supremo Militare, con sentenza 25.10.1952 n. 1711 (ibidem, pag. 83) ha rovesciato tale impostazione [l'illegittimità dell'attentato, NDR], dichiarando illegittimo l'esercizio della rappresaglia in relazione alla legittimità dell'azione italiana: "Via Rasella, alla luce delle norme del diritto internazionale, si pone in termini di rigorosa linearità: la sua qualificazione non può essere altro che quella di un atto di ostilità a danno delle forze militari occupanti, commesso da persone che hanno la qualità di legittimi belligeranti"». Tra "persone che" e "hanno" c'era infatti un bel "non". Nel 1952 il Tribunale supremo militare dunque non solo non ha rovesciato alcunché quanto all'illegittimità dell'attentato, ma anzi - recependo le critiche di Capotorti e Ago alla sentenza Kappler di primo grado del 1948 - ha negato la sussistenza della "relazione organica" Stato-partigiani, configurandosi dunque come la sentenza in assoluto più sfavorevole tanto ai gappisti quanto ai nazisti (il venir meno della "relazione organica" stroncava alla base ogni ipotesi di configurabilità di una "rappresaglia legittima", che può essere disposta solo in reazione ad atti commessi da Stati). Mi permetto anche di sostenere che una lettura più attenta della sentenza del 1952 avrebbe permesso agli estensori della sentenza del 1999 di riconoscere l'errore di stampa, l'omissione della parola "non", del testo da essi utilizzato.--Demiurgo (msg) 14:10, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]

(rientro) Cito. Sentenza Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili - 19 luglio 1957 n. 3053 - Attentato di via Rasella:
"Da questa premessa la Corte [NDR Si riferisce a precedente sentenza della "Corte di Roma, con la sua pronuncia 14 gennaio-15 maggio 1954"] trasse la conseguenza che la illiceità del fatto non poteva essere determinata con riferimento al principio generale del neminem laedere, né secondo i criteri della legge penale comune, né in relazione alle norme e agli usi di diritto internazionale". (sottolineatura mia).
"Ora l'art. 35 del R. D. n. 1415 del 1938 e l'art. 175 del codice penale militare di guerra considerano lecito l'uso della violenza in guerra, purché sia contenuto nei limiti in cui è giustificato dalle necessità militari e non sia contrario all'onore militare, e proibiscono di usare violenza proditoria al nemico, o di usare mezzi, o modi di guerra vietati dalla legge, o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all'onore militare. L'attentato in oggetto non poteva essere contrario a queste norme, perché gli autori furono riconosciuti meritevoli di decorazioni al valore militare. Ciò escludeva la possibilità di un sindacato giurisdizionale sulla necessità o utilità di esso e sulla conformità, o meno, agli ordini dei competenti comandi". (sottolineatura mia)
"Anche a questo proposito si deve preliminarmente osservare che l'eventuale illegittimità dell'attentato sotto il profilo internazionale non ne importerebbe necessariamente l'illegittimità secondo l'ordinamento interno. E nel sistema legislativo italiano quell'atto è stato considerato certamente legittimo, come risulta da tutta la legislazione citata, la quale si riferisce anche alla lotta per la liberazione di Roma, tanto che ha autorizzato la concessione di decorazioni al valor militare per azioni di partigiani eseguite nell'ambito della città, ed è confermata dalla recente L. 14 aprile 1957, n. 277, per la costituzione in Roma di un museo storico, a documentazione degli eventi nei quali si concretò e si svolse la lotta per la liberazione di Roma durante il periodo dall'8 settembre 1943, al 4 giugno 1944. Deve aggiungersi poi che neanche dal punto di vista internazionale è contestabile la legittimità dell'attentato in oggetto. (sottolineatura mia)
Credo che sia più che sufficiente per supportare quel che ho affermato.--Presbite (msg) 15:18, 4 ago 2019 (CEST) PS Pacificamente accettato anche da Cass. 17172/2007 che nemmeno si dilunga sul punto, laconicamente ricordando che (cito): "(...) doveva aggiungersi il rilievo che organi giurisdizionali di diverso livello e competenza avevano oramai statuito che l’attentato in oggetto costituiva un legittimo atto di guerra contro un esercito straniero occupante, mentre la rappresaglia delle Fosse Ardeatine era stato un atto privo di qualsiasi connotato di legittimità".[rispondi]

Ho notato quei passi. Aggiungo all'ultimo passaggio che citi il capoverso seguente che ne è il completamento logico:
"Deve aggiungersi poi che neanche dal punto di vista internazionale è contestabile la legittimità dell'attentato in oggetto.
In vero, la dichiarazione che Roma era città aperta fu fatta dal governo italiano prima dell'armistizio, e precisamente il 31 luglio 1943, agli anglo-americani e non fu mai accettata da costoro. Da questa mancata accettazione consegue che la dichiarazione suddetta non poteva far sorgere un obbligo internazionale del governo italiano verso gli anglo-americani".
Si intende dire che "neanche dal punto di vista internazionale è contestabile la legittimità dell'attentato in oggetto"... in virtù della dichiarazione per cui Roma era città aperta, ma sempre dal punto di vista internazionale la legittimità dell'attentato era esclusa a monte dal mancato possesso dei requisiti propri dei legittimi belligeranti ex Convenzione dell'Aia del 1907. I ricorrenti - gli attori - avevano invertito l'ordine logico delle questioni, cosicché la "questione dello status di Roma" fu affrontata con il primo mezzo di ricorso e la "questione dei requisiti" - che è logicamente presupposta - con il secondo mezzo. Quanto a quest'ultimo aspetto si legge:
"Procedendo all'esame di quest'ultimo mezzo, il Supremo collegio osserva che la qualificazione dell'attentato di via Rasella come atto legittimo di guerra non può essere compiuta alla stregua delle disposizioni degli art. 25 e 27 della legge di guerra (all. A al R. D. 8 luglio 1938, n. 1415), di cui si denuncia la violazione. Lo Stato italiano, nel definire con tali norme i legittimi belligeranti, ha inteso limitare i propri poteri nei confronti dei cittadini di altri Stati con i quali esso sia in guerra; ha stabilito cioè che le autorità italiane devono considerare legittimi belligeranti e trattare quindi come tali, secondo le norme internazionali di guerra, i sudditi nemici che si trovino nelle indicate condizioni. Tanto è vero che l'art. 29 della stessa legge considera come illegittimi belligeranti coloro che non si trovino nelle condizioni previste dagli art. 25 e 27 e li sottopone alle relative sanzioni per gli atti di ostilità da loro commessi.
Naturalmente, lo Stato italiano ha emanato queste disposizioni in esecuzione di accordi internazionali (Convenzione dell'Aja 18 ottobre 1907), al fine di ottenere che disposizioni analoghe venissero emanate da altri Stati, rivolte queste ai cittadini italiani, da considerare e da trattare come legittimi belligeranti. Ma ciò non importa che le dette norme della legge italiana possano essere applicate contro gli italiani. Poiché nella specie gli attentatori erano appunto tali e l'atto era diretto contro la Germania, in istato di guerra con l'Italia, la questione se gli autori dell'attentato fossero legittimi belligeranti si sarebbe potuta porre alla stregua delle leggi germaniche, nell'ipotesi in cui essi fossero stati catturati dalle forze nemiche, al fine di stabilire a quale trattamento avrebbero potuto essere sottoposti dalle autorità tedesche. E, se le leggi germaniche non fossero state conformi alle Convenzioni internazionali o non fossero state osservate, l'Italia avrebbe potuto lamentare la violazione degli obblighi internazionali e ricorrere alle relative sanzioni".
In altre parole: l'Italia aveva recepito la Convenzione dell'Aia nell'ordinamento interno con gli artt. 25 e 27 della legge di guerra, in virtù dei quali "la qualificazione dell'attentato di via Rasella come atto legittimo di guerra non può essere compiuta". Convenzione ---> norme interne di recepimento ---> mancata legittimazione. Tuttavia, l'Italia non può applicare queste norme "contro gli italiani". In altre parole l'Italia non può applicare tali norme contro sé stessa.
E' interessante notare che la sentenza Priebke del 1996 che ho linkato su (presumibilmente scritta con le precedenti sentenze a portata di mano) ripropone lo stesso concetto, ma senza incorrere nell'infelice formulazione della sentenza del 1957: "E neanche dal punto di vista internazionale era contestabile la sua effettuabilità giacché Roma non poteva giuridicamente considerarsi "città aperta" e quindi munita di uno status vincolante per alcuni o tutti i belligeranti". Quello che dal punto di vista internazionale non era contestabile - considerando lo status di Roma - era appunto l'"effettuabilità", non certo la "legittimità" (esclusa a monte dal mancato possesso dei requisiti). Il venir meno della tesi per cui Roma sarebbe stata città aperta non sana la mancanza dei requisiti di legittimità in capo ai gappisti. In altre parole: sul piano del diritto internazionale l'attentato non era illegittimo perché Roma non era città aperta (ma lo era comunque perché i gappisti non erano legittimi belligeranti ex Convenzione del 1907: logicamente la qualificazione dei gappisti precede quella della città).
Il passaggio "l'eventuale illegittimità dell'attentato sotto il profilo internazionale non ne importerebbe necessariamente l'illegittimità secondo l'ordinamento interno. E nel sistema legislativo italiano quell'atto è stato considerato certamente legittimo" conferma che i piani erano appunto due e che in quel caso si trattava di giudicare sul piano interno. Se non vogliamo considerarare Priebke 1996, in quanto annullata, l'ultima sentenza a qualificare l'attentato sul piano del diritto internazionale, vale a dire sulla base della Convenzione dell'Aia del 1907, è stata Kappler 1952, che - con tutti i "non" al posto giusto - lo qualifica atto illegittimo.--Demiurgo (msg) 16:06, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Peraltro, se nel 1957 la Corte avesse voluto pronunciarsi sulla legittimità internazionale dell'attentato non avrebbe parlato di "eventuale illegittimità dell'attentato sotto il profilo internazionale" distinguendo i due piani. Non avrebbe parlato di "eventuale illegittimità" ma direttamente di legittimità, laddove "eventuale" sta a significare che la questione è estranea al thema decidendum (legittimità nel diritto interno: il processo civile è relativo a rapporti tra cittadini italiani: italiani gli attori, italiani i convenuti, italiano l'ordinamento). Quando si è trattato di processi aventi ad oggetto rapporti internazionali tra Stati - Mackensen-Malzer 1946, Kesselring 1947, Kappler 1948 e 1952, Priebke 1996 (se vogliamo considerarla) - la qualificazione di via Rasella sul piano internazionale è sempre stata la stessa: no requisiti, no legittimità. Riconosco che forse si è ecceduto con il formalismo, complice anche l'habitus dei giudici militari, ma tant'è.--Demiurgo (msg) 16:28, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Tu hai scritto quanto segue: "Nessun tribunale militare chiamato a pronunciarsi sul caso ha mai affermato che, poiché era impossibile chiedere ai gappisti il possesso di detti requisiti, il regolamento andava disapplicato e l'attentato considerato legittimo. Lo ha fatto una parte della dottrina (per es. Ettore Gallo), ma non mi risulta nessuna pronuncia giurisprudenziale in tal senso".
La sentenza della Cassazione fa riferimento in primis a una precedente sentenza (il cui testo non ho trovato, e non si trova nemmeno qui) 14 gennaio-15 maggio 1954 (immagino che la prima data sia quella della lettura, la seconda quella della pubblicazione) che afferma (ripeto: stante quanto dice la Cassazione) che "la illiceità del fatto non poteva essere determinata con riferimento al principio generale del neminem laedere, né secondo i criteri della legge penale comune, né in relazione alle norme e agli usi di diritto internazionale" (sottolineatura mia). Ora: questo a me pare proprio essere il contrario di quel che tu hai scritto, e cioè: esiste una pronuncia giurisprudenziale di un tribunale (non militare, in realtà) che afferma che l'attentato fu legittimo, anche sotto il profilo del diritto internazionale.
Sempre la sentenza della Cassazione, afferma (ancora con riferimento alla precedente sentenza del 1954) che "Ora l'art. 35 del R. D. n. 1415 del 1938 e l'art. 175 del codice penale militare di guerra considerano lecito l'uso della violenza in guerra, purché sia contenuto nei limiti in cui è giustificato dalle necessità militari e non sia contrario all'onore militare, e proibiscono di usare violenza proditoria al nemico, o di usare mezzi, o modi di guerra vietati dalla legge, o dalle convenzioni internazionali, o comunque contrari all'onore militare. L'attentato in oggetto non poteva essere contrario a queste norme (...)" (sottolineature mie).
Mi sembra quindi ribadito ancora una volta il concetto: una corte in Italia nel 1954 affermò la liceità dell'attentato alla luce del diritto internazionale.
Riguardo al passaggio della Cassazione, da te collegato col capoverso successivo - cioè mettendolo in connessione con la dichiarazione che Roma era città aperta - non vedo il nesso logico e giuridico. Ma approfondirò.
La sentenza del 1954 ce l'hai?--Presbite (msg) 16:36, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
La sentenza della Corte d'appello civile del 1954 non risulta pubblicata. Esiste un Fondo Bentivegna sul sito del Senato. Per un breve periodo è stato possibile visualizzare tutte le copie delle sentenze in possesso di Bentivegna: se non ricordo male, c'era anche quella del 1954 ma non scaricai le immagini (anche perché se non ricordo male non erano possibili né il download né il copia-incolla). Sfortutamente, non è più possibile visualizzarle a causa di lavori di manutenzione. Ribadisco comunque che se i requisiti propri dei belligeranti legittimi non ci sono (e in questo caso palesemente non ci sono), nessun giudice può inventarseli. Quando i tribunali militari hanno dovuto qualificare la rappresaglia, hanno dovuto qualificare prima l'attentato, e l'hanno sempre qualificato come 1) illegittimo 2) imputabile all'Italia (dunque i tedeschi sono stati giudicati titolati alla rappresaglia). L'eccezione è rappresentata da Kappler 1952 che sul punto si è pronunciata conformemente alla tesi Ago-Capotorti, vale a dire così: l'attentato era 1) illegittimo 2) non imputabile all'Italia (dunque i tedeschi non erano titolati alla rappresaglia contro prigionieri italiani). Priebke 1996 ha ripreso sul punto Kappler 1948. Priebke 1997 e 1998 sorvolano sul punto. Questa è la panoramica delle pronunce della magistratura militare.--Demiurgo (msg) 17:05, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]

(rientro) Guarda, Dem: io ho riflettuto sul capoverso della Cassazione, ma giungo a conclusioni del tutto diverse dalle tue.
Quando viene detto "Deve aggiungersi poi che neanche dal punto di vista internazionale è contestabile la legittimità dell'attentato in oggetto. In vero, la dichiarazione che Roma era città aperta fu fatta dal governo italiano prima dell'armistizio, e precisamente il 31 luglio 1943, agli anglo-americani e non fu mai accettata da costoro. Da questa mancata accettazione consegue che la dichiarazione suddetta non poteva far sorgere un obbligo internazionale del governo italiano verso gli anglo-americani", che significa tutto ciò?
Per me significa de plano quanto segue: quando tu dichiari una città "aperta" significa che ritieni la città "ceduta", e ti impegni ad astenerti dai combattimenti in essa o per la difesa della stessa. La Cassazione ci dice: l'Italia prima dell'armistizio aveva dichiarato la città "aperta", ma tale dichiarazione non era stata accettata dagli angloamericani. Di conseguenza, era decaduto l'obbligo per l'Italia di astenersi dal combattere dentro la città o a difesa della stessa. Ergo: l'attentato di via Rasella non violò la dichiarazione di "Roma città aperta", in quanto questa si diede per decaduta. Di conseguenza, è un legittimo atto di guerra. Non vedo nessun collegamento né logico né giuridico con la questione dei "legittimi combattenti" con comando unificato, segni distintivi ecc. ecc.
Ma l'affermazione "neanche dal punto di vista internazionale è contestabile la legittimità dell'attentato in oggetto" a me pare assolutamente perentoria.
In cosa sbaglio?--Presbite (msg) 17:12, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]

Vedo qua (p. 328 in nota) che la sentenza del 1954 è stata pubblicata in "Foro Italiano".--Presbite (msg) 17:16, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Scusami, ma io alla nota 26 leggo che "Foro Italiano" ha pubblicato quella del 1950.--Demiurgo (msg) 17:21, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Nota 28, p. 328.--Presbite (msg) 17:23, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
C'è un errore: alle pp. 1398 ss. del "Foro Italiano" citate in nota si trova la sentenza della Cassazione del 1957.--Presbite (msg) 17:34, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
(confl.) "In Foro It., 1957, I, 1398 ss." è relativo solo alla sentenza del 1957. Posso confermarlo perché ho davanti a me la p. 1398 e prima della sentenza del 1957 su via Rasella c'è una sentenza che parla di tutt'altro. Possiedo anche le foto di Giurisprudenza italiana: anche qui c'è solo la sentenza del 1957. Nello scritto di Zeno-Zencovich del 2008 che trovi citato qui (il link al pdf non funziona più), a p. 39 si legge "v. Trib. Roma, 9.6.1950, ivi, 1950, I, 926, confermata da App. Roma, 15.5.1954, ined., ...".
Quel passo a mio avviso significa che lo status di Roma, non essendo effettivamente quello di città aperta, non determina l'illegittimità internazionale dell'attentato. Ciò non toglie che l'illegittimità internazionale dell'attentato può discendere da un altro elemento fattuale, inconfutabile e logicamente preordinato: il mancato possesso da parte dei gappisti dei requisiti ex Convenzione dell'Aia. La sentenza del 1950 è lapidaria sul punto: "se l'azione partigiana dovesse essere valutata alla stregua del diritto bellico internazionale, non potrebbe non essere considerata illecita, perché contraria alla Convenzione dell'Aja del 18 ottobre 1907, che fissa nei termini di cui sopra i requisiti per il riconoscimento della qualifica di legittimo belligerante". Ora bisognerebbe trovare la sentenza del 1954 e vedere se sostiene l'inapplicabilità della Convenzione per inesigibilità del possesso dei requisiti a causa delle circostanze concrete.--Demiurgo (msg) 17:51, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]
Ok. Ho letto tutta la sentenza (sono abbonato a Jstor: c'è tutta una prima parte non inserita in wikiquote perché non attinente, ma è anch'essa interessante per varie considerazioni), ed effettivamente non è come credevo io. Nel senso che in questo caso la Cassazione si muove sempre sulla lama del rasoio (in nota 3/4 a p. 1400 - quindi credo extra sententiam - si scrive che "Le formazioni partigiane vanno equiparate a tutti gli effetti alle Forze Armate dello Stato Italiano" e si cita in merito una sentenza del Tribunale di Pinerolo), ma non afferma mai che l'attentato di via Rasella fosse legittimo *dal punto di vista del diritto internazionale*, anche se verso la fine dichiara "l'inconsistenza delle censure dei ricorrenti in ordine alla mancanza negli attentatori di segni distintivi di legittimi belligeranti", e quindi lascia aperta la questione su quale delle caratteristiche previste dalla Convenzione di Ginevra non fosse rispettata a marzo del 1944. Cito espressamente il mese, giacché nella sentenza del Tribunale Militare 631/1948 si afferma che "si può senz'altro affermare che l'attentato di Via Rasella, qualunque sia la sua materialità, è un atto illegittimo di guerra per essere stato compiuto da appartenenti ad un corpo di volontari il quale, nel marzo 1944, non rispondeva ad alcuno degli accennati requisiti". Quindi si lega questa mancanza dei requisiti al "periodo" in cui l'attentato è stato compiuto, lasciando intendere che in un periodo successivo (quando?) questi requisiti ci furono. La Cassazione invece afferma invece che almeno uno di questi requisiti in realtà pare esserci, o - per meglio dire - dice che è inconsistente appellarsi alla loro mancanza. A questo punto però vorrei vedere la sentenza del 1954, prima di finire il ragionamento dal punto di vista delle varie sentenze delle molteplici corti.--Presbite (msg) 18:27, 4 ago 2019 (CEST)[rispondi]