Ditionato di sodio
Ditionato di sodio | |
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Nome IUPAC | |
ditionato di sodio | |
Nomi alternativi | |
metabisolfato di sodio iposolfato di sodio | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | Na2S2O6 |
Massa molecolare (u) | 206,11 |
Aspetto | polvere cristallina bianca |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 231-550-1 |
PubChem | 146045 e 59054737 |
SMILES | [O-]S(=O)(=O)S(=O)(=O)[O-].[Na+].[Na+] |
Indicazioni di sicurezza | |
Frasi R | - |
Frasi S | - |
Il ditionato di sodio Na2S2O6 è un composto importante in chimica inorganica. È noto anche con altri nomi quali iposolfato di sodio e metabisolfato di sodio.
Preparazione
[modifica | modifica wikitesto]Si può produrre con le seguenti reazioni chimiche di ossido-riduzione:
2 NaHSO3 + MnO2 → Na2S2O6 + Mn(OH)2[1]
3 Cl2 + Na2S2O3·5H2O + 6 NaOH → Na2S2O6 + 6 NaCl + 8 H2O[senza fonte]
Caratteristiche
[modifica | modifica wikitesto]Lo ione ditionato rappresenta lo zolfo ossidato relativamente allo zolfo elementare ma non totalmente ossidato. Lo zolfo può essere ridotto a solfuro o totalmente ossidato in solfato con stati di ossidazione intermedi in parti inorganiche, esattamente come in composti organo-solforici. Esempi di ioni inorganici sono il solfito e il tiosolfato.
Il ditionato di sodio è un composto molto stabile che non è ossidato dal permanganato, dal dicromato o dal bromo. Si può ossidare in solfato in condizioni estremamente ossidanti come per esempio facendolo bollire per un'ora in 5 M di acido solforico con un eccesso di dicromato di potassio o trattandolo con un eccesso di perossido di idrogeno quindi facendolo bollire con acido cloridrico concentrato. Il mutamento in energia libera di Gibbs per l'ossidazione equivale a circa −300 kJ/mol.[senza fonte] Non si dovrebbe confondere con il ditionito di sodio, Na2S2O4, che è un composto molto diverso e che è un potente agente riduttore largamente usato in chimica e biochimica. Sono frequenti le confusioni tra ditionato e ditionito, anche nei cataloghi delle case produttrici.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ W. G. Palmer, Experimental Inorganic Chemistry, CUP Archive, 1954, pp. 361–365, ISBN 0-521-05902-X.