Tina Modotti: differenze tra le versioni

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== Fotografa ==
== Fotografa ==
Tina Modotti è una delle poche donne dell'epoca apprezzata per una capacità in un'attività in cui fino ad allora si erano contraddistinti soprattutto uomini: fotografia e fotoreportage. La sua esperienza nel campo fotografico è galoppante, dopo la frequentazione del fotografo [[Edward Weston]] da cui apprende le basi della fotografia, è la Modotti stessa a sviluppare ben presto un suo proprio stile utilizzando la fotografia «come strumento di indagine e denuncia sociale», foto esteticamente equilibrate in cui era prevalente una ideologia ben definita: «esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto (mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello,...)»<ref>{{cita web|url=http://www.comitatotinamodotti.it/tina.htm|titolo=Tina Modotti, Arte Vita Libertà|accesso=5 novembre 20111}}</ref>. Nei reportage, in quella che altri fotografi definirono "fotografia di strada" la Modotti aveva idee ben precise, infatti cercò mai effetti "speciali", a suo avviso la fotografia lungi dall'essere "artistica" doveva denunciare "senza trucchi" la realtà nuda e cruda in cui gli "effetti" e le "manipolazioni" dovevano essere banditi.
Tina Modotti è una delle poche donne dell'epoca apprezzata per una capacità in un'attività in cui fino ad allora si erano contraddistinti soprattutto uomini: fotografia e fotoreportage. La sua esperienza nel campo fotografico è galoppante, dopo la frequentazione del fotografo [[Edward Weston]] da cui apprende le basi della fotografia, è la Modotti stessa a sviluppare ben presto un suo proprio stile utilizzando la fotografia «come strumento di indagine e denuncia sociale», foto esteticamente equilibrate in cui era prevalente una ideologia ben definita: «esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto (mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello,...)»<ref>{{cita web|url=http://www.comitatotinamodotti.it/tina.htm|titolo=Tina Modotti, Arte Vita Libertà|accesso=5 novembre 2011}}</ref>. Nei reportage, in quella che altri fotografi definirono "fotografia di strada" la Modotti aveva idee ben precise, infatti cercò mai effetti "speciali", a suo avviso la fotografia lungi dall'essere "artistica" doveva denunciare "senza trucchi" la realtà nuda e cruda in cui gli "effetti" e le "manipolazioni" dovevano essere banditi.
D'altronde fu la Modotti stessa a più riprese a definire il proposito che si proponeva di raggiungere con la sua fotografia come fa notare il fotografo Pino Bertelli riportando due suoi giudizi: Nel [[1926]] asserì: «''[...] Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore''»<ref name="pinobertelli.it">{{cita web|url=http://pinobertelli.it/tina-modotti-la-fotografia-al-tempo-dellamore-3/|titolo=Tina Modotti. La fotografia al tempo dell'amore|accesso=5 novembre 20111}}</ref>. Definendo precisamente il suo punto di vista, la Modotti nel [[1929]] spiegò «''Sempre, quando le parole "arte" o "artistico" vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell'effetto "artistico", imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica''»<ref name="pinobertelli.it"/>.
D'altronde fu la Modotti stessa a più riprese a definire il proposito che si proponeva di raggiungere con la sua fotografia come fa notare il fotografo Pino Bertelli riportando due suoi giudizi: Nel [[1926]] asserì: «''[...] Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore''»<ref name="pinobertelli.it">{{cita web|url=http://pinobertelli.it/tina-modotti-la-fotografia-al-tempo-dellamore-3/|titolo=Tina Modotti. La fotografia al tempo dell'amore|accesso=5 novembre 2011}}</ref>. Definendo precisamente il suo punto di vista, la Modotti nel [[1929]] spiegò «''Sempre, quando le parole "arte" o "artistico" vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell'effetto "artistico", imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica''»<ref name="pinobertelli.it"/>.

== Critica ==
== Critica ==
La [[Biblioteca del Congresso]] (Library of Congress), la biblioteca nazionale degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] a [[Washington]] in una scheda di Beverly W. Brannan della ''Prints & Photographs Division'' definisce Tina Modotti come una "''riconosciuta maestra della prima fotografia del XX secolo''"<ref name="https"/><ref name="telegraph.co.uk">{{cita web|url=http://www.telegraph.co.uk/culture/photography/10104447/Tina-Modotti-An-amazing-life-in-photography.html|titolo=Tina Modotti: An amazing life in photography|accesso=5 novembre 2016}}</ref>.
La [[Biblioteca del Congresso]] (Library of Congress), la biblioteca nazionale degli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] a [[Washington]] in una scheda di Beverly W. Brannan della ''Prints & Photographs Division'' definisce Tina Modotti come una "''riconosciuta maestra della prima fotografia del XX secolo''"<ref name="https"/><ref name="telegraph.co.uk">{{cita web|url=http://www.telegraph.co.uk/culture/photography/10104447/Tina-Modotti-An-amazing-life-in-photography.html|titolo=Tina Modotti: An amazing life in photography|accesso=5 novembre 2016}}</ref>.

Versione delle 02:45, 3 ott 2017

«Ogni volta che si usano le parole "arte" o "artista" in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro.»

Tina Modotti in una foto di Edward Weston nel 1921

Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, abbreviata in Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896Città del Messico, 5 gennaio 1942), è stata una fotografa, attivista e attrice italiana. È considerata una delle più grandi fotografe dell'inizio del XX secolo,[2][3] nonché una figura importante e controversa del comunismo e della fotografia mondiale.[4] Opere della produzione fotografica della Modotti sono conservate nei più importanti istituti e musei del mondo, fra i quali l'International Museum of Photography and Film at George Eastman House[5] di Rochester (New York), il più antico museo del mondo dedicato alla fotografia e la Biblioteca del Congresso (Library of Congress), la biblioteca nazionale degli Stati Uniti a Washington[6][7].

Biografia

Infanzia

Tina Modotti nacque ad Udine, nel quartiere di Borgo Pracchiuso, il 16 agosto del 1896 (la data è però registrata il 17 agosto)[1] da una famiglia operaia, aderente al socialismo di fine Ottocento. Il padre, Giuseppe Modotti, era un meccanico e carpentiere, mentre la madre, Assunta Mondini Saltarini era una casalinga e cucitrice.[1] Venne battezzata il 27 gennaio 1897 e fu suo padrino un anarchico socialista di professione calzolaio, Demetrio Canal.[1] La sua casa era un'abitazione fatiscente di due piani in via Pracchiuso numero 113.[1]

Tina ha solo due anni quando la sua famiglia, per ragioni economiche, si trova costretta ad emigrare in Austria. Lì nacquero gli altri quattro fratelli: Valentina detta Gioconda, Jolanda Luisa, Pasquale Benvenuto ed Ernesto che morì a soli tre anni di meningite (non venne più menzionato all'interno della famiglia).[1] Nel 1905, ritornano ad Udine, dove Tina frequenta con profitto le prime classi della scuola elementare. A dodici anni lavorò come operaia nella fabbrica tessile Raiser alla periferia della città per contribuire al mantenimento della numerosa famiglia, essendo il padre emigrato in America in cerca di lavoro.[1] Lo zio paterno Pietro Modotti ha uno studio fotografico[8] e qui Tina apprende, frequentandolo, le sue prime nozioni di fotografia.

L'emigrazione in America

Nel giugno del 1913 lasciò l'Italia, nonché l'impiego che ricopriva presso la "Fabbrica Premiata Velluti, Damaschi e Seterie Domenico Raiser", per raggiungere il padre, emigrato negli Stati Uniti, a San Francisco, dove, in breve tempo, trova lavoro presso una fabbrica tessile. In quel periodo, si dedicò anche al teatro amatoriale, recitando opere di D'Annunzio, Goldoni e Pirandello.

Nel 1918 si sposò con il pittore Roubaix de l'Abrie Richey, soprannominato "Robo". I due si trasferirono a Los Angeles per poter perseguire una carriera nel mondo del cinema.

La Modotti in una scena del film muto The Tiger's Coat

L'esordio della Modotti è del 1920, con il film The Tiger's Coat, il primo dei tre film da lei interpretati per il quale ricevette l'acclamazione del pubblico e della critica, anche in virtù del suo "fascino esotico". Ma "il modo in cui il suo corpo e il suo viso erano stati lanciati sul mercato indusse Tina a mettere fine alla breve avventura hollywoodiana"[9] Grazie al marito, conobbe il fotografo Edward Weston e la sua assistente Margrethe Mather. Nel giro di un anno, la Modotti divenne la sua modella preferita e, nell'ottobre del 1921, anche sua amante. Quello stesso anno, il marito Robo, scoperta l'infedeltà della moglie, scappò in Messico, seguito a breve dalla Modotti che, però, giunse a Città del Messico troppo tardi, in quanto egli era morto da ormai due giorni, a causa del vaiolo (9 febbraio 1922). In Messico, vi ritornerà nel 1923, assieme a Weston ed uno dei suoi quattro figli, lasciandosi indietro il resto della sua famiglia.

L'esperienza messicana

Una foto realizzata dalla Modotti nel 1929: "Le mani del burattinaio", Città del Messico, oggi conservata al Minneapolis Institute of Art negli USA

Modotti e Weston entrarono rapidamente in contatto con i circoli bohèmien della capitale, ed usarono questi nuovi legami per creare ed espandere il loro mercato dei ritratti.

Inoltre, la Modotti ebbe modo di conoscere diversi esponenti dell'ala radicale del comunismo, tra cui i tre funzionari del Partito Comunista Messicano, con cui ebbe tra l'altro delle relazioni sentimentali, Xavier Guerrero, Julio Antonio Mella e Vittorio Vidali. Fu amica, e probabilmente anche amante, della pittrice Frida Kahlo, militante comunista e femminista nel Messico degli anni venti.[10] Il 1927 è l'anno dell'iscrizione al PCM e l'inizio della fase più intensa del suo attivismo politico. In quel periodo, inizia la sua attività fotografica. Si pensa che Modotti sia stata introdotta alla fotografia quando era ancora in Italia, dove suo zio Pietro gestiva uno studio fotografico. Anni dopo, negli Stati Uniti, suo padre aprì uno studio simile a San Francisco, accrescendo il suo interesse per questa forma d'arte. Comunque fu la sua relazione con Weston che le permise di praticare e migliorare le sue capacità, fino a divenire un'artista di fama internazionale. Il fotografo messicano Manuel Alvares Bravo suddivise la carriera della Modotti in due periodi: quello romantico e quello rivoluzionario. Il primo include il periodo trascorso con Weston come assistente in camera oscura, poi come contabile e infine come assistente creativo. Insieme aprirono uno studio di ritrattistica a Città del Messico e ricevettero l'incarico di viaggiare per il Messico per fare fotografie da pubblicare nel libro Idols Behind Altars, di Anita Brenner. In questo periodo venne scelta come "fotografa ufficiale" del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Molte delle foto dedicate ai fiori sono state scattate in quel periodo.

Nel dicembre del 1929 una sua mostra venne pubblicizzata come "La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico": fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo, fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l'espulsione dal Messico e, a parte poche eccezioni, non scattò più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.

Il lavoro per il Comintern

Esiliata dalla sua patria adottiva, per un periodo la Modotti viaggiò in giro per l'Europa per poi stabilirsi a Mosca, in Russia, dove si unì alla polizia segreta sovietica, che la utilizzò per varie missioni in Francia ed Europa orientale, probabilmente a sostegno della "Rivoluzione Mondiale" che aveva in mente. Ufficialmente dal dicembre 1930 operava per il Soccorso Rosso Internazionale. Dall'ottobre 1935 è in Spagna. Quando scoppiò la Guerra civile spagnola nel luglio 1936, lei e Vittorio Vidali, sotto i nomi di battaglia di Maria e Comandante Carlos, si unirono alle Brigate Internazionali, rimanendo nella penisola iberica fino al 1939. Lavorò con il celebre medico canadese Norman Bethune (che inventò le unità mobili per le trasfusioni) durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, la Modotti lasciò la Spagna con Vidali per tornare in Messico sotto falso nome. Secondo alcuni storici, la fotografa fu implicata, assieme al suo amante Vittorio Vidali (alias Carlos Contreros), nell'assassinio di Lev Trockij.

La morte

Tina Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio del 1942, secondo alcuni in circostanze sospette. Dopo aver avuto la notizia della sua morte, Diego Rivera affermò che fosse stata assassinata, e che Vidali stesso fosse stato l'autore dell'omicidio. Tina poteva "sapere troppo" delle attività di Vidali in Spagna durante la guerra civile, incluse le voci riguardanti più di 400 esecuzioni. Più probabilmente, quella notte Tina, dopo aver cenato con amici in casa dell'architetto svizzero Hannes Meyer[11], fu colpita da un infarto, e morì nel taxi che la stava riportando a casa. La sua tomba è nel grande Panteón de Dolores a Città del Messico. Il poeta Pablo Neruda, indignato dalle accuse fatte a Vittorio Vidali, compose il suo epitaffio in cui è indicato anche lo sciacallaggio riferibile a quelle infamie; di questo componimento una parte può essere trovata sulla lapide della Modotti, che include anche un suo ritratto in bassorilievo fatto dall'incisore Leopoldo Méndez:

«Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.

Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.

Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l'anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.

Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino,
nella mia patria di neve perché alla tua purezza
non arrivi l'assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
laggiù starai in pace.

Lo senti quel passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grandioso che viene dalla steppa, dal Don, dal freddo?
Lo senti quel passo fiero di soldato sulla neve?
Sorella, sono i tuoi passi.

Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d'una volta, domani,
là dove sta bruciando il tuo silenzio.

Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.

Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.

Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché il fuoco non muore.»

Fotografa

Tina Modotti è una delle poche donne dell'epoca apprezzata per una capacità in un'attività in cui fino ad allora si erano contraddistinti soprattutto uomini: fotografia e fotoreportage. La sua esperienza nel campo fotografico è galoppante, dopo la frequentazione del fotografo Edward Weston da cui apprende le basi della fotografia, è la Modotti stessa a sviluppare ben presto un suo proprio stile utilizzando la fotografia «come strumento di indagine e denuncia sociale», foto esteticamente equilibrate in cui era prevalente una ideologia ben definita: «esaltazione dei simboli del lavoro, del popolo e del suo riscatto (mani di operai, manifestazioni politiche e sindacali, falce e martello,...)»[12]. Nei reportage, in quella che altri fotografi definirono "fotografia di strada" la Modotti aveva idee ben precise, infatti cercò mai effetti "speciali", a suo avviso la fotografia lungi dall'essere "artistica" doveva denunciare "senza trucchi" la realtà nuda e cruda in cui gli "effetti" e le "manipolazioni" dovevano essere banditi. D'altronde fu la Modotti stessa a più riprese a definire il proposito che si proponeva di raggiungere con la sua fotografia come fa notare il fotografo Pino Bertelli riportando due suoi giudizi: Nel 1926 asserì: «[...] Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore»[13]. Definendo precisamente il suo punto di vista, la Modotti nel 1929 spiegò «Sempre, quando le parole "arte" o "artistico" vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente che io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell'effetto "artistico", imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica»[13].

Critica

La Biblioteca del Congresso (Library of Congress), la biblioteca nazionale degli Stati Uniti a Washington in una scheda di Beverly W. Brannan della Prints & Photographs Division definisce Tina Modotti come una "riconosciuta maestra della prima fotografia del XX secolo"[7][14].

Brannan esalta la "raffinata arte" della Modotti, anche come fotoreporter (alcune sue fotografie apparirono sul giornale del partito comunista messicano El Machéte), tanto da conservare un lotto di sue fotografie ovvero quelle che documentano le attività di quel partito nel 1929,[15] oltre che foto su altri temi[6]. Opere della produzione fotografica della Modotti sono anche custodite presso l'International Museum of Photography and Film at George Eastman House[5] di Rochester (New York) oltre che in altri importanti musei del mondo. D'altronde il britannico The Daily Telegraph annunciando una mostra della fotografa alla Royal Academy of Arts di Londra definì la Modotti come «uno dei più brillanti fotografi del XX secolo» con una storia ed una eredità straordinarie[14]

La casa natale a Udine

La casa natale con le parole di Tina Modotti sul fronte dell'abitazione al civico 89 di via Pracchiuso a Udine. Si noti il bassorilievo («composto da diversi strati di intonaci»[16])

Nel 2005 la Caritas della Diocesi di Udine interpella l'artista Franco Del Zotto Odorico per la creazione di un segno identificativo sulla facciata del nuovo ricovero notturno per senzatetto di via Pracchiuso 89, ex casa natale di Tina Modotti.
L'intervento artistico in nome della celebre fotografa diventava necessario al fine di dare una forma di consapevolezza storica ad un luogo che sebbene rifunzionalizzato tratteneva una memoria storica di notevole importanza. L'opera si è totalmente integrata alla struttura: la facciata ha assunto la forma di un grande foglio dattiloscritto su cui si susseguono pezzi della vita della Modotti, incisi sotto forma di bassorilievo. Prende corpo lungo tutta la facciata un racconto didascalico, in cui Tina stessa e le persone coinvolte nella sua stessa vita "battono a macchina" su un supporto murale un flusso continuo di parole. Per sottolineare certi passaggi nel testo ritenuti più rilevanti, è inoltre stata alterata la scrittura stessa, capovolgendo le lettere: operazione che rende più difficile la lettura, meno immediata, ma allo stesso tempo attira l'attenzione dello spettatore, creando “un testo dentro il testo”. Il bassorilievo presenta testi in più lingue (italiano, inglese, spagnolo, friulano) per testimoniare la grande trasversalità culturale delle Modotti.

Il murale sulla facciata della casa natale di Tina Modotti nel 2014, opera realizzata dagli artisti Vera Fedrigo e Franco Dal Zotto vince il premio internazionale Le Geste d'Or, Le Trophee du Grand Prix per la categoria Prix Innovation nel 2014[17]. La premiazione è avvenuta sabato 8 novembre durante il Salone internazionale del patrimonio culturale (Le Salon international du Patrimoine Culturel) organizzato presso il Carrousel du Louvre[18].

Opere dedicate

Nel 1984 Laura Mulvey e Peter Wollen hanno realizzato il documentario "Frida Kahlo & Tina Modotti".

A Tina Modotti sono dedicate una canzone di Massimo Bubola contenuta nell'album Diavoli e farfalle, una composta da Cisco tratta dall'album La lunga notte, una di Tosca nell'album Sto bene al mondo. Pino Cacucci ha scritto una biografia, Tina, in cui racconta la vita e l'arte di Tina Modotti. Anche il gruppo punk dei Fugazi nell'album End Hits del 1997 dedica una canzone a Tina con il titolo di Recap Modotti. Il pianista Remo Anzovino nel suo album d'esordio "Dispari" (2006) ha dedicato a Tina Modotti il brano ¡Que viva Tina!.

Negli anni novanta il teatro XX secolo di Roma espone una raccolta di disegni di Silvio Benedetto su Tina Modotti, presentata da Claude Moliterni, Sombras. Sempre negli anni '90 il compositore Andrea Centazzo scrive l'opera multimediale TINA ispirato alla sua biografia. Protagonista Ottavia Piccolo. Nel 1999 e nel 2000 l'autrice ed attrice Luisa Vermiglio porta in scena rispettivamente Con la Voce Negli Occhi - Viaggio intimo sulle tracce di Tina Modotti e Accanto a Tina/Cerca de Tina, entrambi prodotti dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, con le musiche originali di Alessandro Montello. Nel 2003 il fumettista italiano Paolo Cossi pubblica un libro a fumetti interamente dedicato alla vita della fotografa friulana: trattasi infatti di Tina Modotti, edito da Biblioteca dell'immagine.

Il sassofonista jazz Francesco Bearzatti ha dedicato alla fotografa un intero album, Suite for Tina Modotti, registrato con un'apposita formazione chiamata Tinissima Quartet. Il compositore friulano Jaio Furlanâr le ha dedicato una canzone in friulano. Il fumettista messicano Angel de la Calle ha dedicato a Tina Modotti il romanzo a fumetti Modotti, edito in due volumi da 001 Edizioni. Un film intitolato Que viva Tina realizzato da Silvano Cattano nel 1997. Nel 2012 debutta lo spettacolo Della Passione di Tina, un monologo teatrale ideato e interpretato da Marika Tesser, dal quale Marcello F. Dalla Pietà ha liberamente tratto il video TINA con musiche di Dmitrij Šostakovič[19]. Nel 2013 durante la 26ª edizione di Sorrivol dei Burattini! il Grupo Saltimbanqui con Pierpaolo Di Giusto hanno presentato Corrido per Tina Modotti, breve storia di Tina Modotti per marionette e fisarmonica.

Nel 2013 il duo francese Catherine Vincent ha registrato un disco Tina dedicato a Tina Modotti. Canzone in francese, in italiano, spagnolo e in inglese, una poesia scritta dalla stessa Tina! Il duo ha anche realizzato un accompagnamento musicale per l'unico film che rimane del periodo in che Tina faceva l'attrice a Hollywood, "The tiger's coat" (1920) di Roy Clements, restaurato dalla Cineteca del Friuli.

Filmografia

Mostre

Note

  1. ^ a b c d e f g h Pino Cacucci, Tina, Feltrinelli Editore, ISBN 9788807940408. URL consultato il 14 marzo 2017.
  2. ^ (EN) Mildred Constantine, Tina Modotti: a fragile life, Chronicle Books, 1º agosto 1993, ISBN 9780811805025. URL consultato il 14 marzo 2017.
  3. ^ Elisa Paltrinieri, Tina Modotti: fotografa irregolare, Selene, 1º gennaio 2004, ISBN 9788886267823. URL consultato il 14 marzo 2017.
  4. ^ Pino Bertelli, Tina Modotti: sulla fotografia sovversiva dalla poetica della rivolta all'etica dell'utopia, NdA Press, 1º gennaio 2008, ISBN 9788889035313. URL consultato il 14 marzo 2017.
  5. ^ a b Eastman Museum - Modotti, su collections.eastman.org. URL consultato il 1º novembre 2016.
  6. ^ a b Galleria delle foto di Tina Modotti, conservate alla Library of Congress, su loc.gov. URL consultato il 1º novembre 2016.
  7. ^ a b Tina Modotti (1896-1942) - Introduction & Biographical Essay, su loc.gov. URL consultato il 1º novembre 2016.
  8. ^ http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/tina-modotti/
  9. ^ Tina Modotti: verità e leggenda, su books.google.it, p. 46. URL consultato il 6 novembre 2016.
  10. ^ Vissi d'arte, vissi d'amore: gli amori saffici di Frida Kahlo, su malesoulmakeup.wordpress.com, 28 giugno 2012. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  11. ^ Hannes Meyer direttore della the Bauhaus a Dessau dal 1928 al 1930.
  12. ^ Tina Modotti, Arte Vita Libertà, su comitatotinamodotti.it. URL consultato il 5 novembre 2011.
  13. ^ a b Tina Modotti. La fotografia al tempo dell'amore, su pinobertelli.it. URL consultato il 5 novembre 2011.
  14. ^ a b Tina Modotti: An amazing life in photography, su telegraph.co.uk. URL consultato il 5 novembre 2016.
  15. ^ Galleria delle foto messicane di Tina Modotti, appartenente al Lotto 14040 della Library of Congress, su loc.gov. URL consultato il 1º novembre 2016.
  16. ^ Le parole di Tina Modotti sul fronte della casa natale di Udine, su ioarch.it. URL consultato il 31 ottobre 2016.
  17. ^ Il progetto Casa Natale di Tina Modotti vince il premio Le Geste d’Or per l’innovazione 2014, su roefix.it. URL consultato il 12 settembre 2017.
  18. ^ Umberto Alberini, Il Louvre premia il restauro nella casa di Tina Modotti, su messaggeroveneto.gelocal.it, 24 novembre 2014. URL consultato il 12 settembre 2017.
  19. ^ Tina, su vimeo.com, 14 dicembre 2012.
  20. ^ Tina Modotti: la nuova rosa. Arte, storia, nuova umanità, su udinecultura.it. URL consultato il 31 ottobre 2016.
  21. ^ Tina Modotti - Retrospettiva, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  22. ^ Tina Modotti - Retrospettiva, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  23. ^ Tina Modotti - Un nuovo sguardo, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  24. ^ FOTOGRAF(I)E, su exibart.com. URL consultato il 1° novembre 2016.
  25. ^ Tina Modotti - Un nuovo sguardo, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  26. ^ Tina Modotti. Fotografa, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  27. ^ Mexico: A Revolution in Art, 1910-1940, su claridges.co.uk. URL consultato il 5 novembre 2016.
  28. ^ Tina Modotti - Fotografa E Rivoluzionaria, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  29. ^ Fotógrafa y revolucionaria – Reapertura, su modotti.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  30. ^ Il fotografo fotografato. Fotografie, immagini, documenti dall’Ottocento ai nostri giorni, su exibart.com. URL consultato il 1º novembre 2016.
  31. ^ Pictures by Women: A History of Modern Photography, su moma.org. URL consultato il 5 novembre 2016.
  32. ^ Masterworks, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  33. ^ Tina Modotti - Tinissima. Fotografia e Rivoluzione, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  34. ^ 99 click+1. Fotografie. Storie di incanti, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  35. ^ Sguardi - La Fotografia del Novecento in Friuli e nella Venezia Giulia, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  36. ^ Tina Modotti - Sotto il cielo del Messico, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2016.
  37. ^ Sguardi - La Fotografia del Novecento in Friuli e nella Venezia Giulia, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.
  38. ^ Flower power, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.
  39. ^ Fotografie, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.
  40. ^ Americana, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.
  41. ^ Tina Modotti - Gli anni 1923-1930, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.
  42. ^ Tina Modotti - Arte Vita Libertà, su exibart.com. URL consultato il 6 novembre 2016.

Bibliografia

Bibliografia in italiano

  • Valentina Agostinis. Tina Modotti. Vita, arte e rivoluzione. Lettera a Edward Weston 1922-1931. Milano, Feltrinelli, 1992.
  • Elena Poniatowska. "Tinissima". Frassinelli, 1997
  • Vittorio Vidali. "Tina Modotti. Ritratto di donna". Arti Grafiche Friulane, 2002
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Bibliografia in altre lingue

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  • (EN) Patricia Albers, Tina Modotti and the Mexican Renaissance, Paris, Jean Michel Place Editeur, 2000, ISBN 978-28-58935-57-4.
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