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Versione delle 02:00, 3 feb 2016
Giacomo Attendolo | |
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Conte di Cotignola | |
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Nascita | Cotignola, 28 maggio 1369 |
Morte | Pescara, 4 gennaio 1424 |
Dinastia | Attendolo |
Padre | Giovanni Attendolo |
Madre | Elisa Petraccini |
Coniugi | Antonia Salimbeni Caterina Alopo Maria Marzani |
Giacomo Attendolo | |
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Soprannome | Muzio |
Nascita | Cotignola, 28 maggio 1369 |
Morte | Pescara, 4 gennaio 1424 |
Cause della morte | affogato |
Dati militari | |
Paese servito | Alberico da Barbiano, Perugia, Re di Napoli |
Forza armata | Mercenari |
Grado | Condottiero |
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Giacomo (o Jacopo) Attendolo (Cotignola, 28 maggio 1369 – Pescara, 4 gennaio 1424) è stato un condottiero e capitano di ventura italiano.
![](http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/f/fe/Cotignola-Stemma.png/120px-Cotignola-Stemma.png)
Soprannominato Muzzo o Muzio (da Giacomuzzo), detto poi Sforza, fu conte di Cotignola e capostipite della dinastia Sforza.
Vita
La famiglia del padre, Giovanni, era di un ramo di nobiltà secondaria dedito all'attività rurale e al "mestiere delle armi", o più probabilmente un mugnaio "principale di paese" della fazione ghibellina (e per questo dedita all'attività militare su piccola scala); la madre, Elisa Petraccini (talvolta scritto Petrascini), è descritta come donna dal carattere aspro. Si narra che una sera del 1382 il giovane Giacomo, mentre stava zappando un campo, vide passare dei soldati della compagnia di Boldrino da Panicale alla ricerca di nuove leve. Attratto dall'idea scagliò la zappa in alto, se essa fosse tornata a terra sarebbe rimasto se essa si fosse impiantata in un albero avrebbe seguito la compagnia. La zappa si impigliò in una quercia, Giacomo rubò un cavallo al padre e seguì i soldati.[1]
Inizia la carriera militare vera e propria nella compagnia di ventura di Alberico da Barbiano che gli diede il soprannome Sforza per via del suo rifiuto di scoraggiarsi e della capacità di rovesciare le situazioni a suo favore oppure semplicemente in riferimento al vigore fisico (si raccontava che fosse in grado di piegare un ferro di cavallo con la sola forza delle mani). Secondo altre fonti il soprannome derivò dalla "forza" con cui reclamava bottini maggiori di quanto gli spettasse.
Eterno rivale di Angelo Tartaglia, altro noto capitano di ventura, si ritrovarono spesso a combattere assieme e furono anche legati da vincoli di parentela (il figlio illegittimo di Sforza sposò la figlia di Tartaglia), ma la loro inimicizia fu perpetua. Nel 1398 entrò al servizio di Perugia minacciata dal ducato di Milano guidato da Gian Galeazzo Visconti, una volta sconfitta la città entrò al servizio del Visconti. In seguito combatté per Firenze e nel 1409 per Niccolò d'Este contro Ottobuono de' Terzi.
Al seguito del re Ladislao, in guerra contro il pontefice e Firenze, si fermò nel napoletano e alla morte del sovrano (6 agosto 1414) rimase al servizio dell'erede, Giovanna II. Si diresse a Napoli per guadagnare i favori della sovrana ma scatenò la gelosia di Pandolfo Piscopo detto Pandolfello Alopo, favorito di Giovanna II, che lo fece arrestare e imprigionare. Minacciato dalle truppe dello Sforza, Piscopo lo liberò dandogli in moglie la sorella Caterina e la signoria feudale di Benevento e Manfredonia.
Pochi mesi dopo la regina Giovanna, vedova del duca Guglielmo d'Austria, decise su consiglio della fazione opposta a Piscopo, di sposare Giacomo di Borbone a condizione che si accontentasse della carica di vicario generale. L'Attendolo ebbe un diverbio con uno dei sostenitori di Giacomo e fu imprigionato. Il 1º ottobre venne decapitato anche Piscopo e la regina, privata dei suoi alleati più vicini, si trovò messa da parte. Ben presto fu organizzato un complotto ai danni del dispotico Giacomo e la regina riprese il potere, l'Attendolo fu liberato il 6 novembre 1416 e riprese la sua carica di Conestabile e il suo posto a corte.
Nel 1417 il Papa chiese a Giovanna II l'invio di truppe per resistere a Braccio da Montone, Muzio Attendolo vi si recò insieme al figlio Francesco. Tornò in seguito per un breve periodo a Napoli osteggiato da Giovanni Caracciolo, nuovo favorito della regina, nel 1418 fu nominato gonfaloniere della Chiesa e assunse il comando delle truppe pontificie. Come tale, prese parte alla battaglia di Viterbo del 14 giugno 1419, durante la quale fu ferito dal condottiero Brandolino Conte Brandolini, un patrizio forlivese. Nel settembre successivo fu però lo Sforza ad avere la meglio, perché riuscì a catturare sia il Brandolini sia il Gattamelata, che gli era compagno, a Capitone: entrambi furono poi liberati a seguito di riscatto.
Il papa Martino V premeva affinché Giovanna adottasse un principe ereditario, il suo candidato era Luigi III d'Angiò, per sorreggere il pretendente angioino inviò Muzio Attendolo a Perugia per sconfiggere Braccio da Montone. Giovanna nominò però suo successore il sovrano di Aragona, Alfonso V.
In seguito all'ostilità da parte del Caracciolo la regina ruppe l'accordo con Alfonso che tentò di imprigionarla. L'Attendolo la condusse in salvo al castello di Acerra e Alfonso ripartì per la Spagna lasciando a Braccio da Montone il compito di difendere la sua causa.
Nel 1423 la città dell'Aquila subì l'assedio di Braccio da Montone, al soldo di Alfonso di Aragona. Giovanna diede incarico allo Sforza di andare a soccorrere la città. Nel tentativo di guadare il fiume Pescara un suo paggio rischiò di affogare e Muzio, nel tentativo di salvarlo, fu travolto dalle acque.
Matrimoni e figli
Lo Sforza ebbe numerosi figli naturali poi legittimati.[2]
- da Tamira di Cagli ebbe:
- Mansueto (1400 ca. - 1467), vescovo di Teramo e abate dell'abbazia di San Zeno (Verona).
- Onestina (1402 - Bologna 1422), monaca benedettina.
- da Lucia Terzani da Torgiano ebbe:
- Francesco Sforza (San Miniato 1401 - 1466), signore di Milano
- Elisa (San Miniato 1402 - Caiazzo 1476), sposa nel 1412 Leonetto Sanseverino dei signori di Cajazzo.
- Alberico (1403 - Aversa 1423)
- Antonia (1404 - Milano 1471), sposa nel 1417 Ardizzone da Carrara dei signori di Padova e poi nel 1442 Manfredo da Barbiano
- Leone (Castelfiorentino 1406 - Caravaggio 1440), condottiero nell'esercito di Francesco I. Sposa nel 1436 Marsobilia, figlia di Corrado III Trinci, vicario pontificio di Foligno.
- Giovanni (Cotignola 1407 - Pavia 1451), condottiero nelle armate di Francesco I, governa i domini del fratello Francesco nel Regno di Napoli dal 1432, Governatore di Ascoli Piceno, Signore di Fabriano e Teramo.
- Alessandro Sforza (Cotignola 1409 - Fossa di Ferrara 1473), signore di Pesaro.
- Orsola (Cotignola 1411 - 1460 circa) monaca clarissa.
- Primo matrimonio: 1409, con Antonia Salimbeni († 1411), patrizia di Siena.
- Bosio (Siena 1411 - Parma 1476), governatore di Orvieto e generale della Repubblica di Siena, sposò Cecilia Aldobrandeschi, che gli portò la sovranità di Santa Fiora. Da lui originano i conti di Santafiora e la famiglia Sforza Cesarini.
- Secondo matrimonio: 1413, con Caterina Alopo (morta nel 1418).
Note
- ^ La vicenda della zappa pare sia stata "arricchita" di dettagli dalla fazione braccesca che intendeva puntualizzare le origini "rurali" dell'avversario. Il Giovio per contro narra che la tradizione militaresca era ben radicata nella famiglia Attendolo e che quindi la "destinazione d'arme" era pressoché inevitabile.
- ^ A seconda delle fonti, variano le date, i nomi e il numero di figli dai matrimoni.
- ^ menzionata da alcune fonti, Giovanna però non è citata dal Litta nella sua genealogia
Bibliografia
- Vita di Attendolo Sforza, Paolo Giovio - scritta in latino e tradotta da Lodovico Domenichi
- Gli Sforza, Caterina Santoro, Milano, 1968
- Famiglie celebri d'Italia, Pompeo Litta
- Sfòrza, Muzio Attendolo detto lo, In: Enciclopedia Italiana, treccani.it
Altri progetti
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