Vocazione di san Matteo

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Disambiguazione – Se stai cercando il dipinto di Vittore Carpaccio, vedi Vocazione di san Matteo (Carpaccio).
Vocazione di san Matteo
AutoreCaravaggio
Data1599-1600
Tecnicaolio su tela
Dimensioni322×340 cm
UbicazioneCappella Contarelli, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

La Vocazione di san Matteo è un dipinto realizzato tra il 1599 ed il 1600 dal pittore italiano Michelangelo Merisi detto Caravaggio, ispirato all'episodio raccontato in Matteo 9,9-13[1]. Si trova nella Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il dipinto è realizzato su due piani paralleli, quello più alto vuoto, occupato solo dalla finestra, mentre quello in basso raffigura il momento preciso in cui Cristo indica san Matteo. Matteo è seduto ad un tavolo con un gruppo di persone, vestite come i contemporanei del Caravaggio, come in una scena da osteria.

È la prima grande tela nella quale Caravaggio, per accentuare la tensione drammatica dell'immagine e focalizzare sul gruppo dei protagonisti l'attenzione di chi guarda, ricorre all'espediente di immergere la scena in una fitta penombra tagliata da squarci di luce bianca, che fa emergere visi, mani (per evidenziare e guidare lo sguardo dello spettatore sull'intenso dialogo di gesti ed espressioni) o parti dell'abbigliamento e rende quasi invisibile tutto il resto.

E così, solo alcuni dei personaggi investiti dalla luce (i destinatari della "vocazione" insieme a Matteo) volgono lo sguardo verso Gesù, mentre gli altri preferiscono restare a capo chino, distratti dalle proprie solite occupazioni. La luce inoltre ha la funzione di dare direzione di lettura alla scena, che va da destra a sinistra e torna indietro quando incontra l'umanissima espressione sbigottita ed il gesto di san Matteo che punta il dito contro se stesso al fine di ricevere una conferma, come se chiedesse a Cristo e a san Pietro: «State chiamando proprio me?». Altri, tra i quali Sara Magister[2] e papa Francesco a Manila (Filippine), il 18 gennaio 2015, invece identificano san Matteo con il giovane a capotavola: sarebbe quest'ultimo quindi il personaggio indicato dall'avventore seduto frontalmente.[senza fonte] Tale ipotesi è ritenuta poco probabile da Roberto Filippetti[3], docente di “Iconologia e iconografia cristiana” nel Master in Architettura, arti sacre e liturgia presso l’Università Europea di Roma.

L'opera prende vita grazie all'uso magistrale della luce e i personaggi si muovono sulla tela come attori su un palco grazie ad essa. Il fatto, poi, che essi siano vestiti secondo la moda dell'epoca del pittore ed abbiano il viso di modelli scelti tra la gente comune e raffigurati senza alcuna idealizzazione, con il realismo esasperato che ha sempre caratterizzato l'opera di Caravaggio, trasmette la percezione dell'artista dell'attualità della scena (il quale vuole comunicarci che la chiamata di Dio è universale e senza precisa collocazione nel tempo: ognuno di noi è chiamato), la sua intima partecipazione all'evento raffigurato, mentre su un piano altro, totalmente metastorico, si pongono il Cristo e lo stesso Pietro, avvolti in una tunica senza tempo. La gestualità dei personaggi dipinti dal Caravaggio (già di sicuro visti dal pittore nell'Ultima cena di Leonardo da Vinci) danno un movimento e un coinvolgimento dei personaggi unico nel suo genere e fanno notare come il Merisi sia stato un frequentatore di locande dei bassifondi romani del periodo e sia stato in grado di riprodurre atteggiamenti, espressioni e azioni (come nelle scene di genere da lui dipinte) di sicuro appresi da esso nella sua vita. Tale partecipazione viene espressa in modo ancor più efficace, se possibile, nell'altra tela di grandi dimensioni, raffigurante il Martirio del Santo, nella quale da una colonna sulla sinistra sbuca, timido e pregno di compassione, un volto che non è altro se non l'autoritratto di Caravaggio stesso, che pare riaffermare la propria personale partecipazione all'evento narrato.

Di grande intensità e valenza simbolica, nella Vocazione, è il dialogo dei gesti che si svolge tra Cristo, Pietro e Matteo. Il gesto di Cristo (che altro non è che l'immagine speculare della mano protesa nella famosissima scena della Creazione di Adamo – Cristo è il "nuovo Adamo"![?] – della Cappella Sistina michelangiolesca, che Caravaggio avrà certo avuto modo di studiare ed apprezzare) viene ripetuto da Pietro, simbolo della Chiesa Cattolica Romana che media tra il mondo divino e quello umano (siamo in periodo di Controriforma) e a sua volta ripetuto da Matteo. È la rappresentazione simbolica della Salvezza, che passa attraverso la ripetizione dei gesti istituiti da Cristo (i sacramenti) e ribaditi, nel tempo, dalla Chiesa. Tuttavia, alcuni storici dell'arte hanno notato la stretta analogia del gesto di Cristo del Caravaggio con quello del Masaccio ne "Il Tributo di Pietro", suo capolavoro. Effettivamente, come il Cristo del Masaccio sta indicando Pietro dicendogli: «Va' al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento.» (Vangelo di Matteo 17, 24-27), così il Cristo del Caravaggio indica san Matteo per chiamarlo all'ordine.[senza fonte]

Grazie alla radiografia, sappiamo che nella prima versione non era presente la figura di san Pietro, aggiunta successivamente.[4] La scienza moderna ci ha messo nelle condizioni di poter rievocare l'opera così come essa si è andata formando, siamo quasi in grado di ricostruirla pennellata dopo pennellata. E così, il fatto che san Pietro sia stato aggiunto in un secondo momento, fa pensare alle riflessioni, ai suggerimenti e, in questo caso, alla frequentazione degli Oratoriani e di san Filippo Neri in particolare. La Chiesa nella personificazione di san Pietro è con Cristo, è in Cristo. Infatti, proprio mentre Caravaggio sta dipingendo la cappella Contarelli, giungono alla Chiesa Nuova di San Filippo Neri suppellettili d'argento e parati che il re di Francia invia al cardinal Baronio, memore del ruolo svolto accanto a san Filippo Neri per il suo ravvedimento. Un'ultima considerazione a proposito di quest'opera: Maurizio Calvesi ha notato come il gesto della chiamata di Cristo corrisponde esattamente alle parole usate nella bolla di riabilitazione di Enrico IV del 1595: «Noi consideriamo la sovrabbondanza della Grazia divina nella tua conversione e riflettiamo come tu, dalla più densa oscurità degli errori e delle eresie, quasi da un abisso del male, per un atto potente della destra del Signore, sia avvenuto alla luce della verità.»

Questa è una delle prime pitture sacre, esposte al pubblico, in cui compaiono notazioni realistiche.[senza fonte]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mt 9,9-13, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ Maurizio Cecchetti, Caravaggio, chi è il vero Matteo?, in Avvenire, 2 agosto 2012.
  3. ^ Prof. Roberto Filippetti, "Caravaggio, il giallo di San Matteo, in "Famiglia Cristiana" del 25.07.2012.
  4. ^ Radiografia quadro "Vocazione di San Matteo" di Caravaggio, su gliscritti.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesca Marini, Caravaggio, presentazione di Renato Guttuso, Milano, Rizzoli - Skira - Corriere della Sera, 2003, p. 108, ISBN 88-17-00808-7.
  • Federico Zeri, Caravaggio - La vocazione di San Matteo, Rizzoli 1989.
  • Gianfranco Formichetti, Caravaggio, Pittore, Genio, Assassino, Piemme, Casale Monferrato, 2000.

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