Rubin Carter

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Rubin "Hurricane" Carter
Rubin Carter nel 1958
Nazionalità Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Altezza 173 cm
Pugilato
Categoria Pesi medi
Termine carriera 6 agosto 1966
Carriera
Incontri disputati
Totali 40
Vinti (KO) 27 (19)
Persi (KO) 12 (1)
Pareggiati 1
 

Rubin Carter, noto anche con il soprannome Hurricane (Clifton, 6 maggio 1937Toronto, 20 aprile 2014), è stato un pugile statunitense naturalizzato canadese.

La sua carriera di pugile si è svolta tra il 1961 e il 1966. Carter è in parte celebre di essere stato accusato di un triplice omicidio, avvenuto il 17 giugno 1966 a Paterson nel New Jersey: sottoposto a processo, fu condannato a tre ergastoli e fu scarcerato nel 1985, quando l'accusa rinunciò a muovere in giudizio una terza volta contro l'illegittimità processuale sollevata dalla Corte Federale sulla base di un possibile pregiudizio razziale nell'incriminazione.

La sua storia ha ispirato una celebre canzone di Bob Dylan, Hurricane, e il film Hurricane - Il grido dell'innocenza.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La gioventù[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Clifton[1], Carter è cresciuto nella confinante città di Paterson, New Jersey, assieme a sei fratelli. I suoi genitori provvedevano al sostentamento familiare e all'educazione degli altri sei figli senza particolari problemi. Invece Rubin cominciò presto ad avere problemi con la giustizia e venne assegnato a un riformatorio per aggressione e furto poco dopo il suo quattordicesimo compleanno.

Carter scappò dal riformatorio nel 1954 e si arruolò nell'esercito americano a 17 anni. Qualche mese dopo, avendo completato l'addestramento a Fort Jackson nella Carolina del Sud, fu inviato in Germania, dove, stando alla sua autobiografia del 1974, cominciò a interessarsi alla boxe. Carter non era un buon soldato e dovette presentarsi davanti alla corte marziale per ben 4 volte per insubordinazione. Nel maggio del 1956 l'esercito lo congedò, definendolo "inadatto al servizio militare". La sua carriera militare durò 21 mesi.

Tornato nel New Jersey, Carter fu arrestato e scontò dieci mesi a causa della sua fuga dal riformatorio. Poco dopo il suo rilascio, Carter fu arrestato per una serie di crimini, tra cui aggressione e rapina a una donna di colore di mezza età. Scontò quattro anni nella prigione di stato del New Jersey.

La carriera da pugile[modifica | modifica wikitesto]

In prigione Carter riesumò il suo interesse per la boxe e, subito dopo il suo rilascio avvenuto il 21 settembre 1961, diventò professionista. Alto 1 metro e 73 centimetri, Carter era mediamente più basso di un peso medio, ma combatté per tutta la sua carriera in questa categoria. Testa rasata, baffi prorompenti, sguardo aggressivo e fisico possente facevano di lui una presenza intimidatoria sul ring, decenni prima che questo "look" divenisse consuetudine nel pugilato. Il suo stile aggressivo e la potenza dei suoi pugni, che gli fruttarono molti KO, catturavano l'attenzione, facendolo diventare un beniamino del pubblico, e gli fruttarono il soprannome "Hurricane" (Uragano).

Dopo aver battuto avversari come Florentino Fernandez, Holley Mims, Gomeo Brennan e George Benton, il mondo della boxe cominciò a notarlo[2]. Ring Magazine lo inserì nella sua "Top 10" riguardante gli sfidanti al titolo dei pesi medi nel luglio del 1963.

Combatté sei volte nel 1963, con quattro vittorie e due sconfitte (contro Joey Archer e José Gonzalez)[2]. Restò nella parte bassa della "Top 10" fino al 20 dicembre, quando sorprese il campione del mondo dei welter Emile Griffith, alle sue prime apparizione nei medi, mandandolo due volte al tappeto e vincendo per KO tecnico nel primo round[3]. La rivista statunitense Ring Magazine nominò l'incontro upset of the year del 1963, ritenendolo quello conclusosi nel modo più contrario alle aspettative generali, sconvolgendo ogni previsione[4]. Questa vittoria gli fece guadagnare il terzo posto nel ranking degli sfidanti al titolo mondiale dei pesi medi, appartenente a Joey Giardello.

Dopo aver vinto altri due incontri, Carter ottenne la chance di sfidare Giardello a Filadelfia, il 14 dicembre 1964, in un match di 15 round con il titolo in palio. Carter combatté bene nei primi round sfiorando il KO con un gancio sinistro alla quarta ripresa[5], ma nei round successivi Giardello assunse il controllo dell'incontro aggiudicandosi chiaramente le ultime cinque riprese[5] e vincendo per decisione unanime[5]. Carter era convinto di aver vinto almeno 9 riprese su 15.

Dopo questo incontro Carter cominciò a perdere posizioni nel ranking. Combatté nove volte nel 1965, perdendo quattro dei cinque incontri disputati contro avversari di livello (due volte con Luis Manuel Rodríguez, una con Fabio Bettini e Dick Tiger)[2]. In particolare, Tiger lo mandò al tappeto tre volte. Carter disse: "È stata la peggior sconfitta della mia vita, dentro e fuori dal ring".

Gli ultimi combattimenti di un certo livello li sostenne contro Wilbert McClure, campione olimpico a Roma nei superwelter, ottenendo una vittoria e un pareggio[2].

Il palmares della carriera pugilistica di Carter - che ebbe termine il 6 agosto 1966 - fu di 27 vittorie, 12 sconfitte e un pareggio in 40 incontri, con 8 knockout e 11 knockout tecnici.

Gli omicidi[modifica | modifica wikitesto]

Alle 2:30 del mattino circa del 17 giugno 1966 due uomini afroamericani entrarono nel "Lafayette Bar and Grill" a Paterson, New Jersey, e aprirono il fuoco. Due uomini, Fred "Cedar Grove Bob" Nauyoks e il barista Jim Oliver, vennero uccisi sul colpo. Hazel Tanis, una donna, morì circa un mese dopo: aveva la gola, lo stomaco, l'intestino, la milza, il polmone sinistro e un braccio perforati dai proiettili. Willie Marins, una quarta persona, sopravvisse all'attacco, ma perse la vista a un occhio.

Alfred Bello, un noto criminale che si aggirava nei pressi del Lafayette per commettere un crimine quella stessa notte, vide la scena. Bello fu una delle prime persone sulla scena del crimine e chiamò un operatore telefonico per avvertire la polizia. Patricia Graham, una residente al secondo piano del Lafayette, vide due uomini di colore salire in una macchina bianca e partire verso ovest. Ronald Ruggiero, un'altra persona, sentì gli spari e affacciatosi dalla finestra vide Bello correre per Lafayette Street. Sentì anche lo stridere degli pneumatici e vide una macchina bianca sfrecciare verso ovest, con due uomini di colore sui sedili anteriori. La macchina di Carter coincideva con quella vista dai testimoni; la polizia fermò Carter e John Artis, un altro uomo, e li portò al Lafayette circa trenta minuti dopo la sparatoria. Nessuno dei testimoni riconobbe in Carter o Artis uno dei criminali, nemmeno Marins quando la polizia li portò all'ospedale per farli identificare dall'uomo ferito.

Comunque nella macchina di Carter la polizia trovò una pistola calibro 32 e dei proiettili per fucile calibro 12, lo stesso calibro usato dagli assassini. Carter e Artis furono interrogati in commissariato. Nel pomeriggio, entrambi vennero sottoposti al test del poligrafo. L'esaminatore John J. McGuire trasse le seguenti conclusioni: "Dopo un'attenta analisi dei risultati dati dal poligrafo, è opinione dell'esaminatore che i soggetti stavano mentendo alle domande. Ed erano coinvolti nel crimine. I soggetti negano qualsiasi connessione col crimine". Il poligrafo non era comunque giudicato attendibile e quindi era inammissibile come prova. Carter e Artis furono rilasciati il giorno stesso.

Il primo processo[modifica | modifica wikitesto]

Sette mesi dopo Bello rivelò alla polizia che quella sera c'era un altro uomo con lui, tale Arthur Dexter Bradley. Dopo un ulteriore interrogatorio, Bello e Bradley identificarono Carter come uno dei due uomini di colore armati che avevano visto fuori dal bar la notte degli omicidi; Bello identificò anche Artis come l'altro uomo armato. Basandosi su questa ulteriore prova, Carter e Artis vennero arrestati e incriminati.

Anche se la difesa fece presente che gli accusati non corrispondevano alla descrizione che i testimoni oculari avevano dato il 17 giugno, i due andarono avanti con la loro testimonianza.

Questo, più la prova dell'identificazione della macchina di Carter fornita da Patricia Valentine e le munizioni trovate nella macchina di Carter, convinsero la giuria, composta da 12 persone bianche, che Carter e Artis erano gli assassini. Entrambi gli uomini vennero incriminati e condannati al carcere a vita.

Durante la sua prigionia, Carter scrisse la sua autobiografia The Sixteenth Round: From Number 1 Contender to #45472 (Il sedicesimo round: da sfidante numero 1 a numero 45472), pubblicata nel 1974. Sostenne la sua innocenza e ottenne il sostegno della gente, che spingeva per la grazia o per un nuovo processo.

Bob Dylan gli dedicò una canzone, Hurricane (1975), sostenendo l'innocenza di Carter. Il brano è contenuto nell'album discografico Desire, lanciato con il sussidio di una poderosa tournée concertistica della Rolling Thunder Revue, immortalata con lo stesso Carter nel film del 1978 Renaldo e Clara, scritto e diretto dallo stesso Dylan.

Nel frattempo, Bello e Bradley ritrattarono la testimonianza data nel 1967; questa ritrattazione fu usata come base per la mozione atta a ottenere un nuovo processo, ma il giudice Larner, che aveva presieduto sia il processo originale sia la ritrattazione di Bello e Bradley, negò la mozione.

Gli avvocati della difesa formularono un'altra mozione, basata sulle prove che vennero alla luce durante il processo della ritrattazione, tra cui un nastro della polizia contenente un interrogatorio a Bello. Anche se Larner negò anche questa mozione, la Corte Suprema del New Jersey concesse a Carter e Artis un nuovo processo nel 1976.

Siccome Bello aveva dato molte versioni dei fatti avvenuti quella notte, il procuratore Humphreys fece ripetere a Bello la sua versione dei fatti analizzandolo con due diversi poligrafi. Entrambi dichiararono che Bello era sincero, uno dei poligrafi giunse alla conclusione che Bello era entrato nel Lafayette Bar subito dopo o addirittura durante la sparatoria.

Il secondo processo[modifica | modifica wikitesto]

Durante il nuovo processo, Bello accantonò la ritrattazione e tornò a sostenere la testimonianza del 1967, identificando Carter e Artis come i due uomini armati che aveva visto al Lafayette Grill. Carter e Artis furono ancora una volta giudicati colpevoli, questa volta da una giuria che includeva due afroamericani, in meno di nove ore.

Carter e Artis furono quindi condannati di nuovo alla prigione a vita.

L'appello alla Corte Federale[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il secondo processo, Carter sembrava ormai aver perso la speranza quando ricevette una lettera inviatagli da Lesra Martin, un ragazzo di colore che abitava in Canada. Gli rispose e, tempo dopo, il ragazzo lo andò a trovare e gli fece conoscere i suoi amici che si interessarono al caso. Questo gruppo, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, lavorò sodo e aiutò Carter e i suoi avvocati a promuovere una petizione alla Corte Federale. Tre anni dopo gli avvocati di Carter promossero una petizione per appellarsi alla Corte Federale. Ebbero successo: nel 1985 il giudice della Corte Federale Haddon Lee Sarokin sentenziò che Carter e Artis non avevano avuto un processo equo, affermando che l'accusa era "basata su motivazioni razziali". I procuratori del New Jersey si appellarono senza successo contro la decisione di Sarokin alla Terza Corte d'Appello e anche alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che si rifiutò di ascoltare il caso; la Corte Suprema non è obbligata ad accettare ogni appello a essa rivolto.

I procuratori della contea di Passaic avrebbero potuto processare Carter e Artis per una terza volta, ma decisero di non farlo. I testimoni erano irreperibili o morti, il costo di un terzo processo sarebbe stato altissimo e non era chiaro cosa sarebbe scaturito da un eventuale terzo processo. Nel 1988 i procuratori del New Jersey archiviarono una mozione per allontanare gli atti d'accusa originali portati contro Carter e Artis nel 1966, facendo quindi cadere tutte le accuse.

Artis e Carter dopo il proscioglimento[modifica | modifica wikitesto]

Rubin Carter nel 2011

John Artis, dopo essere stato rilasciato sulla parola nel 1981, fu ancora incarcerato nel 1986 per traffico di cocaina e possesso di un'arma rubata.

Dal 1988 Carter visse in una fattoria poco fuori Toronto in Ontario, ricoprendo la carica di direttore esecutivo dell'Associazione per la Difesa dei Condannati per Errore (ADWC) dal 1993 al 2005, lavorando inoltre come motivatore. Nel 1993 ricevette "ad honorem" la cintura di Campione del Mondo dal World Boxing Council.

Nel 1996 venne nuovamente arrestato a Toronto, ma anche in questo caso si trattò di un errore basato su uno scambio di persone e riconosciuto dalla polizia.[6]

Il 14 ottobre 2005 ricevette una laurea Honoris Causa in Legge dall'Università di New York, da quella di Toronto e anche dalla Griffith University di Brisbane, grazie al suo lavoro per l'ADWC.

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Da tempo affetto da cancro alla prostata[7], Rubin Carter morì a Toronto il 20 aprile 2014 all'età di 76 anni[8][9].

Risultati nel pugilato[modifica | modifica wikitesto]

27 vittorie (19 KO, 8 ai punti), 12 sconfitte (1 KO, 11 ai punti), 1 pareggio [10]
Risultato Record Avversario Metodo Round Data Luogo Note
Sconfitta 27–12–1 Bandiera dell'Argentina Juan Carlos Rivero PTS 10 06/08/1966 Bandiera dell'Argentina Rosario, Santa Fe
Pareggio 27–11–1 Bandiera degli Stati Uniti Wilbert McClure PTS 10 08/03/1966 Bandiera degli Stati Uniti Toledo Sports Arena, Toledo (Ohio)
Vittoria 27–11 Bandiera degli Stati Uniti Ernest Burford KO 8 (10) 26/02/1966 Bandiera del Sudafrica Orlando Stadium, Johannesburg, Transvaal
Sconfitta 26–11 Bandiera degli Stati Uniti Stan Harrington PTS 10 25/01/1966 Bandiera degli Stati Uniti Hawaii International Center, Honolulu, Hawaii
Sconfitta 26–10 Bandiera degli Stati Uniti Johnny Morris SD 10 18/01/1966 Bandiera degli Stati Uniti Pittsburgh Civic Arena, Pittsburgh, Pennsylvania
Vittoria 26–9 Bandiera degli Stati Uniti Wilbert McClure SD 10 08/01/1966 Bandiera degli Stati Uniti Aragon Ballroom, Chicago, Illinois
Vittoria 25–9 Bandiera del Sudafrica Joe N'Gidi TKO 2 (10) 18/09/1965 Bandiera del Sudafrica Orlando Stadium, Johannesburg, Transvaal
Sconfitta 24–9 Bandiera di Cuba Luis Manuel Rodriguez UD 10 26/08/1965 Bandiera degli Stati Uniti Olympic Auditorium, Los Angeles, California
Vittoria 24–8 Bandiera degli Stati Uniti Fate Davis TKO 1 (10) 14/07/1965 Bandiera degli Stati Uniti Akron, Ohio
Sconfitta 23–8 Bandiera della Nigeria Dick Tiger UD 10 20/05/1965 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 23–7 Bandiera degli Stati Uniti Johnny Torres TKO 9 (10) 30/04/1965 Bandiera degli Stati Uniti Paterson, New Jersey
Sconfitta 22–7 Bandiera del Regno Unito Harry Scott PTS 10 20/04/1965 Bandiera del Regno Unito Royal Albert Hall, Kensington, Londra
Vittoria 22–6 Bandiera del Regno Unito Harry Scott TKO 9 (10) 09/03/1965 Bandiera del Regno Unito Royal Albert Hall, Kensington, Londra
Vittoria 21–6 Bandiera della Francia Fabio Bettini KO 10 (10) 22/02/1965 Bandiera della Francia Palais des Sports, Parigi
Sconfitta 20–6 Bandiera di Cuba Luis Manuel Rodriguez UD 10 12/02/1965 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Sconfitta 20–5 Bandiera degli Stati Uniti Joey Giardello UD 15 14/12/1964 Bandiera degli Stati Uniti Philadelphia Convention Hall, Filadelfia, Pennsylvania Per i titoli WBA, WBC e lineare dei pesi medi
Vittoria 20–4 Bandiera degli Stati Uniti Clarence James TKO 1 (10) 24/06/1964 Bandiera degli Stati Uniti Los Angeles Sports Arena, Los Angeles, California
Vittoria 19–4 Bandiera degli Stati Uniti Jimmy Ellis UD 10 28/02/1964 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 18–4 Bandiera delle Isole Vergini Americane Emile Griffith TKO 1 (10) 20/12/1963 Bandiera degli Stati Uniti Pittsburgh Civic Arena, Pittsburgh, Pennsylvania
Sconfitta 17–4 Bandiera degli Stati Uniti Joey Archer SD 10 25/10/1963 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 17–3 Bandiera dell'Argentina Farid Salim UD 10 14/09/1963 Bandiera degli Stati Uniti Pittsburgh Civic Arena, Pittsburgh, Pennsylvania
Vittoria 16–3 Bandiera degli Stati Uniti George Benton SD 10 25/05/1963 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Sconfitta 15–3 Bandiera di Porto Rico Jose "Monon" Gonzalez TKO 6 (10) 30/03/1963 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 15–2 Bandiera delle Bahamas Gomeo Brennan UD 10 02/02/1963 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 14–2 Bandiera degli Stati Uniti Holley Mims UD 10 22/12/1962 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 13–2 Bandiera di Cuba Florentino "The Ox" Fernandez KO 1 (10) 27/10/1962 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 12–2 Bandiera degli Stati Uniti Mel Collins TKO 5 (10) 08/10/1962 Bandiera degli Stati Uniti Jersey City Armory, Jersey City, New Jersey
Vittoria 11–2 Bandiera degli Stati Uniti Ernest Burford TKO 2 (10) 04/08/1962 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Sconfitta 10–2 Bandiera degli Stati Uniti Ernest Burford UD 8 23/06/1962 Bandiera degli Stati Uniti Madison Square Garden, New York
Vittoria 10–1 Bandiera di Aruba Sugar Boy Nando TKO 3 (10) 21/05/1962 Bandiera degli Stati Uniti St. Nicholas Arena, New York
Vittoria 9–1 Bandiera degli Stati Uniti Walter McDaniels TKO 2 (10) 30/04/1962 Bandiera degli Stati Uniti St. Nicholas Arena, New York
Vittoria 8–1 Bandiera degli Stati Uniti Johnny Tucker TKO 1 (8) 16/04/1962 Bandiera degli Stati Uniti St. Nicholas Arena, New York L'arbitro interruppe l'incontro a 1:05 del primo round.
Vittoria 7–1 Bandiera degli Stati Uniti Jimmy McMillan KO 3 (6) 16/03/1962 Bandiera degli Stati Uniti Jersey City Armory, Jersey City, New Jersey
Vittoria 6–1 Bandiera di Porto Rico Felix Santiago KO 1 (6) 28/02/1962 Bandiera degli Stati Uniti State Garden, Union City, New Jersey
Vittoria 5–1 Bandiera degli Stati Uniti Tommy Settles KO 1 (6) 14/02/196 Bandiera degli Stati Uniti State Garden, Union City, New Jersey
Sconfitta 4–1 Bandiera degli Stati Uniti Herschel Jacobs PTS 6 19/01/1962 Bandiera degli Stati Uniti Gladiators Arena, Totowa, New Jersey
Vittoria 4–0 Bandiera degli Stati Uniti Herschel Jacobs PTS 4 17/11/1961 Bandiera degli Stati Uniti Gladiators Arena, Totowa, New Jersey
Vittoria 3–0 Bandiera degli Stati Uniti Frank Nelson TKO 1 (4) 24/10/1961 Bandiera degli Stati Uniti Alhambra A.C., Filadelfia, Pennsylvania
Vittoria 2–0 Bandiera degli Stati Uniti Joey Cooper KO 2 (4) 11/10/1961 Bandiera degli Stati Uniti American Legion Arena, Reading, Pennsylvania
Vittoria 1–0 Bandiera degli Stati Uniti Pike Reed SD 4 22/09/1961 Bandiera degli Stati Uniti Navy–Marine Corps Memorial Stadium, Annapolis, Maryland

Opere letterarie[modifica | modifica wikitesto]

  • The Sixteenth Round: From Number 1 Contender to #45472, 1974.

Citazioni artistiche[modifica | modifica wikitesto]

  • La vicenda ha ispirato Bob Dylan che nel 1975 scrisse una canzone dal titolo Hurricane, soprannome di Rubin Carter.
  • Anche i The Roots dedicarono una canzone alla vicenda dal nome The Hurricane con la collaborazione di molti artisti impegnati come Common e Mos Def.
  • La vicenda di Carter ha inoltre ispirato un film nel 1999, Hurricane - Il grido dell'innocenza (The Hurricane), con Denzel Washington nel ruolo di protagonista. Il film ha come colonna sonora la canzone di Bob Dylan.
  • Rubin "Hurricane" Carter è citato nel nome del mixtape del rapper Mezzosangue Hurricane Mixtape, inoltre è citato più volte nel brano Introducing, prima traccia del mixtape.
  • Il pugile sfidante alla fine del film La leggenda di Al, John e Jack (2002) richiama esplicitamente Hurricane.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Rubin Carter, su BoxRec.
  2. ^ a b c d Incontri di Rubin Carter su Boxrec
  3. ^ Emile Griffith vs. Rubin Carter
  4. ^ Premiati dalla rivista Ring Magazine, su ringtv.craveonline.com. URL consultato il 29 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 marzo 2013).
  5. ^ a b c (EN) Joey Giardello vs. Rubin Carter, su BoxRec. URL consultato il 22 gennaio 2011.
  6. ^ (EN) False Arrest in 1996, su Angelfire. URL consultato il 21 aprile 2014.
  7. ^ (EN) Wrongly convicted boxer's cancer battle, su PerthNow Sunday Times, 10 marzo 2012. URL consultato il 21 aprile 2014.
  8. ^ (EN) Rubin 'Hurricane' Carter dead at 76, su The Globe and Mail, 20 aprile 2014. URL consultato il 21 aprile 2014.
  9. ^ È morto l’ex pugile Rubin “Hurricane” Carter, su Il Post, 20 aprile 2014. URL consultato il 21 aprile 2014.
  10. ^ Rubin Carter – Boxer, su boxrec.com. URL consultato il 20 aprile 2014.

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