Ignazio Paternò Castello

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Ignazio Paternò Castello
Principe di Biscari
Stemma
Stemma
In carica1750 –
1786
PredecessoreVincenzo Paternò Castello, Paternò e Tornambene
SuccessoreVincenzo Ignazio Paternò Castello Morso
Nome completoIgnazio Vincenzo
TrattamentoSua Eccellenza
Altri titoliI barone di Alminusa e della terra di S. Anna, I barone di Mandrili e Marcato di Toscanello
NascitaCatania, 24 maggio 1719
MorteCatania, 1º settembre 1786 (67 anni)
DinastiaPaternò Castello
PadreVincenzo Paternò Castello, Paternò e Tornambene
MadreAnna Scammacca Bonajuto
ReligioneCattolicesimo

Ignazio Paternò-Castello, V principe di Biscari (Catania, 24 maggio 1719Catania, 1º settembre 1786), è stato un archeologo e mecenate italiano.

Apparteneva alla casa Paternò, fu principe di Biscari; il titolo gli proveniva dal capostipite del ramo dei Biscari, Agatino Paternò Castello, I principe di Biscari (1594-1675).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Catania nel 1719 da Vincenzo e da Anna Maria Scammacca, Ignazio Paternò Castello fu tra i fautori della riscoperta dell'anfiteatro, del teatro, della vecchia curia e di alcune terme nella sua città. A ventidue anni sposò Anna Morso.

Il suo palazzo, il Palazzo Bìscari alla Marina, si trova presso il porto di Catania nel quartiere Civita, ed egli lo fece ristrutturare dall'architetto Francesco Battaglia adibendolo a museo[1]: l'edificio fu visitato da molti viaggiatori illustri europei, come Patrick Brydone nel 1770, da Vivant Denon nel 1778 e da Johann Wolfgang von Goethe nel 1787, i quali vi si recavano o come completamento della loro formazione o per via della crescente curiosità che i reperti archeologici assunsero in quel periodo storico. A Catania egli fondò e finanziò nel 1744 l'Accademia degli Etnei[1][2].

Il principe divenne famoso anche per alcuni interventi nella sua Catania e nelle vicinanze, poiché fece realizzare nel 1765 un ponte-acquedotto sul Simeto nel suo feudo di Ragona, cosa che gli valse la menzione nell'opera di Francesco Milizia Memorie degli architetti antichi e moderni, pubblicato a Parma nel 1781[3], nonostante questa infrastruttura crollerà proprio nell'anno dell'uscita di questa sua opera a causa di una tempesta; poi allestì un grande orto botanico extra moenia, chiamato "il Labirinto", che avrebbe costituito successivamente il primo nucleo dell'attuale Giardino "Vincenzo Bellini"; infine, egli fece ricavare un lago artificiale nella lava della spiaggia in una zona periferica a sud del centro cittadino, creando così la "Villa Scabrosa", situata nella via omonima che oggi si trova appunto nel quartiere Tondicello della Plaia - Faro Bìscari, e che consisteva proprio in un ritrovo appartato per gli aristocratici del tempo.

Il Paternò Castello promosse poi gli scavi a Camarina, Centuripe, Lentini, Siracusa e Taormina. Nel 1774 l'abate fiorentino Domenico Sestini gli collaborò in qualità di bibliotecario, e gli ordinò il museo, in particolare l'ufficio numismatico. Nel 1779 il principe fu nominato Regio Custode delle antichità della Val Demone e della Val di Noto[4], mentre un suo compagno di studi, Gabriele Lancillotto Castello principe di Torremuzza, ebbe lo stesso incarico per la Val di Mazara. Ignazio Paternò Castello descrisse anche le sue scoperte archeologiche in un volume intitolato Viaggio per tutte le antichità della Sicilia[1], pubblicato a Napoli nel 1781. Tra i frequentatori della sua corte vi furono anche architetti e disegnatori, come, oltre al succitato Francesco Battaglia, Stefano Ittar, Carlo Chenchi, Luigi Mayer, Antonio Zacco.

La fama del Paternò Castello era molto vasta, e numerose accademie italiane ed estere procedevano a nominarlo loro socio: nel 1757 l'Accademia del Buon Gusto e quella degli Ereini di Palermo, nel 1762 la Società degli Antiquari di Londra, nel 1772 l'Accademia dei Trasformati di Noto, nel 1773 la Società dei Palladi di Catania, nel 1775 l'Accademia dei Botanofili di Cortona, nel 1776 l'Accademia dei Georgofili e l'Accademia della Crusca di Firenze e quella Peloritana dei Pericolanti di Messina[5], nel 1777 l'Accademia degli Ereini-Hymerei di Caltanissetta, nel 1778 l'Académie Royale des Sciences, Belles-letters et Arts di Bordeaux, nella quale prese il posto del defunto Voltaire, sempre nel 1778 la Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere di Napoli[6], nel 1783 l'Accademia degli Speculatori di Lecce, e nel 1784 la Nuova Reale Accademia di Firenze.

Massone, egli fu Maestro venerabile della loggia dell'Ardore, di Rito scozzese rettificato, e membro del "Capitolo Prefettuale Partenopeo dei Cavalieri Benefici della Città Santa"[7], col nome d'ordine di a Fortitudine[8]. Morì nel 1786 nella sua Catania, ma le sue grandi spese rovinarono il patrimonio che aveva accumulato in vita.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere del Toson d'Oro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Insigne e reale ordine di San Gennaro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine militare di Calatrava - nastrino per uniforme ordinaria

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Vincenzo Paternò-Castello e La Restia (1630-1675), II principe di Biscari[10] Agatino Paternò-Castello La Valle (1594-1675), I principe di Biscari[9][10]  
 
Maria Paternò-Castello La Restia dei baroni di Biscari e di San Filippo di Ragusa[10]  
Ignazio Paternò-Castello Gravina (†1699), III principe di Biscari[20][10]  
Felicia Gravina-Cruyllas e Gravina[10] Ignazio Gravina-Cruyllas e Alliata, II principe di Palagonia e Caltabiano, marchese di Francofonte[10]  
 
Emilia Agliata (o Alliata) e Gravina dei principi di Villafranca  
Vincenzo Paternò-Castello, Paternò e Tornambene (1685-1749), IV principe di Biscari  
Giacinto Paternò e Lago, II barone di Recalcaccia e Spinagallo[21][22] Vincenzo Maria Paternò (1623-1678), VIII barone di Raddusa  
 
Leonora Lago d'Aragona e Ascenso dei baroni di Regalcaccia, Bucalesi e Cadeddi  
Eleonora Paternò e Tornabene (o Tornambene)[23][24][22]  
Olivia Tornambene e Asmundo Ludovico Tornambene[11]  
 
Geronima Asmundo, II baronessa di Regalcaccia e Spinagallo[12]  
Ignazio Paternò-Castello, V principe di Biscari  
Guglielmo Scammacca e Paternò, barone della Bruca e Crisciunà[25] Giovambattista Scammacca[13][14]  
 
Agata Perna[15][16][17]  
Arcaloro Scammacca e Perna, barone della Bruca e Cresciunà (o Crisciunà)[26][27][28][25]  
Isabella Scammacca e Tornambene Bernardo Scammacca  
 
Remigia Tornambene  
Anna Maria Scammacca e Bonajuto[26][25]  
Filippo Bonajuto, barone della Cavallera (o Cavalera)[18][29] Giuseppe Bonajuto[18]  
 
Isabella Bonanno[18]  
Maria Bonajuto e Mancuso[26]  
Anna Mancuso e Rao[18] Giuseppe Mancuso  
 
Medea Rao e Spucches[18][19]  
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ignazio Paternò Castello, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Lettera ai nipoti, in paternocastello.it. URL consultato il 30-03-2011.
  3. ^ Giuseppe Guzzetta, Per la gloria di Catania: Ignazio Paternò Castello Principe di Biscari, in «Agorà», n. 6, 2001.
  4. ^ Giuseppe Pagnano, Le Antichità del Regno di Sicilia, 1779: I plani di Biscari e Torremuzza per la Regia Custodia., Assessorato dei Beni Culturali Ambientali e della Pubblica Istruzione, 2001.
  5. ^ Accademia Peloritana dei Pericolanti, su ww2.unime.it, Università di Messina. URL consultato il 30-03-2011 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2011).
  6. ^ Società Nazionale di Lettere Scienze e Arti in Napoli, su socnazsla.unina.it, Università di Napoli Federico II. URL consultato il 26 marzo 2012.
  7. ^ Gian Paolo Ferraioli, Un ministro massone tra pace e guerra: Antonino Paternò Castello marchese di San Giuliano, in Aldo A. Mola (a cura di), La Massoneria nella Grande Guerra, Roma, Bastogi, 2016, p. 185.
  8. ^ Carlo Francovich, Storia della Massoneria in Italia, i Liberi Muratori italiani dalle origini alla Rivoluzione francese, Milano, Ed. Ghibli, 2013, p. 292-293, n. 14, (14).
  9. ^ Fu Patrizio di Catania (1623-24, 1627-28, 1631-1632).
  10. ^ a b c d e f Villabianca, p. 104 (1754).
  11. ^ Fu cinque volte Senatore di Catania (1647-48, 1660-61, 1669-70, 1672-73, 1676-77). Cfr. Francesco Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca,Cronologia senatoria del Regno: Catania, in Della Sicilia Nobile, Parte Terza, 1759, pp.316, 318-320. Si ipotizza una connessione con i Tornabuoni di Firenze (cfr. Tornabene di Catania, in Storia delle famiglie illustri italiane, editore Ulisse Diligenti, vol. 1, 1890: vedi Tornabuoni di Firenze, in Famiglie celebri italiane (Prima serie).
  12. ^ Maria Concetta Calabrese, I Paternò di Raddusa: patrimonio, lignaggio, matrimoni (secc. XVI-XVIII), Milano, Franco Angeli, 2002, p. 53.
  13. ^ Fu Patrizio di Catania (1598-99).
  14. ^ Andrea Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, Messina, 1699, p.256
  15. ^ Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie illustri ... de' Regni di Sicilia, Parte terza, 1670, p. 86.(on-line)
  16. ^ Cfr. Albero genealogico di Fra Don Lorenzo Paternò di Catania 1656, in Fra Don Andrea Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, Messina, 1699, p.256 (on-line).
  17. ^ Figlia di Arcaloro Perna (o Perno), viene denominato come Arcaloro Li Perni, due volte regio secreto di Catania nel 1564 e 1580, due volte capitano di Giustizia di Catania (1575-76, 1581-82), erede del feudo di Fiumefreddo nel 1582. Fonti: F. Emanuele e Gaetani (Villabianca),Cronologia senatoria del Regno: Catania, in Della Sicilia Nobile, Parte Terza, 1759; citato in: N°2832 / "Perna Arcaloro compratore col patto di riscatto dai coniugi Laura e Giovanni Cottone, costui erede e successore del fratello Giovan Pietro morto senza figli" (1582), in: (PDF) Simona Fazio (a cura di) (2020), Soprintendenza Archivistica della Sicilia - Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia, Repertorio dei processi di investiture feudali: dal 1452 al 1812 n. 122 (Provvisorio).
  18. ^ a b c d e Dario Barbera, I Gesuiti e l'invenzione della Naumachia taorminese, in «Quaderni di Archeologia», Università degli studi di Messina, Fabrizio Serra Editore, n. 4, 2014, p. 67.
  19. ^ Citata in: N° 3124 / "Rao Medea erede universale di Marcantonio Rao e questi avente causa di Mariano Maltese" (1595), in: (PDF) Simona Fazio (a cura di) (2020), Soprintendenza Archivistica della Sicilia - Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia, Repertorio dei processi di investiture feudali: dal 1452 al 1812 n. 122 (Provvisorio).
  20. ^ A lui si deve l'ideazione e l'inizio della ricostruzione di Palazzo Biscari alla Marina a Catania, dopo il gravissimo terremoto del 1693 nella Sicilia orientale.
  21. ^ Villabianca, p. 105 (1754).
  22. ^ a b Villabianca3, p. 231 (1757).
  23. ^ Cfr. Duca D. Francesco Paternó Castello di Cárcaci <1893-1982>, Corpus Historiae Genealogicae Siciliae: «Paternò», in Rivista del Collegio Araldico, (già Rivista Araldica), Roma, Presso R. Collegio Araldico, vol. 32, 1934, pp.247-253.
  24. ^ Villabianca, pp. 104-105 (1754).
  25. ^ a b c Villabianca2, p. 297, 322 (1759).
  26. ^ a b c F. Emanuele e Gaetani (Villabianca), Della Sicilia Nobile, Parte Seconda, 1754, p.108.
  27. ^ Su di lui si può leggere: la Leggenda di don Arcaloro.
  28. ^ Fu tre volte capitano di giustizia di Catania (1689-90, 1705-1706, 1710-1711), patrizio nel 1701-1702, tesoriere nel 1706-1707.
  29. ^ Il feudo della Cavallera è sito nell'antica Centorbi, oggi Centuripe (Enna).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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