Cabaret: differenze tra le versioni

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* {{Cita libro |autore=[[Flavio Oreglio]] |autore2=[[Giangilberto Monti]] |titolo=La vera storia del cabaret: Dall'uomo delle taverne alla bit generation |editore=Garzanti |anno=2012 |isbn=8811601177 |cid=Flavio Oreglio e Giangilberto Monti, 2012}}
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* {{Cita libro |autore=W. Scott Haine |titolo=The Thinking Space. The Café as a Cultural Institution in Paris, Italy and Vienna |anno=2013 |editore=Ashgate |isbn=9781409438793 |url=http://www.ashgate.com/isbn/9781409438793 |lingua=en |cid=W. Scott Haine, 2013}}


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Versione delle 10:36, 28 feb 2019

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Cabaret (disambigua).
Théophile Alexandre Steinlen, Tournée del Le Chat Noir (1896)

Il cabaret (o, meno usato, cabarè, adattamento italiano della parola francese[1][2]), è storicamente una forma di spettacolo che combina teatro, canzone, commedia e danza.

Nato sul finire del XIX secolo in Francia, si differenzia subito dal café-chantant, orientato maggiormente verso l'intrattenimento e non la sperimentazione di nuovi linguaggi. È infatti all'interno dei primi cabaret che fioriscono le correnti di dadaismo prima, e surrealismo poi, che avrebbero estremamente influenzato tutta l'arte di là da venire.

Con il cambio delle modalità di spettacolo e con l'avvento della TV, anche la parola "cabaret" ha mutato, a livello colloquiale, il proprio significato. In spagnolo, per esempio, connota spettacoli di danza dallo spiccato erotismo. In Italia, invece, il "cabaret" viene associato alla recitazione comica, per cui "cabarettista" è diventato sinonimo di attore comico che si esibisce in locali.

Etimologia

Il termine francese cabaret deriva dalla parola piccarda o vallone del XII secolo camberete o cabret, che designa una piccola stanza. La prima testimonianza scritta dell'uso della parola kaberet si trova in un documento di Tounai del 1275. Il termine caberet o cabret era usato fin dal XII secolo nell'olandese medio con il significato di "locanda" o "ristorante" economici.[3]

La parola stessa cambret probabilmente deriva da una prima forma del francese chambrette, "piccola stanza", o dal normanno chamber, con il significato di "taverna", a sua volta derivato dal tardo latino camera, che significa "tetto a volta".[4]

Storia per paese

Cabaret francese

Il Moulin Rouge di Parigi

I cabaret e le taverne

I cabaret apparvero a Parigi alla fine del XV secolo. Si distinguevano dalle taverne perché, oltre al vino, vi veniva venduto anche del cibo, il tavolo era coperto da una tovaglia e il prezzo pagato era per il cibo e non per la bevanda.[5] Questi locali non erano associati all'intrattenimento, anche se saltuariamente dei musicisti vi suonavano all'interno.[6]. Presto i cabaret divennero maggiormente apprezzati delle taverne. Dalla fine del XVI secolo erano preferiti come luogo in cui cenare. Nel XVII secolo emerse una maggiore distrinzione tra i due tipi di locale, quando le taverne si limitarono a servire solo vino e più tardi anche carne arrostita.

I cabaret erano frequentemente utilizzati come luogo di ritrovo per scrittori, attori, amici e artisti. Scrittori come Jean de La Fontaine, Molière e Jean Racine erano notoriamente frequentatori di cabaret come il Mouton Blanc in rue du Vieux-Colombier e il Croix de Lorraine sull'odierna rue Bourg-Tibourg. Nel 1773 poeti, pittori, musicisti e scrittori francesi iniziarono a incontrarsi al cabaret Le Caveau in rue de Buci, dove componevano e cantavano le loro canzoni. Le Caveau rimase aperto fino al 1816, quando fu costretto a chiudere a causa del contenuto satirico delle canzoni scritte dai clienti, che deridevano il governo monarchico.[7]

I cabaret come ritrovi musicali

Il Café des Aveugles nelle cantine di Palais-Royal (inizio del XIX secolo)

Nel XVIII secolo apprvero i café-concert o café-chantant, locali che, oltre al cibo, offrigano anche numeri musicali, cantati o di magia. I pià celebri erano il Cafe des Aveugles, all'interno delle cantine del Palais-Royal, che aveva una piccola orchestra di musicisti ciechi. All'inizio del XIX secolo molti cafés-chantants aprirono a Parigi. Il più famoso era il Café des Ambassadeurs, aperto nel 1843 sugli Champs-Élysées, e l'Eldorado, aperto nel 1858 sul boulevard Strasbourg. Nel 1900 si potevano contari più di 150 cafés-chantants in tutta la città.[8]

Un altro cabaret fu fondato nel 1881 a nel quartiere parigino di Montmartre: Le cabaret artistique de Rodolphe Salis, subito dopo rinominato Le Chat noir ("Il gatto nero"). Tra gli spettatori di questo primo cabaret si annoverano anche personalità molto importanti dell'epoca, quali ad esempio Alphonse Allais, Jean Richepin, Aristide Bruant, ma anche persone provenienti da ogni strato sociale. Altri cabaret del periodo: il Cabaret des Quat'z'Arts, La Lune rousse e Les Pantins[9].

Altri famosi cabaret parigini sono il Folies Bergère e il Moulin Rouge, costruito nel 1889 nel quartiere a luci rosse di Pigalle, famoso per la riproduzione di un mulino rosso sul tetto.

Cabaret olandese (dal 1895)

Nei Paesi Bassi il cabaret o kleinkunst (letteralmente "piccola arte") è una forma di intrattenimento popolare, abitualmente rappresentata nei teatri. La data di nascita del cabaret olandese è abitualmente fatta risalire al 19 agosto 1895.[10]

Ad Amsterdam esiste la Kleinkunstacademie ("Accademia del Cabaret"). Tale forma d'arte è un misto di stand-up comedy, teatro e musica che spesso include temi sociali e satira politica. Nel XX secolo i tre più importanti cabarettisti olandesi erano Wim Sonneveld, Wim Kan e Toon Hermans. Oggigiorno molti spettacoli di cabaret tenuti da popolari cabaretiers ("cabarettisti") vengono trasmessi dalla televisione nazionale, in specialmodo il giorno di Capodanno, quando è possibile scegliere tra speciali spettacoli di cabaret in cui abitualmente i cabarettisti riflettono sui più importanti avvenimenti dell'anno trascorso.

Cabaret tedesco (dal 1901)

Nel 1900 viene fondato da Ernst von Wolzogen il primo cabaret tedesco, che al tempo era chiamato Buntes Theater (teatro colorato). Ma il vero cabaret Tedesco fiorì tra gli anni venti e gli anni trenta del Novecento portando al successo artisti come Werner Finck al Kathakombe e Karl Valentin al Wien-München.

Cabaret polacco (dal 1905)

Cabaret statunitense (dal 1911)

Cabaret britannico (dal 1912)

Cabaret italiano (dagli anni cinquanta)

In Italia, dove peraltro manca una vera e propria tradizione cabarettistica, il cabaret gode di una definizione alla fine degli anni cinquanta con il trio de I Gobbi (Vittorio Caprioli, Alberto Bonucci e Franca Valeri) con le musiche ironiche di Franco Nebbia. Tuttavia, si può considerare cabaret, ai più alti livelli, anche la precedente opera di Ettore Petrolini (1886 - 1936) che operava nei circuiti di avanspettacolo (prima) e di teatro (poi).

Milano

Lo stesso argomento in dettaglio: Derby Club.
Il Gruppo Repellente al Derby Club di Milano

Il cabaret si afferma prima con l'impronta pionieristica di Franco Nebbia al Nebbia Club di Milano, provocatorio e politicamente impegnato, ispirato alla lezione tedesca, poi col gruppo de' I Gufi (Gianni Magni, Lino Patruno, Roberto Brivio, Nanni Svampa), e al Derby Club di Milano, straordinaria fucina, assimilabile ad una vera e propria corrente artistica per merito di attori-autori innovativi quali Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Cochi e Renato, Lino Toffolo, già dal 1964, costituitisi in "Gruppo Motore". È l'affermazione stilistica del genere.

Successivamente, al Derby, si produrranno nuove leve come Massimo Boldi, Giorgio Faletti, Ernst Thole, Mauro Di Francesco, Giorgio Porcaro e Diego Abatantuono del Gruppo Repellente, o ancora Teo Teocoli, Walter Valdi, I Gatti di Vicolo Miracoli, Francesco Salvi, Paolo Rossi, Claudio Bisio, Enzo Iacchetti, Alberto Tovaglia, Alessandro Bergonzoni, Antonio Ricci, Giobbe Covatta, Aldo e Giovanni (Giacomo si unì al gruppo qualche anno più tardi al Caffe' Teatro di Samarate), la Carovana, Marco Milano, Roberto De Marchi.

Roma

Lo stesso argomento in dettaglio: Folkstudio e Il Bagaglino.
Tony e Marco al Folkstudio nel 1983

Nel 1965, a Roma, ottenne un clamoroso successo Il Bagaglino, fondato dai giornalisti Luciano Cirri, Mario Castellacci, Pierfrancesco Pingitore, Gianfranco Finaldi e Piero Palumbo; e dal musicista Dimitri Gribanovski. Nato in una cantina di vicolo della Campanella 2, la compagnia all’inizio ebbe il nome Bragaglino in onore di Anton Giulio Bragaglia, ma un'ingiunzione degli eredi impose il cambio in Bagaglino. Il primo spettacolo messo in scena, il 23 novembre 1965, fu I tabù con Oreste Lionello, Pino Caruso, Gabriella Gazzolo e Claudia Caminito. Lionello era attore già di buon nome. Per Pino Caruso si trattò della prima affermazione, che l’avrebbe portato nel 1968 in tv e alla notorietà.

Un contributo decisivo è da attribuire anche al locale "7 x 8" in Roma, dove, tra gli altri, si esibisce l'attore Paolo Villaggio.

A Roma fu celebre il locale La Chanson che lanciò il gruppo di cabaret La Smorfia, composto allora da Lello Arena, Enzo Decaro e Massimo Troisi.

Tempi recenti

Oggi sono pochi, in Italia, gli artisti collocabili nella tradizione del cabaret all'italiana: alcuni vengono dalla tradizione del Derby, altri sono di ispirazione petroliniana, altri ancora l'hanno aggiornata innestandovi moduli della stand up comedy anglosassone: Maurizio Battista, Giorgio Bracardi, Enrico Brignano, Gennaro Cannavacciuolo, Maurizio Milani, Corrado Guzzanti, Daniele Luttazzi, Paolo Rossi, Antonio Rezza.

Cabaret svedese (dagli anni settanta)

Note

  1. ^ CABARÈ, in Dizionario Italiano online Hoepli. URL consultato il 10 dicembre 2017.
  2. ^ cabaret/cabarè \ La parola del giorno, in Vocabolario di italiano Zingarelli, 19 gennaio 2013. URL consultato il 10 dicembre 2017.
  3. ^ (FR) Cabaret, su Ortolong: site of the Centre National des Resources Textuelles et Lexicales. URL consultato l'11 gennaio 2019.
  4. ^ (EN) Cabaret, su Collins English Dictionary. URL consultato il 15 agosto 2018.
  5. ^ Alfred Fierro, 1996, p. 737
  6. ^ Jim Chevallier, 2018, pp. 67-80
  7. ^ Alfred Fierro, 1996
  8. ^ Alfred Fierro, 1996, p. 737
  9. ^ Lisa Appignanesi, 2004, p. 22
  10. ^ Willem Frijhoff e Marijke Spies, 2004, p. 507

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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