Umberto Lusena

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Umberto Lusena (Livorno, 20 settembre 1904Roma, 24 marzo 1944) è stato un militare e partigiano italiano, vittima dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare. Figlio del generale ebreo Leonardo Lusena, ex legionario fiumano, raggiunse D'Annunzio appena sedicenne. Seppur figlio di matrimonio misto, scampò alle epurazioni dovute alle leggi razziali antisemite. All'indomani dell'armistizio, nel settembre del 1943, come maggiore del Regio esercito, al comando del IV battaglione arditi paracadutisti di un Reggimento della "Nembo", si oppose all'avanzata dei carri armati tedeschi verso Roma.

Successivamente collaborò con la Resistenza, in particolare con il gruppo di Montezemolo, il Fronte Militare Clandestino.

Fu catturato, trasferito a Via Tasso dove fu torturato ma non tradì i compagni. Venne trucidato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Per la sua tragica morte fu insignito dalla Medaglia d'oro al valore militare.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

A lui è intitolata una strada a Livorno e una a Roma (vicino a Viale Medaglie D'Oro).

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale superiore di alte qualità militari, al comando di un battaglione arditi paracadutisti rifiutava la resa imposta dai tedeschi e si opponeva valorosamente all’avanzata su Roma di una forte colonna nemica rinforzata da mezzi corazzati. Cessata, per l’incalzare degli eventi, ogni resistenza militare passava alla lotta clandestina organizzando e potenziando le formazioni partigiane, preparando con slancio illimitato animi, volontà e mezzi per il giorno della riscossa. Arrestato per vile delazione, sopportava duro carcere e subiva inumane torture, sopportando nello spasimo della carne martoriata il segreto che, se svelato, avrebbe tradito la causa e i compagni di lotta. Condotto al martirio legato ad altri italiani colpevoli di amare la Patria, cadeva barbaramente trucidato bagnando col suo sangue il sacro suolo delle catacombe dei primi martiri del cristianesimo e lasciando in retaggio ai suoi teneri figli il sublime patrimonio dell’onore e del dovere.»
— Roma, Fosse Ardeatine, 24 marzo 1944

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]