Alberto Cozzi

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Alberto Cozzi (Roma, 23 marzo 1925Roma, 24 marzo 1944) è stato un partigiano italiano vittima delle Fosse Ardeatine e medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Alberto Cozzi nato da genitori originari di Castel Cellesi una volta comune, oggi frazione di Bagnoregio, cresciuto a Roma a Valle Aurelia, allora ancora abitato in prevalenza da operai fornaciari, apprendista meccanico, entro' giovanissimo nella formazione partigiana "Stella Rossa"[1], partecipando a numerose azioni di sabotaggio. Quando si rese conto di essere stato individuato, lasciò Roma e si spostò dai suoi parenti a Castel Cellesi, dove continuò la lotta contro i nazifascisti con la Banda partigiana "Colleoni"[2]. Si apprestava a far saltare in aria un deposito tedesco di munizioni allorché, tradito da un confidente della polizia, fu catturato dai fascisti.

Trasferito a Roma, resistette agli interrogatori e alle torture a via Tasso. Anche dinanzi ai giudici che lo processavano, mantenne un contegno fermo e dignitoso. Condannato a sette anni di carcere in considerazione della giovane età, fu rinchiuso nel Carcere di Regina Coeli, ma vi rimase poco. Fu trucidato alle Fosse Ardeatine, con gli altri 334 martiri prelevati dai nazifascisti dopo l'azione gappista di via Rasella.

Ad Alberto Cozzi è stata intitolata una strada di Roma e una ex scuola a Castel Cellesi frazione di Bagnoregio.

Il suo nome figura anche sulla lapide che nella Capitale, in Via Aurelia 37/a, è stata posta dagli abitanti del quartiere nel 1954, in ricordo dei cinque partigiani della "Valle dell'Inferno", caduti tra le Fosse Ardeatine e Forte Bravetta.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare (alla memoria) - nastrino per uniforme ordinaria
«Diciottenne animato da viva fede patriottica, subito dopo l'armistizio, con decisione e con ardimento esemplari, prodigava ogni sua attività nella lotta di liberazione distinguendosi, in pericolose circostanze, per costante dedizione, per iniziativa e per coraggio. Caduto, per delazione, in mani tedesche, brutalmente interrogato e barbaramente seviziato, manteneva esemplare contegno, nulla rivelando. Al processo rivendicava su di sé ogni responsabilità riuscendo a far assolvere un suo compagno. Alle Fosse Ardeatine immolava la giovane vita agli ideali di Patria e di Libertà.»
— Roma, settembre 1943 - 24 marzo 1944[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]