Stato dei Presidi
Template:Stato Storico Stato dei Presìdi si chiamò un nucleo di territorio di piccola entità, ma di grandissima importanza strategica e militare, creato per volontà del re di Spagna Filippo II con territori precedentemente appartenenti alla Repubblica di Siena dopo l'annessione di quest'ultima da parte del Granducato di Toscana nel 1557.
Comprese dapprima il promontorio dell’Argentario in Toscana con Orbetello, Porto Ercole e Porto Santo Stefano, con Ansedonia e Talamone e, successivamente, Porto Longone (l’attuale Porto Azzurro) nell’isola d'Elba, già appartenente alla signoria poi principato di Piombino. Appartenne poi al Regno di Napoli fino al 1800. Seppur costituito in limiti angusti , con esso i suoi dominatori poterono controllare ed influenzare gli stati ed i mari dell’Italia Centrale.
La storia dello stato
Origine e dominazioni
Costituitosi con il trattato di Londra del 29 maggio 1557 e con quello di Bruxelles del 3 luglio del medesimo anno, lo Stato dei Presidi durò fino al 1801 con quattro periodi storici ben distinti. Nel primo periodo che va dal 1557 al 1707, il governo dipese dalle direttive politiche ed amministrative dei viceré di Napoli.
Nel secondo periodo, che va dal 1707 al 1737, è caratterizzato dalla dominazione austriaca: si tratta di quel periodo che va dalla guerra di successione spagnola alla guerra di successione polacca durante il quale lo stato fu governato dai viceré austriaci di Napoli.
Nel terzo periodo, che va dal 1737 al 1800, lo stato fu annesso alle due Sicilie con Carlo di Borbone e sino a Ferdinando IV.
Nel quarto periodo, che va dal 1800 al 1801, ci fu la dominazione francese , a seguito alla seconda conquista napoleonica dell’Italia, allorquando lo stato dei presidi finì per essere incorporato nel Regno d'Etruria. Questo fu l’episodio definitivo di questo stato, in quanto, con la restaurazione, non fu più ricostituito: il suo territorio divenne parte integrante del Granducato di Toscana.
Governo
Questi periodi storici hanno dei punti in comune. Il più rilevante è che lo stato dei presidi non fu mai uno stato sovrano, non ebbe poi mai una dinastia regnante propria e tanto meno ebbe rappresentanze ufficiali proprie. In quasi tutte le situazioni storiche non fu altro che un’appendice del Regno di Napoli. Potremmo concludere che fu solo un titolo di cui, a turno, si insignirono i re di Spagna, gli imperatori d’Austria e i re di Napoli.
Lo Stato ebbe solo governatori inviati dai governi centrali, per lo più militari, di medio rango, di limitate capacità intellettuali, preoccupati solo di mantenere in efficienza le fortificazioni, ma soprattutto di evitar grane.
Dominio napoletano
Il periodo più importante fu proprio il primo, in quanto ebbe maggior durata. In esso lo Stato dei Presidi assolse appieno le funzioni politiche e militari per le quali era stato creato. Il periodo in esame fu anche quello che ci ha lasciato la maggior quantità di documentazione urbanistica ed architettonica. Da principio il re di Spagna, Filippo II, alleato ed amico di Cosimo I de' Medici ordinò che a quest’ultimo obbedissero i comandanti spagnoli di Orbetello, Talamone, Porto Ercole e del Presidio di Piombino.
Nel giro di cinquanta anni lo Stato dei Presidi dispose di un sistema di fortificazioni sempre più imponenti oltre a quelle medievali o costruite o riattate nel periodo della dominazione senese. Non dimentichiamo che Cosimo I disponeva dei più bravi architetti militari dell’epoca e che, da parte sua, seppe approfittare della situazione impadronendosi in quel periodo di Castiglione della Pescaia e dell’Isola del Giglio, strappandola al legittimo proprietario don Innico Piccolomini, marchese di Capestrano e duca di Amalfi ma nemico della Spagna e di Firenze.
Successivamente i Viceré di Napoli cominciarono ad esercitare un potere sempre più ampio. Il primo degno di mensione è don Perafan de Ribera, duca di Alcalà che dopo una visita nel 1569 fece costruire caserme in Orbetello, Porto Ercole e Talamone, dotandole di buone guarnigioni.
L’invasione della Toscana da parte di una compagnia di ventura, comandata da Alfonso Piccolomini, duca di Montemarciano, dette adito al sospetto che ciò fosse stato reso possibile attraverso una connivenza con la Spagna che avrebbe fornito aiuti attraverso lo stato dei presidi. Fra gli eventi minori di quel periodo si ricorda che nel 1592 il territorio di Talamone fu invaso da una quantità di cavallette mai vista e che in certi momenti riusciva a rabbuiare il sole.
Particolarmente felice fu il periodo di vicereame del conte Olivares che, nel 1596, contro le disposizioni governatoriali, consentì di andare in giro armati a tutti gli abitanti dello Stato, sia per cacciare liberamente che per difendersi dai Turchi e dai fuoriusciti che infestavano la Maremma. Nel 1597 grandi feste alleviarono il clima rigido istaurato dai governatori grazie alla visita del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di Clemente VIII. Cambiati i rapporti con la Toscana, il Re di Spagna si avvalse di una clausola del trattato di Londra per far costruire la fortezza di Porto Longone in contrapposizione alla fortezza toscana di Portoferraio e per mantenere forte l’egemonia spagnola nell’Italia centrale e sul papato.
Nello stesso periodo sotto il vicereame di Giovanni Alfonso Pimentel, conte di Benavente, si distinse il governatorato di Egidio Nunes Orejon come restauratore e valorizzatore di Porto Santo Stefano. Egli circondò la vecchia rocca di un agrumeto dotandola anche di una sorgente d’acqua, fece costruire due fonti di uso pubblico (la pilarella e la fonte della piazza) e rese possibile in loco l’insediamento di famiglie da Orbetello, Talamone e Porto Ercole.
Rammentiamo la costruzione del fortino delle Saline a guardia dell’istmo del Tombolo e della Giannella su ordine di Filippo IV, nel 1660, allo scopo di opporre una valida difesa contro i pirati, ma non dimentichiamo che pochi anni prima, Orbetello, dovette subire un assedio da parte delle truppe francesi, esattamente dal 9 maggio al 20 luglio 1646. Questo assedio fallì, ma fu compensato dalla presa di Porto Longone dal 27 settembre 1646 al 15 luglio 1650. Questo episodio della più vasta guerra dei 30 anni permise minacce dirette da parte della Francia di Mazarino al Regno di Napoli e valse a sconvolgere tutto l’apparato di dominio spagnolo in Italia. È noto, infatti, come il viceré spagnolo, a seguito di questa guerra, impose a Napoli forti tasse fra cui quella sulla frutta che provocò una violenta insurrezione della città, di cui fu storico protagonista Tommaso Aniello detto Masaniello. Dopo la restaurazione dell’antico regime a Napoli ottenuta dal duca di Arcos con una flotta partita da Gaeta al comando di don Giovanni d’Austria.
Chiuso il capitolo delle minacce francesi, lo Stato dei Presidi vide una notevole rifioritura e, di conseguenza, un miglior tenore di vita della popolazione. È in questo periodo che lo stato dei presidi subì le maggiori influenze e non solo per i grandi complessi delle fortificazioni bensì in tutte quelle espressioni della convivenza civile, nel fasto, nei costumi e perfino nella lingua. In Orbetello, la capitale dello Stato, fu poi realizzata una tipografia in grado di stampare libri. Furono effettuati lavori di ampliamento ed abbellimento in duomo, con l’aggiunta di nuovi altari, di cappelle gentilizie e di tombe di notabili. Molti furono i palazzi pubblici civili realizzati, come il palazzo del governatore in Orbetello e Porto Ercole.
Questo stato di prosperità e di pace durò dal 1650 al 1707, solamente turbato dalle inevitabili pestilenze che in quei tempi venivano diffuse dai marinai delle navi che attraccavano nei porti dell’Argentario e di Talamone tanto che nel 1676 venne istituito nello stato uno specifico commissariato di sanità per quanto si hanno notizie di due preesistenti ospedali uno chiamato di santa Croce e l’altro di santa Maria.
Ma nel 1667 erano ricominciate le guerre a causa di Luigi XIV tanto che Cosimo III de' Medici si vide conteso tra Impero, Spagna e Francia che gli promisero compensi territoriali anche ben più grandi del medesimo stato dei presidi, così che egli avanzò la richiesta del titolo di Re sui territori della Sardegna posseduti precedentemente dalla repubblica di Pisa in quell’isola. Tutto finì nel nulla, quando gli spagnoli, giunti a Milano, imposero un pesante contributo di denaro al Granduca di Toscana, ridotto poi solamente a 100.000 scudi per non far orientare Cosimo III verso la Francia.
Era il 1691 ed in queste condizioni si giunse alla guerra di successione spagnola (1700-1713) ed al primo dei decisivi rivolgimenti politici che lo Stato dei Presidi ebbe a subire: occupato dagli austriaci, i presidi vennero assegnati all'Austria dalle paci di Utrecht (1713) e di Rastatt (1714). Con la successiva guerra di successione austriaca nel 1734 i Presidi furono assegnati al ricostituito Regno di Napoli di Carlo di Borbone e rimasero ai Borboni di Napoli fino alla fine del XVIII secolo.
Lo stato dei presidi fu formalmente soppresso per volontà di Ferdinando IV nel 1796, che decise di integrarlo nel demanio del Regno di Napoli assieme al ducato di Sora. Rimase a Napoli fino alla pace di Firenze (28 marzo 1801), in virtù del quale i Presidi furono ceduti alla Francia, che li destinò al regno d'Etruria. Quest'ultimo ebbe brevissima vita: in seguito al Trattato di Fontainebleau (23 ottobre 1807) i Presidi (come peraltro tutta la Toscana) furono annessi alla Francia, per poi essere assegnati al Granducato di Toscana dal congresso di Vienna (1815).
Bibliografia
- Giuseppe Caciagli. Stato dei Presidi. Pontedera, Arnera Edizioni, 1992.