Pontefice massimo
Il pontefice massimo (in latino pontifex maximus) era una figura della religione romana.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Le origini di questa carica sacerdotale si fanno risalire all'epoca più antica di Roma, ed erano legate alla costruzione del Pons Sublicius, il più antico ponte di Roma costruito sul Tevere, poco più a valle dell'isola Tiberina. Per le popolazioni arcaiche era così importante, questo ponte e la sua manutenzione, che in relazione ad esso nacque il più antico e potente sacerdozio romano: il Pontifex. La carica di pontefice massimo, anche se di carattere più che altro rappresentativo, era il massimo grado religioso al quale un romano poteva aspirare, secondo la tradizione istituita da Numa Pompilio[2].
Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]
L'accesso a questa carica inizialmente rimase riservato ai Patrizi romani, fino a quando nel 254 a.C. la carica fu assunta da un plebeo, Tiberio Coruncanio.[3]
Risiedeva nella Domus Publica, che si trovava nel Foro Romano, accanto all'antica Porta Mugonia, vicino al Tempio di Vesta e alla Casa delle Vestali dopo la cessione da parte dell'imperatore Augusto.
Funzioni e poteri[modifica | modifica wikitesto]
Era il capo del collegio di sacerdoti, i pontefici, che presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso, e a lui era riservato il diritto di sedere sulla sella curule. Era al comando dei 30 littori curiati, uno speciale tipo di littore che non portava i "fasces" ed aveva compiti religiosi, quando questi lo accompagnavano con il compito di scortare gli animali agli altari in occasione dei sacrifici e nominava le vestali, i flamini e il rex sacrorum. Era anche responsabile della consecratio, ossia la consacrazione del tempio alla divinità cui era dedicato. Disciplinava inoltre i fasti e compilava annualmente la tabula dealbata e gli annales pontificum oltre ad avere il compito di interpretare i mores e collaborava per l'emanazione della lex regia insieme al rex.
Fino a quando non fu introdotto il Calendario giuliano, al Pontefice era affidato il compito di inserire il mese intercalare, al fine di mantenere l'anno del calendario allineato all'anno tropico.
Lista dei pontefici massimi[modifica | modifica wikitesto]
- 753 a.C. - 712 a.C. – La carica (forse però senza il titolo) appartiene ai re di Roma
- 712 a.C. – Numa Marcio, secondo altre fonti lo stesso Numa Pompilio
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- 616 a.C. - 579 a.C. – Sesto Papirio, definito esperto (peritus) del diritto pubblico e delle leges regiae e molto conosciuto, da ciò si ritiene che fosse pontefice massimo
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- 509 a.C. – Gaio Papirio
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- 490 a.C. – Mario Papirio
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- 449 a.C. - 431 a.C. – Quinto Furio
- 431 a.C. - 420 a.C. – Aulo Cornelio Cosso
- 420 a.C. - 390 a.C. – Spurio Minucio
- 390 a.C. – Marco Follio Flaccinatore
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- 332 a.C. - 304 a.C. – Publio Cornelio Callissa
- 304 a.C. - 270 a.C. – Lucio Cornelio Scipione Barbato
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- 254 a.C. - 243 a.C. – Tiberio Coruncanio, primo pontefice massimo plebeo
- 243 a.C. - 221 a.C. – Lucio Cecilio Metello
- 217 a.C. - 213 a.C. – Lucio Cornelio Lentulo Caudino[4]
- 213 a.C. - 212 a.C. – Marco Cornelio Cetego[5] (morto nel 196 a.C.)
- 212 a.C. - 183 a.C. – Publio Licinio Crasso Divite[6]
- 183 a.C. - 180 a.C. – Gaio Servilio Gemino
- 180 a.C. - 152 a.C. – Marco Emilio Lepido
- 152 a.C. - 150 a.C. – vacante
- 150 a.C. - 141 a.C. – Publio Cornelio Scipione Nasica Corculo
- 141 a.C. - 132 a.C. – Publio Cornelio Scipione Nasica Serapione (morto a Pergamo, Asia Minore)
- 132 a.C. - 131 a.C. – Publio Licinio Crasso Dive Muciano (ucciso in battaglia in Asia Minore)
- 130 a.C. - 115 a.C. – Publio Muzio Scevola
- 115 a.C. - 103 a.C. – Lucio Cecilio Metello Dalmatico
- 103 a.C. - 89 a.C. – Gneo Domizio Enobarbo (morto nell'88 a.C.)
- 89 a.C. - 82 a.C. – Quinto Muzio Scevola (ucciso nel tempio di Vesta)
- 81 a.C. - 63 a.C. – Quinto Cecilio Metello Pio
- 63 a.C. - 44 a.C. – Gaio Giulio Cesare
- 44 a.C. - 13 a.C. – Marco Emilio Lepido
- 13 a.C. - 12 a.C. – Augusto
- 12 a.C. - 376 – Dal 6 marzo 12 a.C.[1] la carica appartiene agli imperatori
- Nel 376 l'imperatore Graziano, fervente cristiano, rinuncia al titolo di Pontifex maximus in favore del vescovo di Roma e da allora la carica di pontefice massimo non fu più assunta da alcun imperatore[7]
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ a b Svetonio, Augustus, 31.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, II, 73,1.
- ^ Titus Livius Ex Libro XVIII Periochae, da livius.org
- ^ Livio, XXII, 10 ss. e XXV, 2.1.
- ^ Livio, XXV, 2.2.
- ^ Livio, XXV, 5.3-4.
- ^ I Pontefici nell'Impero romano da romanoimpero.com.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Renato Del Ponte, La religione dei Romani. Milano, Rusconi, 1982. ISBN 88-18-88029-2.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Ius Quiritium
- Lex regia
- Mos maiorum
- Pontefice (storia romana)
- Re sacro
- Sacerdozio (religione romana)
- Sella curule
Controllo di autorità | GND (DE) 4229302-9 |
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