Dal 2005 è di proprietà del gruppo Qianjiang Motor, una società cinese che a sua volta è controllata dal Geely Holding Group. Fondata nel 1911 a Pesaro è la prima azienda motociclistica italiana più antica ancora in attività, dopo la chiusura nel 2020 della più anziana Gilera (fondata nel 1909).
Nella sede Benelli QJ di Pesaro in Italia si svolgono le attività di progettazione, sviluppo e marketing in sinergia con la casa madre di Wenling in Cina dove le motociclette sono prodotte.
Dalla fondazione alla Seconda Guerra Mondiale (1911-1945)
I sei fratelli Benelli. Da sinistra: Tonino, Francesco, Giovanni, Giuseppe, Filippo e Domenico (1929)
Nel 1911 Teresa Boni Benelli, vedova da quattro anni, si poneva il difficile compito di assicurare un solido futuro ai sei figli: Giuseppe, Giovanni, Francesco, Filippo, Domenico e Antonio, detto Tonino, di soli nove anni.
Giuseppe Benelli (1889-1957). È stato certamente l'uomo di maggior spicco e levatura tecnica della famiglia: le sue capacità progettuali diedero vita a innovativi progetti in ambito motoristico sia a due che a quattro ruote. Risultano tuttora a suo nome 13 brevetti.[1] Ottenne a 17 anni il diploma di perito industriale presso l'Istituto Tecnico Industriale di Fermo. Lavorò per alcuni anni presso Fiat e Isotta Fraschini, per poi fondare con la madre e i fratelli la ditta "Fratelli Benelli Pesaro". Si laureò in ingegneria presso un istituto svizzero, presentando come tesi il progetto del motore 175 quattro tempi monoalbero che in seguito sarebbe divenuto la pietra miliare dell'Azienda. Nel secondo dopoguerra si staccò dall'azienda familiare per fondare prima la BBC Automobili e poi la MotoBi, quest'ultima tornerà a riunirsi con la Benelli negli anni sessanta.
Giovanni Benelli (1890-1981). Direttore Tecnico delle Officine Benelli. Ottenne la laurea in ingegneria meccanica in Canada e poi il titolo di Commendatore della Repubblica Italiana. Secondogenito, è stato il braccio destro di Giuseppe, si è da sempre interessato della produzione e dopo che il fratello maggiore ha lasciato la società sarà l'artefice del rilancio del marchio nel primo dopoguerra realizzando modelli di grande successo come il Leoncino e le quattro cilindri da competizione. Nel 1967 fonderà ad Urbino la Benelli Armi concretizzando così la sua passione per le armi da caccia coltivata fin da adolescente. Dal 1983 la società armiera appartiene alla Beretta che dal 1995 sarà Beretta Holding.
Francesco Benelli (1892-1961). Staccandosi dal ceppo familiare, ha mantenuto rapporti di collaborazione con l'azienda di famiglia, creando ad Ancona la prima rete commerciale.
Filippo Benelli (1895-1965). È stato il responsabile amministrativo/finanziario della società. Fu lui che ideò e portò a termine nel primo dopoguerra l'acquisto di circa 1.000 motociclette abbandonate dai belligeranti sul terreno e raggruppate nei campi A.R.A.R., per poi essere ricondizionate e riconvertite dalla Benelli ad uso civile. Operazione economicamente vantaggiosa che darà nuova linfa all'azienda ridotta dalla guerra a un cumulo di macerie.[2] Partecipò alla Mille Miglia.
Domenico Benelli (detto Mimo) (1897-1975). È stato il responsabile della gestione sportiva: sempre presente sui circuiti e confidente di tanti piloti. Va ricordato anche il suo prezioso apporto al recupero, nell'immediato dopoguerra, dei macchinari e delle attrezzature che l'esercito tedesco aveva saccheggiato dallo stabilimento di Viale Mameli.
Antonio Benelli (detto Tonino) (1902-1937) fu quattro volte campione d'Italia con la Benelli 175 nel 1927,1928,1930 e 1931. La sua fama all'epoca travalicava i confini nazionali e in Patria fu definito il "Girardengo della motocicletta" e anche il "Cigno del motore", nel primo caso accostandolo al più grande ciclista dell'epoca, nel secondo al suo più celebre concittadino Gioachino Rossini definito il "Cigno della musica".[3]
Busto bronzeo di Tonino Benelli esposto nell'area in cui sorgeva lo storico stabilimento di Viale Mameli a PesaroBenelli 500 VLM (Valvole Laterali Militare) (1940)Motore 500 ad "aste e bilancieri"
Verificato che i fratelli avevano scarsa attitudine a proseguire l'occupazione paterna nel condurre il fondo agricolo avuto in eredità e che, per contro, manifestavano una grande passione per la meccanica, la madre decise di vendere buona parte dei terreni e di investire il ricavato per l'acquisto di alcune macchine utensili, realizzando una piccola officina in via dell'Annunziata, nel centro storico di Pesaro. I figli maggiori, Giuseppe e Giovanni, avevano già terminato gli studi presso l'Istituto Tecnico Industriale Montani di Fermo e in breve tempo l'officina iniziò a funzionare, eseguendo riparazioni e realizzando artigianalmente pezzi di ricambio.
Data l'esiguità di veicoli a motore esistenti a Pesaro nella prima metà degli anni dieci, gli introiti non erano certo copiosi, ma paradossalmente le cose migliorarono con lo scoppio della prima guerra mondiale con l'arrivo di numerose commesse di aziende che erano impegnate nello sforzo bellico, quali: Isotta Fraschini, Colombo, OM e Alfa Romeo.[1]
Nel 1916, un violento terremoto rese inagibile l'officina e l'abitazione. Teresa Boni Benelli & Figli pensano allora di trasferire l'attività a Milano, proposito a cui rinunciano una volta che un amico di famiglia gli mette a disposizione alcuni locali di sua proprietà nella prima periferia di Pesaro. La fabbrica quindi trasloca in via del Lazzaretto, vicino alla Molaroni, la prima azienda motociclistica pesarese, le cui officine, nel 1933, saranno acquistate dalla Benelli una volta che la Molaroni decise di cessare la produzione.[3]
Da questo sito, l'opificio si espanderà progressivamente raggiungendo la sua massima dimensione negli anni settanta con una superficie complessiva di circa 33.000 m², di cui 23.000 coperti e con all'interno una pista ovale per testare sia le moto di serie che da competizione.
Antonio Benelli insieme alla moglie in un manifesto pubblicitario dell'epoca (1932)Spaccato del motore "250" monoalbero. Sono chiaramente visibili i cinque ingranaggi della distribuzione, i quattro ingranaggi dei servizi, le molle a "spillo" per il richiamo delle valvole e il piccolo radiatore dell'olio
Complice l'univoca passione per i motori, i fratelli Benelli avevano preso l'abitudine, sin dal 1910, di riunirsi per progettare, sotto la direzione di Giuseppe e Giovanni, un motore tutto loro con il quale equipaggiare una motocicletta. L'opera di progettazione, prototipazione e sviluppo, eseguita fuori dall'orario di lavoro, durò otto anni e partorì una motocicletta con un motore a due tempi di 75 cm³ montato sulla forcella anteriore di bicicletta, soluzione che si rivelò poco soddisfacente. Nel 1921, alla III Esposizione del Motociclo di Milano, viene presentata quella che ufficialmente è considerata la prima vera motocicletta Benelli: il Velomotore tipo A. Cambio a due rapporti, trasmissione a catena con parastrappi, magnete Bosch, carburatore Amal, forcella anteriore elastica, telaio in tubi d'acciaio, serbatoio sotto canna e motore maggiorato a 98 cm³ sempre a 2 tempi. Le critiche saranno lusinghiere tanto che presto seguirà il Velomotore tipo B di 125 cm³. Sulla base di quest'ultima moto, portata a 147 cm³ e opportunamente modificata per le competizioni, comincerà a gareggiare nel 1923 Tonino Benelli, (all'anagrafe Antonio), ottenendo qualche piazzamento di prestigio pur gareggiando nella categoria 175cm³.[1][2]
Ma il motore di maggior successo, che fece conoscere la Benelli in campo nazionale e internazionale, è stato il 175c cm³ 4 tempi con distribuzione a "cascata" d'ingranaggi e albero a camme in testa del 1927. Soluzione ardita e sofisticata che divenne ben presto il "marchio di fabbrica" della casa di Pesaro. Giuseppe Benelli prenderà spunto da uno studio teorico di un motore di Edward Turner pubblicato nel 1925 dalla rivista francese Moto Revue. Giuseppe, nell'intento di battere sul tempo la concorrenza, non perde tempo e reinterpreta completamente quella soluzione introducendo una semplice quanto geniale soluzione per eliminare gli effetti negativi delle dilatazioni termiche che affliggevano queste applicazioni.[4]
I cinque ingranaggi cilindrici a denti diritti della distribuzione (uno dell'albero motore, tre oziosi, uno dell'albero a camme) furono inseriti (a cascata) in una sottile cartella di alluminio collocata sul lato destro del motore, sulla sommità della quale vi era montato il "castelletto" della distribuzione con l'albero a camme e bilancieri annessi. Il tutto era fissato alla testa del motore non rigidamente, ma lasciando l'accoppiamento con un grado di libertà. La soluzione consisteva nell'inserire due viti con il gambo parzialmente filettato (colonnette) in due fori ricavati nel castelletto e avvitate sui due dei quattro prigionieri della testa termica. La parte filettata si univa solidamente alla testata, mentre la parte della vite non filettata creava un accoppiamento libero, ma molto preciso con i due fori ricavati nel castelletto. Le viti erano serrate in modo da non "schiacciare" il castelletto, ma in maniera che potessero lasciare un giuoco di qualche decimo di millimetro sufficiente ai due "blocchi" (cartella-castelletto/cilindro-testata) di scorrere l'uno sull'altro nella fase di dilatazione per effetto del calore, senza interferire e creare quelle deformazioni che avrebbero reso inaffidabile il sistema. Soluzione che fu brevettata nel 1927 e diede inizio al successo commerciale e sportivo della Benelli, protrattosi fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. (brevetto n. 255634 del 29 ott. 1927 "Disposizione per formare e fissare la scatola della trasmissione per il comando dell'albero di distribuzione in testa nei motori a scoppio")[4]
Motore 250 cc. 4 cilindri con compressore volumetrico (1938) Questo motore equipaggia l'unico esemplare di motocicletta al mondo che oggi fa parte della Collezione ASI-Morbidelli
Le più significative evoluzioni delle moto dotate di motore a "cascata d'ingranaggi" furono[1]:
Nel 1930 Giuseppe Benelli introduce un "castelletto" che consente con poche modifiche di trasformare il monoalbero in bialbero in modo che le valvole venissero comandate direttamente da due distinti alberi a camme.
Nel 1935 viene abolita la classe 175 e la Benelli introduce due nuove cilindrate: "250" e "500" con architetture praticamente identiche. Il serbatoio dell'olio, prima posto sotto la sella, viene spostato sul basamento del motore e dotato di un piccolo radiatore per il raffreddamento del medesimo. Il cambio, che prima era acquistato da aziende terze (Albion, Burman), fu interamente progettato e costruito internamente.
Nel 1936 sull'asse posteriore delle "250" e "500" viene applicato per la prima volta un'inedita sospensione elastica a forcellone oscillante.
Nel 1938 in Benelli si pensa ad una moto sovralimentata per contrastare la Gilera e la Moto Guzzi che già adottavano questa soluzione. Giuseppe Benelli applica ad una monocilindrica bialbero 250 di serie un compressore volumetrico coassiale all'albero motore, ma parallelamente si stava preparando un motore 4 cilindri fronte marcia con doppio albero a camme in testa, raffreddato a liquido e con un compressore volumetrico a palette, accreditato di una potenza massima di 52 CV a 10.000 giri/min e una velocità massima di 230 km/h. Lo scoppio del Secondo conflitto mondiale vanificherà ogni sforzo e questa soluzione (vietata nel dopoguerra) non sarà mai utilizzata in competizioni ufficiali.[4]
Nel 1938 la Benelli aveva circa 800 dipendenti ed entrò a pieno titolo nella cosiddetta "pentarchia" insieme a Gilera, Moto Guzzi, Sertum e Bianchi.[2]
Durante il periodo bellico l'azienda si dedicò esclusivamente alla fornitura di mezzi di trasporto a due o tre ruote ad uso militare anche con motori ad "aste bilancieri" e a "valvole laterali", meno sofisticati e prestazionali, ma più affidabili ed economici.
Le moto Benelli senza Tonino, che dovette interrompere la sua brillante carriera di pilota nel 1932 a causa di un grave incidente occorsogli nel circuito del Tigullio, risultarono comunque vittoriose e arrivarono a conquistare nuovamente il Titolo Europeo FICM nel 1934 della classe "175" con il centauro belga Yvan Goor; nel 1935 il record mondiale di velocità di categoria del Miglio e del Km lanciato con il pilota milanese Raffaele Alberti in sella alla "250" sport bialbero con 182.500 km/h; nel 1939 il Tourist Trophy con l'inglese Ted Mellors sempre con una "250" sport bialbero. Vittoria bissata nel dopoguerra dal pilota cesenate Dario Ambrosini laureatosi Campione del Mondo nel 1950.[3]
Il più giovane dei sei fratelli Benelli, dopo aver rischiato la vita su tutti i circuiti d'Italia e di mezza Europa, perderà la vita in un banale incidente stradale il 27 settembre 1935 all'età di 35 anni; Tonino era di ritorno da Rimini in sella a una Benelli "500 Sport" e in prossimità della curva San Lorenzo di Riccione si scontrerà frontalmente con una vettura proveniente dal senso contrario, l'impatto non darà scampo al campione pesarese che perderà la vita sul colpo. Il clamore della sua scomparsa riecheggerà per settimane sui media dell'epoca.[3]
Dal dopoguerra all'uscita della famiglia Benelli dalla Società (1946-1972)
Al temine del conflitto gran parte dello stabilimento andò distrutto, le attrezzature disperse o danneggiate e furono necessari tre o quattro anni per riavviare l'attività in un quadro di precarietà e miseria. Per rimpinguare le scarse risorse finanziarie i Benelli acquistarono un migliaio di motociclette abbandonate dagli alleati durante il conflitto mondiale e raggruppate nei campi A.R.A.R. che vennero poi ricondizionate e riconvertite ad uso civile.
Leoncino 125cm³ 2 tempi del 1952Benelli Letizia (1949)
Giuseppe Benelli, in seguito a insanabili contrasti con i fratelli sulle strategie produttive, si divide dalla società per fondare nel 1946 la BBC. La gestione della Società passerà al secondogenito Giovanni che, pur non avendo il talento progettuale del fratello maggiore, era dotato di grandi capacità organizzative avendo sempre gestito l'apparato produttivo dell'azienda. Sotto la sua direzione Giovanni fornisce ai progettisti le linee guida del modello della rinascita: la nuova motocicletta dovrà essere leggera, affidabile ed economica. Nasce così il modello Letizia dotato di un motore a due tempi (più economico del 4 tempi) di 98 cm³ con quattro cuscinetti di banco, montato su un telaio essenziale, ma elastico su entrambi gli assi. Letizia sarà la motocicletta antesignana del modello più famoso della Benelli nel dopoguerra: il Leoncino. Fu prodotto dal 1950 al 1960 in circa 45.000 esemplari, la motorizzazione più diffusa fu il 125 cm³ 2 tempi, ma anche 150 cm³ per la versione "motocarro" e 125 cm³ 4 tempi con distribuzione a "cascata d'ingranaggi", soluzione subito abbandonata per problemi di affidabilità.[4]
Nei primi anni '60, complice la profonda crisi del motoveicolo a vantaggio dell'automobile, i vertici di Benelli e Motobi (entrambe fondate da Giuseppe Benelli) trovarono un accordo per fondersi in un'unica realtà, pur mantenendo attivi entrambi i marchi. Nel 1962 la produzione complessiva raggiunse i 300 esemplari al giorno. Alla fine degli anni sessanta con la crescente diffusione delle case giapponesi inizia il rapido declino dell'industria motociclistica italiana, cui la Benelli/MotoBi non fa eccezione. Declino che i cugini Marco Benelli (figlio di Giuseppe) e Paolo Benelli (figlio di Tonino), tentano di arginare con investimenti nel campo sportivo e con la progettazione di nuovi motori bicilindrici a due tempi, per i quali viene ingaggiato lo specialista tedesco Peter Dürr.
I successi sportivi del dopoguerra
Renzo Pasolini su Benelli 250 Grand Prix
Per quanto riguarda il settore sportivo, nel dopoguerra il marchio del Leoncino ha ottenuto due titoli mondiali nella classe 250 con il cesenate Dario Ambrosini nel motomondiale 1950 e con l'australiano Kel Carruthers nel motomondiale 1969; si è imposta anche in cinque Campionati Italiani Velocità nella classe 250 con Dario Ambrosini (1950), con l'emiliano Tarquinio Provini (1965, 1966), con il riminese Renzo Pasolini (1968, 1969); in tre Campionati Italiani Velocità nella classe 350 con il pesarese Silvio Grassetti (1967) e ancora con Pasolini (1968, 1969). Numerose furono le affermazioni e i piazzamenti nelle classiche di gran fondo dell'epoca, la Milano-Taranto e il Motogiro d'Italia, con il Leoncino 125, decisamente la motocicletta di serie più iconica della Benelli degli anni 50/60.[4]
Il Trofeo Pesaro Mobili, svoltosi in località Villa Fastiggi di Pesaro, si fregiò della partecipazione dei più grandi nomi del motociclismo mondiale dell'epoca come Giacomo Agostini, Mike Hailwood, Jarno Saarinen e Renzo Pasolini. Nel 1971 "Mike the Bike" in sella a una vecchia Benelli "350" arrivò secondo dietro ad "Ago" alla guida della tre cilindri MV Agusta.
Nell'edizione del 1972 Jarno Saarinen in sella alle nuovissime Benelli 4 cilindri "500" e "350" vinse in entrambe le classi battendo rispettivamente Giacomo Agostini su MV Agusta e Renzo Pasolini su Aermacchi. Inizia in questo modo così promettente l'era di De Tomaso, ma questa sarà la prima e l'ultima competizione della sua gestione. Infatti il manager italo-argentino, dopo la morte a Zandvoort del pilota inglese Piers Courage alla guida della monoposto De Tomaso 505, non ne volle più sapere di corse. La Benelli tornerà a gareggiare solo negli anni 2000 con Andrea Merloni in WSBK.[2][6]
La gamma per il mercato USA
Mojave 260 prodotta dalla Benelli per il mercato USA (1966)
Dagli anni 60, nel momento di maggior crisi del mercato in Italia, la Benelli salva i bilanci con le esportazioni negli USA. Negli anni sessanta infatti sceglie due strade diverse per vendere oltreoceano: tramite l'importatore Cosmopolitan e con la Montgomery Ward e presentò i seguenti modelli:
Tornado 650: la maxi bicilindrica venne commercializzata prima negli USA poi in Europa. Le sovrastrutture sono completamente diverse, ma la particolarità è il telaio tipo Metisse, voluto da Steve McQueen. L'attore infatti era l'uomo immagine dell'importatore Comsopolitan e della Montgomery Ward.[7]
Mojave 260/360: utilizzava il telaio e le sovrastrutture della Tornado mentre il motore 4 tempi era una maggiorazione del 175 cc. La moto, proposta anche in allestimento Scrambler, si poteva comprare in negozio oppure farsela spedire a casa smontata con un risparmio di alcuni dollari. L'operazione commerciale di montare il Marchio Riverside e non Benelli partì bene ma finì male per via dell'inesistente rete di assistenza e per via del prezzo. Ne furono realizzati circa 1000 esemplari.
Buzzer/Hurricane/Dynamo/Hornet: scooter a ruote piccole con motore da 65 cc (al posto di 50 cc venduti in Italia). Rispetto ai modelli venduti in Italia, cambiavano i nomi e qualche dettaglio.
Volcano: "scooter" a ruote basse derivato dal Mini Cross ma con una cilindrata di 180 cc.
La gestione Alejandro De Tomaso (1972-1989)
Alejandro De Tomaso in sella a un prototipo della Benelli 750 Sei (1972)Benelli 750 Sei del 1975Benelli 900 Sei (1983)
De Tomaso è stato indubbiamente uno degli industriali più discussi e potenti d'Italia negli anni '60, '70 e '80. Fonda nel 1959 la De Tomaso automobili a Modena e realizza una propria serie di autovetture stradali e da competizione. Acquisirà poi una serie di aziende italiane come Maserati, Innocenti, Ghia e Vignale e successivamente, nel 1971, la Benelli per 11 miliardi (la Casa è indebitata per 9) e la Moto Guzzi nel 1973. De Tomaso aveva quindi molti e diversificati interessi, acquisiva aziende in difficoltà attraverso la GEPI per poi ristrutturarle e cercare di rivenderle intascandone le plusvalenze. Questo suo approccio non aveva evidentemente una lungimirante continuità industriale, per cui nelle sue acquisizioni ci sono state più "ombre" che "luci". Non fa eccezione la Benelli, che vivrà il periodo più travagliato della sua centenaria storia.
Con l'arrivo di De Tomaso, Marco Benelli (figlio di Giuseppe) rimase in azienda come dirigente, mentre il cugino Paolo (figlio di Tonino) lasciò per dedicarsi alla Benelli Armi fondata dallo zio Giovanni. Nel 1976 Paolo, insieme alla Morbidelli, costituirà una società con sede a Sant'Angelo in Vado (PU) per la produzione di moto da GP denominata MBA (Morbidelli Benelli Armi).[8]
Benelli 250 Quattro (1981), la 4 cilindri più compatta mai prodotta
Il manager italo-argentino, al fine di sfidare le case giapponesi, chiede subito ai progettisti di copiare un motore Honda CB 500 Four per risparmiare tempo e denaro. Nacque così la 500 Quattro (1974) che sarà la base della 750 Sei con il suo motore a sei cilindri in linea, primo al mondo su una moto stradale. Gli esperti del settore giudicarono la 750 Sei una moto facile da guidare, con una elevata elasticità del motore, una eccezionale tenuta di strada e degli ottimi freni. L'unica nota negativa era l'accensione che doveva portare la corrente al momento giusto alle candele. Nel 1974 divenne "Moto dell'anno" e nel 1975 ci furono le prime consegne. Aveva una velocità massima di 200 km/h, 75 cv a 9500 giri al minuto e fu prodotta in 3200 esemplari fino al 1977. Questa politica industriale abbinata a pochi investimenti in impianti e ricerca, ad una qualità dei materiali non all'altezza della concorrenza, ad una rete di distribuzione e post vendita carenti, si rivelerà ben presto deleteria. Quindi, il colpo finale, sarà inferto dalla fusione con l'acerrima e storica rivale (nelle corse) Moto Guzzi nella Guzzi-Benelli Moto (G.B.M. S.p.A.) che trasformerà la Benelli in una scatola vuota.[6]
Negli anni 80 la Benelli si trasforma in una scatola vuota. Le cause sono molteplici, ma tutto inizia a fine anni 70, quando il Gruppo De Tomaso perde colpi a causa delle difficoltà che incontrano Maserati e Innocenti in campo auto. Tutto ciò si riflette negativamente anche sulle moto, poco sviluppate e costruite con sempre minor cura. Tra queste ci sono la 125 Turismo e la 125 Sport, la 125 BX Cross con telaio e motore TM Racing (piccola Azienda Pesarese specializzata in moto da cross) costruita in collaborazione con FMI e col Team Italia; senza dimenticarsi della custom 125 CS; della 125 E, una enduro 2 tempi, con raffreddamento a liquido, cambio a 6 marce e una potenza di 20 cv e infine della Jarno (denominazione dedicata al pilota Saarinen) presentata nel 1987, fu la prima 125 ad avere 3 freni a disco. Aveva inoltre un motore da 27 cv a 10500 giri e un gran telaio ma la ridotta rete vendita e una produzione limitata ne decretarono l'insuccesso.
Anche tra il segmento dei ciclomotori, le idee a De Tomaso non mancano e, agli inizi degli anni 80, lancia l'S50 (presentato al MotorShow nel 1980): un ciclomotore, clone della Yamaha Passola (mai importata in Italia) di 50 cc, con raffreddamento ad aria, cilindro verticale, cambio automatico a 2 velocità e che richiedeva una miscela all' 1% (un record); l' S125, presentato nel 1982 ma messo in vendita due anni dopo e con la trasmissione che prevedeva due frizioni, una comandata a mano e l'altra automatica. Un altro ciclomotore degno di nota è il Laser (del 1985) di 50 cc: si trattava dell' S50 con una carrozzeria in plastica differente, con lo scudo anteriore che avvolgeva completamente la ruota e che disponeva di uno sportello attraverso cui si accedeva al vano portaoggetti. Fu commercializzato ad un prezzo analogo a quello della Vespa e nel 1988 uscì di produzione.
A fine anni 80, l'attività produttiva si ridusse ai minimi termini e nel 1989 solo un'ottantina di operai lavoravano, mentre altri 153 erano in cassa integrazione.[9]
In questo periodo la Benelli si trasferirà nell'area industriale di Chiusa di Ginestreto in prossimità di Pesaro, mentre lo storico stabilimento di viale Mameli sarà quasi completamente demolito per far posto ad un centro direzionale.
La gestione Giancarlo Selci (1989-1994)
De Tomaso decide a quel punto di cedere l'azienda e la sopravvivenza della Benelli sarà garantita da Giancarlo Selci, pesarese, anno 1936, ex tornitore della Benelli, fondatore della Biesse, uno dei maggiori gruppi industriali al mondo per la produzione di macchine per la lavorazione del legno, vetro e pietra, che rileva la Casa del Leoncino il 23 ottobre 1989.[10]
Selci acquista la Benelli cercando di rilanciare il settore dei ciclomotori. Tiene in produzione l'economico "S50" e il "City Bike" (aggiornato con nuove colorazioni e denominato City Bike 90), lancia nuovi scooter come il "Così", lo "Scooty" e due moto sportive di 50 cc a marce: lo Spring e il Devil. Di quest' ultimo viene anche organizzato un trofeo monomarca, ma le vendite non decollano e Selci decide di gettare la spugna dedicandosi esclusivamente al suo business principale: la Biesse Group.[2]
La gestione Andrea Merloni (1995-2004)
Dal momento in cui la Benelli fu venduta dagli ultimi eredi della sua dinastia, la Casa andò, anno dopo anno, sempre più in declino: lo sfaverovole momento del mercato motociclistico, e la scarsa convinzione dei successivi proprietari, portarono la Benelli a un punto morto: i nuovi modelli immessi sul mercato non ebbero l'accoglienza sperata e quelli esistenti erano ormai superati.
Nel dicembre 1995 ci fu la svolta decisiva: il giovane Andrea Merloni, di soli 28 anni, rampollo della nota dinastia marchigiana di elettrodomestici e appassionato motociclista, decise di rilevare la Benelli e rilanciarla sul mercato mondiale, prima inaugurando uno nuovo stabilimento in Strada della Fornace Vecchia, dove la stessa Benelli ha sede ancora oggi, poi entrò nei settori più difficili, avvalendosi di giovani e dinamici progettisti e designer, lanciando una serie di scooter e maximoto per dare immediato ossigeno alle casse e organizzare la rete di vendita e assistenza. Trasformò la Società da s.r.l. a S.p.a. con un aumento di capitale da 180 milioni a 20 miliardi di lire. Il 55% del capitale societario faceva capo alla famiglia Merloni, la restante parte era detenuta con il 10% ciascuno da Giancarlo Selci, da Augusto Baronciani, dai fratelli Montagna, dalla famiglia Colombo di Bergamo e il restante da una finanziaria regionale.[2]
Benelli Tornado Tre 900 del 2002Particolare del radiatore sotto la sella della Tornado
Così, in poco più di un anno dalla rinascita, furono immessi sul mercato i primi nuovi prodotti come i modelli Adiva (nelle cilindrate 125 e 150) dotato di tettuccio rigido ripiegabile nel bauletto (primo scooter al mondo a essere dotato di questo meccanismo, poi copiato dalla concorrenza), il Velvet (nelle cilindrate 125, 150, 250, 400) che rimase in listino fino al 2012, il 491, molto di voga tra i quattordicenni dell'epoca, che montava un raro motore Morini orizzontale di 50 cm³ a 2 tempi con raffreddamento a liquido e che lo rendeva uno dei più performanti del lotto, il K2 (50 e 100 cm³) e il Pepe (di 50 cm³ divenuto poi lo scooter Benelli più venduto degli ultimi anni); questi ultimi, motorizzati con motore Minarelli, che riscossero un buon successo commerciale.
Benelli Tornado Tre RS (2004)
Nel 1999 fu ingaggiato il tecnico Riccardo Rosa (ex Cagiva) e fu quindi presentata la nuova Tornado Tre, una moto sportiva (da 900 cm³, poi portata a 1130 cm³), con interessanti innovazioni tecnologiche. Si trattava infatti di una moto sportiva pura, dotata di un motore a 3 cilindri in linea che presentava una inedita disposizione del radiatore di raffreddamento posizionato sotto il codino posteriore e dotato di due ventole di estrazione forzata dell'aria di scenografico effetto e di un inedito telaio "misto" costituito da una pressofusione di alluminio e da tubi in acciaio uniti fra loro con una tecnologia di provenienza aeronautica.
[11]
Della Tornado furono presentati due prototipi: il primo con motore a scoppi irregolari "big bang" (poi non andato in produzione) e con doppio iniettore per cilindro; e il secondo con telaio in tubi di acciaio vincolati tramite colla aeronautica alle piastre verticali (fuse in terra) e fissati da viti traenti, scarico in alluminio, carbonio e titanio, coperchi motore in magnesio, cambio estraibile e motore che non presentava ancora il radiatore dell'olio (introdotto poi nella versione 900 RS).
La Tornado 900 nacque con l'intento di riportare le moto Benelli nel mondo delle competizioni: a metà stagione SBK del 2001 infatti debuttò a Misano con Peter Goddard a pilotarla e svilupparla.
Qualche anno dopo, la Tornado, portata a 1130 cc, correrà grazie a privati in campionati nazionali italiani e non, nella 24 ore di Spagna, e nel Mondiale Endurance del 2007 (con Stefano Cordara). Nel 2001 la Benelli adottò per il primo prototipo SBK uno scarico laterale sdoppiato, mentre in gara presentò la soluzione dello scarico sdoppiato simmetricamente ai lati della coda, per tornare nel 2002 poi allo scarico singolo laterale in quanto permetteva un rendimento migliore. In gara poi, anche la frizione a secco della Tornado superbike era differente: non Surflex (montata sulla versione stradale), bensì EVR.
La Tornado 900 partecipò anche al Tourist Trophy del 2000 (che differiva dalla versione di serie per il motore "big bang", per il coperchio frizione differente e per l'oblò del livello olio).
Vista l'esperienza Benelli nel campo scooter, nel 2000 la Renault stipulò un accordo con la Benelli per la produzione di scooter da 50 cc a 250 cc: identici nella struttura, differivano solo per la presenza del marchio della Casa francese.[12]
Benelli Tnt Cafè Racer del 2006
"Le corse migliorano la razza" e Merloni, ex pilota, lo sapeva bene per cui il passo successivo fu preparare la nuova Tornado per le gare. Come da suo stile, Merloni cominciò immediatamente a correre nel 2001 e nel 2002 nel Campionato mondiale Superbike con il pilota Australiano Peter Goddard, che con la sua lunga esperienza ha saputo dare le indicazioni per migliorare la moto e di conseguenza anche quella di serie. Tenuto conto che la squadra era all'esordio e la concorrenza agguerrita, i risultati furono superiori alle attese con un 36º posto nella classifica finale nel 2001 (con 7 punti) e un 22º posto in quella del 2002 (con 23 punti). Fu così realizzata una versione limitata da 150 esemplari della Tornado (denominata Tornado LE, dove LE sta per Limited Edition).[13]
Nel 2003 si pensa di rispolverare il marchio MotoBi, ma solo per la gamma scooter, sostituendo semplicemente il logo Benelli con il nuovo logo MotoBi.
Nel 2004 Benelli irrompe con un nuovo modello naked dal design futurista che rimarrà in gamma fino al 2017: la TNT, una roadster caratterizzata dello stesso motore a 3 cilindri portato ad una cilindrata di 1130 cm³, disposizione laterale sdoppiata del radiatore di raffreddamento ed un telaio che utilizzava le stesse tecnologie aeronautiche della Tornado. Nel 2004 fu premiata da una rivista tedesca come miglior moto dell'anno.
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I risultati della nuova Benelli sono incoraggianti ma i forti investimenti per la Tornado non sono compensati dalle vendite e anche Andrea Merloni decide di fermarsi.
Gruppo Qianjiang (2005-oggi)
Dopo la chiusura di Merloni, per l'acquisto della Benelli si fece avanti un miliardario russo di 25 anni, Nikolai Smolenski, già proprietario del marchio inglese di auto sportive TVR. Secondo alcune indicazioni, il nuovo proprietario avrebbe dovuto assumere una trentina dei 50 dipendenti che erano in cassa integrazione straordinaria per la fabbricazione di moto per il mercato russo. L'accordo prevedeva anche che l'azienda sarebbe dovuta rimanere a Pesaro. Qualche tempo dopo in Benelli arrivarono alcuni rappresentanti di una fabbrica cinese, i quali erano interessati all'acquisto di alcuni stampi di modelli Benelli di 50cc. Alla fine nulla di tutto ciò andò in porto e il marchio fu acquisito dal colosso cinese Qianjiang Group nel settembre del 2005.[15]
La Qianjiang Group è una società cinese costruttrice di piccoli motocicli e motori, che possiede già i Marchi Keeway e Generic e che decide di mantenere l'attività produttiva e ingegneristica a Pesaro, affidando l'azienda all'amministratrice unica Yan Haimei. La produzione di moto riparte quasi immediatamente, il montaggio dei motori a 3 cilindri (precedentemente eseguita dalla Franco Morini Motori) viene riportata in casa, la gamma scooter viene altresì riavviata con motori di provenienza cinese.
Benelli Tnt 1130
Al 63º Salone di Milano del novembre 2005 Benelli quindi si ripresenta viva, aggiorna la Tornado con il motore da 1130 cm³ della TNT, dalla quale fa anche derivare una versione più alta e più motard denominata ufficialmente Tre 1130 K. Ne uscirà anche una versione con gomme tassellate denominata Tre-K Amazonas.
Al Salone di Milano del 2006 la Casa pesarese (con i capitali cinesi di Qianjiang), decisa ad espandere i propri interessi anche nel mondo del fuoristrada, presenta al grande pubblico un’innovativa quattro tempi dotata di una linea pulita ed elegante al tempo stesso, che suscitò molto interesse tra gli operatori e gli appassionati dell'off-road: la BX. La BX fu presentata inizialmente nella versione cross, la BX 449, ma poi fu declinata anche nelle versioni Enduro (BX505) e Motard (BX570), ognuna dotata di una motorizzazione specifica. Il progetto, pur marchiato Benelli, era in verità frutto delle esperienze dei fratelli Vertemati che avevano studiato per il costruttore pesarese una moto innovativa. Il motore quattro tempi era caratterizzato da un carter centrale in pezzo unico, iniezione elettronica, cambio estraibile, sedi valvole in berillio e valvole in titanio, mentre il telaio, perimetrale in alluminio aveva un sistema brevettato per variare la rigidità torsionale grazie all’adozione di inserti in carbonio, intercambiabili, e inseriti nella zona inferiore del trave portante superiore. Il forcellone era in pezzo unico ricavato per fusione. Dopo alcuni anni, durante i quali furono fatte circolare foto dei prototipi definitivi e furono fatti provare alla stampa specializzata vari esemplari praticamente definitivi della moto nelle tre versioni, il progetto fu interrotto senza mai giungere alla produzione di serie per il cambio di scelte strategiche della dirigenza, che decise di concentrarsi su altri prodotti e fasce di utenza.[16]
Nello stesso anno Benelli presenta la DUE, una bicilindrica di 756 cc con telaio e forcellone in alluminio, forcella da 50 mm a steli rovesciati, pinze freno ad attacco radiale e scarico basso. Nello stesso anno vince, nella categoria "Open Category" del Motorcycle Design Awards 2006, il premio come moto più bella. Purtroppo la crisi della Benelli di quegli anni, costrinse la dirigenza a cancellare il progetto che ormai era ben collaudato.[17]
Benelli BN125 (2019)Benelli Bn302 (in alcuni mercati nota col nome Tnt300)
Nel 2007, per rilanciare il Marchio, la Benelli, sotto proprietà cinese, presenta la Tnt e la Tre-K con motore 899 e le versioni depotenziate da 35 KW (adatta per i neopatentati).
Il 6 luglio 2010 subentra, al direttore tecnico Pierluigi Marconi, l'ex manager Yamaha Claudio Consonni, già responsabile di produzione dello stabilimento Yamaha Motor Italia di Lesmo.[18]. Incarico che si concluderà il 28 settembre 2012.
Negli anni successivi Benelli amplia la gamma degli scooter e, al Velvet e al rinnovato Pepe anche in versione 50 cc 4 tempi e 125 cc, si aggiungono il QuattroNoveX di 50 cc che successivamente sarà affiancato anche dalle versioni da 125 e 150 cc (X125 e X150); lo scooter a ruote alte e con pedana piatta Macis disponibile nelle cilindrate di 125 e 150 cc; il CaffeNero (125 e 150) derivato dal Keeway Outlook, che successivamente sarà affiancato dalla versione da 250 cc e lo Zenzero di 350 cc, derivato dal Keeway Index. Tutti rimasero in gamma fino al 2015, fino quando Benelli decise di abbandonare la produzione degli scooter, per concentrarsi sulla produzione di moto di media e piccola cilindrata.
Nel 2011, in occasione del centenario del Marchio, viene presentata la Century Racer, nelle cilindrate 899 e 1130, su base Tnt che differiva da quest' ultima per la colorazione verde (Verde Vintage) e per il marchio storico degli anni 50 stampato sul serbatoio, oltre che per la sella in alcantara. Inoltre dal 2011 in poi, tutti i modelli di Tnt e Tre-k e tutti i modelli di scooter saranno caratterizzati dall'adesivo "100 Anni Benelli".
Nel 2012, Benelli, presenta la prima moto progettata sotto proprietà cinese: la Bn600 R, una quattro cilindri in linea di 600 cc, con 82 cavalli, una linea accattivante, forcelle Marzocchi e freni Brembo. Qualche anno più tardi presenta una versione più economica senza forcelle Marzocchi e senza freni Brembo denominata BN600i e una versione turistica (Bn600GT).
Il 19 luglio 2016 il Tribunale di Pesaro, a seguito dell'istanza presentata da un fornitore che vanta un credito di 120.000 euro, accerta lo stato di insolvenza e dichiara il fallimento dell'azienda che già nel 2014 e nel 2015 aveva chiuso il bilancio in perdita[19][20]. Sentenza che verrà però revocata il 22 novembre 2016 dalla Corte d'Appello di Ancona.
Nel 2016 Benelli presenta il nuovo CentroStile Benelli, occupato da designer che ne hanno fatto il loro quartier generale in Italia, a Pesaro e nato per caratterizzare i prodotti della Casa tra cui il nuovo Leoncino.
Sempre nel 2016 Geely Automobile, proprietaria anche di vari marchi automobilistici fra cui Volvo, acquista quote di Benelli Q.J.
Benelli TRK X 502 (2020)
Nel 2017 il Benelli 491 elaborato dalla Malossi, si aggiudica ben sei record di velocità sul lago salato americano di Bonneville raggiungendo una velocità massima di 114.823 km/h sul chilometro lanciato e di 114.737 km/h sul miglio, entrambe risultanti dalla velocità media di due lanci in entrambe le direzioni. I successivi quattro Record Mondiali conquistati sono stati raggiunti da Mauro Sanchini con una velocità di 133.002 km/h sul chilometro lanciato e 132.668 km/h sul miglio lanciato con l'85cc e rispettivamente 142.088 km/h e 141.914 km/h con lo scooter da 100cc. L’impresa vide coinvolti anche altri nomi noti del panorama motociclistico, del calibro di Jorg Moller e Aldo Drudi.
Nella classifica di vendita in Italia del 2019 risultano in terza posizione la TRK 502, in quindicesima la Leoncino 500, in ventiduesima la BN 125 (prima assoluta nella cilindrata delle moto 125) e in ottantaquattresima la BN302.[21]
Nel 2020 Benelli torna nelle maxi cilindrate con la nuova 752S, una bicilindrica in linea di 754 cc e una potenza di 76 cavalli.[22]
Nel 2020, in seguito all'emergenza mondiale Coronavirus, Benelli QJ dona 2 ventilatori polmonari e 4.500 tute in tyvek alla Croce Rossa Italiana di Pesaro e agli Ospedali Riuniti Marche Nord.[23]
Nel 2020 la Benelli TRK 502 è la motocicletta più venduta in Italia del mese di giugno.[24]
Benelli TRK 502, con 3.569 nuove immatricolazioni, si conferma la motocicletta più venduta in Italia nel 2020.[25] Nel 2021 TRK 502 viene aggiornata alla normativa Euro 5.[26]
Nell’aprile 2021, viene presentato in Indonesia il primo ciclomotore elettrico Benelli, chiamato, Dong[27]; tale modello non è altro che una versione rimarchiata del cinese Doinnext Bo.[28][29]
Celebrazioni della Benelli
La Benelli 250 4 cilindri da GP con cui Kel Carruthers vinse il secondo titolo mondiale nel 1969.
Nel 2000 Benelli (Gestione Merloni) tornò sull'isola di Man, dietro l'invito degli organizzatori del Tourist Trophy, per partecipare al giro d'onore del cinquantenario della vittoria di Dario Ambrosini. Si tratterà del raduno più imponente per numero di moto di una singola marca: sessanta moto sia stradali che da competizione con in testa la Tornado 900 n.1 guidata da Andrea Merloni seguita dalla n.2 guidata da Kelvin Carruthers.[30]
Nel 2011 (anno del 100º anniversario), nell'ambito del "Benelli Week" organizzato annualmente dal Moto Club "Tonino Benelli", si è svolta a Pesaro una grande festa durata una settimana che ha coinvolto tutti gli appassionati e i possessori di motociclette Benelli provenienti da tutto il mondo.[31]
Nel 2019, in occasione del Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, si sono celebrati tre anniversari: L'ottantesimo della prima vittoria al Tourist Trophy di Ted Mellors in sella alla Benelli 250 bialbero; il cinquantesimo del secondo titolo mondiale del 1969; il trentesimo della fondazione del Registro Storico Benelli. Per l'occasione è intervenuto l'ottantunenne Kelvin (Kel) Carruthers che ha guidato per alcuni chilometri la moto "250 quattro", perfettamente funzionante e restaurata, con cui vinse cinquant'anni prima il titolo mondiale.[32][33]
Nel 2020, in occasione del Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, si è celebrato il settantesimo anniversario della vittoria del primo titolo mondiale della Benelli ottenuta dal pilota cesenate Dario Ambrosini in sella alla 250 bialbero.[34]
Nel 2021 Benelli celebra 110 anni di storia dalla sua fondazione. Lo farà con numerose iniziative che culmineranno nel Benelli Week, organizzato dal Moto Club "Tonino Benelli" con il patrocinio della Benelli QJ, nel frattempo i festeggiamenti sono iniziati con la Benelli TRK 502 che conferma e consolida il suo primato di vendite in Italia, dopo averlo fatto nel 2020.
Nel 2021 è stato girato a Pesaro un docufilm dedicato alle vicende umane e sportive di Tonino Benelli intitolato "Benelli su Benelli", regia di Marta Miniucchi, prodotto dalla Genoma Film di Bologna. [35]
Nel settembre 2021, all'interno della Benelli Week, si è celebrato il 110° anniversario della fondazione della Benelli, con la cerimonia finale di domenica 19, svoltasi presso la splendida cornice di Villa Caprile di Pesaro.
Il Museo Officine Benelli
Ingresso del Museo Officine Benelli di PesaroL'esemplare più prestigioso della Collezione ASI-Morbidelli: la Benelli 4 cilindri con compressore volumetrico del 1942. Nata per le competizioni, non gareggerà mai per lo scoppio della S.G.M. Nel dopoguerra i regolamenti vieteranno la sovralimentazione. Questo è l'unico esemplare esistente al mondo.
Il museo Benelli e MotoBi sorge a Pesaro, in Viale Mameli 22, proprio negli ex stabilimenti della fabbrica, in uso fino alla fine degli anni 80.
Dell'originale impianto è stato "salvato" solo un edificio di poco più di mille metri quadrati, unico esempio di archeologia industriale della città, diventato sede del Museo Officine Benelli, gestito dal Moto Club "Tonino Benelli" e dal Registro Storico Benelli (R.S.B.).
Il fabbricato "sopravvissuto" della vecchia fabbrica Benelli, a suo tempo adibito a magazzino, è stato perfettamente restaurato con la supervisione della Sovrintendenza alle Belle Arti negli anni 2000. Nei sue sale vi sono in esposizione permanente circa 200 motociclette Benelli, MotoBi e non solo e dalla primavera 2021 è possibile ammirare la prestigiosa collezione ASI-Morbidelli.
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Il percorso inizia dalla sala dedicata al Dott. Paolo Prosperi (cofondatore e storico presidente del R.S.B. scomparso nel 2020) in cui si possono ammirare alcune moto "simbolo" dell'ultracentenaria storia della casa pesarese, fotografie di piloti, tecnici e personaggi che hanno dato lustro e gloria alla Benelli e MotoBi, trofei di ogni epoca e motori Benelli, MotoBi e Molaroni. Prosegue nella grande sala dedicata all'Ing. Giuseppe Benelli in cui, oltre alla prima motocicletta transitata a Pesaro nel 1897, un triciclo De Dion Bouton e due rarissime moto Molaroni degli anni venti, vi sono le Benelli costruite prima della seconda guerra mondiale e una vasta gamma di MotoBi dal 1950 al 1970. Nel terzo salone due esemplari di Letizia, tutti i tipi del modello Leoncino, le pluricilindriche a sei e quattro cilindri e le bicilindriche due tempi del periodo De Tomaso, alcuni modelli per il mercato USA e una nutrita serie di ciclomotori a ruote alte e basse. Poi la mostra prosegue su un piano rialzato di circa 250 m². con impalcato e tetto in legno, dove è stata collocata la Collezione ASI-Morbidelli costituita da 71 esemplari di 30 marchi di 9 diverse nazioni, tutti modelli antecedenti alla S.G.M. e due esemplari di automobile BBC Automobili (Versione Giardiniera e autotelaio con motore) progettate da Giuseppe Benelli, infine, su una ideale "pit line", alcuni rari esemplari di moto da competizione costruiti nella provincia di Pesaro e Urbino fra gli anni sessanta e ottanta: MotoBi, MBA, Morbidelli, Piovaticci e Sanvenero.[37]
La produzione
Modelli prodotti
Dal 1919 al 1940
Motoleggera Tipo Sport 125 cm³ (1925)Benelli 500 Sport (1935)Benelli M36 Mototriciclo (1936)Benelli 250 con sospensione elastica posteriore (1937)Benelli 250 Turismo (1939)Benelli 500 VLM biposto (1942)
N.B. a metà degli anni 70, le immatricolazioni viaggiano intorno alle 5000 unità annuali, per poi andare a calare nei periodi successivi. Nel 1986, le vendite precipitano a poc meno di 500 unità. Chiusa la Gestione De Tomaso, passa prima a Selci nel 1989, poi a Merloni e infine, nel 2005 alla cinese QJ:
In Asia il Marchio MotoBi è ancora usato dalla stessa Benelli per le moto.
Motobi 200
Motobi 152
Motobi 200 EVO
Scooter venduti negli altri Paesi (2021)
Panarea 125
Dong
Seta 125
VZ125i
RFS150i
Zenzero 150
Caffenero 150/Caffenero 150 Sport
Silverblade 250/Zafferano 250
Gamma e-bike (2021)
Tagete 27.5
Mini Fold 16
Classica 24
Navigator 350
Cargo 350 HD
Benelli nelle competizioni
Motomondiale
La Benelli ha partecipato a diverse edizioni del Motomondiale, concentrandosi principalmente nelle classi 350 e 250, nelle edizioni 1968 e 1970 ha preso parte anche alla classe regina, la 500.