Hollywood Party

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Hollywood Party
Peter Sellers e Claudine Longet in una scena del film
Titolo originaleThe Party
Lingua originaleinglese, italiano, russo, francese, cantonese
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1968
Durata99 min
Rapporto2,35:1
Generecommedia
RegiaBlake Edwards
SoggettoBlake Edwards
SceneggiaturaBlake Edwards, Tom Waldman, Frank Waldman
ProduttoreBlake Edwards
Produttore esecutivoWalter Mirisch
Casa di produzioneThe Mirisch Corporation
Distribuzione in italianoDear Film
FotografiaLucien Ballard
MontaggioRalph Winters
MusicheHenry Mancini
ScenografiaFernando Carrere
CostumiJack Bear
TruccoAllan Snyder
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Hollywood Party (The Party) è un film del 1968 diretto da Blake Edwards e interpretato da Peter Sellers. Narra le disavventure surreali di un giovane attore indiano che per errore partecipa a una festa nella lussuosa villa di un produttore cinematografico a Hollywood.

In questo cult movie, il regista raggiunge il massimo della sua tecnica e perfezione, in una sintesi perfetta fra commedia teatrale e cinematografia di genere. L'arte hollywoodiana della gag vantava una grande scuola che andava da Buster Keaton ai fratelli Marx fino al Jerry Lewis de Il mattatore di Hollywood, i quali vengono tutti in qualche modo evocati e omaggiati in questo film.[senza fonte]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Hrundi V. Bakshi, attore indiano che lavora come comparsa a Hollywood, rovina le riprese di varie scene di un film in costume a causa della sua estrema goffaggine. Il regista telefona quindi al produttore chiedendogli di cacciarlo dagli studios, ma la segretaria del produttore per sbaglio lo inserisce invece nella lista degli invitati a una festa nella lussuosa villa del suo capo.

Al party, l'inettitudine di Hrundi causa le situazioni più assurde ed esilaranti gag che coinvolgono gli altri invitati e il personale di servizio, complice il sofisticato quanto stravagante arredo della casa, comprendente un complesso pannello con pulsanti colorati, un bancone da bar semovente che sparisce nel muro e un ruscello che attraversa il soggiorno sfociando all'esterno nella piscina.

Bakshi incontra infine Michèle Monet, timida e graziosa cantante francese nonché promessa attrice esordiente a Hollywood. Hrundi e Michèle simpatizzano all'istante: l'intesa getta definitivamente la festa nel caos allorché i giovani figli del padrone di casa introducono nella villa un piccolo elefante e i due, nel tentativo di lavare via dal dorso dell'animale scritte hippy che Hrundi trova offensive per il suo credo (l'elefante nell'induismo rappresenta Ganesha), finiscono per inondare di schiuma l'intera casa. L'indomani mattina i due protagonisti riescono a sgattaiolare via indenni da una festa trasformata in un totale disastro.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Hollywood Party nacque quasi per caso e fu l'unica collaborazione tra Sellers e Blake Edwards al di fuori del fortunato ciclo di film della La Pantera Rosa, iniziato nel 1963. Il produttore Walter Mirisch conosceva molto bene il talento dei due e non ebbe remore nell'investire nel progetto; nella sua autobiografia Mirisch scrisse: «Blake si era guadagnato la reputazione di regista molto costoso, in particolare dopo La grande corsa».[1] Nel 1960 Sellers aveva già interpretato la parte di un indiano, accanto a Sophia Loren, nel film La miliardaria di Anthony Asquith, pellicola di discreto successo, ma che potrebbe avere forse ispirato Edwards nella scelta di assegnare il ruolo di protagonista proprio a Sellers.

Gli interni del film furono girati su un set appositamente creato negli studi della MGM. Il copione originale era lungo in tutto solamente 63 pagine. Successivamente Edwards disse che si trattava del copione più corto che avesse mai girato, e la maggior parte delle scene del film furono improvvisate sul set al momento, la cui ottima riuscita dipese molto anche dalla genialità, dalla sagacia e dalla stessa personalità di Peter Sellers, felicemente inserito in un nutrito ed affiatato cast che comprendeva la giovane attrice e cantante francese Claudine Longet e diversi validi caratteristi statunitensi, tra cui la veterana ex ballerina Marge Champion, tornata al cinema dopo vari anni di assenza. Nella versione originale il personaggio interpretato dalla francese Danielle De Metz è l'esuberante e sensuale attricetta italiana di nome Stella D'Angelo, che nella edizione italiana, per evidenti ragioni di doppiaggio, diventa spagnola.

La pellicola trasse ispirazione soprattutto dall'opera di Jacques Tati; Bakshi infatti arriva al party con una macchina molto simile a quella utilizzata da Monsieur Hulot in Le vacanze del signor Hulot [2]. L'intera trama del film poi è una rielaborazione della scena del ristorante in Tempo di divertimento; e l'interazione comica con oggetti inanimati ricorda quella di altri film di Tati, in particolare Mio zio.[3]

Il tema del party potrebbe essere stato ispirato anche dal film La notte di Michelangelo Antonioni, del quale riprenderebbe l'estetica geometrica e fredda, assieme al senso di noia e di gioia artificiale[4].

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la critica, è uno dei film in assoluto più divertenti e riusciti del regista Blake Edwards[5][6][7][8][9].

Il primo ministro indiano Indira Gandhi apprezzò molto una famosa battuta di Sellers: "In India non crediamo di essere, sappiamo di essere", con cui Bakshi risponde orgogliosamente ad un ospite invadente e furioso (interpretato da Gavin MacLeod) che gli dice "Ma chi si crede di essere lei?". In realtà la traduzione perde parte del senso della frase; nei dialoghi originali le parole esatte sono:

«Who do you think you are?»

«In India we don't think who we are, we know who we are!»

Collegamenti interni[modifica | modifica wikitesto]

  • Nella scena del bagno si può sentire in sottofondo una versione di Meglio stasera, canzone già presente nel film del 1963 La pantera rosa, sempre di Blake Edwards.
  • La lunga scena della cena estiva, una delle più famose ed esilaranti del film, resa "disastrosa" anche dalla mancanza di una sedia con schienale e soprattutto dalla presenza di un maldestro ed alticcio cameriere (interpretato da un sorprendente Steve Franken e che quasi ruba la scena persino a Sellers), verrà in parte ripresa dal regista nella sequenza del ristorante parigino nel suo capolavoro degli anni ottanta Victor Victoria (1982).

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Walter Mirisch, I Thought We Were Making Movies, Not History, Madison, Wisconsin, University of Wisconsin Press, 2008, ISBN 0-299-22640-9.
  2. ^ L'automobile è una "Morgan Tre Ruote", ovvero un autociclo degli anni venti costruito dalla Morgan e appartenente alla serie Three-Wheelers.
  3. ^ Tasha Robinson (April 19, 2002). The Party (DVD) Archiviato il 2 dicembre 2008 in Internet Archive. The A.V. Club
  4. ^ (FR) Éditions Larousse, Encyclopédie Larousse en ligne - la Party The Party, su larousse.fr. URL consultato il 31 maggio 2017.
  5. ^ "È il capolavoro di Edwards, uno dei grandi film comici sonori, e una delle migliori interpretazioni di Sellers. Continua e rinnova la grande tradizione del burlesque americano, integrandola con una vena di autentica tenerezza (evidente nell'ambivalenza del personaggio principale) e una dimensione di puntigliosa critica sociale di costume. La catena delle irresistibili invenzioni comiche sfocia in un finale delirante e catastrofico che sconfina nell'onirico." da: Il Morandini 2008.
  6. ^ È il capolavoro di Edwards, uno dei grandi film comici sonori" da: trovacinema.repubblica.it/film/Hollywood-Party/118741
  7. ^ "Come si sa, Hollywood Party è uno dei film più belli e divertenti diretti da Blake Edwards, protagonista Peter Sellers" da: www.drammaturgia.it/recensioni/recensione1.php?id=1796
  8. ^ "Un film eccezionale, con una "lentezza" calcolata per alcune gag che può sembrare datata a qualche spettatore troppo giovane e troppo debitore verso il ritmo sincopato della MTV" da: Mereghetti, il Dizionario dei Film
  9. ^ "Hollywood Party è un capolavoro" da: www.effettonotteonline.com/enol/archivi/articoli/cult/200406/200406cu03.htm

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