Bidì (grano)

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Il grano bidì o Cappelli o Margherito o Marrone o Mahmoudi (T. durum Desf. var. leucomelan (Alef.) Koern.) è una varietà storica di grano duro siciliano antico insieme al Capeiti, questa di è ben ambientata in Sicilia con un'origine da una varietà tunisina detta Jean Rathiafh.[1] La varietà con le spighe tipiche è stata trovata in diverse località sulle Caronie, presso Noto, Randazzo, tra Cesarò e Troina, presso Valguarnera, tra Santa Caterina e Villarosa. Forme a spiga intermedie tra bidi e Garigliano sono state rinvenute sui Peloritani, vicino a San Giorgio e Bronte ai piedi del vulcano Etna. In alcune vallate vicine a Castelnuovo e Mussomeli, la coltivazione del bidì è molto uniforme.[2]

10 lire con spighe di grano

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

È una varietà di frumento che fa parte del gruppo dei tetraploidi (possiede 28 cromosomi).[3][2]

Perrino dell'Istituto del Germoplasma - CNR, di Bari, nel 1983 lo descrive così:[2]
«la spiga ha una media lunghezza (8 cm) oblunga.

Il glume è due volte più lungo che largo, giallastro con sfumature nere e/o nere striature, chiglia liscia e leggermente ricurva, becco alquanto ricurvo con una linea nera e lunga da 1 a 2 mm, spalla rialzata predomina ed è prevalentemente di media larghezza.

La cariosside è lunga da 7,5-8,5 mm di lunghezza, ambra o rosso, raramente ellittico traslucido con la sezione trasversale ovale, triangolare o a cuore, profilo dorsale solco normale, talvolta parzialmente gibboso e raramente gibboso da stretto a medio, di media profondità e con bordi arrotondati, tessitura vitrea, pennello corto sottile e poco esteso, scutello ovoidale e lungo.»

È adatto per impasti diretti e ben idratati (55-70%), adatto alla panificazione e per i prodotti da forno salati e dolci.[4]

La varietà secondo Emanuele de Cillis è stata la varietà da cui è stato selezionato il grano Senatore Cappelli; è stata ottenuta per selezione genealogica della popolazione nord-africana “Jenah Rhetifah”[5] o come ritiene il De Cillis, dal Bidi tunisino. Per decenni è stata la coltivazione più diffusa, fino al diffondersi delle varietà più produttive. Essa ha una produttività molto elevata (15+18 q.li x ha).[1]

È una varietà di grano duro che il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ha iscritto nel Registro nazionale delle varietà da conservazione di specie agrarie e delle specie ortive,[6] con 4 decreti legislativi del 31/03/2018, del 12/01/2019, del 29/10/2020 e del 15/02/2022.[7][8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Vittorio Tarparelli, Piccolo Almanacco dei Grani Antichi (PDF), su mdcumbria.it. URL consultato il 27 aprile 2024.
  2. ^ a b c Pietro Perrino, Sicilian wheat varieties, in Die Kulturpflanze, 1º gennaio 1983. URL consultato il 27 aprile 2024.
  3. ^ Chiara Gallo, Frumento duro: un solo genoma, infinite possibilità, su agronotizie.imagelinenetwork.com, 31 agosto 2022.
  4. ^ Margherito (Bidì), su Molini Riggi. URL consultato il 27 aprile 2024.
  5. ^ Nobuyoshi Watanabe, The occurrence and inheritance of a brittle rachis phenotype in Italian durum wheat cultivars, in Euphytica, vol. 142, n. 3, 2005, pp. 247–251, DOI:10.1007/s10681-005-1861-3, ISSN 0014-2336 (WC · ACNP).
  6. ^ Grani antichi siciliani: 16 nuove varietà iscritte nel registro nazionale, su Confagricoltura Ragusa -, 2 maggio 2018. URL consultato il 27 aprile 2024.
  7. ^ Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, su Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, 29 ottobre 2020. URL consultato il 27 aprile 2024.
  8. ^ Iscrizione di varietà da conservazione di specie agrarie al relativo registro nazionale. (18A02171), su gazzettaufficiale.it.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]