Architettura romanica in Sardegna

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Facciata della Basilica di Saccargia presso Codrongianos

Il romanico sardo è lo stile architettonico romanico che si sviluppò in Sardegna.

L'architettura romanica in Sardegna ha avuto un notevole sviluppo sin dalle prime origini e per un lungo periodo. Le sue espressioni, benché autonome, non sono classificabili in un'immagine riconoscibile, poiché nell'isola il romanico si è manifestato con risultati inediti ma in numerose forme; questo a causa dell'insediamento nella Sardegna giudicale di numerosi ordini religiosi, provenienti da varie regioni italiane e dalla Francia. Di conseguenza nelle architetture di quell'epoca sono riconoscibili influssi pisani, lombardi e provenzali oltreché tracce del passaggio di maestranze di cultura islamica, provenienti dalla penisola iberica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Basilica di San Gavino, abside ad est della chiesa di Porto Torres (ante 1063)
Facciata della chiesa di San Pietro di Sorres presso Borutta
Chiesa di San Pantaleo, Dolianova

Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]

«Dal 1060 fino al 1120 un grande numero di chiese, di cui alcune di grandi dimensioni e di forme così perfette ed originali, da potere per certo, essere annoverate tra le creazioni salienti del primo romanico italiano»

Il quadro storico del romanico arcaico si presenta in maniera più tempestiva nel settentrione dell'isola. Questo a causa del fatto che i judikes avevano favorito in maniera più larga l'arrivo dei monaci dalla terraferma, rispetto a quelli del cagliaritano. I monaci arrivati da varie parti per stabilirsi, avevano costruito cenobi e monasteri, e la relativa edilizia si espresse in maniera più varia. Questa fioritura si manifestò nel giudicato di Torres dove, nel 1063 il judike Barisone I, succeduto al padre Gonnario Comita, aprirà la stagione dell'immigrazione degli ordini monastici nell'isola. Infatti nel 1064 fece compilare l'atto di donazione Carta di Nicita in cui cedeva a Desiderio di Benevento, abate di Montecassino, una vasta area e delle sue pertinenze: comprese le chiese di Nostra Segnora de Mesumundu e la chiesetta dei santi Elia ed Enoch, posta sulla sommità del Monte Santu in territorio di Siligo.

I primi edifici[modifica | modifica wikitesto]

Il primo edificio romanico dell'isola è rappresentato dalla chiesa di San Pietro di Bosa, ed in particolare dal suo corpo centrale, la cui costruzione fu avviata nel 1053;[2] mentre l'abside, con le due attigue campate, e i muri della navata furono realizzati tra il primo e il secondo decennio del XII secolo.[3].

Di un decennio successiva, è l'inaugurazione della basilica di San Gavino a Porto Torres, nel Giudicato di Torres, che fu celebrata nel 1080 dal giudice Mariano di Torres e dallo stesso Costantino di Castra che aveva dato l'avvio alla costruzione della cattedrale di Bosa e che, dal 1073, era stato nominato arcivescovo di Torres[4]. La basilica fu eretta presso un'area dove vi erano una necropoli paleocristiana e due antiche basiliche databili al V-VII secolo. La prima menzione documentaria della chiesa di San Gavino è databile intorno al 1065 ed è contenuta nel Condaghe di San Pietro di Silki. Il Condaghe di San Gavino, documento apografo pubblicato nel 1620, riporta alcune vicende della costruzione della basilica. Secondo lo Pseudocondaghe, l'inizio dei lavori risalirebbe alla prima metà dell'XI secolo e sarebbero stati promossi da Gonnario Comita giudice di Torres e di Arborea (circa 1015 - 1038), che avrebbe commissionato l'opera a maestranze pisane. Nello Pseudocondaghe si narra che il Judike: «Et icustu Iudighe Comida mandait a Pisas, feghit vener XI mastros de pedra et de muru, sos plus fines et megius qui potirunt acatare in Pisas, et posit ad operare sa ecclesia»[5]. Nel 1089 Costantino I Salusio II, giudice di Cagliari, dona a Riccardo, abate di San Vittore di Marsiglia, la Basilica di San Saturnino e altre proprietà perché i monaci fondino un monastero. Da allora in poi per diversi decenni arrivarono nell'isola rappresentanti di numerosi ordini religiosi fra i quali: i camaldolesi, i vallombrosani (San Michele di Plaiano a Sassari e San Michele di Salvennor a Ploaghe), i cistercensi, vittorini, ecc. A seguito di questo fenomeno, tramite il notevole impegno finanziario della nobiltà locale (mayorales), furono fondate numerose chiese private, si ebbe così lo sviluppo dell'architettura romanica che, nell'isola, assunse dei caratteri originali e molto interessanti.

Influenze stilistiche[modifica | modifica wikitesto]

Giulio Carlo Argan individua nel romanico sardo nei secoli XI e XII un «particolare atteggiamento» di fronte alle due nuove correnti lombarda e toscana,[6] che spesso vengono fuse producendo dei risultati inediti. Come nel caso del San Nicola di Trullas (ante 1113) a Semestene (SS), della cappella palatina di Santa Maria del Regno (1107) ad Ardara o del San Nicola di Silanis (ante 1122) di Sedini (SS) e la Basilica di San Simplicio a Olbia (XI-XII sec.) solo per citarne alcune. Non mancano esempi di architetture di derivazione esclusivamente lombarde come nel caso della Chiesa di San Pietro di Zuri del maestro Anselmo da Como, a cui è attribuita anche la ricostruzione duecentesca della facciata della chiesa di San Pietro di Bosa.

Numerosissime nell'isola sono anche le architetture di derivazione francese, realizzate per conto dei monaci di Marsiglia da maestranze provenzali, in alcuni casi coadiuvate da maestranze locali formatesi in Italia. Fra queste la chiesa di San Platano a Villaspeciosa, chiesa di San Gemiliano a Sestu, San Lorenzo a Cagliari, San Saturnino di Ussana ed il primo impianto della Santa Maria di Uta (CA). Ma nell'isola non agirono esclusivamente i benedettini di San Vittore, ma anche altri ordini d'oltralpe quali i cistercensi (Abbazia di Nostra Signora di Paulis presso Ittiri), i templari e i lerinensi.

Fra le architetture romaniche della Sardegna si possono evidenziare numerosi esempi di chiese di stretta derivazione toscana come la basilica di Saccargia a Codrongianos e la chiesa di San Pietro di Sorres, Borutta (SS), la chiesa di Nostra Signora di Tergu oppure la cattedrale di Santa Giusta dell'omonimo centro (OR) e la chiesa di San Nicola di Ottana (NU).

Rimarchevoli sono anche le strutture difensive e le torri della città di Cagliari, fra le quali la Torre di San Pancrazio e la Torre dell'Elefante, progettate dall'architetto sardo Giovanni Capula, di scuola toscana.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Raffaello Delogu, L'architettura del medioevo in Sardegna, Roma 1953, p.71
  2. ^ Giuseppe Piras, Le iscrizioni medievali della chiesa di San Pietro: lettura e breve descrizione dei tituli, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, p. 268, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618.
  3. ^ R. Delogu, L'architettura del medioevo in Sardegna, Roma 1953, p.72
  4. ^ La Basilica di San Gavino URL consultato l'11 febbraio 2008
  5. ^ E il Giudice Comita mandò qualcuno a Pisa, fece arrivare 11 scalpellini e muratori tra i più abili e capaci che si potessero trovare a Pisa e si cominciò a costruire la chiesa; in G. Meloni, (a cura di) Il Condaghe di San Gavino, Cagliari, CUEC, 2005
  6. ^ G.C. Argan, L'architettura protocristiana, preromanica e romanica, Bari, 1978 p. 45.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Massimo Rassu, Templari e ospitalieri in Sardegna, Dolianova, 2008, ISBN 88-89978-60-0. ISBN 9788889978603
  • Frank Pittui, Note sulle genealogie e la poetica della chiesa di San Nicola di Silanos. Sedini. in Sacer, n. 12, Sassari, 2005. (presente on line sul sito Indipendentzia.net.
  • AA. VV., Speciale Anglona Medievale in Sardegna Antica, 1997.
  • Roberto Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, Nuoro, Ilisso, 1993, ISBN 88-85098-24-X.
  • Renata Serra, Sardegna Romanica, Milano, Jaca Book, 1988, ISBN 88-16-60096-9.
  • Aldo Sari, Nuove testimonianze architettoniche per la conoscenza del Medioevo in Sardegna in Archivio Storico Sardo vol. XXXII, 1981.
  • AA. VV., I Cistercensi in Sardegna, in Rivista Cistercense, n.5, 1988.
  • Giulio Carlo Argan, L’architettura protocristiana, preromanica e romanica, Bari, 1978.
  • Ginevra Zanetti, I Cistercensi in Sardegna - Le abbazie di S. Maria di Corte, di Paulis e di Coros, Sassari, in « Archivio Storico Sardo di Sassari», 1976.
  • Alberto Boscolo, L'abbazia di San Vittore, Pisa e la Sardegna, Padova, 1958.
  • Raffaello Delogu, L'architettura del medioevo in Sardegna, Roma, 1953. (ristampa anastatica, Sassari, 1988)
  • Dionigi Scano, Chiese medioevali di Sardegna, Firenze, 1929. (ristampa anastatica, Cagliari, 1991)
  • Dionigi Scano, Le pietre da taglio negli edifici monumentali della Sardegna, Cagliari, 1908.

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