Io (astronomia): differenze tra le versioni

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Quando le immagini del [[Voyager 1]], la prima sonda di fabbricazione umana a raggiungere il [[sistema di Giove]], arrivarono a [[Terra]] nel [[1979]], ci si aspettava di osservare sulla superficie di Io un gran numero di crateri che potessero permettere di calcolare l'età dell'oggetto. A differenza degli altri [[satelliti naturali di Giove]], tuttavia, Io manca completamente di crateri, a causa della fortissima attività vulcanica che ne trasforma continuamente il territorio. La superficie di Io è ''giovane'' almeno quanto quella della Terra, e le formazioni geologiche visibili oggi si sono formate in tempi relativamente recenti. Per confronto, le superfici pesantemente craterizzate di vari corpi celesti, considerate ''vecchie'', sono rimaste immutate per miliardi di anni, a parte qualche occasionale nuovo cratere: è tipicamente il caso di [[Mercurio (astronomia)|Mercurio]] e della [[Luna]].
Quando le immagini del [[Voyager 1]], la prima sonda di fabbricazione umana a raggiungere il [[sistema di Giove]], arrivarono a [[Terra]] nel [[1979]], ci si aspettava di osservare sulla superficie di Io un gran numero di crateri che potessero permettere di calcolare l'età dell'oggetto. A differenza degli altri [[satelliti naturali di Giove]], tuttavia, Io manca completamente di crateri, a causa della fortissima attività vulcanica che ne trasforma continuamente il territorio. La superficie di Io è ''giovane'' almeno quanto quella della Terra, e le formazioni geologiche visibili oggi si sono formate in tempi relativamente recenti. Per confronto, le superfici pesantemente craterizzate di vari corpi celesti, considerate ''vecchie'', sono rimaste immutate per miliardi di anni, a parte qualche occasionale nuovo cratere: è tipicamente il caso di [[Mercurio (astronomia)|Mercurio]] e della [[Luna]].

== Bibliografia ==
* {{cita pubblicazione|lingua=en |titolo=The thermal signature of volcanic eruptions on Io and Earth |nome=A.G. |cognome=Davies |coautori=Keszthelyi, L.P.; Harris, A.J.L. |rivista=Journal of Volcanology and Geothermal Research |volume=194 |numero=4 |anno=2010 |pagine=75-99 |doi=10.1016/j.jvolgeores.2010.04.009}}


==Voci correlate==
==Voci correlate==

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Io
(Giove I)
File:Immagine:Io highest resolution true color.jpg
Satellite diGiove
Scoperta7 gennaio 1610
ScopritoreGalileo Galilei
Parametri orbitali
(all'epoca J2000)
Semiasse maggiore421 700 km
Perigiovio420 000 km
Apogiovio423 400 km
Circonf. orbitale2 649 620 km
Periodo orbitale1,769137786 giorni
(1g 18h 27' 33,5")
Velocità orbitale17 263 m/s (min)
17 334 m/s (media)
17 406 m/s (max)
Inclinazione orbitale2,21°
Inclinazione rispetto
all'equat. di Giove
0,05°
Eccentricità0,0041
Dati fisici
Dimensioni3660,0×3637,4×
×3630,6 km
Diametro medio3642,6 km
Superficie4,191 × 1013
Volume2,53 × 1019
Massa
8,9319 × 1022 kg
Densità media3,528 × 103 kg/m³
Acceleraz. di gravità in superficie1,79 m/s²
(0,183 g)
Velocità di fuga2 600 m/s
Periodo di rotazioneRotazione sincrona
Velocità di rotazione
(all'equatore)
75,3 m/s
Inclinazione assialenulla
Temperatura
superficiale
90 K (min)
130 K (media)
2000 K (max)
Pressione atm.Tracce
Albedo0,63
Dati osservativi
Magnitudine app.5,0 (media)
Magnitudine app.5,02

Io è un satellite naturale di Giove, il più interno dei quattro satelliti medicei. Il suo nome deriva da quello di Io, una delle molte amanti di Zeus secondo la mitologia greca.

Il nome Io fu suggerito da Simon Marius poco dopo la scoperta del satellite da parte di Galileo Galilei, ma sia questo nome che quelli assegnati agli altri satelliti galileiani caddero presto in disuso e non furono più utilizzati fino alla metà del XX secolo. Nella maggior parte della letteratura astronomica, Io è chiamato semplicemente con la sua designazione numerica Giove I oppure come il primo satellite di Giove.

Atmosfera

Lo stesso argomento in dettaglio: Atmosfera di Io.

Io possiede una sottile atmosfera, composta principalmente da diossido di zolfo (SO2). L'atmosfera è fortemente influenzata dalle radiazioni presenti nella magnetosfera di Giove, che la depredano costantemente dei suoi costituenti, e dagli episodi di vulcanismo sulla luna, che contribuiscono a ricostituirla. Presenta una struttura non uniforme, con una densità maggiore in corrispondenza dell'equatore, dove si concentrano anche i principali fenomeni atmosferici. I più evidenti da Terra sono le aurore (che su Io sono quindi equatoriali e non polari).

Superficie

Rotazione della superficie di Io. L'anello rosso corrisponde al vulcano Pele.

La caratteristica più evidente ed importante della superficie di Io è la presenza di numerosissimi vulcani: si tratta del corpo più vulcanicamente attivo del sistema solare. A differenza dei vulcani terrestri, i vulcani di Io emettono zolfo e biossido di zolfo.

Vulcanismo di Io

L'energia richiesta dall'attività vulcanica del satellite deriva probabilmente dalle forze di marea sprigionate dall'interazione tra Io, Giove e altri due satelliti naturali del pianeta, Europa e Ganimede. I tre satelliti si trovano in risonanza orbitale reciproca, in modo che Io completa due orbite per ogni orbita di Europa, la quale a sua volta completa due orbite per ogni orbita di Ganimede. Sebbene Io rivolga sempre lo stesso emisfero verso Giove (per un fenomeno di rotazione sincrona), l'interazione gravitazionale con Europa e Ganimede provoca periodiche oscillazioni che finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100 metri, e generano calore a causa della frizione interna.

Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra della superficie prima di ricadere; il materiale espulso può raggiungere la velocità di circa un chilometro al secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l'arrivo del Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle nuove. Anche i depositi piroclastici circondanti i pennacchi erano cambiati.

Eruzione dl vulcani nella regione di Tvashtar ripresa dalla sonda New Horizons

Un'altra fonte di energia ipotizzata per spiegare il vulcanesimo di Io è dovuta al suo moto all'interno dell'intenso campo magnetico di Giove, che induce notevoli correnti elettriche nel suo mantello liquido. Anche se poco rilevanti rispetto all'energia derivante dal riscaldamento mareale, queste correnti possono teoricamente trasferire fino a 1000 gigawatt di potenza, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati ad un ritmo di una tonnellata al secondo. Un ulteriore fenomeno fisico che coinvolge la magnetosfera gioviana è la sua interazione con il plasma eiettato dalle bocche vulcaniche: il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell'ultravioletto. Le particelle che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell'insolita dimensione della magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l'estensione esercitando una pressione radiativa dal suo interno.

La posizione di Io relativamente alla Terra e a Giove ha un forte effetto sulle emissioni radio gioviane: quando Io è visibile, esse aumentano considerevolmente.

I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio.

Altre formazioni

Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita alte montagne la cui genesi non è ancora ben compresa, numerosi laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche chilometri, ed estese colate, lunghe anche centinaia di chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti presentano una grande varietà di colori, e sono responsabili della colorazione inusuale di Io. Alcune ipotesi sostengono che le montagne potrebbero essere degli enormi plutoni affiorati in superficie in seguito alle continue spinte tettoniche derivanti dalla fuoriuscita di lava dai principali centri vulcanici.

Montagne

Le montagne di Io non hanno le caratteristiche tipiche dei vulcani e, sebbene molti siano ancora i dubbi sulla loro formazione, forniscono interessanti indicazioni sull'entità dello spessore crostale che le contiene. Per essere in grado di contenere le profonde radici di questi rilievi si è stimato uno spessore della crosta non inferiore a 30 km. Sono in fase di studio alcune interessanti correlazioni con alcune caldere situate nelle loro immediate vicinanze. Fra i rilievi degni di nota possiamo citare Boosaule Montes (17,5 km), Euboea Montes (13,4 km), Ionian Mons (12,7 km), Hi'iaka Montes (11,1 km) ed Haemus Montes (10,8 km). Sembra che gli Euboea Montes si siano formati per l'innalzamento di un enorme plutone poi inclinatosi di circa 6 gradi. Questa inclinazione avrebbe poi favorito la formazione di frane sul loro versante settentrionale anche grazie alla continua erosione causata dalla sublimazione di biossido di zolfo durante le ore diurne.

Lave

L'analisi dei dati spettroscopici e delle immagini inviate a Terra dalle sonde Voyager verso la fine degli anni settanta del XX secolo portò a concludere che le colate di lava sulla superficie di Io erano composte da vari derivati dello zolfo fuso. Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda dell'infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi possono raggiungere i 2000 K (anche se la temperatura media è prossima ai 1300 K). Un'ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse con composizione che può variare dal basalto alla komatiite. Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla presenza di differenti materiali.

Acqua

A differenza delle altre lune galileiane, Io non possiede praticamente acqua. Diverse possono essere le ipotesi sull'argomento. Una è probabilmente il calore eccessivo causato da Giove, che durante la formazione del satellite lo surriscaldò a tal punto da espellere tutti gli elementi volatili, non riuscendo tuttavia a fare altrettanto per gli altri satelliti medicei situati a distanze più elevate. Alcuni sostengono che la continua fuoriuscita di lava sulla superficie di Io possa aver esaurito la quantità di acqua esistente a causa della sua maggiore volatilità rispetto al biossido di zolfo. Altri invece pensano che l'acqua esista in profondità ma non viene rilevata spettroscopicamente a causa della sua instabilità sulla superficie di Io anche basandosi sull'ipotesi che, in assenza di acqua, la densità del magma sarebbe troppo alta per permetterne la risalita verso la superficie causando la possibile formazione di una camera magmatica che poi solidificherebbe in seguito al raffreddamento nella crosta. Tuttavia recenti studi hanno mostrato come il ruolo dell'acqua nel vulcanismo di Io viene svolto dal biossido di zolfo che, interagendo con i magmi in risalita, favorisce processi di vulcanismo freatomagmatico.

Struttura interna

La struttura interna di Io.

A differenza della maggior parte dei satelliti del sistema solare esterno, Io sembra presentare una composizione analoga a quella dei pianeti terrestri, composti in prevalenza di rocce silicee fuse. I dati della sonda Galileo suggeriscono che Io abbia un nucleo di ferro (in cui forse è presente anche del solfuro di ferro) del raggio di almeno 900 km.

Quando le immagini del Voyager 1, la prima sonda di fabbricazione umana a raggiungere il sistema di Giove, arrivarono a Terra nel 1979, ci si aspettava di osservare sulla superficie di Io un gran numero di crateri che potessero permettere di calcolare l'età dell'oggetto. A differenza degli altri satelliti naturali di Giove, tuttavia, Io manca completamente di crateri, a causa della fortissima attività vulcanica che ne trasforma continuamente il territorio. La superficie di Io è giovane almeno quanto quella della Terra, e le formazioni geologiche visibili oggi si sono formate in tempi relativamente recenti. Per confronto, le superfici pesantemente craterizzate di vari corpi celesti, considerate vecchie, sono rimaste immutate per miliardi di anni, a parte qualche occasionale nuovo cratere: è tipicamente il caso di Mercurio e della Luna.

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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