Utente:Facquis/Sandbox/Storia del Regno d'Italia (1922-1943)

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Stemma del Regno d'Italia tra il 1929 e il 1944

La storia del Regno d'Italia dal 1922 al 1943 è quel periodo della storia italiana caratterizzato dal regime fascista. Questo periodo è conosciuto come ventennio fascista o semplicemente ventennio, mentre per Italia fascista si intende il Regno d'Italia durante il governo Mussolini.

Il fascismo al governo (1922-1925)[modifica | modifica wikitesto]

La fiducia al governo Mussolini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Squadrismo, Marcia su Roma e Governo Mussolini.
Sfilata delle squadre il 31 ottobre 1922 in seguito alla "marcia su Roma"

La sera del 30 ottobre 1922 fu convocato a Roma per sottoporre la lista dei ministri a re Vittorio Emanuele III.[1] Il governo Mussolini nacque quindi il 31 ottobre 1922 come un governo di coalizione: Mussolini oltre alla presidenza assunse anche il ministero dell'interno e degli esteri, e ai fascisti andarono anche la giustizia, le finanze, e le terre liberate; ai popolari furono assegnati il tesoro e il lavoro; ai liberali i lavori pubblici, l'industria e il commercio, l'agricoltura, le poste e i telegrafi, ai nazionalisti le colonie, infine guerra e marina, tradizionalmente di competenza regia, al generale Armando Diaz e all'ammiraglio Paolo Thaon di Revel.[2] Il giorno successivo le squadre sfilarono di fronte al palazzo del Quirinale e il 16 novembre, dopo un discorso volto a rassicurare la classe dirigente liberale e imprenditoriale, il governo ottenne la fiducia con 306 voti contro 116.[3]

Le prime mosse del governo[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi mesi di governo, Mussolini decise di istituzionalizzare lo squadrismo con la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), un corpo di gendarmeria che assorbiva le funzioni delle Guardie Regie.[4] Nonostante le rassicurazioni del governo, le violenze squadriste proseguirono nella sostanziale impunità anche dopo la formazione della MVSN, segnando lo svolgimento delle elezioni amministrative del 1923, che videro la vittoria decisiva dei blocchi fascisti.[5] Nel dicembre del 1922 le squadre provocarono la strage di Torino, inoltre iniziarono a colpire direttamente la classe dirigente di tutti partiti di opposizione e non più solo quella socialista e comunista: dalle azioni squadriste furono interessati esponenti dell'opposizione liberale quali l'ex presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti, Giovanni Amendola e Piero Gobetti; Mussolini ebbe poi un ruolo nell'organizzazione dell'aggressione al fascista dissidente Alfredo Misuri, contrario al dilagare della violenza dei ras fascisti e per questo espulso dal PNF.[6] Le squadre attaccarono anche le organizzazioni del Partito Popolare Italiano (PPI) e alcuni suoi esponenti provinciali, quali il parroco Giovanni Minzoni, che fu assassinato dai fascisti il 23 agosto 1923.[6] La crisi tra il PNF e il PPI di don Luigi Sturzo fu acuita dalla proposta di modificare la legge elettorale proporzionale con l'introduzione di un ampio premio di maggioranza, oppure in senso maggioritario; la questione provocò la scissione dell'ala destra del PPI e le dimissioni dei ministri e dei sottosegretari popolari il 27 aprile 1923.[7] Nel frattempo Mussolini interloquì col segretario di Stato della Santa Sede Pietro Gasparri proponendosi di risolvere la crisi in cui versava il Banco di Roma e aprendo alla possibilità di parificare le scuole cattoliche, garantendo agevolazioni fiscali e l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.[8] Il 21 luglio 1923 infine la camera approvò a scrutinio segreto la legge Acerbo, un riforma elettorale che garantiva i due terzi dei seggi alla lista che avesse raccolto almeno un quarto dei voti.[9]

Firma degli accordi tra l'URSS l'Italia il 7 febbraio 1924

Sul piano economico il ministro delle finanze Alberto de' Stefani, che dopo la morte del del popolare Vincenzo Tangorra aveva acquisito anche le funzioni del ministero del tesoro, introdusse una serie di misure liberiste che agevolarono l'aumento della produzione industriale, ma non l'aumento dei salari.[10] Con le dimissioni del popolare Stefano Cavazzoni il ministero del lavoro fu soppresso e la Festa dei lavoratori fu sostituita col Natale di Roma, mentre i ceti popolari subirono un un generale aumento delle tasse e forti pressioni per impedire l'attività di sciopero.[11] Nel dicembre del 1923 venne siglato il patto di Palazzo Chigi tra la Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali e Confindustria, in cui si affermava la volontà di entrambi di impegnarsi alla reciproca collaborazione tra industriali e lavoratori.[12] Sul piano internazionale Mussolini tentò di accreditare l'Italia come una grande potenza: il 27 agosto del 1923 l'assassinio a Corfù del generale Enrico Tellini provocò una crisi diplomatica con la Grecia a cui Mussolini rispose pretendendo significative riparazioni dal governo ellenico.[13] Di fronte all'opposizione della Grecia, Mussolini diede inizio il 29 agosto all'occupazione militare dell'isola, poi terminata il 27 settembre una volta riconosciute come legittime le richieste dell'Italia da parte dalla Società della Nazioni.[13] Mussolini non riuscì però a partecipare la stesura del protocollo di Tangeri, mentre grazie all'intensa attività diplomatica svolta da Salvatore Contarini il 27 gennaio 1924 fu stipulato il trattato di Roma, che stabilì la sovranità italiana sulla città di Fiume.[14] Nel febbraio del 1924 l'Italia fu tra le prime nazioni europee a stabilire normali relazioni diplomatiche e commerciali con l'URSS, preceduta solo la governo britannico del laburista Ramsay MacDonald.[14]

Il delitto Matteotti e la crisi di governo[modifica | modifica wikitesto]

Benito Mussolini si reca a votare alle elezioni politiche del 1924
Giacomo Matteotti dopo elezioni politiche del 1924

Le elezioni politiche del 6 aprile 1924 furono svolte in un clima di repressione, alimentato dalla presenza delle squadre fasciste ai seggi elettorali e dal boicottaggio degli organi di stampa dell'opposizione, anche di quella interna al PNF.[15] Il "listone" fascista raccolse il 60% dei consensi, più il 4,9% dalla "lista bis", riuscendo così a eleggere ben 227 deputati fascisti e 148 alleati, mentre alle opposizioni andarono i restanti 160 seggi.[16] Le violenze elettorali furono duramente contestate il 30 maggio 1924 in un discorso alla Camera dal segretario del Partito Socialista Unitario (PSU) Giacomo Matteotti, impegnato anche a raccogliere le prove relative al coinvolgimento dei vertici fascisti nello scandalo dei petroli.[17] Il 10 giugno Matteotti fu rapito da una banda armata per poi essere assassinato, e la sua salma fu ritrovata solo il 16 agosto 1924.[18] Nel corso della crisi Mussolini diede disposizione alla MVSN di identificare nel minor tempo possibile gli autori del delitto Matteotti, e attuò un rimpasto di governo volto a incrementare la componente filomonarchica, arrivando a cedere il ministero dell'interno al nazionalista Luigi Federzoni, con l'intenzione di rassicurare la classe dirigente e lo stesso Vittorio Emanuele III.[19] Viceversa le opposizioni non ricercarono al collaborazione con la monarchia e in segno di protesta abbandonarono il parlamento dando inizio alla "secessione dell'Aventino".[19] La crisi innescata dal delitto Matteotti fu ulteriormente aggravata dalle azioni squadriste sostenute da Italo Balbo e Roberto Farinacci e dall'introduzione di ulteriori norme restrittive della libertà di stampa.[20] A settembre la Confindustria pretese la cessazione dello squadrismo e il ripristino delle libertà civili, turbata anche dalla ripresa delle azioni del sindacalista fascista Edmondo Rossoni.[21] Dal punto di vista politico gli alleati del Partito Liberale Italiano (PLI) sancirono la loro autonomia dal governo, così come i membri l'Associazione Nazionale Combattenti (ANC), Giovanni Giolitti passò all'opposizione, mentre critiche al governo pervennero anche da Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando.[22] Per stabilizzare la situazione e andare incontro ai liberali, il 20 dicembre 1924 Mussolini presentò alla Camera una nuova legge elettorale per il ritorno al sistema maggioritario.[23] La normalizzazione della MVSN presentata da Mussolini provocò la dura reazione del fascismo intransigente, che minacciò di solidarizzare con gli squadristi arrestati.[24] Per superare la crisi, il 3 gennaio 1925 Mussolini tenne un discorso alla Camera in cui annunciò la svolta autoritaria del suo governo.[25]

L'instaurazione della dittatura (1925-1929)[modifica | modifica wikitesto]

La svolta autoritaria e le "leggi fascistissime"[modifica | modifica wikitesto]

Mussolini coi dirigenti industriali e sindacali fascisti alla firma del patto di Palazzo Vidoni il 2 ottobre 1925

Nelle ore successive al discorso del 3 gennaio 1925, il ministro dell'interno Luigi Federzoni dispose la chiusura forzata delle organizzazioni di opposizione rimanenti, tra cui l'associazione combattentistica Italia libera,[26] e il 12 gennaio furono limitate ulteriormente le organizzazioni segrete, col duplice scopo di arginare l'influenza della massoneria sugli apparati statali e di impedire la riorganizzazione delle opposizioni.[27] Parallelamente Mussolini attuò un rimpasto di governo volto a sostituire i ministri meno allineati e a incrementare ulteriormente la componente nazionalista più vicina al re.[26] Per migliorare i rapporti con l'esercito, il governo non diede seguito alla riforma di Antonino Di Giorgio, istituì il ministero dell'aeronautica e creò al carica di Capo di stato maggiore della difesa assegnandola a Pietro Badoglio; le riforme provocarono le dimissioni dei ministri militari, le cui competenze furono quindi assegnate ad interim a Mussolini.[28] La svolta autoritaria portò all'opposizione gli ultimi liberali alleati dei fascisti tra cui Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando, e se da un lato governo vide la diminuzione della maggioranza parlamentare (specialmente al Senato, essendo questo di nomina regia), dall'altro marginalizzò l'istituzione con la continua emissione di decreti legge.[27] Nell'agosto del 1925 Vittorio Emanuele Orlando si candidò, col sostegno di cosa nostra, alle elezioni amministrative di Palermo, le ultime elezioni libere svolte in Italia durante il governo Mussolini, venendo però sconfitto dalla lista fascista di Alfredo Cucco.[29] In Sicilia la mafia rimaneva ancora strettamente legata alla classe dirigente liberale, per porre fine al potere mafioso Mussolini inviò a Palermo il "prefetto di ferro" Cesare Mori, che in breve tempo riuscì a ottenere grandi successi nella lotta alla mafia.[29] Nel frattempo nonostante le dure restrizioni, le opposizioni continuavano a riscuotere ancora largo consenso a livello sindacale, specialmente la FIOM del socialdemocratico Bruno Buozzi e le liste comuniste, che nel marzo del 1925 riuscirono a portare avanti lo sciopero dei metalmeccanici torinesi iniziato dalle corporazioni sindacali di Edmondo Rossoni.[30] L'8 luglio 1925, su pressione degli industriali, il ministro delle finanze de' Stefani fu sostituito da Giuseppe Volpi, mentre il ministro dell'economia passò a Giuseppe Beluzzo, a queste nomine seguì il 2 ottobre 1925 la firma del patto di Palazzo Vidoni, in cui la Confindustria si impegnò a riconoscere come unico interlocutore la Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali, ponendo così fine anche alla libertà sindacale.[31] Il patto fu poi tradotto in legge il 3 aprile 1926, quando nell'ottica dell'interclassismo furono vietati anche lo sciopero e la serrata.[32] Il 2 luglio 1926 fu istituito il ministero delle corporazioni, mentre il 21 aprile 1927 fu pubblicata la Carta del Lavoro, un documento che esprimeva la dottrina del corporativismo,e più in generale i principi del sindacalismo e della politica economica fascista.[33]

Il segretario del PNF Roberto Farinacci nel 1925

Per evitare conflitti con i fascisti più radicali, il 12 gennaio 1925 Mussolini nominò Roberto Farinacci segretario del PNF: nel corso della sua segreteria Farinacci instaurò una disciplina ferrea all'interno del partito, gerarchizzandolo ulteriormente e allontanando i fascisti dissidenti, tra cui cinque deputati e l'ex ministro Aldo Oviglio.[34] Al IV congresso del PNF le posizioni degli aderenti furono in modo unanime a sostegno dell'azione del governo, e Mussolini ribadì la volontà di porre fine alle azioni illegali degli squadristi, nonostante queste fossero direttamente supportate da Farinacci.[35] Pochi giorni dopo l'intesa con Confindustria a palazzo Vidoni, a Firenze una rappresaglia squadrista provocò otto morti e numerosi feriti, Mussolini convocò allora il Gran consiglio del fascismo imponendo lo scioglimento di tutte le squadre d'azione e criticando la linea movimentista perseguita dal segretario del PNF.[36] Le misure normalizzatrici annunciate da Mussolini furono accolte con favore dalla monarchia e dalla classe dirigente nazionale, che si rese quindi disposta ad avvallare nuove leggi ancora più autoritarie delle precedenti.[37] Nel novembre del 1925 con la scoperta di un complotto contro la vita del duce organizzato dal deputato socialdemocratico Tito Zaniboni e dal generale Luigi Capello, il governo dispose lo scioglimento del PSU e l'occupazione delle logge massoniche, introdusse poi nuovi provvedimenti volti ad aumentare il potere dei prefetti e del presidente del consiglio, e a privare della cittadinanza italiana i dissidenti rifugiati all'estero.[38] A partire dal dicembre del 1925 il governo cominciò a modificare lo Statuto Albertino con l'approvazione delle "leggi fascistissime": Mussolini assunse la carica di Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato incrementando i suoi poteri nei confronti del parlamento, mentre al governo furono attribuiti ulteriori poteri legislativi, e l'amministrazione comunale venne affidata ai podestà di nomina governativa, annullando così la concessione del voto amministrativo alle donne introdotta qualche mese prima.[39] Tra le altre misure il saluto romano fu adottato ufficialmente dalle istituzioni e con la legge 31 dicembre 1925 i giornali furono assoggettati alle prefetture.[40] La svolta autoritaria intrapresa da Mussolini si riflesse anche nei confronti del PNF, e il 30 marzo 1926 il segretario Roberto Farinacci fu costretto alle dimissioni venendo sostituito da Augusto Turati.[41]

La stretta del credito e la dittatura[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia per la lira.
Grafico del cambio tra la sterlina britannica (GBP) e la lira italiana (ITL) tra il 1923 e il 1928. La linea tratteggiata indica la "Quota 90"

A partire dal 1925 la lira italiana cominciò a perdere valore nei confronti della sterlina britannica, arrivando a superare il cambio di 150 lire per sterlina nel luglio del 1926, parallelamente anche la Borsa di Milano cominciò a cedere terreno, mentre l'inflazione accelerò.[42] Per favorire la stabilizzazione monetaria e il ritorno alla convertibilità aurea, già il 6 maggio 1926 alla Banca d’Italia fu attribuito il monopolio delle emissioni, funzione fino ad allora condivisa con il Banco di Sicilia e il Banco di Napoli, e assunse poteri di supervisione sul sistema bancario.[43] Il 18 agosto 1926 Mussolini annunciò una forte stretta del credito per riportare il breve tempo la lira a "Quota 90".[42] Contro il parere degli economisti la "battaglia per la lira" fu caratterizzata da alcuni principali provvedimenti: furono ritiranti dalla circolazione i biglietti di basso valore per essere convertiti in monete d'argento, le finanze statali diminuirono il debito verso la Banca d'Italia e il Consorzio per Sovvenzioni su Valori Industriali liquidò le proprie passività, trasformandosi nell'Istituto di Liquidazioni.[44] Il governo tentò di bilanciare le politiche deflattive introducendo un serie di misure favorevoli alle imprese, in generale riducendo le tasse, nonostante ciò per i ceti popolari si verificò l'aumento della disoccupazione e la diminuzione dei salari, mentre per i risparmiatori il debito a breve termine fu trasformato forzosamente a lungo termine col "prestito del Littorio".[45] Il 21 dicembre 1927 il cambio fu stabilito per decreto a 92,46 lire per sterlina e fu introdotta la parità aurea.[45]

Il 7 aprile 1926 Mussolini subì un attentato da parte della squilibrata Violet Gibson,[46] il duce subì un nuovo attentato l'11 settembre dall'anarchico Gino Lucetti[45] e il 31 ottobre dall'anarchico Anteo Zamboni.[47] Agli attentati seguirono su proposta del ministro dell'interno Lugi Federzoni nuove leggi liberticide: restrizioni sull'emissione dei passaporti e sull'espatrio clandestino, soppressione della stampa antifascista, istituzione del confino per gli oppositori politici e creazione del servizio speciale d'investigazione politica della MVSN.[47] Parallelamente il ministro della giustizia Alfredo Rocco reintrodusse la pena di morte, vietò la ricostituzione delle organizzazioni antifasciste e istituì il Tribunale speciale per la difesa dello Stato.[48] Seguirono poi altre leggi per la fascistizzazione dello Stato: il fascio littorio divenne emblema nazionale, alla Marcia reale fu affiancata Giovinezza e fu reso obbligatorio il calendario dell'era fascista.[49] Sul piano politico Augusto Turati si impegnò a centralizzarlo ulteriormente, abolendo ogni carica elettiva e a normalizzarlo espellendo gli elementi più intransigenti, e favorendo l'immissione di nuovi iscritti arrivando a superare il milione di tesserati.[50] Musolini assunse nuovamente anche il ministero dell'interno (Federzoni fu spostato al ministero delle colonie) imponendo alle prefetture di collaborare direttamente col capo provinciale e istituendo l'OVRA, la polizia politica per la repressione dell'antifascismo.[51]

La normalizzazione del regime[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Elezioni politiche in Italia del 1929.
Roma 1929: Facciata di Palazzo Braschi, sede della federazione fascista di Roma, il giorno prima delle elezioni del 1929.

Con la stabilizzazione del cambio a partire dal 1928 il regime attuò una politica di fascistizzazione dell'apparato statale, immettendo nelle prefetture e nei ministeri un gran numero di iscritti al PNF.[52] In vista della scadenza della scadenza della XXVII legislatura, nel marzo 1928 il governo decise di riformare la Camera dei deputati e la legge elettorale, scartata l'ipotesi di una camera corporativa, la riforma plebiscitaria prevedeva un'unica lista di 400 candidati stilata dal Gran consiglio da votare in blocco, che sarebbe stata confermata nel caso del raggiungimento della maggioranza assoluta dei voti, in caso contrario le elezioni si sarebbero ripetute con più liste, assegnando comunque tre quarti dei seggi alla lista con il maggior numero di voti.[53] Il 9 dicembre 1928 il Gran consiglio del fascismo fu pienamente integrato all'interno delle istituzioni assegnandogli addirittura il compito di esprimersi sulla successione al trono.[54] La riforma inasprì le divergenze tra il duce e il re, che il 12 aprile 1928 scampò a un attentato dinamitardo, probabilmente organizzato da fascisti repubblicani, che provocò 20 morti e l'arresto di alcuni antifascisti quali Lelio Basso, Ugo La Malfa e Leone Cattani.[55]

I rapporti internazionali e i patti lateranensi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Patti Lateranensi.

Sul piano internazionale nell'ottobre del 1925 l'Italia, firmando il trattato di Locarno, divenne garante del confine franco-tedesco, venendo quindi riconosciuta come grande potenza alla pari del Regno Unito.[40] Nel 1925 le relazioni con il Regno Unito migliorarono sensibilmente grazie al riconoscimento delle Isole italiane dell'Egeo e alla cessione all'Italia dell'Oltregiuba e dell'oasi di Giarabub,[56] inoltre tramite il ministro dell'economia Giuseppe Volpi, l'Italia ottenne da Regno Unito e USA una drastica riduzione del debito contratto durante la prima guerra mondiale e la concessione di nuovi prestiti.[57]

Il regime (1929-1935)[modifica | modifica wikitesto]

La crisi del ventinove[modifica | modifica wikitesto]

L'avversione all'Anschluss[modifica | modifica wikitesto]

La guerra d'Etiopia e la sanzioni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'Etiopia.

L'impero (1935-1940)[modifica | modifica wikitesto]

La guerra di Spagna[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra civile spagnola.

L'entrata in guerra[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale.

La guerra e la caduta del fascismo (1940-1943)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Italia nella seconda guerra mondiale.

La guerra "parallela"[modifica | modifica wikitesto]

La guerra "subalterna"[modifica | modifica wikitesto]

L'invasione dell'Italia e la caduta del fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Caduta del fascismo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nello, p. 50.
  2. ^ Nello, pp. 52-53.
  3. ^ Nello, pp. 54-55.
  4. ^ Nello, pp. 56-57.
  5. ^ Nello, p. 58.
  6. ^ a b Nello, pp. 59-60.
  7. ^ Nello, p. 65.
  8. ^ Nello, p. 66.
  9. ^ Nello, p. 67.
  10. ^ Nello, p. 68.
  11. ^ Nello, p. 69.
  12. ^ Nello, p. 70.
  13. ^ a b Nello, p. 76.
  14. ^ a b Nello, p. 77.
  15. ^ Nello, p. 78.
  16. ^ Nello, p. 79.
  17. ^ Nello, p. 84.
  18. ^ Nello, p. 85.
  19. ^ a b Nello, p. 86.
  20. ^ Nello, pp. 88-89.
  21. ^ Nello, p. 90.
  22. ^ Nello, p. 92.
  23. ^ Nello, p. 94.
  24. ^ Nello, pp. 95-96.
  25. ^ Nello, pp. 97-98.
  26. ^ a b Nello, p. 99.
  27. ^ a b Nello, pp. 101-102.
  28. ^ Nello, p. 110
  29. ^ a b Di Figlia, pp. 25-26.
  30. ^ Nello, p. 105.
  31. ^ Nello, pp. 107-109.
  32. ^ Nello, p. 125.
  33. ^ Nello, pp. 126-128.
  34. ^ Nello, pp. 103-104.
  35. ^ Nello, p. 114.
  36. ^ Nello, p. 115.
  37. ^ Nello, p. 116.
  38. ^ Nello, p. 117.
  39. ^ Nello, pp. 119-120.
  40. ^ a b Nello, p. 121.
  41. ^ Nello, p. 124.
  42. ^ a b Nello, p. 130.
  43. ^ Banca d'Italia, Banca d'Italia - Dall'istituzione della Banca d'Italia alla legge bancaria del 1936, su www.bancaditalia.it. URL consultato il 9 marzo 2024.
  44. ^ Taracchini, p. 141.
  45. ^ a b c Nello, p. 131.
  46. ^ Nello, p. 129.
  47. ^ a b Nello, p. 133.
  48. ^ Nello, p. 134.
  49. ^ Nello, p. 135.
  50. ^ Nello, p. 137.
  51. ^ Nello, p. 138.
  52. ^ Nello, p. 141.
  53. ^ Nello, p. 143.
  54. ^ Nello, p. 145.
  55. ^ Nello, p. 146.
  56. ^ Nello, p. 122.
  57. ^ Nello, p. 123.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]