Esarca

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Esarca o Esarco (in latino: exarchus, in greco: ἔξαρχος ) è stato un titolo utilizzato in diverse epoche e luoghi:

  • nell'antica Sparta indicava il capo degli efori;
  • nell'Impero Bizantino designava i viceré, cioè i governatori di grandi raggruppamenti territoriali d'oltremare (Italia e Africa);
  • tuttora il titolo è utilizzato dalle Chiese orientali, sia cattoliche sia ortodosse.

Il titolo deriva dal greco ἔξ, cioè sopra, e αρχὸς, capo, ad indicare un amministratore di grado superiore.

Esarchi bizantini

Nel più antico significato del termine, un esarca era un ufficiale imperiale di basso rango. Si trova riscontro di quest'accezione nelle cronache di Giovanni Malala e di Teofane Confessore, in cui Narsete è definito exarchus. Anche il futuro imperatore Focas, quando si ribellò all'imperatore legittimo Maurizio (602) deteneva la carica di exarchus nei Balcani.[1]

Invece nelle province occidentali dell'Impero, a partire dagli anni '80 del VI secolo, esarchi vennero detti i prefetti imperiali o viceré che governavano i territori d'oltremare frutto delle grandi conquiste del regno di Giustiniano; territori che, per la loro particolare posizione geografica rispetto alla capitale, necessitavano di un particolare regime di autonomia amministrativa e autosufficienza militare. Vennero dunque creati l'Esarcato d'Italia (584-751), con capitale Ravenna e giurisdizione su tutti i territori bizantini della penisola e un Esarcato d'Africa (591-698), con capitale Cartagine e giurisdizione estesa anche su Sardegna, Corsica e territori bizantini in Spagna meridionale. In precedenza, gli Esarcati d'Italia e di Africa venivano chiamati Prefettura del pretorio d'Italia (553-584) e Prefettura del pretorio d'Africa (534-591).[2]

La carica di Esarca nella sua nuova accezione di viceré si ritiene sia stata creata nel 584 ca. dall'imperatore Maurizio ed era la nuova massima autorità civile e militare dell'Italia e dell'Africa bizantine (in Africa l'esarcato venne introdotto nel 591 ca.); il Prefetto del pretorio continuò comunque ad esistere come funzionario civile subordinato all'esarca fino alla metà del VII secolo.[3] Di solito gli Imperatori assumevano come esarchi degli eunuchi, di norma di origini orientali, in quanto non potevano proprio in quanto eunuchi aspirare al trono e dunque godevano maggiormente della fiducia del sovrano.[4] Di norma insieme al titolo di esarca assumevano anche la dignità di "patrizio" ed erano selezionati tra i più alti dignitari palatini.[4]

Il primo esarca d'Italia di cui si hanno notizie potrebbe essere stato Decio, un patrizio romano che potrebbe essere l'esarca citato in una lettera del 584 di Papa Pelagio II che menziona proprio Decio.[3] Il primo esarca d'Africa di cui si hanno notizie viene menzionato invece in una fonte scritta nel 591. Va detto comunque che alcuni studiosi hanno avanzato dubbi sull'effettiva esistenza di un esarcato d'Africa, in quanto l'esistenza di un esarca di Cartagine (Gennadio) viene attestata solo da un'epistola di Papa Gregorio Magno del 591, mentre altre fonti chiamano i governatori di Cartagine prefetti o patrizi. Lo stesso Gennadio, esarca attestato da Gregorio Magno, in un'epigrafe risulta avere invece il titolo di patricius o magister militum. Altri governatori noti come esarchi d'Africa (ad esempio Eraclio il Vecchio, Gregorio il Patrizio ecc.) nelle fonti primarie risultano avere il titolo di patricius, o praefectus, e non vengono mai definiti esarchi (almeno nelle fonti primarie). Non è quindi da escludere che Gregorio Magno in quella lettera abbia usato un termine improprio, chiamando esarca chi in realtà deteneva la carica di patrizio o magister militum.[5]

I territori posti sotto il controllo dell'esarca vennero a loro volta ripartiti in circoscrizioni territoriali più piccole, rette da duces o magistri militum. Spesso gli Esarchi si ribellavano all'Imperatore, cercando di proclamare la loro indipendenza. Tra questi, si ricorda l'esarca d'Italia Eleuterio, che nel 619 tentò di restaurare l'Impero d'Occidente, cercando di farsi incoronare Imperatore romano dal Senato di Roma; tuttavia, prima di raggiungere la Città Eterna, l'esarca ribelle venne ucciso da uno dei suoi soldati. La carica di Esarca scomparve a causa della graduale perdita dei territori occidentali; già nel 698 non esisteva più un esarcato (e di conseguenza un esarca) d'Africa a causa della conquista di Cartagine e di tutto il Nord Africa bizantino ad opera degli Arabi; nel 751 i Longobardi conquistarono Ravenna e posero fine anche all'Esarcato d'Italia.

Esarchi delle Chiese orientali

Significato antico

Nell'organizzazione ecclesiastica dell'Impero d'Oriente, l'esarca della divisione politica chiamata "diocesi" aveva, nel IV e V secolo lo stesso rango del "primate", una carica dignitaria intermedia tra il patriarca e il vescovo metropolita. Il termine "patriarca" venne formalmente ristretto, dopo il 451, ai vescovi a capo delle poche città più importanti.

Significato moderno

Oggigiorno, nella Chiesa ortodossa, l'esarca è un alto prelato: un ispettore di monasteri, un deputato del patriarca o, in molti casi, colui che governa una chiesa all'estero per conto del Patriarcato: gli ortodossi serbi, rumeni, bulgari, ed altri, hanno tutti un esarcato negli USA. L'esarca del patriarcato di Gerusalemme viene detto "Esarca del Santo Sepolcro".
Il titolo di esarca è utilizzato anche presso le Chiese cattoliche di rito orientale.

Note

  1. ^ Borri, p. 4.
  2. ^ Va detto tuttavia che in molti testi storici i prefetti d'Italia ante-584 vengono chiamati impropriamente "esarchi". Il PLRE (The Prosopography of the Later Roman Empire), opera storica molto accurata, invece li chiama correttamente "Prefetti del pretorio" (vedi ad esempio Longino, prefetto dal 568 al ???). Charles Diehl, in Exarchat, pp. 6 sgg., afferma che la prima menzione all'esarcato d'Italia si ha nel 584, mentre in L'Afrique byzantine, pp. 478 sgg., sostiene che la prima menzione all'esarcato d'Africa si ha nel 591.
  3. ^ a b Ravegnani, p. 81.
  4. ^ a b Ravegnani, p. 82.
  5. ^ Borri, pp. 4-5.

Bibliografia

Voci correlate

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