Pange lingua

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Processione del Corpus Domini (Genzano di Roma)

Il Pange lingua è l'inno eucaristico per eccellenza della Chiesa cattolica. L’inno è stato composto da san Tommaso d’Aquino sotto incarico del papa Urbano IV, dopo aver istituito la solennità del Corpus Domini ad Orvieto nel 1264 in occasione del miracolo di Bolsena dell'anno precedente.

Caratteristiche dell'inno[modifica | modifica wikitesto]

Il primo verso del Pange lingua richiama l’incipit dell’inno omonimo di Venanzio Fortunato[1] (Carm. II, 2), composto circa sette secoli prima, che ripercorre l’Ultima Cena: l’inno di Venanzio, con le sue dieci strofe tristiche di tetrametri trocaici catalettici, è strutturalmente tripartito: la sezione iniziale e quella finale sono interamente dedicate alla Croce, il corpo centrale è finalizzato alla celebrazione salvifica del legno della croce, resa possibile dalla Passione e dall’Incarnazione di Cristo.[2] L’inno del domenicano ne riprende ed innalza il contenuto, infatti il suo intento è celebrare il mistero del Corpo e del Sangue di Cristo. L'inno ebbe la fortuna di entrare a far parte in diversi usi liturgici: come preghiera di adorazione eucaristica, canto intonato al termine della Messa in Cena Domini il Giovedì santo e il giorno del Corpus Domini, saranno soprattutto le ultime due strofe, “Tantum ergo”, ad essere accolte nella religiosità popolare e ad essere cantate in occasione della Benedizione eucaristica. Il testo di Tommaso d’Aquino è invece costituito da sei strofe di sei versi ciascuna in rima alternata (ABABAB).

Si propone di seguito una parte del commento di papa Giovanni Paolo II, il quale nella sua omelia del 12 aprile 2001 (Giovedì Santo, Santa Messa In Coena Domini), ripercorrendo l’inno, soffermandosi in particolare sul senso dell'eucaristia, ha offerto una spiegazione dettagliata del suo contenuto:

"In supremae nocte Cenae / recumbens cum fratribus... - La notte dell'ultima Cena, / sedendo a mensa coi suoi..., / con le proprie mani / dà se stesso in cibo ai Dodici". Con queste parole il suggestivo inno del "Pange lingua" presenta l'Ultima Cena, nella quale Gesù ci ha lasciato il mirabile Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. […] È stato l'apostolo Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, a ricordarci quanto Gesù ha fatto "nella notte in cui veniva tradito" […] (1 Cor 11, 26). Il messaggio dell'Apostolo è chiaro: la comunità che celebra la Cena del Signore attualizza la Pasqua. L'Eucaristia non è la semplice memoria di un rito passato, ma la viva ripresentazione del gesto supremo del Salvatore. L'inno di san Tommaso commenta: "Et antiquum documentum / novo cedat ritui - ceda ormai la vecchia Legge / al Sacrificio nuovo". Giustamente, perciò, i testi biblici della Liturgia di questa sera orientano il nostro sguardo verso il nuovo Agnello, che con il sangue liberamente versato sulla Croce ha stabilito una nuova e definitiva Alleanza. Ecco l'Eucaristia, sacramentale presenza della carne immolata e del sangue versato del nuovo Agnello. In essa vengono offerti a tutta l'umanità la salvezza e l'amore. […] L'Eucaristia costituisce il segno perenne dell'amore di Dio, amore che sostiene il nostro cammino verso la piena comunione con il Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito. È un amore che supera il cuore dell'uomo.”

Testo latino e traduzione italiana[modifica | modifica wikitesto]

Il testo è organizzato in sei strofe da sei versi, organizzate in tre distici. Il primo verso di ogni distico è un dimetro trocaico acateletto la cui cesura cade dopo i primi due piedi; il secondo verso è un dimetro trocaico catalettico (manca dell'ultima sillaba non accentata) e non presenta forti cesure. La rima è alternata (ABABAB).

Testo latino[3]

Pange, lingua, gloriosi
Corporis mysterium,
Sanguinisque pretiosi,
Quem in mundi pretium
Fructus ventris generosi
Rex effudit gentium.

Nobis datus, nobis natus
Ex intacta Virgine,
Et in mundo conversatus,
Sparso verbi semine,
Sui moras incolatus
Miro clausit ordine.

In supremae nocte cenae
recumbens cum fratribus,
observata lege plene
cibis in legalibus
Cibum turbae duodenae
se dat suis manibus.

Verbum caro, panem verum
verbo carnem efficit:
fitque sanguis Christi merum,
et si sensus deficit,
ad firmandum cor sincerum
sola fides sufficit.

Tantum ergo sacramentum
veneremur cernui,
et antiquum documentum
novo cedat ritui;
praestet fides supplementum
sensuum defectui.

Genitori Genitoque
laus et iubilatio,
salus, honor, virtus quoque
sit et benedictio;
Procedenti ab utroque
compar sit laudatio.

Amen.

Traduzione italiana[3]

Canta, o lingua,
il mistero del Corpo glorioso
e del Sangue prezioso
che il Re delle nazioni,
frutto di un grembo generoso,
sparse per il riscatto del mondo.

A noi dato, per noi nato
da una pura Vergine,
visse nel mondo,
sparse il seme della sua parola
e chiuse in modo mirabile
il tempo della sua dimora terrena.

Nella notte dell'Ultima Cena,
sedendo a mensa con i suoi fratelli,
dopo aver osservato pienamente la legge
riguardo ai cibi prescritti,
si diede in cibo al gruppo dei dodici
con le proprie mani.

Il Verbo fatto carne cambia con la sua parola
il pane vero nella Sua carne
e il vino nel Suo sangue,
e se i sensi vengono meno,
la fede basta per rassicurare
un cuore sincero.

Adoriamo, dunque, prostrati
un sì gran sacramento;
l'antica legge
ceda al nuovo rito,
e la fede supplisca
al difetto dei nostri sensi.

Gloria e lode,
salute, onore,
potenza e benedizione
al Padre e al Figlio:
pari lode abbia Colui
che procede da entrambi.

Amen.

Traduzione in forma semipoetica[4]

L'alto mister si celebri
Del divin Corpo e Sangue
Che per salvar noi miseri
Dal rio velen dell'angue,
Giusta il divino imperio,
Da un sen fecondo uscì.

Da intemerata Vergine
Nato fra noi, diffuse
Il seme fecondissimo
Di sua parola, e chiuse
Con ammirabil ordine
Della sua vita i dì.

Assiso cogli Apostoli,
L'ultima notte a mensa,
In cibo Sé medesimo,
Di propria man dispensa
Poiché l'Agnel simbolico,
Co'fidi suoi mangiò.

In Carne il pan trasmutasi
Ad una Sua parola,
In Sangue il vin: per credere
Basta però la sola
Fede, ché a tanto il debole
Senso arrivar non può.

Dunque per noi si adori
Un tanto Sacramento:
Al nuovo i riti cedano
Del Vecchio Testamento
E d'ogni senso al vacuo
Supplisca in noi la Fè.

Al Genitore, al Figlio,
E al procedente Amore,
Eguale sia la gloria,
Eguale sia l'onore,
Gloria ed onor cui simile
Non ebbe alcun tra i Re.

Amen.

Indulgenza nella Chiesa Cattolica[modifica | modifica wikitesto]

Alla recita integrale del Pange Lingua, o del Tantum Ergo, seguono i tradizionali versetti, collegati all'indulgenza in perpetuo:

«V. Panem de coelo praestitìsti eis.
R. Omnem delectamèntum in se habèntem.
Orazione
Deus, qui nobis sub Sacramèntu miràbili Passiònis tuae memòriam reliquìsti, trìbue quaesumus, ita nos Còrporis et Sànguinis tui sacra mistèria veneràri, ut redemptiònis tuae fructus in nobis iùgiter sentiàmus. Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitàte Spìritus Sancti Deus per òmnia saecula saeculòrum. Amen.»

«Pio VII con decreto 25 agosto 1818 concesse in perpetuo l'Indulgenza di 300 [trecento] giorni ogni volta che si recita il Pange Lingua, e di 100 [cento] giorni soltanto a chi recita il Tantum Ergo, sempre inteso che vi si aggiunga il suddetto responsorio Panem de coelo, ecc. e la successiva orazione Deus qui nobis.
Chi[unque] praticherà questa devozione almeno 10 volte al mese, ha l'indulgenza plenaria una volta all'anno in un giorno a sua scelta, oltre la Plenaria Indulgenza nel Giovedì santo, nel Corpus Domini, o in un giorno dell'Ottava. Queste indulgenze sono applicabili [alle anime dei] defunti.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Secondo Massimo Mila, l'autore del Pange lingua è l'italiano Claudiano Mamerto, morto tra il 473 e il 475 (Breve storia della musica, p. 25, Einaudi, 1963)..
  2. ^ Per approfondire cfr: S. Filosini, Tra poesia e teologia: gli inni alla Croce di Venanzio Fortunato, in F. Gasti, M. Cutino (a cura di), Poesia e Teologia nella produzione latina dei secoli IV-V, Pavia, Pavia University Press 2015, pp. 109-116..
  3. ^ a b Pange lingua, Canta o lingua, testo latino italiano. Preghiamo.org Preghiera, canto e dottrina mobile!, su www.preghiamo.org. URL consultato il 3 dicembre 2023.
  4. ^ La seguente traduzione è in forma semipoetica, pubblicata nel 1860, ma risalente a un periodo più antico (cfr. don Giuseppe Riva, coi Tipi di Antonio Valentini e C., Manuale di Filotea, ed.ne decimaterza (riveduta e aumentata), Milano, Libraio Serafino Maiocchi, Contrada de' Profumieri n. 3219, Agosto 1860, pp. 303-304 (di 940).)
  5. ^ a b don Giuseppe Riva, coi Tipi di Antonio Valentini e C., Manuale di Filotea, ed.ne decimaterza (riveduta e aumentata), Milano, Libraio Serafino Maiocchi, Contrada de' Profumieri n. 3219, Agosto 1860, pp. 303-304 (di 940).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gian Biagio Conte, Letteratura latina (circa la paternità dell'Inno "Pange lingua gloriosi Proelium certaminis")

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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