Utente:Lupo rosso/Sandbox/Impresa di Fiume

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Francobollo fiumano.
(LA)

«Quis contra nos?»

(IT)

«Chi sarà contro di noi?»

L'impresa di Fiume è stato un fatto storico di cui Gabriele D'Annunzio fu protagonista nella città alto-adriatica di Fiume (Rijeka in lingua croata). Indossata la divisa di tenente-colonnello dei Lancieri di Novara, il poeta-scrittore e militare guidò un gruppo di circa 2.600 ribelli dell'esercito - i Granatieri di Sardegna - da Ronchi (intitolata poi in età fascista Ronchi dei Legionari, nome rimasto), presso Monfalcone, a Fiume.

La città fu occupata il 12 settembre 1919. Nel tardo pomeriggio D'Annunzio proclamò l'annessione al Regno d'Italia della città quarnerina (Reggenza Italiana del Carnaro).

Il governo guidato da Francesco Saverio Nitti tentò di trattare la resa dei legionari e l'abbandono della città che nel frattempo, secondo il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, era stata dichiarata città-stato indipendente.

Giovanni Giolitti, subentrato a Nitti, nel mese di dicembre ordinò lo sgombero della città. L'attacco che fu portato dall'esercito italiano alla Reggenza Italiana del Carnaro (l'episodio è conosciuto come Natale di sangue) provocò alcune decine di morti fra difensori ed attaccanti.

Filippo Tommaso Marinetti, durante il periodo della sua presenza a Fiume nel settembre 1919, definì gli autori dell'impresa disertori in avanti.

«Emilio Lussu scriveva che gli ex combattenti erano tutti dei socialisti potenziali: avevano maturato una concezione internazionalista in trincea… Per capire la contraddittorietà, ma anche la sincerità di quelle tensioni ideali, pensa alle simpatie che la rivoluzione Russa riscuote tra molti legionari Fiumani!… Si tratta di una pagina di storia che poi è stata “accomodata” e nascosta, ma fa pensare… Perché per il fascismo era importante appropriarsi anche dell’esperienza Fiumana? E’ semplice: perché il fascismo non aveva la storia del partito socialista, non aveva dietro di sé la cultura cattolica del partito popolare, non aveva neppure le vecchie tradizioni risorgimentali dei liberali; si trattava di un movimento nuovo, che si muoveva solo nella logica della presa del potere, privo di solide radici ideologiche o simboliche, che cercava di “mettere il cappello” ad un’ampia fetta di popolazione in cui era percepibile un disagio istintivo… Il fascismo aveva, insomma, l’esigenza di appropriarsi di una “storia” altrui, non avendone una propria…»

[1]

Analisi storica[modifica | modifica wikitesto]

Léon Bakst: costume di scena realizzato per la danzatrice Ida Rubinstein, per la sua interpretazione dell'opera teatrale "Il martirio di San Sebastiano" di Gabriele D'Annunzio

I francesi e gli inglesi preferirono evitare che l'azione finisse in un bagno di sangue, anche se alcuni morti in realtà vi furono. Nei giorni successivi all'occupazione, D'Annunzio ricevette il plauso di Benito Mussolini (che però non era stato informato in anticipo)[2]. Il giorno prima della partenza per Fiume gli inviò una lettera chiedendogli il sostegno.

«Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile...Sostenete la Causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio.»

[3]

Il governo italiano rimproverò invece il vate, affidando a Pietro Badoglio il compito di risolvere la situazione. Ma Badoglio, grande amico di D'Annunzio, sì limitò ad impedire che i viveri per i volontari italiani entrassero in città, inconveniente che risolse Mussolini lanciando una grande raccolta fondi sul giornale di cui era direttore, Il Popolo d'Italia; in pochi giorni raccolse due milioni di lire, che inviò a d'Annunzio. Secondo altre fonti, quei soldi a D'Annunzio non arrivarono mai, ma furono intascati da Mussolini per usi politici.[4]

L'avventura fiumana ebbe termine nel dicembre del 1920, con il Natale di sangue. La politica dannunziana a Fiume, anche per via di tentennamenti e scelte non univoche da parte del poeta, passato su posizioni più radicali: se l'obiettivo di partenza era il ricongiungimento di Fiume all'Italia, adesso l'obiettivo dichiarato con la progressista Carta del Carnaro era quello di fondare uno stato libero fondato su valori assolutamente diversi e contrastanti rispetto a quelli su cui era fondato il regno d'Italia, ed appoggiato dalla Russia dei Soviet.

D'Annunzio aveva incominciato un percorso che, dal puro nazionalismo di stampo neo-risorgimentale, era approdato ad un'ideologia ben precisa, fermo restando le sue indecisioni, molto vicina al sindacalismo rivoluzionario di Alceste De Ambris. Questo risultò per molti inaccettabile per cui la Reggenza Italiana del Carnaro fu presa militarmente dall'esercito italiano[5]. Vi furono alcune decine di morti da entrambe le parti negli scontri: Antonio Gramsci difese dalle colonne di L'Ordine Nuovo tanto D'annunzio quanto la Legione di Fiume mentre i dirigenti del Partito Nazionale Fascista dal canto loro elaborarono una mozione di condanna per l'attacco a Fiume, firmata all'unanimità eccetto un'unica astensione: quella di Benito Mussolini.

Fiume verrà annessa a tutti gli effetti allo stato italiano solo nel 1924. Come nel resto d'Italia vi fu introdotta una politica di italianizzazione, che comportò una graduale restrizione dei diritti della minoranza croata.

Pochi anni dopo dopo i fatti di Fiume, alcuni dei legionari si sarebbero affrontati, armi in pugno, su opposte barricate, nello scontro tra fascisti e antifascisti. Vent'anni dopo alcuni di essi sarebbero divenuti capi della Resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale, come Ercole Miani che i nazifascisti comandati da un commissario di polizia italiano, Gaetano Collotti, torturarono senza riuscire ad estorcene dichiarazioni sui compagni e sull'organizzazione antifascista di cui faceva parte, e come Gabriele Foschiatti, morto in un lager, oppure sull'opposta barricata (Ettore Muti, poi noto squadrista e segretario del PNF[6]).

Gli antefatti[modifica | modifica wikitesto]

Governo asburgico[modifica | modifica wikitesto]

targa commemorativa di D'annunzio al castello D'Albertis di Genova

Secondo il censimento ungherese del 1910 (dove viene richiesta la lingua d'uso), la popolazione di Fiume era pari a 49.806 abitanti, e così suddivisa: 24.212 dichiaravano di avere come lingua d'uso l'italiano, 12.926 il serbocroato ed altre lingue, soprattutto ungherese, sloveno e tedesco. Nel censimento non si consideravano i dati della località di Sussak, il quartiere operaio a maggioranza croata sorto in epoca recente ad est della Fiumara. Quest'ultimo era il corso d'acqua che suddivideva la municipalità di Fiume (formalmente dipendente dalla Corona Ungherese in qualità di Corpus Separatum) dal Regno di Croazia. La città di Fiume aveva sempre lottato contro la propria annessione al Regno di Croazia, reclamata invece dai croati. Il quartiere di Susak era politicamente orientato a sinistra e da solo contava 15.000 abitanti.

Si può quindi dire che fosse una cittadina portuale di tutto rispetto a maggioranza relativa italiana e con forte presenza Croata. Se si conta anche Sussak, la maggioranza era presumibilmente croata, situazione questa che evidentemente contribuì non poco ai tragici fatti del secondo dopoguerra dopo il fenomeno della fascistizzazione di Fiume fra le due guerre[7]

Il dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Alla conclusione del 1° conflitto mondiale, dalle trattative di pace, l'Italia ottiene le terre irredenti di Trento e Trieste ma l'opposizione del presidente americano Woodrow Wilson conduce ad una situazione di stallo per quanto riguardava la Dalmazia e quindi Fiume che era stata anch'essa promessa all'Italia. Inoltre già nell'ottobre 1918 a Fiume si era costituito un Consiglio nazionale che propugnava l'annessione all'Italia.[8] I rappresentanti italiani a Parigi Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino, dopo aver polemicamente abbandonato il tavolo delle trattitive il 24 aprile, non avendo colto risultati sperati vi fecero ritorno il 5 maggio.

A Fiume, già ad aprile Giovanni Host-Venturi e Giovanni Giuriati iniziarono a creare una Legione fiumana costituita da volontari per difendere la città in particolare dal contingente francese particolarmente filo-iugoslave.

Nel frattempo Gabriele D'Annunzio si era recato a Roma per tenere una serie di comizi in favore dell'italianità di Fiume. I discorsi infuocati di D'Annunzio suscitarono l'emozione soprattutto dei moltissimi giovani reduci che ritornati dalla guerra erano rimasti disoccupati.[9] In particolare insistendo sull'onta della vittoria mutilata che induceva un revanscismo delle aspettative di carattere nazionalista. Intanto a Fiume la situazione diviene sempre più incandescente e si susseguono costantemente manifestazioni della popolazione a favore dell'italianità della città e incidenti tra i vari reparti delle quattro nazioni che al termine del conflitto hanno occupato la città (italiani, francesi, inglesi americani). A Parigi si decidono così alcune sanzioni e l'allontanamento dei Granatieri di Sardegna, reparto che si era dimostrato particolarmente irrequieto. I Granatieri, sotto il comando del generale Mario Grazioli, lasciano Fiume il 25 agosto 1919 acquartierandosi a Ronchi. Da qui sette ufficiali inviarono a D'Annunzio una lettera in cui lo invitavano a porsi a capo di una spedizione che a Fiume ne rivendicasse l'italianità:

«Sono i Granatieri di Sardegna che Vi parlano. E' Fiume che per le loro bocche vi parla. Quando, nella notte del 25 agosto, i granatieri lasciarono Fiume, Voi, che pur ne sarete stato ragguagliato, non potete immaginare quale fremito di entusiasmo patriotico abbia invaso il cuore del popolo tutto di Fiume...Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti i morti per l'unità d'Italia: Fiume o morte! e manterremo, perchè i granatieri hanno una fede sola e una parola sola. L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo.»

Dopo alcuni giorni D'Annunzio ruppe gli indugi e garantì il proprio arrivo a Ronchi per il 7 settembre, ma a causa di una intempestiva febbre potè onorare il proprio impegno solo i'11 dello stesso mese. Intanto a Ronchi erano già arrivati numerosi volontari. Qui giunsero anche i volontari al seguito del tenente Guido Keller dotati di autocarri su cui presero posto buona parte dei convenuti. Messisi in viaggio verso Fiume alla colonna via via si unirono altri volontari tra cui alcuni gruppi di bersaglieri che in realtà avrebbero dovuto bloccarlo, oltrepassato il confine presidiato dal generale Vittorio Emanuele Pittaluga il 12 settembre D'Annunzio prese possesso della città.

Negli stessi anni l'affermarsi del regime comunista in Unione Sovietica era avvertito negli strati della piccola borghesia e dei reduci militari in modo controverso: da una parte era forte la paura dei sovversivi; dall'altra era avvertibile un sentimento di ammirazione e di sprone per qualcosa di nuovo che stava nascendo (non a caso la neonata repubblica socialista sarà l'unica a riconoscere lo Stato libero di Fiume).

Riflessi politici[modifica | modifica wikitesto]

A parere di alcuni storici, l'impresa portata avanti da D'Annunzio è stata fagocitata ed utilizzata a fini propagandistici dal fascismo. Questo utilizzo potrebbe avere impedito, per motivazioni soprattutto politiche, di porre nel giusto contesto storico la vicenda e di consentirne una sua compiuta analisi. Il processo di fascistizzazione dei fatti di Fiume, tuttavia, è correlato anche alla promulgazione delle leggi razziali avvenuta a partire dal 1938, gli ex-legionari fiumani , o sedicenti tali, erano preservati dagli effetti dele leggi razziali stesse.[10]

È ugualmente indiscutibile che le tecniche di comunicazione di massa adottate dal Comandante (così veniva chiamato D'Annunzio durante l'impresa di Fiume) ed il metodo per impostare il personale carisma furono copiate dal duce del fascismo (ed un esempio in questo senso può essere ravvisato nella particolare predilezione per le adunate oceaniche).

Sta di fatto che la popolarità di D'Annunzio al tempo era alta, e non solo per la sua attività di letterato (Lenin stesso asserirà che l'unica persona in grado di portare avanti la rivoluzione in Italia era D'annunzio[11]).

In definitiva, la complessità del caso Fiume altro non era che lo specchio della contestuale complessità del primo dopoguerra, un'epoca in cui lo stesso movimento fascista veniva accostato al sansepolcrismo, che poteva definirsi un movimento di sinistra non marxista legato per certi aspetti al sindacalismo rivoluzionario.

Roberto Vivarelli, storico socialista e docente di storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa, indica nell'impresa di Fiume una svolta decisiva del processo di decadimento e di crisi dello Stato liberale: ovvero - è la sintesi - l'impresa contribuì a rendere pubblica ed esasperatamente chiara la realtà di uno stato debole oberato da interessi di parte e corrotto. Mussolini, in attesa di un momento propizio, sfrutta l'occasione per la propria personale ascesa: appoggiando la sortita di D'Annunzio sull'onda della vittoria mutilata . I rapporti con D'Annunzio non sono di fiducia ma di reciproco utilizzo: il fascio fiumano, dal canto suo, prosegue nella strada delle rappresaglie perpetrate in Istria e Dalmazia alla fine della prima guerra mondiale[12]

È altrettanto conseguente che per i rinnovati potentati dell'industria e dell'agraria non erano assolutamente condivisibili le istanze a sfondo socialista di D'Annunzio. Erano però sfruttabili da un movimento in grado di riportare a miti consigli il battagliero proletariato del periodo (e che sapesse quindi utilizzare in questo senso la non trascurabile situazione provocata dall'impresa fiumana).

Mussolini comprendeva l'intuito di D'Annunzio in campo sociale ma disprezzava le capacità politiche di questi. Il futuro Duce al tempo stesso intuì che l'eroica impresa non poteva costituire un pericolo eversivo. D'Annunzio aveva una visione patriottica e indubbiamente personalistica pur tuttavia ben distante dal nazionalismo in senso stretto e comunque di stampo fascista: l'impresa era in ogni caso la grande occasione per restituire all'Italia quella unità che il patto di Londra le aveva sottratto.

D'Annunzio cercò appoggio politico in diverse fazioni (rifiutando però di incontrare Antonio Gramsci): il suo limite fu però soprattutto quello di mostrare scarsità di vedute in campo militare, considerata l'efficienza che avrebbero potuto avere gli Arditi, corpo speciale di assaltatori, nell'eventuale difesa di Fiume. Lo svolgersi degli eventi storici lascia intendere come ci sarebbe stato bisogno di difensori di una buona caratura militare, che invece evidentemente mancarono.

Proficua fu per contro la collaborazione tra D'Annunzio e Alceste De Ambris[13]. Dai carteggi Mussolini-De Ambris-D'annunzio, studiati da Renzo De Felice, si deduce quanto fossero diversi (e per certi versi diametralmente opposti) i fini di Mussolini rispetto a quelli di D'Annunzio: gli squadristi sarebbero stati inaccettabili per il vate e per gran parte dei militari intellettuali ma anche uomini d'azione che accompagnarono D'Annunzio e i Centauri di Fiume (alcuni dei legionari si ritroveranno vent'anni dopo su sponde opposte al tempo della Resistenza italiana). Va detto che De Ambris, che conosceva Mussolini dal 1913 (ovvero grosso modo dal periodo immediatamente precedente la fondazione dei Fasci d'azione internazionalista), romperà ogni rapporto con lui all'indomani del Natale di sangue (De Ambris diventerà poi presidente dell'Associazione Legionari Fiumani e parteciperà con gli Arditi del Popolo e la Legione Proletaria Filippo Corridoni alla difesa di Parma del 1922).

La coerenza di De Ambris fu tale che - a differenza di numerosi suoi compagni sindacalisti, compreso il fratello, anch'egli fra i difensori di Parma, che dovette vendersi per fame - mai accettò proposte di cariche politiche offertegli dal regime fascista in quanto non volle mai che il progetto rivoluzionario, fagocitato dal fascismo, diventasse strumento reazionario di propaganda.

Lo storico Renzo De Felice cita, nel carteggio De Ambris–D'Annunzio, un articolo de La conquista ripreso da Claudia Salarisi nel suo saggio Alla festa della rivoluzione: De Ambris - nella sostanza - conferma il proprio intento di essere a fianco di D'Annunzio, ma sotto la bandiera della libertà, e non della reazione, e a proposito di bandiera, nel senso reale del termine, ricordiamo che la bandiera dei legionari di Fiume era una bandiera rossa con due piccole bande verticali bianca e verde, ovvero un tricolore su cui dominava il colore rosso.

De Ambris voleva trasformare l'impresa di Fiume in un laboratorio rivoluzionario per far affermare anche in Italia uno stato impostato sui principi del sindacalismo rivoluzionario.

Tale impostazione - non appena il caso fiumano divenne di pubblico interesse - fu appoggiata dai nazionalisti discendenti dall'ala repubblicano-socialista-irredentista nonché dallo stesso Mussolini, il quale vedeva in esso un appoggio tattico di sfruttamento del momento, con l'intento non dichiarato forse di far cadere il governo Nitti. In sostanza, Mussolini, conscio dei mutamenti possibili, si avvicinò a Giolitti sabotando il progetto De Ambris.

D'annunzio fu ingannato dalla politica del doppio binario di Mussolini: gli chiese di reperire fondi per la Libera Repubblica Fiumana tramite Il Popolo d'Italia. Poi, indispettito dall'approvazione da parte di Mussolini del trattato di Rapallo, e resosi forse conto di quanto il duce avesse strumentalizzato l'idea fiumana, ammonì i legionari a non aderire al fascismo fino al famoso volo dell'Arcangelo, episodio interpretabile in varie maniere ma in cui D'annunzio rischiò comunque la vita. Certo D'annunzio, alla morte di Giacomo Matteotti dimostrò tutto il suo livore contro il fascismo e contro il duce.

Ricapitolando, sia gli uomini - Mussolini e D'annunzio - sia le loro idee erano ben diverse. La presa del potere del regime fascista a Fiume fu considerata con indifferenza e diffidenza e ben presto l'Assemblea costituente fiumana si adeguò in termini di opportunismo politico al regime mentre il fascio fiumano passava da un'impostazione in chiave dannunziana a quella più propriamente squadristica.

Francobollo del 1922 con il visto dell'Assemblea costituente fiumana

Scrisse Antonio Gramsci, dopo il Natale di sangue, il 6 gennaio 1921 su L'Ordine Nuovo, a difesa di D'Annunzio e dei legionari:

«L'onorevole Giolitti in documenti che sono emanazione diretta del potere di Stato ha più di una volta, con estrema violenza, caratterizzato l'avventura fiumana. I legionari sono stati presentati come un'orda di briganti, gente senza arte né parte, assetata solo di soddisfare le passioni elementari della bestialità umana: la prepotenza, i quattrini, il possesso di molte donne. D'Annunzio, il capo dei legionari, è stato presentato come un pazzo, come un istrione, come un nemico della patria, come un seminatore di guerra civile, come un nemico di ogni legge umana e civile. Ai fini di governo, sono stati scatenati i sentimenti più intimi e profondi della coscienza collettiva: la santità della famiglia violata, il sangue fraterno sparso freddamente, la integrità e la libertà delle persone lasciate in balìa di una soldataglia folle di vino e di lussuria, la fanciullezza contaminata dalla più sfrenata libidine. Su questi motivi il governo è riuscito ad ottenere un accordo quasi perfetto: l'opinione pubblica fu modellata con una plasticità senza precedenti.»

Intrecci con futurismo ed anarchia[modifica | modifica wikitesto]

Una lettura utile ad una più completa comprensione degli influssi avuti dall'impresa di Fiume nei campi artistico e politico è data dal libro Alla Festa della Rivoluzione di Claudia Salaris, una fra i maggiori studiosi del futurismo.

Premesso che in quel periodo esisteva anche un futurismo di sinistra o filo-anarchico (rappresentato nella sua espressione più alta da Renzo Novatore[14]), tale tipo di impostazione futuristica era ben radicata sia nella Liguria - particolarmente nella provincia della Spezia - sia nelle Marche.

Aderivano al movimento anche donne rilevanti dal punto di vista artistico come Gianna Manzini (1896-1974), figlia di un militante anarchico.

Nella vicenda Fiumana è possibile individuare l'intreccio con la forma artistica del futurismo, fermo restando il fatto che il movimento fu poi fagocitato dal fascismo cessando - a parere di molti - la sua funzione artistico-propulsiva.

Fondamentali per l'analisi dell'atmosfera del momento fiumano sono anche gli articoli dei giornali del periodo che mettono soprattutto in evidenza Testa di Ferro Mario Carli e i manifesti della associazione Yoga di Guido Keller. Carli è personaggio di grande interesse in quanto interpreta il doppio ruolo di artista e politico: futurista fra i firmatari del manifesto dei futuristi, capitano degli Arditi (nel quale riesce ad arruolarsi pur essendo stato respinto ad una prima visita per motivi oculistici), filo-bolscevico a Fiume, golpista di sinistra ante-litteram, rientrò poi nel fascismo su posizioni di fronda spezzando dopo l'attacco squadristico alla camera del Lavoro di Milano il legame preferenziale formatosi fra Arditi e Mussolini con il suo articolo Arditi non gendarmi. Supportò poi la scissione degli associazione nazionale Arditi d'Italia da cui nacque il Fronte Unito Arditi del Popolo.

Nel 1922 Argo Secondari, fondatore degli Arditi del Popolo, in un'intervista ad un emissario di Antonio Gramsci ritenne che il D'annunzio (il Comandante come lo chiamano in quel periodo) stesse organizzando la battaglia contro i fascisti e nella vicenda di Parma la Lega Proletaria Filippo Corridoni, che combatteva i fascisti alleata con il Fronte Unito Arditi del Popolo, mostrava una foto con dedica del D'annunzio nella sede (Pino Cacucci in Oltretorrente):

«Ovvero si può dire che l'Impresa Fiumana fu anche, ed ovviamente non solo, il crogiolo da cui poterono fuoriuscire e/o rivendicarne una certa continuità ideale (quella legata alla Carta del Carnaro) le più formazioni militarmente meglio organizzate, delle Formazioni di difesa proletaria che furono ben presto riconosciute ed accettate e nelle cui fila confluirono molti militanti del movimento anarchico.»

La maggioranza numerica era tuttavia di militanti del partito comunista che non avevano obbedito agli ordini contrari, in tal senso, di Amedeo Bordiga ed avevano invece seguito il parere favorevole dell'Internazionale esplicitato da Nikolai Bucharin nel suo incontro con Ruggero Grieco.

Personalità legate all'impresa di Fiume[modifica | modifica wikitesto]

I personaggi di cui si parla in questo paragrafo sono in buona parte riferiti a quella frangia di intellettuali, la maggioranza dei quali con idee rivoluzionarie di sinistra, che accompagnarono e furono di supporto a D'Annunzio nell'impresa di Fiume.

Una prima rielaborazione storica degli eventi avvenne per opera del citato storico Renzo De Felice che trattò l'argomento nel libro D'Annunzio politico 1918-1938 (Laterza, 1978).

Tale lavoro può essere considerato un preludio per una rilettura della vicenda non inquinata né dalla fascistizzazione né da molta parte della storiografia seguente che ormai l'aveva etichettata di fatto come impresa pre-fascista. Fonti non inedite ma poco conosciute ai più sono state usate da De Felice: in particolare le testimonianze dei legionari letterati, i diari, le memorie scritte, le biografie di protagonisti.

Un'opera utile per comprendere il senso degli eventi di quel periodo è il saggio dell'esperta di Futurismo Claudia Salaris Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume (Il Mulino, Bologna, 2002). Fondamentali per l'analisi dell'atmosfera del momento fiumano sono poi gli articoli dei giornali del periodo a Fiume (soprattutto quelli di Mario Carli).

I personaggi qui riportati - non trattati in ordine alfabetico ma per affinità di legame politico o culturale - possono essere considerati un veloce repertorio di personalità legate all'impresa fiumana:

Sinistra, nel senso eterogeneo del termine[modifica | modifica wikitesto]

Intellettuali creativi[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Comisso , " intellettuale creativo " ,
  • Guido Keller , " intellettuale creativo " , successivamente aderi' al PNF
  • Leone Kochnitzky, " intellettuale creativo " , propuganatore dei soviet
  • Henry Furst[25]
  • Ludovico Toeplitz de Grand Ry[26]
  • Ricciotto Canudo , " intellettuale creativo " [27]
  • Andor Garvay , nello specifico poeta magiaro, perseguitato in patria dal regime reazionario di Miklós Horthy
  • Harukichi Shimoi[28]

Non orientati secondo sicura documentazione[modifica | modifica wikitesto]

Fascisti[modifica | modifica wikitesto]

Industriali, armatori, uomini di potere istituzionale[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ da intervista di Ivan Tagiaferri autore di morte alla morte, libro, fra gli altri dell'autore, sulla storia degli Arditi del Popolo
  2. ^ Fonte: rigocamerano.org
  3. ^ Leandro Castellani, "L'impresa di Fiume", su Storia illustrata n° 142, Settembre 1969 pag. 36
  4. ^ Paola Sorge, Introduzione, in Motti dannunziani, Roma, Newton Compton Editori, 1994, Pagina 13.
  5. ^ Lo storico Eros Francescangeli afferma che l'esercito fu coadiuvato da squadristi fascisti,cosa possibile,visto il comportamento di Benito Mussolini nel contesto ma che non trova altra forma di conferma esplicita,per adesso. Quel che è certo che Host Venturi distrusse quel poco che rimaneva dello stato Libero di Fiume nel proseguio esautorando la gestione Zanella. Host Venturi fu il più duro applicatore del fascismo affermato esautarando la "vecchia guardia rivoluzionaria" fascista di tipo danunziano procedendo alla formazione del fascio locale sul modello di quello di Trieste, costituendo perciò gruppi di squadristi "ripulitori" ed arrivando persino a chiedere ed a ottenere che le funzioni religiose non potessero essere dette in lingua slavo-croata; "preparando il terreno" con tali vessazioni e crimini squadristi, sia verso locali che verso italiani oppositori, a quello che furono le foibe (sintesi degli antefatti con documenti)
  6. ^ Ucciso in circostanze misteriose dai carabinieri il 24 agosto 1943, a lui fu successivamente intitolata una brigata di camicie nere della Repubblica Sociale Italiana, la Brigata Automa Muti
  7. ^ Fonte: Cronologia.it
  8. ^ Leandro Castellani, "L'impresa di Fiume", su Storia illustrata n° 142, Settembre 1969 pag. 34: "La cittadinanza .. aveva proclamato fino dal 30 ottobre 1918, all'indomani del conflitto, la propria volontà di unirsi all'Italia."
  9. ^ Leandro Castellani, "L'impresa di Fiume", su Storia illustrata n° 142, Settembre 1969 pag. 35: "Sulle migliaia di giovani reduci senza lavoro le grandi parole fanno presto a far breccia."
  10. ^ il fascismo fa un riferimento esplicito nelle leggi razziali agli ex Legionari Fiumani per " preservarli " da alcuni " effetti " delle leggi razziali stesse

    «

    1. Art. 10 I cittadini italiani di razza ebraica non possono:

    a) prestare servizio militare in pace e in guerra; b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco; d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila;

    1. e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e). Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
    2. Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
    3. Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica....

    Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h): a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista; b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:

    1. mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola; 2. combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra; 3. mutilati, invalidi, feriti della causa fascista; 4. iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924; 5. legionari fiumani

    »
    Provvedimenti per la difesa della razza italiana DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728
  11. ^ Fonte: dalla rivista dei bersaglieri Fiamme Cremisi
  12. ^ Ruggero Grieco, l'1º maggio 1921 in un articolo sulla rivista L'Ordine Nuovo intitolato Fascismo individua nel fiumanesimo le premesse del nuovo movimento. Questa impostazione di pensiero viene peraltro messa in discussione da una differente corrente critica
  13. ^ Vedi: Carta del Carnaro
  14. ^ Novatore fu amico di Giovanni Governato e morì in uno sconto a fuoco coi carabinieri a Murta, delegazione di Genova
  15. ^ Scrisse Turati alla Kuliscioff a proposito dell'impresa di Fiume:

    «Il povero Nitti è furibondo per le indegne cose di Fiume [...]. Non solo proclamano la repubblica di Fiume, ma preparano lo sbarco in Ancona, due raid aviatori armati sopra l'Italia e altre delizie del genere. Fiume è diventato un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno high-life. [Nitti] mi parlò di una marchesa Incisa, che vi sta vestita da ardita con tanto di pugnale. Purtroppo non può dire alla Camera tutte queste cose, per l'onore d'Italia.»

  16. ^ Tenente dei legionari, Giordano fu amico di Gramsci e tentò di combinare un incontro a Gardone fra lo stesso Gramsci e D'Annunzio, ma quest'ultimo lo evitò con la scusa di pressanti impegni improvvisi.
  17. ^ Capitano, presidente dell'Associazione Lavoratori del Mare, Giulietti fu in contatto con D'Annunzio durante la vicenda fiumana. Famoso rimane l'abbordaggio del mercantile Persia che portava armi ai controrivoluzionari bianchi in Russia. Nel periodo fiumano cercò contatti per marciare su Roma e prendere il potere con fini opposti a quelli di Mussolini. Dal suo carteggio si evidenziano proteste per l'esitazione di D'Annunzio (che pure rifiutò di ospitare gli Arditi di Trieste in rivolta, dimostrando anche in quella circostanza scarsa visione militare, specie nella considerazione a posteriori del Natale di sangue).
  18. ^ Anarchico responsabile della ristrutturazione delle strutture anarchiche per l'alta Italia nel secondo dopoguerra, Vella rischiò di essere fucilato dai nazisti. Fu salvato dall'arrivo delle truppe alleate. In una sua intervista a D'annunzio questi ebbe a dichiarare:

    «Io sono per il comunismo senza dittatura [...] tutta la mia cultura è anarchica [...] è mia intenzione fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse»

  19. ^ Ex commissario del popolo del governo di Béla Kun
  20. ^ Novatore, anarchico, fu artista di vaglia, anarchico. Morì nello scontro a fuoco coi carabinieri a Murta, presso di Genova. Non partecipò peraltro in maniera diretta all'impresa fiumana.
  21. ^ Artista cromatico, futurista di tendenze anarchiche, appartenne all'avanguardia del tempo con Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Depero, Dottori, Dudreville. Fu amico di Renzo Novatore; imputato di favoreggiamento nei confronti di questi, ucciso dai carabinieri a Murta presso Genova, fu assolto al processo tenuto alla Spezia.
  22. ^ Fu un legionario. Su La testa di ferro descrive il ruolo degli intellettuali:

    «[…] se il proletariato intellettuale capirà i nuovi tempi e saprà accostarsi al proletariato manuale nella sua lotta di emancipazione […] non si troverà più nella pericolosa e umiliante posizione di cuscinetto fra il capitalismo e il lavoro.»

    La testa di ferro era il giornale di Mario Carli, edito a Fiume, nel quale cui venivano "fustigati" i reazionari dell'impresa.

  23. ^ Di Vittorio organizzò la difesa della sede della Camera del Lavoro: i legionari fiumani gli chiesero una sola condizione, ovvero che il suo movimento non assumesse caratteristiche espressamente antinazionali, condizione che il futuro capo sindacalista accettò di accondiscendere. Al tempo dell'Alleanza del Lavoro (costituitasi con tutte le forze politiche e sindacali di sinistra per fronteggiare la violenza fascista) Di Vittorio aveva organizzato a Bari un forte movimento di Arditi del Popolo.
  24. ^ «È in questo clima che Felice Chilanti, coadiuvato dall’ex legionario fiumano Vittorio Ambrosini, decide di attuare il golpe, una sorta di “25 luglio” al contrario, una resa dei conti tra fascisti di sinistra e di destra» (Felice Chilanti l'anarchico "fascista")
  25. ^ Statunitense, di origine tedesca, fu un regista teatrale. Poliglotta, sapeva parlare e scrivere correntemente in inglese, italiano, francese, tedesco. Si disse convinto che la vittoria della società comunista a livello mondiale era possibile e vicina e tentò di influenzare D'Annunzio nelle sue scelte, aiutato in ciò da Leone Kochnitzky. Il vate tuttavia prese le distanze dai due fino al loro allontanamento da Fiume, mostrando ancora una volta quella che secondo molti storici fu una fatale indecisione del poeta rispetto una completa e strutturata scelta rivoluzionaria di classe.
  26. ^ Figlio di un banchiere ebreo, tentò di ottenere, senza risultati, finanziamenti per l'impresa di Fiume tramite l'intercessione del padre Giuseppe, banchiere ebreo polacco e consigliere delegato della Banca Commerciale italiana dal 1917 al 1933.
  27. ^ Critico e scrittore pugliese, frequentatore a Parigi dei gruppi dell'avanguardia letteraria ed artistica, amico di Apollinaire che gli affibiò lo scherzoso nomignolo di le Barisien. Era considerato uno dei pionieri dell'immagine fotografica nel cinema e del problema dell'estetica cinematografica in generale. Morì nel 1923. Quattro anni dopo, nel 1927, venne pubblicato postumo il suo libro L'officina delle immagini (L'usine aux images), in cui era raccolto il suo lavoro nel settore.
  28. ^ Scrittore giapponese, " intellettuale creativo " , fondò la Rivista Sakura (Napoli 1920). Dal 1921 al 1926 tenne la cattedra di lingua giapponese all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Sakura tradusse opere di poeti e scrittori giapponesi. Il libro diario che tratta dell'impresa fiumana riporta foto riguardanti la vicenda, fra cui una propria in divisa da Ardito.
  29. ^ Capitano, fu comandante degli uscocchi dannunziani.
  30. ^ Bottai, a proposito della vicenda fiumana, prese le distanze da Tommaso Marinetti e da Mario Carli, pur essendo anch'egli un seguace del futurismo. Fu estromesso dalla direzione della sezione di Roma dell'associazione Nazionale Arditi d'Italia quando Argo Secondari, ex pluridecorato Ardito assaltatore fondò gli Arditi del Popolo.
  31. ^ Industriale, a lui è stato intitolato lo stabilimento del principale polo siderurgico del nord Italia, quello dell'Italsider a Cornigliano, presso Genova.
  32. ^ Senatore del Regno, rilevò nel 1917 l'azienda Alle Città d'Italia (abiti confezionati) di Ferdinando Bocconi a Milano fondando la Rinascente, nome ideato da D'annunzio per la nuova catena di nuovi negozi.
  33. ^ Economista ed autore de Il bolscevismo italiano, Bari, Laterza, 1922.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D'Annunzio a Fiume, Il Mulino, Bologna
  • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Roma, 2000
  • Marco Rossi, Arditi, non gendarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997
  • Luigi Balsamini, Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Ed., Salerno
  • Mario Carli, Con D'Annunzio a Fiume
  • George L. Mosse, L'uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Laterza, 1999
  • Mario Carli, Trilliri
  • Ludovico Toeplitz, Si rinnova la vita
  • Tommaso Marinetti, Al di là del comunismo
  • Giovanni Comisso, Il porto dell'amore
  • Leone Kochnitzky, La quinta stagione o I centauri di Fiume
  • Renzo De Felice, D'Annunzio politico (1918-1928), Roma-Bari, Laterza, 1978
  • Giovanni Comisso, Le mie stagioni
  • L. Toeplitz, Ciack a chi tocca
  • Guido Keller, Nel pensiero e nelle gesta
  • Michael A. Ledeen, D'Annunzio a Fiume, Laterza, Bari 1975
  • Ferdinando Gerra, L'impresa di Fiume, Longanesi, Milano, 1974
  • Indro Montanelli, L'Italia in camicia nera, Rizzoli, Milano, 1976
  • Enrico Galmozzi, "Il soggetto senza limite. Interpretazione del dannunzianesimo", Milano, 1994

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]