Non ti pago

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo film con protagonisti Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, vedi Non ti pago!.
Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo film per la televisione del 2021 diretto da Edoardo De Angelis, vedi Non ti pago (film).
Non ti pago
Commedia in tre atti
La delusione del sabato sera di Ferdinando e Aglietiello
AutoreEduardo De Filippo
Lingua originalenapoletano
Genereteatro napoletano
AmbientazioneNapoli
Composto nel1940
Prima assoluta8 dicembre 1940
Teatro Quirino, Roma
Personaggi
  • Ferdinando Quagliuolo
  • Concetta, sua moglie
  • Stella, loro figlia
  • Aglietiello, uomo di fatica in casa Quagliuolo
  • Margherita, cameriera
  • Mario Bertolini
  • Erminia, sua zia
  • Vittorio Frungillo
  • Luigi Frungillo
  • Carmela, popolana
  • Don Raffaele Console, prete
  • Lorenzo Strumillo, avvocato
Riduzioni cinematograficheCinema: Non ti pago! del 1942, con la regia di Carlo Ludovico Bragaglia. Tra gli interpreti, oltre lo stesso Eduardo, che interpretava sempre Ferdinando, anche Peppino De Filippo nel ruolo di Bertolini, in questa versione Procopio, Titina De Filippo nel ruolo di Concetta e Giorgio De Rege nel ruolo di Aglietiello.
 

Non ti pago è una commedia in tre atti scritta da Eduardo De Filippo nel 1940. Contenuta fino al 1971 nella raccolta intitolata Cantata dei giorni dispari, in seguito venne inclusa nella Cantata dei giorni pari.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La commedia viene messa in scena per la prima volta dalla compagnia "Teatro Umoristico I De Filippo", l'8 dicembre 1940 al Teatro Quirino di Roma con Eduardo nella parte di Ferdinando Quagliuolo e il fratello Peppino che impersona l'antagonista Mario Bertolini (che nelle prime versioni si chiamava Procopio); il successo sia di critica che di pubblico è più che soddisfacente. L'espediente dell'anatema che Ferdinando lancia a Bertolini, assente nella prima edizione della commedia, fu lanciato nell'omonimo film del 1942 di Carlo Ludovico Bragaglia, interpretato dai tre fratelli De Filippo.

Va detto che una certa parte di critica era portata ancora, in quegli anni a sottovalutare l'importanza dei De Filippo come autori, pur riconoscendo le straordinarie capacità di attori ma, la giusta valutazione dell'arte drammaturgica dei De Filippo cominciò a manifestarsi nella critica proprio a partire da questa opera; importante fu il giudizio dato da Ennio Flaiano che affermò qualche tempo dopo: «Senza esagerare ci si accorge che sono più vicini loro alla letteratura di quanto non lo siano molti autori d'oggi al teatro».

Non ti pago fu registrata per la televisione il 13 gennaio 1956 in diretta dal Teatro Odeon di Milano con interpreti, tra gli altri, Dolores Palumbo, Isa Danieli, Ugo D'Alessio, Luisa Conte e Rino Gioielli accanto allo stesso Eduardo. Successivamente, il 7 aprile 1964 andò in onda su Rai 2 lo spettacolo allestito in studio per la regia di Eduardo e, tra le più recenti riproposte va menzionata quella di Luca De Filippo del novembre 1989 al Salone Pier Lombardo di Milano. La commedia è stata allestita anche all'estero (Parigi e Buenos Aires). Nel 2021 viene registrato un film con protagonista Sergio Castellitto.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Ferdinando Quagliuolo ha ereditato la gestione di un "banco lotto" dopo la morte del padre; è egli stesso un accanito giocatore, in cerca di numeri vincenti, a dispetto della sua eccezionale sfortuna. Un suo impiegato, Mario Bertolini, al contrario inanella vincite su vincite, suscitando una feroce invidia nel suo datore di lavoro. Mario fa la corte a sua figlia Stella, quasi a sua insaputa, con la complicità della madre Concetta. Un giorno Mario annuncia la clamorosa vincita di una quaterna del valore di 4.000.000 di lire. Per l'occasione rivela che i numeri (1, 2, 3 e 4) li aveva ricevuti in sogno proprio dal defunto padre di Ferdinando, il quale va su tutte le furie: si impossessa del biglietto fortunato, rifiutando di corrispondergli la vincita, e rivendica il diritto alla somma. La motivazione risiede nel fatto che Bertolini era andato a vivere nell'appartamento dove Ferdinando aveva vissuto fino alla morte del padre, quindi lo spirito di suo padre si sarebbe rivolto a Mario per sbaglio, volendo destinare la vincita a suo figlio.

Accecato dall'invidia, ma fermamente convinto delle sue idee, Ferdinando si rivolge prima alla legge degli uomini (con l'avvocato Strumillo), quindi alla legge di Dio (con il parroco Don Raffaele), cercando invano alleati. Entrambi - difatti - cercano di convincerlo, senza riuscirci peraltro, che le sue pretese sono irricevibili. Quindi Ferdinando tenta di estorcere una dichiarazione con la quale Mario rinuncia a ogni diritto sulla vincita, avallando al tempo stesso la propria tesi "onirica". Ferdinando intende spaventarlo minacciandolo con una pistola che, però, fa scaricare dal suo aiutante Aglietiello. Questi, tutt'altro che complice del folle disegno del suo padrino, ne informa Mario, il quale dal canto suo ha già pronta una contromossa per incastrare Ferdinando in presenza di testimoni.

Messo alle strette, Ferdinando si appella alla pistola scarica, puntandola al petto di Bertolini, però Bertolini non molla e Ferdinando, arrabbiatissimo ferisce con il calcio della pistola la nuca di Bertolini che sanguina; ce n'è abbastanza per una accusa di minacce a mano armata e lesioni gravi, e, pertanto, il litigio termina, ma, Ferdinando, volendo mostrare alle spaventate persone intervenute che la pistola sarebbe, in realtà, scarica, punta l'arma al pavimento e, tra lo stupore generale, parte un vero colpo, seppure a vuoto. Per la tragedia sfiorata, Ferdinando capisce di avere rischiato l'ergastolo: a un Bertolini ancora sotto shock per avere rischiato la vita, rivolge una maledizione davanti al ritratto di suo padre, invocando ogni tipo di incidente e disgrazia, qualora i numeri vincenti fossero stati destinati dal padre a Don Ferdinando.

I cattivi auspici si verificano puntualmente e impediscono materialmente a Bertolini di ritirare la vincita ogni qualvolta egli tenti. Bertolini è ormai malconcio nel fisico e nello spirito e beffardamente licenziato proprio da Ferdinando per le continue assenze per malattia: si arrende a Ferdinando e gli dà ragione a pieno titolo. Per Ferdinando Quagliuolo è il suo personale trionfo, e adesso può anche concedere a Mario la mano di sua figlia, che porta in dote i 4.000.000 di lire della quaterna. Inoltre rivela che questa diffidenza nei suoi confronti, per non essere stato informato apertamente dell'interesse di Mario verso sua figlia, potrebbe essere stata la vera origine del suo ostracismo.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Eduardo De Filippo, Teatro (Volume primo) - Cantata dei giorni pari, Mondadori, Milano 2000, pagg. 1229-1367 (con una Nota storico-teatrale di Paola Quarenghi e una Nota filologico-linguistica di Nicola De Blasi)

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Teatro: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di teatro