Farmacia di turno

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Farmacia di Turno
Commedia
AutoreEduardo De Filippo
Titolo originaleDon Saverio 'o farmacista
Lingua originaleItaliano
GenereTeatro napoletano
AmbientazioneNapoli
Composto nel1920
Personaggi
  • Teodoro, medico
  • Saverio, farmacista
  • Nannina, cameriera
  • Carmela, cameriera
  • Enrico
  • Vincenzo, falegname
  • Rafilina, moglie di Vincenzo
  • Gregorio, portiere
  • Brigadiere
  • Guardia
 

Farmacia di turno (il cui titolo originale è Don Saverio ‘o farmacista, rappresentata nel 1930 anche come Il farmacista distratto) è una commedia in un atto unico scritta da Eduardo De Filippo nel 1920; è l'opera teatrale che apre la Cantata dei giorni pari.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'opera venne scritta nel periodo in cui Eduardo prestava il servizio militare presso la caserma del II Bersaglieri di Roma, dove si occupava di organizzare recite con i soldati. Qui essa fu anche messa in scena per la prima volta; in seguito venne rappresentata in altre caserme fino al 1921.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

È la storia di un equivoco dai risvolti tragici. Nella bottega di don Saverio, farmacista napoletano fiero di aver ereditato e ammodernato la farmacia paterna (mettendo persino la cassa, che usa con mille cerimonie), si avvicendano personaggi e situazioni estemporanee che interrompono a più riprese la conversazione con il medico Teodoro.

Dai commenti dei due personaggi principali sulla cronaca del giorno (un uxoricidio per motivi d'onore) si viene a sapere che il farmacista è stato anche lui abbandonato dalla moglie, la quale ora chiede l'annullamento del matrimonio per potersi risposare. Pur ritenendosi fortunato per il fatto che la signora stia ora spendendo i soldi di un altro, don Saverio ritiene però sconveniente per la sua reputazione acconsentire alla richiesta della moglie. Nel frattempo, prepara un purgante per il figlio della cameriera Nannina e alcune cartine di arsenico che il medico intende usare come topicida.

Tra i clienti della farmacia di turno si presenta poi Carmela, la cameriera della signora, che ordina una preparazione di aspirina e nel frattempo subisce la corte di Enrico, uno sfaccendato locale. Quest'ultimo riesce a strappare un invito a cena dalla ragazza e anche ad offrirle la medicina, pur non avendo un soldo in tasca (come confessa al farmacista dopo che la cameriera si è allontanata). Nel frattempo il medico si è addormentato in poltrona.

Compare quindi in scena il falegname Vincenzo, ignorante e pretenzioso, che richiede un consulto a Teodoro per la moglie, malata 'di nervi'; superata la visita della nevrastenica Rafilina, tra le gelosie del marito e le accuse della donna di essere da lui trascurata, i coniugi lasciano a Teodoro un compenso di due lire perché in effetti ha detto 'tutto chello che dicette Bacoloro', un altro medico consultato in precedenza.

L'ultimo cliente della giornata è il portiere Gregorio, che si è allontanato dalla sua guardiola per farsi curare un dente cariato. Don Saverio procede all'estrazione nel retrobottega, quindi viene richiamato da Teodoro che cerca le sue cartine di arsenico. Trovando sul bancone soltanto l'aspirina, i due ne deducono che la cameriera della signora ha dimenticato di riprenderla e il farmacista di preparare il veleno, e si salutano.

Una volta uscito il medico, entrano in scena il brigadiere e una guardia per arrestare don Saverio, la cui moglie, in fin di vita per aver assunto un veleno, è stata portata in ospedale. La difesa del farmacista, "Ma forse mugliérema è morta?", viene interpretata come una confessione. Portato via l'inconsapevole uxoricida, il sipario cala su Gregorio, rimasto chiuso nella farmacia, che si lamenta per 'aver rimasto solo' il palazzo.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Eduardo De Filippo, Teatro (Volume primo) - Cantata dei giorni pari, Mondadori, Milano 2000, pagg. 5-54 (con una Nota storico-teatrale di Paola Quarenghi e una Nota filologico-linguistica di Nicola De Blasi).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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