Markirya

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Voce principale: Quenya.

Il poema Markirya (in qenya "arca" per il quenya maturo marcirya), noto così dal titolo della sua versione iniziale (in qenya Oilima Markirya ovvero "l'ultima arca" per un quenya maturo métima Marcirya o tyelima Marcirya),[1] è un poema redatto dallo scrittore, filologo e glossopoeta John Ronald Reuel Tolkien nel più conosciuto dei suoi linguaggi artificiali il quenya parlato all'interno del mondo immaginario di Arda dai popoli elfici (principalmente dai Noldor) in un'epoca antecedente alle avventure narrate ne Il Signore degli Anelli.[2] Il poema come è conosciuto oggi venne modificato più volte dall'autore dal 1931 (a cui risale la versione originale) alla sua morte avvenuta nel 1973.

Versione definitiva del testo[modifica | modifica wikitesto]

Il poema Markirya in lettere tengwar (un alfabeto ideato da J. R. R. Tolkien per il quenya)

La versione "matura" del poema è generalmente considerata il più lungo testo scritto in quenya.[2]

(ART)

«Man cenuva fána[3] cirya
métima hrestallo círa,
i fairi nécë
ringa súmaryassë
ve maiwi yaimië?
Man tiruva fána cirya,
wilwarin wilwa,
ëar-celumessen
rámainen elvië
ëar falastala,
winga hlápula
rámar sisílala,
cálë fifírula?
Man hlaruva rávëa súrë
ve tauri lillassië,
ninqui carcar yarra
isilmë ilcalassë,
isilmë pícalassë,
isilmë lantalassë
ve loicolícuma;
raumo nurrua,
undumë rúma?
Man cenuva lumbor ahosta
Menel acúna
ruxal' ambonnar,
ëar amortala,
undumë hácala,
enwina lúmë
elenillor pella
talta-taltala
atalantië mindonnar?
Man tiruva rácina cirya
ondolissë mornë
nu fanyarë rúcina,
anar púrëa tihta
axor ilcalannar
métim' auressë?
Man cenuva métim' andúnë?»

(IT)

«Chi vedrà una nave bianca
lasciare l'ultima sponda,
i pallidi fantasmi
nel suo freddo petto
simili al lamento dei gabbiani?
Chi si accorgerà di una nave bianca,
vaga come una farfalla,
fra le correnti marine
su ali come di stelle,
quando il mare si gonfia,
la spuma irrompe,
le ali scintillano,
la luce si offusca?
Chi udirà il fragore del vento
come il fogliame nei boschi;
le bianche rocce rimbombare
al bagliore della luna,
al calar della luna,
al cader della luna
la candela di un morto;
il romorìo della tempesta,
l'abisso che si muove?
Chi vedrà le nuvole radunarsi,
i cieli incurvarsi
sopra colli che si sgretolano,
il mare sollevarsi,
gli abissi spalancarsi,
l'antica oscurità
oltre le stelle
cadere
sopra torri crollate?
Chi si accorgerà di una nave spezzata
sulle scure rocce
sotto cieli squarciati,
un sole offuscato che luccica
su ossa scintillanti
nell'ultima mattina?
Chi vedrà l'ultima sera?»

Frammenti dell'Oilima Markirya in qenya[modifica | modifica wikitesto]

Con il termine Oilima Markirya si intende la versione iniziale del poema Markirya in cui venne inizialmente composto da Tolkien in una forma prematura denominata Quenya intorno al 1931.[4][5]

(ART)

«Man kiluva lómi sangane,
telume lungane
tollalinta ruste,
vea qalume,
mandu yáme,
aira móre ala tinwi
lante no lanta-mindon

(ART)

«Man cenuva lumbor ahosta
Menel akúna
ruxal ambonnar,
ëar amortala,
undume hácala,
enwina lúme elenillor pella
talta-taltala atalantië mindonnar

In corsivo vi sono le parole che provengono da una stessa radice, tutt'al più revisionata negli anni dall'autore (solo le parole accertate).

Questa invece è la traduzione, comune a entrambe le versioni:[6]

(EN)

«Who shall see the clouds gather,
the heavens bending
upon crumbling hills,
the sea heaving,
the abyss yawning,
the old darkness
beyond the stars falling
upon fallen towers?»

(IT)

«Chi vedrà le nuvole radunarsi,
i cieli incurvarsi
sopra colli che si sgretolano,
il mare sollevarsi,
gli abissi spalancarsi,
l'antica oscurità
oltre le stelle cadere
sopra torri crollate?»

Eccone altri frammenti che mostrano le differenze tra il "qenya" prematuro" e il "tardo quenya".

(ART)

«Man kiluva kirya ninqe
oilima ailinello lúte,
níve qímari ringa ambar
ve maiwin qaine

(ART)

«Man cenuva fána cirya
métima hrestallo círa,
i fairi néce ringa súmaryasse
ve maiwi yaimie

In corsivo vi sono le parole che provengono da una stessa radice, tutt'al più revisionata negli anni dall'autore (solo le parole accertate).

Eccone invece la traduzione:

(EN)

«Who shall see a white ship
leave the last shore,
the pale phantoms
in her cold bosom
like gulls wailing?»

(IT)

«Chi vedrà una bianca nave
salpare dall'ultima spiaggia,
spettri pallidi
del suo seno gelido
come gabbiani vocianti?»

Di questo frammento esiste anche un'altra versione considerata "intermedia", che presenta, però, molti cambiamenti, anche nella traduzione:[7]

(ART)

«Kildo Kirya ninqe
pinilya wilwarindon
veasse lu'nelinqe
talainen tinwelindon.»

(IT)

«Si vide allora una nave bianca,
piccola come una farfalla,
sui flutti azzurri del mare
con ali come stelle.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ invero la parola in quenya maturo per "ultimo" è métima o tutt'al più tyelima, mentre Markirya (in quenya maturo preferibilmente con la grafia Marcirya) è un termine del tutto valido da cirya "barca" e mar/már "casa, casata" quindi "nave-casa" ovvero "arca" (Il medioevo e il fantastico pp. 213-214, Luni editrice 2000)
  2. ^ a b Helge Fauskanger, Gianluca Comastri, Il poema Markirya, su ardalambion.immaginario.net. URL consultato il 17 febbraio 2012.
  3. ^ Ne "Il medioevo e il fantastico" man e fána sono scritti rispettivamente men e fánë tuttavia come sottolinea Edouard Kloczko nel suo libro "Lingue elfiche" (p. 155) sono chiaramente errori di stampa
  4. ^ Il medioevo e il fantastico, Un vizio segreto, Bompiani, Milano, 2004
  5. ^ Qui si può trovare l'intero poema in qenya: Qenya - Oilima Markirya II, su jrrvf.com. URL consultato l'11 febbraio 2012.
  6. ^ Helge Fauskanger, Tolkien's Not-So-Secret Vice, su folk.uib.no. URL consultato il 10 febbraio 2012.
  7. ^ Ecco anche l'altra versione dell'intero poema in qenya: Qenya - Oilima Markirya I, su jrrvf.com. URL consultato l'11 febbraio 2012.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]