Costantino Cavarzerani

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Costantino Cavarzerani
NascitaCaneva, 7 maggio 1869
MorteStevenà, 28 ottobre 1945
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoAlpini
Anni di servizio1890-1931
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreGuerra d'Abissinia
Guerra italo-turca
Prima guerra mondiale
CampagneCampagna di Libia (1913-1921)
BattaglieBattaglia di Caporetto
Studi militariRegia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena
dati tratti da Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia[1]
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Costantino Cavarzerani (Caneva, 7 maggio 1869Stevenà, 28 ottobre 1945) è stato un generale italiano, particolarmente distintosi come ufficiale sia nella guerra italo-turca che nella prima guerra mondiale. Insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia e di due medaglie d'argento al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Caneva di Sacile (provincia di Pordenone) il 7 maggio 1869, figlio di Giovanni battista e Agata Burelli.[1] Intraprende la carriera militare nel Regio Esercito, e il 16 ottobre 1888 è ammesso a frequentare la Scuola militare di Modena dalla quale uscì il 4 agosto 1890 con il grado di sottotenente dell'arma di fanteria in servizio nel 7º Reggimento alpini.[2] Promosso tenente il 19 agosto 1894, viene anche nominato Aiutante Maggiore in seconda.[1] Dietro sua domanda il 27 febbraio 1896 è inviato a Massaua, Eritrea, dove prende parte al tentativo di liberare Adigrat, assediata dagli Scioani, da parte del generale Antonio Baldissera.[2] Rientrò in Italia il 16 giugno 1896 riprendendo servizio nel 7º Reggimento alpini.[3] Nel 1909 passò in forza all'8º Reggimento alpini di nuova costituzione posto agli ordini del colonnello Antonio Cantore, partecipando poi alla guerra italo-turca in Libia, con il grado di capitano al comando di una compagnia del Battaglione alpini "Tolmezzo".[3] Nell’attacco a Kikla, il 25 marzo 1913, rimane ferito piuttosto gravemente e venne decorato con una medaglia d'argento al valor militare. Anche per vari altri atti coraggiosi (ebbe il cavallo ucciso sotto di sé in un combattimento), il colonnello Cantore lo elogiò pubblicamente.[3] Sbarcato a Siracusa il 12 aprile 1913 in precarie condizioni di salute, dopo mesi di ricovero in ospedale, riprese servizio attivo alla vigilia della Grande Guerra, sempre in servizio all'8º Reggimento alpini, ma con la promozione a maggiore.[3] Trasferito poi all’Ufficio Informazioni del XII Corpo d'armata e promosso tenente colonnello il 25 maggio 1916, assumendo il comando del 256º Reggimento fanteria "Veneto"; il 14 giugno 1917, promosso colonnello, partecipò al combattimento di quota 1778 a Monte Zebio.[3] In questa occasione visti morire quasi tutti gli ufficiali del suo reggimento e le truppe sbandare sotto fuoco nemico, salì su di un roccione e spronò i suoi uomini ad avanzare.[3] Il 1º luglio 1917 viene nuovamente trasferito all’8º Reggimento alpini, incaricato della responsabilità tattica della difesa della Valle Roccolana che brillantemente rafforzò e predispose a difesa con mirabile bravura con alcune opere tra il Pal Piccolo e il Pal Grande.[3] Investito dall'offensiva austro-tedesca di Caporetto, riuscì a resistere saldamente per alcuni giorni, poi ripiegare combattendo valorosamente fino al Tagliamento, sempre sotto la pressione delle preponderanti forze nemiche.[3] Per il suo comportamento in questa occasione fu insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, e gli viene conferito il titolo di Conte di Nevea.[3] Il 15 novembre 1917 è fatto prigioniero di guerra a Sedrano. Il 6 dicembre e rinchiuso nel campo di Nagimegyer, e poi è trasferito a quello di Dunaszerdahely dove rimane fino alla sua liberazione.[3] Il 19 marzo 1919 diviene Comandate del Deposito dell’8º Reggimento alpini dove a modo di collaborare, insieme a Italo Balbo e a pochi altri, alla stesura di un “giornaletto interno” all’8º Reggimento dal titolo L’Alpino.[4] Dopo lo sgombero di Gabriele D'Annunzio da Fiume, comanda in quella piazza le truppe italiane durante il governatorato del generale Gaetano Giardino e rientra a Tolmezzo con il suo reggimento nel 1924.[3] Fu uno dei promotori della costruzione del Monumento al generale Cantore a Cortina d'Ampezzo nel 1921.[3] Promosso generale di brigata nel 1926, lasciagli Alpini per comandare la Brigata Como di stanza nella piazza di Gorizia.[5] Resta in servizio attivo fino al 1931 e poi, una volta congedato, si stabilisce a Stevenà, impegnandosi subito nell’attività dell’Associazione Nazionale Alpini.[6] Il 18 agosto 1935 sostituì nell'incarico il Presidente sezionale Cesare Perotti e nel marzo del 1938 lasciò la carica perché nominato “Ispettore del Gruppo delle Sezioni dell’8º Alpini”.[6]

Dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943, e l'occupazione del Friuli-Venezia Giulia da parte dei tedeschi, formò nel pordenonese un gruppo antitedesco ed antifascista di tendenze decisamente monarchiche.[7] Nel luglio 1944 i gruppi da lui creati confluirono nella 5ª brigata Osoppo con battaglione "Piave".[7] Il 20 ottobre 1945 dettò alla figlia primogenita Agata il suo testamento, e si spense a Stevenà il 28 ottobre dello stesso mese.[6] Di Lui sono resta il suo Diario, pubblicato nel libro (curato da Nico Nanni): Un vecchio Alpino in guerra, in pace e nella Resistenza, Stab. Tipogr. P. Castaldi, Feltre, 1970, grazie anche alla collaborazione del figlio Gaspare.[6]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante tattico della Val Raccolona, la cui posizione con lena infaticabile e con spiccata intelligenza aveva preparate a difesa, attaccato vigorosamente dal nemico, con vera perizia, attività, energia e valore esemplari, ne infranse gli sforzi per quanto sostenuti da violentissimo fuoco di artiglieria e da gas asfissianti, mantenendo saldamente le posizioni a lui affidate. Ordinatogli il ripiegamento, lo eseguì con abilità e fierezza, contrastando il terreno all’invasore e tenendo sempre alto lo spirito delle sue valorose truppe. Al Tagliamento seppe prontamente frustrare i tentativi del nemico per forzare il passaggio a sud di Tolmezzo. Val Raccolana, 24, 28 ottobre 1918; destra Tagliamento, sud di Tolmezzo, 1, 2 novembre 1917.[8]»
— Regio Decreto 22 gennaio 1920.
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Nell'attacco notturno di Megharba (20-21 marzo 1913) coadiuvò efficacemente il comando nella direzione del combattimento e si slanciò in testa alle truppe. Si portò con ardimentoso valore ad Assaba (23 marzo 1913), dove gli rimase ucciso il cavallo a contato delle catene. Ferito piuttosto gravemente nello scontro di Kikla (25 marzo 1913), diede prova di rara energia, invocando di non essere rimpatriato
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di un reggimento che doveva impadronirsi di forti posizioni, portatosi al seguito del primo battaglione che muoveva all'attacco e visto che l'ardire, il coraggio e i titanici sforzi delle prima ondate venivano infranti dalla resistenza nemica e da violenti tiri d'artiglieria, di mitragliatrici e di bombe a mano, alla testa delle sue truppe, ritto in piedi su un roccione, sfidando impunemente con coraggio e serenità senza pari, animava i suoi soldati un po' scossi per la perdita quasi totale degli ufficiali e li incitava all'assalto con parole piene d'entusiasmo e di fede, dando così mirabile esempio di militari virtù. Monte Zebio, 19 giugno 1917
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In un difficile attacco contro forti posizioni avversarie, allo scopo di trascinare avanti le sue truppe assai provate dalle perdite in due precedenti assalti, sfidando con grande serenità ogni pericolo, si portava alla loro testa e le incitava alla lotta con parole piene di fede e di entusiasmo. Monte Zebio, 19 giugno 1917
— Regio Decreto 23 ottobre 1921.
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
— Decreto ministeriale 31 marzo 1921.
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 1 giugno 1930.[9]
Medaglia commemorativa della guerra italo-turca - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia interalleata della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918 - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Bianchi 2012, p.61.
  2. ^ a b Alpini Pordenone.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l Bianchi 2012, p.62.
  4. ^ Barilli 1963, p.45.
  5. ^ Noi Alpini.
  6. ^ a b c d Bianchi 2012, p.63.
  7. ^ a b Curati con stile.
  8. ^ Ordine militare d'Italia Cavarzerani, Costantino, su quirinale.it, Quirinale. URL consultato l'11 febbraio 2023.
  9. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.276 del 26 novembre 1930, pag.5098.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Manlio Barilli, Colonnello Cavarzerani Costantino (Com. te del reggimento dopo la sua ricostituzione) 1-10-1920-15-6-1926, in Vita dell’ “Ottavo”, Torino, Casa editrice “Alpina”, 1963.
  • Andrea Bianchi, Gli Ordini Militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Nicola Labanca (a cura di), Fogli in uniforme. La stampa per i militari nell’Italia liberale, Milano, Unicopli, 2016.
  • Gaspare Cavarzerani e Nico Nanni (a cura di), Un vecchio Alpino in guerra, in pace e nella Resistenza, Feltre, Stabilimento tipografico Panfilo Castaldi, 1970.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]