Alberto Roda

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Alberto Roda
NascitaTorino, 16 agosto 1894
Morte1980
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armata Regio Esercito
Esercito Italiano
ArmaArtiglieria
CorpoAlpini
Anni di servizio1915 - 1957
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerrePrima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
Campagna di Tunisia
BattaglieBattaglia degli Altipiani
Battaglia di Gorizia
Battaglia della Bainsizza
Battaglia di Caporetto
Seconda battaglia di El Alamein
Comandante di5º Reggimento artiglieria
Divisione fanteria "Granatieri di Sardegna"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino
dati tratti da Generals[1]
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Alberto Roda (Torino, 16 agosto 18941980[2]) è stato un generale italiano, veterano della prima guerra mondiale, dove fu decorato di Medaglia d'argento al valor militare per i coraggio dimostrato in combattimento sul Monte Cucco nel 1917. Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l'esito infausto della battaglia di Caporetto, rientrò in italia nel gennaio 1919. Tra le due guerre mondiali fu Addetto militare presso le Ambasciate del Regno d'Italia di Madrid, (Spagna), Lisbona (Portogallo), e Praga (Cecoslovacchia). stato un generale di corpo d'armata italiano. Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, l'11 settembre 1940 fu assegnato in servizio presso la Commissione Italiana d'Armistizio con la Francia (CIAF) (11 settembre 1940-25 settembre 1942). Trasferito in Libia dal 26 settembre 1942, fu dapprima assegnato al Delease, per incarichi speciali, assumendo quindi il comando dell'artiglieria del XX Corpo d'armata (6 ottobre 1942-13 maggio 1943), combattendo in Libia e Tunisia. Fatto prigioniero, fu liberato nel corso del novembre 1944, venendo assegnato allo Stato Maggiore Generale e decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. Dopo la fine della guerra ricoprì l'incarico di Addetto militare presso l'Ambasciata d'Italia a Berna, in Svizzera, rimanendovi sino al 1949. Fu poi comandante della Divisione fanteria "Granatieri di Sardegna", e promosso generale di corpo d'armata fu Consigliere militare del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (11 maggio 1955-30 novembre 1957) oltre che Capo dell'Ufficio affari militari (11 maggio 1955-27 febbraio 1957), e Capo del Servizio affari militari (28 febbraio 1957-30 novembre 1957).

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Torino il 16 agosto 1894.[3] Arruolatosi nel Regio Esercito, nel 1913 entrò come allievo nella Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino, da cui uscì con il grado di sottotenente, assegnato all'arma di artiglieria, il 21 marzo 1915.[4]

Partecipò alla prima guerra mondiale, comandando la 59ª Batteria del 3º Reggimento artiglieria da montagna nel giugno 1915[3] nell'altipiano di Asiago, distinguendosi nella battaglia del Basson.

Promosso tenente il 15 febbraio 1916, passò al comando della 58ª Batteria someggiata[N 1] nel giugno dello stesso anno distinguendosi nella battaglia degli Altipiani, in quella di Gorizia e sul Carso fino al gennaio 1917, ottenendo la promozione a capitano[5] per merito di guerra.[3] Passato al comando della 51ª Batteria da montagna partecipò alla battaglia della Bainsizza, nella quale, il 21 agosto 1917, fu ferito al capo nei pressi del cimitero di Palyevo, venendo decorato con una Medaglia d'argento al valor militare.[3]

Il 25 ottobre 1917, Al comando della 15ª batteria da montagna, il 25 ottobre 1917, nel corso della battaglia di Caporetto fu fatto prigioniero mentre partecipava alla difesa della Valle Uccea. Dato inizialmente per disperso a Dogna[5] dalle autorità militari italiane, e presumibilmente morto, fu trasferito e rinchiuso nel campo di concentramento di Celle (in località Scheuen, presso la città di Celle, Germania).[5] Rimpatriato dalla prigionia in Germania nel corso del gennaio 1919,[5] passò quindi a disposizione del Ministero della guerra a Roma, assegnato al corpo automobilistico.[6] Come allievo frequentò, dal 15 settembre 1920, le Scuole di applicazione di artiglieria e poi di guerra[6] sino al 1924.

Dal 1º gennaio 1925 fu capitano in servizio permanente effettivo in forza al 3º Reggimento artiglieria da montagna, ma di fatto assegnato all'Ufficio operazioni dello stato maggiore del Regio Esercito[7] e, dal 1º maggio 1927, trasferito d'autorità al 1º Reggimento artiglieria da montagna, come maggiore comandante del gruppo artiglieria alpina "Aosta".

Nel 1929 fu assegnato al servizio di Stato maggiore e, promosso tenente colonnello,[8] fu in servizio presso il Gabinetto del Ministro della guerra e dal 10 ottobre 1932 fu nominato Addetto militare presso l'Ambasciata d'Italia a Madrid, Spagna (accreditato anche per la regia legazione di Lisbona, Portogallo)[9] rimanendovi sino al 4 settembre 1934.[10] Il 1º novembre dello stesso anno divenne Addetto militare presso l'Ambasciata d'Italia a Praga, [N 2] conseguendo nel frattempo anche la promozione a colonnello,[11] avvenuta il 1º luglio 1937.

Il 1º novembre dello stesso anno assunse il comando del 5º Reggimento artiglieria[1][3] per divisione di fanteria a Torino per due anni e, dal 20 novembre 1939, fu a disposizione del Corpo d'armata di Torino per incarichi speciali.

Dal 10 gennaio 1940 fu assegnato in servizio presso il comando della 7ª Divisione fanteria "Lupi di Toscana", in qualità di Capo di stato maggiore.

Dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, l'11 settembre 1940 fu assegnato in servizio presso la Commissione Italiana d'Armistizio con la Francia (CIAF), dove rimase anche dopo la promozione a generale di brigata avvenuta il 1º gennaio 1942.

Trasferito in Libia dal 26 settembre 1942, fu dapprima assegnato al Delease, per incarichi speciali, e poi, dal 6 ottobre, sostituì il generale Michelangelo Nicolini come comandante dell'artiglieria del XX Corpo d'armata[1] nel corso della Seconda battaglia di El Alamein (23 ottobre - 4 novembre 1942) e durante il successivo ripiegamento sino alla Tunisia. Partecipò alle battaglie di Buerat, Zanzur, del Mareth, di Akarit e Enfidanville,[3] venendo infine catturato dagli inglesi il 13 maggio 1943.[1]

Trasferito da questi agli americani, fu tradotto e rinchiuso nel campo di Monticello in Arkansas. Fu rimpatriato nel novembre 1944 per essere assegnato allo Stato Maggiore Generale, retto dal Maresciallo d'Italia Giovanni Messe. Dopo la fine della guerra ricoprì l'incarico di Addetto militare presso l'Ambasciata d'Italia a Berna, in Svizzera, rimanendovi sino al 1949.

Promosso generale di divisione fu al comando della Divisione fanteria "Granatieri di Sardegna"[12] a Roma, e nel 1952, promosso generale di corpo d'armata[1] prestò servizio dapprima al Ministero della difesa e poi Consigliere militare del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi[13] (11 maggio 1955-30 novembre 1957),[1] oltre che Capo dell'Ufficio affari militari (11 maggio 1955-27 febbraio 1957), Capo del Servizio affari militari (28 febbraio 1957-30 novembre 1957). Il 1º dicembre 1957 fu posto in congedo per raggiunti limiti d'età.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante dell’artiglieria di un Corpo d’Armata in linea al Mareth, rinunciava al rimpatrio ripetutamente consigliatogli per motivi di salute e, benché convalescente, in vista di una prossima offensiva nemica, riprendeva il proprio posto di comando. Con instancabile opera personale, fatta di perizia e di ardimento, organizzava in modo esemplare le artiglierie del Corpo d’Armata e delle dipendenti Divisioni, raggiungendo il completo affiatamento con le Fanterie in linea. Sferratasi l’offensiva nemica, manovrando tempestivamente la massa di fuoco delle dipendenti batterie, costituiva sempre e dovunque un insormontabile ostacolo ai violenti, incessanti attacchi di Fanteria e carri armati e contribuiva in modo decisivo a frustrarne tutti i tentativi di sfondamento del fronte del Corpo d’Armata. Nelle successive battaglie dell’Akarit e di Enfidaville, confermava le sue spiccate doti di comandante e di soldato, ottenendo, pur nella critica situazione contingente di materiale e di munizioni, risultati di notevole efficacia. Tunisia, 1º marzo-13 maggio 1943
— Decreto Luogotenenziale n.313 del 14 giugno 1945[14]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«In due giorni di combattimenti, quale comandante di batteria, con mirabile calma e alto sentimento del dovere, seppe dirigere con perizia ed efficacia il fuoco del proprio reparto. Nel secondo giorno, quantunque la batteria fosse violentemente controbattuta da artiglieria avversaria,, portò i propri pezzi risolutamente in avanti, su un terreno completamente scoperto, per meglio battere di là postazioni di mitragliatrici nemiche. Fatto bersaglio a numerosi colpi, seguitò ad assolvere risolutamente il proprio compito. Ferito gravemente alla testa, non ebbe che parole di incitamento per i suoi serventi, rifiutando di essere portato a riposo. Monte Cucco, 18-20 agosto 1917
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria
— Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1960[15]
Medaglia commemorativa della guerra 1915-1918 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia a ricordo dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia interalleata della Vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
avanzamento per merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
avanzamento per merito di guerra
— Regio Decreto 16 ottobre 1919[16]

Onorificenze estere[modifica | modifica wikitesto]

Croce di Ferro di II classe - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sempre appartenente al 3º Reggimento artiglieria da montagna.
  2. ^ Fu anche nominato Aiutante di campo onorario di S.M. il Re Vittorio Emanuele III in data 18 ottobre 1934.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Generals.
  2. ^ Alberto Rovighi, Un secolo di relazioni militari tra Italia e Svizzera, 1861-1961, Roma, Stato maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, 1987.
  3. ^ a b c d e f Bianchi 2012, p. 221.
  4. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.159 del 25 giugno 1915, pag.3958.
  5. ^ a b c d Cellelager.
  6. ^ a b Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1922, p. 1942. URL consultato il 30 dicembre 2019.
  7. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1925, p. 937. URL consultato il 30 dicembre 2019.
  8. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1929, p. 4016. URL consultato il 30 dicembre 2019.
  9. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1933, p. 36. URL consultato il 30 dicembre 2019.
  10. ^ Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del R. esercito italiano e nel personale dell'amministrazione militare, 1934, p. 3417. URL consultato il 30 dicembre 2019.
  11. ^ Vento 2010, p. 173.
  12. ^ Cataldi 1991, p. 1008.
  13. ^ Pacelli, Giovanetti 2018, p. 96.
  14. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  15. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
  16. ^ Bollettino Ufficiale 24 ottobre 1919, dispensa 100ª, pagina.5999.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Bianchi, Gli Ordini militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • Enzo Cataldi, La Brigata dei Granatieri di Sardegna, Roma, Rivista Militare, 1991.
  • Mario Pacelli e Giorgio Giovannetti, Il colle più alto: Ministero della Real casa, Segretariato, Torino, G. Giappichelli Editore, 2018.
  • Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite. Storia dei servizi segreti italiani dal risorgimento alla guerra fredda, Milano, Il Saggiatore, 2010, ISBN 88-428-1604-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]