Borda

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La Borda è una creatura leggendaria che appartiene alla tradizione dell'Emilia-Romagna e di altre aree della Pianura Padana, nota per abitare in zone acquitrinose nelle quali poteva uccidere tutti i passanti, specialmente bambini.

Si tratta di una sorta di strega che appare, bendata, orribile, sia nelle ore buie che nelle giornate nebbiose e uccide chiunque abbia la sventura di incontrarla. È una personificazione della paura legata alle zone paludose, agli stagni, ai canali , invocata dagli adulti per spaventare i bambini e tenerli lontani da questi luoghi .

Il nome[modifica | modifica wikitesto]

La Borda, nota con questo nome soprattutto nel modenese, è conosciuta anche come Bourda nel Bolognese, Bùrda nel Ferrarese, Bûrda o Burdâna nel Reggiano. Al maschile prende il nome di Bordón a Parma, Bordö o Bordoeu a Milano (col significato di Orco), Bordò nel Bormiese (con un significato genericamente spregiativo). In milanese, così come nei dialetti cremasco e bormiese, la parola borda significa nebbia, vapore condensato a terra. Nel bergamasco aggiunge al significato di “nebbia” quello di maschera di carta pesta[1].

Alcuni studiosi del folklore locale[2] riconducono l'etimologia del termine Borda alla radice "bor-" che andrebbe ricondotta a Borvo, divinità celtica che presiedeva alle acque termali e sorgive, e si ritroverebbe, in una vasta area accomunata da un'antica presenza celtica, in toponimi e termini connessi all'elemento acqueo: il fiume Bormida, località termali come Bormio, Bourbon-Lancy, Bourbon-l'Archambault, parole francesi come brouillard e brume (che significano "nebbia") o bourbe (melma).

Origine e diffusione del mito[modifica | modifica wikitesto]

La leggenda della Borda trova le prime menzioni nella letteratura scritta verso gli ultimi decenni dell’Ottocento[3], sebbene l’origine del racconto abbia una diffusione molto più antica retrodatàbile al XVIII secolo[4] se non all’epoca celtica[5]. Infatti tale figura mostra uno spettro di caratteristiche che provengono dal sovrapporsi di tradizioni di epoche successive. Probabilmente il mito ha come archetipo la figura del dio celtico Borvo il ribollente e della sua paredra la Bormana[6] entrambi sacri alle acque termali ed ai corsi d’acqua. A riprova della presenza del loro culto nel nord Italia sono le etimologie di paesi come Bormio[7] famosa per le sue acque sorgive. È da rilevare come alcune volte le due divinità celtiche erano anche celebrate separatamente[8].

Il processo di formazione della figura della Borda potrebbe pertanto essere un riflesso dell’arcaico culto verso Borvo e la Bormana, spiriti delle acque, confusi in seguito nella figura dei ministri di tale culto, forse sacerdotesse (druidi) femminili presenti nella Gallia Cisalpina[9]. Tale processo analogo si ipotizza essere avvenuto anche per un’altra figura mitologica presente maggiormente nell’arco Alpino, l’Anguana[10]

(RGN)

«Ninàn, ninàn, la Borda
la liga i bei babèn cun una côrda.
Cun una côrda e cun una curdella,
la liga i bei babèn pu la i asserra,
cun una côrda e cun una ligazza,
la liga i bei babèn pu la i amazza»

(IT)

«Ninna nanna, la Borda
lega i bei bambini con una corda.
Con una corda e con una cordicella,
lega i bei bambini e poi li stringe,
con una corda e con un legaccio,
lega i bei bambini e poi li ammazza.»

Alcune ninne nanne romagnole sono dedicate alla Borda, che ammazza i bambini che non stanno buoni e non vogliono dormire strangolandoli con un laccio o una corda. Alcuni studiosi sottolineano che questa peculiare modalità di uccidere possa essere ricondotta ai sacrifici umani praticati in antichi culti celtici e sarebbe testimoniata dal ritrovamento, in alcune torbiere danesi e britanniche, di corpi di persone soffocate con un laccio e poi annegate, come la famosa Mummia di Tollund[12].

La leggenda della Borda è centrale nel romanzo Mal'aria di Eraldo Baldini, dal quale è stata tratta l'omonima miniserie TV.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ CalvettiLa Borda, p. 12.
  2. ^ Calvetti, Antichi miti di Romagna
  3. ^ Guerrini, Olindo, 1845-1916, editor., Alcuni canti popolari romagnoli., N. Zanichelli, 1880, OCLC 894513088. URL consultato il 12 luglio 2022.
  4. ^ Tra i canneti e i fossi della mia Emilia dove Igor è diventato un fantasma - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 12 luglio 2022.
  5. ^ Anselmo Calvetti, La Borda, in Lares, vol. 42, 1976, p. 75.
  6. ^ Bormana, su Bifrost.it.
  7. ^ Bormio, l’origine del nome della città, su Lecco Today, 22 Giugno 2016.
  8. ^ Miranda Green, Dictionary of Celtic Matheus and Legend, London, Thames and Hudson Ltd., 1997.
  9. ^ Stefano Spagocci e Adriano Gaspari, Archaeoastronomical Stratigraphy: Investigation on a Cisalpine Celtic Enclosure, in SEAC, Graz, 2018.
  10. ^ Adriano Vanin, Cap. 5, in Il Regno dei Fanes, Analisi di una leggenda delle Dolomiti, illustrazioni di Elena Vanin, Il Cerchio, 2013, p. 120.
  11. ^ Guerrini, Alcuni canti popolari romagnoli, pp.17 e 18
  12. ^ Green, Dizionario di mitologia celtica, p.272

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Anselmo Calvetti, Antichi miti di Romagna, Rimini, Maggioli, 1987, ISBN 8838799458, SBN IT\ICCU\RAV\0018124.
  • Anselmo Calvetti, La Borda (PDF), in La Ludla. Periodico dell'Associazione "Istituto Friedrich Schürr" per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo, Società editrice «Il Ponte Vecchio», 2010, a. XIV, n. 1, pp. 12-13. URL consultato il 23 luglio 2019.
  • Miranda J. Green, Dizionario di mitologia celtica, Milano, Rusconi, 1999, ISBN 881812207X, SBN IT\ICCU\LO1\0510527.
  • Libero Ercolani, Vocabolario romagnolo-italiano, italiano-romagnolo, Ravenna, Edizioni del Girasole, 1994, ISBN 8875672377, SBN IT\ICCU\RAV\0231778.
  • Umberto Foschi (a cura di), I canti popolari della vecchia Romagna, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 1974, SBN IT\ICCU\RAV\0097231.
  • Tomaso Randi, Saggio di canti popolari romagnoli raccolti nel territorio di Cotignola, Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le province di Romagna, 1891.
  • Olindo Guerrini (a cura di), Alcuni canti popolari romagnoli, Bologna, Zanichelli, 1880, SBN IT\ICCU\UBO\1266203.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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