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C'era una volta il West
File:Charles Bronson.jpg
Lo sguardo di Armonica (Charles Bronson) nel duello finale
Titolo originaleC'era una volta il West
Paese di produzioneItalia/USA
Anno1968
Durata165 min (versione cinematografica)
170 min. (director's cut)
Dati tecnicirapporto: 2,35:1
Generewestern, epico
RegiaSergio Leone
SoggettoSergio Leone, Dario Argento, Bernardo Bertolucci
SceneggiaturaSergio Leone, Sergio Donati
ProduttoreBino Cicogna
Casa di produzioneParamount Pictures, Rafran Cinematografica, San Marco Film
Distribuzione in italianoEuro International Films
FotografiaTonino Delli Colli
MontaggioNino Baragli
MusicheEnnio Morricone
ScenografiaCarlo Simi
CostumiCarlo Simi
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

«– Diventerà una bella città... Sweet Water.
– Ci passerete un giorno o l'altro?
– Un giorno... o l'altro.»

C'era una volta il West è un film del 1968 diretto da Sergio Leone.

Western epico, prodotto dalla Paramount Pictures, venne girato dal regista romano con mezzi di gran lunga superiori a tutte le sue opere precedenti: Leone ebbe modo di scritturare attori quali Henry Fonda, Jason Robards e Charles Bronson, insieme a grandi interpreti italiani come Claudia Cardinale, Gabriele Ferzetti e Paolo Stoppa. C'era una volta il west è il primo film della cosiddetta trilogia del tempo che verrà completata con i successivi Giù la testa (1971) e C'era una volta in America (1984).

Nel 2009 è stato scelto per essere preservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Tre killer vengono uccisi presso una stazione ferroviaria da un misterioso straniero soprannominato "Armonica" per l'abitudine di vagare suonando continuamente questo strumento musicale.

I tre sono uomini di Frank, spietato assassino al soldo di Morton. Costui è un moribondo industriale ferroviario ammalato di tubercolosi ossea che vive e dirige i propri affari sul suo treno personale, smanioso di terminare, prima di morire, l'ultimo tronco della linea che dovrà unire la costa orientale degli U.S.A. a quella occidentale. Nel duello Armonica rimane ferito e si rifugia in una squallida locanda. Qui trova Jill, una bellissima donna proveniente da New Orleans non del tutto a suo agio nel selvaggio West, e Cheyenne, pericoloso bandito appena evaso dal carcere. Armonica avverte Cheyenne di aver appena ucciso tre uomini vestiti con il suo medesimo spolverino: il bandito, dato che quella giacca è il segno di riconoscimento della sua banda, nega di aver perso tre suoi compari.

Intanto Frank, assieme ad altri loschi pistoleri, aveva fatto uccidere Brett McBain (un immigrato irlandese che possedeva diversi appezzamenti di terreno in pieno deserto) e i suoi tre figli, sotto ordine di Morton.

Jill si fa accompagnare alla fattoria "Sweet Water" di McBain ma trova la macabra scena della strage. La donna, che in realtà si era sposata in segreto con McBain, rimane l'unica proprietaria della fattoria e della terra. Decide di pernottare da sola precipitandosi a rovistare la casa in lungo e in largo alla ricerca del denaro del marito. Durante la notte s'impaurisce quando sente fuori dalla finestra misteriosi suoni di un'armonica.

Al mattino Cheyenne irrompe nella casa e, dopo un colloquio con Jill, capisce che qualcuno senza scrupoli vuol far cadere su di lui la colpa dei recenti delitti. Cheyenne sente odore di soldi: Jill però lo informa di non aver trovato nemmeno un centesimo malgrado McBain le avesse promesso, per sposarla, di essere un uomo molto ricco. Delusa Jill decide di tornare a New Orleans dove faceva la prostituta. Cheyenne lascia la donna e decide di vederci più chiaro sulla vicenda mentre Armonica riesce a proteggere Jill dall'attacco di altri due sicari mandati da Frank per volere di Morton, uccidendoli in una sparatoria.

A questo punto Frank decide di occuparsi personalmente della vedova McBain. Dopo aver catturato Armonica, costringe Jill, intimidendola, a vendere la terra della fattoria ad un prezzo irrisorio. Ma Cheyenne libera Armonica e ne diventa socio: quest'ultimo gli spiega che McBain aveva intenzione di costruire un'intera città proprio in quel terreno, sicuro al cento per cento che la ferrovia sarebbe passata proprio di lì, giacché nel sottosuolo c'era l'unica falda freatica della zona (le locomotive a vapore hanno bisogno d'acqua). Attratto dalla prospettiva di grandi guadagni, Cheyenne ordina ai suoi uomini di costruire la stazione ferroviaria di Sweet Water con il materiale già acquistato dal defunto irlandese.

All'asta, bandita dallo sceriffo, gli uomini di Frank stanno per aggiudicarsi il lotto per soli 500 dollari ma Armonica, all'ultimo istante, offre i 5000 dollari della taglia di Cheyenne che viene così imbarcato dalle forze dell'ordine sul treno per il carcere di Yuma.

Intanto Morton corrompe i fedelissimi di Frank per commissionare l'omicidio a pagamento del loro capo. Sarà Armonica a salvarlo. Arrabbiato, Frank va da Morton ma lo trova riverso a terra agonizzante, con una ferita alla schiena: è stato Cheyenne ad ucciderlo, infatti il treno per Yuma era proprio quello di Morton. Frank torna alla fattoria di Jill per affrontare una volta per tutte Armonica: i due si allontanano dal rumoroso cantiere della città in costruzione, per confrontarsi faccia a faccia in un epico duello finale: i tempi stanno cambiando, nuovi imprenditori della costa orientale come Morton arrivano in massa ad investire nelle aree occidentali, ma i due nemici sono ancora figli del vecchio West e dei "vecchi sistemi". L'odio di Armonica nei confronti di Frank viene spiegato grazie ad un breve flashback: si scopre che anni prima, quando Armonica era solo un ragazzo, Frank lo aveva costretto a tenere suo fratello in equilibrio sulle spalle, mentre questi era appeso ad un cappio; con sadica crudeltà Frank aveva infilato un'armonica nella bocca del bambino, esortandolo a suonare qualcosa per suo fratello. Quando il ragazzino cedette alla fatica e cadde a terra, il fratello venne inevitabilmente impiccato. Quando finalmente Frank viene ferito a morte durante il duello finale, Armonica si fa riconoscere da lui proprio grazie alla piccola armonica, che gli infila in bocca un attimo prima della sua morte. Completata la sua vendetta, Armonica dice addio a Jill, oramai una donna ricca: la stazione di Sweet Water è pronta e il treno si ferma proprio al centro del futuro paese in velocissima e inarrestabile costruzione.

Armonica abbandona Jill per andarsene assieme a Cheyenne, che dopo aver fatto strage degli uomini di Morton era nel frattempo tornato alla fattoria di Jill. Cheyenne però si accascia a terra rivelando una ferita mortale all'addome: poco prima di essere ucciso, Morton gli aveva sparato a tradimento cogliendolo di sorpresa. Mentre il fischio della locomotiva si sparge nella vallata, Armonica, preso il cadavere dell'amico, si allontana malinconico da Sweet Water: l'era del Far West è ormai finita.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Poco prima del Natale del 1966, il regista Bernardo Bertolucci, pensando che vedere film l'avrebbe consolato del fatto che i suoi primi due lungometraggi, La commare secca e Prima della rivoluzione, non avevano avuto successo al botteghino, assistette allo spettacolo delle tre di pomeriggio de Il buono, il brutto, il cattivo in un cinema di Roma.[1] Proprio lì incontrò il regista della pellicola, Sergio Leone, e il critico cinematografico del giornale Paese Sera, poi divenuto un acclamato autore di horror, Dario Argento, i quali erano nella cabina del proiezionista, per supervisionare la proiezione del film.[1] Leone lo riconobbe ed Argento fece le presentazioni.[1] Il giorno dopo, Leone telefonò a Bertolucci a casa, per chiedergli se gli fosse piaciuto il film:

«Risposi di sì, ma non gli bastava. Sergio voleva sapere perché. Così risposi con una frase che penso gli sia piaciuta molto, e dalla quale fu quasi sedotto. Dissi che mi piaceva il modo con cui filmava i culi dei cavalli. In generale, nei western sia italiani che tedeschi, i cavalli venivano ripresi frontalmente e di fianco - di profilo. Ma quando li filmi tu, gli dissi, mostri sempre i didiewtro; un coro di didietro. Sono pochi i registi che riprendono il retro, che è meno retorico e romantico. Uno è John Ford. L'altro sei tu. Questa cosa lo stese completamente! Tacque per qualche secondo e poi disse: "Bisogna che facciamo un film insieme una volta di queste". E cominciò a raccontarmi l'inizio di una storia.[1][2][3][4][5]»

Intanto, il regista romano rivelò ai dirigenti della Paramount Pictures, compagnia americana che aveva prodotto il suo ultimo film, che la sua prossima pellicola sarebbe stata più personale rispetto alla trilogia del dollaro, che non ci sarebbe stato il bisogno di assoldare i suoi «vecchi sceneggiatori» (Luciano Vincenzoni e Sergio Donati) per scrivere il copione e che sarebbe stata ridotta al minimo ogni traccia visibile della fabbrica di Cinecittà, per girare il nuovo film in una struttura che gli avrebbe consentito di preparare un suo progetto, chiamato C'era una volta in America.[1] Sebbene Charles Bluhdorn, direttore della Gulf and Western, la società proprietaria della Paramount, fosse un uomo d'affari espansivo e impaziente che non amava essere contraddetto, Leone seppe impressionarlo al punto da farsi lasciare mano libera.[1]

Sceneggiatura[modifica | modifica wikitesto]

Il regista Sergio Leone durante le riprese di un altro suo film, C'era una volta in America

Leone ingaggiò, quindi, sia Argento che Bertolucci per scrivere la storia del suo nuovo film; intraprese così una serie di riunioni con i due giovani in casa sua, in Via Lisippo, nel quartiere Axa, che durò dal gennaio all'aprile del 1967.[1] Carla, moglie del regista, ricorda che «per Sergio questo era un passo molto insolito: Dario e Bernardo erano giovani, ed erano molto attratti da come Sergio parlava di cinema».[1][6] Con lo scopo di assicurarsi il controllo sul progetto, Leone mise Argento e Bertolucci sotto contratto con la sua nuova casa di produzione, la Rafran, il cui nome deriva dalle prime sillabe dei nomi delle figlie, Raffaella e Francesca.[1]

Leone ricordava così queste riunioni:

«Così ci incontrammo, tutti e tre, e cominciammo a sognare insieme. Ben presto Dario Argento cominciò a sentirsi sopraffatto. Ma Bernardo e io andavamo sempre più avanti, sempre facendo riferimento al cinema americano che ammiravamo. Diventò una specie di partita a tennis fra lui e me. Argento rimase spettatore, a osservare gli scambi fra noi due. Diede buoni consigli e fu, soprattutto, una buona compagnia. Dovrei dire che nella prima fase del lavoro non scrissi proprio niente. Erano solo chiacchierate nel corso delle quali io avevo il ruolo dell'avvocato del diavolo. Non volevo trasporre la discussione in una prima stesura per paura di essere troppo soddisfatto del risultato. Preferivo avere la libertà di discutere ogni cosa prima di impegnarmi.[1][7]»

Spesso queste chiacchierate si focalizzavano sui molti significati attribuibili alla frase "C'era una volta il West".[1] Per Leone, essa sottintendeva l'unione fra la narrazione popolare ("C'era una volta...") e la loro attendibilità storica ("...il West"), ponendo, contemporaneamente, l'epoca d'oro del western in una sorta di ambientazione favolistica.[1] L'argomento principale, l'arrivo del progresso sotto forma del treno, è, infatti, una delle sette trame base di questo genere elencate dallo scrittore Frank Gruber e molti registi, tra cui John Ford e Cecil B. DeMille, ne avevano usufruito in passato.[1]

Leone, invece, lo sfruttò per esprimere il proprio punto di vista sul west:"L'idea di base era ricorrere ad alcune delle convenzioni, dei trucchi e delle ambientazioni dei western americani, e a una serie di riferimenti a singoli western - e usare il tutto per raccontare la mia versione della storia della nascita di una nazione".[1][8] Bertolucci, a questo proposito, affermò:"In quei giorni c'era il culto per l'uso delle citazioni, e io mi dicevo:«Non sarebbe stupendo se un regista del talento di Leone facesse citazioni senza saperlo, in tutta innocenza - citazioni che, invece di essere volute, si limitano a capitare?»".[1][4][9] In realtà, secondo il regista del film, Bertolucci, non avendo lavorato alla sceneggiatura, non poté prendere decisioni riguardo al menzionare altri film, pur avendo apportato «qualcosa di personale collaborando alla storia».[1][8]

Bernardo Bertolucci premiato al Giffoni Film Festival del 1989.

Durante le riunioni, si dava molta importanza al fattore ludico: Bertolucci ricorda che «a volte Leone dava l'impressione che preparare un film fosse come quando uno è bambino e gioca ai cowboy».[1] Argento affermò in seguito che questa caratteristica del regista era molto contagiosa:"Mi comprai una pistola, una Colt...una vera. Avevo bisogno di sentirne il peso. Così, a casa da solo, giocavo con la pistola, facendomela roteare e roteare nelle mani. Comprai anche un cappello da cow-boy e lo indossavo davanti a uno specchio. Facevo di tutto per cercare di entrare nello spirito della cosa".[1]

Secondo lo stesso Argento, il lavoro si fece gradualmente più rigoroso:

«Bernardo e io elaborammo un sistema per dividerci i compiti: ognuno di noi sceglieva di scrivere le cose che "sentiva" di più, e poi amalgamavamo il tutto. Sergio ci stava a sentire e a volte diceva qualcosa per correggerci, e siccome era un maestro in questo tipo di gioco, noi credevamo profondamente a tutto ciò che diceva...Leone mi affascinava un sacco, quando ad esempio descriveva in anticipo esattamente i movimenti di macchina che bisognava fare per una scena: per me era come se fosse stato Dante che declamava i suoi versi.[1][5][10][11]»

Dario Argento nel 2007.

Quando poi la storia cominciò a prendere forma, Leone si era già recato diverse volte negli Stati Uniti, dove aveva svolto dei sopralluoghi con una jeep a noleggio nei deserti del Colorado, del Nuovo Messico e in Arizona.[1] In quest'ultimo stato, in particolare, aveva effettuato una visita guidata presso la Monument Valley, al confine con lo Utah, accompagnato dal direttore della fotografia Tonino Delli Colli, il quale ricorda:«[vedevo] Sergio tutto eccitato che mi diceva quasi tutte le inquadrature dei film di John Ford: "Ha girato da quest'angolazione. Ha messo la macchina qui". Ce l'aveva tutto nella testa».[1][12] Proprio da un piccolo villaggio di quella zona deriva il nome del luogo del ranch dei McBain, "Sweetwater". Bertolucci ricorda:

«Stavo guardando una mappa di quella zona degli Stati Uniti per cercare un nome da dare al posto, e ne trovai uno che mi piaceva molto che era "Sweetwater".[1][4]»

Il frutto di quattro mesi di riunioni fu un trattamento, che Bertolucci ricorda «enorme...[di] circa trecento pagine», consistente perlopiù in descrizioni, suggerimenti di immagini visive e indicazioni di messa in scena.[1] A questo punto, Bertolucci decise di separarsi dal gruppo, poiché aveva appena accettato di dirigere un film interpretato dai membri della compagnia teatrale sperimentale del Living Theatre, che sarebbe stato poi chiamato Agonia ed incluso nel film collettivo Amore e rabbia del 1969.[1] Argento, quindi, decise di dedicarsi alla scrittura di diverse sceneggiature di spaghetti western, tra cui quella di Un esercito di 5 uomini, di cui diresse una sequenza, e alla preparazione del suo primo film da regista, L'uccello dalle piume di cristallo, un thriller che sarebbe poi uscito nelle sale nel 1970.[1]

Argento ricorderà con queste parole l'aiuto che diede alla sua carriera la collaborazione con Leone:

«Io invece ho avuto la fortuna di stare vicino a Leone. Non credo che volesse farmi da maestro, non è uno che si circonda di allievi, ma la sua sapienza travalicava...Quando ho esordito con L'uccello dalle piume di cristallo ho seguito la lezione di Sergio e ho preso molti debuttanti, tra cui Vittorio Storaro, che era al suo primo film a colori (...) Per la musica invece ho chiamato Morricone. (...) ecco un'altra cosa che ho imparato da Sergio.[1][10]»

Senza più un collaboratore con cui scrivere la sceneggiatura del film, Leone decise di richiamare Sergio Donati. Quest'ultimo, tuttavia, era molto amareggiato: dopo aver lavorato per molti mesi al copione de Il buono, il brutto, il cattivo, Donati non fu accreditato nel film, ma Leone gli promise che avrebbe scritto la sua successiva pellicola.[1]

Lo sceneggiatore ricorda così i mesi successivi a questa promessa:

«Rifiutai tutte le offerte. E aspettai - gennaio, febbraio, marzo - accanto al telefono...Poi sentii che stava lavorando con Argento e Bertolucci. Senza nemmeno una parola. Alla fine di aprile, driin driin! Sergio mi disse: "I due intellettuali hanno mollato il lavoro. Come possiamo andare avanti e fare un film?". Sembrava deluso di loro. Io mi offesi molto.[1][13]»

Cast[modifica | modifica wikitesto]

Protagonisti[modifica | modifica wikitesto]

Claudia Cardinale (Jill McBain)[modifica | modifica wikitesto]
Jill McBain, personaggio interpretato da Claudia Cardinale.
Henry Fonda (Frank)[modifica | modifica wikitesto]
File:Frank Henry Fonda.jpg
Primo piano di Frank, interpretato da Henry Fonda.
Charles Bronson (Armonica)[modifica | modifica wikitesto]
File:Charles Bronson.jpg
Primo piano di Armonica, interpretato da Charles Bronson

Citazioni e riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

Citazioni di altre opere[modifica | modifica wikitesto]

Citazioni e parodie[modifica | modifica wikitesto]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae Cristopher Frayling, Sergio Leone: Danzando con la morte, Milano, Il Castoro, 2002, pagine 262-317, ISBN 8880332074.
  2. ^ Enzo Ungari e Don Ranvaud, Bertolucci by Bertolucci, Londra, Plexus, 1988.
  3. ^ Intervista a Bertolucci in «Film Comment», luglio-agosto 1989, pagine 77-78
  4. ^ a b c Intervista di Christopher Frayling con Bernardo Bertolucci, Londra, 25 febbraio 1988
  5. ^ a b Intervista con Bernardo Bertolucci in «Positif», marzo 1973, p. 37
  6. ^ Intervista di Christopher Frayling con Carla Leone, 1º luglio 1994.
  7. ^ Nöel Simsolo, Conversations avec Sergio Leone, Parigi, Stock, 1987, pagine 135-137, ISBN 2234020492.
  8. ^ a b Intervista di Christopher Frayling a Sergio Leone, febbraio 1982
  9. ^ Christopher Frayling, Spaghetti Westerns, Londra, Routledge and Kegan Paul, 1981.
  10. ^ a b Oreste De Fornari, Tutti i film di Sergio Leone, Milano, Ubulibri, 1985, ISBN 8877480378.
  11. ^ Intervista con Dario Argento per Viva Leone!, novembre 1982.
  12. ^ Intervista di Christopher Frayling con Tonino Delli Colli, Montpellier, 24 ottobre 1998.
  13. ^ Intervista di Christopher Frayling con Sergio Donati, 23 maggio 1998

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]