Storia di Firenze

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File:Firenze-Particolare Duomo.jpg
Firenze - Santa Reparata, particolare della facciata del Duomo

Preistoria e primi insediamenti

Nell'età quaternaria la piana di Firenze-Prato-Pistoia era occupata da un grande lago che stagnava tra le linee dei rilevi del Monte Albano a ovest, del Monte Giovi a nord e delle prime colline del Chianti a sud. Con il ritirarsi delle acque la pianura, situata a una cinquantina di metri sul livello del mare, rimase costellata di tanti stagni ed acquitrini che, soprattutto nella zona di Campi Bisenzio, Signa e Ripoli, furono una costante del territorio almeno fino alle bonifiche realizzate a partire dal Settecento. Un sezione del Museo di Geologia e Paleontologia illustra egregiamente questo periodo della preistoria toscana, con schede e reperti.

Pare che confluenza del Mugnone con l'Arno fosse abitata da una popolazione italica di civiltà villanoviana già tra il il X e l'VIII secolo a.C.. Tra il VII secolo a.C. e il VI secolo a.C. gli etruschi dovevano aver scoperto e usato il facile guado del fiume Arno presso la suddetta confluenza, dove anche la pianura era più stretta per la vicinanza dei colli da nord e da sud. In quel punto avevano costruito probabilmente una passerella o un servizio di traghetto, che doveva trovarsi una decina di metri dall'attuale Ponte Vecchio, nel guado più stretto. Essi comunque preferivano non fondare città in pianura per ragioni di difesa (da eserciti stranieri e dalle inondazioni) e si stabilirono a circa sei chilometri dal guado su una collina, dove nacque il centro fortificato di Fiesole, ben collegato con una strada che univa tutti i principali centri etruschi dall'Emilia al nord del Lazio.

I Romani

Lo stesso argomento in dettaglio: Florentia.

Alcuni storici ancora si dibattono circa l'esistenza di un insediamento protoromano, arrivando anche a sostenere la possibilità che fosse esistito un municipium che sarebbe stato distrutto da Silla.

Tuttavia, la storia conosciuta di Firenze comincia tradizionalmente nel 59 a.C., con la fondazione da parte dei Romani di un villaggio chiamato "Florentia"), e destinato ai veterani dell'esercito. Secondo alcuni storici la città sarebbe stata fondata per precise ragioni politiche e strategiche: nel 62 a.C., Fiesole era stata un covo di catilinari e Cesare volle un avamposto a solo 6 km per controllare le vie di comunicazione. Nel 59 a.C. la struttura della città era già abbastanza definita nelle sue componenti strutturali classiche del castrum cioè due vie che s'intersecavano e dividevano in due parti distinte l'antico accampamento militare.

La città cesariana aveva il disegno classico previsto dagli agrimensori romani: quadrangolare e suddivisa al suo interno da sette strade sull'asse nord - sud intersecate ortogonalmente da cinque strade sull'asse est - ovest.

I Romani ostruirono gli argini all'Arno ed al Mugnone e la scelta del sito si rivelò vantaggiosa per i trasporti: l'antica Florentia si trovò infatti sulla via consolare Cassia Nuova in un punto strategicamente molto importante perché formava un cuneo che controllava la fine della valle dell'Arno appenninica e l'inizio della pianura che conduceva al mare in direzione di Pisa. Nel 123 abbiamo le prime notizie precise sull'insediamento, quando fu creato il primo vero ponte sull'Arno.

Intorno all’accampamento militare romano cominciavano intanto ad essere costruiti tutti quegli edifici che caratterizzano le città romane: un acquedotto (dal Monte Morello), un foro (nell'odierna Piazza della Repubblica), terme (almeno due stabilimenti), un teatro e un anfiteatro, mentre il territorio circostante veniva razionalizzato con la centuriazione delle aree coltivate: nelle carte aeree di zone come quella attorno a Peretola, per esempio, si possono scorgere ancora tracce sicure di questa indelebile attività. Esisteva anche un porto fluviale, che consentiva commerci fino con Pisa.

Prese corpo così una vera e propria città e, data la sua origine militare fu dedicata al dio Marte che fu il primo patrono di Florentia.

Statua romana, recuperata negli scavi delle terme, Museo di Firenze com'era

I contorni della città romana sono ancora riconoscibili nelle piantine della Firenze attuale, dove s'individua a colpo d'occhio il nucleo quadrato del primo centro, con le strade perpendicolari tagliate dal cardo e il decumano (cioè le due vie principali) oggi individuabili in Via Strozzi, Via del Corso e Via degli Speziali, che tagliano il centro da ovest a est, e le vie Roma e Calimala che lo attraversano da nord a sud fino all'attraversamento dell'Arno. Il quadrangolo, cinto da mura fortificate con numerose torri, misurava circa 1800 metri per lato e ospitava al suo interno, secondo le stime, tra i 10.000 e 15.000 abitanti. Al centro dei quattro lati si aprivano altrettante porte che alcune delle quali furono in uso fino a tutto l'alto medioevo.

Nel 285 Diocleziano, durante il riordino dell'Impero, stabilì proprio a Firenze la sede del Corrector , cioè del comandante della legione, che era responsabile per tutta la Tuscia, a suggello della maturata importanza strategica dell'insediamento nel panorama regionale. I mercanti orientali (fra i quali una notevole colonia stabilitisi in Oltrarno appena passato il ponte) portarono il culto di Iside prima e in seguito, a partire dal II secolo quello del cristianesimo.

Non sono rimasti monumenti visibili del periodo romano poiché Firenze ebbe un rapido sviluppo durante il periodo successivo e la Firenze medievale costruì e allargò quella romana e vi si sovrappose.

Ancora oggi però affiorano dal sottosuolo costruzioni come ad esempio il complesso termale scoperto in Piazza della Signoria proprio accanto al declivio che scende verso Piazza San Firenze dove è verosimile che fosse il teatro, oggi inglobato dal palazzo della famiglia Gondi.

Ma il monumento più riconoscibile è quello dell'anfiteatro che, sebbene invaso da case medievali dalle quali spuntano residui della primigenia costruzione in laterizio (compreso forse qualche arco di accesso), mantiene sempre la sua forma ellittica; non a caso la strada che lo circonda è stata battezzata Via Tòrta (cioè storta).

Al Museo Archeologico e al Museo topografico di Firenze com'era si trovano le più importanti testimonianze di Florentia, con numerosi reperti e sezioni per la didattica.

L'epoca paleocristiana

Il pavimento musivo paleocristiano di Santa Reparata
Iscrizioni romane e paleocristiane in Santa Felicita

Come è stato detto i primi evangelizzatori a Firenze arrivarono probabilmente dall'Oriente assieme ai mercanti siriaci, greci e anatolici, che facevano muovere i commerci in tutto l'Impero. Tradizionalmente gli storici due-trecenteschi, come Giovanni Villani, attribuirono l'evangelizzazione ai discepoli di San Pietro Apostolo, quali gli oscuri San Frontino e San Paolino. E durante la persecuzione di Decio del 250 viene collocata la decapitazione del martire San Miniato, santo celoforo perché avrebbe raccolto la sua testa e sarebbe andato a piedi verso il colle dove oggi sorge la basilica a lui dedicata.

Se queste leggende sono prive di qualsiasi testimonianza storica, è invece documentata dal ritrovamento di antichissime lapidi la presenza di cristiani nella zona della chiesa di Santa Felicita, dedicata, guarda caso, a una santa il cui culto era diffuso nel Mediterraneo orientale.

Nel 313 poi è accertata la presenza di un primo vescovo Felice, presente a Roma al raduno indetto da Papa Milziade, mentre nel 393 Sant'Ambrogio visitò la città e fondò la chiesa di San Lorenzo allora fuori dalle mura (forse sul sito di una necropoli cristiana, come avveniva a quel tempo con le prime basiliche romane).

Un decennio dopo Firenze aveva un primo pater patriae rappresentato dal vescovo San Zanobi, che organizzò la diocesi e animò la resistenza dei fiorentini contro l'invasione dei Ostrogoti di Radagaiso, i quali assediarono la città ma furono provvidenzialmente sconfitti dall'arrivo di Stilicone, il grande generale dell'Imperatore Onorio (405-406). Il giorno della vittoria (secondo la tradizione) si ricordava Santa Reparata di Cesarea di Palestina e proprio a questa santa martire si volle dedicare in segno di riconoscenza una pieve appena fuori dalla Porta Aquilonia, a nord, quella chiesa di Santa Reparata che alcuni secoli più tardi, con il trasferimento delle spoglie del vescovo Zanobi, diventò cattedrale, al posto del già esistente Battistero di San Giovanni, allora semplicemente chiesa, indicata spesso come l'edificio più antico di Firenze che abbia mantenuto la sua struttura originaria.

Secondo studiosi come Lopes Pegna in quel periodo la città si andava anche spopolando: la villa romana trovata sotto Piazza del Duomo era già divisa in abitazioni più modeste prima di venire abbattuta per fare spazio alla platea episcopis. L'ipotesi è che i latifondisti preferirono abbandonare Firenze per difendersi da un fisco troppo esoso e per evitare che gli venissero imposte cariche amministrative che comportavano anche l'assunzione di responsabilità personali nella rioscossione delle tasse.

Si consumava in quel periodo la definitiva conversione di tutta la popolazione al cristianesimo (soprattutto dopo la vittoria di Radagaiso da molti attribuita alle preghiere di Zanobi) ed è significativa la graduale sovrapposizione che sostituì l'antico tempio di Marte, patrono della Firenze romana, con la chiesa dedicata a San Giovanni Battista, in onore dell'attuale patrono della città. La dedicazione al santo forse è posteriore e alcuni la intendono come un retaggio della più tarda dominazione longobarda, in ogni caso ormai Firenze aveva almeno tre chiese (San Lorenzo, Santa Felicita e San Giovanni) situate però appena fuori le mura, segno che comunque resisteva l'impianto urbanistico della città di epoca imperiale. Dagli scavi del 197172 è stato chiarito che il tratto nord delle mura (quello verso il Duomo e San Lorenzo) era stato già abbattuto tra il II e il III secolo, per cui dovettero esistere nuove e più ampie fortificazioni che furono realizzate nella seconda metà del IV secolo quando i barbari cominciarono a fare davvero paura, per cui i nuovi edifici di culto non dovevano essere completamente esposti ai pericoli esterni.

Nel Battistero, iniziato in quegli anni, sono riconoscibili alcuni materiali di scarto romani usati per il rivestimento esterno della chiesa: interessante una lastra di marmo rappresentante una Naumachia vicina alla porta sud e due sarcofagi del I secolo che fino al 1966 erano posti invece all'interno della chiesa stessa, ma oggi rimossi e trasportati al Museo dell'Opera del Duomo.

Se l'invasione di Radagaiso aveva innescato quel processo di regressione che portò al medioevo più oscuro, a Firenze il V secolo non dovette tutto sommato essere ancora terribile e probabilmente fu possibile procedere nella costruzione almeno della chiesa di San Giovanni, che per i suoi caratteri originali viene attribuito come opera costruita quando la memoria dell'architettura romana era ancora viva. Tra l'attacco di Radagaiso e la guerra greco-gotica infatti ci fu circa un secolo e mezzo circa di pace.

L'alto medioevo

La Torre della Pagliazza, incerta vestigia della presunta seconda cerchia muraria

Le guerre tra goti e bizantini

Firenze, come gran parte dell'Italia, finì in mano ai goti di Teodorico senza scosse. Durante le due guerre gotiche venne occupata dai bizantini di Belisario nel 541 e in seguito saccheggiata e devastata da Totila nel 550 prima di venire riconquistata dai greci guidati da Narsete.

Totila fa dstruggere la città di Firenze, miniatura

L'esercito di Giustiniano trovò una città così in rovina e spopolata, che nel restaurarne le difese le avrebbero fatte arretrare di alcune decine di metri. Questa teoria non ha trovato però conferme sul piano archeologico, per cui oggi viene messa in discussione. Forse l'unica vestigia di quel periodo è la Torre della Pagliazza, sorta appoggiandosi sul muro di una piscina termale, per questo dall'insolito disegno a pianta circolare. I bizantini fondarono la chiesa di sant'Apollinare, oggi distrutta, in onore del santo da essi particolarmente venerato.

I longobardi

Nel 570 la città passò in mano ai longobardi, i quali però elessero come centro principale dell'area toscana Lucca. Essi, per mettere in comunicazione i territori da essi assoggettati dovettero usare strade lontane dalla Cassia e dalle strade romane, ancora controllate dai bizantini, per cui crebbe di importanza il passaggio della Cisa e la strada che si snodava per Lucca, Altopascio, Fucecchio e la Valdelsa fino a dirigersi verso Roma. Era il tracciato di quella che sarà poi chiamata Via Francigena e che tagliò Firenze fuori dai traffici più importanti, segnandone la decadenza.

Forse risale proprio a longobardi la devozione verso San Giovanni Battista, tipica dei popoli di recente conversione.

Tra il finire dell'VIII e l'inizio del IX secolo, dopo due secoli di buio completo, la città vide l'inizio di una nuova rinascita, con una prima, timida ripresa delle attività economiche e un incremento demografico, forse causato più che altro dall'inurbamento di genti del contado spaventate dalle periodiche scorribande barbariche.

L'epoca carolingia

Carlo Magno si fermò almeno due volte a Firenze: nel 781, di ritorno da Roma, e nel 786, quando accolse le lamentele di alcuni monaci contro il duca longobardo Gudibrando. La presunta rifondazione di Firenze da parte del grande imperatore è un'ipotesi azzardata, spesso sostenuta con enfasi dai cronisti antichi, così come la lapide che ricorda la sua presenza alla posa della prima pietra della chiesa dei Santi Apostoli. Di fatto la nuova dominazione significò solo la sottomissione a un duca franco anziché longobardo, e si dovette aspettare almeno fino all'epoca di Lotario I per assistere a un segno storicamente provato di rinascita. Nell'854 i comitati di Fiesole e di Firenze vennero uniti e fu scelta proprio Firenze come residenza del conte.

Iniziava così quel processo talvolta assimilato dai fiorentini a quello di "madre" e "figlia" che portò alla graduale crescita di importanza di Firenze rispetto a Fiesole.

In questa ottica di rinascita, e forse a causa della paura verso le invasioni degli ungari, vennero rinforzate le mura ed allargate fino ad arrivare a toccare l'Arno, includendo un lembo triangolare di terreno ormai stabilmente edificato, segno quindi anche di una ripresa della crescita demografica.

Se in città e nei dintorni andavano sorgendo numerose chiese, il monachesimo in città attecchiva solo con piccole istituzioni di scarso rilievo. Fu solo con la fondazione della Badia fiorentina nel 978 da Willa di Toscana che Firenze ebbe un'abbazia benedettina che fosse anche un centro d'irradiazione culturale. Il figlio di Willa, Ugo di Tuscia intanto aveva segnato un altro fondamentale traguardo per Firenze: scelta come residenza del margraviato di Toscana, si prese una rivincita su Lucca che fino ad allora era stata la capitale politica della regione.

Il Medioevo

Dopo l'anno Mille

Il simbolo della rinascita cittadina può essere indicato con la fondazione della basilica di San Miniato al Monte, avvenuta nel 1013 alla presenza del vescovo Alibrando con il beneplacito dell'Imperatore Enrico II. La chiesa dai leggeri archi a tutto sesto, dai capitelli corinzi e dalla bella facciata in marmo bianco e verde, segnò, con l'annesso monastero, un apice del romanico in Toscana, con i primi accenni a un "proto-rinascimento" che incoraggiava il recupero di moduli classici, alla base dei futuri sviluppi dell'arte fiorentina.

Nel 1055 si tenne a Firenze un concilio alla presenza di Papa Vittore II e l'Imperatore Enrico III (in quell'occasione vennero abbellite Santa Felicita e Santa Reparata), che condannò la simonia e il concubinato del clero, ispirato dal movimento di riforma voluto dal fondatore dei vallombrosani San Giovanni Gualberto. I suoi seguaci si scontrarono con quelli del simoniaco vescovo Pietro Mezzabarba davanti al monastero di San Salvi, con la "prova del fuoco" sostenuta dal cosiddetto Pietro Igneo, che costrinse il vescovo alle dimissioni (1068).

Pochi anni prima il marchese Goffredo di Lorena sceglieva la città come sua capitale, mentre dal 1059 al 1061 per la prima volta salì sul soglio di San Pietro un vescovo fiorentino: Gerardo di Borgogna, che divenne Papa Niccolò II.

Il XII secolo

Se l'operato di San Giovanni Gualberto aveva segnato un primo smacco al clero corrotto, il problema non era ancora risolto, e in tutta la penisola iniziarono a formarsi gruppi di popolani (tradizionalmente provenienti dai ceti bassi, ma non solo) che si ribellavano all'autorità del clero, i cosiddetti patarini. Gli scontri tra eretici patarini e clero e, per la prima volta, tra guelfi e ghibellini (sostenitori rispettivamente del papato e del potere imperiale) furono però frenati finché la Contessa Matilde di Canossa fu in vita: essa resse l'equilibrio della penisola dal Piemonte al Lazio e fece da mediatrice tra gli interessi opposti. A Firenze essa aveva un castello poco fuori dalle mura (vicino alla chiesa di San Lorenzo) e la sua sola presenza occasionale bastò a sedare le rivalità cittadine, almeno fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1115. In quel periodo fu anche rafforzata la cerchia muraria e venne costruitio un avamposto sul fiume, il Castello d'Altafronte.

Fu dopo l'estinzione del casato del Cadolingi (signori del Valdarno ovest) e la quasi contemporanea scomparsa di Matilde (1113 e 1115), seguita poco tempo dopo dal lungo interregno dovuto alla morte dell'Imperatore Enrico V, che Firenze si resse a Comune autonomo, per il venir meno del margraviato, quale struttura intermedia tra impero e città. La prima notizia di consoli autonomi risale al 1138, appoggiati dall'autorità vescovile. Poco si conosce dei modi di governo del Comune poiché la documentazione riguardante gli atti amministrativi è praticamente inesistente fino agli anni intorno al 1170[1]. In un anno i consoli arrivarono a essere dodici (due per bimestre), affiancati da un consiglio di 150 "Bonomini" e, quattro volte l'anno, da un'assemblea generale dei cittadini. Non si conoscono i requisiti per ottenere queste cariche né le rispettive funzioni con esattezza. Nella pratica si immagina che fossero comunque le grandi famiglie ad egemonizzare la vita politica comunale.

Sebbene nel panorama toscano la città fosse ancora di secondaria importanza rispetto a Lucca, Pisa o Siena, tutto il XII secolo vide la crescita delle produzioni dell'artigianato e la fortissima crescita del commercio. Il porto fluviale prosperava e via Valdarno la città si raccordava alla Via Francigena. La prima attestazione delle corporazioni delle arti e mestieri risale al 1182. I mercanti fiorentini iniziavano già a inserirsi nel circuito degli scambi europei. Panni semilavorati arrivavano dalle Fiandre e dalla Francia e l'allume per la tintura dal Levante: con questi i fiorentini raffinavano e tingevano i tessutio fino a trasformarli in preziose stoffe che rivendevano all'estero a prezzi notevolmente maggiorati. Iniziavano inoltre in quell'epoca le prime attività bancarie che garantivano lauti guadagni, sebbeno con alcuni rischi, non ultimo quello di accusa di usura da parte della Chiesa.

Al pari di altre città poi Firenze si era dedicata alla conquista dei castelli del contado, assoggettando gradualmente i piccoli feudatari che tenevano un forte controllo sulle terre attraverso varie rocche. Decisiva fu la presa di Fiesole e la sua distruzione nel 1125. La Cattedrale venne risparmiata ma al vescovo venne intimato di risiedere entro le mura fiorentine. Anche i cavalieri e signorotti dei vari castelli conquistati venivano obbligati a diventare cittadini e risiedere in città, almeno per un certo numero di mesi.

A metà del secolo Firenze dominava già il medio corso del Valdarno da Figline a Empoli e si affacciava sulla scena politica regionale accanto alle altre importanti città vicine.

Solo gli Alberti (a nord e ovest) e i Conti Guidi le tenevano testa, mentre entro le mura la convivenza di vari signorotti feudali portavano sì denaro e tradizioni guerriere, ma anche costumi di vendetta e di faida che si manifestarono in una militarizzazione della città, con il sorgere di alte torri. É la Firenze della cerchia antica di Cacciaguida, ricordata con tano rimpianto da Dante, il quale però dimenticava (o non conosceva) la miseria, la frequenza dei conflitti e la rozzezza di quei tempi.

In quel periodo comunque vennero a assumere un ruolo di egemoni, oltre alle famiglie locali, quelle nobiliari del contado sottomesse e, dopo poco tempo anche quelle della nascente borghesia mercantile, manifatturiera e bancaria.

Nel 1171 Pisa, in difficoltà per le lotte contro Genova e contro l'imperatore Federico I Barbarossa, chiese sostegno militare a Firenze. L'appoggio venne concesso in cambio di alcune vantaggiose condizioni come una percentuale sulle rendite della zecca pisana, alcune concessioni sul trasporto di merci e mercanti fiorentine sui territori e sulle navi pisane, oltre all'uso del porto con magazzini riservati. In cambio però iniziarono anche le lunghe guerre contro i lucchesi e i senesi che erano schierati sul fronte opposto e decisi a frenare l'avanzata di Firenze.

L'anno successivo (1172), fino al 1175, si mise mano alle mura, che triplicarono la superficie della città (da 24 a 75 ettari circa) includendo i numerosi "borghi" che si erano formati fuori dalle porte principali di accesso, compreso, per la prima volta, l'Oltrarno. Si stima che a quell'epoca, grazie alla crescente ricchezza e al continuo flusso di genti dal contado (sia popolani, sia ricchi proprietari terrieri), la popolazione contasse circa 25.000 unità. La crescita della popolazione e della ricchezza portò anche a un primo acuirsi delle differenze sociali e una complicazione della vita politica e sociale.

Il tentativo degli Uberti nel 1177 di scardinare il sistema delle alleanze tra "consorterie" (i gruppi di più famiglie) che governavano il Comune si risolse con una sanguinosa guerra civile (che duró per circa tre anni) e con incendi e devastazioni. D allora essi furono designati come i fautori dell'Impero, nel nome del quale si erano sollevati, e segnò la prima embrionale lotta tra i nascenti gruppi dei guelfi e ghibellini. Oltre alla fedeltà al papa o all'imperatore, queste due fazioni in lotta erano sicuramente più interessate a guadagnarsi, anche militarmente, la leadership politica ed economica della città, rifacendosi però agli ideali più nobili e generici.

Nel 1193 una nuova insurrezione capeggiata dagli Uberti, però questa volta appoggiati anche dai nuovi ceti dei mercanti e degli artigiani, abolì il sistema dein consoli. Sebbene istituito di nuovo nel 1197 era ormai chiaro come questo sistema di governo fosse ormai in crisi.

Il Duecento

Nel 1207 infatti il governo venne riformato e si passò dai due consoli a un unico podestà, un cavaliere preferibilmente forestiero, affinché si tenesse imparziale e al di fuori dalle contese tra le fazioni cittadine. Il primo podestà fu Gualfredotto da Milano. Nella pratica poi esisteva un conmsiglio oligarchico ristretto e uno collegiale, del quale facevano parte i capitani delle Arti. Ai primi del Duecento vennero costruiti tre nuovi ponti sull'Arno.

L'inizio delle contese tra guefi e ghibellini viene fatto risalire tradizionalmente alla contesa tra Amidei e Buondelmonti del 1215, ma i primi scontri effettivi si ebbero quando Federico II decise di inviare in città Federico d'Antiochia (1246) per appoggiare il partito ghibellino. Dopo l'iniziale resistenza i guelfi venenro scacciati lasciando la città in mano ai ghibellini, in particolare alla famiglia Uberti, di Farinata degli Uberti, che ispirò una celeberrima pagina dell'Inferno di Dante (Inf. X). Quando l'imperatore morì (1250) i ghibellini vennero sconfitti a Figline Valdarno, ed il popolo fiorentino si liberò al potere delle grandi famiglie, dando inizio a un decennio di prosperità, che comportò la conquista di San Gimignano, Poggibonsi e Volterra, nonché la pace con Arezzo, Siena, Pistoia e Pisa.

Contemporaneamente guadagnarono di importanza le compagnie delle Arti (cioè le associazioni dei mercanti e degli artigiani) nel 1250 fondarono il "governo del primo popolo" capeggiato da un capitano del popolo forestiero. Il ritorno al potere dei ghibellini, dovuto all'intervento del re di Sicilia Manfredi, figlio naturale di Federico II, in favore della rivale Siena si ebbe con la sconfitta dell'esercito fiorentino nella battaglia di Montaperti con il conseguente esodo delle maggiori famiglie guelfe dalla città nel 1260. Dopo il ritorno dei guelfi dopo la sconfitta di Manfredi a Benevento nel 1266 inizia un periodo di controversa interpretazione.

Lo stesso argomento in dettaglio: Cerchi e Donati.

Questa conflittualità politica interna non impedì alla città di svilupparsi fino a diventare una delle più potenti e prospere in Europa, assistita dalla sua propria valuta in oro, il fiorino (introdotto nel 1252), dalla decadenza della sua rivale Pisa (sconfitta da Genova nel 1284 e conquistata da Firenze nel 1406), e dalla sua potenza mercantile risultante da una costituzione anti-aristocratica (1293).

Un ulteriore motivo di tensione fu rappresentato dalla scissione del partito guelfo nelle due fazioni dei Donati (i "neri", più legati al papato e sostenuti dall'élite mercantile e finanziaria) e dei Cerchi (i "bianchi", moderati). Il periodo di disordini, che coinvolse anche Carlo di Valois, ingombrante ospite cittadino inviato da Papa Bonifacio VIII, si concluse con la cacciata dei bianchi (tra cui Dante Alighieri). L'oligarchia mercantile, che però doveva contrastare l'opposizione sia dei nobili sia delle altre Arti, le 5 «mediane» e le 9 «minori», il cui malcontento cresceva, mentre si acuiva il contrasto fra "popolo grasso" e "popolo minuto". Ma le controversie non si conclusero con la cacciata dei Bianchi, in quanto anche la fazione dei Neri si divise in Donateschi (capeggiati da Corso Donati) e dei Tosinghi (seguaci di Rosso del Tosa). Dopo l'uccisione di Corso Donati e la cacciata dei suoi seguaci la situazione cuittadina si tranquillizzò temporaneamente.

Il Trecento

L'economia fiorentina visse negli anni del Trecento un vero e proprio boom, in particolare in una quadiennio tra il 1336 e il 1340. In quegli anni si lavorò al completameto dei grandi cantieri aperti nel Duecento (Cattedrale, Palazzo vecchio e mura) e se ne iniziarono di nuovi: Orsanmichele, la Loggia della Signoria e la Loggia del Bigallo sono in genere considerati il canto del cigno dell'architettura gotica a Firenze.

La peste nera 1348 diede un duro colpo anche all'economia fiorentina con gravi perdite nella popolazione, ma non fu un colpo irrimediabile come a Siena: cantore di un'età cortese ed aurea sull'orlo della scomparsa fu Giovanni Boccaccio nel suo Decameron.

Nel 1378 il Tumulto dei Ciompi segnò un notevole scossa nelle istituzioni della Repubblica: per la prima volta (o quasi') in Europa una classe lavorativa "proletaria" rivendiacava maggiori diritti e la loro protesta, forse anche grazie ad un effetto sorpesa fu coronata da un rapido successo. Purtroppo le divisioni interne portarono anche a una veloce sconfitta dei "Ciompi" e l'annuillamento delle riforme ottenute.

Dopo la repressione dei Ciompi, il potere politico tornò in mano ad un ristretto numero di famiglie di banchieri, tra cui la famiglia Albizi (governo oligarchico 1382-1434) che cercarono di evitare che Firenze si trasformasse in una signoria. I tempi erano maturi per il tramonto della forma più propriamente comunale e per il passaggio alla forma signorile.

Durante il periodo del governo oligarchico Firenze sviluppò una fiorente economia ed in politica estera appoggiò Venezia contro i Visconti. Nel 1405 occupò Pisa. Il popolo, escluso dal governo, tentò varie volte di abbattere l'oligarchia, finché si alleò alla famiglia Medici. Nel 1433 Cosimo, capo della famiglia dei Medici fu esiliato, l'anno seguente però, i suoi sostenitori ottennero il priorato e Cosimo fu richiamato a Firenze. Il suo ritorno segnò la fine del governo oligarchico e l'inizio della Signoria dei Medici.

Il Rinascimento

Cosimo de' Medici (1434-1464) conservò le forme esteriori della repubblica, però ottenne dal popolo la "balìa degli squittìni", vale a dire il potere di decidere i nomi dei candidati agli uffici del Comune. In tal modo, pur essendo da un punto di vista formale nulla di più di un privato cittadino, Cosimo di fatto mantenne il governo della città. Stipulando alcune alleanze, Cosimo riuscì ad evitare che Milano o di Venezia assumessero il predominio nell'Italia settentrionale ed a consolidare il dominio di Firenze in Toscana.


La Repubblica di Lucca fu l'unico Comune-Città-Stato che non si sottomise mai a Firenze, rimase sempre indipendente e sovrana. Accettò solo di annettersi al GranDucato di Toscana nel 1800 e poi al Regno d'Italia.

Firenze 1493

Prima di morire il Savonarola lasciò un trattato per il governo di Firenze nelle cui parole si ritrovano spesso argomenti che saranno oggetto di controversie religiose dei secoli seguenti.

Un altro personaggio di acutezza inusuale fu Niccolò Machiavelli, le cui indicazioni per il governo di Firenze da parte di una figura forte sono spesso lette come una legittimizzazione delle delle tortuosità e anche degli abusi dei politici. I fiorentini buttarono fuori i Medici per una seconda volta e ristabilirono una repubblica il 16 maggio 1527.

Il Granducato

Il blasone dei Lorena, nell'arco di trionfo in Piazza della Libertà che celebrò il loro arrivo in città

Rimessi al loro posto per due volte, col supporto sia dell'Imperatore Carlo V che di papa Clemente VII (Giulio de'Medici), i Medici diventarono nel 1537 duchi ereditari di Firenze, e nel 1569 granduchi di Toscana, regnando per due secoli. Nel frattempo, Firenze aveva vinto la secolare opposizione di Siena, conquistando quest'ultima nel 1555 al termine della Guerra di Siena. La pace di Cateau-Cambrésis nel 1559 sancì l'annessione della repubblica di Siena al dominio dei Medici, sebbene fossero formalmente immutate le strutture politiche antecedenti, anche se svuotate di potere.

L'estinzione della dinastia dei Medici e l'ascensione nel 1737 di Francis Stephen, duca di Lorraine e marito di Maria Teresa d'Austria, portò all'inclusione della Toscana nei territori satellite della corona austriaca, rimanendone però di fatto separata. La dinastia granducale Lorena regnò tranquillanete la città, distinguendosi per la usa liberalità: mentre Livorno diveniva un porto franco (dove cioè chiunque poteva stabilircisi senza persecuzioni di tipo religioso o "legale")fra i più attivi del mediterraneo, il granduca Pietro Leopoldo avviò la riforma agraria e fu il primo regnante in Europa ad abolire la tortura e la pena di morte. La reputazione di monarca illuminato gli fece guadagnare la stima degli illuministi.

Ottocento e Novecento

Una lapide commemora vittime partigiane al Parco delle Cascine

Con un plebiscito nel 1861 fu deposto l'ultimo granduca e la Toscana si annetté al neocostituito Regno d'Italia.

Firenze prese il posto di Torino come capitale d'Italia nel 1865, ma l'ambito ruolo fu trasferito a Roma sei anni dopo, quando il Lazio fu annesso al regno. Nel XIX secolo la popolazione di Firenze raddoppiò, e triplicò nel XX con la crescita del turismo, del commercio, dei servizi finanziari e dell'industria. La comunità straniera arrivò a rappresentare un quarto della popolazione nella seconda metà dell'Ottocento ed a questo periodo risale la visione romantica della città immortalata da scrittori come James Irving e dagli artisti preraffaelliti e che lasciò in eredità alla città numerose ville di magnati soprattutto inglesi con le loro eclettiche collezioni d'arte, che oggi sono musei, come il Museo Horne, il Museo Stibbert, la Villa La Pietra, ecc...

Durante la seconda guerra mondiale la città fu occupata per un anno dai Tedeschi (1943-1944). Forte e diffusa fu la Resistenza all'occupazione nazifascista, culminata nell'insurrezione dell'agosto 1944 e nella successiva battaglia sostenuta dalle forze partigiane per la liberazione della città (11 agosto 1944).

Episodi della seconda guerra mondiale a Firenze e nel suo territorio:

Il 12 febbraio 1951 la moda made in Italy ebbe ufficialmente battesimo a Firenze, alla prima sfilata italiana organizzata da Giovanni Battista Giorgini.

Il 6 novembre 1966 gran parte del centro fu alluvionato dall'Arno, danneggiando molti tesori d'arte e scatenando però al contempo una incredibile catena di solidarietà internazionale con migliaia di volontari da tutto il mondo, i cosiddetti "angeli del fango".

Note

  1. ^ Notizie su i primi consoli possono trovarsi nella Cronaca dello pseudo Latini e in Pietro Santini Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze e naturalmente sul Davidsohn nella sua Storia di Firenze. Attualmente gli studi più importanti sul periodo sono stati condotti dal dottor Enrico Faini e dalla dottoressa Daniela De Rosa.

Voci correlate

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