Colonna di Foca

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Coordinate: 41°53′32.87″N 12°29′05.45″E / 41.892464°N 12.484847°E41.892464; 12.484847
La colonna di Foca.
La colonna di Foca, e sullo sfondo l'arco di Settimio Severo.
Colonna di Foca

La colonna di Foca, che fu eretta davanti ai rostra nel Foro Romano e dedicata o ridedicata in onore dell'imperatore bizantino Foca il 1º agosto 608, fu l'ultimo monumento onorario nel Foro.

La colonna corinzia, scanalata, si erge, alta 13,6 metri, sul suo basamento cubico di marmo bianco e sembra che sia stata originariamente costruita intorno al II secolo. Il fondamento quadrato di mattoni non era originariamente visibile, non essendo stato il livello attuale del Foro scavato fino alla pavimentazione augustea fino al XIX secolo.

Storia della colonna

Foro Romano, in rosso la colonna di Foca

La colonna è realizzata in marmo bianco, precisamente in marmo proconnesio, assai diffuso a partire dalla fine del I secolo d.C. e soprattutto dal II d.C., sormontata da un capitello corinzio databile in epoca traianea. Il motivo preciso per cui questa colonna è stata eretta non è chiaro, nonostante Foca avesse donato formalmente il Pantheon al papa Bonifacio IV. Sulla sommità della colonna fu fatta erigere da Smaragdo, l'esarca di Ravenna, una statua dorata raffigurante Foca, ma questa fu probabilmente tolta poco dopo. Nell'ottobre 610, Foca, sovrano di umili origini ed usurpatore, fu catturato, torturato, assassinato e grottescamente smembrato; a ciò si aggiunse la damnatio memoriae. Più che una dimostrazione della gratitudine verso il papa, la statua dorata era un simbolo della supremazia su Roma, che stava cadendo sotto le pressioni dei Longobardi, e un segno di gratitudine di Smaragdo, che era indebitato con l'imperatore poiché questi gli aveva permesso il ritorno da un lungo esilio e la carica a Ravenna.

La colonna fu riciclata e sosteneva originariamente una statua dedicata a Diocleziano: l'iscrizione precedente fu cancellata per dar spazio a quella presente.

Durante gli scavi del 1813 venne alla luce un'inscrizione sulla base della colonna:

(LA)

«Optimo clementiss[imo piissi]moque
principi domino n[ostro]
F[ocae imperat]ori
perpetuo a d[e]o coronato, [t]riumphatori
semper Augusto
Smaragdus ex praepos[ito] sacri palatii
ac patricius et exarchus Italiae
devotus eius clementiae
pro innumerabilibus pietatis eius beneficiis et pro quiete
procurata Ital[iae] ac conservata libertate
hanc sta(tuam maiesta)tis eius
auri splend(ore fulge)ntem huic
sublimi colu(m)na(e ad) perennem
ipsius gloriam imposuit ac dedicavit
die prima mensis Augusti, indict[ione] und[icesima]
p[ost] c[onsulatum] pietatis eius anno quinto»

(IT)

«All'ottimo principe signore nostro,
Foca imperatore,
di somma clemenza e somma pietà,
per l'eternità incoronato da Dio,
trionfatore sempre augusto,
Smaragdo, patrizio e esarca d'Italia,
per decisione del sacro palazzo,
devoto alla sua clemenza,
per gli innumerevoli benefici ottenuti dalla sua pietà, e per la pace
procurata all'Italia, e per la libertà mantenuta,
questa statua di sua maestà,
splendente di aureo fulgore,
pose su questa sublime colonna a perenne sua gloria,
e la dedicò il primo giorno di agosto,
nell'undicesima indizione,
nell'anno quinto dopo il consolato di sua pietà»

Esisteva una scalinata che venne rimossa per permettere di leggere l'iscrizione di L. Surdunus sulle lastre pavimentali, che ha permesso di datare l'ultima lastricazione al 12 a.C. circa.

La colonna rimane in situ, in una posizione isolata tra le rovine ma è un riferimento nel Foro, ed appare spesso in vedute ed incisioni. La base non era visibile quando Giuseppe Vasi e Giovanni Battista Piranesi fecero schizzi ed incisioni della colonna a metà del XVIII secolo.

Bibliografia

  • Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984
  • Cairoli F. Giuliani, Patrizia A. Verduchi, L'area centrale del foro romano, Olschki editore, Firenze 1987
  • Patrizio Pensabene, Provenienze e modalità di spogliazione e di reimpiego a Roma tra tardoantico e Medioevo, in O.Brandt, Ph. Pergola, Marmoribus Vestita, Miscellanea F. Guidobaldi, Città del Vaticano 2011, pp. 671–708

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