Statua equestre di Domiziano

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Statua equestre di Domiziano (Equus Domitiani)
Autoresconosciuto
Data91 d. C.
Materialebronzo
Altezza800 cm
UbicazioneForo Romano, Roma
Coordinate41°53′32.28″N 12°29′07.08″E / 41.8923°N 12.4853°E41.8923; 12.4853

La statua equestre di Domiziano (il latino Equus Domitiani) era un monumento onorario del Foro Romano, eretto nel 91 per commemorare le vittorie dell'imperatore contro i Germani degli anni 83-85 e collocato al centro della piazza dove oggi resta solo una cavità di forma rettangolare del basamento.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Della statua è possibile farsi un'idea precisa grazie alla descrizione di Stazio,[1] ed è anche raffigurato su di una moneta coeva (British Museum, Londra[2]). Il cavallo aveva una zampa sollevata e al di sotto di essa, sul basamento, vi era una raffigurazione del Reno e la scritta che recitava:

«[Progressus Victor usque]/ ad divortia Rheni pervasi hostiles depopulator agro[s] / dum tibi bella foris aeternaq(ue) sudo trophea hister / pacatis lenior ibit aquis»

In loco si vedono ancora tre blocchi di travertino, inseriti entro una massiccia opera cementizia, con fori dove erano fissati i perni metallici, che ancoravano i piedi della statua attraversando il basamento. L'altezza del monumento si presume sia stata di circa 8 metri (12 o 13 considerando anche il basamento). Quasi certamente venne abbattuta dopo l'uccisione dell'imperatore, nel 96. Non venne reintegrato il pavimento probabilmente perché vi venne collocato sopra un altro edificio, si suppone la Tribuna visibile al centro del Foro nei rilievi traianei conservati nella Curia, che provengono forse dalla Tribuna stessa. Anche questa installazione venne rimossa (i rilievi furono infatti posti su due appositi basamenti più a nord) per far spazio a qualcos'altro, forse la statua di Settimio Severo, o quella di Costantino.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stazio,Silvae, 1.1.
  2. ^ (EN) Collection Online. Moneta di Domiziano (equus maximus Domitiani), su The British Museum, In collezione del Museo dal 1978. URL consultato l'11 marzo 2018.; BMCRE II, p.406, n.476; Nash 1968, p. 389.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]