Euchambersia

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Euchambersia
Scansione CT del cranio dell'esemplare olotipo (destra) e di un secondo esemplare (sinistra)
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Synapsida
Ordine Therapsida
Sottordine † Therocephalia
Famiglia † Akidnognathidae
Genere Euchambersia
Broom, 1931
Nomenclatura binomiale
† Euchambersia mirabilis
Broom, 1931

Euchambersia è un genere estinto di terapside terocefalo vissuto nel Permiano superiore, circa 256-255 milioni di anni fa (Wuchiapingiano), in quello che oggi è il Sudafrica. Il genere contiene una singola specie, ossia E. mirabilis, descritta dal paleontologo Robert Broom nel 1931, sulla base di un cranio sprovvisto di mandibola; in seguito venne descritto un secondo cranio, appartenente ad un giovane individuo. L'animale fa parte della famiglia Akidnognathidae, che storicamente veniva definita Euchambersiidae (dal nome Euchambersia).

Euchambersia era un piccolo terocefalo dal muso corto e dotato di grandi canini, tipici del suo gruppo. Tuttavia, unicamente tra i terocefali, i canini di Euchambersia erano provvisti di creste, ed il cranio presentava una grande rientranza ai suoi lati. Sotto l'erronea ipotesi che i canini dell'animale fossero scanalati anziché crestati, è stato proposto che queste strutture supportassero un meccanismo di rilascio del veleno. Più recentemente, la struttura interna del cranio è stata utilizzata come prova più convincente a favore dell'ipotesi che l'animale fosse velenoso; altre possibilità, come l'ipotesi che supporta una sorta di organo sensoriale, rimangono comunque plausibili.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Ricostruzione della testa dell'Euchambersia

Euchambersia è relativamente piccolo per essere un terocefalo. Il cranio dell'esemplare tipo ha una lunghezza ricostruita di circa 116 millimetri, che tiene conto della schiacciatura e della deformazione nel fossile. Il secondo cranio noto appartiene a un individuo più piccolo, con una lunghezza di circa 80 millimetri; probabilmente il secondo esemplare era un individuo giovane, a giudicare dalla mancanza di fusione nel cranio.[1]

Secondo la descrizione iniziale, la cavità oculare di Euchambersia è piuttosto piccola. I rami del postorbitale e della jugale che di solito circondano la parte posteriore e quella inferiore dell'orbita sembrano essere molto ridotti o del tutto assenti. Allo stesso tempo, la parte superiore della cavità oculare è formata dal prefrontale, e il frontale è molto piccolo. Il cranio non reca un forame pineale. Come in Whaitsia, lo pterigoideo e il palatino del palato non sono separati dalla transpalatina, oltre il lato della mascella, da qualsiasi tipo di apertura.[2]

Denti[modifica | modifica wikitesto]

Denti preservati e ricostruiti del secondo esemplare (A-C) e dell'esemplare tipo (D-F)

Sebbene i crani siano conservati in modo incompleto, la scansione TC suggerisce che ogni premascella possedesse cinque incisivi, i cui alveoli divenivano progressivamente più grandi dal primo al quinto incisivo. Come altri teriodonti, le corone degli incisivi sono coniche; mancano anche di seghettature, a differenza di quelli dei gorgonopsi e dei terocephali scilacosauridi. Il bordo interno degli incisivi sembra essere leggermente concavo, e il bordo posteriore sembra possedere una cresta. L'esemplare più piccolo ha un incisivo spostato conservato all'interno della sua cavità nasale; è più ricurvo e mostra segni di usura sul bordo superiore, suggerendo che probabilmente rappresenta un incisivo inferiore. Il suo quarto incisivo possiede anche un dente di ricambio che cresce dietro di esso, accompagnato dal riassorbimento della radice.[1]

L'esemplare tipo conserva il canino destro.[1] Come altri terocefali, i canini di Euchambersia erano molto grandi, pertanto l'animale doveva avere uno stile di vita predatorio specializzato che comprendeva un potente morso con i suoi denti a sciabola per uccidere le sue prede.[3] I canini hanno una sezione trasversale rotonda,[4] e presentano una prominente sporgenza sul lato della sua superficie frontale. Immediatamente accanto a questa cresta è presente una depressione poco profonda che diventa più ampia vicino alla sommità del dente, che è probabilmente la stessa struttura del solco interpretato da alcuni autori.[1][5] I terocefali di solito sostituiscono i loro denti in un modello alternato[6] (o distichiale),[7][8] in modo che i canini dell'animale fossero sempre pronti e funzionali all'uso; entrambi i crani conosciuti di Euchambersia non mostrano alcun segno di sviluppo dei denti sostitutivi, suggerendo che Euchambersia dipendesse dall'avere entrambi i canini presenti e funzionanti contemporaneamente.[1]

Fossa mascellare e canali associati[modifica | modifica wikitesto]

Ricostruzione 3D dei canali mascellari da una scansione CT

Dietro gli incisivi e i canini, non vi erano denti aggiuntivi nella mascella. Dove di solito si troverebbero nei terocefali, che hanno denti dietro i canini, c'è invece una grande depressione, o fossa, sul lato della mascella, che è anche delimitata al di sotto da una parte del lacrimale e forse parte della jugale.[2] Questa fossa rappresenta il 48% della lunghezza della mascella dell'esemplare tipo e il 38% del secondo esemplare. In entrambi i crani, questa fossa è divisa in due parti: una cresta più superficiale in cima e una depressione più ampia e più profonda sul fondo. Un ampio solco che inizia dietro il canino entra in contatto con il fondo della fossa e poi passa all'interno della bocca. La parte inferiore della fossa presenta una piccola apertura, o forame, su entrambe le superfici anteriore e posteriore.[1]

La scansione TC mostra che queste aperture portano a canali che si collegano al nervo trigemino, che controlla la sensibilità del viso. Il canale diretto avanti si divide anche nei tre rami principali del nervo infraorbitale,[9] che si collegano tutti all'alveolo del canino; la giunzione si verifica circa 3-6 millimetri (0,12-0,24 in) lungo il canale, un altro punto di variazione tra i due crani. Il ramo superiore, il ramo nasale esterno, si divide in quattro rami nel cranio dell'esemplare tipo, ma non si divide nel secondo cranio. In altri terapsidi, come Thrinaxodon, Bauria e Olivierosuchus, il ramo nasale esterno generalmente si divide in tre o più rami. Tutti questi canali avrebbero portato nervi e tessuto ricco di sostanze nutritive alla radice dei canini e al resto della mascella superiore.[1][9]

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1934, Euchambersia venne assegnato alla nuova famiglia Euchambersiidae, da Lieuwe Dirk Boonstra.[10] Boonstra inizialmente scrisse il nome Euchambersidae (che scorretto in latino), e fu successivamente corretto da Friedrich von Huene, nel 1940. Euchambersiidae fu inizialmente considerata una famiglia separata dalle famiglie Moschorhinidae e Annatherapsididae; nel 1974, Christiane Mendez riconobbe questi gruppi come sottofamiglie strettamente imparentate (ribattezzate Annatherapsidinae, Moschorhininae e Euchambersiinae) nel gruppo più ampio dei suoi Moschorhinidae ridefiniti (anche se lei si riferiva ad essa come Annatherapsididae).[11]

Cranio di Euchambersia mirabilis

L'analisi filogenetica del 1986 di James Hopson e Herb Barghusen supportò l'ipotesi di Mendez su tre sottofamiglie all'interno dei Moschorhinidae, ma essi decisero di usare il nome Euchambersiidae. Nel 2009, Adam Huttenlocker e colleghi sostennero l'ipotesi che i nomi di Annatherapsididae, Moschorhinidae e Euchambersiidae fossero sinonimi junior di Akidnognathidae, poiché Akidnognathus (che appartiene anch'esso alla stessa famiglia) è stato nominato prima di ogni altro membro della famiglia.[11] Questo nome ha raggiunto un consenso più ampio tra i ricercatori.[11][12][13] Huttenlocker et al. in seguito ridefinirono Moschorhininae come tutti gli Akidnognathidae tranne Annatherapsidus e Akidnognathus.[14]

Nel 2008, Ivakhnenko ha incluso Akidnognathidae (come Euchambersiidae) come il gruppo gemello della famiglia Whaitsiidae nella superfamiglia Whaitsioidea.[10] Tuttavia, altri ricercatori non includono Akidnognathidae in Whaitsioidea. La filogenesi di Huttenlocker et al. indicò che Akidnognathidae era invece più vicino agli Chthonosauridae; questi due taxa formavano un sister group del gruppo contenente Whaitsioidea e Baurioidea. La topologia recuperata dall'analisi di Huttenlocker et al. (2016), è mostrato qui sotto:[14]


Therocephalia

Procynosuchus

Lycosuchus

Scylacosauria

Scylacosauridae

Eutherocephalia

Scylacosuchus

Whaitsioidea

Ophidostoma

Hofmeyria

Ictidostoma

Mirotenthes

Whaitsiidae

Baurioidea

Chthonosauridae

Akidnognathidae

Annatherapsidus

USNM PAL 412421

Akidnognathus

Moschorhininae

Promoschorhynchus

Olivierosuchus

Euchambersia

Cerdosuchoides

Moschorhinus

Scoperta e denominazione[modifica | modifica wikitesto]

L'esemplare tipo di Euchambersia fu ritrovato da Robert Broom nella fattoria sudafricana di Vanwyksfontein, di proprietà di Mr. Greathead, vicino alla città di Norvalspont.[2] L'olotipo consiste in un unico cranio distorto, catalogato come NHMUK R5696, descritto da Broom stesso, nel 1931. Un secondo cranio più piccolo, catalogato come BP/1/4009, è stato ritrovato nel 1966[1] e descritto di James Kitching nel 1977.[4] Entrambi gli esemplari mancano di mandibola. Entrambi provengono dallo stesso strato generale di roccia, nella zona superiore della Cistecephalus Assemblage Zone del Beaufort Group all'interno del supergruppo del Karoo.[4] La Cistecephalus AZ è stata datata allo stadio Wuchiapingiano del Permiano superiore,[15] circa 256.2-255.2 milioni di anni fa.[16]

Broom denominò il suo nuovo genere Euchambersia, che considerava "il più notevole terocefalo mai scoperto". Il nome Euchambersia è un omaggio all'eminente editore scozzese e pensatore evoluzionista Robert Chambers, le cui Vestiges of the Natural History of Creation erano considerate da Broom "un lavoro davvero notevole" anche se "schernito da molti".[2]

Paleobiologia[modifica | modifica wikitesto]

Veleno[modifica | modifica wikitesto]

Le grandi fosse mascellari di Euchambersia sono state continuamente oggetto di dibattito riguardo alla loro funzione. Tuttavia, la maggior parte dei ricercatori concorda sul fatto che esse contenessero una sorta di ghiandola secretiva. Mentre Broom inizialmente sosteneva che le fosse potessero contenere le ghiandole salivari parotidee,[2] questa ipotesi venne respinta da Boonstra e JP Lehman, che notò che le ghiandole parotidee tendono ad essere poste dietro l'occhio; rispettivamente suggerirono che la fossa contenesse le ghiandole lacrimali e/o ghiandole harderiane modificate.[1] Tuttavia, quest'ultima ipotesi è alquanto improbabile poiché le ghiandole harderiane sono di solito collocate all'interno dell'orbita dell'occhio. Franz Nopcsa suggerì che le fosse mascellari ospitassero ghiandole velenifere (possibilmente derivate da ghiandole lacrimali), che con l'aiuto della scanalature e delle tacche posteriori presenti nei canini, avrebbero fatto fluire il veleno passivamente nella circolazione sanguigna della vittima.[17] Questa ipotesi fu ampiamente accettata per tutto il XX secolo[12][18][19][20] e la caratteristica morfologia di Euchambersia fu usata per supportare possibili adattamenti al veleno tra vari altri animali preistorici,[5][10][21][22] compreso il terocefalo Ichibengops.[23]

Sezione trasversale del canino di Euchambersia, come originariamente illustrato da Broom (in alto a sinistra), con la conseguente radice ricostruita (in alto al centro) e la nuova ricostruzione basata sulla scansione CT (in alto a destra), a confronto con i canini di altri mammiferi (in basso)

Gran parte di questa convinzione si basa sull'assunto erroneo che i canini fossero scanalati invece che crestati;[4] i canini scanalati in Euchambersia sarebbero convergenti con le zanne di vari serpenti velenosi così come gli incisivi velenosi dei moderni solenodonti.[20] Questa interpretazione, apparsa costantemente in letteratura pubblicata dopo il 1986, è stata determinata da Julien Benoit come il risultato della propagazione del diagramma eccessivamente ricostruito del cranio di Broom, senza il contesto degli esemplari reali. Questa linea di prove è stata sollevata per sostenere la necessità di una rivalutazione dell'ipotesi di un morso velenoso in Euchambersia.[4] Inoltre, Benoit sostenne che i canini scanalati non sono necessariamente associabili ad animali velenosi, come dimostrato dalla loro presenza in ippopotami, muntjac e babbuini, nei quali il loro scopo è quello di pulire e affilare i denti;[4][20][24] in muntjac e babbuini i canini rigati sono anche accompagnati da una distinta fossa davanti all'occhio, che è completamente scollegata dal veleno.[20][25] Inoltre, i denti scanalati e increspati nei serpenti non velenosi vengono utilizzati per ridurre la resistenza di trazione quando catturano prede scivolose come pesci e invertebrati.[26]

Ipotetica ricostruzione dell ghiandole velenifere che riempivano la fossa mascellare (blu), con canali mascellari (verde), nel secondo esemplare (A-B) e nell'esemplare tipo (C-D)

La scansione TC degli esemplari conosciuti di Euchambersia di Benoit e colleghi è stata successivamente utilizzata per fornire un sostegno più concreto a favore dell'ipotesi delle ghiandole velenifere. I canali che conducono dentro e fuori dalle fosse mascellari, come rivelato dalle scansioni, avrebbero principalmente supportato il nervo trigemino e anche i vasi sanguigni.[27][28][29] Tuttavia, il fatto che i canali portino direttamente alla radice dei canini suggerirebbe che essi avessero un ruolo secondario nella consegna del veleno. In fondo sembra che Euchambersia abbia effettivamente avuto una ghiandola velenifera (ospitata nelle fosse mascellari), un meccanismo di rilascio del veleno (i canali mascellari) e uno strumento mediante il quale potesse ferire la sua preda e iniettare passivamente il veleno nella ferita (i canini increspati), che soddisfano i criteri di un animale velenoso come definito da Wolfgang Bücherl.[30] Benoit et al. ha osservato che ciò non dimostra in modo conclusivo che Euchambersia fosse velenoso, soprattutto in considerazione delle obiezioni precedentemente espresse. Inoltre, non vi sono animali viventi con un sistema di rilascio del veleno analogo al sistema proposto per Euchambersia (la maggior parte trasmette il veleno attraverso la mandibola,[31][32] mentre i serpenti hanno condotti specializzati.[1][33]

Un'ipotesi alternativa suggerita da Benoit et al. coinvolge una sorta di organo sensoriale che occuperebbe la fossa mascellare. Unicamente tra i terapsidi,[9] il canale all'interno della mascella è esposto sul lato posteriore della fossa mascellare, il che implica che il canale, che porta al nervo trigemino, si sarebbe probabilmente esteso attraverso la fossa, al di fuori del contorno del cranio. Benoit et al. ha ipotizzato che la fossa potesse supportare un organo sensoriale specializzato analogo all'organo dei crotalini e ad alcuni altri serpenti,[34] o in alternativa un ganglio di cellule nervose. È anche possibile che questo organo funzionasse come un sostituto per l'occhio parietale per Euchambersia, come fa l'organo di fossa nei crotalini.[35] Tuttavia, un organo sensoriale così espanso sarebbe senza precedenti tra i tetrapodi, e anche gli altri pochi terocefali che mancano di un occhio parietale non hanno nemmeno una fossa mascellare.[36] Pertanto, Benoit et al. considerano l'ipotesi del veleno la più plausibile.[1]

Paleoecologia[modifica | modifica wikitesto]

Ricostruzione di un esemplare di Euchambersia che ha appena abbattuto un dicinodonte

La Cistecephalus Assemblage Zone, in cui sono stati ritrovati entrambi gli esemplari di Euchambersia, rappresenta una pianura alluvionale coperta da numerosi piccoli ruscelli relativamente dritti. Il livello dell'acqua in questi corsi era probabilmente dipendente dalla stagione.[15] A giudicare dal polline conservato nella Cistecephalus AZ, il taxon pollinico Pityosporites (che probabilmente proveniva da una pianta simile a Glossopteris) era molto comune, formando dall'80% al 90% del polline scoperto (sebbene i sedimenti prevalenti non sono adatti alla conservazione dei pollini).[37]

Nella Cistecephalus AZ, altri terocefali presenti includevano Hofmeyria, Homodontosaurus, Ictidostoma, Ictidosuchoides, Ictidosuchops, Macroscelesaurus, Polycynodon e Proalopecopsis. Più numerosi, tuttavia, erano i gorgonopsi, che includevano Aelurognathus, Aelurosaurus, Aloposaurus, Arctognathus, Arctops, Cerdorhinus, Clelandina, Cyonosaurus, Dinogorgon, Gorgonops, Lycaenops, Leontocephalus, Pardocephalus, Prorubidgea, Rubidgea, Scylacops, Scymnognathus e Sycosaurus.[15]

Di gran lunga il più abbondante erbivoro della zona era il dicinodonte Diictodon, con oltre 1900 esemplari conosciuti provenienti dalla Cistecephalus AZ. Altri dicinodonti della zona, includevano Aulacephalodon, Cistecephalus, Dicynodon, Dicynodontoides, Digalodon, Dinanomodon, Emydops, Endothiodon, Kingoria, Kitchinganomodon, Oudenodon, Palemydops, Pelanomodon, Pristerodon e Rhachiocephalus. Tra i biarmosuchi erano presenti anche Lemurosaurus, Lycaenodon, Paraburnetia e Rubidgina, insieme ai cinodonti Cynosaurus e Procynosuchus. I non-sinapsidi includevano l'arcosauromorfo Youngina; i pararettili Anthodon, Milleretta, Nanoparia, Owenetta e Pareiasaurus; e il temnospondilo Rhinesuchus.[15]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Euchambersia compare per la prima volta nel documentario della BBC L'impero dei mostri - La vita prima dei dinosauri, dove un branco di questi animali preda una mandria di Lystrosaurus in un canyon. All'interno del documentario l'animale viene descritto come altamente velenoso, utilizzando una tecnica di caccia simile a quella dei draghi di Komodo.

All'interno della serie britannica Primeval, in un episodio vengono mostrati dei thereocephali. Siccome gli animali presenti nell'episodio presentano un morso velenoso, è molto probabile che si tratti proprio di Euchambersia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

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  2. ^ a b c d e R. Broom, Notices of some new genera and species of Karroo fossil reptiles, in Records of the Albany Museum, vol. 4, n. 1, 1931, pp. 161-166.
  3. ^ K. Andersson, D. Norman e L. Werdelin, Sabretoothed Carnivores and the Killing of Large Prey, in PLoS ONE, vol. 6, n. 10, 2011, pp. e24971, Bibcode:2011PLoSO...624971A, DOI:10.1371/journal.pone.0024971.
  4. ^ a b c d e f J. Benoit, A review of the "venomous therocephalian" hypothesis and how multiple re-portrayals of Euchambersia have influenced its success and vice versa (PDF), in Bulletin de la Société Géologique de France, vol. 187, n. 4, 2016, pp. 217-224, DOI:10.2113/gssgfbull.187.4-5.217.
  5. ^ a b H.-D. Sues, Venom-conducting teeth in a Triassic reptile, in Nature, vol. 351, n. 6322, 1991, pp. 141-143, Bibcode:1991Natur.351..141S, DOI:10.1038/351141a0.
  6. ^ D.W. Kermack e K.A. Kermack, Dentitions, Tooth-Replacement and Jaw Articulation, in The Evolution of Mammalian Characters, Springer US, 1984, pp. 66-68, DOI:10.1007/978-1-4684-7817-4, ISBN 978-1-4684-7819-8.
  7. ^ K.A. Kermack, Tooth Replacement in Mammal-Like Reptiles of the Suborders Gorgonopsia and Therocephalia, in Philosophical Transactions of the Royal Society B, vol. 240, n. 670, 1956, p. 95, Bibcode:1956RSPTB.240...95K, DOI:10.1098/rstb.1956.0013.
  8. ^ J.A. Hopson, Tooth replacement in cynodont, dicynodont, and therocephalian reptiles, in Journal of Zoology, vol. 142, n. 4, 1964, pp. 625-654, DOI:10.1111/j.1469-7998.1964.tb04632.x.
  9. ^ a b c J. Benoit, P.R. Manger e B.R. Rubidge, Palaeoneurological clues to the evolution of defining mammalian soft tissue traits, in Scientific Reports, vol. 6, 2016, p. 25604, Bibcode:2016NatSR...625604B, DOI:10.1038/srep25604, PMC 4860582, PMID 27157809.
  10. ^ a b c M.F. Ivakhnenko, The First Whaitsiid (Therocephalia, Theromorpha), in Paleontological Journal, vol. 42, n. 4, 2008, pp. 409-413, DOI:10.1134/S0031030108040102.
  11. ^ a b c A. Huttenlocker, An investigation into the cladistic relationships and monophyly of therocephalian therapsids (Amniota: Synapsida), in Zoological Journal of the Linnean Society, vol. 157, n. 4, 2009, pp. 865-891, DOI:10.1111/j.1096-3642.2009.00538.x.
  12. ^ a b B.S. Rubidge e C.A. Sidor, Evolutionary Patterns Among Permo-Triassic Therapsids, in Annual Review of Ecology and Systematics, vol. 32, 2001, pp. 449-480, DOI:10.1146/annurev.ecolsys.32.081501.114113.
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