Orfenadrina: differenze tra le versioni

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*P. Jenner, C.D. Marsden, in Neuroleptics: neurochemical behavioural and clinical perspective, J.T. Coyle, S.J. Enna, eds., Raven Press, N.Y., pag. 223, 1983;
*P. Jenner, C.D. Marsden, in Neuroleptics: neurochemical behavioural and clinical perspective, J.T. Coyle, S.J. Enna, eds., Raven Press, N.Y., pag. 223, 1983;
*S. Loga et al., Br. J. Clin. Pharmacol. 2, 197, 1975.
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== Note ==
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Versione delle 19:19, 14 dic 2013

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Orfenadrina
Nome IUPAC
N,N-dimetil-2-[(2-metilfenil)- fenil-metossi]-etanammina
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC18H23NO
Massa molecolare (u)269,381
Numero CAS83-98-7
Numero EINECS201-509-2
Codice ATCM03BC01
PubChem4601
DrugBankDBDB01173
SMILES
O(CCN(C)C)C(c1ccccc1)c2ccccc2C
Dati farmacologici
Modalità di
somministrazione
Orale, EV, IM
Dati farmacocinetici
Biodisponibilità90%
MetabolismoEpatico, per demetilazione
Emivita13-20 ore[1]
EscrezioneRenale e biliare
Indicazioni di sicurezza

L'orfenadrina è un antagonista dei recettori colinergici sia centrali che periferici.

Uso clinico

L'orfenadrina cloridrato trova impiego nel trattamento sintomatico del morbo di Parkinson idiopatico e del parkinsonismo post-encefalitico. È anche indicata per alleviare la sindrome extrapiramidale (distonia acuta e crisi oculogire) indotta da farmaci (metoclopramide e proclorperazina), mentre non risulta efficace nel trattamento delle discinesie tardive. La somministrazione di orfenadrina può risultare efficace nel trattamento di vertigini post-traumatiche e di altri disturbi di origine centrale e/o periferica.

L'orfenadrina può essere impiegata nel trattamento del parkinsonismo indotto da farmaci, ma non dovrebbe essere usata nella prevenzione degli effetti extrapiramidali. Infatti, quando un farmaco anticolinergico viene somministrato fin dall'inizio di un trattamento con neurolettici, il rischio per il paziente di sviluppare discinesie tardive è maggiore di quando il neurolettico viene somministrato da solo. Inoltre neurolettici e orfenadrina, essendo induttori degli enzimi microsomiali epatici, potrebbero aumentare reciprocamente il loro metabolismo. Nel trattamento del parkinsonismo l'orfenadrina e la levodopa possono essere somministrate contemporaneamente, poiché presentano un effetto sinergico.

Nel corso di studi sul cervello di ratto è stato dimostrato che il farmaco riduce i livelli di acetilcolina, incrementa le concentrazioni di serotonina e noradrenalina e, come risulta da sperimentazioni effettuate su sinaptosomi striatali, inibisce l'assorbimento di dopamina. L'orfenadrina è inoltre dotata di deboli proprietà antistaminiche e anestetiche locali. L'azione spasmolitica del farmaco risulta 2-4 volte superiore a quella della difenidramina, mentre la sua attività antistaminica è molto più debole.

Indicazioni e posologia

Nel trattamento del morbo di Parkinson l'orfenadrina cloridrato viene somministrata per via orale in dosi iniziali di 150 mg al giorno da aumentare di 50 mg ogni 2-3 giorni fino al raggiungimento della risposta terapeutica ottimale; alcuni pazienti possono richiedere fino a 400 mg al giorno.

Non interrompere bruscamente il trattamento per evitare effetti rebound. Per controllare le crisi acute di parkinsonismo e la sindrome extrapiramidale da neurolettici, l'orfenadrina cloridrato può essere somministrata per via parenterale alla dose di 20-40 mg (l'effetto di una dose singola si protrae per 2-4 ore).

Dosi efficaci per il trattamento delle vertigini post-traumatiche sono 50 mg due volte al giorno.

Controindicazioni ed avvertenze

L'orfenadrina è controindicata in caso di glaucoma ad angolo stretto (poiché può causare aumento della pressione intraoculare), ipertrofia prostatica, ritenzione urinaria, stenosi pilorica, ostruzione intestinale, miastenia grave.

Il farmaco deve essere somministrato con cautela nei pazienti che svolgono attività che richiedono concentrazione e prontezza di riflessi (come la guida di autoveicoli), poiché può indurre sonnolenza.

Effetti collaterali e indesiderati

L'orfenadrina è generalmente ben tollerata, sebbene durante il trattamento si possano presentare effetti collaterali sintomatici quasi sempre reversibili per riduzione dei dosaggi: xerostomia, ritenzione urinaria, visione offuscata, midriasi, sedazione, stordimento, vertigini, cefalea, astenia, aumento della pressione intraoculare, cardiopalmo, tachicardia, disturbi gastrointestinali, stipsi, irrequietezza, agitazione, insonnia, confusione mentale (soprattutto negli anziani), allucinazioni.

Occasionalmente sono riportati reazioni di ipersensibilità: prurito, rash cutanei, dermatosi e, dopo iniezione intramuscolare, reazioni anafilattiche.

L'orfenadrina può peggiorare i movimenti involontari causati dalla levodopa e può esacerbare movimenti anormali nei pazienti trattati con neurolettici.

Interazioni

La somministrazione concomitante di orfenadrina e destropropossifene può dar luogo a confusione mentale, ansietà e tremore. L'alcool aumenta il metabolismo epatico della orfenadrina riducendone i livelli plasmatici e gli effetti terapeutici.

Sovradosaggio e potenziale d'abuso

Nell'uomo la dose letale è superiore a 2 g. Concentrazioni ematiche superiori a 0,5 µg/ml possono causare reazioni tossiche, mentre concentrazioni superiori a 5 µg/ml possono risultare letali.

Il quadro clinico del sovradosaggio da orfenadrina è molto simile a quello dell'avvelenamento da atropina. Si possono osservare xerostomia, midriasi, febbre, tachicardia e allucinazioni. Dosi molto elevate possono dar luogo a coma e depressione respiratoria che può risultare letale.

Se l'intossicato è ventilato artificialmente e perciò sfugge alla depressione respiratoria, possono evidenziarsi gli effetti cardiotossici: bradicardia, blocco della conduzione atrioventricolare, collasso cardiovascolare. Circa 12-18 ore dopo l'ingestione si possono sviluppare aritmie, secondarie all'ipossia del miocardio.

Il trattamento del sovradosaggio prevede induzione del vomito, lavanda gastrica e l'applicazione di misure di supporto. Le convulsioni possono essere trattate con diazepam e lo shock cardiogeno con dopamina. La somministrazione di fisostigmina può contrastare gli effetti centrali e periferici dell'orfenadrina, ma non influenza gli effetti più gravi del sovradosaggio, cioè la depressione respiratoria e gli effetti cardiovascolari; nel complesso l'uso della fisostigmina non è molto vantaggioso.

Proprietà chimiche e farmacologiche

L'orfenadrina è soggetta a reazioni di N-demetilazione, idrossilazione aromatica e degradazione della catena laterale, con formazione di almeno 8 metaboliti, tra i quali la N-demetilorfenadrina, che risulta farmacologicamente attiva. In 72 ore, circa il 60% di orfenadrina viene escreto nelle urine (l'8% come molecola immodificata) e circa il 16% nelle feci.

L'orfenadrina si lega per circa il 95% alle proteine plasmatiche. Essa penetra nel sistema nervoso centrale e si distribuisce in elevate concentrazioni nei polmoni, nel timo, nei linfonodi e nel tessuto ghiandolare. Nel fegato e nel midollo spinale sono state riscontrate concentrazioni più basse.

L'orfenadrina viene ben assorbita dal tratto gastrointestinale, ma circa il 30% di una dose orale è soggetto a metabolismo presistemico. L'emivita plasmatica è di 13,7 ore dopo somministrazione orale e di 16,1 ore dopo somministrazione intramuscolare. Nel corso di un trattamento cronico i livelli plasmatici del farmaco e la sua emivita di eliminazione risultano 2-3 volte superiori a quelli ottenuti dopo somministrazione di una singola dose. Ciò potrebbe essere dovuto alla competizione metabolica che si instaura tra orfenadrina e N-demetilorfenadrina (metabolita)

Bibliografia

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  • S. Loga et al., Br. J. Clin. Pharmacol. 2, 197, 1975.

Note

  1. ^ Difference between single and multiple dose pharmacokinetics of orphenadrine hydrochloride in man, in European journal of clinical pharmacology, vol. 21, n. 4, 1982, pp. 343–50, DOI:10.1007/BF00637624.
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