Wikipedia:Oracolo/Archivio/novembre 2019

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novembre 2018 novembre 2020

Diancini

Nel romanzo La pietra del vecchio pescatore (en:The Hounds of the Morrigan), parte 1, capitolo 14, il pescatore del titolo dice di essere "anche più vecchio di quel diancini d'un serpente". Ma cosa vuol dire "diancini"? Il libro usa molti termini insoliti o desueti, ma di solito comprensibili... tranne questo. Potrebbe anche essere un erore di stumpa? Il testo originale in inglese certamente aiuterebbe, ma non riesco a trovarlo. --87.8.123.89 (msg) 08:30, 2 nov 2019 (CET)

È probabilmente riconducibile a "diancine", che ha lo stesso significato di "diamine". --Emme17 (msg) 12:57, 2 nov 2019 (CET)
Wow, grazie! Se ne impara sempre una nuova! :) --87.8.123.89 (msg) 20:04, 2 nov 2019 (CET)

Buongiorno, stavo cercando di comprendere la dimostrazione da me linkata ma non ci riesco: mi perdo subito dopo la frase "Dal teorema binomiale": sono andato a vedere quella pagina che è interessante ma comunque anche leggendola mi perdo (anche a causa della dispersività: arrivando alla pagina Teorema binomiale sono dovuto andare a Coefficiente binomiale), non ci arrivo: come si dimostra che : ? Purtroppo trovo che Wikipedia sia difficile da comprendere dal punto di vista matematico. Ad esempio la dimostrazione che radq(2) è irrazionale l'ho dovuta trovare altrove (poi da li ho autonomamente dedotto e dimostrato che qualunque radice ennesima di un numero primo è irrazionale se n appartiene ad N ed è >= 2).

--Alessandro (msg) 10:10, 2 nov 2019 (CET)

[@ Alessandro1991] Il thm binomiale dice che
Tu hai
che ha la stessa forma del termine a sinistra nel thm binomiale se
A questo punto, per il thm binomiale,
Ora tiriamo fuori dalla somma i primi due termini (k=0 e k=1)
Se applichi la definizione del coefficiente binomiale, vedi subito che "n su 0" fa sempre 1 e "n su 1" fa sempre n; poi è evidente che 1 elevato a qualcosa fa sempre 1 ed n elevato alla 0 fa 1. Sapendo questo semplifichiamo i termini che abbiamo tirato fuori
Vediamo subito che quei due termini fanno entrambi 1, quindi riassumendo
Ora concentriamoci sulla sommatoria, scrivendo in modo esplicito il coefficiente binomiale
Il rapporto fra i fattoriali di n ed (n-k) è proprio il nominatorenumeratore della formula che hai scritto tu, quindi
Purtroppo è vero che Wikipedia non è sempre chiara nelle voci matematiche: questo è dovuto al fatto che è un enciclopedia, non un libro di testo, quindi non si possono ridurre tutti i concetti ai minimi termini: per farlo servirebbe una trattazione lunga, progressiva e organica (cosa difficile in un ipertesto). L'obiettivo di Wikipedia è scrivere una voce completa e corretta, non fare didattica: e se per capire una dimostrazione serve conoscere i concetti di limsup, convergenza di una serie ecc. non possiamo rendere la procedura meno rigorosa per renderla "comprensibile al popolo". Se però hai suggerimenti per chiarire le voci senza ridurne il rigore matematico, questi sono benvenuti!--Equoreo (msg) 13:03, 2 nov 2019 (CET)
Innanzitutto la ringrazio per la spiegazione. Sebbene con qualche difficoltà sono riuscito a comprenderla quasi tutta (mi sono perso a "Il rapporto fra i fattoriali di n ed (n-k) è proprio il nominatore della formula che hai scritto tu" non sapendo cosa sia il nominatore (perdoni la mia ignoranza)). Ma appunto, un testo come quello da lei appena esposto perché non potrebbe essere inserito al posto dell'attuale nella sezione della dimostrazione? L'ideale poi sarebbe che ad esempio fare in modo che quando ci si basa su una dimostrazione, la suddetta sia linkata nella formula (ovvero la formula dovrebbe essere blu e contenere il link a Teorema binomiale#Prima_dimostrazione_(induttiva) (che mannaggia a me, non mi torna nemmeno quella) Sarebbe possibile? -Alessandro (msg) 15:01, 2 nov 2019 (CET)
[@ Alessandro1991] Lieto di essere stato utile (e qui ci diamo tutti del tu) :-)
Non sai cos'è il nominatore perchè non esiste: intendevo il "numeratore" (le assonanze fanno brutti scherzi). Cioè:
Nulla vieta di riportare tutto il mio papiro in voce: il problema è solo che è lungo e non aggiunge granché al succo del discorso. Concordo che alla voce manchi qualche passaggio poco ovvio (es. per chiarire il rapporto fra tn e il thm binomiale), ma il resto sono passaggi algebrici (senza offesa) abbastanza elementari, che io ho scritto solo per non rischiare di perderti per strada (ma sono sicuro che molti passaggi sarebbero stati comunque evidenti). Capisci che non ha senso sviluppare il rapporto fra fattoriali (come ho fatto io 3 righe sopra) ogni volta che vogliamo semplificarlo: chiunque ha un minimo di familiarità col fattoriale sa subito che
Se non lo sa dovrebbe tornare indietro alla voce Fattoriale e pian piano andare avanti.
Per quanto riguarda l'usare le formule come link: che io sappia non si possono inserire link all'interno dei tag <math>; invece si possono usare intere formule come link, ma non diventano blu (quindi nessuno saprebbe che ci sono).
Ora guardo la dimostrazione del thm binomiale e provo a chiarirtela.--Equoreo (msg) 16:47, 2 nov 2019 (CET)
Ok, per capire quella dimostrazione serve sapere come funziona il principio d'induzione e fare attenzione ai cambi di variabile nascosti.
Brutalmente, l'induzione dice che se una formula vale per n=1, puoi provare a dimostrare che valga per un generico n+1 usando come ipotesi che valga per n; se ci riesci, la formula è vera per ogni n
L'ipotesi che la formula valga per n è utilizzata nella terza formula della sezione, quando sostituiamo (a+b)^n con la sommatoria. La quarta formula, è una semplice applicazione della proprietà distributiva: il primo termine è la sommatoria moltiplicata per a, il secondo per b.
Ora, nel quinto blocco di formule, cominci a giocare con le variabili del primo termine: prima tiri fuori il termine k=0, poi fai un cambio di variabile sostituendo tutti i k con k-1 (e occhio che devi cambiare anche il limite superiore della sommatoria da n a n-1). Il sesto blocco riguarda il secondo termine: ti limiti a tirare fuori dalla sommatoria il termine k=n
Ora (settimo blocco) riassumi: (a+b)^(n+1) è la somma dei due termini che hai appena finito di pasticciare. Le due sommatorie sono identiche per limiti inferiore e superiore e hanno lo stesso addendo, a meno del coefficiente (che in questo caso è il coefficiente binomiale): allora puoi raccoglierle ottenendo
A questo punto applichi la proprietà
Ora fai un'altro cambio di variabile: k+1 = k, ottenendo l'ultima formula del settimo blocco
Usiamo un paio di trucchi: tutti gli "n su n" e gli "n su 0" sono uguali a 1, quindi se li sostituiamo con "n+1 su n+1" e "n+1 su 0" le cose non cambiano di una virgola. Così ottieni la penultima espressione della dimostrazione. Ora noti che i due termini fuori dalla sommatoria sono proprio il termine k=0 (quello con a) e il termine k=n+1 della sommatoria: quindi li riunisci (cambiando gli indici della sommatoria) e ottieni la formula finale.
Fine: hai dimostrato che quella formula è vera per n+1, usando come ipotesi la formula per n. Quindi per il principio di induzione CVD. Tutto chiaro?
Alla voce c'è da correggere solo la parte riguardante la "nota proprietà", che è un po' criptica, ma per il resto non saprei come renderla più esplicita.--Equoreo (msg) 17:26, 2 nov 2019 (CET)

Origini degli italiani del Nord

Salve, c'è una domanda che da sempre mi pongo: gli italiani del Nord discendono dai galli romanizzati, come sostenuto da alcuni o dai coloni romani e latini come sembrerebbe confermare Polibio?Pietro Bosi (msg) 16:52, 2 nov 2019 (CET)

[@ Pietro Bosi] Come la maggior parte (se non tutte) delle altre popolazioni odierne, suppongo siano una mescolanza indefinita, dove in media una percentuale più o meno alta può discendere dall'una e dall'altra parte. Teniamo conto che tra l'altro gli storici e storiografici non sono onniscienti, per cui è difficile sapere esattamente quale popolazione antica sia più rappresentata nei geni delle popolazioni attuali. Ci vorrebbe appunto un esperto di genetica che avesse svolto degli studi in proposito, ma anche in qualche caso si potrebbe ragionare solo "statisticamente", ovvero considerando un campione della popolazione più o meno rappresentativo. Non penso dunque si possa fornire una risposta semplice e certa alla tua domanda. --Daniele Pugliesi (msg) 18:49, 2 nov 2019 (CET)

Ho capito, grazie mille.Pietro Bosi (msg) 22:10, 2 nov 2019 (CET)

euro e vecchie valute

se una nazione del gruppo dell'euro, tipo la Francia, volesse emettere banconote e monete con il vecchio nome e con caratteristiche decise dal proprio governo, agganciate all'euro, potrebbe farlo? Per esempio, la "Francia" potrebbe far circolare daccapo solo sul proprio territorio e per motivi di politica interna delle monete e delle banconote chiamate "franchi francesi" dal valore pari all'euro?--2.226.12.134 (msg) 18:25, 2 nov 2019 (CET)

Direi proprio di no, fintantoché la Francia o chi per lei fa parte dell'Unione economica e monetaria dell'Unione europea. --Franz van Lanzee (msg) 19:55, 2 nov 2019 (CET)

Tesi di Laurea: Caimano tassidermizzato con il ventre dipinto

Buongiorno, avrei bisogno di un aiuto per quanto riguarda il reperto di un caimano tassidermizzato con la particolarità di avere la pelle della regione ventrale dipinta con motivi lineari e circolari rossi e neri. Il reperto in questione appartiene al Museo “G. Zannato” di Montecchio Maggiore ed è molto probabilmente un Caiman latirostris. E’ stato donato al museo nel 1923 ed arriva dall’argentina, fiume Paranà. (Frisone, Reggiani, Ferretto (2017) - Restauro e valorizzazione del “coccodrillo” tassidermizzato della collezione storica “Giuseppe Zannato”. Studi e ricerche – Associazione amici del Museo Zannato – Museo civico “G. Zannato”, Montecchio Maggiore, n° 24, p. 54-58.) I motivi lineari neri seguono le linee di sutura eseguite per montare la pelle dell’esemplare sul supporto, le forme circolari sono dei pallini neri centimetrici disposte in file circa regolari e tra loro parallele che percorrono tutta l’interezza dell’esemplare dalla coda al capo mentre quelli rossi sono più piccoli ed irregolari. Vorrei capire se qualcuno sapesse indicarmi un possibile autore o almeno un libro nel quale cercare, oppure se fosse a conoscenza di qualche rituale che possa spiegarne la presenza o se riuscisse ad indicarmi un significato attribuibile sulla base della cultura o di qualche credenza dell’epoca. La mia ipotesi è che l’autore avesse un qualche legame con la cultura argentina o le popolazioni indigene della zone ma sto vagliando anche altre ipotesi. Grazie di cuore.


--109.234.138.180 (msg) 13:20, 31 ott 2019 (CET)

Hai provato a chiedere al museo? --Postcrosser (msg) 13:33, 31 ott 2019 (CET)

Si, è uno studio che stiamo svolgendo assieme, proprio perchè non si hanno notizie stiamo cercando informazioni tramite diversi canali.

Se ho capito bene, si tratta di una tesi di laurea dove ti puoi sbizzarrire a formulare ipotesi e poi cercare di validarle, seguendo il rigore logico del Metodo scientifico (altrimenti, se fai solo ipotesi senza cercare di validarle, sono inutili o quasi).
Anzitutto ti serve avere più informazioni certe possibili sul reperto, dove per "certe" vuol dire dati di fatto sicuri al 100%, avvalorati da prove tangibili, come ad esempio la data e l'ora esatta in cui il reperto è stato inviato ed è arrivato al museo, testimoniato nei documenti di spedizione.
Tutto quello che non è certo al 100%, potrebbe essere vero ma anche falso (la storia ci insegna che di falsi reperti archeologici se ne contato a bizzeffe).
Puoi quindi passare alla formulazione delle ipotesi riguardo a ciò che non è certo.
Per la formulazione delle ipotesi, potresti procedere con un brainstorming durante il quale raccogli tutti i possibili spunti, scartando solo quelli che si scontrano con i dati certi al 100%.
Ad esempio potrebbero venire fuori delle ipotesi di questo tipo:
  • Il dipinto è stato fatto da antiche tribù del luogo per scopi rituali
  • Il manufatto è un falso, creato negli anni '20
  • Il dipinto è stato fatto al solo scopo decorativo
  • Il manufatto era utilizzato come indumento
  • Il manufatto era utilizzato come addobbo all'interno di un'abitazione, appeso al muro
  • Il manufatto era utilizzato come addobbo all'interno di un'abitazione, steso a terra
  • Ipotesi sul tipo di materiali utilizzati per il dipinto (colori ad acqua, colori ad olio, pigmenti naturali, sangue, fango, ecc.)
  • ecc.
Non importa che tu sia sicuro che una ipotesi sia vera o falsa, perché si tratta comunque di un'indagine, quindi a meno che un'ipotesi non è al 100% falsa (ad esempio l'ipotesi che si tratti di un manufatto degli anni '90), il processo di verifica di ciascuna ipotesi potrebbe farti scoprire cose interessanti.
Tale processo di verifica delle ipotesi, dipende poi dal tipo di facoltà e corso di laurea che frequenti, dalle tue competenze e da possibili collaborazioni con altri dipartimenti. Infatti per verificare le ipotesi potresti usare diversi strumenti, per ognuno dei quali devi sapere come usarlo. Questi strumenti possono essere:
  • Libri di storia o altre fonti scritte storiche, da cui potere ricostruire il particolare contesto storico, geografico e culturale in cui si colloca l'oggetto
  • Analisi chimiche, più meno accurate e costose: per stabilire i materiali che compongono il manufatto
  • Testi di biologia animale: per stabilire esattamente la specie, sottospecie, ecc. di caimano, il suo nome scientifico, se presenta delle caratteristiche che non rientrano nella descrizione e perché
  • Analisi del carbonio-14 per stabilire quanto è antico il reperto, sia sulla pelle del caimano sia sui dipinti
  • Analisi del DNA del caimano per trovare informazioni utili di vario tipo (ad esempio si potrebbe confrontare il DNA con il DNA di altri caimani attuali per stabilire con precisione da quale parte del globo proviene il caimano)
  • Analisi sui materiali di vario tipo per comprenderne le caratteristiche chimico-fisiche e ottenere informazioni di qualsiasi tipo
In un modo o nell'altro, qualche informazione utile dovresti trovarla... il limite più importante è quale è il costo che potete affrontare per le indagini in laboratorio, oltre al tempo necessario e se preferisci concentrarti su delle questioni specifiche (ad esempio comprendere qual era l'utilizzo del manufatto oppure stabilire con precisione il luogo di origine oppure stabilire la data in cui è stato realizzato e da chi).
Mi dispiace non poterti fornire risposte più dettagliate, purtroppo non conosco rituali che avvenivano in Argentina, ma anche se non dovessi trovare nulla in proposito, penso che ci sarebbe molto da scrivere e da fare per una tesi. --Daniele Pugliesi (msg) 14:48, 31 ott 2019 (CET)

grazie di cuore per l'aiuto, sto in qualche modo seguendo un metodo simile, andando per esclusione man a mano che trovo prove che confutino le ipotesi ed al momento sto cercando di confutare o verificare quella che i segni siano stati fatti delle tribù indigene. Grazie per alcune idee che mi hai dato che non avevo considerato. A buon rendere.

Prego, di nulla. A proposito, ho visto che su Wikipedia non esiste una pagina sulla Tassidermizzazione. Volendo potresti crearla e se il museo fornisce il permesso a pubblicare l'immagine, potresti inserirla come immagine di esempio. ;)
In questo caso non puoi citare la tua tesi nella voce (secondo quanto scritto in Wikipedia:Niente ricerche originali) e il museo deve fornire l'autorizzazione a caricare la foto come indicato in Wikipedia:Copyright immagini/Modello autorizzazione. --Daniele Pugliesi (msg) 11:38, 4 nov 2019 (CET)

Wow, bell'idea non ci avevo pensato! Se ci sarà il tempo sarebbe interessante provare a creare una pagina e scrivere qualcosa, vediamo gli sviluppi della tesi e nel caso colglierò il tuo consilgio, grazie mille!

Tassidermia? -- Rojelio (dimmi tutto) 14:19, 5 nov 2019 (CET)

Parliamo di Entropia e Gibbs?

Ciao amici wikipediani :), cerco aiuto per comprendere un passaggio che non mi convince riguardo il concetto di entropia (ambito chimico).
Consideriamo un sistema costituito da unico componente, in funzione dell'energia interna una piccola variazione dG (per qualunque delle condizioni) dell'energia libera porta in differenziazione totale a: dG=dU+pdV+Vdp-TdS-SdT
- dalla definizione di entropia si ha inoltre: dq=Tds
- e da quella di energia interna: dU=dq+dw=dq-pdV
E mettendo tutto assieme: dG=Vdp-SdT

Vediamo il dubbio: quello che proprio non mi convince è sfruttare la relazione: dU=dq+dw=dq-pdV perché se in dG consideriamo che la pressione non è costante, allora anche la pressione in dU non sarebbe da considerarsi costante, quindi non dovrei avere: dU=dq+dw=dq-pdV-Vdp?
Non capisco quale sia la logica che porta ad escludere quell'ultimo termine in grassetto nella relazione dell'energia libera.
Grazie per gli spunti! --37.161.122.73 (msg) 16:34, 2 nov 2019 (CET)

Il punto è che il lavoro W non vale pV, ma l'integrale di pdV; viceversa dW non è pdV+VdP, ma solo pdV (derivi l'integrale e riottieni la funzione).
Basta che pensi che il lavoro deve prevedere uno spostamento (essendo l'integrale di F ds): se consideri solo "la sua parte isocora" (cioè quella data da Vdp) non hai scambiato nulla con l'ambiente (perchè senza variazione di volume l'ambiente non si accorge della variazione di pressione del sistema).
Il termine pV (e quindi Vdp quando differenzi) invece compare nell'entalpia, che però è cosa diversa dall'energia interna.--Equoreo (msg) 17:51, 2 nov 2019 (CET)
Ecco la magagna, grazie: in effetti stupidamente dicevo "pV è lavoro quindi perché nell'entalpia mi dà contributo e nell'entropia no?" Peccato che non fosse lavoro e nell'entropia invece era proprio il lavoro dw che cercavo. Direi che questo è risolto.
Ti chiedo anche un altro piccolo chiarimento se avessi voglia: nelle mie dispense il Prof. ricava G (en. libera di Gibbs) mantenendo costanti P e T costanti e sfruttando le relazioni tra entalpia ed entropia giungendo alla famosa: ΔG=ΔH-TΔS e da cui conclude dicendo: discende la funzione G=H-TS, tuttavia come scrivevo sopra si può anche differenziare tutto: dG=dU+pdV+Vdp-TdS-SdT, cioè "al finito" avrei: ΔG=ΔH-TΔS-SΔT con un termine in più.
Potrebbe essere che, ove ricava la definizione di G per p e T costanti, sia semplicemente un sottocaso e quindi i contributi di ΔG interessano solo Δ su H e su S, ma in realtà la variazione di G potrebbe interessare tutti i termini. Insomma ricava la definizione di G da un semplice sottocaso per ΔG, ma la relazione G=H-TS è valida sempre. --37.161.122.73 (msg) 18:40, 2 nov 2019 (CET)
Non sono sicuro di aver capito la trafila che fanno le tue dispense: provo a darti il mio punto di vista.
In generale non direi che G "discende" da qualcosa (tantomeno da un caso al finito): sei tu che definisci G come H-TS. Perché H-TS e non H^2+sqrt(TS+12.34)? Semplicemente perché una funzione come quella che ho scritto io non sarebbe altrettanto utile.
Se preferisci, parti dal I principio (roba reversibile e sistema chiuso)
Ora pasticcio un po' aggiungendo e togliendo termini (cercando di completare i differenziali)
Ora sposto dei termini dall'altra parte e ottengo
Al che Gibbs esclama "Ohibò, questa U+pV-TS sembra una funzione che torna in altre formule: non c'ho voglia di continuare a scrivere sulla lavagna ogni volta U+pV-TS; chiamiamola G Una lettera a caso, ché noi amiamo l'umiltà :-D così facciamo prima". Non è che "discende": l'abbiamo chiamata noi così!
Ora se derivi questa G ottieni proprio dG=dU+pdV+Vdp-TdS-SdT. Passare al finito non vuol dire sostituire tutte le d con le Δ: vuol dire scegliere una trasformazione lungo la quale calcolare l'integrale di ogni termine. Se tu la scegli isotermobarica (come fanno le dispense) evidentemente l'integrale di SdT sparisce, così come quello in Vdp; solo che se tu scrivi ΔG=ΔH-TΔS la sparizione del termine SdT la vedi, mentre quella del termine Vdp è mascherata dalla ΔH (ma quel termine manca comunque).
Se invece prendi una trasformazione che non è isoterma, quel termine SdT resta eccome! E quindi ΔG=ΔH-TΔS-SΔT, pur essendo sempre G = H-TS.
Ho chiarito il tuo dubbio o ti ho confuso le idee?--Equoreo (msg) 02:10, 3 nov 2019 (CET)
Nono, in realtà è molto chiaro e mi ci ritrovo nei passsaggi e nelle considerazioni. In pratica però mi chiedo: dato che noi partiamo da "roba reversibile e sistema chiuso, ossia " questo non dovrebbe inficiare sulla generalità del G che troviamo? E' vero che aggiungendo e torgliendo termini vado poi a considerare ogni trasformazione. Ma questa ipotesi iniziale di partenza non mi fa derivare una G nel caso particolare di reversibilità e sistema chiuso? Grazie mille :)
C'è infine un passaggio che non ho capito, scrivevi: , ma non dovrebbe essere ? --37.163.201.249 (msg) 10:09, 3 nov 2019 (CET)
In realtà né l'ipotesi di sistema chiuso (purché senza reazioni chimiche), né quella di reversibilità cambiano la formula.
G è una funzione di stato estensiva, così come H ed S: se il tuo sistema fosse aperto, dH (ma anche dU) avrebbe al suo interno la variazione dovuta allo scambio di materia all'interfaccia (chiamiamola dH_m) e così dS (dS_m); se le estraessi otterresti che dG è dato dalla variazione di G nel sistema "come se fosse chiuso" più un termine dH_m-TdS_m, che integrando sull'interfaccia darebbe proprio il flusso di G attraverso l'interfaccia. La formula invece cambia se hai trasformazioni chimiche all'interno del sistema (il termine dato dalla sommatoria in dN nelle formule mostrate in en:Gibbs_free_energy#Definitions).
Per quanto riguarda la reversibilità, il primo principio vale sempre
Ma valgono sempre anche
(Q è sempre l'area sottesa alla curva nel diagramma T-s)
Da cui segue tutto uguale a prima.
Sul TdS/SdT ovviamente ho sbagliato io (le mie già scarse capacità matematiche tendono a declinare alle 2 di notte); d'altronde avevamo già chiarito che dG=Vdp-SdT, mentre a me veniva il contrario. Le ho corrette tutte (spero) per chiarezza.--Equoreo (msg) 14:05, 3 nov 2019 (CET)
Direi che ora mi è tutto più chiaro e ti ringrazio parecchio per la bella discussione e lo scambio avuto. Grazie mille! --37.161.79.37 (msg) 19:38, 4 nov 2019 (CET)

I differenziali in fisica

Dopo una bella discussione avuta poco più sopra con l'utente Equoreo mi piacerebbe provare a snocciolare, su questa pagina ricca di sapere, il concetto di differenziale in fisica. Spesso mi trovo a passare dal formalismo dell'analisi a sfruttare i differenziali come veri e propri "cambiamenti infinitesimi" di qualcosa. Tuttavia spesso, seppur sfruttandoli, non mi è del tutto chiaro cosa io stia facendo davvero. Preso da questo raptus di follia di incomprensione ho letto varie dispense questa estate e alcuni parti di testi matematici scoprendo che si introducono (a cavallo tra analisi e la geometria) le forme differenziali e che il differenziale altri non è se non una forma differenziale esatta. La forma differenziale è un trabiccolo capace di associare ad ogni punto un vettore dello spazio duale (ossia questo vettore duale ha la proprietà di prendere un vettore e mandarlo nel suo campo scalare).
Ho approfondito davvero molto nei mesi estivi, purtuttavia io tutt'ora non capisco cosa diamine stia facendo nel prendere pezzi piccoli di materia e trasformarli magicamente in funzioni e a loro volta linearizzarli (perché alla fine il differenziale in analisi altri non è che la parte lineare della serie di Taylor). Ma perché questa linearizzazione della funzione in un piccolo intorno coincide con il funzionale linare? Perché la variazione di materia infinitesima (es il caro spostamento di un ds o una piccola parte di massa dm) è una funzione dal duale di un campo vettoriale a uno scalare? Quale è il campo vettoriale della massa e il suo duale dacui discende il differenziale dm? Insomma, ho davvero capito alcuni concetti, ma come portarli al caso della fisica non riesco ancora a giustificarlo, qualcuno avrebbe piacere a discuterne? :) --37.163.201.249 (msg) 10:27, 3 nov 2019 (CET)

Non ho capito bene quali siano i tuoi dubbi. Comunque personalmente penso che sia importante distinguere tra quella che è una modellizzazione della realtà e quella che è la realtà stessa. La fisica, a dispetto di quanto a volte si afferma, è costituita da modelli della realtà. E tali modelli sono scritti nel linguaggio della matematica. Dunque, abbiamo un linguaggio (la matematica) che si utilizza per modellare ciò che è la realtà. Per fortuna la matematica ha una certa correttezza e coerenza, ma si tratta pur sempre di un'astrazione; la stessa fisica è un'astrazione, anche se meno "teorica" rispetto alla matematica, ma utilizzando la matematica ne eredita il carattere astratto e a questo si aggiungono tante ipotesi, esemplificazioni, ecc. Questo per dire che non troveremo mai nella realtà il "differenziale dm" o "l'accelerazione di gravità g" o "il vettore velocità v", in quanto si tratta di modi di interpretare la realtà. Finché però queste interpretazioni funzionano, le utilizziamo.
A parte questa premessa, che probabilmente già sanno tutti quelli che studiano la fisica ma a volte se ne dimenticano, una mia opinione personale è che, anche se la matematica e la fisica sono dei "modelli", alcune (o tante) entità della matematica e della fisica corrispondono in maniera molto precisa e dettagliata a delle entità reali. Cioè, penso che ad esempio i numeri, oltre a essere una esemplificazione mentale per ridurre qualcosa che è continuo e infinito in un modello discreto e finito (quindi comprensibile e elaborabile dal nostro cervello), corrispondano effettivamente a qualcosa di "reale", cioè che da qualche parte nell'universo i numeri "1", "2", "3", ecc. siano rappresentati da entità che corrispondono perfettamente a questi numeri (e non qualcosa che si avvicina o che può essere ridotto a questi numeri) e da cui anzi il concetto stesso di tali numeri ha origine, cioè che tali numeri abbiano un'"essenza reale" che l'uomo ha tradotto inconsciamente per qualche ragione in numeri, non perché "ci abbia azzeccato" (vedi "serendipity"), ma proprio perché inconsciamente "conosce" i numeri. In maniera analoga, forse, il differenziale potrebbe essere associabile a delle entità reali, e quindi non sarebbero solo dei modelli.
In particolare, quando penso a differenziali, integrali e simili, penso che tali modelli della realtà potrebbero avere più senso se la realtà fosse esattamente come lo schermo di un computer o la memoria del computer, cioè un insieme di "pixel" o "bit", ovvero un insieme finito e discretizzato di singoli elementi, anziché un continuo di "punti di accumulazione". Questi singoli elementi potrebbero essere i quark, i quanti (di energia, di massa, di velocità, ecc.) o altri elementi ancora più piccoli della realtà. In ogni caso stiamo parlando sempre di ipotesi, modelli, interpretazioni, teorie, ecc.
Dal punto di vista pratico, per me la fisica rimane semplicemente uno strumento. Però mi piace fantasticare pensando che dietro alle speculazioni scientifiche si nasconda una conoscenza esatta e precisa della realtà, cioè qualcosa che non sia approssimato/modellizzato/ecc. --Daniele Pugliesi (msg) 12:08, 4 nov 2019 (CET)
Il tuo excursus mi è piaciuto molto e devo dire che rispecchia un po' il mio pensare. Tuttavia con l'accrescere della infima conoscenza riguardo la fisica (nonché per le mie scarse doti mentali) mi ritrovo spesso a riguardare con nuove ottiche quanto pensavo di aver capito. Questo è un po' il caso e provo a concretizzare con un esempio concreto
ds=v*dt
Stando a quanto ho capito riguardo le forme differenziali essendo dt la base del duale dello spazio velocità allora v è proprio la componente del vettore velocità in tale spazio. Ora dato il segno di uguaglianza l'equazione di cui sopra dovrebbe esprimere una uguaglianza tra due forme differenziali, in particolare (di nuovo, se non erro) è un pull-back sullo spazio duale di "S". Ora dovrei dedurre che il vettore velocità in tal caso ha per componente 1, essendo il coefficiente di ds (base del duale) proprio 1?
Mi piacerebbe chiarire queste cose, ma noto che è difficile trovare qualcosa a riguardo. --37.161.79.37 (msg) 19:33, 4 nov 2019 (CET)
(conflittato) Tu avevi chiesto quale è il campo vettoriale della massa e il suo duale da cui discende il differenziale dm? Provo a rispondere a questa domanda. In molti contesti della Fisica la massa è una costante, e il suo differenziale non compare generalmente nelle formule; facciamo dapprima un esempio più frequente, sempre di una quantità scalare: il tempo. Il differenziale compare in tantissime formule, giusto? L'idea è semplicemente questa: il tempo è una variabile che compare come argomento di molte funzioni. Quelle stesse funzioni, però, possono dipendere anche da altre variabili, ad esempio dalle coordinate dello spazio tridimensionale. Ora, che cosa sia il differenziale di una funzione l'hai scritto tu stesso: è quell'operatore che a ciascun vettore associa la derivata direzionale di rispetto a quel vettore. In questo senso, come operatore lineare sui vettori, è un elemento dello spazio duale. Consideriamo ora la particolare funzione : pensala, ad esempio, come la funzione che alla terna assegna il valore . Prendi un qualunque vettore che rappresenta uno spostamento in , e calcola il valore del differenziale su quel vettore: questo valore non è altro che la prima componente del vettore, . Fin qui ci siamo? Bene, lo stesso vale anche per : se consideri funzioni solo del tempo, allora lo spazio su ci sono definite è unidimensionale; qualunque vettore su quello spazio rappresenta uno spostamento nel tempo, e il differenziale restituisce l'unica componente di quel vettore. Se invece consideri una funzione che varia nello spazio e nel tempo, , questa è definita su uno spazio di dimensione quattro; un generico "spostamento" in quello spazio è rappresentato da un vettore con quattro componenti, e applicando il differenziale si ottiene la componente temporale di tale vettore. Quindi il differenziale di sarà . Quando fai la derivata direzionale di rispetto a uno spostamento nello spazio-tempo, rappresentato da un vettore con quattro componenti, , ognuno dei quattro differenziali , , e fa il proprio mestiere, e il risultato è .
Non è che c'è bisogno di pensare a come a un "frammento infinitesimo di tempo". Leibnitz lo pensava così, effettivamente, ma dopo tre secoli la maggior parte dei matematici si è convinta che convenga definirlo in un altro modo (però una parte dei fisici e la stragrande maggioranza degli ingegneri non se ne sono ancora accorti). Quindi non c'è alcun "campo vettoriale della massa". Quando consideri la massa come una funzione (scalare), il suo differenziale ti dice quale sarà la variazione della massa a seconda della variazione delle quantità di cui dovrebbe essere funzione: è lo spostamento nello spazio delle variabili indipendenti quello che è rappresentato da un vettore, non la variazione risultante della massa. --130.192.193.197 (msg) 19:54, 4 nov 2019 (CET)
Completo la risposta dopo il tuo secondo post: se prendi un moto su una retta, questo è descritto da una funzione , che è una mappa da R in R ( è la coordinata sulla retta dei tempi, è la coordinata nello spazio unidimensionale in cui avviene il moto). L'immagine inversa (pull-back) del differenziale attraverso questa mappa è uguale a , precisamente come tu hai scritto. Ma non è che è "la base del duale dello spazio velocità". È la base (associata alla coordinata ) dello spazio duale a quello degli spostamenti sulla retta dei tempi. Le velocità (in senso fisico) sono vettori tangenti allo spazio in cui avviene il moto: nel tuo esempio, è l'elemento della base del duale allo spazio delle velocità (se fossimo in tre dimensioni, la base duale sarebbe . --130.192.193.197 (msg) 20:04, 4 nov 2019 (CET)
Nota: qui sopra ho sempre scritto, per semplicità, "spostamenti", laddove a stretto rigore avrei dovuto chiamarli "spostamenti infitesimi", ossia vettori tangenti. Però finché siamo in anche gli spostamenti finiti sono rappresentati da vettori: basta ricordarsi che il differenziale associa a ciascun vettore la derivata direzionale, che non è la variazione totale conseguente allo spostamento (bensì la sua parte lineare). --130.192.193.197 (msg) 20:12, 4 nov 2019 (CET)
Mi pare di aver chiarito molto le idee. Sicuramente l'impianto mentale per trattare differenziali in questo modo richiede uno sforzo cognitivo notevole (sicuramente perché non sono molto sveglio di mio). Tra l'altro non viene molto usato nei corsi ma col tempo diventi un po' più comodo richiamarli a mente (spero di abituarmici perché è davvero entusiasmante). Ti ringrazio moltissimo per la lunga e dettagliata risposta e per la pazienza nello scriverla :). --37.162.85.20 (msg) 17:58, 5 nov 2019 (CET)

Orari partite serie A calcio

cb La discussione proviene dalla pagina Aiuto:Sportello informazioni.
– Il cambusiere GryffindorD

Se le partite del campionato di calcio serie A si giocano in città diverse perché mai si gioca in orari differenti? --151.49.123.55 (msg) 16:21, 3 nov 2019 (CET)

Azzardo: perchè in questo modo un appassionato di calcio può seguirne più di una per giornata sui canali a pagamento che le trasmettono --Postcrosser (msg) 16:57, 3 nov 2019 (CET)
Se solo ne parlasse una nota enciclopedia online... -- Rojelio (dimmi tutto) 18:36, 3 nov 2019 (CET)
È sempra Marce79 che essendo bloccato dal filtro qui intasa lo sportello informazioni. --Vito (msg) 22:15, 7 nov 2019 (CET)

I personaggi delle fiabe e il nostro mondo

I personaggi delle fiabe esistono veramente, in un universo parallelo, dal quale tavolta possono arrivare fino a noi, tramite dei portali. La cosa è già sconvolgente di per sé, ma c'è di più: potremmo scoprire che le loro storie non sono proprio come ci sono state raccontate dai vari Perrault, Grimm, etc. Sto descrivendo la trama di Fables_(fumetto) (2002) ? Di C'era una volta (serie televisiva) (2011)? No, di Topolino e la dimensione F, un fumetto italiano del 1991! Ovviamente, non voglio fare di tutt'erba un fascio: le tre storie sono completamente diverse, pur partendo dalla stessa premessa. Ma la somiglianza di quest'idea comune mi intriga, e mi domando se gli autori di ognuna di queste storie si siano inventati questa "trama di base" indipendentemente, o se abbiano attinto da qualcosa di ancora precedente. Le cronache di Narnia (1950) sono la prima cosa che mi viene in mente, con i protagonisti che viaggiano in un mondo parallelo dove vivono streghe, fauni, gnomi, Babbo Natale, etc. Ma io cerco qualcosa di più specifico. Cerco un mondo parallelo dove non devono esserci solo creature leggendarie come i fauni, ma personaggi di ben precise fiabe, come quelle dei fratelli Grimm, di Charles Perrault, di Giambattista Basile, di Hans Christian Andersen, delle Mille e una notte, etc. Per fare un esempio: le tre storie che ho citato - Fables, OUAT e il fumetto di Luciano Gatto - hanno in comune il fatto che nell'universo parallelo vivono personaggi come Biancaneve & soci, Aladino, etc, non solo streghe e nani "in generale" come a Narnia. (NB: non basta che la storia descriva un universo dove vivono i personaggi delle fiabe: deve esserci da possibilità di viaggiare da quell'universo al "nostro", appunto come in Narnia). Vi viene qualche idea? (p.s. Captcha = "wipemyth", "pulire il mito", sembra me l'abbia fatto apposta!) --87.8.125.239 (msg) 23:30, 3 nov 2019 (CET)

Siccome quasi sempre le fiabe sono ispirate agli scritti dell'antica Grecia e Roma, scommetto che in qualche racconto nell'Odissea, Argonauti, scritti di Aristotele o altri scritti antichi si parla anche di viaggi in universi paralleli come quello che stai cercando. Se non ci fossero stati Omero, Esopo e i loro contemporanei, probabilmente non esisterebbero neanche le fiabe. --Daniele Pugliesi (msg) 21:31, 5 nov 2019 (CET)
"Se non ci fossero stati Omero, Esopo e i loro contemporanei, probabilmente non esisterebbero neanche le fiabe" su questo concordo al 100%, per non parlare di storie anche più antiche. Sul resto sono un po' dubbioso: nella narrativa greca si può viaggiare nell'aldilà, su isole misteriose, sulle nuvole, ma un viaggio in un intero "mondo alternativo" non mi viene in mente. E poi, per avere qualcosa di simile a ciò che cerco, la storia dovrebbe essere del tipo: c'è un marinaio greco qualunque che pensa che Argonauti siano un mito, poi viene risucchiato, che so, da un gorgo magico, e finisce in un mondo dove gli Argonauti sono veri (ma magari diversi, ad es, Eracle è solo un tipo forzuto e non figlio di Zeus). Sarò io che ho pregiudizi, ma non ce li vedo i greci scrivere una storia del genere... ma se esistesse la leggerei volentieri! :) Ecco, qualcosa di simile a ciò che cerco forse l'ho sempre avuta davanti agli occhi: la Divina Commedia, dove Dante nell'aldilà (non proprio un universo parallelo, visto che sembra entrarci "fisicamente" proprio come Enea, ma non stiamo a sottilizzare) incontra personaggi del mito greco-romano, che poco hanno a che fare con la tradizione cristiana. Tuttavia Dante non sembra stupito di incontrare Didone, Ulisse, Tiresia etc, non dice "Hey aspetta un attimo, in angeli e demoni credo, ma TU dovresti essere un personaggio di fantasia!", quindi manca l'elemento di shock. (Inoltre se questi personaggi sono nell'aldilà, ciò fa pensare che in precedenza siano vissuti in questo mondo, non in un mondo parallelo) --79.44.121.125 (msg) 08:26, 6 nov 2019 (CET)
Di sicuro i processi teorici della fisica e in particolare le teorie che parlano di spazio-tempo, indicando l'universo come "quadridimensionale" e altre teorie che parlano di un universo multidimensionale o di più universi, ecc., hanno ispirato tanti racconti attuali. Però secondo me ci sarà stato qualche filosofo, scrittore, o "fuoriditesta" dell'antichità che aveva già pensato o scritto qualcosa del genere e forse anche altri prima. Può anche darsi comunque che il tipo di trama che descrivi è un'invenzione effettivamente del nostro secolo, forse evolutasi piano piano da modelli simili ma differenti del passato (come la Divina Commedia). --Daniele Pugliesi (msg) 21:25, 6 nov 2019 (CET)
Filosofi probabilmente sì. Vedo molti siti attribuire a Democrito l'idea degli infiniti mondi, anche se non trovo una citazione specifica (ad es la voce italiana di wiki non ne parla), e non è chiaro se si intenda altri universi o semplicemente altri pianeti (ma forse nel mondo antico questa distinzione non avrebbe senso, come dici giustamente tu la narrativa moderna è fortemente influenzata dalle rivoluzioni novecentesche della fisica), e ho visto alcuni interpretano il mondo delle idee del platonismo come un vero e proprio altro universo. Ma sto divagando, perché io cercavo narrativa, non filosofia. Ecco, ho trovato due esempi leggermente precedenti a Narnia, Incantatore incompleto (primo libro della serie 1940), e en:Silverlock (1949). Non si parla di Biancaneve o Cenerentola o Cappuccetto Rosso, ma ci sono comunque personaggi che hanno molto del "fiabesco" - come Robin Hood, Puck e il Cappellaio Matto - quindi mi vanno benissimo. Ovviamente non posso provare o disprovare che le storie "moderne" che ho nominato in apertura (Fables, OUAT e Topolino e la dimensione F) siano ispirate a questi libri, ma sono comunque esempi precedenti di una trama simile (Un'altra possibile influenza più recente possono essere i romanzi di Heinlein come Il numero della bestia (1980), dove il Paese di Oz - e non solo quello - è reale in un universo parallelo). Ora la sfida è andare più indietro del 1940, ma la vedo dura ;) --82.63.44.201 (msg) 08:04, 7 nov 2019 (CET)

Pressione osmotica

Leggendo la voce "pressione osmotica" trovo un passaggio che non mi è molto chiaro, ossia dove si dice "si ha una certa percentuale di particelle di soluto, che non passano ma che esercitano comunque con i loro urti sulla membrana una pressione, appunto la pressione osmotica".
Pensavo che la pressione osmotica fosse la pressione applicata sulla soluzione e che deve compensare la pressione data dal numero di particelle di solvente che passano la membrana. Ma non mi torna perché questa debba essere uguale in valore alla pressione delle particelle di soluto (il che sembra discendere direttamente dal fatto che sulla membrana debba esserci la stessa pressione da una parte e dall'altra se non vi fossero forze esterne - ma non mi pare così ovvio il perché -). C'è qualche errore nella voce, o sbaglio io? --2001:B07:644C:E124:855C:52A:8613:3980 (msg) 20:18, 6 nov 2019 (CET)

PS: tra l'altro rileggendo mi è sorta un'altra curiosità correlata al discorso, ma che non c'entra propriamente con quanto detto sopra: prendiamo una cella separata da membrana con a sx solo solvente e a dx la soluzione. All'inizio mettiamo sulla parte dx non stia esercitando pressione alcuna, le molecole passano da sx a dx tranqillamente. Immaginiamo passino 4 "palline" da sx->dx e solo 2 da dx->sx la sproporzione fa si che il pistone a dx (privo al momento di pressione si muova e ilvolume aumenti nella cella di soluzione).
Ora applico una pressione osmotica e sono in una situazione di equilibrio, impedisco il passaggio di molecole di solvente in questa zona; tuttavia immaginando come "palline" le molecole, aumentando la pressione non riesco a comprendere il motivo per cui all'interfaccia dovrebbero aumentare il numero di molecole che vogliono andare a sx all'aumentare della pressione. Infatti enll'istante in cui fermo il pistone giungo all'equilibrio, il volume istantaneamente non cambia più, non è che sto comprimendo e quindi portando più palline all'interfaccia della membrana, fermo solo l'espansione in volume e quindi non capisco come facciano a passare da due palline che vanno a sx a 4 palline (4 perché possano equilibrare le 4 che giungano). Non sto comprimendo e quindi aumentandone la densità (in questo caso vedrei bene che porto più palline all'interfaccia, nel mio esempio ho solo arrestato l'espansione). Non riesco ad afferrare qualcosa. --2001:B07:644C:E124:855C:52A:8613:3980 (msg) 20:43, 6 nov 2019 (CET)

Nell'esempio che fai mi sa che stai considerando l'azione delle "palline" di soluto ma non l'azione delle "palline" di solvente e l'interazione tra le palline di soluto e le palline di solvente, o sbaglio?
Comunque, secondo me il modo migliore di vedere questo problema è considerando la statistica e la dinamica del sistema, cioè considerare che il sistema essendo liquido è in continuo movimento e l'equilibrio è di tipo dinamico e che statisticamente dovrebbero esserci le stesse condizioni a sinistra a destra, ma siccome tra le due parti c'è uno scompenso di concentrazione, le condizioni non possono essere uguali e come conseguenza la differenza di concentrazione porta ad una differenza di volume di solvente, visto che solo il solvente può passare dai pori della membrana. --Daniele Pugliesi (msg) 21:29, 6 nov 2019 (CET)
In effetti guardando macroscopicamente mi ritrovo, ma appena cerco di guardare in "cinetica delle palline" non mi torna un tubo. Resta comunque il fatto che la voce di wiki dice (tralasciando il secondo dubbio del PS): "si ha una certa percentuale di particelle di soluto, che non passano ma che esercitano comunque con i loro urti sulla membrana una pressione, appunto la pressione osmotica". Che non è che mi torni molto. --2001:B07:644C:E124:F17C:EAD5:C69:6E2A (msg) 16:08, 7 nov 2019 (CET)
La voce di it.wikipedia può essere errata, inesatta o non chiara. Segnalo al Progetto:Chimica e al Progetto:Fisica. Personalmente so quali sono gli effetti della pressione osmotica, ma dare una spiegazione microscopica mi sembra molto complesso, se non altro perché si mischiano fenomeni di tipo chimico-elettrico (cioè le interazioni tra soluto e solvente) con fenomeni di trasporto di materia con fenomeni meccanici (la barriera che ostacola il passaggio) che però sono anche di tipo chimico-elettrico (perché la grandezza dei fori è dello stesso ordine di grandezza della grandezza delle particelle di soluto e solvente, quindi nel passaggio attraverso i fori possono intervenire delle particolari forze di contatto) e poi si hanno i fenomeni termodinamici di variazione di volume e pressione... insomma, preferisco non pensarci... :D
Vediamo cosa dicono gli altri. --Daniele Pugliesi (msg) 16:55, 7 nov 2019 (CET)

Ti ringrazio per l'interesse. Sicuramente come dici il discorso è molto complesso, tuttavia volevo solo giustificarlo in modo semplice come cinetica classica di urti ecc. Vediamo un po' chi interverrà e mi contraddirà XD. Buona serata intanto.. --2001:B07:644C:E124:F17C:EAD5:C69:6E2A (msg) 18:39, 7 nov 2019 (CET)

leggibilità di microfilm

alcune annate storiche di quotidiani sono state microfilmate da una biblioteca pubblica italiana, purtroppo alcune (o per meglio dire tante) pagine sono illeggibili: qualora la pagina cartacea non sia in buono stato (per esempio nel caso l'inchiostro si sia leggermente "scolorito") come si può operare per il recupero dei testi senza particolari operazioni costose?


--143.225.161.1 (msg) 12:39, 7 nov 2019 (CET)

Batterie ricaricabili Ni-MH

Oracolo, il tuo modesto adepto possiede un altrettanto modesto apparecchietto per ricaricare le comuni batterie Ni-MH formato AA o AAA (stilo o ministilo). Esso apparecchietto ha un display che visualizza il livello di carica delle batterie inserite. Quando l’immagine suggerisce una batteria completamente carica, il tuo modesto adepto vorrebbe poter credere che il ciclo di ricarica sia completo: epperò se estrae la medesima batteria e immediatamente la reinserisce, ecco che senza fallo il display subitamente torna a lampeggiare dimostrando una batteria non ancora del tutto carica, e questo dura per alcuni minuti prima che l’apparecchietto nuovamente s’acquieti soddisfatto. Come si spiega questo? La batteria si carica effettivamente ancora un po’? O ci si può fidare della prima indicazione? --93.36.167.230 (msg) 08:45, 11 nov 2019 (CET)

Nonostante abbia studiato elettrochimica, ci sono certi "misteri" sulle batterie su cui non so dare delle risposte certe. Provo a rispondere con alcune ipotesi:
  • La prima ipotesi è che la causa dello strano comportamento sia il cosiddetto "[Batteria ricaricabile#Effetto memoria|Effetto memoria]]" della batteria; ciascuna batteria ha un effetto memoria un po' diverso; possiamo spiegarlo come una calibrazione errata della batteria che sembra carica quando invece non lo è
  • Un'altra ipotesi è che il disinserimento e l'immediato reinserimento della batteria, per ragioni dovute alla batteria, al caricabatteria, o a entrambi, sposta il sistema da uno stato di stazionario ad uno stato transitorio; molti sistemi tecnologici sono progettati per funzionare in stato stazionario, cioè in determinate condizioni di costanza delle caratteristiche del sistema; quando si ha un brusco cambiamento di tali caratteristiche (dovute nel caso in questione ad un lasso di tempo troppo breve tra il disinserimento e il reinserimento della batteria), si hanno dei "picchi" (ad esempio di picchi di tensione) che vanno ad alterare profondamente lo stato del sistema e che proprio perché si discostano dalle condizioni immaginate in fase di progettazione possono dare luogo a dei fenomeni non aspettati dal progettista e quindi dei guasti o semplicemente delle indicazioni momentaneamente inesatte
  • Altra ipotesi è che il caricabatterie sia guasto oppure di scarsa qualità o che nel suo funzionamento non è contemplato che tu estragga e reinserisca la batteria subito dopo, altrimenti l'indicazione non è corretta; se passa da qui qualcuno che ha più competenze in ambito elettrotecnico, può confermare o smentire questa ipotesi, anche se personalmente penso che il problema non sia delle singole parti del sistema (batteria/caricabatteria), ma del sistema nel suo insieme; in altre parole, penso che rispetto ad altre tecnologie, le batterie ricaricabili sono poco affidabili e che i sistemi per ricaricarle non sono così efficienti e semplici da utilizzare come dovrebbero.
Per capire meglio cosa succede, se hai a disposizione un multimetro potresti controllare la tensione della batteria prima e dopo il fatto, per capire anzitutto se la batteria funziona bene oppure no; ho notato che spesso le batterie ricaricabili hanno una tensione un poco inferiore delle batterie non ricaricabili, forse a causa dell'effetto memoria, che con il tempo ne riduce le prestazioni fino a renderle non più idonee; ad esempio una batteria da 9 volt dovrebbe segnare sul multimetro 9 volt o un valore prossimo, se segna 7 V o meno quando è carica, vuol dire che non funziona più bene.
Un consiglio generale è quello di "dare il tempo" alla batteria e al dispositivo di stabilizzarsi prima di svolgere un'operazione diversa (quindi evitare di togliere la batteria dal caricabatterie e reinserirla subito dopo), di valutare la carica batteria in base al suo reale utilizzo (ad esempio controllando se mettendola in un telecomando funziona e quanto tempo passa prima che si scarica), e di seguire le istruzioni dei fabbricanti della batteria e del caricabatterie (anche se mi pare che spesso siano contrastanti: alcuni dicono che è meglio caricare la batteria al 90%, altri dicono che va caricata al 100%; alcun dicono che bisogna scaricarla tutta prima di caricarla e altri dicono che più cicli di carica e scarica riducono la vita utile della batteria; probabilmente molto dipende al tipo di batteria, nel tuo caso Ni-MH). Personalmente, ho l'impressione che nell'ambito delle batterie e dei caricabatterie rispetto alle norme della buona progettazione, i progettisti seguano i principi consumistici dell'obsolescenza programmata, o più semplicemente le attuali tecnologie di accumulo di energia elettrica sono una ciofeca. --Daniele Pugliesi (msg) 18:27, 11 nov 2019 (CET)
Come indicato in Accumulatore nichel-metallo idruro#Carica, ci sono diversi sistemi per rilevare la carica completa. Presumendo che il tuo caricatore sia dotato del sistema che rivela il picco negativo (delta peak), diviene abbastanza logico immaginare che, reinserendo l'elemento già carico, il sistema debba predisporsi a rilevare un nuovo picco.
Quindi tranquillo, l'elemento era già carico la prima volta.
--Captivo (msg) 14:21, 12 nov 2019 (CET)
Grazie, l'interpretazione in base al delta peak mi sembra convincente. Nota però che sull'apparecchietto il livello di carica è segnalato con un display che indica anche valori intermedi (con tre barrette diagonali sull'icona della batteria, che compaiono progressivamente), il che sembrerebbe in contrasto con l'ipotesi di una rilevazione solo del dealta peak. --130.192.193.197 (msg) 12:22, 13 nov 2019 (CET)

L'italia fallirà?

Con tutte queste grandi aziende che scappano l'italia è destinata a fallire?


--marco

leggi la voce sull'Italia nel medioevo, sui bombardamenti durante la seconda guerra mondiale eccetera: se non siamo morti allora vuol dire che siamo peggio delle ortiche, noi italiani, impossibili da estirpare.. --143.225.161.1 (msg) 11:02, 13 nov 2019 (CET)

Calamite

Le calamite attaccano alcuni metalli. Ho voluto fare alcune prove:

  • Ferro = si attacca
  • Calorifero in ghisa = si attacca
  • Alluminio = non si attacca
  • Graffetta (non so in quale metallo, però è cromata) = si attacca
  • Filo di stagno e piombo (quello per saldare i contatti) = non si attacca
  • Filo di rame = non si attacca
  • Lamina di zinco (credo) = si attacca
  • Frigorifero (non so che metalli ci sono) = si attacca

Che caratteristiche deve avere un metallo per attaccarsi o no ad una calamita? Che cos'ha il ferro, la ghisa e lo zinco che altri non hanno? Grazie

--79.21.208.41 (msg) 08:18, 17 nov 2019 (CET)

Le calamite non attraggono tutti i metalli, ma solo quelli con proprietà "ferromagnetiche". Tale categoria include molti metalli e leghe, ma non tutti. Inoltre, cambia l'intensità. Come suggerisce il nome, tra i metalli tradizionali (lasciamo perdere quelli più rari) quello con l'attrazione più intesa è il ferro (e tra le leghe, quella ferro-silicio). Attrae pochissimo l'alluminio, per niente lo zinco e il piombo. Per la trattazione generale dell'argomento, vedi la voce Ferromagnetismo, per vedere quanto un materiale "si attacca", salta alla voce Permeabilità magnetica.--Skyfall (msg) 08:43, 17 nov 2019 (CET)

Leggi sul matrimonio in Italia nell'800

Nell'800 in Italia un uomo poteva sposare la figlia di un fratello? Domando per escludere un'ipotesi a cui non credo, sia ben chiaro ;).. --143.225.89.8 (msg) 12:34, 19 nov 2019 (CET)

Presupponendo che "nell'800 in Italia" si intenda comunque dopo l'Unità d'Italia, il Codice civile italiano del 1865 prescrive che «In linea collaterale il matrimonio è vietato 1° tra le sorelle e i fratelli legittimi o naturali, 2° tra gli affini del medesimo grado, 3° tra lo zio e la nipote, la zia ed il nipote» (art. 59). --Franz van Lanzee (msg) 16:27, 19 nov 2019 (CET)
io parlavo dell'epoca borbonica, a Napoli c'è l'abitudine di dare ai figli il nome di qualche parente e in un albero genealogico (uno di quelli complicati del tipo "Beautiful, levati!") ho trovato che una donna aveva sposato un parente, solo che per stare tranquillo devo pensare che sia un cugino (che non si sa da dove sbuca) della donna che aveva lo stesso nome di uno zio (probabilmente enciclopedico) della stessa donna, per questo ho fatto questa domanda folle (scusate!).. --143.225.89.8 (msg) 16:45, 19 nov 2019 (CET)
Nel "Codice per lo Regno delle Due Sicilie" del 1848 ([1]) è prevista (art. 160) la stessa disposizione del codice unitario del 1865, con lo stesso divieto di matrimonio tra zio/zia e il/la nipote. --Franz van Lanzee (msg) 16:52, 20 nov 2019 (CET)

Conversione Adobe Crobat Reader DC (gratuitamente)

Ho un documento compilato e salvato su Adobe Crobat Reader DC. Il problema è che dovrei caricarlo su una pagina ma mi segnala un errore in quanto me lo legge come normale PDF. Qualcuno può aiutarmi in proposito? Non trovo nulla in rete, Grazie mille--Freebird73 (msg) 17:17, 17 nov 2019 (CET)

[@ Freebitd74], hai provato a leggere la voce Adobe Acrobat? Non so se ci troverai tutte le risposte che cerchi, ma dovrebbe chiarirti almeno un paio di cose. --93.36.167.230 (msg) 20:57, 18 nov 2019 (CET)
In alternativa, potresti usare il Foxit, che oltre ad essere gratuito ha molte delle funzionalità di Acrobat. --Daniele Pugliesi (msg) 13:54, 21 nov 2019 (CET)

Fasi lunari

Buongiorno! In azienda stiamo preparando dei calendari per l'anno prossimo, su cui ci sono anche le fasi lunari (quarti, luna piena e luna nuova), e le fasi lunari che trovo come riferimento online o su agende già stampate mi sembrano sballate (contando che non so nulla sulle fasi lunari, eh, quindi potrei star dicendo una boiata). Ad esempio, guardando le date riportate qui e prendendo come riferimento le prime tre fasi di ottobre: la luna piena è il 1° ottobre, l'ultimo quarto il 10, e la luna nuova il 16. Contando anche le ore, l'intervallo tra luna piena e ultimo quarto è di 8 giorni, 3 ore e qualcosa, mentre l'intervallo tra ultimo quarto e luna nuova è di poco meno di 6 giorni e 19 ore; c'è quasi un giorno e mezzo di differenza. L'ultimo quarto non dovrebbe stare esattamente a metà tra la luna piena e la luna nuova? O è corretto così? --Syrio posso aiutare? 14:39, 21 nov 2019 (CET)

No, torna. Anche se non particolarmente accentuata, l'eccentricità dell'orbita lunare non è nulla, il che significa che "gira" più lentamente quando è più lontana e più velocemente quando è più vicina, e che la "distanza temporale" tra le fasi non è divisa in 4 parti perfettamente uguali: la durata "media" è di circa 7 giorni e mezzo, ma può oscillare al rialzo o al ribasso di circa un giorno.
Se controlli la pagina con maggiori dettagli di quel mese noterai che la luna attraversa la sua massima distanza (più di 400 mila Km) proprio a cavallo tra la luna piena e l'ultimo quarto (mettendoci quindi più tempo della media, 8g4h), mentre transita dalla sua distanza minima (360 mila Km) sulla luna nuova (6g19h) e verso il primo quarto (6g18h), per rallentare di nuovo arrivando alla successiva luna piena (8g tondi).
Per contro-prova basta spostarsi di 6 mesi: la terra è dal lato opposto rispetto al sole mentre l'orbita lunare rimane con buona approssimazione allineata agli astri, quindi dovrebbe avere apogeo e perigeo invertiti: lontana in luna nuova e vicina in luna piena. I dettagli di aprile 2020 confermano: distanza minima sulla luna piena (6g16h dal primo quarto e 6g20h verso l'ultimo quarto) e distanza massima a cavallo della luna nuova (8g3h dall'ultimo quarto e 7g18h verso il primo quarto successivo). -- Rojelio (dimmi tutto) 19:52, 21 nov 2019 (CET)
Capito, grazie! :) --Syrio posso aiutare? 20:19, 21 nov 2019 (CET)
M'inserisco per un'altra domanda su fasi lunari e calendari. Se su un calendario è indicato che la luna è piena ad es. il 12 novembre, significa che è piena nella notte tra l'11 e il 12 o tra il 12 e il 13? O non si può sapere da quella indicazione? (Potrebbe essere alle 3 del mattino quindi il primo caso come alle 21 di sera quindi il secondo caso?) --Non ci sono più le mezze stagioni (msg) 14:24, 23 nov 2019 (CET)
Significa che succede in un qualche momento del 12 (pieno giorno compreso: sembri non considerare la possibilità che capiti quando sta dal lato opposto del pianeta rispetto a te). -- Rojelio (dimmi tutto) 16:19, 23 nov 2019 (CET)

Domanda di matematica

Spesso è utile approssimare la funzione, per scopi fisici, come f(x+h)-f(x)=f'(x)*h tralasciando i vari ordini. In pratica dopo aver dimostrato che il differenziale è la derivata prima per l'incremento h.

La domanda stupida che mi pongo è: ma è mai possibile approssimare anche se non esiste il differenziale, ossia in generale posso approssimare un incremento di f(x+h)-f(x)=g(x)*h? La domanda si riduce quindi al chiedersi: è dimostrabile che quel g(x) non esiste a meno che non sia proprio f'(x), o invece esiste in generale un g(x) che assolva a quel compito di approssimazione? Spero qualcuno possa aiutarmi. Grazie a chi interverrà nonostante la domanda sia sempliciotta. --45.134.17.59 (msg) 11:32, 23 nov 2019 (CET)

Non è neppure questione di dimostrazione: è proprio la definizione. Dire che una funzione è "differenziabile" in un punto significa affermare che in un intorno sufficientemente piccolo di quel punto la funzione ammette una approssimazione lineare, a meno di errori infinitesimi di ordine superiore, ovvero che esiste da usare esattamente come fai tu:
e definiamo quella funzione g(x) "differenziale di f" (che nel caso mono-dimensionale coincide anche con la definizione di derivata f'(x), mentre per più dimensioni bisogna introdurre le derivate parziali... ma quella è un'altra faccenda). -- Rojelio (dimmi tutto) 16:37, 23 nov 2019 (CET)
(Se il tuo dubbio è di "unicità", credo si dimostri facilmente: ammetti che esistano due approssimazioni lineari e osservi banalmente che la loro differenza è un infinitesimo dello stesso ordine di h, per cui non possono essere entrambe contemporaneamente approssimazioni senza che una delle due commetta un errore non trascurabile, ovvero non di ordine superiore a h -- Rojelio (dimmi tutto) 16:39, 23 nov 2019 (CET) )
No, certo. Sia su unicità che per il fatto che il differenziale sia l'approssimazione lineare ci sono. Più che altro mi chiedevo se esistesse qualche altro tipo di funzione g(x) che permetta una approssimazione in scrittura f(x+h)-f(x)=g(x)*h ma ove g(x) non sia la derivata di f(x) ma qualche altra funzione --45.134.17.59 (msg) 17:46, 23 nov 2019 (CET)
Rojelio di stava dicendo che, in effetti, se scrivi: allora chiami g(x0)*h differenziale e, per il teorema del differenziale, quella g(x0) è proprio la derivata (per forza) :) --93.34.153.115 (msg) 17:50, 23 nov 2019 (CET)

su un fumetto in edicola da pochi giorni si racconta, in poche parole, che l'acquisizione da parte del comune (con trasformazione da struttura in via di degrado a parco pubblico) avvenne dopo tentativi di occupazione da parte di movimenti di sinistra che misero in imbarazzo l'allora sindaco del PCI: c'è qualcosa di vero nella storia?


--2.226.12.134 (msg) 14:48, 23 nov 2019 (CET)

Studio Ghibli e Cannarsi

Sto cercando un modo per rivedere i film dello studio Ghibli ma questa volta con una traduzione decente. Qualcuno sa se nei DVD italiani anche i sottotitoli sono opera di Gualtiero Cannarsi, o lo è solo il doppiaggio? In quest'ultimo caso, quali delle traduzioni pre-Cannarsi (Buena Vista e simili) è fatta bene? Ad esempio, vale la pena di cercare il DVD della Yamato Video di La tomba delle lucciole?--Lombres (msg) 12:49, 5 nov 2019 (CET)

Scusa il ritardo nella risposta. L'unico paragone che posso fare è per Kiki - Consegne a domicilio, perché ce l'ho sia in edizione Buena Vista che Lucky Red. Ognuna ha i suoi pregi e difetti. LINGUE E SOTTOTITOLI (ovviamente entrambe hanno il giapponese): inglese, italiano e spagnolo per l'edizione Buena Vista (i sottotitoli italiani non seguono letteralmente il doppiaggio italiano - ovviamente non conoscendo il giapponese non posso dire quanto siano fedeli all'originale o se siano effettivamente un calco dell'inglese come affermato alla voce Kiki - Consegne a domicilio). L'edizione Lucky Red ha solo italiano, o meglio "cannarsiano", che però qui è più o meno tollerabile, una volta che ci hai fatto l'abitudine (non siamo ai livelli del nuovo Neon Genesis Evangelion), i sottotitoli seguono pedissequamente il doppiaggio italocannarsiano, con tanto di "Papààà" o "Maccome" (sì, scritto proprio così, tutto attaccato e con la doppia c). Purtroppo non è quello che speravi! Comunque anche il doppiaggio Buena Vista ha qualche frase o espressione un po' curiosa. Ad es dove chiunque di noi direbbe "mia nonna" l'edizione Buena Vista dice "la mia nonnina", l'edizione Lucky Red dice "la mia nonnetta". Nonostante il cannarsiano, un paio di piccoli riconoscimenti all'edizione Lucky Red: 1) anche a sottotitoli disattivati, appare in sovrimpressione la traduzione del cartello iniziale del film; 2) rende più evidente che, una volta che Kiki è arrivata a Koriko, la sua radio riceve programmi in inglese - cosa che, mi dicono, dovrebbe sottolineare lo spaesamento della protagonista nella nuova città. CANZONI: l'edizione Lucky Red ha le 2 canzoni in lingua originale con i sottotitoli (non so quanto fedeli), nell'edizione Buena Vista sono in italiano, ma non c'entrano niente con l'originale. EXTRA: il film in versione storyboard in entrambe le edizioni; l'edizione Lucky Red aggiunge il trailer e un breve filmato dedicato al dipinto di Ursula. --79.30.52.141 (msg) 20:18, 24 nov 2019 (CET)
p.s. Appena riesco recupero gli altri film Ghibli che dovrei avere da qualche parte (temo quasi tutti in Lucky Red), per vedere se i sottotitoli seguono il cannarsiano o no (ma il trattamento riservato a Kiki non fa ben sperare). --79.30.52.141 (msg) 20:38, 24 nov 2019 (CET)

Leggi dell'800 sulla cittadinanza napoletana

premessa: a Napoli c'è un sacco (davvero un sacco, eh..) di gente con origini francesi, tedesche, svizzere ed austriache (più un po' di inglesi ed americani..), saggi sull'argomento non ce ne stanno.

Gioacchino Murat, diventato re di Napoli, stabili che gli stranieri che volevano lavorare per l'amministrazione pubblica dovevano prendere la cittadinanza napoletana: il capostipite di una famiglia ancora esistente e, imho, rilevante per il numero di persone rilevanti che da essa discendono, la prese. Il figlio numero uno di questa persona non fu mandata a studiare al paese natio, la Francia, perchè il padre aveva rinunciato alla cittadinanza francese, il figlio numero due, che fu mandato perchè intanto il padre era morto, non potè completare gli studi in una scuola militare francese perchè altrimenti avrebbe perso la cittadinanza napoletana.

Domande: la legge sulla cittadinanza napoletana dell'epoca proibiva la doppia cittadinanza? Che senso aveva questa legge, visto che Murat costrinse i suoi collaboratori a prendere una seconda cittadinanza, per poter collaborare con lui?--2.226.12.134 (msg) 07:15, 23 nov 2019 (CET)

Sulla Treccani ([2] leggo che Murat revocò il decreto sulla cittadinanza napoletana obbligatoria appena un mese dopo la sua emissione, a causa delle proteste di Napoleone. --Franz van Lanzee (msg) 12:25, 23 nov 2019 (CET)
quindi questi ex forestieri divennero napoletani per scelta, non per obbligo.. ma perchè in alcuni casi non lo divennero, pur restando a vivere sino alla morte a Napoli? Perchè in alcuni casi non presero la doppia cittadinanza originale quando tornarono nella patria della famiglia? Sospetto che la legge napoletana proibisse la doppia cittadinanza, solo che non trovo conferme.. --2.226.12.134 (msg) 14:06, 23 nov 2019 (CET)
Da come l'hai descritta tu (e sottolineo ciò), il problema della doppia cittadinanza sembrerebbe in Francia, non necessariamente a Napoli. --Non ci sono più le mezze stagioni (msg) 14:16, 23 nov 2019 (CET)
Milioni di persone (ieri come oggi) vivono in paesi diversi da quelli di origine senza per questo fare alcunché per acquisire la cittadinanza dello Stato in cui si trovano; non c'è nulla di eccezionale o anormale in ciò. --Franz van Lanzee (msg) 17:00, 23 nov 2019 (CET)
due secoli fa la situazione politica era infinitamente molto più instabile di adesso, lasciare un paese con poco preavviso era pericoloso, basta pensare a cosa successe allo scoppio della seconda guerra mondiale agli stranieri che si trovarono in Italia, acquisire la cittadinanza del posto in cui si era emigrati garantiva (e garantisce) maggiore sicurezza.. 150-200 anni fa doveva essere peggio ancora, se scoppiava qualcosa tra la Francia (per esempio) e Napoli lasciare l'Italia (o qualsiasi altro paese) all'improvviso diventava ancora più difficile, senza contare che anche adesso, vedi per esempio gli europei alle prese con la Brexit, trovarsi come stranieri in un paese ha qualche rischio.. quindi all'epoca o c'erano problemi con le doppie cittadinanze (il che non è strano, però è una mia congettura) o c'è qualcos'altro.. --2.226.12.134 (msg) 17:36, 23 nov 2019 (CET)
La pratica di internare i civili stranieri delle nazioni con cui si è in guerra è piuttosto recente, prende piede solo alla fine del XIX secolo se non proprio con le guerre mondiali come riflesso della concezione teorica della "Guerra totale", appunto sorta nel medesimo periodo. Ancora all'inizio del 1800 l'appartenenza di classe veniva prima della cittadinanza: se tu eri un nobile nel tuo paese venivi trattato da nobile e secondo le appropriate "regole d'etichetta" anche nei paesi stranieri, compresi quelli che erano in guerra con il tuo Stato. Un nobile francese sorpreso a Napoli dallo scoppio di una guerra tra Francia e Due Sicilie difficilmente sarebbe stato gettato in una squallida segreta di una prigione.
Per tacere del fatto che era pratica comunissima avere ogni genere di stranieri arruolati nelle proprie forze armate, anche ben dopo la fine dell'epoca d'oro delle compagnie mercenarie (che poi sarebbe la fine del 1600, non il medioevo): se tu fossi stato un marinaio francese sorpreso a Portsmouth dallo scoppio delle guerre napoleoniche, non solo è improbabile che i britannici ti avrebbero messo in un campo di prigionia, ma è quasi certo che tu saresti stato arruolato a forza nella Royal Navy. --Franz van Lanzee (msg) 13:04, 24 nov 2019 (CET)
quindi non c'era nessunissima necessità di prendere una cittadinanza italiana o napoletana (ed infatti (piccolo aneddoto che pochi conoscono) gli zii di Edgar Degas, che nacquero a Napoli, non presero mai la cittadinanza napoletana mentre le zie di Degas (anche loro napoletane di nascita) divennero tutte cittadine napoletane ed ebbero una discendenza che adesso è italiana) e la totale "assimilazione" di quelle famiglie risale a chissà quando.. e chissà quale delle due nazioni proibiva la doppia cittadinanza.. grazie, Franz van Lanzee.. --2.226.12.134 (msg) 16:01, 24 nov 2019 (CET)

Didascalie in contrasto a vicenda

In Maria Perego una didascalia riporta testualmente: “Maria Perego con il marito Federico Caldura, al centro, e Guido Stagnaro, con Topo Gigio e Rosy, 1962” e in Topo Gigio: “Federico Caldura (a sinistra), Maria Perego (a destra), Guido Stagnaro (al centro), Topo Gigio e Rosy (a destra) in una foto del 1963”. Caldura è a sinistra o al centro? E la foto è del 1962 o 1963? --93.32.64.189 (msg) 15:13, 28 nov 2019 (CET)

La foto è sicuramente del '62 o antecedente, essendo stata pubblicata nel febbraio di quell'anno (a pagina 9), con didascalia che conferma come Stagnaro sia quello in piedi, a sinistra (ma quello era anche facilmente verificabile a parte: di foto sue ce ne sono parecchie). -- Rojelio (dimmi tutto) 20:29, 28 nov 2019 (CET)