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Piero Faggioni (Carrara, 12 agosto 1936) è un regista teatrale, attore e scenografo italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Carrara il 12 agosto 1936, Piero Faggioni è cresciuto a Milano dove studia Musica al Conservatorio “Giuseppe Verdi” e Diritto alla Cattolica di Milano senza, però, arrivare mai alla laurea. Si diploma all’Accademia d’Arte Drammatica con Orazio Costa, dopo una prima di prosa realizzata in ambiente universitario, aggiudicandosi al suo debutto nel 1961, il premio “Noce d'oro” [1] come miglior attor giovane italiano.

Di Orazio Costa, che tiene lezioni di regia e istituzioni di regia in Accademia[2] dal 1940 al 1976, Faggioni ricorderà per sempre il coraggio, l’indipendenza di giudizio, la coerenza intellettuale. A Costa, il giovane Faggioni chiederà se sia meglio per lui frequentare l'Accademia come attore o come regista.

Lui mi disse: « Cominci come attore poi vedremo ». Un certo talento per la regia lo scoperse subito. Stava facendo « Assassinio nella Cattedrale » con Randone e mi piaceva andare da allievo nel fondo del teatro a seguire le prove. A un mese di distanza mi innamorai del personaggio del Primo Tentatore e senza che lui mi avesse dato alcuna istruzione, ma vedendolo solo dirigere, gli chiesi di rifarlo in aula. Fu molto bello. Lui rimase di sasso; tutte le indicazioni di regia erano talmente scoperte bene, che mi diede un voto altissimo e mi consigliò di passare subito alla pratica. Ma io mi divertivo ancora a recitare e soprattutto consideravo la regia come un punto di arrivo, come un mezzo. Il teatro mi piaceva molto stando in palcoscenico, davanti al pubblico; volevo sentire il contatto diretto. E allora mi sono diplomato attore.[3]

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Attore[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo passato in Accademia apprende il metodo mimico ideato ed insegnato da Orazio Costa, che gli sarà utile in futuro quando si troverà ad istruire il cantante/attore e dal quale svilupperà un personale metodo didattico. Seguono tre anni di intensa attività scenica, durante i quali il giovane attore ha modo di dimostrare le sue capacità a pubblico e critica riscuotendo lusinghieri successi. Ricordiamo il ruolo di Orsino nella Notte dell’Epifania al Festival Shakespeariano di Verona nel 1961, con la regia di Giorgio De Lullo, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi, con il quale Faggioni si troverà a collaborare più volte in futuro nell’ambito dell’opera lirica, quando decise di passare alla regia del melodramma.

Fra le performance certamente più significative di questo periodo vi è lo spettacolo di Giorgio Strehler al Piccolo di Milano durante la stagione 1961-62: si tratta di un’opera di Arthur Miller, Ricordo di due lunedì. Faggioni interpreta il ruolo del protagonista Bert ed è affiancato da Gabriella Giacobbe come Nicoletta, le scene ed i costumi sono di Luciano Damiani. Questo spettacolo, che a Broadway era stato un fiasco, presentato a Milano insieme a L’eccezione e la regola di Bertold Brecht, ottiene buoni risultati ed anche critiche assai favorevoli.

Tutti i maggiori quotidiani, il giorno seguente alla prima (11 maggio 1961), riportano l’entusiastica accoglienza del pubblico e lusinghieri giudizi sugli interpreti e sulla regia di Strehler, al quale era giunto per telegramma l’incoraggiante in bocca al lupo dallo stesso Miller per il debutto milanese, oltre che italiano, della pièce teatrale .

Negli anni successivi continua la sua collaborazione con Strelher e gli ideali che animavano in quegli anni il Piccolo di Milano, un sodalizio che lascerà un segno nella sua futura attività di regista.

Sul venticinquenne Faggioni si soffermano le testate dei giornali, tra cui L’Avvenire d’Italia (“La giovinezza, la purezza e la tenerezza di Bert sono state rese con vivida efficacia dal giovane Piero Faggioni.”[4]), "La Nazione" ("Eccellente Bert."[5]); "Il Giorno" riguardo l'interpretazione del giovane attore scrive:

«Faggioni ha dato fresco, fiducioso stupore e semplicità all’immagine del protagonista.[6]»

Il teatro come servizio pubblico rivolto a tutti e il teatro come centro di cultura e d’incontro nel segno dell’espressione artistica, queste erano i concetti fondamentali che si riflettevano nelle scelte di formazione e di gestione del teatro milanese di Grassi e Strehler. A loro si ispirerà Faggioni regista, guidato sempre dall'ideale di dar vita al Teatro come forma d’arte suprema, che trova compimento e ragion d’essere nella comunicazione sociale e nel servizio alla comunità.

Di Strelher assumerà anche l’atteggiamento severo, talvolta terribile nei confronti degli attori e dei cantanti in regime di prove.

«Lui gli attori li faceva piangere!»

L’avvicinamento al Teatro lirico, che porterà in breve tempo l’abbandono del teatro di prosa e l’attività di attore anche cinematografico, avviene nel 1963 e determinante in questo senso è l’incontro con Jean Vilar.

Regia teatrale lirica[modifica | modifica wikitesto]

L'esordio e le collaborazioni veneziane[modifica | modifica wikitesto]

Faggioni esordisce come aiuto regista di Vilar nella Gerusalemme di Giuseppe Verdi al Teatro La Fenice di Venezia; il direttore d’orchestra era il grande Gian Andrea Gavazzeni.

Questa Gerusalemme risulta fondamentale per Faggioni: è il lavoro che comincia ad avvicinarlo alla produzione lirica, ed è in questa occasione che stringe due rapporti fondamentali per il suo futuro artistico. Lavorare a contatto con Jean Vilar risulta decisivo per la formazione registica di Faggioni, che per sempre lo terrà in considerazione come maestro di ideali e d'arte; e proprio durante le prove della Gerusalemme avviene l'incontro con Ruggero Raimondi. Il legame che Faggioni e Raimondi stringeranno sarà essenziale per entrambi, perché da esso nascerà un rapporto di lavoro e di amicizia che lascerà tracce profonde nel loro percorso di entrambi, come uomini e artisti, e porterà alla realizzazione di spettacoli futuri di grande importanza, tra cui il Boris Godubov e il Don Quichotte .

Jean Vilar, arriva a Venezia per la Gerusalemme essendosi lasciato alle spalle l’esperienza del Theatre National Populaire cominciata a Parigi nel 1951 e la sua intenzione, accostandosi al lavoro di regista d’opera, è quella di trasportare nell’ambito del teatro lirico, perlomeno per quello che poteva essere possibile, la grande trasformazione di cui aveva beneficiato il teatro di prosa negli ultimi venti-trenta anni.

Questa operazione viene attuata su tutte le componenti che intervengono nella realizzazione di uno spettacolo affinché questo possa divenire veicolo di comunicazione di idee, espressioni di sentimenti ed emozioni, ma la centralità del progetto sta nel lavoro che era già stato iniziato con Luchino Visconti e Maria Callas negli anni Cinquanta e proseguito in seguito negli anni Settanta da Claudio Abbado e Giorgio Strehler.

Dagli insegnamenti di Vilar e dalle esperienze lavorative consumate a stretto contatto con lui, Faggioni eredita l’utopia di un Teatro Popolare e matura la convinzione che l’opera lirica, se realizzata correttamente, sia la forma di teatro più completa e più universale. Il compito del regista consiste nel realizzare la volontà interpretativa dell’autore tramite una visione complessiva del senso e del messaggio dell’opera e nel compiere una ricerca che conduce alla riflessione sull’essenza della nostra natura umana tramite un’accurata e sensibile indagine della psicologia dei personaggi e dei tipi umani che essi rivestono e che potrebbero rivestire nell’ambito di una simbologia che colleghi queste figure storiche o fantastiche a luoghi o persone della nostra vita presente, a sentimenti della nostra umanità odierna.

Il suo debutto in qualità di regista avverrà al Teatro La Fenice di Venezia nel 1964, con La Bohème di Giacomo Puccini diretta da Ettore Gratis, Giacomo Aragal nel ruolo di Rodolfo e Rosanna Carteri nel ruolo di Mimì.

L’anno successivo, durante la produzione del Falstaff di Verdi con Ramon Vinay, bozzetti per scene e costumi di Franco Zeffirelli, Faggioni ritrova Ruggero Raimondi nel ruolo di Pistola: è il momento della grande svolta di carriera per il cantante che, proposto da Mario Labroca e sostenuto dal regista Faggioni che ne ha intuito le sue potenzialità ed è disposto ad aiutarlo perché possa svilupparle al meglio, l’anno successivo (1966) tornerà a Venezia con il Faust di Charles Gounod nel ruolo di Mefistofele.

Nel 1966, l’impegno come regista alla Fenice continua con La cambiale di matrimonio di Rossini, così come continuerà l'anno seguente, portando in scena La Traviata di Verdi con Maria Chiara in prima compagnia ed Anna Moffo in seconda compagnia nel ruolo di Violetta. Dello stesso anno è anche la regia de Le Nozze di Figaro di Mozart, produzione in cui Faggioni assegna a Ruggero Raimondo il ruolo di Figaro, accanto al Conte d’Almaviva di Giorgio Tadeo, la Rosina di Nicoletta Panni e la Susanna di Lydia Marimpietri.

Sebbene il 1968 segni un anno di pausa nelle collaborazioni veneziane, Faggioni torna alla Fenice nel 1969 per I puritani di Vincenzo Bellini, dopo il quale Faggioni sarà assente dalla Fenice per quattro fino al Boris Godunov di Mussorgskij del 1972 e al Don Carlo di Verdi (1973), che ottengono grande successo. Negli anni seguenti, Faggioni comincia ad occuparsi anche di produzioni estere.

Presto si sparge la voce che c’è un certo Faggioni che insegna ai cantanti lirici a recitare. Da lì mi chiamarono in tutto il mondo.[7]

Per il nuovo allestimento del Boris alla Fenice, le scene ed i costumi sono di Pier Luigi Pizzi e la Direzione d’orchestra è di Jerzy Semkow, mentre nel ruolo del protagonista Ruggero Raimondi rivela nuovamente le sue eccellenti qualità d’interprete. Il Boris Godunov nasce dopo un lungo lavoro filologico e musicologico da parte di Faggioni, che lo presenta nella versione originale con brani inediti recuperati in Russia occupandosi anche della traduzione in italiano, una traduzione metrica nuova, da lui curata insieme al direttore d’orchestra polacco Semkow.

Il Don Carlo è, invece, diretto da Georges Prêtre, con un cast composto da Veriano Luchetti, Nicolaj Ghiaurov, Katia Ricciarelli, Fiorenza Cossotto e Piero Cappuccilli. Si tratta di un allestimento speciale di quest'opera, il primo a riproporre la versione integrale dell'opera come fu composta da Verdi: Faggioni, infatti, riesce a recuperare negli archivi della Biblioteca Nazionale di Parigi il manoscritto verdiano contenente le scene tagliate della versione originale, che Verdi era stato obbligato ad eliminare dopo la prova generale del 1868 e da allora mai più rappresentate. Queste scene, dopo il 1973, saranno integrate nell’edizione critica di Ricordi e torneranno nel repertorio di tutti i maggiori teatri d’opera contemporanei.

Nel 1974 è alla Scala di Milano con la Tosca di Puccini diretta da Francesco Molinari Pradelli con Plácido Domingo e Rajna Kabaivanska, ed al Teatro Regio di Torino con un'altra opera di Puccini, La Fanciulla del West, diretta da Nino Sanzogno, con Plácido Domingo e Carol Neblett.

Il successo ottenuto con queste quattro produzioni gli aprì le porte di tutti i maggiori teatri d’opera europei che lo impegnarono per i successivi otto anni.

La produzioni internazionali[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1975 debutta all’Opéra di Parigi con Samson et Dalilà di Camille Saint-Saëns, diretta da Georges Prêtre, con Jon Vickers; nel 1976 a Vienna alla Staatsoper con la Norma di Bellini diretta da Riccardo Muti con Montserrat Caballé; nel 1977, a Londra, ripropone al Covent Garden con La Fanciulla del West di G. Puccini diretta da Zubin Mehta, chiamando nuovamente Domingo e Neblett ad interpretare i ruoli principali. È anche al Festival di Edimburgo, con la Carmen di Bizet[8] diretta da Claudio Abbado, con Teresa Berganza, Plácido Domingo e Mirella Freni.

Il suo primo allestimento di La Fanciulla del West a Londra, dove nel biennio 1989/90, sarà principal guest producer, rende quest’opera assente dalle scene inglesi da più di 60 anni, la più rappresentata opera di Puccini in quel teatro da allora fino al 2005. Rimarrà, infatti, in cartellone al Covent Garden fino praticamente al 2005, ma nel settembre dello stesso anno, grazie all’interessamento di Antonio Pappano, considerato al presente uno dei più autorevoli interpreti delle partiture pucciniane, ha inaugurato la stagione con la direzione d’orchestra dello stesso Pappano. La Carmen, inoltre, sarà salutata dal Times come l’edizione probabilmente più bella dai tempi, e sarà ripresa nel 1980 a Parigi e ad Amburgo dove tutt’ora è in repertorio. Seguono altri allestimenti di successo a Barcellona, Berlino, Buenos Aires, Madrid, Mosca, San Pietroburgo.

Particolare importanza deve essere riconosciuta a Otello di Verdi con Plácido Domingo al Festival di Bregenz nel 1981.

Nel 1982, dieci anni dopo il Boris Godunov, Faggioni è di nuovo a Venezia per la creazione del Don Quichotte[9] di Jules Massenet, di cui firma anche scene, costumi e luci, come farà in seguito per la maggior parte delle sue produzioni. Al Teatro della Fenice, diretto da Georges Prêtre e Ruggero Raimondi nel ruolo del protagonista, ottiene un successo che ancora accompagna questo allestimento, a più di trent’anni di distanza, dopo 12 riprese in Italia, Spagna, Francia, Stati Uniti e Giappone.

Nel 1984 debutta alla Metropolitan di New York con Francesca da Rimini[10] di Riccardo Zandonai, diretta da James Levine, con Renata Scotto e Plácido Domingo. Sempre nel 1984 Faggioni è al Festival di Salisburgo[11] con Macbeth di Verdi con la direzione di Riccardo Chailly, Piero Cappuccilli e Ghena Dimitrova. Nello stesso anno inaugura la stagione scaligera con Carmen diretta da Claudio Abbado con Shirley Verrett, Plácido Domingo e Ruggero Raimondi.

«La rappresentazione così come fu messa in scena da Mr. Faggioni fu diversa anche in altri modi [oltre alla reintroduzione del parlato ndt.]. Mr. Faggioni aveva detto di voler riportare nella "Carmen" quello spirito tenebroso del racconto originale del romanziere Prosper Merimee, sul quale l'opera di Bizet era basata.[12]»

Tra gli allestimenti di cui in seguito è direttamente responsabile vi sono tre edizioni di Otello di Verdi con Domingo a Madrid[13] ed è Barcellona nel 1985 per il Boris Godunov diretto da Chung Myung-whun, con Robert Llyod. Lavora poi a Il Trovatore di Verdi sotto la direzione di Bernard Haitink con Domingo a Londra nel 1989, e a Un ballo in maschera diretto da James Levine, con Luciano Pavarotti e Aprile Millo al Metropolitan di New York[14] nel 1990. Quest’ultima produzione, che impone per la prima volta l’edizione "svedese" ideata da Verdi, rappresenta il MET all’Expo di Siviglia[15] nel 1992 a cui erano stati invitati tutti i maggiori teatri del mondo a rappresentare il loro spettacolo migliore[16], dove Piero Faggioni ottiene il premio della critica per la miglior regia e scenografia. Malgrado questo successo, ripreso dal MET per diverse stagioni ed è tutt’ora in repertorio, Un ballo in maschera è una delle quattro di Giuseppe Verdi (con Il Trovatore, il Macbeth e l’Otello) che Piero Faggioni non ha mai potuto mettere in scena nel suo paese d'origine.

Ultime rappresentazioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

In Italia, infatti, ripropone sei edizioni del Don Quichotte: a Napoli nel 1985 con Ruggero Raimondi, Michel Trempont e Martha Senn; a Firenze nel 1992 con la direzione di Alain Guingal e con Ruggero Raimondi, Gabriel Bacquier e Delores Ziegler; a Parma nel 1992 diretta da Angelo Campori, con Ruggero Raimondi, Alain Vernhes e Martha Senn; a Genova nel 1995 diretto da Alain Guingal con lo stesso cast di Parma; a Roma nel 1997 stesso direttore e stesso cast ad eccezione di Ducinée di Anna Caterina Antonacci; a Torino con Michele Pertusi (che aveva interpretato solo due anni prima il ruolo del Cantastorie in Fanciulla del West sempre al Teatro Regio di Parma con la regia di Piero Faggioni) nel ruolo del protagonista, affiancato da Roberto de Candia ed Anna Caterina Antonacci diretto da Patrick Fournillier.[17]

Oltre al Don Quichotte vengono realizzate due edizioni di Boris Godunov, a Parma nel 1993 con Ruggero Raimondi come protagonista e a Roma nel 1998.

Fanciulla del West viene rappresentata al Teatro Regio di Parma nel 1989 e la seconda a Genova nel 2015, ma nessuna nuova produzione.

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Durante questi anni d’impegno come regista d’opere liriche, la sua carriera si sviluppa anche al di fuori del teatro, come aiuto regista in produzioni cinematografiche e come attore di prosa, di cinema e di televisione.

È con Francesco Maselli e Nanni Loy in Lettera aperta a un giornale della sera dello stesso Maselli nel 1970. Diretto dal regista Miclos Jancso è il protagonista nel film La pacifista del 1971 con Monica Vitti all’apice della carriera, e de La tecnica e il ritto dedicato alla figura di Attila ed al tema del potere assoluto. Del 1976 è Oedipus Orca con Eriprando Visconti, film in cui Faggioni attore affronta il tema di un padre con un rapporto tormentato con la propria figlia.

Come regista di cinema è il primo assistente di Michelangelo Antonioni, Renè Clair, Giorgio De Lullo, Orazio Costa e Luchino Visconti.

Dal 1969, però, si dedicherà interamente alla regia d’opera firmando più di 120 produzioni in Giappone, in America, ed in tutta Europa ed imponendosi come regista italiano con più continuità operativa nei più grandi teatri stranieri (Metropolitan, Convent Garden, Opera di Vienna, Mosca, San Pietroburgo, Edimburgo, San Francisco, Tokio, Barcellona), dove i suoi spettacoli restano sui cartelloni 25/30 stagioni e sono senza ombra di dubbio i più longevi.

Produzioni liriche[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Intervista a Piero Faggioni dopo il successo del Boris Godunov -- "Il dramma", mensile dello spettacolo, n. 3, marzo 1978, p.76 (PDF), su archivio.teatrostabiletorino.it.
  2. ^ Orazio Costa raccontato da Maricla Boggio, su criticateatrale.it.
  3. ^ Lui mi disse: « Cominci come attore poi vedremo ». Un certo talento per la regia lo scoperse subito. Stava facendo « Assassinio nella CattePiero Faggioni drale » con Randone e mi piaceva andare da allievo nel fondo del teatro a seguire le prove. A un mese di distanza mi innamorai del personaggio del Primo Tentatore e senza che lui mi avesse dato alcuna istruzione, ma vedendolo solo dirigere, gli chiesi di rifarlo in aula. Fu molto bello. Lui rimase di sasso; tutte le indicazioni di regia erano talmente scoperte bene, che mi diede un voto altissimo e mi consigliò di passare subito alla pratica. Ma io mi divertivo ancora a recitare e soprattutto consideravo la regia come un punto di arrivo, come un mezzo. Il teatro mi piaceva molto stando in palcoscenico, davanti al pubblico; volevo sentire il contatto diretto. E allora mi sono diplomato attore. (PDF), su archivio.teatrostabiletorino.it.
  4. ^ O. Bertani, “L’Avvenire d’Italia”, 11 Maggio 1961..
  5. ^ P.E. Poesio, “La Nazione”, 11 Maggio 1961..
  6. ^ R. de Ponticelli, “Il Giorno”, 11 Maggio 1961..
  7. ^ Alle cave il sogno perduto. Piero Faggioni e lo stop degli industriali, su lanazione.it.
  8. ^ Bizet Carmen, su gramophone.co.uk.
  9. ^ DON QUICHOTTE, EUROPA A VENEZIA 1982, su archiviostorico.teatrolafenice.it.
  10. ^ From the Archives: Francesca da Rimini at the Met, su metopera.org.
  11. ^ SALZBURG FESTIVAL ARCHIVE, su archive.salzburgerfestspiele.at.
  12. ^ [The performance as arranged by Mr. Faggioni was different in another way. Mr. Faggioni had said that that he wanted to bring Carmen back to the dark spirit of the original story by the novelist Prosper Merimee, on which Bizet's opera was based. 'Carmen' at la Scala].
  13. ^ Plácido Domingo vuelve a Madrid con su creación del 'Otello' de Verdi, su elpais.com.
  14. ^ A vintage Un ballo in maschera from the Met offers thrilling voices and lavish sets, su seenandheard-international.com.
  15. ^ Expo ’92 in Seville to Import Opera, su latimes.com.
  16. ^ Seville's Extravaganza, Expo '92, su nytimes.com.
  17. ^ Il Don Chisciotte di Faggioni a Torino, su giornaledellamusica.it.