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Ines Donati

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Ines Donati

Ines Donati (San Severino Marche, 8 giugno 1900Matelica, 3 novembre 1924) è stata un'attivista italiana, tra le figure femminili più celebri e dibattute della prima era fascista.[1]

Biografia

Dai primi anni al "battesimo di fuoco"

File:Sciopero degli spazzini (Roma, 1920).jpg
Ines Donati durante lo sciopero degli spazzini del 1920

Nata da David Donati, un calzolaio, e da Ludmilla Bertolli, un'orologiaia,[2] Ines, descritta come una ragazza di piccola statura con i capelli scuri,[3] fu una nazionalista della prima ora, attratta dalla propaganda patriottica durante la prima guerra mondiale e distinguendosi fin dall'infanzia per l'acceso "amor di patria",[4] motivo per cui venne soprannominata "La Capitana" e "La Patriottica".[5][6] A diciotto anni si trasferì a Roma,[7]presso un collegio di suore in Trastevere[8], dove era giunta per studiare belle arti,[9] militando attivamente in alcune associazioni dell'epoca, in particolare facendo parte del Corpo nazionale giovani esploratrici, dell'Associazione Nazionalista Italiana e del "Gruppo Giovanile Ruggero Fauro", risultando inoltre l'unica donna iscritta nella squadra d'azione nazionalista romana dei "Sempre Pronti".[1][10] Durante lo sciopero degli spazzini nel maggio 1920 a Roma, Donati fu una delle due donne, insieme a Maria Rygier, che si distinsero tra gli uomini nella pulizia delle strade; la ragazza inoltre si adoperò come portalettere ed elettricista.[10][11]

L'anno successivo, partecipò al volontariato civile e fece propaganda per le liste nazionali fasciste alle elezioni politiche.[4] Il 18 febbraio 1921 schiaffeggiò, all'interno del Caffè Aragno di Roma,[12] nei pressi di Montecitorio, il deputato del PSI Alceste Della Seta,[13] che viene bastonato dai suoi camerati; è la seconda aggressione subita dal parlamentare[14], anche se l'obiettivo iniziale programmato per quell'attacco era Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista d'Italia[4] venendo arrestata e scontando un mese di prigione[15]. Il 31 luglio dello stesso anno fu aggredita[16] dagli Arditi del Popolo di Trastevere, e fu quindi ricoverata per venti giorni in ospedale.[5] Nel 1921 ricevette inoltre il "battesimo del fuoco" a Ravenna, in occasione del convegno dei nazionalisti; Luigi Federzoni la definì "impavida, in piedi, fra il sibilar delle pallottole".[5]

Lo squadrismo e la morte

Il monumento dedicato a Ines Donati a San Severino Marche, rimosso dai partigiani nel 1944

Nel 1922 si ammalò di tubercolosi. Proclamato lo sciopero legalitario da parte dell'Alleanza del Lavoro anche ad Ancona, fu preso di mira dai manifestanti in particolar modo il servizio ferroviario fino a quando, il 2 agosto, la sbullonatura delle rotaie causò il deragliamento di un treno presso Osimo, che portò alla morte del fuochista Attilio Forlani e al ferimento di alcuni passeggeri.[17][18] La Donati, pur malata, prese parte agli scontri del 5 agosto del capoluogo marchigiano contro gli scioperanti, nel corso dei quali le squadre d'azione e i nazionalisti, provenienti perlopiù dal centro Italia, riuscirono ad occupare la città. Negli scontri caddero anche due antifascisti, Amilcare Biancheria e Giuseppe Morelli.[19]

Il 28 settembre, la Donati prese parte alle operazioni di soccorso a seguito dell' esplosione della polveriera di Falconara, che causò ingenti danni alle case di Pitelli.[5] Fu inoltre una delle poche donne che presero parte alla marcia su Roma;[20] infatti, dopo aver raggiunto Ancona, in possesso anche di due pistole,[21] prese un treno per la capitale, dove conobbe personalmente Mussolini.[5] Nel 1923 chiese di far parte della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, creata nello stesso anno; a tale richiesta, il 4 marzo il Duce disse:[5]

«Io la conosco di fama da parecchio tempo e so che Lei è una fierissima italiana, un'indomita fascista.»

Nel 1924 le sue condizioni di salute peggiorarono notevolmente e alle 8:20 del 3 novembre morì di tubercolosi a Matelica, a soli 24 anni, acclamata come martire fascista; alcuni storici ritengono che le sue ultime parole furono "Volevo essere molto virile ma mi ero dimenticata che ero una donna fragile".[7] La struttura fascista non apprezzò i suoi ostentati comportamenti a favore del partito, talmente disinibiti che potevano "danneggiare presso l'opinione pubblica il movimento";[22] infatti secondo la mentalità dell'epoca la donna doveva sottostare all'uomo, in sudditanza e inferiorità e a loro era interdetta qualsiasi attività politica.[4][22]

La sua figura venne tuttavia recuperata dal fascismo e, per volontà di Achille Starace,[23] il suo corpo venne riesumato il 23 marzo 1933 per dei funerali solenni che la innalzarono a icona della gioventù femminile dell'epoca;[7] in quell'anno infatti la sua salma fu riesumata solennemente e venne collocata nella Cappella degli Eroi nel cimitero monumentale del Verano a Roma.[5] Precedentemente, nel 1926, è stata intitolata a lei una colonia elioterapica a Matelica.[24] Il 17 ottobre 1937, davanti a 25000 persone, le venne intitolata una statua bronzea, opera dell'architetto Rutilio Ceccolini e dello scultore Luigi Gabrielli nelle vicinanze della piazza principale di San Severino Marche; il discorso di presentazione venne pronunciato da Wanda Bruschi, moglie di Raffaele Gorjux ed importante ispettrice fascista.[25] L'opera fu rimossa dai partigiani nel 1944 e venne riconvertita come monumento ai caduti di tutte le guerre.[5]

Note

  1. ^ a b (EN) Ines Donati: the making of a fascist martyr., in Wantedineurope.com, 26 maggio 2008. URL consultato il 22 luglio 2011.
  2. ^ Agostino, 1940, p. 22.
  3. ^ De Grazia, 1993, p. 33.
  4. ^ a b c d Colonnelli, 2008, p. 482.
  5. ^ a b c d e f g h Colonnelli, 2008, p. 481.
  6. ^ Maria Rosa Cutrufelli, Piccole italiane - un raggiro durato vent'anni, Anabasi, 1994, p.27, ISBN 8841770295..
  7. ^ a b c De Grazia, 1993, p. 34.
  8. ^ Germana Pigliucci, Centro Studi Futura (a cura di), Gli angeli e la rivoluzione, Roma, Settimo sigillo, 1991, pag 41
  9. ^ Patrizia Dogliani, Il fascismo degli italiani - una storia sociale, UTET, 2008, p.78, ISBN 8802079463..
  10. ^ a b Domenico Mario Leva, Cronache del Fascismo romano, Istituto dei "Panorami di realizzazioni del fascismo, 1943, p. 215, ISBN non esistente..
  11. ^ Pino Cacucci, Oltretorrente, Universale economica Feltrinelli, 2005, p.50, ISBN 8807818698.
  12. ^ De Grazia, 1993, pp. 33-34.
  13. ^ Percosso a Roma un deputato socialista, in Corriere della Sera, 21 febbraio 1921. URL consultato il 22 luglio 2011.
  14. ^ M. Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922. Mondadori, Milano 2004.
  15. ^ Germana Pigliucci, Centro Studi Futura (a cura di), Gli angeli e la rivoluzione, Roma, Settimo sigillo, 1991, pag 41
  16. ^ Germana Pigliucci, Centro Studi Futura (a cura di), Gli angeli e la rivoluzione, Roma, Settimo sigillo, 1991, pag 42:"Aggredita in Trastevere la sera del 31 luglio 1921, fu atterrata, percossa al capo e calpestata..."
  17. ^ L’offensiva delle camicie nere, su cinquantamila.corriere.it, Corriere della Sera. URL consultato il 25 luglio 2011. "Il fuochista Attilio Forlani muore in un deragliamento causato dalla sbullonatura delle rotaie da parte degli scioperanti, nei pressi di Osimo (An)"
  18. ^ Chiurco, 1929, p. 222 "Nella notte presso Aspio, fra Varano e Osimo, è fatto deragliare il direttissimo proveniente da Bari: il fuochista Forlani Attilio muore, volontario, ex combattente, del Fascio di Castellamare Adriatico, muore; il macchinista, un ingegnere delle ferrovie e un viaggiatore sono feriti."
  19. ^ 5 Agosto 1922 - 5 Agosto 2006, su bibliotecaliberopensiero.it. URL consultato il 24 luglio 2011..
  20. ^ Chiurco, 1929, p. 235.
  21. ^ Pellegrino, 1986, p. 44.
  22. ^ a b Anna Lisa Carlotti, Italia 1939-1945: storia e memoria, Vita e Pensiero, 1996, p.346, ISBN 8834324587..
  23. ^ (PDF) Donne ai margini della storia (PDF), in Lettere dalla Facoltà su E-ntrasites.univpm.it, pp. p.47. URL consultato il 15 settembre 2011.
  24. ^ Colonnelli, 2008, p. 484.
  25. ^ Repertorio di Libri e Pubblicazioni, in Adamoli.org. URL consultato il 15 settembre 2011.

Bibliografia

  • Giorgio Alberto Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista, IV, Firenze, Vallecchi editore, 1929, ISBN non esistente.
  • Igino Colonnelli, Giuseppe Moscatelli «Moschino», Halley Editrice, 2008, ISBN 8875893330.
  • Alfonso D'Agostino, Carlo Pocci Sanguigni (a cura di), Ines Donati (Memorie raccolte coordinate e pubblicate), Tip. delle Mantellate, 1926, ISBN non esistente.
  • Alfonso D'Agostino, Una martire in camicia nera, Milano, 1940, ISBN non esistente.
  • Piero Meldini, Sposa e madre esemplare - Ideologia e politica della donna e della famiglia durante il fascismo, Guaraldi, 1975, ISBN non esistente.
  • Alberto Pellegrino, I Bellabarba. Cento anni in tipografia. 1884-1984, a cura di Raoul Paciaroni, Antonella Bellabarba, San Severino Marche, Bellabarba, 1986, ISBN non esistente.
  • Germana Pigliucci, Gli angeli e la rivoluzione, a cura di Centro Studi Futura, Roma, Settimo sigillo, 1991, ISBN non esistente.

Voci correlate

Il portale Donne nella storia non esiste

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