Marcello Pucci Boncambi

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Marcello Pucci Boncambi
NascitaPerugia, 21 luglio 1904
MorteMar Tirreno, 10 aprile 1944
Cause della morteAssassinio
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
GradoCapitano di fregata
GuerreGuerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
Comandante ditorpediniera Cigno
cacciatorpediniere Granatiere
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Navale di Livorno
dati tratti da Marina Difesa[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Marcello Pucci Boncambi (Perugia, 21 luglio 1904Mar Tirreno, 10 aprile 1944) è stato un militare e marinaio italiano, decorato di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Perugia il 21 luglio 1904.[2] Arruolatosi nella Regia Marina, entrò tredicenne alla Regia Accademia Navale di Livorno, ottenendo la nomina a guardiamarina nel 1922.[1] Fu promosso sottotenente di vascello nel 1924 e tenente di vascello nel 1927. Fu imbarcato su diverse unità navali, e nel 1928 frequento il 5º Corso di Osservazione aerea presso la Scuola di Taranto, al termine del quale fu messo a disposizione del Ministero dell'aeronautica.[2] Considerato un pioniere della cooperazione aeronavale, ricoprì anche l'incarico di insegnante di Arte Militare Navale presso la Scuola di Osservazione Aerea di Grottaglie.[1] Divenuto capitano di corvetta nel 1936, prese parte alla guerra d'Etiopia (1935-1936) imbarcato sull'esploratore Antonio Pigafetta, ed al termine della guerra fu trasferito in servizio presso la 186ª Squadriglia idrovolanti, poi alla 184ª Squadriglia di Messina e infine nel servizio aereo del Dipartimento Militare Marittimo di Napoli.[1] Nel gennaio 1939 frequentò la Scuola di guerra aerea, e al termine dei corsi assunse il comando della torpediniera Cigno con la quale si distinse durante le azioni di sbarco in Albania nell'aprile 1939.[2] Il 20 maggio 1940 fu assegnato a prestare servizio presso Comando Supermarina, e nel febbraio 1941 ricevette la promozione a capitano di fregata.[1] Dall'8 agosto 1943 si imbarcò come comandante sul cacciatorpediniere Granatiere, e dopo l'armistizio dell'8 settembre, dal 4 del mese di dicembre fu nominato comandante della Difesa Marittima della Maddalena, in Sardegna.[2]

Il 10 aprile 1944,[1] mentre a bordo del M.A.S. 505 stava navigando alla volta di Bastia, con l'incarico di dirimere una vertenza sorta tra marinai italiani e francesi, fu ucciso da alcuni marinai ammutinatisi.[3] I sottufficiali Giuseppe Cattaneo e Adelchi Vedana, e i sottocapi Antonio Cesare Dorio, Egidio Silvestri e Federico Azzalin Altovillo si impossessarono dell'unità con le armi,[4] e, oltre a lui[N 1] uccisero anche il comandante del M.A.S., sottotenente di vascello Carlo Sorcinelli, e il tenente di vascello Primo Sarti, ferendo anche un altro sottufficiale, e diressero poi per Porto Santo Stefano, dove consegnarono il MAS ai tedeschi.[4] Questi ultimi disposero che le salme dei tre ufficiali fossero tumulate nel cimitero di Orbetello con tutti gli onori militari, alla presenza di un picchetto armato italo-tedesco.[4] Tutti e tre gli ufficiali furono successivamente decorati con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[4]

Appena saputo del fatto il principe Junio Valerio Borghese,[4] comandante della X MAS della Marina Nazionale Repubblicana, diede ordine di arrestare e processare gli esecutori materiali dell'assassinio,[4] ma essi erano già stati scarcerati dai tedeschi, malgrado le furiose proteste della marina della RSI, dopo aver passato un breve periodo di detenzione nel carcere di Perugia.[4] Dopo la fine della guerra la sua salma venne esumata il 10 luglio 1945 e sottoposta ad autopsia, e il processo agli autori materiali, nel frattempo emigrati nelle Americhe, iniziò a La Spezia il 23 maggio 1947.[4] Dopo undici anni, i due autori principali del fatto, Giuseppe Cattaneo e Federico Azzalin Altovillo, furono condannati a trenta anni di carcere, che per effetto delle varie amnistie e condoni si ridussero a due.[4]

Recano il nome di Marcello Pucci Boncambi vie della sua città natale Perugia e di Roma.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare alla memoria - nastrino per uniforme ordinaria
«Ufficiale superiore imbarcato con compiti di servizio su M.A.S. che si trasferiva in base navale avanzata, veniva aggredito assieme ad altri due ufficiali da elementi faziosi che con armi alla mano intimavano di cedere al loro intendimento di consegnare l'unità al nemico oppressore. Benché la Patria fosse divisa in due campi, gli spiriti e le coscienze tormentati da una dolorosa, critica situazione, non dubitava un istante sul dovere da compiere, affrontava coraggiosamente gli aggressori e cadeva colpito al petto nell'impari violenta lotta. Sacrificando se stesso riaffermava le più elevate tradizioni dell'onore militare e della Marina cui apparteneva .Mar Tirreno, 10 aprile 1944.[5]»
— Decreto del Capo Provvisorio dello Stato 17 agosto 1947.
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ferito da due proiettili che gli avevano perforato un polmone, fu infine assassinato con un colpo alla testa.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Marina Difesa.
  2. ^ a b c d Combattenti Liberazione.
  3. ^ Tasselli 1997, p. 34.
  4. ^ a b c d e f g h i Tasselli 1997, p. 35.
  5. ^ Pucci Boncambi Marcello, su Quirinale.it. URL consultato il 9 novembre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Erminio Bagnasco, I MAS e le motosiluranti italiane 1906-1968, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1969.
  • Giuseppe Fioravanzo, La Marina dall'8 settembre 1943 alla fine del conflitto, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1971.
  • Gruppo Medaglie d'Oro al Valor Militare, Le Medaglie d'Oro al Valor Militare volume secondo (1941-1959), Roma, Tipografia regionale, 1965.
  • Sergio Nesi, Decima Flottiglia Nostra, Milano, Ugo Mursia Editore, 1986.
Periodici
  • Silvio Tasselli, La scomparsa del MAS 541, in Storia Militare, n. 45, Parma, Ermanno Albertelli Editore, giugno 1997, pp. 32-38.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]